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Galles
1791
Galles
Marzo 1814
Clare non aveva mai messo piede ad Aberdare. Era grandiosa come si era
aspettata, ma anche cupa, con gran parte degli arredi nascosti sotto teli
bianchi. Quattro anni di abbandono avevano reso deserta anche la dimora. Il
maggiordomo, Williams, era altrettanto tetro. Si mostrò riluttante ad
accompagnarla dal conte senza prima annunciarla, ma era nativo del
villaggio, e lei era riuscita a persuaderlo. Così la scortò per un lungo
corridoio, poi aprì la porta della biblioteca.
— La signorina Clare Morgan desidera vedervi, milord. Ha detto che è
urgente.
Il conte era a una finestra, intento a guardare la valle. Aveva gettato la
marsina su una poltrona, e in maniche di camicia aveva tutta l’aria del
libertino. Strano che lo chiamassero Old Nick, il vecchio Nick, visto che aveva
poco più di trent’anni.
Appena la porta si chiuse alle spalle di Williams, il conte si volse a
scrutare Clare.
A prima vista era sempre lo stesso, pensò lei. Semmai era più bello di
quanto fosse quattro anni prima. E d’altra parte era davvero cambiato: Clare
lo vedeva dagli occhi. Un tempo brillavano di una scanzonata allegria che
invitava gli altri a ridere con lui. Adesso erano impenetrabili come selce
gallese. Duelli, storiacce e scandali avevano lasciato il segno.
Siccome lei esitava, fu lui a interrogarla. — Siete parente del reverendo
Thomas Morgan?
— Sua figlia. Faccio la maestra a Penreith.
— Giusto. A quel tempo il reverendo aveva uno sporco marmocchio.
— Non ero sudicia come voi.
— Probabilmente no — convenne lui con un lieve sorriso negli occhi. — Io
ero una vera peste. Durante le lezioni vostro padre vi citava come un modello
di decoro. Per questo non poteva sopportarmi.
Avrebbe dovuto restarne ferita, ma così non fu. Sperando anzi di irritarlo,
Clare replicò con voce dolce.
— E a me diceva che eravate il ragazzo più intelligente al quale avesse
insegnato, e che avevate un gran cuore, nonostante la vostra sfrenatezza.
— La capacità di giudizio di vostro padre lascia molto a desiderare. Come
sua figlia, immagino che siate venuta in cerca di fondi per qualche degna
causa noiosa. In futuro, rivolgetevi al mio maggiordomo anziché disturbare
me. Buongiorno, signorina Morgan.
Fece l’atto di voltarle le spalle, ma lei si affrettò a fermarlo.
— Quello di cui voglio discutere non è faccenda che riguardi il vostro
maggiordomo.
Lui la scrutò. — Ma volete qualcosa, vero? Come tutti. — Andò a uno stipo
e si riempì il bicchiere che aveva in mano. — Qualsiasi cosa sia, da me non
l’avrete. Noblesse oblige era il motto di mio nonno. Vi prego di andarvene
finché l’atmosfera è ancora civile.
Ma lei con gli ubriaconi aveva già avuto a che fare. — Lord Aberdare, a
Penreith c’è gente che soffre, e voi siete l’unico in grado di cambiare le cose.
Vi costerà ben poco, in fatto di tempo e denaro.
— Non importa quanto poco sia. Non voglio avere niente a che fare con il
villaggio e la gente che ci vive. Chiaro? E adesso andatevene.
— Non chiedo il vostro aiuto, milord. Lo esigo. Devo spiegarvelo adesso o
devo aspettare che siate sobrio?
— Se qualcuno qui è ubriaco, sembrate esserlo voi. Se pensate che il
vostro sesso vi protegga dalla violenza fisica, vi sbagliate. Volete andarvene
tranquillamente o devo sbattervi fuori?
Reprimendo l’impulso di arretrare, Clare si frugò nella tasca del mantello
e ne cavò il libretto che era la sua unica speranza. Lo aprì per mostrare quello
che c’era scritto nella prima pagina.
— Ve ne ricordate?
Reverendo Morgan,
spero un giorno di essere in grado di ripagare ciò che avete fatto per
me. Con affetto,
Nicholas Davies
Il conte ne restò colpito. — Giocate per vincere, vero? Però non avete in
mano le carte giuste. Qualsiasi obbligo io possa avere nei confronti di vostro
padre, se deve chiedermi un favore, deve farlo lui in persona.
— Impossibile — disse lei con aria decisa. — È morto due anni fa.
Dopo un imbarazzato silenzio, il conte annuì. — Mi dispiace. Vostro padre
era probabilmente l’unico uomo davvero buono che io abbia conosciuto.
— Anche vostro nonno era un uomo buono, e ha fatto molto per la gente
di Penreith. Il soccorso ai poveri, la cappella…
— Risparmiatemi il resto. So che mio nonno amava moltissimo ergersi a
esempio morale per le classi inferiori, cosa che mi lascia indifferente.
— Perlomeno, lui prendeva sul serio le sue responsabilità. Da quando ne
siete l’erede, non avete mosso un dito per la proprietà o per il villaggio.
— Un primato che ho intenzione di mantenere. — Il conte vuotò il suo
bicchiere e lo ripose. — Né il buon esempio di vostro padre né il moralismo
del vecchio conte sono riusciti a fare di me un gentiluomo. A me non
interessa niente e nessuno, e preferisco che sia così.
— Come fate a dire una cosa del genere? Nessuno è così duro.
— La vostra innocenza è commovente. Fareste meglio ad andarvene prima
che io distrugga altre vostre illusioni.
— Non vi turba l’idea che i vostri vicini soffrano?
— A dire il vero, no. La Bibbia dice che i poveri saranno sempre tra noi. E
se Gesù non è riuscito a cambiare questa situazione, tanto meno posso farlo
io. Con la sola eccezione di vostro padre, mai ho conosciuto un uomo
caritatevole che non fosse mosso da infime ragioni. Gran parte di coloro che
si mostrano generosi mirano alla gratitudine dei loro inferiori e
all’autocompiacimento. Perlomeno io, nel mio sincero egoismo, non sono un
ipocrita.
— Un ipocrita può fare del bene anche se i suoi motivi sono deprecabili, e
questo lo rende più degno di uno che possiede il vostro tipo di onestà —
replicò lei asciutta. — Ma sia come volete. Dal momento che non credete
nella carità, cos’è che vi interessa? Se è il denaro a scaldarvi il cuore, a
Penreith ci sono buone possibilità di guadagno.
— Mi dispiace, ma non mi interessa neppure il denaro. Ne ho già più di
quanto riuscirei a spenderne nel corso di dieci vite.
— Cosa ci vorrebbe per cambiare la vostra opinione?
— Il mio aiuto non è disponibile per qualsiasi prezzo sareste disposta a
pagare.
— Provate a dirmelo.
Lui la squadrò da capo a piedi con insultante franchezza. — Questa
sarebbe un’offerta?
— Se vi dicessi di sì, basterebbe a persuadervi ad aiutare Penreith?
— Mio Dio, vorreste che io vi rovinassi se questo bastasse ad attuare i
vostri progetti?
— Sì, se fossi certa che serva. La mia virtù e pochi minuti di sofferenza
sarebbero un piccolo prezzo da pagare rispetto a famiglie che muoiono di
fame e alle vite che andrebbero perdute quando esploderà la miniera di
Penreith.
Negli occhi di Nicholas si accese per un istante una luce d’interesse. Poi la
sua espressione tornò neutra.
— Sebbene sia un’offerta interessante, portare a letto una donna disposta
a comportarsi come Giovanna d’Arco che va al rogo non mi attrae per niente.
— Pensavo che i libertini si divertissero a sedurre le ragazze innocenti.
— Personalmente, ho sempre trovato noiose le innocenti, come le
chiamate voi. Sempre meglio una donna che abbia esperienza.
Ignorando il suo commento, Clare prese un’aria pensierosa. — Mi rendo
conto che una donna banale come me non vi tenti, ma senza dubbio la
bellezza avrebbe la meglio sulla vostra indifferenza. Al villaggio ci sono
parecchie ragazze molto carine. Volete che scopra se una di loro è disposta a
sacrificare la sua virtù per una buona causa?
All’improvviso Nicholas si avvicinò e le prese il volto tra le mani. Nel suo
fiato si sentiva il brandy, e il calore delle sue mani sembrava eccessivo, quasi
ustionante. Lei si obbligò a rimanere immobile mentre lui le scrutava il volto
con occhi che sembravano capaci di scoprire gli oscuri segreti della sua
anima. Mentre pensava di non poter sopportare più a lungo la sua indagine,
finalmente lui parlò.
— Non siete affatto banale come pretendete di essere.
Le mani di Nicholas si abbassarono, lasciandola scossa. Con sollievo di
Clare, si scostò, riprese il bicchiere, si versò altro brandy. — Signorina
Morgan, io non ho bisogno di denaro, posso trovare tutte le donne che voglio
senza il vostro goffo aiuto, e non desidero distruggere la mia reputazione
guadagnata a caro prezzo compromettendomi con opere di bene. E adesso ve
ne andate tranquillamente o devo usare la forza?
Clare ebbe la tentazione di fuggire, ma resistette. — Ancora non avete
detto il prezzo per il vostro aiuto. Ditemelo e forse potrò accontentarvi.
Con un sospiro, Nicholas si lasciò cadere su un divano e la scrutò da
distanza di sicurezza. Clare Morgan era piccola e fragile, ma si imponeva
nello spazio che occupava. Una giovane donna formidabile. Non proprio una
bellezza, ma non priva di attrazione, nonostante i suoi sforzi di apparire
severa. Non una bellezza, no, ma degna di nota, e non soltanto per la sua
testardaggine, e non poteva fare a meno di ammirare il coraggio che l’aveva
portata fin là.
Solo Dio sapeva quali voci circolassero sul suo conto nella vallata, ma
probabilmente lo consideravano una grossa minaccia per il corpo e per
l’anima.
Peccato solo che non avesse cominciato a bere prima, perché sarebbe
stato privo di coscienza al momento del suo arrivo, e anche se l’avesse
cacciata a viva forza, lei probabilmente avrebbe insistito nel tentativo di
ottenere il suo aiuto, dal momento che sembrava convinta che lui fosse
l’unica speranza per Penreith.
Ma che fare con una donna disposta ad affrontare una sorte peggiore della
morte per raggiungere i propri obiettivi?
La risposta gli arrivò con la semplicità della perfezione. Al pari di suo
padre, Clare doveva essere una metodista, membro di una chiusa comunità di
sobri, virtuosi credenti. E la sua stessa identità dipendeva da come gli altri
componenti della comunità la vedevano.
— Ho un prezzo, ma è un prezzo che non vorreste pagare.
— E qual è?
— Non preoccupatevi: la vostra virtù, che mi avete offerto a malincuore, è
al sicuro. Se ne approfittassi, per me sarebbe una noia e voi probabilmente
gioireste al sentirvi martire delle mie viziose brame. Quello che voglio,
invece, è la vostra reputazione.
2
Quando Clare entrò nelle scuderie trovò Nicholas che già l’aspettava ed
era intento a una seria conversazione con uno degli abitanti dei grandi box. Si
volse al rumore dei suoi passi.
— Calzoni da ragazzo sono la versione di Penreith di un abito da
cavallerizza? — chiese in tono beffardo.
— Nella valle ci sono poche donne che cavalcano e ancora meno quelle
che possono permettersi un abito adatto — rispose lei piccata.
Nicholas le dedicò un pigro sorriso. — Non è che io vi disapprovi. Se con
quei calzoni andaste a cavallo a Londra, inaugurereste una nuova moda… o
provochereste una sollevazione.
Clare non si era aspettata che lui la scrutasse attentamente da capo a
piedi, e che le sue gambe coperte di pelle di daino la facessero sembrare tanto
nuda. Si rese conto che solo in quella giornata era arrossita più che nel
precedente decennio. Diede un’occhiata al box.
— È quello il cavallo che mi avete destinato?
— Sì. Rhonda è una purosangue gallese. Docile, beneducata, ritenuta più
intelligente degli altri cavalli. Per me è troppo piccola, ma per voi andrà
benissimo.
Aprì il portello del box e fece uscire Rhonda; uno stalliere comparve dal
locale degli attrezzi con una sella da amazzone. — Quella non occorre. Porta
una sella normale — disse il conte.
Per sé Nicholas prese un grande stallone nero, quello stesso che cavalcava
il giorno che Clare lo aveva visto arrivare. Il cavallo era nervoso, e lui gli
soffiò nelle narici per calmarlo.
— È un vecchio trucco zingaro per tener buono un cavallo. Utile se si ha
intenzione di rubarne uno.
— Non dubito che abbiate abbastanza esperienza in merito — replicò lei
asciutta.
— Temo di no. Una delle tristi conseguenze della ricchezze è che il furto
non ha più senso. Il pasto migliore che ho avuto da ragazzo era quando
condividevo con altri un pollo rubato e patate arrostite sulla brace. Magnifico.
Clare era nervosa quando uscirono dalle scuderie, ma la cavalla si rivelò
beneducata come lui aveva promesso.
La vecchia cava distava parecchi chilometri e dapprima procedettero in
silenzio. Clare scoprì che il suo sguardo continuava ad appuntarsi su
Nicholas, che cavalcava come un centauro, quasi fosse tutt’uno con lo
stallone. Era un vero piacere guardarlo.
A metà del percorso, quando il sentiero si allargò e furono in grado di
procedere fianco a fianco, Nicholas la guardò.
— Cavalcate meglio di quanto mi aspettassi, dato che avete imparato a
farlo sul vecchio ronzino di vostro padre.
Lei sorrise. — Se vi sembro capace, il merito va tutto a Rhonda. È
piacevole trovarsi in groppa a un animale così sensibile e che ha un passo
così tranquillo. D’altra parte Willow… così si chiamava quel vecchio ronzino…
aveva i suoi meriti.
— Mi incuriosisce sapere quanto cattiva è la mia reputazione in zona.
Cosa dicono a Penreith dei melodrammatici eventi di quattro anni fa?
— La gente crede che, dopo anni in cui avete tentato di spezzare il cuore di
vostro nonno, siete riuscito a sedurre sua moglie, e quando lui vi ha trovato a
letto assieme, ha avuto un ictus che l’ha ucciso. Quanto a vostra moglie, lady
Tregar, è rimasta orripilata scoprendo cos’era accaduto, ed è fuggita da
Aberdare. Era una notte di tempesta ed è morta quando la sua carrozza è
uscita di strada ed è finita nel fiume.
— Tutto qua? — chiese lui con aria indifferente.
— E non è abbastanza? Forse vi piacerà sapere che si suppone che vostro
nonno in realtà sia morto di veleno zingaresco e che la morte di vostra moglie
sia stata meno accidentale di quanto sembrasse. Tuttavia, il tribunale non ha
trovato prove a vostro carico.
— E senza dubbio non manca chi suppone che il Vecchio Nick sia riuscito
a corrompere un giudice per indurlo a nascondere la verità.
— C’è chi l’ha detto, ma il magistrato godeva di troppo rispetto. E poi il
cocchiere di lady Tregar ha giurato che era stato un vero incidente, dovuto al
fatto che lei imprudentemente insisteva perché andasse più in fretta.
— E il cocchiere ha detto dov’era diretta Caroline così in fretta? A volte me
lo sono chiesto.
— No, che io sappia. Ma importa?
— Probabilmente no. Pura curiosità. E come sapete, me ne sono andato
subito dopo, senza conoscere tutti i particolari. Comunque… il cocchiere vive
ancora nella valle?
— No. Quando ve ne siete andato, gran parte dei domestici sono stati
licenziati e sono finiti chissà dove. — Clare non seppe resistere alla voglia di
aggiungere qualcosa. — E almeno trenta persone hanno perso il lavoro
quando la casa è stata chiusa. Ci avete pensato quando siete partito senza
guardarvi indietro?
Dopo un lungo silenzio, Nicholas scosse il capo. — Per essere sincero, no.
Mentre studiava il suo profilo, Clare notò una tensione che smentiva la
sua aria svagata, e sentì la necessità di proseguire. — Avete sostenitori, oltre
che detrattori. Mio padre non ha mai creduto che poteste fare tanto male.
— Vostro padre era un santo. Io invece sono un peccatore.
— Ne siete orgoglioso, vero?
— Ma certo. Si deve pur andare fieri di qualcosa, no?
— Perché non esserlo per la rettitudine, la generosità o la cultura? —
chiese lei esasperata. — Le virtù degli adulti al posto dei vizi dei ragazzini.
Per un istante lui parve scosso, ma subito si riprese.
— Ad Aberdare, mio nonno faceva sfoggio di tutte le virtù e a me non
restava che il vizio.
— Il vecchio conte è morto quattro anni fa e voi siete un uomo adulto.
Trovate una scusa migliore… o cambiate atteggiamento.
Nicholas si rabbuiò. — I vostri rimproveri sono più da moglie che da
amante.
— Più da maestra di scuola — lo corresse lei.
— Sono certo che le vostre lezioni saranno pacate, di tono elevato e degne
di lode — disse Nicholas pensieroso. — Ma da me che lezioni ricaverete?
4
Da anni Nicholas non si recava alla vecchia cava. E se l’aveva fatto, era
stato immerso in tutt’altri pensieri. Questa volta, invece, esaminò con
maggior attenzione gli affioramenti superficiali.
— L’intera zona sembra essere di ardesia, con un sottile strato di terriccio
— osservò.
Clare annuì. — Un amico che se ne intende dice che ci vorrebbero decenni
per scavarla tutta.
Nicholas notò la sua aria preoccupata e fece un sorriso rassicurante. Con i
vecchi indumenti da ragazzaccio, sembrava più giovane e assai meno severa,
più un attraente monello che una maestrina.
— Dovete sforzarvi di essere più rilassata, invece di reagire sempre come
una gallina minacciata da una volpe. — L’aiutò a scendere di sella, poi
trattenne la mano di lei nella propria. — Si presume che a un’amante piaccia
il tocco del suo innamorato.
— Ma io non sono una vera amante.
— Non è necessario che condividiate il mio letto, ma ho intenzione di
trattarvi come un’amante in ogni altro senso. E questo significa che
trovereste i prossimi tre mesi assai più piacevoli, se vi lasciaste andare un po’.
— Con un tocco gentile le accarezzò le dita con il pollice. — Mi piace toccare.
La carne femminile è molto diversa da quella dei maschi. Ossa sottili,
piuttosto delicate, ma queste non sono le inutili mani di una signora che non
ha fatto niente di più vigoroso che alzare una forchetta. Una bella mano
capace.
Lei spalancò gli occhi e la sua mano tremò in quella di lui. E non era una
reazione di disgusto. Aveva un gran bisogno di calore fisico, sebbene lei
stessa non se ne rendesse conto.
Nicholas la lasciò andare e legò entrambi i cavalli. Poi, posandole una
mano leggera sulla schiena, la guidò al più vicino affioramento di lavagna ed
esaminò gli strati irregolari di pietra scura che non rifletteva la luce.
— Non mi sono mai reso conto che la lavagna si dispone in falde così
regolari.
— Non sempre. Questa è una vena di altissima qualità. Se ne farebbero
ottime beole di copertura.
A Nicholas venne un’idea. — State indietro. — Prese un grosso sasso e
colpì l’affioramento con tutte le sue forze. Una grossa lastra di copertura
andò in pezzi lasciando parecchi metri quadrati di superficie assolutamente
piana.
— Sarebbe ottima per un tavolo da biliardo.
— Ma perché vorreste usare la lavagna per un tavolo da biliardo?
— Il legno spesso si deforma, soprattutto in zone umide come il Galles —
spiegò lui. — Estrarre una lastra di quest’ardesia, coprirla di panno verde ed
ecco uno splendido tavolo da biliardo.
— Un uso frivolo per una buona ardesia.
— Ecco una lezione per voi, Clare. Le cose frivole di solito sono più
redditizie di quelle necessarie. Dirò al falegname di Aberdare di usarle per
rifare i piani dei tavoli di casa.
Passarono un’altra ora percorrendo il pendio della collina, esaminando
l’estensione e la qualità della lavagna in superficie, e osservando divertiti gli
agnelli che saltellavano attorno alle madri intente a brucare. Nicholas
constatava che era divertente lavorare con Clare quanto battibeccare con lei,
perché la sua mente aperta e i suoi modi diretti la rendevano assai diversa da
ogni altra donna a lui nota.
Nicholas, che come per caso le aveva messo un braccio attorno alle spalle,
indicò un affioramento in direzione sud-ovest.
— Mi sembra il posto migliore per la teleferica. Non è lontano dal fiume
ed è tutto terreno di Aberdare.
— Quando pensate di poter cominciare il lavoro alla cava?
— In piena estate, direi. La teleferica forse non sarà stata ancora
completata, ma le lastre rifinite possono restare qui, nell’attesa. E poi c’è la
questione del molo sul fiume.
— State sorridendo — notò lei. — Come se vi compiaceste della sfida che
dovete affrontare.
— Non ho le idee molto chiare. Pensavo di vendere Aberdare, ma quello
che mi avete chiesto di fare mi legherà più saldamente a questo luogo almeno
per un paio d’anni.
— Vendere Aberdare! — esclamò lei sconvolta. — Ma voi siete gallese, e
questa è stata per secoli la patria dei Davies.
— Io non sono gallese — replicò lui. — Sono mezzo zingaro, e sebbene a
mio nonno piacesse proclamarsi discendente dei re gallesi, per generazioni i
Davies hanno sposato ereditiere inglesi e il loro sangue è diventato più
inglese che gallese. Aberdare è solo una frazione dei miei beni, e la cosa
migliore per me sarebbe di voltare per sempre le spalle alla proprietà.
— Non potete venderla. Mi sembra che sulla proprietà ci sia il vincolo di
inalienabilità, sicché voi ne siete soltanto il depositario finché siete in vita, in
attesa di trasmetterla a un erede.
— Il vincolo di inalienabilità dev’essere riconfermato a ogni generazione, e
di solito lo si fa al ventunesimo compleanno dell’erede o al momento del suo
matrimonio. Ma gli unici figli di mio nonno sono morti prima di ereditare, e
siccome il vecchio non mi ha mai accettato come suo erede, ha continuato a
rimandare il passaggio di proprietà. È morto all’improvviso, così io ho
ereditato, e credo pertanto che se volessi, potrei non tener conto
dell’inalienabilità.
— Voi eravate il suo erede, e lo sareste stato anche se la sua seconda
moglie gli avesse dato un figlio maschio. Cosa sperava di ottenere vostro
nonno non procedendo al passaggio?
— Sperava in un miracolo. Molto pio, mio nonno. Era certo che Dio gli
avrebbe procurato qualcosa di meglio di un erede macchiato di sangue gitano.
— È per questo che lo odiavate?
— Non vi riguarda, mia cara. — Lui la prese per un braccio e la riportò ai
cavalli. — Non vi ha mai detto nessuno che siete troppo acuta?
— Secondo voi, perché sono ancora zitella? — Clare montò in sella e lo
guardò con aria grave dall’alto.
— Vostro nonno era ritenuto un buon cristiano e un proprietario
coscienzioso. Comincio a pensare che la verità fosse meno lusinghiera.
— Acuta, acuta. E credete che a me interessino queste vecchie storie?
— Un’amante non dovrebbe aver cura del proprio innamorato?
— Un’amante dovrebbe farlo, sì… ma non troppo. Denaro e passione sono
i fondamenti per un rapporto del genere.
— Dal momento che a me non interessano né l’uno né l’altra, qual è la
mia posizione?
— Quella di santo patrono della cava di ardesia — replicò prontamente lui.
— Forse la chiamerò la Grande Clare. E a proposito dei vostri progetti, voglio
dare un’occhiata alla miniera. Potete organizzare la cosa tramite i vostri
amici?
— Sono certa che il direttore, George Madoc, sarà felice di ricevere la
visita del massimo proprietario terriero della zona.
— Per il momento non voglio vedere Madoc, non ho bisogno di guide.
Sono in grado di rendermi conto da solo dei problemi di cui mi avete parlato.
— Il capo del mio gruppo è uno dei minatori, e sono certa che sarà ben
lieto di portarvi sottoterra e di illustrarvi i rischi.
— D’accordo, Combinate l’incontro al più presto, preferibilmente quando
non c’è in giro Madoc.
Il ritorno si svolse in silenzio.
Nicholas scese di sella per aprire un cancello che dava accesso a un
pascolo pieno di neri bovini gallesi. Sapendo che, se fosse, stato solo, avrebbe
semplicemente saltato il recinto, Clare apprezzò l’atto di cortesia.
Chiudendole il cancello alle spalle, Nicholas ruppe il silenzio. — Avete
ragione a dire che le attività agricole devono essere migliorate. Quando
andremo a Londra vedrò di comprare un paio di tori di alta qualità.
Serviranno per migliorare il bestiame di Aberdare, ma li metterò anche a
disposizione dei piccoli proprietari terrieri locali.
La tendenza al libertinaggio di Nicholas doveva essere contagiosa, e infatti
Clare si sorprese a replicare con una battuta audace.
— Suppongo che il pensiero delle bestie da monta potesse venire in mente
solo a un libertino.
Lui fece una risatina. — Se non state attenta, comincerò a credere che
siete dotata di senso dell’umorismo.
Lei preferì cambiare argomento. — È vero che dai vostri viaggi avete
portato alcuni animali insoliti?
— Qualcuno. Venite, ve li mostro.
Tornando a metterle una leggera mano sulla schiena, Nicholas la guidò tra
il fitto degli alberi. Con una certa inquietudine, Clare si rese conto che era
piacevole sentirsi difesa e protetta.
Sebbene sussultasse per la sorpresa, fu per lei un sollievo quando il
silenzio venne rotto da un rauco raglio che suscitò un coro di suoni simili.
— Si direbbe che ci sia un branco di asini — commentò.
Nicholas sorrise. — Aspettate.
Usciti dal bosco, si trovarono di fronte a un laghetto in una conca
rocciosa, e sulle sue rive si muovevano una decina degli esseri più strani che
Clare avesse mai visto. Alti forse una settantina di centimetri, gli animali, che
erano bianchi e neri, camminavano in posizione eretta come esseri umani e
sembrava che non avessero piedi. Il loro goffo ondeggiare era talmente
comico che scoppiò a ridere.
Ragliando come un asino, una delle bestie prese a litigare con uno dei
suoi simili; ci fu una breve zuffa, poi il secondo corse strillando verso il lago e
vi si tuffò.
— Clare, vi presento i pinguini. — Nicholas la prese per mano e l’aiutò a
scendere per il pendio fino alla spiaggia coperta di ciottoli. Alcuni pinguini si
rifugiarono tra l’erba alta, ma altri si mostrarono indifferenti alla loro
presenza. Uno anzi si avvicinò e becchettò lo stivale di Clare, che tornò a
ridere.
— Ho letto qualcosa sui pinguini, ma non sapevo che fossero così carini.
Ai miei scolaretti piacerebbe moltissimo vederli. Posso portarli qui?
Il conte sollevò un sopracciglio, ma finì per annuire. — Non ho niente in
contrario, a patto che i vostri scolari non li spaventino.
— Ma Inghilterra non è troppo calda per loro?
— Questi sono pinguini che provengono da isole nei pressi del capo di
Buona Speranza dove il clima è simile a quello del Galles. — Nicholas prese
un sasso e lo gettò. Un pinguino andò a guardarlo, poi se ne impadronì per il
nido. — Qui mi sembra che stiano benissimo, ma portarli è stato assai
difficile. Ho dovuto riempire di ghiaccio e paglia la stiva di una nave per
difenderli dal caldo durante la traversata.
— Mi sembrano molto goffi — osservò Clare.
— Solo sulla terraferma, ma in acqua è come se volassero. Osservate quei
due che si tuffano nel lago.
Sott’acqua, i due uccelli si muovevano con estrema agilità. Scomparvero
per un lungo periodo, riemersero per un istante e tornarono a immergersi.
Nicholas stette a guardarli con aria pensosa. — A suo tempo mi era venuta
l’idea di creare uno zoo popolato esclusivamente di animali bianchi e neri.
— Forse perché indossate sempre indumenti neri e bianchi e vi trovereste
in un ambiente adatto a voi?
— No, perché a me piacciono le zebre quasi quanto i pinguini. Le zebre
sono animali africani che assomigliano a cavalli a strisce bianche e nere.
— E perché avete cambiato idea?
— Le zebre vivono bene sotto l’ardente sole africano e in pianure
vastissime, e temevo che nell’umido e piovoso Galles non potessero
sopravvivere.
Rimasero in silenzio a guardare i pinguini che nuotavano veloci, poi
Nicholas la guardò.
— È una giornata calda, l’ideale per una bella nuotata.
Si allontanò dalla spiaggia sassosa, si tolse la giacca e il panciotto e
cominciò a liberarsi della cravatta.
Dimenticando i pinguini, Clare rimase a guardarlo a bocca aperta. — Ma
non potete spogliarvi e tuffarvi nel lago.
— Certo che posso farlo. E se voi foste una vera amante, lo fareste anche
voi.
— Non state parlando sul serio — replicò lei innervosita.
— Ah, Clare, quanto poco mi conoscete. — Si sedette su un masso e si
tolse gli stivali. Poi prese a sbottonarsi la camicia. — Spero che i pinguini non
si servano dei miei indumenti per farne un nido. Il mio valletto sarebbe
furibondo.
Si sfilò la camicia da sopra la testa esibendo una vasta distesa di liscia
pelle scura, e lei deglutì: — No… fermatevi, non è… non è decente.
— E perché? Pinguini, zebre e tutti i componenti del mondo animale
vanno in giro con la pelle che il buon Dio ha dato loro — ribatté il contese
ridendo gettò la camicia sul mucchio di indumenti.
Le sue spalle erano splendidamente vigorose come quelle di una statua
greca, ma calde di vita. Clare ne era come paralizzata, incapace di distogliere
lo sguardo dai peli scuri che gli coprivano il petto.
— Sicura di non volervi unire a me? L’acqua sarà fredda, ma il sole è
caldo, e assistere al ballo dei pinguini sott’acqua è un vero spettacolo.
Clare inghiottì a vuoto. — Vi aspetterò ai cavalli.
La risata di Nicholas la seguì mentre attraversava il bosco.
Si allontanò fino al punto di non vedere più il lago, ma aveva una gran
voglia di voltarsi e guardare il corpo nudo di Nicholas. Poi, rimproverandosi
severamente, si voltò e riattraversò il bosco tornando indietro, consapevole
che se Nicholas l’avesse vista sarebbe morta di vergogna.
Voltandole le spalle, Nicholas si stava avviando all’acqua e la sua pelle
splendeva dorata alla luce del sole. Era una figura gloriosamente pagana, in
perfetta armonia con la natura quanto il vento e gli alberi.
Clare trattenne il fiato pensando addolorata che mai avrebbe potuto
essere la Eva del suo Adamo.
Quante altre donne lo avevano visto nudo e avevano desiderato il suo bel
corpo virile?
E quante donne erano state da lui sedotte e dimenticate?
Il pensiero la snebbiò del tutto. Confusa, tornò nel fitto degli alberi diretta
ai cavalli. Sentendosi scossa e terribilmente sola, gettò le braccia al collo di
Rhonda e nascose il volto contro il manto caldo della giumenta.
Con una stretta al cuore, si rese conto di essere vulnerabile al fascino di
Nicholas. Poche ore in sua compagnia erano bastate a farle sospettare che gli
inganni di lui fossero più forti dei principi di lei.
Se lei era davvero la donna che gli altri pensavano che fosse, avrebbe
dovuto avere la forza di resistergli… ma non l’aveva. Per tutta la vita aveva
fatto del suo meglio per convincere quanti la circondavano che era dedita alla
pura spiritualità, così era stata un modello di metodista devota, aiutando i
bisognosi, confortando gli afflitti, e nessuno aveva mai dubitato della fede
della figlia di Thomas Morgan.
Ma in cuor suo aveva la vergognosa cognizione della propria impostura.
Neppure una volta aveva conosciuto l’estasi della grazia divina, sebbene
l’avesse vista in quelli che la circondavano.
Quel fallimento era stato il suo oscuro segreto, che non aveva rivelato a
nessuno. Non a suo padre, non a Owen Morris che, come capo del gruppo, era
anche il suo direttore spirituale… a nessuno.
Non che le mancasse la fede. Credeva fermamente che il mondo fosse
fatto per obbedire ai disegni di Dio. E soprattutto credeva, aveva bisogno di
credere, che le azioni fossero più importanti delle parole.
Si premette il pugno sulla bocca per reprimere un disperato singhiozzo.
Era orribilmente ingiusto, lei non era un’innocente pagana capace di cedere a
Nicholas senza sentirsi in colpa. E di una cosa era certa: i prossimi tre mesi le
avrebbero fatto conoscere l’inferno.
5
Un pinguino era scappato con la sua cravatta, ma il resto degli abiti era
stato risparmiato. Dopo essersi asciugato alla meno peggio con il panciotto,
Nicholas si rivestì, poi, fischiettando, si diresse ai cavalli. Con espressione
assente, Clare stava seduta a gambe incrociate sotto un albero. Con
rammarico di Nicholas, non c’era segno dell’attraente ritrosia di cui aveva
dato prova quando lui aveva cominciato a spogliarsi.
Allungò una mano per aiutarla ad alzarsi. — Avreste dovuto raggiungermi.
I pinguini erano in perfetta forma.
Ignorando la sua mano, Clare si tirò in piedi da sola. — Sono certa che
sarei stata talmente abbagliata da voi che non li avrei notati — disse in tono
gelido.
Nuvole avevano coperto il cielo, l’aria si era rinfrescata e il ritorno si
svolse in silenzio. Riportati i cavalli nelle scuderie, Nicholas accompagnò
Clare in casa, constatando con piacere che adesso accettava come una cosa
normale il suo tocco sulle spalle.
— Come vi sembra questa casa? — le chiese.
— È grandissima.
Lui guardò con aria disgustata la sala. — Ma vi piace?
— Non è una domanda leale. Io sono una donna semplice, con i gusti di
una persona che vive in un cottage. Apprezzo una sedia di quercia, una parete
imbiancata a calce, una trapunta ben fatta, ma non so niente di arredi, di arte,
di stile aristocratico.
— Questo non significa che la vostra opinione sia priva di valore. In
questa casa vi trovate bene?
— Per essere sincera, la trovo opprimente. È troppo piena. Ogni spazio è
strapieno di oggetti, di stoffe, di vasellame il cui prezzo basterebbe a nutrire
per un anno una famiglia povera. Non dubito che tutto sia di ottimo gusto,
anche se il governo della casa potrebbe essere migliorato. Preferisco il mio
cottage, comunque.
— Troppo ingombro — mormorò Nicholas. — Proprio quello che penso io.
Agli zingari non piace abitare in case, e qui mi sono sempre sentito sempre
soffocare.
— Vi considerate uno zingaro?
— Quando mi conviene. — Lui prese una figurina di porcellana che
rappresentava un leone intento a divorare un bambino disobbediente. A suo
nonno, e non lo sorprendeva, piaceva moltissimo. Nicholas aveva avuto
sempre voglia di farlo a pezzi.
Con un rapido movimento, scagliò la porcellana nel caminetto, dove andò
in pezzi con un botto. Compiaciuto, si volse verso Clare, che lo guardava
circospetta.
— Vi permetto di fare tutti i cambiamenti che volete. Sgomberate,
assumete altre domestiche, pulite, pitturate, fate quello che desiderate.
Comperate quello che ritenete necessario e fate mandare a me le fatture.
Porterà denaro all’economia locale e oltretutto piacerà moltissimo a
Williams, che trova piuttosto noiosa questa casa.
— Rientra nei doveri di un’amante il compito di rimettere a nuovo la casa
del suo uomo? — chiese lei allarmata.
— Moltissime amanti ne sarebbero deliziate — le assicurò Nicholas. — Vi
piacerebbe dare un’occhiata alle soffitte? C’è un bel po’ di mobilio, lassù, e
potrete scegliere i pezzi che più vi piacciono.
— Più tardi, forse. Ma prima di introdurre dei cambiamenti, vorrei
osservare e riflettere.
— Saggia donna. Adesso devo vedere il mio maggiordomo. Vi lascio libera
per il pomeriggio. Ceniamo alle sei. Se prima volete fare il bagno, chiamate
dalla vostra stanza.
Nicholas se ne andò sentendosi già meno oppresso dalla casa.
La sala del biliardo era in fondo alla casa. Mentre Clare accendeva le
candele del lampadario a soffitto, Nicholas appiccò il fuoco per scacciare
l’umidità della sera primaverile. Poi tolse il telo che copriva il tavolo. Se ne
levò una nube di polvere che fece starnutire Clare. Lui si strinse nelle spalle.
— Vi chiedo scusa. Un’altra carenza in fatto di gestione della casa.
— Comincio a pensare che il mio ruolo come governante non mi
lascerebbe il tempo per essere un’amante.
— Posso sopravvivere con la polvere — si affrettò a ribattere lui. Prese
dall’armadietto le bocce di avorio e le dispose sul tavolo coperto di panno
verde. — Che tipo di stecca preferite?
— C’è differenza?
Nicholas le porse quella che chiamava mazza e che aveva una testa larga e
piatta. — È la maniera antica di giocare a biliardo. La boccia viene spinta più o
meno come nel gioco delle piastrelle, se mai l’avete praticato. Un giocatore
che usa una mazza non deve piegarsi.
Si tolse la giacca per muoversi liberamente poi puntò la mazza contro la
palla presa di mira e la mandò in buca.
— E la stecca? — domandò lei.
— La stecca permette maggior flessibilità e controllo. Ma immagino che
preferiate la mazza. È più morale.
Clare alzò un sopracciglio. — Come può essere più o meno morale un
pezzo di legno?
— La mazza risparmia a una signora la necessità di piegarsi e di esibire le
caviglie a eventuali maschi depravati — spiegò Nicholas.
Le labbra di Clare ebbero un tremito, ma represse il sorriso.
Nicholas se ne rese conto. — Perché non continuate e non vi permettete di
sorridere? Dev’essere un terribile sforzo fare sempre la faccia feroce.
La sobria, pia maestrina ridacchiò. Il conte non l’avrebbe creduto, se non
l’avesse udito con le sue proprie orecchie.
— Avete ragione — ammise Clare malvolentieri. — In voi non c’è niente di
serio, e per me è difficile mantenere la mia dignità. Ma sono perseverante. E
di qualsiasi stecca io mi serva, avrò sempre il sospetto di essere caduta nelle
grinfie di un asso del biliardo.
Nicholas fece rotolare una palla rossa verso una buca. A mezza strada, la
palla ne urtò un’altra e deviò a destra.
— Cerco di immaginare come funzionerà con l’ardesia.
— Quali sono le regole?
— Ci sono sei palle rosse, sei blu e una bianca, il pallino, che serve a
gettare le altre in buca, ma che non deve andarci. Ognuno di noi sceglierà un
colore.
Clare tentò un colpo con la stecca. Colpì il pallino, ma la palla si spostò
pigramente di lato. Aggrottò la fronte. — È più difficile di quanto sembri.
— Tutto è più difficile di quanto sembra. È la prima legge della vita. —
Nicholas girò attorno al tavolo e si mise al suo fianco. — Lasciate che vi
mostri come fare. Prometto di non guardarvi le caviglie.
— Bugiardo.
— Ragazza sospettosa.
Valeva senz’altro la pena di guardarle le caviglie come tutto il resto di lei.
Clare non era una che desse nell’occhio al punto da attirare l’attenzione
maschile in una stanza affollata, e i suoi abiti erano fatti per nascondere, più
che per eccitare. Ma aveva un bel viso, e quando si rilassava mostrava una
grazia naturale che richiamava gli sguardi.
Dopo che lei ebbe imparato le regole basilari, iniziarono una partita. Con
grande divertimento di Nicholas, la severa maestrina giocava come un
bambino entusiasta, aggrottandosi quando sbagliava ed entusiasmandosi
quando riusciva a mandare in buca una palla.
Alcune ciocche di capelli si erano sciolte, la sua posizione metteva in
risalto la deliziosa curva del culetto, e Nicholas era spesso tentato di darle
una sculacciata. Ma represse l’impulso perché l’atmosfera di armonia che si
era creata ne sarebbe stata guastata.
Continuarono così per un pezzo, finché la pendola non suonò. Clare la
guardò sorpresa.
— Già le undici!
Il giorno era quasi finito e il momento della verità era arrivato.
Immediatamente si irrigidì. Nella vana speranza che Nicholas si dimenticasse
che gli spettava un bacio, si schiarì la voce.
— È ora di andare a letto. Domani ho molte cose da fare: devo andare a
Penreith a cercare una cuoca, organizzare la vostra visita alla miniera,
accertarmi che la mia amica Marged se la cavi con la scuola.
Depose la stecca nella rastrelliera e si avviò all’uscio, ma Nicholas allungò
la sua puntandola sulla parete davanti a lei, a sbarrarle il passo. — Non state
dimenticando qualcosa?
— Non me ne ero dimenticata. Speravo che ve ne dimenticaste voi.
— Impossibile. È tutto il giorno che aspetto il mio bacio. — disse lui. —
Depose a sua volta la stecca sulla rastrelliera, si volse e la guardò con aria
pensierosa. — Essere baciata da me è una prospettiva così atroce? In passato
nessuna si è mai lamentata. Al contrario.
— E allora fatelo — disse lei, asciutta.
— Clare, non siete mai stata baciata con… intenzioni amorose?
— Nessun uomo ci ha provato.
— Vi garantisco che ci sono uomini che hanno sognato di baciarvi, ma li
avete intimiditi al punto che non hanno neppure osato tentarlo. — Le
accarezzò le labbra con il pollice. — Rilassatevi. Voglio persuadervi, non
terrorizzarvi.
I gesti di Nicholas erano fortemente sensuali, e l’effetto fu ancora più
perturbante di quello col quale le aveva sciolto i capelli. Le labbra di Clare si
ammorbidirono, si aprirono leggermente, e obbedendo all’istinto sfiorò con la
lingua il pollice di Nicholas. Sapeva di sale e di virilità, e arrossì quando si
rese conto dell’audacia del suo comportamento.
Ignorando il fatto che lei si era leggermente ritratta, lui sorrise. — Se
questo è un primo bacio, comincerò nella maniera più semplice. In fin dei
conti, abbiamo tre mesi davanti a noi. — Le mise le mani sulle spalle e chinò
la testa.
Il volto di Clare si indurì mentre si preparava a resistere al suo assalto. Ma
invece di baciarle la bocca lui le posò le labbra sulla tenera pelle della gola.
Clare ansimò e il cuore prese a batterle velocemente sotto il seducente
contatto della sua bocca. Aveva pensato di essere preparata, ma constatò di
non avere difese contro quell’inaspettata carezza. Calore, una lieve umidità,
sensazioni confuse che defluirono in basso, scuotendola e pulsando in luoghi
segreti, vergognosi.
— La vostra pelle è deliziosa — mormorò Nicholas, mentre le sue labbra
percorrevano il sensibile punto di incontro tra gola e spalla. — Celtica seta,
liscia e alluzzante.
Clare sentì che avrebbe dovuto fare qualcosa, ma non aveva idea di cosa.
Con gesto esitante posò le mani sulla vita di lui, sentendo muscoli duri sotto
il tessuto della camicia.
Dalla bocca di lui uscì una calda espirazione che le sfiorò l’orecchio, poi le
mordicchiò leggermente il lobo, e i denti erano in erotico contrasto con la
leggerezza delle sue labbra. Le dita di lei si mossero inquiete sulle sue
costole.
Quando lui cominciò ad accarezzarle le spalle e le braccia, Clare chiuse gli
occhi e si lasciò andare in un mare tempestoso.
Sentì una lieve pressione sulla parte posteriore del collo, poi la mano di
lui scivolò in basso e il palmo aperto riscaldò la zona tra le sue scapole. Con
un sussulto si rese conto che Nicholas aveva slacciato il bottone che chiudeva
la parte superiore del suo abito. Quando cominciò a fare lo stesso con quello
successivo, lei si ritrasse.
— Non c’è una… una durata limite al bacio? — chiese fingendo
padronanza di sé. — Sono certa che adesso dovrebbe essere finito.
Nicholas non fece nessun tentativo per impedirle di tirarsi indietro. Forse
il suo respiro si era fatto più rapido, ma per tutto il resto sembrava
indifferente.
— Un bacio non ha tempi prestabiliti. È finito quando uno dei due
partecipanti decide che è concluso.
— Benissimo. Allora il bacio di oggi è finito — replicò Clare. Allungò la
mano dietro la schiena e con dita incerte riallacciò il bottone.
— L’esperienza è stata negativa come vi aspettavate? Non sembrava che vi
dispiacesse.
Lei avrebbe preferito non rispondere, ma l’onestà la costrinse a dire la
verità. — Io… non mi è dispiaciuto.
— Vi faccio ancora paura?
Con la delicatezza di una farfalla le sfiorò i capelli sciolti. Lei avrebbe
potuto ignorare il suo tocco, ma notava qualsiasi cosa lui facesse. Chiuse per
un istante gli occhi, poi li aprì e incontrò il suo sguardo.
— Aristofane diceva che i ragazzi tiravano pietre alle rane per gioco, ma le
rane morivano sul serio. Se avete intenzione di spezzare la mia vita, fate pure.
Sì, milord, voi mi terrificate.
Lui si immobilizzò di colpo. — Soltanto cose rigide possono essere
spezzate. Forse la vostra vita ha bisogno di esserlo.
— Mi sembra un pensiero molto profondo. La vostra vita è andata a pezzi
quattro anni fa. Questo vi ha reso migliore o più felice?
Il volto di Nicholas si indurì. — È proprio ora di andare a letto. Domani
devo andare a Swansea, sicché ci rivedremo all’ora di cena. — Con la coperta
di velluto coprì il biliardo.
Clare si affrettò a chiudersi in camera da letto. Depose il candeliere e si
lasciò cadere in una poltrona premendosi le tempie con le mani. Un giorno e
un bacio erano passati. Come avrebbe fatto a sopravvivere ad altri novanta
giorni e novanta baci?
Clare aprì piano la porta sul retro della scuola ed entrò nell’aula tutta
bianca. Gran parte degli alunni erano chini sui quaderni, mentre Marged
teneva una lezione di aritmetica a bassa voce ai bambini più piccoli.
Appena lei entrò, le teste si volsero a guardarla, e ci furono sospiri e
risatine gioiose. Anche Marged la guardò sorridendo, e si arrese
all’inevitabile.
— È ora di pranzo. Salutate miss Morgan e andate pure.
Usciti i bambini, Clare si avvicinò a Marged e l’abbracciò. — Come te la
cavi?
Ridendo, l’amica si appoggio alla vecchia cattedra. — Ieri ho pensato che
non ce l’avrei fatta a sopravvivere. Se tu fossi stata qui, ti avrei implorato in
ginocchio di riprenderti la scuola. Ma oggi è andata meglio. Ancora due
settimane e penso che ci saprò fare. È un lavoro duro, ma mi sento
soddisfatta quando spiego qualcosa e il volto di un bambino si illumina di
comprensione. Naturalmente, tu sai bene che effetto fa.
Con un piccolo spasimo, Clare si rese conto che, sebbene credesse con
tutte le sue forze all’educazione, erano passati anni da quando aveva ricavato
vero piacere dall’insegnamento. Troppo spesso la annoiava ripetere le solite
cose, e forse era questa la ragione per la quale le piaceva quella sfida con
Nicholas: era un piacere avere a che fare con un adulto esperto,
imprevedibile, la cui intelligenza era pari alla sua.
Sentendosi un po’ in colpa per quel pensiero, spiegò all’amica che lord
Aberdare intendeva visitare la miniera per rendersi conto delle sue
condizioni, e Marged le disse che il direttore, Madoc, si assentava a metà
della giornata per andare a pranzare.
— Come va con il Conte Demone?
— Abbastanza bene. Non è stato molto lieto quando ho deciso di
raccogliere la sua sfida, ma ha accettato di buon grado la mia presenza.
— E tu cosa ci farai?
— Sembra che sarò un’ottima governante. Mi ha permesso di assumere
personale, di organizzare la casa e renderla più vivibile.
Passarono a parlare della scuola, poi Clare riprese la strada per Aberdare.
Mettere piede nell’anticamera fu come essere presa in un vortice. La sala
e il vicino salotto erano pieni di gente che lavorava duro, e siccome erano
tutti gallesi, cantavano in entusiastica consonanza.
Mentre lei si guardava attorno divertita, Rhys Williams, che era intento a
lustrare i candelieri a parete, si volse e la salutò. — La casa sta prendendo vita
— disse tutto fiero.
— Ho deciso di accettare il vostro consiglio e di concentrare i nostri sforzi
sull’atrio e il salotto, perché farà più colpo sul conte.
— Fa colpo su di me. — Clare scosse la testa ed entrò in salotto. — È
straordinario quanto sia servito togliere i mobili più brutti e le decorazioni. —
Ne erano stati tolti tanti che adesso c’erano vuoti da riempire.
— Sua Signoria mi ha detto che ci sono molti mobili in soffitta. C’è
qualcosa di adatto al salotto?
— Ce ne sono di belli. Vi accompagno a dare un’occhiata.
Williams la scortò in una foresta di forme e ombre. Sollevò un telo da un
piccolo divano. — Esiliato per i capricci della moda — spiegò. — Lady Tregar
voleva sofà con i piedi a zampa di coccodrillo — Emise un piccolo sbuffo. —
Prova evidente che buona educazione e buon gusto non è detto che vadano di
pari passo.
— Che tipo era lady Tregar?
L’espressione del maggiordomo si fece impassibile. — Non posso dirlo,
signorina Morgan. All’epoca ero il vice maggiordomo e assai di rado vedevo
Sua Signoria. Era molto bella, naturalmente. Volete vedere un suo ritratto?
— Certo. Non sapevo che ce ne fosse uno.
— Il vecchio conte lo aveva fatto eseguire in occasione del matrimonio del
nipote.
Williams accompagnò Clare in una soffitta più piccola, dove una
scaffalatura coperta di tela proteggeva una serie di quadri. Spostò uno dei teli,
poi alzò la lanterna per illuminare il ritratto. Raffigurava una giovane donna
vestita da ninfa greca, in piedi in un prato fiorito, e il vento le scompigliava i
biondissimi capelli.
Quella era la donna che aveva sposato Nicholas e ne aveva condiviso il
letto, e che adesso lo riempiva di dolore e sensi di colpa.
— Ho visto lady Tregar una sola volta in distanza, ma è più bella di quanto
pensassi.
— Non ho mai visto nessuna pari a lei — si limitò a commentare Williams.
— Perché il ritratto sta qui?
— Penso che la defunta contessa l’abbia fatto riporre quassù quando ha
chiuso la casa e si è trasferita a Londra.
Doveva essere Emily Davies, la seconda moglie del vecchio conte.
Possibile che avesse amato l’inquieto nipote del marito e fosse stata gelosa
della sua bellissima moglie? Forse così si spiegava che il ritratto fosse stato
relegato in quell’angolo nascosto.
Il volto di Clare si indurì. Quella casa era stata teatro di troppe cupe
emozioni, e forse era giunto il momento di fare irrompere la luce.
— Questo ritratto starebbe benissimo sopra uno dei caminetti del salotto.
Fatelo portare lì.
Williams fece per protestare, ma si trattenne. — Benissimo, signorina
Morgan. Volete mettere sul caminetto anche quest’altro? Un tempo era
appeso in salotto.
Scoprì un altro dipinto. Sebbene i capelli bianchi mostrassero che il
vecchio conte era stato ritratto verso la fine dei suoi giorni, sembrava che il
suo atteggiamento non avesse perso un briciolo di vigore e di arroganza.
Clare sapeva che a Nicholas non sarebbe piaciuto averlo ogni giorno
sott’occhio.
— Questo lasciatelo qui.
Trovò due bei paesaggi che meritavano di essere portati nelle stanze. C’era
un altro ritratto, e questa volta si trovò di fronte al volto di Nicholas. Era in
piedi, intento a reggere le redini di un cavallo, con alcuni cani accucciati ai
suoi piedi. Clare trattenne il fiato, incapace di resistere al fascino di quel bel
giovane ridente. Quello era il Nicholas che l’aveva affascinata quand’era
bambina. Poi notò che l’abito era sbagliato, troppo antiquato, e che
l’incarnato non era abbastanza scuro.
— Si tratta forse del padre di Sua Signoria?
— Sì, l’onorevole Kenrick Davies — disse il maggiordomo dopo aver letto
la targhetta sulla cornice. — Se n’è andato di casa prima che arrivassi io.
— Questo appendetelo sopra il caminetto più vicino all’atrio, e lady Tregar
sull’altro. Se abbiamo fortuna, riusciremo a sistemare il salotto prima che
lord Aberdare ritorni da Swansea.
Aveva una gran voglia di vedere come Nicholas avrebbe reagito davanti al
ritratto della sua defunta moglie.
7
Quando Clare raggiunse il porto sicuro della sua stanza da letto, spalancò
una finestra e si riempì i polmoni di aria fresca e umida. Stava scendendo una
pioggerellina primaverile.
Lasciando la finestra aperta, indossò la camicia da notte e si infilò nel
vasto letto.
Mentre oscillava tra veglia e sonno, una lieve musica cominciò a inserirsi
tra le gocce di pioggia come frammenti di un sogno. Dapprima la trovò
piacevole.
Poi la sua misteriosa improbabilità la riportò alla piena consapevolezza.
Come poteva esserci musica nel cuor della notte in una casa quasi vuota? E
una musica come quella, un’aria delicata, elusiva come il canto di una fata si
sentì rizzare i capelli sul collo e si chiese se aveva mai udito parlare di spettri
ad Aberdare. Non che credesse ai fantasmi, naturalmente.
Si alzò dal letto, andò alla finestra aperta e ascoltò attentamente. Sì, la
musica veniva dalla casa.
Il giorno dopo, molti dei nuovi domestici si sarebbero mossi qua e là, ma
quella notte ad Aberdare dormivano soltanto sei persone. Clare si chiese se
per caso non fosse Williams il suonatore intento a esercitarsi in piena notte.
Ma il maggiordomo era cresciuto nel villaggio, e lei non aveva mai sentito
dire che fosse un musicista.
Con un sospiro accese una candela e indossò la vestaglia di lana. Tanto
valeva individuare la fonte del suono.
Aprì la porta e uscì nel corridoio. La fiammella della candela danzava sulle
pareti, le ombre oscillanti e il tamburellare delle gocce di pioggia la facevano
sentire come se fosse nel pieno di un melodramma neogotico. Con un brivido
si chiese se non le conveniva svegliare Nicholas, ma subito scacciò l’idea. Il
Conte Demone nudo a letto era più pericoloso di qualsiasi fantasma. In punta
di piedi, avanzò nella casa buia.
La sua ricerca la portò in una stanza nell’angolo più remoto dell’edificio.
Da sotto la porta filtrava una lieve luce che trovò rassicurante. Improbabile
che i fantasmi avessero bisogno di una lampada. Con precauzione, girò la
maniglia. Quando la porta fu semiaperta, si immobilizzò sbalordita.
L’abitante della stanza non era un fantasma.
Ma uno spettro non l’avrebbe sorpresa altrettanto.
8
Dolcemente ripeté l’ultimo verso con tutto il dolore del mondo nella voce.
Sebbene l’aria le fosse ignota, Clare si rese conto che le parole erano un
poema del medievale Libro Nero di Caermarthen, uno dei più antichi testi
gallesi. Lacrime le punsero gli occhi. Mai quelle parole familiari l’aveva
commossa tanto. Quando le ultime note si spensero sospirò, pensando a
tutto ciò che aveva perduto e mai più avrebbe avuto.
Udendo il suono, Nicholas alzò di scatto la testa, e le sue dita colpirono le
corde traendone un aspro accordo, mentre la vulnerabilità cedeva di colpo il
posto all’ostilità.
— A quest’ora dovreste dormire, mia cara.
— Anche voi. — Lei entrò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle. —
Non sapevo che vi intendeste di musica.
— È un fatto poco noto — rispose lui asciutto. — In tempi antichi, un
gentiluomo gallese doveva saper suonare l’arpa, per essere considerato degno
del suo rango; ma le cose sono cambiate, in questi tempi barbarici. Non
rivelate il mio vizio segreto.
— La musica non è un vizio, è una delle grandi gioie della vita — disse lei
in tono leggero. — Se è un esempio dei vostri modi selvaggi e perversi, non
posso non chiedermi se siete davvero quel libertino che il mondo vi crede.
— I miei veri vizi sono pubblici, e siccome suonare l’arpa ha irritanti
connotazioni angeliche, lo tengo nascosto per non rovinarmi la reputazione.
— Il conte intonò un breve ritornello bricconesco. — Voi e io conosciamo il
valore della reputazione.
— Divertente spiegazione, ma effettiva sciocchezza. — Clare lo guardò
pensierosa. — Perché avevate quell’aria tetra poco fa?
— Un gentiluomo apprezza la musica, come del resto l’arte e
l’architettura, ma non deve perdere tempo a occuparsene. E se,
malauguratamente, un uomo di sangue blu insiste a suonare uno strumento,
dovrebbe accontentarsi di cose come il violino o il pianoforte. Un gentiluomo
non dovrebbe assolutamente perdere il suo tempo con una plebea arpa
gallese.
— Presumo che stiate facendo il verso al vecchio conte, ma è difficile
credere che a lui non piacesse la vostra musica. Suonate e cantate
splendidamente.
— Gran parte dei comuni gallesi preferirebbero cantare che mangiare, e gli
zingari danzano tanto da farsi sanguinare i piedi. Mio nonno non approvava
eccessi del genere, e il fatto che io volessi suonare l’arpa era prova evidente
del mio infetto sangue bastardo.
Pigramente, Nicholas cavò dalle corde una serie di note melanconiche.
— È una delle ragioni per la quale ho imparato a parlare il gallese. Il
cimbrico è una favella antica, primitiva, adatta a guerrieri e poeti, e io avevo
bisogno di parlarla per rendere giustizia all’arpa.
— Dove avete imparato a suonare così bene?
— Da un pastore delle colline chiamato Tarn the Telyn.
— Tommaso l’Arpa — tradusse lei. — Da bambina, una volta l’ho sentito
suonare. Era meraviglioso. Dicevano scherzando che era l’incarnazione di
Llewelyn il Grande, tornato a ricordarci l’antica gloria del Galles.
— Può darsi che Tarn fosse davvero uno dei grandi bardi ritornati, perché
in lui c’era una capacità prodigiosa. Fabbricava le arpe con le proprie mani,
alla maniera medievale. — Nicholas fece risuonare la colonna dell’arco. — La
cassa armonica è ricavata da un unico pezzo di salice, e come le antiche arpe,
le corde sono di metallo anziché di budello. Con le sue istruzioni ne ho fatta
una, ma la tonalità non era ricca come la sua. Morendo, Tarn mi ha lasciato
questa.
— Siete più bravo di qualsiasi artista mi sia capitato di udire durante una
competizione alla festa di Eisteddfod. Dovete aver partecipato a qualcuna di
queste feste.
— Assai improbabile, Clare — disse lui, e ora la nostalgia era scomparsa. —
Io suono per me stesso.
— Perché non sopportate che la gente vi ammiri? Mi sembrate più a
vostro agio con il disprezzo.
— Verissimo — ammise Nicholas con voce dolce. — Tutti hanno
un’ambizione, e la mia è di essere un mostro senz’anima, un’offesa per le
brave persone timorose di Dio.
Clare sorrise. — Non posso credere che una persona che faccia musica
come voi sia senz’anima.
Nicholas fece risuonare ancora l’arpa, questa volta su un’aria più gentile.
— Se qualcuno l’avesse pensata come voi, sarei fuggito da Aberdare. Non so
se vostro padre mi abbia fatto un favore persuadendomi a restare, ma ho
dovuto ammirare la sua capacità di domare un bambino selvatico.
— Come ha fatto? Mio padre parlava molto poco del suo lavoro, perché era
convinto di essere semplicemente uno strumento di Dio.
— Sapevate che mia madre mi ha venduto a mio nonno per cento ghinee?
Sono arrivato ad Aberdare quando avevo sette anni e non avevo mai dormito
in una casa. Mi sentivo un uccello in gabbia, cercavo disperatamente di
evadere. Mi hanno chiuso nella nursery e hanno sbarrato le finestre per
impedirmi di tagliare la corda. Il vecchio conte ha chiamato vostro padre, che
rispettava per la sua devozione, sperando che riuscisse a esorcizzare i miei
demoni.
— Mio padre non era un esorcista.
— No. Semplicemente è entrato nella nursery con un paniere di cibo, si è
seduto sul pavimento in modo da trovarsi alla mia stessa altezza, poi ha
cominciato a mangiare una polpetta di montone. Ero affamato perché non
mandavo giù niente da parecchi giorni, e gliel’avrei rubata, anche se quando
un lacchè portava del cibo glielo gettavo in faccia. Ma vostro padre non mi ha
obbligato a fare niente e non mi ha rimproverato quando ho preso dal paniere
una polpetta. E dopo che l’ho divorata, mi ha offerto un sorso di birra e un
dolcetto di ribes. Mi ha dato persino un tovagliolo, e mi ha raccomandato di
pulirmi faccia e dita. Poi ha cominciato a raccontarmi storie. Giosuè e le
mura di Gerico. Daniele nella fossa dei leoni. Sansone e Dalila… e mi piaceva
soprattutto l’episodio di Sansone che fa crollare il tempio, perché avrei voluto
fare altrettanto, da quando avevo messo piede ad Aberdare. Vostro padre è
stato la prima persona a trattarmi come un bambino anziché come un
animale da domare, e io ho pianto tra le sue braccia.
— Lui era la persona più compassionevole che abbia mai conosciuto.
Nicholas annuì. — Il vecchio conte aveva saputo scegliere. Penso che
soltanto il reverendo Morgan sarebbe riuscito a persuadermi ad accettare la
situazione. Mi ha detto che ormai Aberdare era casa mia, e che se collaboravo
con mio nonno avrei avuto più libertà e ricchezza di qualsiasi zingaro. E
allora sono andato dal vecchio conte e gli ho proposto un patto. — Abbozzò
una smorfia. — È proprio vero che ho la propensione a strani patti. Gli ho
detto che avrei fatto del mio meglio per essere l’erede che voleva… undici
mesi l’anno. In cambio, avrei avuto un mese per stare con gli zingari.
Naturalmente a lui l’idea non è piaciuta, ma il reverendo lo ha persuaso che
era l’unico modo per farmi comportare bene. Così vostro padre è diventato il
mio tutore. Per i due o tre anni successivi è venuto ad Aberdare quasi tutti i
giorni liberi dall’attività di predicatore. Oltre alle solite materie scolastiche,
mi ha insegnato a comportarmi come un gorgio. Alla fine mi hanno mandato
a una scuola privata perché mi trasformassi in qualcosa di simile a un
gentiluomo inglese.
— Dev’esser stato difficile vivere in due mondi diversi. Non avete mai
avuto l’impressione di non essere né carne né pesce?
— Un’adeguata definizione.
— Più vi ascolto e meno mi sorprende che abbiate odiato vostro nonno.
— Dire che l’odiavo è… troppo semplice. Era il mio unico parente e volevo
piacergli. Ho studiato le buone maniere, la morale, il greco, la storia, l’agraria,
ma senza mai riuscire a soddisfarlo. Volete sapere qual era il mio delitto
imperdonabile?
Clare scosse la testa.
— Il colore della mia pelle — spiegò Nicholas. — Qualcosa che non avrei
potuto cambiare anche se avessi voluto. Ogni volta che mi guardava, vedeva
in me un dannato zingaro nero. È ridicolo e certamente poco cristiano odiare
qualcuno per il colore della pelle, ma cose del genere possono cambiare il
modo di vivere.
— La vostra vita era migliore quando viaggiavate con gli zingari?
— Sì, da molti punti di vista. Mia madre era un’orfana senza parenti
stretti, per cui potevo unirmi a qualsiasi kumpania si trovasse nei pressi di
Aberdare. Mi piaceva stare con loro, ma con l’andare del tempo ho cominciato
a vedere i miei consanguinei con occhi diversi. I rom si ritengono
completamente liberi, ma in realtà sono intrappolati dalle loro costumanze.
L’analfabetismo, il modo di trattare le donne, l’orgoglio di essere disonesti a
spese dei gorgio, i tabù sulla pulizia… Alla fine non sono più riuscito ad
accettare cose del genere senza pormi domande.
— Eppure avete procurato agli zingari un terreno in cui accamparsi ad
Aberdare.
— Naturale, sono la mia gente. I rom possono restarci per tutto il tempo
che vogliono. In cambio, chiedo loro di non dare fastidio agli abitanti della
valle.
— Dev’essere per questo che per anni non hanno avuto guai con gli zingari
— disse Clare. — Quand’ero bambina, ricordo che mia madre serrava l’uscio
quando i rom entravano nel villaggio. Diceva che gli zingari sono ladri e
pagani e che rubano i bambini.
— Le prime due affermazioni possono rispondere al vero, ma i rom non
hanno bisogno di rubare bambini, ne hanno già fin troppi.
— Un tempo sognavo di essere rubata da loro — confessò Clare. —
Pensavo che fosse bello essere tanto desiderati.
— Perché vi sentivate non desiderata? Io a volte mi chiedevo come fosse
avere per padre il reverendo Morgan, ma penso che i santi non siano le
persone più comode con cui vivere.
Clare ebbe l’impressione di essere stata pugnalata a tradimento. Come
osava quel libertino vedere cose che nessun altro vedeva e che lei
difficilmente ammetteva anche con se stessa?
— È molto tardi — disse. — Adesso che so che non siete un fantasma, vado
a dormire.
— Voi siete una di quelle persone che amano fare le pulci agli altri, ma
non vogliono che qualcuno guardi dentro di loro.
— Non c’è niente da sondare — replicò Clare, e si alzò in piedi. — Sono una
donna semplice e non ho una vita complicata.
— Avete bisogno di sentirvi desiderata? Io vi desidero. Belle caviglie,
oltretutto. Sono contento che abbiate deciso di servirvi della stecca per
giocare a biliardo.
— Voi vi fate beffa di me!
— Niente affatto. Vi sto semplicemente invitando a partecipare con me al
banchetto della vita, che comprende l’allegria, oltre al desiderio. La passione
è il miglior modo che conosco per dimenticare i dolori dell’esistenza.
— Adesso capisco perché vi chiamano il Conte Demone: voi praticate la
teologia del diavolo.
Nicholas andò verso di lei. — Mezzanotte è passata. È un altro giorno,
dunque. Posso avere il mio prossimo bacio?
— No. — Lei si girò e corse fuori.
Mentre si dirigeva verso la sicurezza della sua stanza da letto, Clare pensò
che il modo di pensare di Nicholas cominciava ad avere effetto su di lei.
Non soltanto era sulla strada della perdizione, ma cominciava anche a
desiderarla.
9
Sapendo che Clare era esausta, Nicholas la tenne stretta mentre la fune
cigolante li portava in superficie. L’aveva salvata nella miniera allegata e non
aveva certo voglia di perderla nell’ultima tappa del percorso. Lei gli si
appoggiò stancamente, ben lieta del suo sostegno.
Giunti su terreno solido, Nicholas l’aiutò a scendere dal sedile. Avevano
entrambi gli abiti zuppi, il vento li gelava.
Huw era in ansiosa attesa e si illuminò quando vide Owen, giunto in
superficie contemporaneamente a Nicholas e Clare.
— Sono contento di vedervi, signor Morris. Questo è un brutto posto.
Owen gli diede un colpetto sulla spalla. — Fare il minatore non è così
duro, Huw, anche se non a tutti piace.
Mentre parlavano, la grande ruota riportò parecchi altri uomini all’aperto.
Uno di loro, un tipo alto e dinoccolato, di colorito acceso, se la prese col
bambino.
— Ti ho sentito, ragazzo Huw, e non voglio sentirtelo ripetere più. Anzi,
per farti smettere di piagnucolare, ho intenzione di riportarti subito laggiù.
Il piccolo sbiancò. Tremando rispose in tono deciso. — No, no, pa’, non
voglio scendere.
— Io sono tuo padre e tu fai come dico io — ruggì l’uomo. E venendo
avanti afferrò gli il polso.
Il bambino strillò e cercò di mettersi al riparo dietro Owen. — Vi prego,
signor Morris, non lasciatemi portare via.
Owen intervenne. — Tuo figlio per poco non è annegato, Wilkins. Ha
bisogno di cibo caldo e di un letto non di un’altra gita nella miniera.
— Non sono affari tuoi, Morris. — Wilkins fece un altro vano tentativo di
impadronirsi del figlio.
Il volto di Owen si indurì. — Tu sei sbronzo. Lascia andare il piccolo.
— Non dirmi quello che devo fare con mio figlio, ipocrita bastardo
metodista.
Owen fece un passo indietro. Poi, con palese soddisfazione, mollò un
cazzotto al mento dell’aggressore. Wilkins finì a terra e Owen si inginocchiò
accanto al bambino.
— Vieni a casa mia a bere un tè, Huw. Oggi tuo padre ha la luna storta.
Si volse tenendolo per mano, in tempo per vedere Wilkins che a fatica si
rimetteva in piedi, impugnando il piccone a manico corto da minatore. Lo
alzò e fece per piantarlo nella testa di Owen.
Ci furono grida di avvertimento. Nicholas corse verso l’uomo, gli strappò
il piccone dalle mani con forza tale che Wilkins finì nuovamente a terra. Con
un urlo tentò di rialzarsi.
Il conte gli mollò un calcio al ventre rimandandolo lungo disteso. Poi alzò
il piccone e glielo puntò alla gola. Wilkins puzzava di whisky a buon mercato.
— Voglio farvi un’offerta — disse freddamente. — Il bambino è caparbio, e
la miniera non gli va a genio. Posso togliervelo dalle mani… diciamo per venti
ghinee? È la somma che si guadagnerà nel corso degli anni come addetto alla
porta di ventilazione, e voi non dovrete più sostenere la spesa del cibo e del
vestiario.
— Chi diavolo siete? — chiese Wilkins con voce incerta.
— Sono Aberdare.
Wilkins abbozzò una brutta smorfia. — Sicché allo zingaro piacciono i
bambini. È per questo che vostra moglie non vi poteva sopportare?
Nicholas strinse con forza convulsa il manico del piccone. — Ancora non
mi avete detto se avete intenzione di sbarazzarvi di vostro figlio — disse non
appena ebbe ripreso il controllo. — Venti ghinee, Wilkins. Pensate a tutto il
whisky che potete comprarvi.
— Se proprio volete il marmocchio, dovete darmene venticinque. È un
buono a niente. Non fa che piagnucolare e chiedere da mangiare.
Il conte si rivolse ai minatori che assistevano alla scena in silenzio. —
Siete tutti testimoni che il signor Wilkins è disposto a rinunciare a tutti i
diritti su suo figlio per la somma di venticinque ghinee.
I presenti annuirono con espressioni che dicevano il loro disprezzo per un
uomo disposto a vendere il proprio figlio. Nicholas allontanò il piccone per
permettere a Wilkins di tirarsi pesantemente in piedi.
— Datemi il vostro indirizzo. La somma vi sarà recapitata questa sera dal
mio maggiordomo, al quale rilascerete una ricevuta.
L’uomo annuì. Nicholas gettò il piccone e lo apostrofò con voce gelida. —
Adesso che siete in piedi, avete intenzione di pronunciare altre calunnie sul
mio conto? Io non sono armato e possiamo risolvere la questione a
quattr’occhi.
Sebbene pesasse almeno quindici chili più di lui, il minatore abbassò lo
sguardo. Sottovoce, in modo che solo Nicholas potesse sentirlo, borbottò
l’ultima malignità.
— Mettilo nel culo a chi vuoi, bastardo zingaro.
Nicholas si rivolse a Owen. — Se pago le spese per il bambino siete
disposto ad allevarlo con gli altri vostri figli? Altrimenti conoscete una
famiglia disponibile?
— Marged e io lo prenderemo. — Owen prese in braccio il ragazzo. — Ti va
l’idea di stare sempre con noi, Huw? Ricordati però che dovrai andare a
scuola.
Con gli occhi imperlati di lacrime, il bambino annuì e gli appoggiò il viso
al collo.
Nicholas rifletté cinicamente sul potere del denaro. Per sole venticinque
ghinee Huw avrebbe avuto una nuova vita. Naturalmente, il sangue nobile
era più caro: lui era costato quattro volte di più al vecchio conte.
Fino a quel momento Clare era rimasta ad assistere in silenzio. Quando
Nicholas la guardò, gli sorrise.
— Può darsi che vi siano ancora speranze per voi, milord.
— Non fatevi idee sbagliate sulla mia filantropia — ribatté lui. — Ho agito
per pura ostinazione.
— Dio non voglia che vi venga attribuita una buona azione, vero? Vi
costerebbe l’espulsione dalla società dei libertini e delle canaglie.
— Non possono scacciarmi, sono un membro fondatore — replicò
Nicholas. — E ora andate a cambiarvi d’abito, prima di restare congelata. E
avete anche bisogno di un bagno. Avete addosso tanta polvere di carbone che
sembrate uno spazzacamino.
Mentre lei si dirigeva alla baracca dove aveva lasciato gli abiti, Nicholas
andò con Owen e Huw all’altro capannone. — Sei certo che Marged non avrà
da ridire sul fatto che porti il bambino a casa tua? — chiese al minatore.
— Non avrà da ridire. Huw è un bravo bambino e più di una volta Marged
ha detto che le piacerebbe che fosse nostro. Wilkins non voleva lasciarlo
andare alla scuola domenicale, e sarà mia moglie che gli insegnerà a leggere e
a far di conto. E lo nutrirà. Il povero piccolo è sempre affamato.
Uscendo dal capannone, Nicholas notò che il cadavere di Bodwill era stato
portato in superficie e deposto vicino alla baracca del contabile. Accanto al
morto vide un uomo alto e grosso, con muscoli da minatore, con abiti costosi
e l’aria autorevole.
— Quello è Madoc — borbottò Owen.
Il conte avrebbe preferito incontrare il direttore in altre circostanze. Si
guardò attorno e vide che Clare stava uscendo dall’altro capannone, adesso
vestita con gli abiti da ragazzo che usava per andare a cavallo. Dato che molti
erano i presenti, sarebbe stato facile prendere lei e i cavalli e andarsene senza
dar nell’occhio. Ma la fortuna non era con loro. Madoc si volse e scorse Clare.
— Cosa ci fai tu qui, piccola ficcanaso? — abbaiò. — Ti ho già detto di
tenere il tuo pio culo lontano dalla miniera.
Nicholas si trattenne. Era venuto alla miniera per fare un’ispezione, non
la guerra.
— Prendetevela con me — disse rivolto a Madoc prima che Clare reagisse.
— Sono stato io a chiedere alla signorina Morgan di portarmici.
— E voi chi diavolo siete?
— Il conte di Aberdare.
Il direttore per un istante rimase sconcertato, ma si riprese quasi subito.
— Questa faccenda non vi riguarda, lord Aberdare. Uscite dalla proprietà e
statene alla larga.
— La compagnia mineraria ha avuto in concessione questa terra dai
possedimenti dei Davies — ribatté Nicholas con calma solo apparente. —
Ricordatevi che io ne sono ancora il proprietario, e maniere migliori non
guasterebbero.
Con uno sforzo visibile, Madoc represse la rabbia. — Vi chiedo scusa per la
mia asprezza, ma c’è stato un incidente, e non è il momento adatto per i
visitatori. Siete già sceso in miniera?
— Sì, un’esperienza indimenticabile.
Madoc scoccò un’occhiata rabbiosa ai minatori raccolti. — Chi si è preso la
briga di portare da basso il conte?
Rendendosi conto che chiunque se ne fosse dichiarato responsabile
sarebbe stato licenziato, Nicholas scoccò a Owen un’occhiata d’intesa.
— Ancora una volta, la colpa è mia. E forse ho dato l’impressione di aver
avuto il vostro permesso. I vostri dipendenti mi sono stati d’aiuto.
— Voi non avete il diritto di ficcanasare alle mie spalle e di mentire ai miei
dipendenti. Ho una mezza idea di denunciarvi.
— Fatelo pure — disse in tono accondiscendente. — Ultimamente non ho
visitato carceri, e mi farebbe piacere andarci. Ma il mio vecchio amico lord
Michael Kenyon è ancora il titolare della miniera, vero? Era mia intenzione di
fargli visita al mio ritorno. Può darsi che non approvi la vostra gestione dei
suoi beni.
— Fate pure. Sua Signoria mi ha concesso piena autorità sulla miniera e
non ha mai trovato da ridire sulle mie iniziative.
— Sono certo che per lui sia di conforto avere un direttore così
coscienzioso — disse con ironia Nicholas. Poi diede un’occhiata a Clare, che
nel frattempo aveva portato i cavalli. — Possiamo andarcene, signorina
Morgan? Ho visto tutto quello che volevo vedere.
Quando furono lontani dalla miniera, Nicholas la guardò soddisfatto. —
Mi sono fatto due nemici, e non è ancora l’ora del tè. Una giornata proficua.
— Non è un gioco — ribatté lei con tono duro. — Nye Wilkins è un tipo che
una notte può ubriacarsi e decidere di dar fuoco alle vostre scuderie.
— E Madoc è ancora peggio. Mi rendo conto che chiedergli di introdurre
cambiamenti nella miniera è una perdita di tempo. Un uomo molto
pericoloso.
Lei lo guardò sorpresa. — Ne sono sempre stata convinta, ma pensavo che
il mio giudizio fosse condizionato dal disprezzo che provo per lui.
— Madoc è un prepotente, un tiranno che lotterà fino alla morte per
conservare il proprio potere. Se si sentisse in pericolo, potrebbe rivelarsi
perfido come un serpente. Mi sorprende che Michael abbia assunto un uomo
del genere e che sia soddisfatto delle sue prestazioni. Mi chiedo cosa mai
abbia combinato il mio amico in questi ultimi anni. Non può essere morto,
perché ne avrei avuto notizia, ma evidentemente si disinteressa a cose che
per lui non sono importanti.
— Una persona può cambiare, nel corso di quattro anni.
— Verissimo. Ma mi sorprende che lui abbia optato per l’indifferenza.
Quando andrò a Londra chiederò al comune amico Lucien dov’è adesso e
cosa sta facendo.
Ricordandosi che Marged aveva pronunciato quel nome, Clare lo guardò.
— Lucien è un altro degli Angeli Caduti vostri amici?
— Buon Dio, possibile che quel vecchio nomignolo abbia fatto il giro del
Galles?
— Temo di sì. Da dove viene questa fama?
— Noi quattro, Lucien, Raphael, Michael e io, abbiamo fatto amicizia a
Eton, e a Londra eravamo spesso assieme. Il bel mondo ama soprannomi e
nomignoli. E noi eravamo selvatici… come spesso sono i giovani.
— La storia che è giunta alle mie orecchie — disse lei con aria divertita —
era che eravate tutti belli come angeli e perfidi come diavoli.
Nicholas sorrise. — Le chiacchiere sono spesso assai più interessanti della
verità. Santi non eravamo, ma neppure troppo disposti a infrangere la legge.
Può darsi che Michael sia piombato sulla terra, ma Lucien ha un incarico a
Whitehall, e Raphael è alla Camera dei Lord, per cui in questo momento sono
di sicuro a Londra. Partiremo dopodomani.
— Avete davvero intenzione di portarmi a Londra?
— Ma certo. Ve l’ho detto il giorno che siete venuta ad Aberdare con
intenzioni ricattatorie.
— Ma… avevate bevuto, e pensavo che ve ne foste dimenticato.
— Cosa potrebbe esserci di meglio che procurarvi un guardaroba come si
deve? Anche se il modo con cui quella camicia vi aderisce alla pelle vi dona
moltissimo, sotto avete qualcosa d’altro?
— Non potevo infilarmi abiti asciutti sopra la biancheria bagnata.
— È contrario ai miei principi indurre le donne a caricarsi di indumenti,
ma fareste meglio a mettervi questo — disse lui. Si tolse il mantello e glielo
gettò.
— Morirete di freddo.
— Ho passato troppe notti sotto le stelle per preoccuparmi del freddo.
Per Clare sarebbe stato senza dubbio interessante vedere Londra, ma la
visita avrebbe messo fine alla confidenza che stava nascendo tra loro. Nella
metropoli, lui avrebbe avuto i suoi amici e probabilmente le vecchie amanti
con cui spassarsela. E si sarebbe dimenticato della sua esistenza. Ma almeno
così la sua vita sarebbe stata molto più facile.
Doveva essergliene grata.
Quella notte Clare dormì ben poco. Per lei era stato facile dimenticare la
gravità del suo comportamento mentre era ancora sotto l’incantesimo di
Nicholas. Un bacio era solo un bacio, più neutro che peccaminoso. Ma poi si
era vista con gli occhi di Tegwen e aveva dovuto confrontarsi con la propria
coscienza. Non poteva più negare la sua debolezza, il suo lascivo desiderio.
Mentre giaceva insonne, udì il suono attraente dell’arpa. Più di ogni altra
cosa avrebbe voluto obbedire a quel canto di sirena per dimenticare la pena
nel calore del suo abbraccio. Ma si sarebbe sentita una falena che tentasse di
scacciare l’attrazione per la candela abbandonandosi alla fiamma.
Al mattino si alzò con gli occhi pesti e il cuore pesante. Il pensiero di
andare alla cappella le faceva tremare le mani, ma non poteva evitarlo. Non
era mai mancata a un servizio domenicale, e farlo quel giorno sarebbe stato
come ammettere la sua colpa.
Mentre indossava il suo sobrio abito domenicale si chiese se Tegwen
sarebbe stata presente e se avrebbe raccontato ciò che aveva visto.
Cupamente si rese conto che il problema non era se, ma quando: difficile che
Tegwen esitasse a diffondere la scandalosa notizia. Amava essere al centro
dell’attenzione, e la storia della maestrina che baciava il Conte Demone
sarebbe stata irresistibile. Forse la notizia non era ancora di pubblico
dominio, ma lo sarebbe stata quanto prima.
Mentre andava in carrozza a Penreith, Clare raggiunse la nuova cuoca, la
signora Howell, anche lei diretta alla cappella. La signora Howella accettò
l’invito a salire a bordo e per il resto del viaggio non fece che ringraziarla per
il posto che le aveva procurato ad Aberdare. A quanto sembrava, non aveva
ancora udito niente a proposito della moralità di Clare.
Arrivarono che i fedeli stavano prendendo posto. Di solito per Clare era
confortante ritrovare le solite panche, le pareti candide, il pavimento di legno
ben cerato, ma quel giorno si scoprì a osservare se qualcuno la stesse
guardando in maniera particolare.
Tegwen non era presente. Mentre Clare prendeva posto, Marged le sorrise
e con un cenno le indicò Huw, seduto tra Owen e Trevor, il figlio maggiore
dei Morris. Per la prima volta in vita sua, il bambino aveva una vera casa, e
quando Clare ripensò a ciò che aveva dovuto sopportare nella miniera e per
mano di un padre brutale, i suoi problemi le parvero assai meno importanti.
L’anziano della chiesa congregazionale, salito sul pulpito, rese noto l’inno
del giorno, e il canto cominciò. La tranquillità d’animo di Clare durò sino
all’arrivo di un ritardatario che prese posto su un banco. Ci furono sussurri e
lei udì il proprio nome. Chiuse gli occhi e stette in attesa.
La Zion Chapel non aveva un predicatore permanente, per cui al servizio
erano addetti membri della congregazione e pastori di passaggio. Quel giorno
era la volta di un predicatore di una valle vicina, un certo Marcross, che alzò
la voce quando i sussurri aumentarono di tono. — Che cosa, vi prego di
rivelarmelo, è più importante della parola di Dio?
Allora un’aspra voce femminile risuonò nella cappella. — Tra noi oggi c’è
malvagità. La donna alla quale abbiamo affidato i nostri bambini è una
peccatrice e un’ipocrita. Eppure osa sedere insieme a noi nella casa del
Signore!
Clare strinse le labbra. Aveva riconosciuto la voce della madre di Tegwen.
Gwenda Elias aveva opinioni precise circa la condizione di una donna, e mai
aveva approvato l’insegnamento di Clare, e tanto meno Clare stessa. E adesso
aveva un’arma per punirla.
Marcross aggrottò la fronte.
— Sono accuse gravi, sorella. Hai prove? Se non le hai, taci. La casa di Dio
non è il posto per vaghe chiacchiere.
Tutti gli occhi della congregazione si appuntarono sulla signora Elias.
Questa alzò una mano e indicò Clare.
— Clare Morgan, figlia del nostro amato defunto predicatore e maestra dei
nostri figli, ha ceduto alla viziosa lussuria! Neppure quattro giorni fa si è
trasferita nella casa di lord Aberdare, quello che chiamano il Conte Demone.
Ha dichiarato che sarebbe stata la sua governante, ma ieri sera mia figlia
Tegwen, che lavora ad Aberdare, ha trovato questa spudorata donnaccia tra le
braccia del conte, seminuda e intenta a comportarsi in modo indecente.
Soltanto la grazia di Dio ha impedito che la mia innocente figlia non la
sorprendesse nell’atto della fornicazione. — Un tremito teatrale si udì nella
sua voce.
— Grazie al cielo, il tuo caro padre non è più al mondo per vederti adesso.
Gli occhi di tutti si volsero a Clare. I suoi amici, i suoi vicini, i suoi ex
allievi la fissavano orripilati, alcuni increduli, altri con un’espressione che
rivelava che era già stata condannata.
Imbarazzato per essere stato coinvolto in una disputa locale, Marcross la
fissò a sua volta.
— Cos’avete da dire a questo proposito, signorina Morgan? La
fornicazione è sempre un peccato, e sarebbe particolarmente spregevole in
una donna come voi, che ha goduto della fiducia della comunità.
Clare divenne pallidissima e si sentì sul punto di svenire. Sapeva che
sarebbe stato un momento difficile, ma la realtà era peggiore di quanto
avesse supposto. Poi Marged le prese la mano e gliela strinse, e nei suoi occhi
c’era preoccupazione, ma anche fiducia e affetto.
Questo le diede la forza di alzarsi in piedi. Sostenendosi al banco che
aveva di fronte, parlò con tutta la compostezza che riuscì a darsi.
— Tegwen è stata una mia allieva e ha sempre dato prova di abbondante
fantasia. Non posso negare che ieri sera abbia assistito a un bacio. Mi
sentivo… grata a lord Aberdare, sia perché ieri mi ha salvato la vita, sia perché
le sue iniziative saranno di beneficio a tutto il villaggio. — Chiuse per un
istante gli occhi cercando le parole. — Non tenterò di negare che ciò che ho
fatto sia poco saggio, ma un bacio non è una fornicazione, e in quel momento
ero decentemente vestita.
Si udì la vocina di un bambino. — Cos’è la fornicazione?
Quasi subito le donne con bambini piccoli e figlie nubili si alzarono e
uscirono. Anche Marged raccolse i suoi rampolli, ma rivolse a Clare un
sorriso amichevole.
Usciti gli innocenti, la signora Elias tornò all’attacco. — Non puoi negare
che vivi con il conte né che ti sei comportata in maniera indecente.
— Anche tua figlia vive sotto il tetto di Lord Aberdare. Sei preoccupata per
la sua virtù?
— La mia Tegwen vive con gli altri domestici, ma tu sei sempre con lui.
Non negarlo. Anche se dici la verità e non sei ancora la sua amante, è solo
questione di tempo prima che tu gli ceda la tua virtù. Sappiamo tutto sul
conto del Conte Demone. Sappiamo che ha sedotto la moglie di suo nonno e
ha causato il decesso sia del vecchio conte sia della propria sposa.
— Io ero cameriera di lady Tregar e lei stessa mi ha rivelato le infedeltà di
suo marito, piangendo calde lacrime. Gli adulteri del conte le spezzavano il
cuore. Poi, quando la sua perfidia è divenuta palese, lui l’ha terrorizzata al
punto che lei è fuggita ed è andata verso la morte. E tu sei così sicura della
tua virtù da pensare che puoi fare comunella con Satana senza esserne
corrotta! Vergogna, Clare Morgan, vergogna! Quale figlia di Thomas Morgan
ti sei sempre creduta migliore degli altri, ma adesso ti dico che se resti nella
casa del diavolo, ben presto ne genererai il figlio!
La rabbia invase Clare, dandole forza. — Ti interessa di più condannare
me o lord Aberdare? — chiese tagliente. — So che amavi la tua padrona, e che
ancora provi dolore per lei. Ma nessuno, tranne il conte stesso, sa cos’è
successo tra lui e sua moglie. Da parte nostra sarebbe sbagliato atteggiarci a
giudici. Sì, Sua Signoria ha una pessima reputazione, ma da quel che vedo è
assai meno vizioso di quanto si dice. Qualcuno dei presenti ha informazioni
precise sul comportamento vizioso del conte? Se così è, io non ne ho mai
udito parlare. Ha per caso sedotto qualche ragazza del villaggio? Nessuna a
Penreith l’ha mai dichiarato padre di un proprio figlio. E io giuro davanti a
Dio che non sarò la prima.
Ci fu un silenzio, poi Gwenda Elias esplose. — Adesso lo difendi! Per me
questa è la prova evidente che hai ceduto alle sue lusinghe. E va bene, resta
pure con il diavolo, ma non trascinare con te nessuno dei nostri figli, e non
chiedere perdono, adesso che hai rovinato te stessa.
Un uomo intervenne. — Ha ammesso di essersi comportata in maniera
indecente. Mi chiedo che cos’altro debba confessare.
Le dita di Clare si artigliarono alla panca. Guardò fisso l’uomo che aveva
parlato.
— Signor Clun, quando vostra madre stava morendo, per una settimana
ho passato ogni notte con lei. Pensate che in quell’occasione io sia stata
un’ipocrita?
Poi colse un’altra espressione accusatrice. — Signora Beynon, quando vi
ho aiutata a pulire il vostro cottage dopo l’inondazione, e ho cucito nuove
tende per le vostre finestre, avete pensato che fossi immorale? E voi, signor
Lewis, quando vostra moglie era ammalata e voi disoccupato, e io ho raccolto
indumenti e cibo per voi e i vostri figli, mi consideravate corrotta?
Nel silenzio che seguì, Owen Morris si alzò in piedi. Quale anziano della
chiesa presbiteriale, era uno degli uomini più rispettati della comunità.
— La giustizia è di spettanza del Signore, signora Elias. Non tocca a noi
perdonare né condannare. Non c’è membro del nostro gruppo che abbia
servito gli altri più di Clare Morgan. Quando il conte le ha chiesto di lavorare
per lui in cambio del suo aiuto al villaggio, volontariamente ha rinunciato
all’insegnamento per evitare che lo scandalo toccasse i bambini. La sua
reputazione è stata sempre irreprensibile. E se giura sulla sua innocenza,
perché non dovremmo crederle?
Il mormorio di consenso che seguì fu rotto dalla signora Elias. — Dite
quel che volete, ma io mi rifiuto di venerare il Signore sotto lo stesso tetto di
una donna che fa lega con lord Aberdare.
Si volse e si avviò all’uscio. Un istante dopo altri fedeli, sia maschi che
femmine, ne seguirono l’esempio.
Per un istante Clare restò immobile, annichilita. Quello che bisognava
evitare subito era che i membri del gruppo di preghiera si dividessero. Il
risultato sarebbe stato di odio, non già di amore.
— Aspettate! — gridò.
L’esodo si interruppe e occhi si volsero a lei. Con voce tremante, Clare
riprese.
— Ammetto che i miei atti non sono stati irreprensibili. Ma anziché
scindere la congregazione della Zion Chapel che mio padre amava tanto, è
meglio che io sola me ne escluda. — Poi, emise un sospiro tremante. —
Prometto di tornare solo quando non sarò più oggetto di disprezzo.
Si levò una voce ignota che parlò in tono di ammirazione. — È un
bell’esempio di generosità cristiana.
— Saggio da parte sua andarsene prima di essere scacciata — sibilò
qualcun altro.
Clare si diresse all’uscio, lo spalancò e uscì nel fresco mattino di
primavera. Marged le si avvicinò e l’abbracciò. — Oh, Clare, carissima, hai
fatto molto bene. Ti ho preso un po’ in giro parlando di Aberdare, ma adesso
c’è poco da ridere.
— Non ce n’è affatto — convenne Clare. Poi cercò di sorridere. — Non
preoccuparti, Marged, ti giuro che non gli permetterò di rovinarmi.
Sapendo che Clare era andata alla cappella, Nicholas era uscito di
buon’ora per incontrare il pastore che pascolava i suoi greggi tra le colline più
alte di Aberdare, sulle pasture un tempo frequentate da Tarn the Telyn.
Stava tornando quando notò un movimento lungo il sentiero che portava
alle rovine del castello medievale che era stato l’originario Aberdare. Aguzzò
lo sguardo e vide il calesse di Clare salire lentamente il pendio.
Quando il sentiero si fece troppo ripido lei scese, legò il cavallo e proseguì
a piedi.
Deciso a raggiungerla, il conte spronò il suo stallone, attraversò la valle e
andò a cercarla.
La trovò in alto, investita dal vento che le agitava lo scialle e le colorava le
guance e le parlò sottovoce, per non spaventarla.
— Splendida vista la valle, vero? Era il mio posto preferito quand’ero
bambino. L’altezza e le mura di pietra danno un’illusione di sicurezza.
— Ma la salvezza è davvero un’illusione. — Clare si volse a guardarlo, il
volto teso. — Lasciatemi in pace, Nicholas. Voi il vostro divertimento l’avete
avuto, e io vorrei andare a casa.
Lui fu preso da un’improvvisa paura. — Mi state chiedendo di rinunciare
al nostro accordo?
— Adesso che state per andare a Londra non avete bisogno della mia
compagnia. Avete visto da solo ciò che occorre fare per il villaggio non avete
più bisogno di me.
— No! — insorse Nicholas. — Non farò niente per Penreith, se voi non
rispettate l’accordo!
— E perché no? — chiese lei sbalordita. — Voi vi preoccupate per la gente.
L’ha dimostrato il modo con cui vi siete comportato alla miniera; lo
comprova quello che avete fatto per Huw.
— Sopravvalutate il mio altruismo. Il giorno in cui tornerete a Penreith io
me ne andrò da Aberdare. La miniera e il villaggio possono andare
tranquillamente all’inferno.
— Come potete essere così egoista, voi che potete aiutare tanti e tanto
facilmente?
— È nella mia natura, piccola innocente — replicò lui sarcastico. — Sono
stato educato così. L’egoismo mi è stato assai più utile della fiducia e della
generosità, e adesso non intendo rinunciarvi. Se volete che io giochi al
salvatore, non potrete fare a meno di pagarne il prezzo.
— Il prezzo è la mia vita! — gridò lei con gli occhi imperlati di lacrime. —
Stamani sono stata pubblicamente condannata nella cappella da persone di
cui pensavo di essermi guadagnata il rispetto. Persino i più leali dei miei
amici sono preoccupati per ciò che sto facendo. Per il vostro capriccio sto
perdendo i miei amici, il mio lavoro, tutto ciò che ha dato senso alla mia vita.
Nicholas si sentì stringere il cuore vedendola in preda all’angoscia, ma
cedere avrebbe significato perderla.
— Sapevate fin dall’inizio che il prezzo sarebbe stato alto — disse in tono
freddo. — Così sia, avete detto allora. È facile mostrarsi coraggiosi quando
nulla vi viene chiesto. Ma adesso che vi siete imbattuta nella prima vera
difficoltà, state mostrando di che pasta siete fatta. Siete una vigliacca, Clare
Morgan.
— E voi osate parlare di vigliaccheria? Voi, un uomo che alla sua crisi ha
reagito stando lontano da casa per quattro anni?
— La questione non riguarda le mie deficienze, ma le vostre — ribatté lui.
— Se volete andarvene, andatevene. Preservate la vostra preziosa virtù, se per
voi questa è la cosa più importante. Ma non sono così stupido da sprecare il
mio tempo e il mio denaro, per averne in cambio un sorriso sprezzante. Se
abbandonate la partita prima che siano scaduti i tre mesi, la cava resterà
chiusa. Non farò niente per migliorare le condizioni della miniera, e Aberdare
resterà vuota in attesa che io trovi il modo di venderla.
— Pensate forse che tenermi prigioniera mi renderà più pronta a
condividere il vostro letto?
— Non sono il vostro carceriere, Clare. La decisione spetta a voi. So che
deve fare un male terribile venir condannati dai propri sodali. Ma da quanto
ne so della fede metodista, ciò che veramente conta è la vostra coscienza di
fronte a Dio. Siete davvero in grado di dichiarare che vi vergognate di ciò che
è successo tra noi?
Lei fece un debole sorriso. — Così il serpente deve aver parlato a Eva.
— È possibile — ammise lui. — Con la differenza che ciò che il serpente
offriva era carnale. Adamo ed Eva hanno mangiato la mela, si sono resi conto
della loro nudità, cioè della loro sessualità, e sono stati espulsi dall’Eden. Per
quanto mi riguarda, ho sempre pensato che l’Eden doveva essere un luogo
noioso, come lo è sempre la perfezione. Se non si ha la possibilità di fare il
male, è impossibile fare il bene. La terra in cui viviamo è un posto assai più
duro dell’Eden, ma è più interessante, e la passione è uno dei suoi grandi
vantaggi.
— Ma per quale ragione insistete per avermi con voi contro la mia
volontà?
— Perché, sebbene ci siano donne più belle, è voi che voglio. Potete
onestamente affermare che non gradite le mie attenzioni?
Clare si irrigidì. — Che mi piacciano o meno, non è questo il punto.
— Davvero? — Il conte la baciò, e le labbra fredde di lei subito si
riscaldarono sotto le sue. — Questo è contro la vostra volontà? — mormorò.
— No, maledizione, ed è per questo che vi temo!
C’era disperazione nella sua risposta, e Nicholas ebbe la sensazione che
nel suo abbraccio Clare trovasse insieme consolazione e timore. Ma se avesse
potuto legarla a sé sarebbe stata sua per sempre.
Senza interrompere l’abbraccio la trascinò qualche passo più in là, dove le
mura offrivano riparo dal vento. Le passò la mano sotto lo scialle e le toccò il
seno con il pollice, accarezzandole il capezzolo, che subito si indurì. Lei fece
udire un sospiro e si arcuò.
Quella lievissima risposta bastò a infiammarlo. Mosse i fianchi contro
quelli di lei, serrandola fra sé e la durezza del muro. Clare si agitò, senza però
tentare di sottrarsi.
Mentre frugava nella liquida profondità della sua bocca, Nicholas le passò
una mano sulla schiena e trovò i gancetti che trattenevano il suo abito.
Sganciò il primo, poi il secondo, quindi calò l’indumento mettendo a nudo le
spalle.
Odorava di lavanda e timo, un profumo modesto come Clare stessa, ma
con una punta di selvatica dolcezza. Cominciò a posarle baci leggeri come
farfalle lungo la gola e sulla clavicola. Febbrilmente, lei strofinò il bacino
contro il suo.
Nicholas reagì con un gemito, e tutto il suo corpo si irrigidì. Attraverso gli
strati di indumenti che li separavano, Clare sentì un palpito percorrere il duro
rilievo che le premeva sul ventre.
— Tu mi stai stregando — mormorò Nicholas con voce rauca.
Perduta in turbinose sensazioni, lei tardò a rendersi conto che l’aria
fredda sulla sua gamba sinistra era dovuta al fatto che lui le aveva alzato al di
sopra del ginocchio gonna e sottogonna. La sua mano calda salì fino alla
giarrettiera, quindi prese ad accarezzarle la parte interna della coscia. Il
respiro di Clare si ruppe e un pericoloso desiderio la invase.
A salvarla fu non già la vergogna per la propria viziosità, ma la
constatazione che le parti segrete del suo corpo stavano diventando
caldamente umide.
Senza capire perché, ma oscuramente imbarazzata, raccolse tutte le sue
forze.
— Basta così — sussurrò.
— Se vuoi mettere fine al dubbio lascia che continui. Ti giuro che non te
ne pentirai.
— Questo non potete garantirlo. È assai più probabile che io non perdoni
mai me stessa. Perché siete così deciso a rovinarmi?
Continuando a darle del tu, lui insistette. — Non piangere, Clare. Per
piacere, non piangere.
Si volse e si lasciò scivolare lungo la muraglia fino a restare seduto. Poi,
afferrandole la mano, se la tirò in grembo, e mentre lei lottava contro le
proprie emozioni, la accarezzò teneramente come se fosse una bambina
spaventata.
Quando la febbre che l’aveva invasa cominciò a scemare, lei si costrinse
ad affrontare il dilemma. Aveva ancora il tempo di lasciare Nicholas e tornare
alla sua vita normale nel villaggio. Sarebbe stata la semplice, sicura, morale
soluzione.
Ma se lo faceva, per il resto dei suoi giorni avrebbe dovuto sopportare il
senso di colpa per la propria codardia. Nicholas aveva il potere di cambiare in
meglio centinaia di vite, e per lei tirarsi indietro sarebbe stato non soltanto
vile, ma anche egoistico.
Lui era un libertino e un adultero, un uomo di confessato egoismo,
disposto a usare ricchezza e potere soltanto per gratificare i propri desideri.
Ma stranamente, sebbene i loro valori fossero inconciliabili, lui la capiva
come nessun altro aveva mai fatto.
Nicholas le parlò con voce tenera. — Rose sulle guance, una frase fatta
usata da ogni corteggiatore che abbia scritto poesie per la sua amata.
Tuttavia, niente può descrivere il delizioso colore del tuo volto. Rose gallesi
che fioriscono su un’impeccabile pelle celtica. Non andartene, Clare.
Sebbene avesse deciso di tornare a Penreith, la sua risoluzione sarebbe
crollata sotto la tenerezza della sua voce. Strano a dirsi, sembrava che
Nicholas volesse averla con sé e che per lui fosse qualcosa di più di un
semplice capriccio.
Sebbene Clare fosse troppo preda della passione per rendersene conto
mentre erano stretti in un abbraccio, non le era sfuggito il modo con cui
aveva tremato alla sua risposta.
Ma la constatazione che poteva legarlo a sé non garantiva la propria
sicurezza. Pensando ad alta voce, rispose con tono triste.
— Se me ne vado adesso, sarei in grado di rifarmi una reputazione.
Restare significa rinunciare all’unica vita che conosco. Ed essere rovinata.
— Non credo affatto che la passione porti sempre rovina. Se l’intimità
fisica è fonte di gioia e non fa del male, perché dovrebbe essere una cosa
sbagliata?
— Sospetto che gli uomini abbiano detto le stesse parole a fanciulle
innocenti fin dalla Caduta — replicò lei asciutta. — Chi può dire che nessuno
ne resti ferito?
— Mettere al mondo figli per caso è un delitto contro il figlio e contro la
madre — convenne lui. — Ma la gravidanza non è un inevitabile risultato
della passione. Esistono efficaci metodi di prevenzione.
— Anche se non ci fosse il rischio di una gravidanza, un casuale
accoppiamento sarebbe sbagliato.
— L’attuale morale sessuale ha il compito di proteggere donne, bambini e
società dalle pericolose conseguenze di vaghe passioni. Ma se non ci fossero
conseguenze, se uomini e donne potessero decidere liberamente se
abbandonarsi al piacere e al desiderio, il nostro mondo sarebbe diverso.
— Ma sarebbe un mondo migliore? Forse per gli uomini, che potrebbero
soddisfare le loro brame per poi andarsene con il cuore libero e la coscienza
tranquilla. Non so se le donne potrebbero essere così sventate.
— Alcune lo sono, Clare. Credimi, ci sono altrettante donne spietate e
senza cuore quanti uomini.
— Che pagano siete, Nicholas. Un diavolo amorale di una facile loquela
che può rendere dolce il peccato. Voi pensate che, se resto in vostra
compagnia, finirò per soccombere al vostro fascino pagano.
— È la mia più alta speranza.
Era giunto il momento di decidere sul proprio futuro. Clare giocherellò
con uno dei suoi bottoni mentre cercava di chiarirsi le idee.
All’improvviso fu colpita da un seducente pensiero. Nicholas era un uomo
di mondo, abituato a soddisfare i propri desideri. E ben presto non si sarebbe
più accontentato di semplici baci. Se si fosse stancato del suo rifiuto di
permettergli la completa intimità, magari le avrebbe chiesto di andarsene, ma
il senso dell’onore lo avrebbe indotto a rispettare la sua parte dell’accordo.
— La mia coscienza non mi permette di andarmene quando ci sono in
ballo tanti benefici. Però vi avverto: il vostro intento è la seduzione, ma il mio
è quello di convincervi che non ne vale la pena.
— Sono davvero felice che tu resti. Sarà interessante vedere cosa farai per
ostacolarmi… ma non credo che ci riuscirai.
— Vedremo, milord.
13
Clare guardò fuori dal finestrino spalancando gli occhi allo spettacolo di
Londra al crepuscolo.
— Non avrei mai creduto che ci fosse tanta gente al mondo — sussurrò.
Nicholas fece udire una risatina. Era seduto accanto a lei, appoggiato allo
schienale, le braccia conserte.
— Il topino di campagna che va in città.
Clare gli scoccò un’occhiata di finta irritazione passando anche lei al tu. —
La prima volta che sei venuto a Londra sono certa che l’hai fatto con perfetta
disinvoltura.
— Macché. Avevo diciassette anni e ne sono rimasto talmente incantato
che per poco non sono caduto dal finestrino della carrozza. Si può amare o
odiare Londra, ma è impossibile restare indifferenti. Voglio che tu faccia
l’esperienza di alcuni degli aspetti più importanti della città.
La carrozza scartò bruscamente e il conducente di un carro che
attraversava la strada sparò una fila di parolacce contro il cocchiere. Clare
stette ad ascoltare aggrottando la fronte.
— Quel carrettiere parla una lingua straniera? Non capisco cosa sta
dicendo.
— Usa semplicemente una versione atroce di cockney, il dialetto di East
London, oltre che servirsi di parole che una giovane donna non dovrebbe
capire — spiegò Nicholas.
— Saresti in grado di spiegarmi le sue affermazioni?
— Sebbene io abbia il preciso desiderio di corromperti, il ricorso alle
parolacce non è il mio metodo prediletto.
Lei sorrise e tornò a guardare dal finestrino. Il lungo viaggio dal Galles a
Londra era stato stancante, ma se l’era goduto. Da quando aveva deciso di
arrendersi alla situazione, si sentiva più rilassata e i loro rapporti adesso
erano caratterizzati dal buon umore.
Soprattutto, ormai aveva imparato che era possibile apprezzare le sue
carezze senza sentirsene sopraffatta. L’unico bacio giornaliero aveva ceduto il
posto a una deliziosa vicinanza che restava tale finché le mani di Nicholas
non cominciavano a muoversi pericolosamente. Quando succedeva, era
autorizzata a chiedergli di smetterla e lui obbediva sempre prontamente.
Clare aveva l’impressione che, al pari di lei, si trattenesse, godendosi i baci ed
evitando di lasciarsi travolgere dal desiderio.
La situazione non poteva durare a lungo; prima o poi Nicholas avrebbe
lasciato briglie sciolte alla sua sensualità, nel tentativo di sedurla. E quando
quel giorno fosse arrivato, Clare pensava che avrebbe avuto la forza di
resistere, perché ogni giorno si sentiva più forte, più uguale a lui, almeno
entro gli stretti limiti della loro strana relazione. Nel frattempo, si sarebbe
goduta Londra.
Un po’ alla volta le strade si fecero più pulite e più tranquille, e finalmente
la carrozza si fermò.
Era quasi buio e Clare riusciva appena a constatare che Aberdare House,
la dimora di Nicholas, aveva un’ampia facciata neoclassica.
— Anche questa ha bisogno di una governante? — chiese.
— Parecchi giorni fa ho informato il mio agente londinese che sarei
arrivato e che la casa doveva essere pulita e fornita di domestici temporanei.
Mentre Clare saliva i gradini di marmo dell’ingresso, la sua sensazione di
benessere divenne più incerta. Fino a quel momento per Nicholas era stato
piacevole averla come compagna, ma Londra offriva altri e ben più eccitanti
passatempi, e il conte poteva annoiarsi con lei e rimandarla a Penreith prima
che la settimana giungesse a termine.
Mentre entrava in casa con Nicholas, Clare provò l’assai poco cristiano
desiderio di torcergli il collo. A Penreith era diffusa la convinzione che la
notte in cui il vecchio conte e Caroline erano morti i domestici avessero
trovato Nicholas nella stanza della contessa. Nonostante tutto, Clare era stata
sempre riluttante a trarre le ovvie conclusioni. Sebbene avesse ritenuto
impossibile formulare un giudizio, a ripensarci supponeva che si fosse
soltanto rifiutata di credere che Nicholas fosse tanto infame. Ma adesso la
verità le sarebbe stata chiara solo vedendo quei due insieme. E scoprì che in
realtà non voleva sapere com’erano andate effettivamente le cose.
Mentre il solenne maggiordomo introduceva i visitatori e chiedeva i loro
nomi, un marmocchietto nudo attraversò strillando l’anticamera, rovinando
completamente l’effetto. Una balia ansimante arrivò all’inseguimento del
bambino, seguita da una ridente dama che doveva essere sui trentacinque
anni. Appena vide i visitatori, la sua espressione cambiò.
— Nicholas! — esclamò porgendogli le mani. — Perché non mi hai fatto
sapere che intendevi tornare in Inghilterra?
Lui le strinse le mani e la baciò su tutt’e due le guance. — Sono arrivato a
Londra solo ieri, Emily.
Clare stava a guardare in rigido silenzio pensando, che quel giorno aveva
visto Nicholas baciare troppe donne. La contessa vedova splendeva di salute e
felicità e sembrava dieci anni più giovane di quando viveva ad Aberdare. E a
giudicare dal palese affetto tra i due, era facile credere che fossero stati
amanti.
Nicholas si volse e la presentò. — Forse ti ricordi della mia amica.
Dopo un istante di perplessità, la contessa annuì. — Voi siete la signorina
Morgan, la maestra di Penreith, vero? Ci siamo conosciute quando Nicholas
stava provvedendo al sussidio per la scuola.
Fu la volta di Clare di restare perplessa. — È stato Nicholas a farlo?
Pensavo che la scuola fosse un vostro progetto.
— Siccome mio marito disapprovava le idee progressiste di mio nipote, era
meglio che fossi io a occuparmene ufficialmente — spiegò la contessa. —
Spero che la scuola vada bene. Siete sempre l’insegnante?
— In un certo senso sì — intervenne Nicholas. — Si è presa un congedo di
tre mesi… nel tentativo di educarmi.
Lo sguardo curioso della contessa passò da Clare a Nicholas, ma senza
darle il tempo di fare commenti la balia riapparve tenendo tra le braccia il suo
nudo pupillo.
— Non capisco come mastro William sia riuscito a svignarsela — disse con
tono di scusa.
La contessa si chinò a baciare il figlioletto sulla guancia.
— Ti presento il mio nipotino Clare. — Ridendo, Nicholas tolse William
dalle braccia della donna. — Visto che detesta gli abiti, immagino che vestirlo
non costerà molto, nei prossimi anni. Può darsi che abbia un po’ dell’amore
zingaro per la libertà.
Clare non poté fare a meno di cercare una somiglianza tra William e
Nicholas. Non ne vide traccia: il bambino era biondo e con gli occhi azzurri,
un vero inglese, e oltretutto era troppo piccolo per essere il frutto di un
rapporto illecito che risaliva a quattro anni prima.
La voce della contessa interruppe i suoi pensieri.
— Vi prego di scusarmi, signorina Morgan. Come vedete, c’è confusione.
Vi dispiacerebbe prendere il tè con me? Nicholas e io abbiamo molte cose di
cui parlare.
Nicholas ridacchiò e restituì William alla balia.
— Vedo che qualcosa hai fatto, negli ultimi anni — commentò.
La contessa arrossì come una ragazzina, introducendo gli ospiti nel salotto
e suonando perché le portassero tè e biscotti, mentre lei e Nicholas si
scambiavano notizie.
Dopo una mezz’ora, il conte cavò di tasca un oggetto di legno dipinto a
vivaci colori.
— Ho portato un regalino a William. Viene dalle Indie Orientali, dove è
chiamato yo-yo. — E mostrò come funzionava.
— Mio fratello aveva un giocattolo simile quando eravamo bambini, ma
era chiamato bandalore. Non ricordo bene come funzionasse. Sono un po’
fuori esercizio.
— Se non hai niente in contrario vado nella nursery per mostrarlo a
William.
Clare si sentì a disagio all’idea di restare sola con la contessa, ma il suo
imbarazzo cessò quando la donna le rivolse un’occhiata cordiale. Aveva begli
occhi color nocciola.
— Vi prego di perdonare Nicholas e me per la nostra indelicatezza, ma
quattro anni sono un lungo periodo. E quello scapestrato praticamente non
mi ha mai scritto.
— Sono certa che è contento di essere nuovamente a casa, lady Aberdare.
— A dire il vero non uso più quel titolo, signorina Morgan. Adesso sono la
moglie di Robert Holcroft. O meglio Emily, per un’amica di Nicholas.
— Avete rinunciato al titolo?
L’espressione di Emily s’indurì. — Non ho mai desiderato essere una
contessa. Robert e io siamo cresciuti insieme. Abbiamo sempre saputo che
volevamo sposarci. Ma lui era il figlio minore di un gentiluomo di campagna
con scarse prospettive, mentre io ero la figlia di un visconte. E quando lord
Aberdare mi ha fatto la sua lusinghiera proposta, i miei genitori hanno
insistito perché l’accettassi, sebbene avesse quarant’anni più di me.
— Non lo sapevo — disse Clare.
— Lord Aberdare voleva una giovane giumenta che gli desse altri figli. Era
molto… coscienzioso nel far uso dei suoi diritti coniugali, ma io per lui sono
stata una delusione. In quei tempi difficili Nicholas mi era… di grande
conforto.
A Clare sembrò l’obliqua confessione che lei e Nicholas erano stati
amanti, ma senza che ci fosse stata un’oscena seduzione.
— William è la prova che non era colpa vostra se il vostro primo
matrimonio non ha prodotto discendenti.
— Non crediate che per me saperlo sia stata una gioia — disse Emily in
tono asciutto. — Ovunque si trovi ora il quarto conte di Aberdare, e sospetto
che sia un luogo molto caldo, spero che adesso sappia che non sono sterile. E
questo autunno William avrà un fratello… o una sorella.
— Congratulazioni — disse Clare. — Ma per quale ragione raccontate tutto
questo a un’estranea?
— Perché con voi è facile parlare. E poi perché Nicholas vi ha portata qui.
E ancora perché siete di Penreith, e questa è la ragione più importante. Me ne
sono andata dal Galles appena sepolto mio marito. All’epoca ero troppo
sconvolta per curarmi delle chiacchiere.
Clare si chiese quante di quelle voci fossero giunte alle orecchie di
Nicholas. Non poteva certo chiederlo.
— Sono molte le supposizioni su come sono andate le cose. Con voi e
Nicholas lontani dalla valle, nessuno conosce la verità.
— Robert mi ha aiutato a lasciarmi alle spalle quel terribile periodo, ma
penso che Nicholas sia stato meno fortunato. Forse voi potete aiutarlo come
Robert ha aiutato me.
Sorpresa, Clare aggrottò la fronte. — Una conversazione molto strana,
questa.
— Lo penso anch’io. — Emily sorrise. — Non so cosa ci sia tra voi e
Nicholas, ma lui non vi avrebbe condotta qui, se non gli foste cara. Ha
bisogno di qualcuno di cui fidarsi.
Qualche minuto dopo, mentre Clare e Nicholas prendevano congedo,
tornò il marito di Emily. Robert Holcroft era un uomo biondo e massiccio, dal
sorriso contagioso. Strinse con calore la mano di Nicholas, quando gli fu
presentato. Se sapeva che Emily e Nicholas erano stati amanti, non lo diede a
vedere.
Sul calesse, fu Clare a rompere il silenzio. — Sono lieta di sapere che
adesso lady Aberdare sia felice. A Penreith nessuno sapeva cosa ne fosse stato
di lei.
— Emily desidera dimenticare gli anni passati nel Galles, e non ha certo
torto. Ha sposato Holcroft un anno dopo la morte di mio nonno. È avvocato,
ma adesso è una stella in ascesa al Parlamento. Prima o poi sarà ministro.
— Quale distretto rappresenta?
— Il Leicestershire, che è sotto il mio controllo.
— Tu controlli il distretto del Leicestershire? — chiese lei sorpresa.
— E non è l’unico. Il nostro corrotto sistema politico mi assicura
l’effettivo controllo di tre contee. Sebbene il titolo di Aberdare abbia radici nel
Galles, a tutt’oggi le fonti della fortuna della famiglia sono altrove.
— Non mi meraviglio che il signor Holcroft sia stato tanto felice di vederti,
dal momento che sei il suo tutore politico. Ed è anche per questo che sei,
come ha detto Emily, il padrino di William?
Nicholas sorrise. — Mi piace pensare che vi abbia parte anche l’amicizia.
Ad Aberdare Emily era un’isola di calore e di equilibrio, per me.
Non sembrava affatto un uomo che avesse avuto il cuore spezzato. Emily
evidentemente gli era molto cara, ma Clare fu ben lieta di rendersi conto che
non era stata il grande amore della sua vita.
Con la stecca, Clare mirò con cura al pallino, poi colpì. Il pallino schizzò
via, ma mancò la palla.
— Il problema — commentò — è che il legno è troppo liscio e duro.
Sarebbe illecito coprire il piano con un altro materiale, qualcosa di meno
scivoloso del legno?
— Penso che sarebbe ammissibile, ma nessun vero amante del biliardo lo
approverebbe. La sfida consiste nel giocare bene nonostante l’attrezzatura,
non grazie ad essa. E perlomeno questo tavolo è assai più liscio rispetto a
quello di Aberdare, che sembra un campo arato in pieno inverno. Quando
torneremo, su quel tavolo bisognerà mettere una nuova lastra di ardesia. Sarà
interessante vedere come funziona.
La sua prima giornata a Londra era stata piena di rivelazioni, ma Clare era
ben lieta di trascorrere una tranquilla serata con Nicholas.
Adesso toccava a lui. Colpì esattamente il pallino e mandò la palla in buca.
Prima che Clare avesse il tempo di complimentarsi, una voce li fece trasalire.
— Una certa abilità al biliardo è il marchio di un gentiluomo, ma giocare
troppo bene è segno di una gioventù bruciata.
— Lucien! — Nicholas lasciò cadere la stecca sul tavolo e corse a stringere
il nuovo arrivato in un esuberante abbraccio. — Vedo che hai avuto la mia
lettera. Sono lieto di rivederti già questa sera.
— Vedo che sei scatenato come sempre — osservò l’amico, ma Clare notò
che ricambiava l’abbraccio con palese affetto.
Mentre i due chiacchieravano, ebbe modo di studiare Lucien. Era bello
quasi quanto Nicholas, ma in versione assolutamente inglese. Tra gli Angeli
Caduti, era stato con ogni evidenza Lucifero.
Fu poi il momento delle presentazioni, — Clare, hai già capito che lui è
lord Strathmore. Lucien, ti presento la mia amica, Clare Morgan.
Lei e Nicholas erano amici? Una definizione che lasciava molto di non
detto. — È un piacere conoscervi, milord. Nicholas mi ha spesso parlato di
voi.
— Menzogne, tutte menzogne — si affrettò a dire Lucien. — Non sono mai
riusciti a provare alcunché.
Clare rise e lui si chinò a baciarle galantemente la mano. — Siete gallese,
signorina Morgan? — chiese raddrizzandosi.
— E io che pensavo che il mio inglese fosse impeccabile…
— Un po’ di accento gallese conferisce musicalità alla voce.
— Clare — intervenne Nicholas. — Hai niente in contrario se continuiamo
la partita più tardi?
— Te lo concedo, e del resto non ho nessuna probabilità di vincere.
— Quand’è così… — e Nicholas porse la stecca all’amico. — Credi di
riuscire a mandare in buca le ultime due palle?
Il colpo riuscì e Lucien sorrise soddisfatto. — Anch’io ho avuto una
gioventù bruciata.
— Io vado a letto. Sono certa che voi due avete molte cose da dirvi —
annunciò Clare.
Nicholas le mise un braccio attorno alle spalle. — Resta ancora. Devo
chiedere a Lucien notizie di Michael Kenyon e la risposta riguarda sia te sia
me.
Lord Strathmore aggrottò la fronte, ma non disse niente mentre si
accomodavano in biblioteca.
Dopo aver brevemente esposto la situazione della miniera di Penreith,
Nicholas tirò le conclusioni.
— Sembra che Michael abbia completamente abbandonato quel ramo di
attività che evidentemente non gli va più a genio. Sai dove si trova adesso?
— Ignoravi che era rientrato nell’esercito?
— Buon Dio, non ne avevo la minima idea. Quando si è congedato, ha
giurato che ne aveva abbastanza della vita militare.
— Senza dubbio lo pensava, all’epoca, ma poi si è procurato un altro
comando.
Nicholas aggrottò a sua volta la fronte con aria preoccupata. — Spero che
tu non voglia dirmi che quello sciocco è riuscito a farsi ammazzare.
— Non preoccuparti, Michael è indistruttibile. Ha trascorso gran parte di
questi quattro anni combattendo contro i francesi in Spagna. Adesso ha il
grado di maggiore ed è una specie di eroe.
— Mi sembra tipico da parte sua — replicò Nicholas sorridendo. — Meglio
che sfoghi il suo caratteraccio con i nemici, anziché a spese degli amici.
— A proposito di caratteracci, vi siete persi di vista perché c’è stato un
litigio tra voi?
— No. A dire il vero l’ho visto assai di rado, prima di lasciare l’Inghilterra,
anche se lui era quasi sempre a Penreith. Era molto preso da nuovi progetti, e
mi meraviglio che abbia dimenticato la miniera. E adesso dov’è? Con
l’esercito in Francia, magari?
— No, hai fortuna. Quest’inverno si è ammalato ed è stato portato a casa
per ordine personale di Wellington. Si trova a Londra, quasi completamente
guarito e in congedo per malattia.
Lucien tacque guardando con aria pensierosa il suo bicchiere di brandy.
— Dunque l’hai visto e sei preoccupato per lui — disse poi. — Cosa c’è che
non va?
— Troppa guerra, direi — si decise a spiegare Lucien. — Un mattino l’ho
trovato al parco, a cavallo. È magro come un lupo e ha un’aria selvaggia… o
forse disperata. Il paese può aver tratto benefici dai suoi servigi, ma lui no di
certo.
— Sta sempre ad Ashburton House? Vorrei fargli visita.
— No, ha preso alloggio non so dove. È sembrato contento di vedermi, ma
non mi ha dato nessuna informazione. Sebbene sia a Londra da parecchi
mesi, non ha neppure tentato di rivedere i vecchi amici.
— Tu puoi senz’altro scoprire dove sta. Sei sempre informato sul conto di
chiunque.
— Forse sarebbe meglio che tu non cercassi divederlo. Mentre Michael e
io parlavamo, è venuto fuori il tuo nome, e… bè, ho avuto l’impressione che
mostrasse i denti.
— È davvero un peccato che ce l’abbia con me, ma ho bisogno di parlargli
a proposito della miniera di Penreith. Se non ha voglia di gestirla come si
deve può restituirmi la concessione, perché quella è la mia terra e quella è la
mia gente. Non ho intenzione di permettere che le cose continuino ad andare
come stanno andando.
— Sei testardo come Michael — disse Lucien con una punta di
esasperazione. — Se ci devono essere fuochi d’artificio, un incontro in un
luogo pubblico è una buona idea. La prossima settimana Rafe darà un ballo, e
Michael ha detto che parteciperà. Naturalmente, tu sarai invitato appena Rafe
saprà del tuo ritorno.
— Perfetto. — Nicholas si rilassò e sorrise a Clare. — I balli di Rafe sono
celebri. Lo troverai interessante.
Lucien s’incupì. — Non sono certo che sia un evento al quale potresti
portare la signorina Morgan.
— Ma penso che a lei piacerà.
— Non è un luogo per una rispettabile donna nubile.
— Io non sono rispettabile — disse con tono pacato Clare alzandosi in
piedi. — Lieta di avervi conosciuto, lord Strathmore. Nicholas, ci vediamo
domani.
Il conte la accompagnò nell’atrio, chiudendosi alle spalle la porta della
biblioteca.
— Credevi forse di potertela svignare senza il bacio del giorno?
Come sempre, il bacio fu inebriante, e le fece battere forte il cuore. Una
delle sue mani scese ad afferrarle le natiche, attirandola con forza a sé. Per
poco lei non crollò, poi un demonietto le fece notare che Nicholas avrebbe
dovuto tornare dall’amico.
Con delicatezza gli morse il labbro inferiore, e Nicholas lasciò udire un
gemito mentre le sue mani si davano un gran daffare. Sorpresa della propria
audacia, lei lasciò che la propria mano scivolasse tra loro fino ad arrestarsi su
quell’affascinante, allarmante cresta di carne maschile. E immediatamente
Nicholas si tese da capo a piedi.
— Lucien può andare a casa, mentre noi continuiamo di sopra — sussurrò.
Un po’ turbata dall’intensità della sua reazione, Clare si sottrasse
all’abbraccio e si avviò su per le scale. Ma lui la prese per la mano e la voltò.
— Vuoi che ti raggiunga questa notte e ti mostri cosa succede… dopo?
Sottraendosi alla presa, lei scosse il capo.
— Dopo una giornata così stancante, ho bisogno di una notte di buon
sonno.
— Tra non molto mi dirai di sì. Lo giuro.
— Non contarci, Nicholas. Il tuo scopo è di sedurrai, il mio di fartelo
dimenticare.
L’eccitazione di Clare durò fino a quando entrò nella sua camera. Chiuse
la porta e si guardò attorno. Dorati cherubini caprioleggiavano sul soffitto,
tende di velluto giallo avvolgevano il sontuoso letto scolpito, i suoi piedi si
posavano su un tappeto cinese che probabilmente costava più denaro di
quanto lei potesse guadagnarne in tutta la sua vita. Buon Dio, cosa stava
facendo la modesta, sensibile Clare Morgan di Penreith in un luogo simile?
Per un istante immaginò suo padre che, fermo davanti a lei, la guardava
con un’aria di disappunto che feriva più di quanto potesse fare la sua collera.
Clare sapeva che non stava conducendo una vita rispondente ai metri di
misura del genitore. D’altra parte non l’aveva mai fatto, e da quando aveva
incontrato Nicholas era stata travolta da orgoglio, ira e concupiscenza.
In preda a desolazione e disperazione, per la prima volta da quando aveva
lasciato Penreith si inginocchiò e tentò di pregare. "Padre nostro che sei nei
cieli…"
Ma un etereo padre in cielo non era d’aiuto, soprattutto se contrapposto
alla calda, solida realtà di Nicholas. Lui la voleva.
Sarebbe stato facile resistergli, se fosse stato cattivo, ma non era più un
diavolo di quanto fosse un santo, e Clare sospettava che la migliore
definizione del conte fosse pagano e amorale. Ma era gentile con lei, e a volte
lasciava trasparire una solitudine grande come la sua, e Clare cominciava a
rendersi conto che la solitudine era ancora più cocente del desiderio.
Si sforzò di tornare alla preghiera, ma non fece che tornare al "Non
indurci in tentazione…"
Ma era troppo tardi, circondata com’era dalla tentazione, e sospettava anzi
che la principale ragione per la quale non aveva ceduto fosse un infantile
desiderio di battere Nicholas al suo stesso gioco.
Se fosse riuscita a preservare la verginità, avrebbe potuto tornare a
Penreith e affrontare le chiacchiere, perché avrebbe avuto la coscienza
tranquilla. Ma cosa sarebbe stato di lei se si fosse arresa? Non riusciva a
immaginarsi di tornare alla vecchia vita da donna rovinata, e d’altra parte per
lei non ci sarebbe stato un futuro con Nicholas, che voleva portarla a letto
soprattutto per dimostrare a se stesso di essere in grado di farlo.
Rinunciando al Padre nostro si abbandonò al silenzioso pianto del proprio
cuore. "Mio Dio, aiutami a trovare la forza di sottrarmi a questa pericolosa
danza prima di distruggere me stessa."
Ripeté più volte tra sé quelle parole, nella più disperata preghiera della
sua vita. Non aveva nessuna certezza interiore, non sapeva quale strada
seguire. Era sola, senza guida, e l’unica realtà era la seducente danza che la
trascinava nel buio, nel pericolo, nel desiderio.
Clare dormì pochissimo, ma nel buio della notte trovò un suo cupo
equilibrio. L’unico desiderio che aveva era restare con Nicholas il più a lungo
possibile. Non quale sua amante, però, dubitava anzi che sarebbe riuscita un
giorno a perdonare se stessa per un così devastante sbandamento morale.
Ma se ripensava al tempo trascorso con lui, quelle che le apparivano erano
tutte visioni a vividi colori rispetto alle quali la sua vita le sembrava di un
grigio spento.
Era il pieno mezzogiorno della sua vita, ed era convinta che, allo scadere
dei tre mesi, niente e nessuno avrebbe più potuto toccarla in profondità come
Nicholas. Avrebbe avuto il resto dei suoi giorni per il pentimento.
Si vestì con cura supponendo che lui avrebbe dormito fino a tardi dopo le
molte ore che doveva aver trascorso con lord Strathmore. Quando scese, restò
sorpresa vedendolo uscire dal salotto della colazione.
Senza dire una parola, Nicholas la prese tra le braccia e la baciò. Nel suo
abbraccio c’erano tenerezza e una sorprendente componente di dedizione.
Mettendogli le braccia al collo, Clare si chiese se anche lui durante la notte si
fosse sentito in preda alla solitudine.
Dopo il bacio, rimasero stretti nell’abbraccio.
— Hai preteso molto presto il tuo bacio — constatò Clare intimidita.
— Mi piace sorprenderti. E poi quest’oggi avrò molto da fare e tornerò
soltanto nel tardo pomeriggio. Cosa ti piacerebbe fare stasera?
— Ho sempre avuto il segreto desiderio, di vedere l’Astley’s Amphitheatre.
È possibile?
— Ti piacciono i circhi? Bene. Proprio questa sera daranno uno spettacolo.
Pensa anche ad altre cose che vorresti vedere a Londra. In biblioteca
dovrebbe esserci una guida.
Quel giorno impartì il ritmo all’intera settimana. Il mattino cavalcavano
insieme nel parco, i pomeriggi li trascorrevano andando a vedere di tutto, dai
gioielli della Corona nella Torre al Museo egizio e a quello della Meccanica,
dov’era in mostra una straordinaria tarantola a orologeria. Clare non volle
andare al Museo delle cere di Madame Tussaud: le immagini delle vittime
della Rivoluzione francese le avrebbero dato gli incubi.
Più volte Lucien si unì a loro a cena, mostrandosi particolarmente cortese
e un tantino protettivo nei suoi confronti, come se fosse un fratello maggiore.
Per evitare guai, Clare tentò di mantenere un’atmosfera leggera e giocosa,
in occasione dei baci. Era stata una settimana idillica, ma sospettava che
fosse un momento di calma prima della tempesta. E che forma questa
avrebbe avuto, preferiva non immaginarlo.
Clare si chinò sul tavolo da biliardo, prese la mira, colpì il pallino, e questa
volta la palla finì in buca.
— Alleluia! — esclamò allegra.
Tentò un altro tiro, poi un terzo, ogni volta mandando la palla in buca.
Sorridendo, continuò a esercitarsi per migliorare i suoi colpi. Nicholas
sarebbe rimasto stupito la prossima volta che avessero giocato insieme.
Metà degli ospiti al ballo volevano fermare Nicholas per congratularsi per
il suo ritorno. Oltre ai saluti, ricevette anche tre esplicite proposte e cinque
chiari accenni. Meno male che aveva lasciato Clare con Lucien. Non che
facesse caso alla gelosia di lei, che trovava piuttosto attraente. Giorno per
giorno Clare assomigliava sempre più a una donna e sempre meno a una
virtuosa maestrina.
Quando arrivò alla sala da gioco, Michael Kenyon se n’era andato da un
pezzo, e nessuno sembrava averlo visto. Alla fine, frustrato, tornò da Clare e
Lucien.
Mentre attraversava l’atrio, vide un uomo coperto di polvere,
evidentemente reduce da un viaggio, che si dirigeva alla volta del duca di
Candover ancora occupato a ricevere gli ultimi arrivati. Udito il messaggio
che l’uomo aveva da comunicargli, Rafe fece udire una forte esclamazione e
si precipitò alla scala di accesso alla galleria, facendo i gradini due alla volta.
Nicholas tentò di indovinare cos’avesse provocato una tale reazione in un
uomo la cui leggendaria calma rivaleggiava con quella di Lucien, ma non
seppe cosa pensare. Alzò le spalle e tornò nella sala da ballo.
Gli ci volle parecchio per localizzare Clare, ma la statura di Lucien e i suoi
capelli biondi gli servirono da punto di orientamento. Proprio in quella
l’orchestra tacque all’improvviso. Nel silenzio si levò altissima la voce di
Rafe. — Amici miei, ho una notizia straordinaria.
Nicholas alzò gli occhi e vide il duca nella galleria, dove era sistemata
l’orchestra. Con tono eccitato, Rafe fece il suo annuncio.
— Mi è appena giunta la notizia che Napoleone ha abdicato. La guerra è
ufficialmente finita.
Seguì un silenzio stupito. Poi una voce gridò un evviva e altre si unirono
con un tale fragore da far tremare Candover House.
Nicholas ne approfittò per raggiungere Clare, baciarla sarebbe stato un
modo perfetto per esprimere il proprio entusiasmo. Ma con suo profondo
dispetto, Lucien, che era più vicino, lo precedette serrando Clare in un
giubilante abbraccio sollevandola a mezz’aria.
Fu la volta di Nicholas, che si rivolse all’amico. — Suppongo che sarebbe
una villania strapparti il fegato, ma la prossima volta trovati una ragazza per
conto tuo.
Lucien sorrise e gli diede una manata sulla schiena. — La guerra che era
in corso da quando avevamo i calzoni corti è finita. Ce l’abbiamo fatta!
Più allegra di quanto lui l’avesse mai visto, Clare gettò le braccia al collo di
Nicholas e lo baciò con calore. Quando riprese il fiato era rossa in viso. —
Sebbene le truppe di Napoleone nell’ultimo anno fossero sulla difensiva,
riesce difficile credere che si sia arrivati alla conclusione. Finalmente saremo
in pace!
— Grazie a Dio, la guerra non è mai arrivata sul suolo britannico — disse
Nicholas. — Le nostre perdite sono state leggere al confronto di quelle subite
da altre nazioni europee.
Tutt’attorno a loro si vedevano scene di entusiasmo. Vicinissimo, c’era un
uomo anziano in divisa della Guardia con una manica vuota che con l’unico
braccio stringeva la moglie, ed entrambi piangevano senza pudore. Persino le
statue avevano rinunciato al loro ruolo ed erano saltate giù dai piedistalli per
prendere parte alla celebrazione. Si acclamarono Wellington e le sue truppe.
Nicholas tornò ad alzare lo sguardo alla galleria e si irrigidì. — Lassù non
c’è Michael, accanto a Rafe?
Lucien guardò a sua volta. — Già. Probabilmente voleva sapere se Rafe
aveva altri particolari. A giudicare dal suo aspetto, si direbbe che per la
vittoria il nostro amico abbia pagato un prezzo più alto di altri.
Presa per mano Clare e seguito da Lucien, Nicholas si fece largo tra la
folla entusiasta. Alla fine del corridoio che avevano imboccato, il duca e un
uomo alto e magro uscirono da una porta di accesso alla galleria. Clare lo
scrutò attentamente: era lord Michael Kenyon. Lucien lo aveva definito
magro e con un’espressione da lupo, ma evidentemente la malattia lo aveva
lasciato poco meno che scheletrico. La forte ossatura del suo viso conservava
tuttavia un’aspra bellezza, e si muoveva con la leggera sicurezza di un atleta.
Sembrava davvero degno di far parte degli Angeli Caduti.
Nicholas rallentò il passo. — Congratulazioni, Michael. Essendo tu uno
degli uomini che hanno combattuto per questa vittoria, hai più di ogni altro
motivi di festeggiare.
Lord Kenyon si raggelò. I suoi occhi erano di un minaccioso verde scuro.
— Penso che tu abbia rovinato un momento felice, Aberdare — disse in tono
aspro.
— Date le circostanze, rinuncerò a quello che avevo giurato di fare se ti
avessi rivisto, ma vattene fuori dai piedi prima che cambi idea.
Nicholas teneva ancora la mano di Clare, che sentì le sue dita vibrare. Si
rese conto che, nonostante l’avvertimento di Lucien, Nicholas non riusciva
ancora a credere che il suo vecchio amico fosse diventato un nemico.
— È uno strano saluto, dopo anni di separazione. Vuoi che ritentiamo? —
Fece un passo avanti e tese la mano. — È durato troppo a lungo, Michael.
Sono lieto di constatare che sei sopravvissuto alla Spagna.
L’altro arretrò come se avesse di fronte una vipera.
— Credi forse che io stia scherzando? Dovresti essere più perspicace.
Il duca intervenne. — Se ci sono cose da discutere, il mio studio è più
adatto di questo corridoio.
Guidò tutti gli altri fino a una porta in fondo al corridoio. Accese parecchie
lampade e si girò a guardare i suoi ospiti.
— Questa notte è il momento ideale per trasformare le spade in vomeri.
Fu come se la stanza si riempisse di contrastanti emozioni, e Clare si rese
conto di essersi fatta quasi invisibile. Quegli uomini che si erano conosciuti a
scuola, crescendo insieme, erano legati da una serie di esperienze condivise
per molti anni, ricordi di gioie e dolori, di conflitto e di aiuto reciproco. Ma
uno di loro adesso minacciava di fare a pezzi quel singolare rapporto.
Michael si era ritirato dietro la scrivania del duca e il suo sguardo
corrucciato indusse Clare a pensare a un predatore in agguato.
— Non sono affari tuoi, Rafe, e neppure tuoi, Lucien. — Poi si rivolse a
Nicholas con un tono che sembrò di genuino dolore. — Quando ho udito che
te n’eri andato dall’Inghilterra, ho pensato che avessi la decenza di startene
alla larga.
La voce del conte era tesissima quando replicò.
— Ti dispiacerebbe dirmi cosa ho fatto, secondo te?
— Non recitare, Aberdare. Gli altri possono crederti, non però io.
— Per un momento dimentica le mie presunte malefatte. Volevo
semplicemente parlarti di cose concrete. La tua miniera di Penreith è gestita
in maniera pericolosissima, e se tu non hai il tempo o la voglia di
occupartene, cedila a me perché possa fare quanto è necessario.
Il maggiore fece udire una risata che raggelò Clare.
— Se Madoc non ti va a genio, vuol dire che gli aumenterò la paga.
Nicholas replicò con voce mirabilmente pacata.
— Non fare della miniera una ragione di discordia tra noi, ti prego. Gli
uomini le cui vite sono in pericolo non devono pagare a causa delle tue
rivalse nei miei confronti.
— Ti sei trasformato in una tremula vecchietta, Aberdare — disse
freddamente il maggiore. — L’attività mineraria è sempre stata pericolosa e
sempre lo sarà. I minatori lo sanno e lo accettano.
— C’è differenza tra coraggio e disperazione — ribatté Nicholas. — Nelle
ultime settimane ho fatto una ricerca su incidenti e morti in altre miniere, e
quella di Penreith è quattro o cinque volte più pericolosa. L’ho visto con i
miei stessi occhi.
— Sei entrato nella mia miniera? — Gli occhi verdi del maggiore si
restrinsero. — In futuro stanne lontano. Se vengo a sapere che vi hai messo
piede, dirò a Madoc di ricorrere alla legge.
— Comincio a comprendere perché hai lasciato l’incarico a quell’uomo.
Parli esattamente come lui — disse Nicholas. — Se non credi a me, indaga tu
stesso. Tu sei l’unica persona in grado di fare qualcosa, e allora, dannazione,
prenditi le tue responsabilità.
— Per nessuna ragione al mondo ti accontenterò.
— Ricordati che quella terra è mia e che se rifiuti di migliorare le
condizioni dei minatori troverò modo di mettere fine alla concessione.
Preferirei non ricorrere alla legge, ma se devo farlo lo farò. E per Dio, se
uomini muoiono senza necessità, mentre tu mi tieni il muso, ti riterrò
personalmente responsabile.
— E perché aspettare? — Michael si cavò di tasca un paio di guanti
spiegazzati, girò attorno alla scrivania e lo colpì in faccia. — Questo ti basta?
Nomina i tuoi secondi, Aberdare.
La guancia di Nicholas si imporporò per la forza del colpo, ma scrutò il
vecchio amico come se lo vedesse per la prima volta.
— La guerra può fare impazzire gli uomini ed è evidentemente quello che
ti è successo. Non ho intenzione di battermi con un pazzo. Vieni, Clare, è
tempo di andare.
Posò la mano sulla maniglia, ma lord Michael non si rassegnò. —
Vigliacco!
Un sibilo ruppe il silenzio, seguitò da un colpo, e un minaccioso coltello si
piantò nella porta tra Clare e Nicholas, che fece una smorfia.
— Non preoccuparti, Clare, se avesse voluto colpirmi l’avrebbe fatto. —
Afferrò il coltello, lo strappò dal legno e fissò Michael. — Non voglio
scontrarmi con te — ripeté. — Se vuoi uccidermi dovrai ricorrere a un
assassinio a sangue freddo, ma non posso credere che tu sia tanto cambiato.
— Ti sbagli di grosso, Aberdare. Ma preferisco ammazzarti lealmente.
Combatti, maledizione!
— No. Se vuoi ritenermi un vigliacco, fallo pure. Sono del tutto
indifferente ai tuoi vaneggiamenti — disse Nicholas, e tornò a prendere il
braccio di Clare.
— Quella tua puttanella sa che hai ammazzato tuo nonno e tua moglie?
Con un movimento così rapido che Clare riuscì appena a notare, Nicholas
lanciò a sua volta il coltello, che si piantò nella scrivania a pochi millimetri
dalle dita di Michael.
— Clare è una signora, cosa che evidentemente non sei più in grado di
riconoscere — disse con voce che non era più pacata. — E va bene. Se proprio
vuoi un duello, così sia. Ma siccome sei tu a sfidare, a me la scelta delle armi.
Lucien fece per aprire bocca, ma Michael lo zittì con aria soddisfatta. — In
ogni momento, in ogni luogo, con qualsiasi arma.
— Il momento è adesso. Il luogo è qui. E le armi… sferze.
Il volto del maggiore si accese. — Sferze? Non scherzare, Aberdare. La
scelta è tra pistole e spade. Persino coltelli, se proprio vuoi, ma non qualcosa
di triviale come una sferza.
— Queste sono le mie condizioni. Prendere o lasciare. — E Nicholas
abbozzò un gelido sorriso. — Pensa che soddisfazione sarebbe per te riuscire
a frustarmi… sempre che tu ne sia capace, cosa di cui dubito.
— Sono perfettamente in grado di toglierti la pelle — ruggì Michael. — E
va bene. Cominciamo.
Rafe esplose. — Adesso basta! Siete tutti e due impazziti. Non permetterò
che avvenga a casa mia.
Lucien intervenne. — Se Michael è deciso a usare la violenza, preferirei
che fosse qui, in presenza di noi due.
Lucien e Rafe si scambiarono una lunga occhiata, poi con riluttanza il
duca annuì.
— Forse hai ragione.
— Vuoi farmi da secondo, Lucien? — chiese Nicholas.
— Naturalmente.
Il maggiore fissò con ira lord Strathmore. — Gli arabi hanno un proverbio:
l’amico del mio nemico è mio nemico. Che se ne trovi un altro.
Lucien replicò con altrettanta durezza. — Io vi considero entrambi amici
miei, e il principale dovere di un secondo è di tentare di risolvere la disputa
senza spargimenti di sangue. Potresti cominciare a rivelarmi le tue
rimostranze, in modo che Nicholas abbia modo di replicare.
Michael scosse il capo. — Non voglio parlare di quello che è accaduto.
Nicholas lo sa, che lo ammetta o no. Se proprio vuoi fargli da secondo, noi
due non siamo più amici.
— Scelta tua, non mia — rispose in tono grave Lucien.
— Vuoi farmi da secondo, Rafe? O stai anche tu dalla parte di questo
zingaro bugiardo?
Il duca gli scoccò un’occhiataccia. — È dannatamente contrario alle regole
risolvere una questione d’onore senza che uno sappia la ragione per la quale
è sfidato.
— Vuoi farmi da secondo o no?
— E va bene. Come tuo secondo, però, voglio chiedere se c’è qualcosa che
Nicholas possa fare per risolvere la disputa.
Sulle labbra di Michael si disegnò un sorriso senza allegria. — No. Quello
che lui ha fatto non può essere attenuato neanche con delle scuse.
— Bene allora. Il giardino dietro il gazebo sarebbe adatto, e non
dovrebbero esserci ospiti. Andrò nel deposito attrezzi della scuderia e vi
porterò due sferze.
Uscirono tutti dallo studio seguendo Rafe. Clare si mosse con loro, ma
Lucien aggrottò la fronte.
— Voi non dovreste venire. Un duello non è spettacolo per una signora.
— Ogni aspetto di questo ridicolo duello è anormale, e non credo che la
mia presenza possa peggiorarlo.
Nicholas intervenne. — Risparmia il fiato, Lucien. Clare sa tenere in riga
una dozzina di marmocchi, per cui è senza dubbio in grado di tener testa a
ciascuno di noi.
Scesero per una stretta scala e giunsero in giardino. Clare ebbe un brivido
quando si ritrovò nella fredda notte d’aprile. Nicholas si tolse la marsina e
gliela posò sulle spalle.
— Io non ne ho bisogno.
Il giardino era enorme, per una casa londinese, e quando furono in fondo
il rumore del ballo era quasi inudibile. Dietro il gazebo c’era un piccolo cortile
riservato ai balli estivi. Tutt’attorno c’erano reggi torce, e Rafe e Lucien le
accesero. Il vento faceva tremare le fiamme, proiettando ombre mobili.
Il maggiore adesso sembrava più calmo: l’azione era imminente. Al pari di
Nicholas, si tolse giacca e cravatta. Nicholas si tolse anche il panciotto, le
scarpe e le calze, restando a piedi nudi.
Rafe e Lucien esaminarono con aria grave le due fruste da carrozza e
convennero che erano sostanzialmente uguali. Nicholas ne prese una, la fece
schioccare e annuì. Michael fece lo stesso, con occhi ardenti.
Il duca si schiarì la voce. — Non ci sono regole codificate per un duello a
suon di frusta. Per cui le stabiliamo adesso. Mettetevi schiena a schiena,
quando vi do il via fate otto passi, poi voltatevi. Lascerò cadere il mio
fazzoletto, e quando tocca terra colpite a volontà. — Lanciò a entrambi una
dura occhiata, soprattutto al maggiore. — Il duello sarà finito quando Lord
Strathmore e io converremo che lo è. Se uno di voi non smette quando io lo
ordino, allora, per Dio, sarò io a fermarvi. Siamo intesi?
— Chiarissimo — disse Nicholas.
Il suo avversario non si curò di rispondere.
Lucien prese Clare e la portò al limite del cortile. — Restate qui — le disse
a bassa voce. — Una frusta da carrozza ha una lunga portata.
Lei annuì in silenzio sforzandosi di non pensare a quello che poteva
accadere. Sebbene una sferza non potesse essere letale, poteva però
distruggere un occhio. Dubitava che Nicholas volesse menomare di proposito
l’avversario, ma Michael poteva ritenere che accecare il nemico fosse una
giusta vendetta per le colpe che gli attribuiva.
Come in un fantomatico teatrino, i duellanti eseguirono il rituale,
mettendosi schiena a schiena e poi percorrendo otto passi.
— Adesso! — ordinò il duca. E quando si volsero mettendosi uno di fronte
all’altro, Rafe lasciò cadere il fazzoletto. Prima che il pezzo di stoffa toccasse
il suolo, un soffio di vento lo spostò.
Senza avvedersene, o forse incapace di attendere oltre, lord Michael colpì.
Preso alla sprovvista, Nicholas alzò il braccio sinistro per proteggersi il volto,
e la sferza gli si avvolse all’avambraccio, stracciandogli la camicia e mordendo
la carne sottostante. Mentre il sangue gli macchiava la manica, si udì la voce
gongolante del maggiore.
— Primo sangue, Aberdare.
— Adesso tocca a me, e mi ricorderò di partire anch’io in anticipo — disse
Nicholas, e colpì a sua volta. Un minaccioso fischio, e una sottile riga rossa si
disegnò sulla guancia dell’avversario. Michael non poté reprimere un gemito,
cosa che non gli impedì di colpire ancora, questa volta mirando ai piedi
dell’avversario.
Nicholas saltò in aria come un danzatore, e la maligna sferza passò sotto
di lui. Prima ancora di mettere piede a terra, la sua schioccò. Un taglio
comparve sul petto di Michael e altro sangue scorse.
Senza sgomentarsene, il maggiore tornò a menare la frusta che questa
volta colpì il conte alla spalla. Clare si portò un pugno alla bocca per non
gridare. Aveva assistito a scontri fra scolari e una volta tra minatori ubriachi,
ma questo aveva la primordiale ferocia della guerra.
Con un ruggito, Michael fece un passo avanti per colpire da vicino. — Ho
aspettato anni per questo, bastardo.
Nicholas girò il polso e la sua frusta bloccò l’avversario. Le sferze si
avvolsero attorno a entrambi i contendenti.
— Allora puoi aspettare ancora un po’.
Diede uno strappo alla sua frusta nel tentativo di disarmare Michael, che
cadde sulle ginocchia ma riuscì a tener saldo il manico. Per qualche istante i
due uomini stettero l’uno aggrappato all’altro. Poi le fruste si separarono,
facendoli arretrare.
Anziché ripetere immediatamente il colpo, Nicholas si chinò come un
lottatore e si spostò di fianco, alzando lo staffile. Michael assunse la stessa
postura e presero a girare l’uno attorno all’altro con movimenti fluidi e una
grande concentrazione nel volto.
Persino alla luce incerta delle torce era impossibile confonderli. Nicholas
lo zingaro era agile e veloce, e riusciva sempre ad anticipare l’avversario,
mentre Michael il guerriero era aggressivo e cupamente deciso a distruggere
il nemico.
Quando Nicholas riuscì a scansare un’altra staffilata, Michael ansimò. —
Sei bravo solo a scappare, sporco zingaro.
— Non mi vergogno di ciò che sono — replicò il conte, e con un possente
scatto del polso gli lacerò un’altra volta la camicia. — E tu puoi dire lo stesso?
Il suo scherno provocò un’esplosione di rabbia. Il maggiore scattò in un
furioso assalto, alzando e abbassando la frusta in un torrente di colpi. Il
rumore del cuoio che colpiva carne viva echeggiò nel cortile, e Clare si lasciò
sfuggire un gemito. Per quale ragione Nicholas non si sottraeva, limitandosi
ad alzare un braccio per proteggersi il capo?
Lo capì quando Michael fece un passo avanti, gravando con tutto il perso
su un unico piede: era il momento che il conte aspettava. Colpì con letale
precisione e il suo staffile si avvolse attorno alla caviglia di Michael coperta
dallo stivale.
La frustata fece poco danno, ma quando Nicholas tirò la frusta con
entrambe le mani, il suo avversario cadde pesantemente a terra e la testa
colpì con un duro botto il selciato.
Era finita. Michael rimase immobile, come morto, in un gelido silenzio
interrotto soltanto dal respiro affannoso di Nicholas. Allora Clare attraversò
di corsa il cortile e si inginocchiò accanto al caduto. Nel cortile della scuola
aveva medicato tagli e lividi frutto degli scontri tra i bambini, e fu con mano
abile e leggera che esaminò la testa sanguinante.
Nicholas le venne accanto. La sua camicia era in pezzi, sangue colava da
almeno una decina di ferite, ma una rapida occhiata convinse Clare che erano
tutte superficiali. Del resto lui le ignorava.
— È ferito gravemente?
Prima di rispondere, Clare tastò il polso di Michael e ne ascoltò il respiro.
— Non credo. Senza dubbio una commozione cerebrale, ma non credo che il
cranio abbia fratture. Le ferite alla testa sanguinano abbondantemente; per
questo sembrano più gravi di quanto siano in realtà. Qualcuno ha un
fazzoletto?
Un fazzoletto con un’elegante le fu messo in mano. Clare lo premette
sulla ferita.
— Grazie a Dio, non è molto grave — mormorò Nicholas. — Volevo
gettarlo a terra, non ucciderlo.
— Non hai niente da rimproverarti — disse Lucien con tono pacato — Ha
voluto a ogni costo sfidarti. Se aveste scelto pistole o spade, uno di voi due
adesso sarebbe morto.
— È stato stupido da parte mia lasciarmi trascinare — disse Nicholas
irritato con se stesso. — Hai visto come si è comportato? Pensi che la
considererà una giusta conclusione?
Il silenzio che seguì fu una risposta sufficiente.
Inzuppato di sangue il primo fazzoletto, Clare ne usò un altro, questa
volta con la S di Strathmore. Per fortuna, il sangue aveva quasi cessato di
colare. — Bisognerebbe muoverlo il meno possibile — disse. — Potete restare
qui, Vostra Grazia?
— Naturalmente. — Con un’espressione di ironica ammirazione negli
occhi, il duca la studiò. — Dal momento che mi sembrate a vostro agio in
questa banda di mascalzoni, fareste meglio a chiamarmi Rafe.
— Non so se sono in grado di chiamare un duca con il nome di battesimo.
— Non pensate a me come a un duca, ma come qualcuno che non ha
saputo essere all’altezza di Nicholas.
Clare sorrise. — D’accordo, Rafe.
— Lucien, credi che noi due siamo in grado di portarlo in casa? Preferirei
non coinvolgere i domestici.
Mentre i due uomini sollevavano Michael, la camicia stracciata gli cadde
di dosso, rivelando uno spaventoso mosaico di cicatrici che lo coprivano dalla
spalla sinistra alla vita. Tutti restarono sbalorditi, e Nicholas imprecò
sottovoce.
— È stato investito da un colpo di mitraglia a Salamanca — spiegò Rafe. —
Evidentemente stava peggio di quanto volesse far credere.
Quando Michael fu rimesso in piedi, parve riprendere un barlume di
coscienza.
Nicholas si rimise calze e scarpe, poi raccolse le fruste. Mentre lui e Clare
seguivano gli altri verso la casa, ringraziò la sorte che il duello non aveva
avuto una conclusione letale.
Clare invece ne provò scarso sollievo: temeva che Nicholas avesse ragione
e che il duello non avrebbe placato la furia di Michael.
18
Nicholas non volle che le sue ferite venissero medicate. Accettò un ampio
mantello da Rafe. Pochi minuti dopo lui e Clare erano diretti a casa. Gli ospiti
erano ancora intenti alle celebrazioni e nessuno si avvide che se ne andavano.
Rimasero in silenzio mentre percorrevano le strade di Mayfair. Nicholas
sedeva rigido e rigidamente si mosse anche quando aiutò Clare a scendere
dalla carrozza.
Appena furono dentro, lei lo fissò decisa. — Prima che tu vada a letto,
voglio pulirti e medicarti. So che ti piace fare lo stoico, ma ci sono dei limiti.
— D’accordo. Dove vuoi dedicarti alla chirurgia?
— In camera tua, direi. Mi tolgo quest’abito e mi metterò all’opera appena
Polly mi avrà portato tutto il necessario.
Forse in segno di punizione per il suo eccessivo attaccamento alle cose
terrene, l’abito azzurro di Clare era stato lordato dal sangue di lord Michael e
dal contatto con la terra. Così indossò la camicia di flanella bianca coprendola
con una bella vestaglia di velluto rosso.
L’energia nervosa che l’aveva sostenuta durante il duello e il ritorno a
casa scomparve, lasciandola all’improvviso esausta. Ogni colpo sferrato in
quell’orrendo scontro le era rimasto impresso nella mente. Se lord Michael
fosse riuscito a spuntarla e si fossero scontrati con le pistole o le spade…
Rabbrividì e si impose di non pensarci.
Sebbene avesse avuto pensieri omicidi nei confronti di lord Michael
quando aveva aggredito Nicholas, adesso era preoccupata per il maggiore. Le
assurde accuse scagliate contro Nicholas erano evidentemente frutto di una
mente alterata, ma era chiaro che le credeva vere. Clare sospirò. Non era il
primo soldato a essere distrutto dalla guerra, e non sarebbe stato l’ultimo.
Forse, col tempo, ne sarebbe guarito.
Intanto però costituiva un vero pericolo. Nicholas non pensava che il suo
vecchio amico fosse capace di un assassinio a sangue freddo, ma lei non ne
era certa. Forse era tempo di tornare nel Galles; con un po’ di fortuna,
sapendolo lontano, Michael non sarebbe andato in cerca di Nicholas.
Polly tornò con un vassoio di bende e medicamenti e una bacinella
d’acqua calda.
Nicholas era inginocchiato accanto al caminetto, intento ad aggiungere
carbone al fuoco. Clare per poco non fece cadere il vassoio, perché ebbe
l’impressione che fosse nudo. Poi si avvide che aveva un asciugamano
attorno ai fianchi. Era snervante, per lei, vedere così da vicino il bel corpo
muscoloso che aveva vergognosamente ammirato mentre andava a nuotare
con i pinguini. Ma ben più snervante era la vista delle sue lesioni, anche se
Clare si rese conto che si era quasi denudato soltanto perché lei potesse
medicargliele. Era lì in veste di infermiera, non di amante.
— Ti andrebbe un po’ di brandy? — le chiese lui. — Questa sera sarebbe un
buon momento per rinunciare alle tue obiezioni contro l’alcol.
— La regola dei metodisti è di prendere le decisioni in base a quello che si
ha nel cuore, e il mio dice che sarebbe il benvenuto qualcosa che mi calmi.
Nicholas le porse un bicchiere. — Bevi piano. È assai più forte dello
sherry.
— Vorresti incoraggiarmi a bere di più?
— L’ho pensato, ma non sarebbe leale. Ti sedurrei troppo facilmente.
Mentre Clare assaggiava il liquore, con lo sguardo seguiva Nicholas che
camminava avanti e indietro, il bicchiere in mano: quasi nudo, era uno
spettacolo. Deponendo il bicchiere assunse un’aria decisa.
— Mettiamoci all’opera. Siediti su quello sgabello, ti prego. — Cominciò a
spargere polvere di basilico sulle ferite aperte. — Ci sono numerose
lacerazioni, ma non sono profonde e non sanguinano più. Temevo che il
danno fosse peggiore.
— Le sferze sono distruttive se la vittima non è in grado di evitare i colpi,
come un soldato legato a un palo per essere punito. Un obiettivo mobile non
subisce mai troppi danni.
— Strano che i tagli siano limitati alla parte superiore del tuo corpo. Lord
Michael è privo di immaginazione, ha continuato a colpire sempre nella
stessa zona.
— Tentava di spezzarmi il collo. Se fosse riuscito ad avvolgermi la sferza
alla gola e a tirarla, come ho fatto io con la sua caviglia, avrebbe avuto buone
probabilità di farcela.
— Vuoi dire che stava deliberatamente tentando di ucciderti?
— Ma certo. Michael ha detto che mi voleva morto. Ed è sempre stato un
uomo di parola.
Le mani di Clare presero a tremare. Lui le diede un’occhiata poi la fece
sedere su una poltrona, dove lei si serrò il volto tra le mani, incapace di
sottrarsi a quell’orribile visione.
— Mi dispiace, non avrei dovuto dirtelo — mormorò Nicholas tornando al
suo sgabello — Non avevo nessuna probabilità di riuscirci. Ho assistito a risse
del genere tra gli zingari e so usare la frusta.
— È davvero pazzo come hai detto tu. Ma perché la sua pazzia si è
focalizzata su di te?
— Non faresti meglio a chiedermi se Michael aveva ragione, accusandomi
di aver ucciso mio nonno e mia moglie?
Clare liquidò la domanda con un gesto della mano.
Nicholas si alzò e riprese ad andare avanti e indietro. — Tu hai la testa
sulle spalle. Ma sono certo che ti è passato per la mente che io possa essere
un assassino.
— Certo, ho preso in considerazione quest’eventualità quattro anni fa,
quando ci sono stati i decessi. Tuttavia, sebbene tu possa avere accessi d’ira,
non credo che in te ci sia quel genere di violenza.
— Perché? Ci sono violenze di vario genere?
— Naturalmente. È facile credere che Michael sia capace di assassinio. Ma
sebbene tu possa essere pericoloso, come hai dimostrato questa notte,
preferiresti ridere o allontanarti, di fronte a una situazione difficile.
Immagino che tu possa uccidere soltanto per autodifesa.
Nicholas abbozzò una smorfia. — Questa notte ho quasi ucciso Michael,
però.
— È stato un incidente — protestò lei. — Credi forse che non mi sia resa
conto che ti sei trattenuto? Hai preferito lasciare che ti frustasse mentre
aspettavi il momento di disarmarlo.
— Sei molto attenta… forse troppo.
— Mio padre ha portato in casa nostra uomini di vario genere, e questo mi
ha dato modo di imparare qualcosa sulla natura umana.
— Hai detto cose giuste a proposito di Michael, Lucien e me. Che mi dici
di Rafe?
— Lo conosco poco. Penso che sia come te, il tipo d’uomo che non
cercherebbe uno scontro, ma che se la caverebbe benone se fosse impossibile
evitarlo.
— Sei persino più pericolosa di quanto pensassi — replicò Nicholas con
ironia. — Hai ragione dicendo che io preferirei allontanarmi, penso che sia
innato in tutti gli zingari.
— Chi combatte ma volta le spalle, potrà rifarlo un altro giorno — citò lei
in modo piuttosto confuso.
— Proprio così. Mi hai chiesto perché Michael ha preso di mira proprio
me. Penso che la sua collera sia legata al vecchio conte. Quand’è stato messo
al bando da suo padre, il duca di Ashburton, per qualche strana ragione
Michael e mio nonno hanno fatto amicizia, e il vecchio ha detto più volte che
avrebbe preferito avere lui come erede al mio posto. Può darsi che Michael
creda davvero che io abbia ucciso il nonno con un veleno da zingari o
ricorrendo alla magia nera.
— Provavi invidia per il loro legame?
— Me la sarei presa se fossi stato più giovane, ma quando Michael si è
insediato a Penreith, non ci pensavo. E se al nonno faceva piacere che
Michael giocasse al nipote di riserva, contento lui… Io per lo più me ne stavo
lontano.
Clare si chiedeva se il vecchio conte non avesse di proposito messo i due
giovani l’uno contro l’altro, allo scopo di ferire il vero nipote. Possibile che
fosse stato così subdolo e crudele? In tal caso, aveva molto di cui rispondere a
Dio.
Decisa a concludere il lavoro per poter andare in camera sua e mettersi a
letto, prese un barattolo di polvere di salvia e la sparse sulle lesioni meno
gravi, quelle che non sanguinavano.
— A proposito, Clare — disse Nicholas. — Parlami della tua capacità di
violenza. Non sono mai stato convinto che tu sia una signorina troppo
delicata anche per scacciare un pinguino.
— Io credo che la pace sia meglio della guerra, è che offrire l’altra guancia
sia meglio che spaccare qualche testa. Ciò non toglie che io possa diventare
violenta in difesa di coloro per cui provo affetto. Per esempio, se qualcuno
entrasse a scuola e minacciasse i miei bambini. — "O se minacciasse te"
pensò, ovviamente senza dirlo.
— Come bacia Lucien?
— Cosa? Oh, hai ragione, mi ha baciata quand’è stata annunciata
l’abdicazione di Napoleone. Un bacio molto carino, direi. Me ne sono accorta
a malapena. — Clare applicò un’altra benda e fece un nodo sopra la spalla di
Nicholas. — Non era certo te.
— La prossima volta che Lucien avrà bisogno di venire un po’ sgonfiato,
gli dirò che non sei stata molto soddisfatta dalle sue capacità.
— Non vorrai… Oh, stai scherzando!
— Naturalmente. L’ironia è la mia corazza, perché hai detto che Lucien ha
qualcosa di spietato? Hai ragione, ma mi sorprende che tu l’abbia dedotto
dopo averlo incontrato solo poche volte e lui si è comportato al suo meglio.
— È qualcosa che avverto. Sebbene si atteggi a frivolo, ha qualcosa che mi
fa pensare all’acciaio. L’ho fatto sobbalzare, quando gli ho detto che la sua
attività a Whitehall implicava la raccolta di notizie spionistiche, e che tu hai
lavorato per lui.
— Buon Dio, sei arrivata a tanto? Dovresti anche tu dedicarti allo
spionaggio.
— Prendi un po’ di laudano — gli propose lei. — L’effetto sarà migliore che
cercare di addormentare i dolori col brandy.
— Non ho bisogno né dell’uno né dell’altro.
Clare si alzò e si avviò alla porta.
— No, non andartene ancora — la pregò Nicholas con voce tesa.
Lei tornò sui suoi passi.
— Perché? — Lui non rispose. — C’è qualcosa d’altro che volevi dirmi?
— Vuoi… vuoi stare con me, stanotte?
— Vuoi che dorma con te?
Lui si allontanò dalla finestra e il suono del suo respiro riempì la stanza.
Clare si rese conto che era la prima volta che la fissava, da quando avevano
incontrato Michael, e restò sorpresa dall’angoscia che gli lesse negli occhi.
All’improvviso le divenne evidente che il suo distacco era stato pura
finzione. Come aveva fatto a non accorgersene prima?
Adesso la sua facciata artificialmente costruita era crollata, rivelando ciò
che c’era dietro. E Clare ne ebbe pena.
Fraintendendo la sua espressione, Nicholas la guardò incerto. — Non
come un’amante, ma… come un’amica. Ti prego.
Le venne voglia di piangere per la vulnerabilità di Nicholas, invece depose
il vassoio e sorrise tranquilla.
— Naturalmente, se lo desideri.
Lui attraversò la stanza e la strinse in un abbraccio, che Clare non
ricambiò.
— Non vorrei farti male — gli spiegò.
— Non me ne farai.
Era palese che il suo bisogno di vicinanza aveva superato la sofferenza
fisica. Evitando con cura di sfiorare le sue lesioni, Clare gli strinse le braccia
attorno alla vita e gli posò la testa sulla guancia. Rimasero così a lungo, e
quando il respiro di Nicholas tornò normale, lui si sciolse e la fissò.
— Stai tremando. Mettiti a letto, ti raggiungo tra un istante.
Tornò con indosso una camicia da notte. Lei sorrise, indovinando che
l’indumento era un atto di riguardo per la sua sensibilità, e infatti sembrava
che non ne avesse mai indossata una. Adesso che i bendaggi erano coperti,
sembrava normale, a parte l’aria affranta.
Si infilò a letto e le posò un bacio leggero sulle labbra, affondandole le dita
tra i capelli.
— Non volevo restare solo — sussurrò.
— Anche a me non va di restare sola, questa notte — disse lei
sinceramente. Sebbene fosse consapevole della sua sofferenza, fisica ed
emotiva, sapeva anche che la sua presenza lo sollevava come nessun’altra
cosa avrebbe potuto.
Ma era vero anche il contrario.
Lui parlò in tono tetro — Mi chiamava sempre Nicholas.
E adesso Michael usava l’impersonale Aberdare. In silenzio, Clare giurò a
se stessa che qualsiasi cosa riservasse il futuro, lei non avrebbe mai tradito
l’amicizia di Nicholas.
19
Quando le ultime note si spensero, Nicholas sollevò una mano per attrarla
a sé. — Questo bacio deve venire da te.
Così potente era il suo incantesimo, che Clare allungò la mano a prendere
la sua. Magia zingaresca. Magia musicale.
Vecchio Nick, con tutto il suo demoniaco potere.
Disgustata di se stessa, si rese conto di quanto fosse vicina alla sua resa.
Tolse la mano.
— Tu sei un ragno che tesse una tela di suoni per catturare una sciocca
mosca. Ma questa volta non funzionerà.
Il sorriso di Nicholas era un po’ malinconico. — Diventare parte di un
altro essere è l’unione suprema. A questo tendono gli esseri umani quando si
accoppiano, ma anche nei casi più fortunati, lo ottengono solo per un istante.
— Dall’arpa uscirono altre note struggenti. — E chi può dire che la mosca non
gioisca di quella suprema unione che è la fine della solitudine?
— Graziosa metafora, ma la realtà è che la mosca diviene la cena del
ragno. La mosca muore mentre il ragno divora altre sciocche mosche. Trovati
un’altra vittima.
Lui depose l’arpa sul pavimento e la seguì attraverso la stanza. — Clare.
Lei si volse riluttante. — Non hai il diritto di fermarmi, hai usufruito il tuo
bacio, per oggi, e anche quello per domani.
— Non credere che non lo sappia.
Si protese verso di lei al punto che il calore del suo corpo l’avvolse. Ma
non la toccò. — Io non posso baciarti, ma tu puoi baciarmi — disse, e le
indirizzò un incantevole sorriso zingaresco. — E opporrò resistenza se mi
accorgerò che ti piace troppo.
La collera di Clare traboccò. — Questo non è un gioco, maledizione!
— Perché sei così angosciata?
Lei represse le lacrime che minacciavano di sgorgare — Tu sostieni di
credere nell’amicizia, ma solo alle tue condizioni. Sei un grande egoista,
Nicholas, come del resto ogni uomo che conosco.
— Forse l’amicizia tra uomo e donna è cosa rara perché dalle tue parti
viene vista in maniera diversa. Evidentemente tu pensi che la nostra amicizia
debba essere platonica, mentre io credo che l’amicizia comporti la passione.
Sì, voglio fare l’amore con te, e in questo c’è egoismo. Ma se volessi
semplicemente soddisfare la lussuria, sarebbe più facile farlo con altre, non
credi? Con te la passione significherebbe assai di più.
La tenerezza nella voce di Nicholas per poco non la svuotò, ma se si fosse
addolcita sarebbe stata perduta.
— La tua ingannevole lingua zingaresca sarebbe capace di vendere
carbone a Newcastle, ma questa volta non avrà effetto. Il fatto è che i tuoi
desideri vengono per primi, e ciò che voglio io è una cosa secondaria, priva di
importanza.
— Sei stata tu a dire che ti preoccupi più della gente di Penreith e dei
minatori che del tuo personale benessere. Io sto facendo del mio meglio
perché ottengano la prosperità e la sicurezza che desiderano. La passione è il
mio scopo dell’accordo, e sto semplicemente tentando di fare in modo che
anche tu lo voglia. E ci sono riuscito, vero? È per questo che sei tanto
sconvolta.
L’onestà la costrinse ad ammetterlo. — Hai ragione, ma questo non mi fa
sentire meno arrabbiata. Buonanotte, Nicholas. — E uscì sbattendosi la porta
alle spalle.
Ma fu lui ad avere l’ultima parola perché, quando fu a letto Clare lo udì
intonare l’allegra cadenza di The Raggle Tagge Gypsies. O!, La marmaglia
gitana, ehilà!. Le parole dell’antica ballata le danzarono nella mente,
raccontando la storia della dama di alti natali che aveva rinunciato alle sete,
all’oro, al signore che aveva appena sposato per fuggire con gli zingari.
La dama della ballata era una donnaccia immorale, pazza al punto da
preferire un freddo campo a un letto di piume d’oca. Ma se lo zingaro che
l’aveva sedotta somigliava a Nicholas, Clare non poteva proprio biasimarla.
20
Clare aveva dovuto fare ricorso a tutta la sua determinazione per dire a
Nicholas di smetterla, e la sua resistenza andò in pezzi quando quella bocca
famelica fece magie sul suo seno. Si arcuò verso di lui, incapace di ricordare
perché avesse voluto che la smettesse. Adesso aveva solo desiderio e non più
volontà.
Lui le sfilò la spallina della camicia e prese a baciarle l’altro seno, questa
volta sulla carne nuda, e non attraverso la leggera stoffa. In preda a una
febbre crescente, lei gli accarezzò la schiena nuda, palpandogli i muscoli. Le
dita di lui tracciarono un sentiero ardente tra le sue cosce. E quando la toccò
intimamente, Clare gemette e girò più volte la testa, incapace di comprendere
l’impellenza della propria reazione.
Con abilità Nicholas la accarezzò, inducendola a socchiudersi. Poi lei sentì
una dura pressione smussata, lenta ma inesorabile. Istintivamente seppe che
lui le offriva la completezza che il suo corpo bramava, e gli andò incontro,
accogliendo il peso del corpo maschile.
Il dolore colpì, e fu così feroce che il desiderio scomparve. Ebbe
l’impressione di venir fatta a pezzi e freneticamente spinse le spalle di
Nicholas.
— Fermati!
Lui si raggelò, restando sospeso sopra di lei, sul volto un’espressione
selvaggia. La dura asta premeva e pulsava minacciosa come se fosse decisa a
sprofondare per volontà propria.
Dolore e panico spinsero Clare al di là dei pensieri di morale e vendetta, e
lo implorò.
— Ti prego… Non andare oltre.
Per un momento l’esito fu incerto. Poi, con le braccia tese come nastri di
acciaio, Nicholas si scostò da lei bestemmiando sottovoce.
Al senso di sollievo in Clare fece subito seguito una terribile confusione.
Buon Dio, come aveva permesso che si arrivasse a quel punto? Si premette il
polso contro la bocca nel tentativo di contenere la vergogna che la invadeva.
Rendendosi conto di essere sull’orlo dell’isteria, si tirò a sedere e cercò di
coprirsi con la camicia. Nicholas era in ginocchio sul pavimento, a testa
china, il volto invisibile, intento a stringersi i polsi con le mani, e tremava
non meno di lei.
Clare distolse lo sguardo in preda a un senso di colpa acuto quanto il
dolore fisico di pochi istanti prima. Anche al colmo dell’ira, non era questo
che intendeva: aveva voluto dargli una lezione, non distruggere entrambi.
Dopo avere respirato a fondo, Nicholas parlò, con triste umorismo. — La
tua imitazione di una pia maestrina non è male, ma sei molto più
convincente come provocante puttana.
Le lacrime che Clare aveva tentato di contenere cominciarono a scendere,
rivelando tutta la sua infelicità. Odiandosi, decise di replicare.
— Continua. Non sono soltanto una puttana, ma anche un’imbrogliona,
un’ipocrita. Per qualche istante ho voluto essere una donna perduta, ma non
ci sono riuscita. — Si nascose il volto tra le mani. — Vorrei non essere mai
nata.
Dopo un lungo silenzio Nicholas fece udire la sua voce. — Mi sembra un
po’ troppo. Cos’avrebbe fatto tuo padre senza di te?
— Mio padre quasi non sapeva che esistevo — mormorò lei. Poi la gola le
si chiuse.
Nicholas comprese il significato della sua tormentosa affermazione. —
Avevi l’impressione che non ti amasse?
— Oh, mi amava. Era un santo, uno che amava tutti. Aveva tempo,
compassione e saggezza per chiunque ne chiedesse. Ma io non ero in grado di
chiedere, sicché per me non ce n’era mai. Tu sei l’unico che ha chiesto come
fosse vivere con un santo, e io ti ho detto la verità: era un inferno. La prima
cosa che ho imparato da mia madre era che l’opera di Dio era più importante
della famiglia del predicatore, e che l’opera di mio padre veniva per prima.
Suppongo di avergli reso la vita abbastanza facile, nella speranza che avesse
più tempo per me. Ma così non è stato.
Abbozzò un’amara smorfia.
— Quando mi hai detto come lui ti ha aiutato, mi sono sentita gelosa
perché per te ha avuto più tempo e dedizione che per me. Non molto
generoso da parte mia, vero?
— È umanissimo desiderare l’amore di un genitore, e forse non riusciamo
mai a superarne la mancanza.
— Non so perché ti dico tutto questo — disse lei disperata, affondando le
unghie nei palmi delle mani. — La tua famiglia era assai peggio della mia.
Perlomeno, mio padre non mi ha mai venduto né ha desiderato di avere
un’altra figlia.
— È facile odiare qualcuno che ti ha apertamente tradito — osservò
Nicholas. — Forse è più penoso nutrire risentimento per un santo egoista che
ti ha tradito nella maniera più sottile.
Nicholas capiva troppo. Con un gesto rabbioso, Clare si deterse le lacrime.
— Io sono egoista e cupida, e merito di essere espulsa dal gruppo della
Cappella.
— Perché pensi di essere un’impostora?
— Il cuore della mia religione è l’esperienza diretta di Dio. All’epoca d’oro
del metodismo inglese, John Wesley interrogava personalmente i fedeli che
volevano essere accolti nella comunità, per accertarsi che i loro intenti
fossero sinceri. Se l’avessero fatto con me, avrei fallito la prova perché mai ho
vissuto il senso della divina presenza. La vedevo in altri, e a volte, quando ne
parlavo con mio padre, lui non ascoltava e guardava altrove. — La voce le si
ruppe. — Anche di questo ero gelosa. Da ragazza, ogni giorno pregavo per ore,
chiedendo a Dio di farmi sentire, seppure per un istante, quel legame
spirituale. Ma il mio cuore era vuoto. E quando ti ho incontrato, tutte le mie
finzioni sono andate in pezzi, e adesso non ne resta nessuna. Io non sono una
persona vera.
Non si rese conto che Nicholas si era alzato e che le accarezzava i capelli.
— A me sembri molto reale, Clare, anche se non sei la donna che credevi di
essere. Ci vorrà tempo perché tu scopra chi sei davvero. La vecchia Clare
dev’essere distrutta per lasciar posto alla nuova. Ed è un processo doloroso.
Alla fine ne sarai contenta, eppure mi dispiace di averti portata a questo
punto. So che può sembrare contraddittorio, ma anche se volevo… rovinarti,
come diresti tu, non ho mai voluto farti del male.
— Non è colpa tua, Nicholas. Non mi hai fatto tanto male quanto ne ho
fatto io a me stessa. E mi vergogno di quanto ho tentato di fare a te. — Clare
tentò invano un sorriso. — Adesso capisco perché Dio ha riservato la vendetta
a se stesso. Quando un mortale la cerca, combina facilmente un guaio.
— Tra uomini e donne spesso le cose vanno storte. Mi meraviglio che la
razza umana riesca a sopravvivere. Accoppiarsi sembra assai più facile alle
bestie che non pensano.
Clare sospirò. — Non so perché ho tirato fuori tutte queste terribili cose
su me stessa. Espiazione per il mio cattivo comportamento, suppongo.
— Smettila di punirti. I tuoi peccati sono cosa da niente, frutto di
confusione, non di perfidia.
— Una donna della mia età non dovrebbe essere confusa.
Lui si allontanò per un istante, tornò, le drappeggiò la marsina sulle
spalle. — Vai a letto. Nessuno saprà quello che è… quasi accaduto.
Senza riuscire a guardarlo in faccia, a piedi nudi lei attraversò la casa
immersa nel sonno. La luna era quasi piena e c’era abbastanza luce. Mentre
con mani incerte si preparava un tampone con cui asciugare il sangue, pensò
che sarebbe stato ironico se adesso fosse rovinata senza averne tratto alcun
beneficio. Si sedette accanto alla finestra, troppo tesa per andare a letto.
Con riluttanza, ripensò a quei folli istanti quand’era stata cieca a tutto ciò
che non fosse il desiderio, e con un brivido finalmente capì come poteva
accadere che la passione rendesse una persona sorda e cieca all’onore, alla
decenza, al buonsenso. Se non fosse stato per l’improvviso, inaspettato
dolore, adesso lei e Nicholas sarebbero stati amanti.
Ma doveva essere lieta per il fatto che il dolore l’aveva salvata dall’estrema
follia? Adesso che passione e dolore si erano attenuati, si chiese se per caso
non avesse premeditato quella piccola vendetta con la segreta speranza che
Nicholas la sopraffacesse con la sua ebbra virilità. Se ci fosse riuscito, adesso
sarebbe stata a dormire nel letto di lui, calda e protetta dalle sue braccia.
Peccatrice, sì, ma felice.
Sebbene avesse finalmente ammesso di essere un’ipocrita e un’indegna
cristiana, non era in grado di sbarazzarsi completamente del moralismo. In
cuor suo continuava a credere che sarebbe stato sbagliato diventare l’amante
di Nicholas. Se gli si fosse data semplicemente per soddisfare la lussuria, si
sarebbe disprezzata non appena saziato il desiderio.
Sebbene Nicholas fosse stato sorprendentemente gentile con lei dopo quel
che era accaduto, non riusciva a credere che potesse desiderare ancora di
volerla accanto a sé. E questo significava che forse doveva comportarsi in
modo che lui la scacciasse.
Ma se ci fosse riuscita non ne sarebbe stata felice.
Nicholas uscì presto per dedicarsi alle sue faccende. Gli riusciva difficile
credere che fosse passato così poco tempo da quando Clare era piombata
nella sua vita, sembrava che annate intere di complicazioni si fossero
riassunte in poche settimane.
Libero da impegni, prese in considerazione l’idea di fare tappa a un
costosissimo, discretissimo appartamento dove le ragazze erano belle, calde e
disponibili. Scacciò immediatamente l’idea: accoppiarsi con un’estranea non
avrebbe fatto svanire il suo desiderio di Clare.
La sua casa era nei pressi di Hyde Park. A quell’ora spesso Clare vi andava
a passeggiare, così decise di rincasare passando per il parco, e ben presto la
scorse, seguita dalla cameriera.
Scese dalla carrozza accanto a Clare, che gli rivolse un’occhiata priva di
sorpresa. Indossava uno dei suoi abiti più semplici, aveva gli occhi pesti, ma
aveva riacquistato la compostezza abituale.
— Hai una straordinaria capacità di apparire e scomparire, come un gatto
— osservò.
— Sono lieto che tu oggi mi rivolga la parola.
— Non ho ragione di essere in collera con te. Tutto quello che è accaduto è
frutto soltanto della mia testardaggine e della mia mancanza di buonsenso.
— Può darsi che tu non ti senta una buona cristiana, ma senza dubbio sei
una maestra in fatto di sensi di colpa.
Continuando il cammino, erano giunti sulla riva del lago dove nuotavano
molte anatre e due bambini varavano le loro barchette sotto gli occhi attenti
di una bambinaia. Nicholas accennò alle barchette. — Lucien afferma che si
sta prendendo in considerazione l’idea di organizzare celebrazioni della
vittoria proprio qui, in giugno. Il principe reggente probabilmente metterà in
scena la battaglia di Trafalgar nella Serpentina.
— Parli sul serio?
— Sì. Con fuochi d’artificio, parate e un’allegra, volgare fiera per i comuni
mortali. Se vuoi assistere allo spettacolo, ti riporterò a Londra quando sarà il
momento.
— Non sono in grado di pensare con due mesi di anticipo. A stento riesco a
immaginare cosa farò domani. Non possiamo continuare come abbiamo fatto
finora. Te ne rendi conto?
— Perché no?
— Ci siamo dedicati a un pericoloso gioco di seduzione, spingendoci
sempre più ai limiti — disse lei con decisione. — La mia isteria e la tua
frustrazione unite, se non la smettiamo, ci distruggeranno entrambi.
— Forse hai ragione — disse Nicholas con profonda riluttanza. — Cosa
proponi allora?
— Senza dubbio sarebbe più facile per entrambi se io tornassi a casa a
Penreith.
Lui si sentì invadere dall’ansia. — Quello che ho già detto, è tuttora valido
— disse con voce dura. — Se te ne vai prima della scadenza dei tre mesi,
rinuncerò ai miei propositi a favore della valle.
— Non riesco a capire perché ti preoccupi tanto della mia presenza o
assenza. Ormai sarei propensa a credere che vuoi continuare a occuparti della
miniera soltanto per dare fastidio a Michael.
Nicholas non riusciva a capire se stesso, ma sapeva perfettamente che non
voleva che Clare se ne andasse. Fece per alzare la mano, tentando
istintivamente di persuaderla con il tocco, ma lei si ritrasse.
Nicholas si sentì stringere il cuore e abbassò la mano. Riusciva a pensare
a un’unica soluzione accettabile.
— Rinuncerò al mio bacio quotidiano, e questo dovrebbe rendere possibile
restare assieme senza perdere l’equilibrio. Non era una casta astinenza quella
che l’altra sera hai proposto come scommessa, quando abbiamo cominciato a
giocare a biliardo?
— Adesso ti comprendo meno che mai. Ieri sera hai rifiutato di rinunciare
ai tuoi baci.
— Quello è stato ieri sera. Ma oggi è un altro giorno. Dovrebbe essere
palese che mi piace la tua compagnia. Quando torneremo ad Aberdare, alla
scadenza dei tre mesi forse prenderò in considerazione l’idea di procurarmi
un cane, ma per il momento tu hai ancora un impegno con me.
— Dal momento che la metti in termini così lusinghieri, come potrei
rifiutare?
Nicholas fu lieto di vederla sorridere. Ma mentre tornavano a casa, si
adombrò al pensiero che aveva soltanto due mesi per convincerla a restare
con lui.
Clare si rese conto che vivere senza baci era molto più confortevole che
vivere sull’orlo del pericolo, ma ahimè, era anche assai meno piacevole.
Sentiva la mancanza non solo del contatto fisico, ma anche della familiarità
che ne era il risvolto. Adesso Nicholas non la toccava se non per motivi più
che leciti, come aiutarla a salire o scendere da una carrozza, e durante il
ritorno ad Aberdare fece il tragitto a cavallo, anziché sedere accanto a lei e a
Polly.
Clare sentì uno strano miscuglio di emozioni quando tornò nella valle.
Era a casa, il luogo che le era più i familiare al mondo, ma sentiva di essere
una donna diversa da quella che ne era partita. Si sentiva diversa, e sapeva
che la casa non sarebbe mai più stata la stessa.
Ad Aberdare, per prima cosa andò a cercare Rhys Williams e gli spiegò
quello che aveva ordinato a Londra per la casa.
— Qualcuno dei domestici se n’è andato perché non voleva restare in
questa casa con una donna immorale? — gli chiese poi.
Dopo una breve esitazione, il maggiordomo annuì. — Due: Tegwen Elias e
Bronwyn Johns. Bronwyn non voleva andarsene, ma sua madre ha insistito.
— Ci sarà più lavoro?
— Non credo. Avrei potuto assumere due altre domestiche, ma ho
preferito attendere il vostro ritorno, Nella valle c’è miseria e non sono molte
le persone disposte a lasciare un buon posto per qualche chiacchiera.
Il giorno successivo al ritorno Clare volle rendersi conto di quanto era
stato fatto in sua assenza. Il maggiordomo e i domestici avevano compiuto un
ottimo lavoro nelle stanze comuni; con la carta da parati, le vernici e le stoffe
ordinate a Londra, la casa sarebbe diventata piacevole come meritava di
essere.
La riunione del suo gruppo era in programma per quella sera, e non
sapeva come sarebbe stata accolta. A cena, Nicholas si avvide del suo umore e
gliene chiese la ragione.
— Verrei volentieri con te, ma sono certo che la mia presenza renderebbe
più difficile la situazione. E penso che non tu non intenda mancare.
— Sarebbe un atto di vigliaccheria. Peggio ancora, potrebbe sembrare che
io snobbi i miei vecchi amici, adesso che frequento la nobiltà. E se mi
chiedono di andarmene, perlomeno saprò qual è la mia situazione.
Dopo cena salì di sopra a indossare uno dei suoi abiti di prima del viaggio
a Londra. Poi salì sul calesse e si diresse al cottage dei Morris, dove arrivò
poco prima che la riunione cominciasse.
Al suo ingresso scese il silenzio e undici paia di occhi la fissarono. A
rompere il silenzio fu Marged che le si avvicinò e l’abbracciò.
— Clare, come sono felice di vederti! Hai intenzione di tornare presto a
scuola? I bambini sentono la tua mancanza e hanno una gran voglia di vedere
i pinguini di Aberdare.
Parecchi altri membri le sorrisero, e il giovane Hugh Lloyd le strizzò
l’occhio. Clare guardò Edith Wickess, la più pronta ad accusarla.
— Sono ancora la benvenuta tra voi?
Edith fece schioccare la lingua. — Non hai certo dato prova di buonsenso.
Metà degli abitanti della valle sono convinti che sei una poco di buono.
— Non sono l’amante di lord Aberdare — replicò Clare contenta di poter
dire la verità.
— Be’, almeno lo spero — ribatté Edith. — Ma non mancano coloro che
pensano male, come la signora Elias. — Tirò su col naso. — Il Giorno del
Giudizio, quando il Signore verrà a separare le pecore dalle capre, addosso a
lei non troverà molta buona lana. Mai io la so più lunga.
Clare avrebbe voluto levare un canto di gioia e si chinò ad abbracciarla. —
Ti ringrazio per aver fiducia in me. Non posso dire che il mio comportamento
sia stato impeccabile, ma non ho fatto niente di terribile. Come va con la
scuola domenicale?
Owen, che la dirigeva, rispose, con aria di lieve rimprovero. —
Rimandiamo le chiacchiere a più tardi, signore. È tempo di cominciare la
riunione. Leviamo un coro al Signore.
Clare si rilassò partecipando al consueto rituale di inni, preghiere e
discussioni. Finita la riunione, tutti rimasero per il tè coi biscotti e per
ascoltare quello che Clare avrebbe raccontato del suo viaggio, e lei parlò loro
della Torre, dei mostri meccanici, della sua visita alla Fonderia, che era stata
la cappella domestica di John Wesley.
All’uscita, Owen le si avvicinò. — Ti accompagno ad Aberdare. Preferisco
che tu non faccia la strada dai sola.
Lei gli scoccò un’occhiata curiosa, perché la valle era sempre stata sicura,
ma accettò senz’altro. Strada facendo, Owen spiegò il suo proposito di parlare
con Nicholas.
Quando venne introdotto, il conte, lo accolse calorosamente con una
cordiale stretta di mano.
— È una felice coincidenza, perché ho delle domande alle quali sei in
grado di rispondermi.
— Ne ho anch’io — rispose Owen.
— Posso restare o devo andarmene? — chiese! Clare.
— Resta — rispose Nicholas, facendoli accomodare in biblioteca. — Owen,
parla tu per primo.
Il minatore prese posto in una poltrona di cuoio — Può darsi che non sia
niente, ma pochi giorni fa ho visto qualcosa di strano — cominciò, e descrisse
la capanna che Huw aveva scoperto nella proprietà di Kenyon.
— Interessante — disse Nicholas. — Hai idea di cosa possa significare?
— Se devo tirare a indovinare, direi che la capanna è servita per sottoporre
a trattamento ricchi minerali metallici. Forse oro, ma più probabilmente
argento.
— Possibile? — chiese Nicholas sorpreso. — So che a volte oro e argento
sono stati reperiti in Galles, ma in piccole quantità, e mai in questa zona.
— Capita che argento purissimo si trovi in blocchi chiamati argento in fili.
Una volta ne ho visto un campione proveniente da Ebbw Vale. Strano
materiale, talmente puro da essere fuso in lingotti semplicemente su una
stufa caldissima, come quella del capanno. Non credo che argento in fili sia
stato trovato in un fifone di carbone, ma ti ricordi di quel tunnel chiuso, dove
ho detto che il carbone sembrava finire dove la roccia cambiava? È possibile
che la roccia diversa contenga argento.
— Sicché può darsi che Wilkins abbia scoperto l’argento e si sia rivolto a
Madoc. Se il metallo è in piccoli depositi e molto puro, potrebbe essere
portato fuori della miniera senza che altri se ne accorgano. E la proprietà
Kenyon è il luogo ideale dove fonderlo in secreto, dal momento che Michael è
altrove e Madoc sovrintende alla proprietà.
— Ma perché Wilkins dovrebbe rivolgersi a Madoc anziché tenere per sé la
scoperta? — chiese Clare. — Nye non è abbastanza intelligente per fondere o
vendere l’argento senza un socio esperto come Madoc — rispose Owen. — E
se le nostre ipotesi rispondono al vero, quei due si fanno un bel gruzzolo.
— È proprio quello che cercavamo! — esclamò Clare eccitata. — La
concessione riguarda esclusivamente il carbone, non i diritti su tutti i
minerali. Se Madoc e Wilkins estraggono argento o altro materiale di valore
dalla miniera, hai il diritto di revocare la concessione. Anche se Michael è
all’oscuro di quello che stanno facendo i suoi dipendenti, senza dubbio la sua
società è legalmente responsabile per la sottrazione di qualcosa che
appartiene a te.
Ci fu un momento di silenzio, poi Nicholas balzò in piedi, prese Clare tra
le braccia e la baciò. Quindi si rivolse a Owen.
— A Londra ho visto Michael Kenyon. Era con l’esercito in Spagna, e per
questo ha trascurato i suoi affari. Siccome si è rifiutato di apportare
cambiamenti, ho cercato un modo per revocargli la concessione, e adesso,
vivaddio, l’abbiamo in mano grazie a te Huw. — Rifletté per qualche istante.
— Sono tutte ipotesi, però, dobbiamo avere in mano una prova concreta.
Potresti riportarmi nella miniera? Se possiamo testimoniare che abbiamo
constatato l’esistenza di attività minerarie illegali, mi rivolgerò al tribunale.
— Scendere nella miniera non sarà facile. Madoc ha ordinato di
comunicargli immediatamente se metti piede nella zona. Il contabile che
gestisce il pozzo principale è un tipo a posto, ma non si metterà mai contro il
capo. Di notte non si può farlo, perché Madoc ha fatto costruire una
staccionata tutt’attorno all’imboccatura della miniera e di notte c’è un cane
da guardia. Impossibile mettere in azione l’apparecchiatura di discesa senza
essere visti. Tutti pensiamo che Madoc sia deciso a tenerti a ogni costo alla
larga.
Clare intervenne. — Finora hai parlato dell’ingresso principale, ma c’è
anche il vecchio pozzo Bychan, quello che adesso viene usato solo per la
ventilazione.
Owen fece tanto d’occhi. — Che memoria, ragazza mia! Avevo quasi
dimenticato il Bychan.
— È utilizzabile? — chiese Nicholas.
— Potrebbe esserlo. È molto stretto, ma c’è una secchia che può calare o
riportare in superficie un uomo alla volta. A manovrarla è un uomo con un
cavallo, sicché avremo bisogno solo di un’altra persona per darci aiuto.
Oltretutto, il pozzo arriva nei pressi del tunnel chiuso, per cui non occorre
camminare al lungo sottoterra, col rischio di essere scoperti. Si può fare.
— E possiamo farlo tra quattro giorni? Così avrò il tempo di vedere il mio
avvocato di Swansea perché si occupi degli aspetti legali, e vorrei anche
entrare nel capanno per dare un’occhiata più attenta. Se l’argento vi viene
fuso, deve restarne traccia sulla stufa o sull’attrezzatura.
Owen annuì. — Tra quattro giorni, d’accordo. Prima è meglio è. In due
settimane il gas probabilmente si è addensato e tre gallerie sono crollate
perché i puntelli di legno erano insufficienti. Nessuno è morto da quando sei
sceso laggiù, ma mi sento nelle ossa che qualcosa di terribile sta per accadere.
— Tra una settimana la miniera sarà in mano mia e potrò apportarvi i
necessari miglioramenti — disse Nicholas fiducioso. Il suo istinto di zingaro
gli diceva che avevano trovato il modo di strappare la concessione a Michael.
23
George Madoc non ebbe il tempo di prepararsi alla visita del suo datore di
lavoro, lord Michael Kenyon, che entrò senza dare all’impiegato il tempo di
annunciarlo.
Madoc non si sarebbe reso conto che quel magro visitatore dagli occhi
accesi fosse l’elegante aristocratico che l’aveva assunto quattro anni prima.
Ma la sua voce profonda era inconfondibile.
— Mi dispiace di essere arrivato senza avvertirvi, Madoc. Ma ho deciso di
venire all’improvviso a Penreith.
— Lord Michael… che sorpresa — balbettò Madoc balzando in piedi. —
Ignoravo che foste in Inghilterra.
— Un paio di mesi fa sono stato messo in congedo per malattia. La guerra
è finita e ho intenzione di rinunciare al grado e di occuparmi dei miei affari.
Tanto per cominciare, vorrei vedere i registri contabili degli ultimi quattro
anni.
— Avete lamentele sulla mia gestione? — chiese Madoc irrigidendosi e
tentando di sembrare più indignato che preoccupato.
— Per niente. Avete prodotto sostanziosi profitti, ma voglio tornare a
familiarizzarmi con l’attività mineraria. Dopo anni nell’esercito, devo
riabituarmi alla vita civile.
— Naturalmente. — Madoc rifletté in fretta. — I registri più vecchi sono in
casa mia. Li prendo e ve li faccio portare immediatamente. Risiedete alla
locanda?
— No, a Bryn Manor. Ero diretto laggiù ma ho pensato di farvi prima una
visita.
— Siete tornato per restare?
— Non so quanto resterò. Il Galles in primavera è assai piacevole. — Lord
Michael si alzò e prese ad andare avanti e indietro nell’ampio ufficio. — Lord
Aberdare vi ha procurato fastidi?
— Un po’ sì — rispose il sovrintendente sorpreso, — Come fate a saperlo?
— L’ho visto a Londra e mi ha tenuto una conferenza sulla sicurezza
mineraria. Abbiamo avuto dissensi accompagnati… da una certa violenza.
— Il conte evidentemente non si rende conto che l’attività mineraria è
sempre stata pericolosa.
— È proprio quello che gli ho detto io. È entrato nella mia proprietà?
— Una volta. Gli ho ordinato di andarsene e per la notte ho messo
qualcuno di guardia alla miniera. Non è tornato.
— Ottimo. Se tornasse, mi aspetto che farete tutto quel che occorre per
tenerlo alla larga.
A Madoc balenò un’idea. — Per esser sincero, sebbene si sia messo da solo
nei guai, non ero certo di poter impedire al conte l’ingresso alla miniera, dato
che è un vostro amico.
— Lo era, ma non lo è più. Aberdare ha già fatto abbastanza danni, e
intendo impedirgli di mettere il naso nei miei affari. Informatemi
immediatamente se tenta di provocare altri guai.
Uscito lord Michael, Madoc si lasciò cadere sulla sedia, estrasse una
bottiglia di whisky dal cassetto e con mani tremanti si riempì un bicchiere. Il
suo padrone era stato sempre terribilmente astuto, ma adesso stava
diventando minaccioso. Perché diavolo quel bastardo non si era fatto
ammazzare in Spagna? Si congratulò con se stesso per aver avuto il
buonsenso di tenere aggiornati i registri, ma il ritorno di Kenyon era un
disastro. Quando aveva acquistato la concessione della miniera vi si era
dedicato con entusiasmo, e aveva la cattiva abitudine di arrivare
inaspettatamente. Era un ottimo osservatore, e c’era il rischio che si rendesse
conto della discrepanza tra la spesa per l’acquisto di legname per i puntelli e
le effettive condizioni delle gallerie. Poteva anche incappare in tracce della
proficua attività collaterale che Madoc aveva messo in piedi. Bisognava
assolutamente evitarlo.
Purtroppo, quell’aristocratico aveva in mano la concessione e a Madoc
non restava che recitare, per il momento, la parte del servo fedele. Con un po’
di fortuna, Kenyon ben presto si sarebbe annoiato, avrebbe lasciato la valle e
tutto sarebbe tornato alla normalità.
Riempendosi di nuovo il bicchiere, rifletté sul modo di migliorare la sua
posizione. La prima idea che gli venne aveva il vantaggio della semplicità, ma
senza la certezza del successo. E se non andava a segno, l’avrebbe dovuto
ricorrere a un piano più complesso, che richiedeva l’ausilio di altri uomini.
Sapeva dove trovare i delinquenti disposti a fare qualsiasi cosa gli si
ordinasse.
Un largo sorriso gli si disegnò in volto. Se la sua prima reazione al ritorno
di lord Michael era stata di stizza, più ci pensava più si convinceva che era
l’occasione che aspettava.
Clare accompagnò Marged a casa, ma non vide Nicholas se non due giorni
dopo l’esplosione, e fu quando Lewis, che a Penreith provvedeva a gran parte
delle consegne, portò a casa il conte in stato di incoscienza. Quando Rhys
Williams la chiamò fuori, Clare restò scioccata dalle condizioni in cui trovò
Nicholas; non soltanto cencioso e sporco, ma aveva le mani e gli abiti
macchiati di sangue.
Lewis la rassicurò. — Non è ferito, signorina Morigan. Solo svenuto. Il
conte può essere uno zingaro, ma è sempre un uomo. Non ha dormito per
due giorni, dicono, e la carne umana ha bisogno di riposo.
— Sapete quanti sono i morti? — gli chiese Clare, mentre il maggiordomo
e un lacchè portavano in casa Nicholas.
— Trentadue morti, dodici feriti, cinque ancora mancanti. Una squadra
continuerà a cercare cadaveri, ma domani il lavoro riprenderà regolarmente
nelle zone della miniera non colpite dal disastro.
Mentre lo ringraziava, Clare si chiese se quell’uomo non si aspettava una
ricompensa più tangibile. Indovinando i suoi pensieri, Lewis sorrise.
— Non occorre, signorina Morgan. Ha provveduto lord Kenyon. — Poi,
abbassò la voce. — Gli uomini sperano che adesso gestisca personalmente la
miniera. George Madoc non avrebbe dedicato tanto tempo all’opera di
salvataggio.
Con un sospiro Clare, già in preda allo sfinimento fin dal mattino, salì di
sopra e si mise a letto.
Si risvegliò che era già buio. Era ancora sfinita, ma con la mente chiara, e
si rendeva penosamente conto che non avrebbe più rivisto Owen.
La notte corrispondeva al suo stato d’animo. Una tempesta era in arrivo e
il vento sibilava tutt’attorno alla casa.
Incapace di sopportare la solitudine si alzò, si lavò il viso e scese in cerca
di Nicholas. Lo trovò nella biblioteca quasi in penombra, intento a cantare un
antico lamento. Si era fatto il bagno, era come al solito vestito di nero e
sembrava quasi normale, a parte un livido alla mandibola e il sangue che le
sue dita piagate lasciavano sulle corde dell’arpa. Sebbene le parole e l’aria
fossero gallesi, nella musica si inseriva un acuto dolore zingaresco.
In silenzio Clare attraversò la stanza e andò a mettere altro carbone sul
fuoco, poi si sedette in una poltrona e appoggiò la testa sullo schienale,
abbandonandosi alla musica.
Eseguito l’ultimo accordo, Nicholas le parlò con voce tesa. — Avrei dovuto
fare di più. Tu mi avevi detto quanto pericolosa fosse la miniera, ma io non
ho tenuto abbastanza conto dei tuoi avvertimenti. Per me si trattava
semplicemente di un altro gioco.
Sorpresa di quel rimprovero rivolto a se stesso, Clare lo fissò. — Hai
parlato con Michael e stavi cercando di fare del tuo meglio per revocare la
concessione. Cos’altro avresti potuto fare senza autorizzazione legale?
— Avrei potuto fare di più. È colpa mia se Owen è morto.
— Non biasimarti. Tutti quelli che lavoravano al suo filone sono morti.
— Ma Owen non era lì, era con me in fondo al pozzo Bychan, quando c’è
stata la prima esplosione e le gallerie hanno cominciato a crollare. La secchia
poteva contenere un uomo solo. Siccome lui aveva famiglia, gli ho detto di
andare per primo, ma invece di discutere mi ha colpito al mento e mi ha
buttato dentro la secchia. Ancora un minuto o due e se la sarebbe cavata, ma
non c’era abbastanza tempo… — Si era alzato ed era andato alla finestra,
respirando a fondo, come se cercasse di inghiottire la tempesta. — Se la mia
vita era stata pagata cento ghinee d’oro, quella di Owen era senza prezzo. Lui
sapeva costruire, sapeva cantare, sapeva ridere. Amava ed era amato.
Maledizione, perché lui e non io?
— Se si è sacrificato per te — gli fece notare Clare nel tentativo di
attenuare il suo tormento — è stato perché tu hai il potere di promuovere
cambiamenti importanti. Grazie a te, in futuro molte vite potranno essere
salvate.
— Non è abbastanza!
Con improvvisa violenza, Nicholas afferrò l’arpa e la scagliò dall’altra
parte della stanza. Un lampo balenò nel cielo notturno, illuminando l’arpa
infranta.
Il tuono riecheggiò nella valle, e Clare scosse il capo. — Smettila di
biasimarti. Tu non sei Dio!
— Da quello che vedo, neppure Dio è Dio — ribattei lui amaramente. — Ho
letto il libro di Giobbe e la divinità non ci fa una gran bella figura. — Andò al
caminetto e restò a fissare le braci. — Avrei dovuto agire prima. Se avessi
pensato agli uomini in pericolo tutto il tempo che ho dedicato all’idea di
portarti a letto, questo non sarebbe successo. Owen adesso sarebbe vivo, e
anche gli altri. Due delle vittime erano bambini, non più grandi di Huw
Wilkins.
— Se vuoi biasimare qualcuno, Madoc è la scelta ovvia. O Michael, che
aveva l’autorità ma l’ha ceduta a un avido mascalzone.
Nicholas sospirò. — Il gioco è finito, Clare. — Si volse a fissarla con
espressione implacabile. — Ti libero dal nostro patto. Torna a Penreith. Mi
atterrò alla mia parte dell’accordo e farò tutto quello che tu desideravi che
facessi per la valle. Ma da solo, senza farti del male più di quanto te ne abbia
fatto finora.
Lei lo fissò, pallida in volto, incapace di credere che la mandasse via in
maniera così arbitraria.
— Mi hai sentito? Vattene! Non devi più sopportare la mia profana
compagnia.
Per attenuare il suo senso di colpa, sentiva il bisogno di punire se stesso,
si rese conto Clare, e lo faceva mandandola via proprio nel momento in cui
aveva maggior bisogno di lei.
Il lampo tornò a balenare, e in quell’istante si rese conto con assoluta
certezza che amava Nicholas. Che l’aveva sempre amato. E seppe, con tutta se
stessa, che doveva restare.
— Fin dall’inizio hai detto che ti interessavano solo donne disponibili —
mormorò. Gli andò vicino, prese tra le proprie le sue mani ferite, gli baciò le
punta delle dita insanguinate, poi portò le loro mani congiunte al proprio
cuore. Alzando gli occhi a guardarlo, angui. — Adesso lo voglio.
— La compassione non è un valido pretesto, Clare.
— Io non ti sto offrendo compassione. Ti sto offrendo amicizia.
Nicholas chiuse gli occhi e inalò un tremante respiro. — Dovrei rifiutare,
ma non ci riesco, — Riaprì gli tocchi, abbassò la voce in un sussurro. — Dio
mi aiuti, ma non ce la faccio.
Lei si alzò sulle punte dei piedi e premette le labbra sulle sue, mossa dal
desiderio di assorbire il suo dolore e di trasformarlo con la forza dell’amore.
E questa volta non si sarebbe tirata indietro.
Nicholas la trasse a sé con forza tale che a stento lei riuscì a respirare.
Inginocchiandosi, le seppellì il volto i seni. Clare gli accarezzò i capelli
arruffati mentre Nicholas le passava le mani lungo il corpo, riplasmando le
curve delle anche e delle cosce. Poi la tirò in basso, in modo che si ritrovò in
ginocchio davanti a lui sul morbido tappeto orientale.
Fuori la pioggia scrosciava colpendo le finestre. La bocca di Nicholas
incontrò la sua, divorante, inebriante, come se tentasse di riempirsi della sua
essenza. Le sue abili dita erano all’opera dietro la schiena per sganciare i
nastri e i bottoni che le chiudevano l’abito. Inserì le proprie mani e le abbassò
il corpetto, in modo da poterle tastare i seni nudi.
Settimane di baci e giochi sensuali l’avevano sensibilizzata scatenando il
fuoco della passione. Desiderosa di sentire la carne di lui contro la propria,
Clare gli sfilò la camicia dai calzoni, gli passò i palmi su petto, gli sfiorò i
capezzoli, tirò più su la camicia e protese baciandogliene uno, che si indurì
sotto la sua lingua.
Nicholas emise un rauco suono di gola, si strappò la camicia e la gettò via.
Un vortice di sensazioni travolse Clare, e le sue dita frenetiche si
aggrapparono alle spalle di Nicholas.
Lui allora le sollevò la gonna al di sopra del ventre poi prese ad
accarezzarle la parte interna delle cosce salendo a esplorare le umide pieghe
nascoste. Clare accolse le sensazioni che la invadevano con un gride di
sorpresa, e fu come se il suo corpo acquistasse vita propria. E quasi pianse
quando lui si fermò.
Ci fu un fruscio di stoffe, il rumore di bottoni che saltavano, strappati
dall’impazienza.
Clare si tese quando Nicholas le si mise sopra aspettandosi dolore e
preparandosi a sopportarlo. M questa volta ci fu solo un istante di disagio,
seguito da una dolce, possente penetrazione che le riempì il corpo ma anche
il cuore.
Mettendole le mani d’ambo i lati della testa, Nicholas si spinse in lei, e il
movimento delle sue anche stabilì un ritmo che Clare riconobbe, sebbene
non le avesse mai provato. Era passione allo stato puro: un primordiale,
disperato bisogno di unione che travolse entrambi.
La bufera colpiva la casa con tutta la sua forza. Il tuono era ovunque,
attorno a lei, dentro di lei, trasformandola con forza irresistibile, e Clare non
seppe più dove cominciava e dove finiva, perché erano una persona sola,
insieme più forti di come ciascuno di loro potesse essere da solo.
Lui diede un’ultima, profonda spinta, lanciando un grido mentre tremava
dentro di lei. Il lampo balenò proprio sopra la casa, colmando la biblioteca di
un chiarore azzurrastro, e il tuono scosse le finestre. Un altro lampo tornò a
balenare, illuminando di luce ultraterrena il volto di Nicholas.
Era di una bellezza insopportabile, travolgente e Clare non sapeva, né le
importava saperlo, se era un Conte Demone o un Angelo Caduto, principe
della luce o principe delle tenebre. Importava soltanto che lei lo amasse, e
quella comunione di carne e spirito era l’atto più vero che mai avesse
compiuto.
26
Clare era a tal punto immersa nelle sue meditazioni che non si avvide che
Polly era entrata e aveva lasciato una teiera e una brocca d’acqua fumante. Si
alzò, si lavò, si vestì in fretta e scese a fare colazione, passando prima per la
biblioteca.
Si inginocchiò accanto ai resti dell’arpa di Nicholas, che entrò mentre lei
stava esaminandola.
— Molti dei bischeri si sono staccati, e la cassa sfondata, ma mi pare che
possa essere riaggiustata — gli disse in tono esitante.
— Hai ragione. Non c’è danno che non possa essere riparato. Ne sono
contento. Tarn era un grande artista, e distruggere la sua opera sarebbe stato
un sacrilegio.
— Per fortuna l’arpa era solidamente costruita. Guarda che buco ha fatto
nella parete. L’altra notte, ho avuto l’impressione che volessi distruggere la
musica dentro di te. Spero che tu non ci sia riuscito.
— Suppongo che fosse la mia intenzione, anche se l’idea non era così
chiara. Fosse dovrei scrivere una canzone sull’esplosione della miniera, per
commemorare i morti secondo l’antica tradizione celta.
— Scrivila, ti prego. E ripetila al prossimo festival di canto e poesia. Farà
molto piacere a tutti gli abitanti della valle.
Nel frattempo era entrato Williams con un ragazzo ansimante al suo
fianco. Clare si alzò in piedi, riconoscendo Trevor Morris, il primogenito di
Marged.
— Tua madre ha bisogno di me? — gli chiese.
— No, signorina Morgan. Ho una notizia meravigliosa. Il mio pa è vivo!
L’hanno trovato stamani. La mamma mi ha mandato a dirvelo non appena
l’hanno portato a casa.
— Grazie a Dio! — gridò Clare, ma ancora più forte risuonò l’alleluia di
Nicholas.
— Williams, fate venire il calesse! Trevor può raccontarci com’è andata
mentre andiamo al villaggio.
Pochi minuti dopo correvano a Penreith a velocità pericolosa, e intanto
Trevor non smetteva di raccontare. — L’esplosione ha scaraventato papà in
uno dei tunnel più vecchi. Si è rotto una gamba ed è rimasto a lungo in stato
di incoscienza, e quando si è ripreso si è ricordato di essere nei pressi di una
delle imboccature della miniera.
— Uno dei vecchi tunnel di drenaggio?
— Sì. Ha dovuto farsi strada attraverso un soffitto crollato per arrivarci,
ma quando l’ha raggiunto ha scoperto che l’esplosione aveva fatto scendere il
livello dell’acqua, per cui c’era aria. La notte scorsa si è strisciato fuori e
stamattina un pastore l’ha trovato.
— Un miracolo — mormorò Clare.
— È quello che dice mia madre.
— E come se la cavano le famiglie degli uomini che sono morti? — chiese
Nicholas.
— Ci sono due società di mutuo soccorso — gli spiegò Clare. — La gente
versa ogni settimana qualcosa, sicché ce n’è abbastanza per soccorrere quelli
nei guai.
— L’orgoglio gallese si ribellerà se contribuisco anch’io?
— Sono certa che nessuno avrà da ridire.
La porta del cottage fu spalancata da Marged. Aveva gli occhi pesti, ma la
gioia dilagava nel suo sorriso. A voce bassa, per non svegliare Owen che
dormiva, ripeté quel che aveva detto Trevor.
— Ci sono altre buone notizie — soggiunse. — Due uomini sono stati
trovati vivi in una sacca d’aria — Ne disse i nomi. Clare aveva insegnato ai
bambini di entrambi. — A quanto sembra, lord Kenyon non è rimasto
soddisfatto dalla situazione che ha trovato e ha intenzione di assumere
personalmente la gestione.
— E Madoc? — chiese subito Nicholas.
Marged sorrise soddisfatta. — Sua Signoria in pubblico non ha detto una
parola contro di lui, ma ha fatto sapere chiaramente che è diventato un
semplice sovrintendente, e tale resterà, a patto che esegua gli ordini del
padrone. Sua Signoria ha messo tutti gli uomini a sostituire i puntelli nelle
gallerie superstiti. E dicono che ha anche ordinato una nuova pompa Watts e
un nuovo montacarichi.
— Grazie al cielo! — esclamò Clare. — Con un po’ di fortuna, alla miniera
non succederanno più disastri come questo.
— Se Owen è sveglio posso parlargli? — disse Nicholas.
Marged salì di sopra e tornò poco dopo, annunciando che Owen era
sveglio e che l’avrebbe visto volentieri.
— Marged, vuoi unirti a me in una preghiera di ringraziamento? — disse
Clare.
— Non ho mai pensato che tu somigliassi a tuo padre, ma per un istante
mi sei sembrata tale e quale a lui. Te ne sono grata.
Mentre le due donne si inginocchiavano, Nicholas, andò da Owen. Era
pallido e la sua gamba sinistra era ingessata, ma aveva un’aria tranquilla. In
silenzio gli tese la mano. Nicholas gliela strinse con calore, e si inginocchiò al
suo capezzale. — Grazie a Dio stai bene — disse. — Non credevo che riuscissi
a sopravvivere a quell’esplosione. E dopo tre giorni intrappolato sottoterra…
— Penso che non fosse ancora giunta la mia ora — rispose Owen con voce
un po’ rauca. — Per fortuna, mi sono ritrovato vicino all’accesso.
— Sì, ma essere riuscito a orizzontarti in un labirinto di tunnel, nel buio
totale, con una gamba rotta, è stata un’impresa straordinaria.
— Ne avevo buoni motivi.
— Perché mi hai fatto salire per primo? Tu hai famiglia, e c’è più bisogno
di te che di me.
— Sapevo che se fossi morto sarei andato direttamente in cielo, ma avevo
seri dubbi nei tuoi confronti.
Nicholas scoppiò a ridere. — Avevi perfettamente ragione. Se il paradiso e
l’inferno esistessero davvero, a quest’ora starei friggendo come un uovo.
— Assai probabile. Ma adesso avrai tempo per cambiare il tuo modo di
vivere, anche se dubito che tu abbia mai riflettuto sulle condizioni della tua
anima.
— Hai ancora una volta ragione. Clare ha avuto un effetto positivo, però.
Ci sposiamo tra una settimana. Sei il primo a saperlo.
— Questa sì che è bella… La nostra Clare una contessa! — mormorò Owen
compiaciuto. — Non avresti potuto fare scelta migliore.
Rendendosi conto che l’amico era stanco, Nicholas si alzò. — Se a quel
punto sarai in piedi, forse potrai farle da testimone.
— Con le grucce?
— Saremmo felici di averti con noi anche su una sedia a rotelle.
Mentre tornavano ad Aberdare, Clare guardò Nicholas sorridendo. — Se tu
avessi saputo che Owen era vivo l’altra notte non sarebbe successo niente, e
oggi non ti troveresti con una condanna di matrimonio a vita.
Lui alzò le spalle. — Forse era destino che succedesse. Ormai è fatta. E
come forse hai indovinato, nei rom c’è una buona dose di fatalismo.
— Sempre che tu ne sia contento.
— A quanto sembra, Michael ha preso sul serio ciò che gli ho detto a
Londra. Adesso si è reso personalmente conto della situazione e quindi non
occorre più che io revochi la concessione.
— Ammetto di essere colpita. A quanto sembra, ha messo la testa a posto,
e adesso tu avrai tempo di dedicarti alla cava di ardesia.
— Ti andrebbe di trascorrere la luna di miele andando a cavallo alle cave
di Penrhyn? Noi due soltanto, montagne, narcisi, notti romantiche sotto le
stelle…
Lei gli regalò un sorriso tale che a Nicholas venne voglia di fermare il
calesse e trascinarla tra i cespugli.
E dopo un’attenta riflessione, fu proprio ciò che fece.
La settimana successiva fu un vortice di attività. Le nozze non richiesero
molti preparativi perché avevano deciso per una piccola cerimonia ad
Aberdare. Non appena si diffuse la notizia del fidanzamento non mancarono
quelli che ne diedero giudizio negativo, ma il matrimonio era comunque una
notizia che passava in second’ordine rispetto all’esplosione.
Più preoccupante era l’atteggiamento di Nicholas. Era pieno di attenzioni,
e con ogni evidenza fare l’amore con lei lo deliziava, ma Clare aveva
l’impressione che come amanti fossero meno intimi di prima, quand’erano
avversari, come se a compensazione della loro maggiore vicinanza fisica lui si
stesse ritraendo, dal punto di vista emotivo.
Il quinto giorno dopo il loro fidanzamento, tornata ad Aberdare dopo aver
assistito ai funerali dei minatori, fu avvertita da Williams che c’era un
visitatore.
— Il conte di Strathmore è in salotto. È arrivato due ore fa.
— Ah. E il conte non è ancora tornato da Swansea?
— No, signorina.
Clare lo trovò con un libro in mano e, accanto il vassoio del tè. — Lucien,
che sorpresa! Nicholas non mi ha detto che ti aspettava.
— Ho deciso di portare di persona la licenza speciale, e lui non poteva
ignorare che non intendevo perdermi il suo matrimonio. Ogni sposo ha
bisogno di un amico al suo fianco. Purtroppo Rafe non ha potuto: è
impegnato alla Camera dei Lord per non so per quale dibattito. Tuttavia, mi
ha ordinato di baciare la sposa per conto suo.
— Ma non sono ancora una sposa.
Dopo averla comunque baciata sulla guancia, Lucien disse con aria
placida. — Vuol dire che ti bacerò di nuovo il giorno delle nozze. Sempre che
Nicholas non trovi da obiettare.
— Intanto, ti piacerebbe passeggiare in giardino? — propose lei. — È una
perfetta giornata di maggio.
— Se ben ricordo il Galles, sarà meglio uscire subito, perché c’è sempre il
rischio che si metta a piovere da un momento all’altro.
Il sole splendeva ancora quando uscirono nel patio selciato. Un pavone si
esibiva spalancando la coda.
— Che belle creature — commentò Lucien. — Ma straordinariamente
stupide. Un chiaro esempio della maledizione della bellezza.
Clare rise. — Ma tu e gli altri tuoi amici Angeli Caduti siete tutti, belli e
nessuno di voi sembra stupido.
— Vero, ma non siamo diventati amici grazie al nostro aspetto. Piuttosto,
forse perché nessuno di noi desiderava fare il leader.
— Avrei supposto che foste tutti leader naturali, e che ciascuno di voi
fosse a capo di schiere adoranti.
— Ma Rafe disprezza i leccapiedi, anche se, quale erede di un ducato, li
attirava come un cavallo attira le mosche. Quanto a Nicholas, era troppo
zingaro, e Michael penso che preferisse dar prova di sé tra uguali.
— E tu? — chiese Clare, incuriosita da quell’analisi.
— Io? Come Nicholas. Non mi piace prendere ordini. E non mi va la
visibilità che si accompagna all’egemonia.
— Uno spione nato, insomma.
— Purtroppo sì. Ma abbassa la voce, quei pavoni potrebbero essere agenti
francesi. Ma poi, cambiando argomento, ti preoccupa l’idea che lui si stia
sposando per senso di responsabilità?
— Un pochino. In origine, quando abbiamo fatto il nostro patto, io ero
un’estranea, e per lui era facile minacciare di rovinarmi. Ma quando mi ha
conosciuto meglio, penso che si sia sentito in colpa, e la sua proposta ne è il
risultato.
— Non ho mai pensato che Nicholas abbia fatto qualcosa che non
desiderasse davvero fare. Come il vecchio conte ha imparato a sue spese.
— Che tipo era il nonno di Nicholas? Non ho avuto modo di conoscerlo.
— Un uomo difficile. Nei confronti di Nicholas, aveva un atteggiamento
assai complesso, ma l’affetto era escluso dal novero. Con lui Nicholas era
cortese, però sempre in grado di… non essere mai presente. Questo senza
dubbio mandava in bestia suo nonno.
In quella, una femmina di pavone prese a striderei dal suo posatoio su un
albero vicino.
— Perlomeno i maschi sono decorativi — osservò Clare. — Ma il verso
delle femmine mi porta a desiderare una fricassea di pavona. Ho sempre
pensato che i pavoni d’ambo i sessi fossero eleganti e aristocratici, ma
evidentemente non sono che fagiani esaltati e rumorosi. Che delusione.
— Questo vale anche per il lustro dell’aristocrazia. E parlare di fagiani mi
fa tornare alla mente la prima moglie di Nicholas.
— Cosa pensi di lei?
— Non vorrei dirlo ma… lo faccio. È utile, per una seconda moglie avere
una certa conoscenza di quella che l’ha preceduta. Era molto bella,
naturalmente, e consapevole di esserlo. Comunque a me non è mai annidata
a genio. In lei c’era una vena di freddezza che trovavo repellente. È
un’opinione di minoranza, questa. Moltissimi uomini si sarebbero gettati ai
suoi piedi, se era questo che l’Incomparabile Caroline desiderava.
Clare si chiese quali problemi fossero insorti in quel matrimonio. —
L’amava abbastanza per sposarla — si decise a dire.
— Non era amore. Come forse saprai, si trattava di un matrimonio
combinato. Nicholas non ne era convinto, ma ha acconsentito a conoscere
lady Caroline, e ne è rimasto piacevolmente sorpreso. Il vecchio conte era
abbastanza intelligente per sapere che, se la ragazza fosse stata poco
attraente, Nicholas non avrebbe collaborato.
— E i problemi sono nati fin dall’inizio?
— Per essere un matrimonio combinato, sembrava più promettente di
tanti altri. Ma dopo qualche mese… — Lucien. alzò le spalle. — Qualcosa è
andato storto, ma non so esattamente cosa. Nicholas ha mandato Caroline ad
Aberdare e lui è rimasto a Londra.
— E si è dato alla deboscia.
— Temo di sì. Non che io sia contrario alla deboscia, ma non sembrava che
Nicholas ne fosse soddisfatto. Poi c’è stata quella spaventosa faccenda qui ad
Aberdare e lui ha lasciato il paese.
— Vorrei conoscere di più Nicholas. A volte ho gl’impressione che stia
recitando e di essere arrivata al secondo atto, costretta a immaginare quello
che è successo prima.
— È tipico di tutte le amicizie umane, ed è questo che le rende
interessanti.
— A proposito di amicizie, hai saputo che Michael ora vive nella sua casa
sull’altro versante della valle?
— Lo ignoravo. Ci sono stati guai?
— Il giorno dopo il ritorno di Michael a Penreith una pallottola ha quasi
colpito Nicholas mentre eravamo a cavallo. Ho temuto che a sparare fosse
state Michael, ma Nicholas ha insistito che doveva essere un cacciatore di
frodo.
— Ci sono stati altri incidenti del genere?
— No, che io sappia. E adesso Michael è molto occupato — rispose Clare, e
gli parlò dell’esplosione della miniera e delle iniziative prese da Kenyon.
— Si direbbe che abbia ritrovato l’equilibrio. Se è venuto qui, è stato per
badare ai suoi interessi, non per ostilità verso Nicholas.
— Lo spero, ma visto che ne parliamo, mi piacerebbe conoscere i suoi
aspetti positivi.
— Coraggio, intelligenza, onestà — rispose subito Lucien. — Uno sa
sempre come stanno le cose con lui. Ed è sempre stato assolutamente leale
nei confronti degli amici.
— Non in quelli di Nicholas.
— Già… e mi piacerebbe sapere perché. Comunque, si direbbe che adesso
vada meglio.
— Lo spero, perché siamo destinati a essere vicini di casa. Hai intenzione
di fargli visita, visto che sei nella valle?
— Penso di sì.
Proprio in quella apparve Nicholas, e mentre i due uomini si salutavano,
Clare si rammentò di come lei era apparso minaccioso Michael al ballo del
duca di Candover. Voleva credere che non costituisse più un pericolo, ma le
riusciva difficile pensare che la sua ostilità fosse scomparsa del tutto.
Michael Kenyon stava lavorando nel suo studio quando il domestico che
fungeva da maggiordomo, oltre che da valletto, gli annunciò che il conte di
Strathmore chiedeva di essere ricevuto. Michael esitò, preso dal desiderio di
rivedere un vecchio amico e dal ricordo che a Londra Lucien si era schierato
con Aberdare. — Dite a lord Strathmore che oggi non ricevo.
Tentò di rimettersi al lavoro, ma non riuscì a concentrarsi sui suoi conti.
Irritato, mise da parte il libro mastro e andò alla finestra a guardare la valle.
Vide Lucien che si allontanava a cavallo e serrò le labbra. Doveva essere
venuto per le nozze di Nicholas, che a quanto sembrava stava per sposare la
sua amante, quella femmina con cui era venuto a Londra. La ricordava come
una donna abbastanza attraente, in apparenza sensibile, ma lontanissima
dalla donna che l’aveva preceduta.
Si sentì stringere lo stomaco e volse lo sguardo alla miniera, appena
visibile in distanza. Era venuto a Penreith con uno scopo preciso, e a causa
del disastro era ancora lontano dal compiere ciò che aveva in animo.
Probabilmente Aberdare aveva ragione nell’affermare che Madoc era
dedito alle malversazioni, anche se Michael non aveva ancora trovato la
prova. E, comunque, se si era rivelato avido, era stato lui stesso a offrirgliene
l’occasione, disinteressandosi alla miniera.
Del resto, aveva in mente cose ben più importanti. Al più presto doveva
risolvere l’orribile dilemma che l’aveva riportato a Penreith. E per quanto
penoso fosse, giustizia doveva essere fatta.
28
Clare sapeva che quel viaggio sarebbe stato magnifico per la semplice
ragione che sarebbe stata sempre con Nicholas: per qualche giorno non
avrebbero avuto altro da fare che cavalcare e godersi la compagnia reciproca.
Ma era sorpresa di constatare quanto le piacesse. Nel giorno e mezzo
trascorso, lui si era aperto come mai prima. L’aria risvegliava lo zingaro che
era in lui.
Mentre stavano per ripartire, notò una forma scura e attorcigliata sotto il
mantello che Nicholas aveva messo sopra le sue sacche da sella.
— Perché ti sei portato una sferza se non abbiamo una carrozza?
— Abitudini zingaresche. Una frusta si presta a molti usi. Per esempio… —
Lui la fece schioccare, e frusta si arrotolò su un ramo al di sopra delle loro
teste. — Se lì ci fossero state delle mele mature, adesso avremmo la
colazione. — Riarrotolò la sferza, poi indicò un uccello su un albero. — Ci
sono zingari nelle vicinanze.
Lei osservò l’uccelletto bianco e nero. — Per me quella è una cutrettola,
non uno zingaro.
— La chiamano anche Romani Chiriklo, l’uccello zingaro — spiegò
Nicholas. — Se ne vedi uno, vuol dire che ci sono zingari nei paraggi.
— Si nascondono molto bene.
— Adesso vediamo. — Dopo un po’ indicò un albero. — Vedi quello
stracciò grigio legato al ramo? È il segno lasciato da una kumpania per
rendere noto ad altri che è passata di qui. Lo chiamano patrin, che significa
foglia. Come vedi, è legato al ramo all’altezza dell’occhio di chi passa a
cavallo. Se non sai dove guardare, ti sfugge facilmente.
— Sicché, quelli della tua gente si trasmettono così i messaggi. E conosci
quelli che hanno lasciato questo?
— Probabilmente sì. Ho fatto visita a ogni kumpania che percorre
regolarmente il Galles. C’è un accampamento lungo questa strada, pochi
chilometri più avanti. Andiamo a fargli visita?
Ma il tempo era contro di loro. C’erano stati piovaschi tutta la mattina e al
pomeriggio la pioggia prese a scrosciare intensa.
Mentre la avvolgeva nel mantello, Nicholas indicò qualcosa. — Poco più
avanti c’è un capanno per i viaggiatori. Possiamo fermarci lì per la notte.
Il capanno era a poca distanza dalla strada, quasi nascosto in un folto
d’alberi. Era una solida costruzione a due piani, con una tettoia per i cavalli.
— Vai dentro a riscaldarti, Clare. Non voglio che ti buschi un raffreddore
durante la nostra luna di miele. Se dovessi restare a letto, dovrebbe essere per
ragioni più interessanti.
Clare rise ed entrò nel capanno che conteneva soltanto un tavolo e
parecchie sedie. Poco dopo Nicholas portò dentro le sacche da sella e una
bracciata di rami secchi che aveva trovato nella tettoia dove aveva sistemato i
cavalli. Clare notò compiaciuta che era molto premuroso nei suoi confronti.
Era un piacere sentirsi coccolata.
Una volta acceso il fuoco, andò a dare un’occhiata al piano superiore:
un’unica stanza come quella di sotto, ma senza arredi.
— Ci sono molti altri capanni come questo tra i monti? — chiese quando
scese.
— Nessuno come questo. Nel secolo scorso, un ricco mercante di lana era
stato sorpreso qui da una tempesta di neve e sarebbe morto se un pastore
non gli avesse dato asilo. In segno di riconoscenza, il mercante fece una
donazione alla parrocchia più vicina perché costruisse e mantenesse un
ricovero per i viaggiatori. Ed essendo un uomo cortese, ha voluto una
seconda stanza, nel caso che delle signore si trovassero intrappolate qui tra
rozzi maschi.
— A me piace trovarmi intrappolata con un rozzo maschio.
— Non tutte le femmine hanno altrettanto buon senso. — Nicholas si tolse
il cappello, il mantello e gli stivali. — E così, una volta costruito il capanno,
ogni primavera la parrocchia manda qualcuno a riparare i danni dell’inverno,
e la gente che lo frequenta dimostra sempre la propria gratitudine. Domani
mattina prima di ripartire, raccoglierò legna sufficiente per sostituire quella
che abbiamo bruciato.
Lei si inginocchiò per ravvivare il fuoco. — E i rom pernottano qui?
— Buon Dio, no! Nessun rom che nutra rispetto per se stesso starebbe
sotto un tetto, quando ha a disposizione l’aria aperta. A loro piace il vento.
Dormicchiarono pigramente per un po’ davanti al fuoco, poi si alzarono,
indossarono gli abiti asciutti e Clare preparò una leggera cena con prosciutto,
patate e cipolle, accompagnata da una costosa bottiglia di chiaretto che
Nicholas aveva portato con sé per brindare alla luna di miele.
Trascorsero la sera distesi davanti al fuoco, chiacchierando e bevendo tè.
Clare era felice.
— Ogni primavera dovremmo fare un viaggio così. Soltanto noi due.
— Mi piacerebbe — disse lui, e la baciò con labbra leggere.
— Se tu sei il Conte Zingaro, significa che io adesso sono una contessa
zingara?
— Credo di sì. E questo fa di te una rawnie, una grande dama. Ma a dire il
vero, lo sei sempre stata.
Lei se ne sentì toccata e commossa. Pur non essendo certa che i versi
fossero un messaggio rivolto soltanto a lei, si rendeva conto che l’unico modo
di tenere legato a sé Nicholas era non tentare mai di farlo. L’amore deve
essere libero come il vento che soffia…
Poi andarono nel loro letto, che era stato preparato a una certa distanza
dagli altri. Disteso tra il morbido calore di due dunhas e le stelle, Nicholas
fece con possessiva forza l’amore con lei.
Clare, desiderando che le parole d’amore non fossero proibite, lasciò che il
corpo parlasse per lei. Uno zingaro, un gallese, un nobile, un bardo: l’uomo
che aveva sposato era tutto questo e molte altre ancora. E sapeva che
l’avrebbe amato fino alla morte.
Caerbach era in cima a una collina da cui lo sguardo spaziava sulla valle.
Nel corso dei secoli i boschi era stati sfoltiti e le pietre usate altrove, ma
erano rimasti un cumulo di sassi e qualche muro ancora in piedi al centro di
una radura soleggiata. Per i bambini, un luogo delizioso dove giocare a
nascondino.
Nicholas tenne attentamente d’occhio gli alberi, mentre attraversava il
bosco, ma non fu sorpreso di constatare che Michael era già sulla radura,
appoggiato a uno dei bassi muri, a braccia conserte. La postura rilassata non
corrispondeva al volto teso.
Mentre scendeva di sella, lo vide corrugare la fronte. — Sei in ritardo.
— Vedo che il tuo orologio è sempre preciso. — Nicholas legò il cavallo
fuori dalle rovine.
— Non perdiamo tempo in stupidi ricordi. Perché diavolo mi hai chiesto di
venire qui?
Nicholas avanzò tra i sassi, con la frusta sotto il mantello. Sebbene avesse
scelto di non andare armato all’incontro, aveva preferito non essere del tutto
disarmato. Si fermò davanti a Michael a pochi metri di distanza.
— Per due ragioni. La più importante è scoprire perché hai cominciato a
odiarmi. Dal momento che non te la sei presa con Rafe e con Lucien,
presumo che ce l’abbia unicamente me.
— Presunzione esatta.
Visto che l’altro non aggiungeva nulla, Nicholas proseguì in tono
incoraggiante. — L’unico motivo al quale posso pensare è semplice
competitività. Per questo, più volte tu e io ce le siamo suonate. Di solito era
uno scontro abbastanza equilibrato. Non mi preoccupava molto il fatto di
perdere, ma tu odiavi perdere. È questo il problema?
— Non essere assurdo — ribatté Michael. — Gli scontri tra scolari non
c’entrano per niente.
— E allora cos’ho fatto di così spaventoso che non riesci nemmeno a
parlarne?
— Una volta che te l’avrò detto, il dado sarà tratto e non avrò altra scelta
che ucciderti.
E siccome era evidentemente questa la sua intenzione, Nicholas aveva
tutto l’interesse a sapere.
— Non sono venuto qui per morire, Michael, ma se dovrò battermi con te
lo farò. — Si mise una mano sul fianco, spostando il mantello per esibire la
sferza. — Ma prima di arrivare a quel punto, devo scoprire se sei responsabile
dei recenti tentativi di uccidermi. — Represse un empito della collera di cui
era preda. — L’unica cosa davvero imperdonabile è che è stata messa a rischio
la vita di Clare. Anche per questo ti ho chiesto se eri dietro al tentativo. Sei
impazzito al punto di far fuori una donna innocente per colpire me?
— Non so di cosa stai parlando.
— Il giorno dopo il tuo ritorno a Penreith stavo tornando a cavallo con
Clare da una festa di bambini quando una pallottola ha sfiorato il mio cavallo.
Clare era certa che a sparare fossi stato tu, ma io ho pensato a un cacciatore
di frodo. Hai troppo buona mira per sbagliare.
— Hai ragione. Se avesse voluto spararti alla schiena l’avrei fatto
senz’altro. — Michael sogghignò. — Dev’essere stato un altro dei tuoi nemici.
— Non riesco a pensare a nessun’altro che voglia uccidermi, e per il
momento mi accontento del cacciatore di frodo. — La voce di Nicholas si
indurì. — Tuttavia, impossibile spiegare i cinque uomini che hanno teso un
agguato a Clare e a me in un capanno tra i monti. A mezzanotte l’hanno
incendiato, aspettando con i fucili spianati se tentassimo di fuggire.
Gli occhi di Michael si spalancarono in quella che sembrò sincera
sorpresa. — E ne siete usciti senza danno?
— Non grazie a te. — Nicholas si frugò in tasca, ne cavò il portabiglietti
d’argento e glielo gettò. Istintivamente, Michael ficcò la mano sotto il
mantello. Movimento che confermò il sospetto di Nicholas: era venuto
armato.
Appena si avvide che non gli gettava niente di pericoloso, Michael cambiò
atteggiamento. Riconoscendo il portabiglietti serrò le labbra. — Dove l’hai
preso? Hai nuovamente invaso la mia proprietà?
— Era davanti alla capanna dell’imboscata — ribatté Nicholas. — In un
tribunale, sarebbe sufficiente per mandarti alla forca. Ma nonostante tutto,
mi riesce difficile credere che tu possa essere così vigliacco e che assoldi dei
banditi per darti una mano. E allora, che cos’hai da dire?
— A te non devo rispondere, Aberdare, ma devo dire che la tua opinione è
giusta. Ho fatto del mio meglio per spezzarti il collo, a Londra, e avevo
progettato di sfidarti nuovamente, questa volta in un vero duello. Ma non ho
niente a che fare con l’imboscata. — Michael alzò il portabiglietti. — L’ho
perduto parecchi giorni fa. Non so esattamente né dove né quando. — Se lo
infilò in tasca. — Questo, per quanto riguarda la mia proditorietà.
Evidentemente hai più nemici di quanto pensassi.
Intuendo che l’altro non si rendeva conto di ciò che questo significava,
Nicholas sbuffò esasperato.
— Maledetto sciocco, non ti rendi conto di cosa questo significa? Se stai
dicendo la verità, vuol dire che qualcuno vuole ammazzarmi e scaricare la
colpa su di te. E questo dovrebbe preoccuparti.
Michael parve sorpreso. — Non ha senso.
— Hai una teoria migliore?
Il silenzio fu rotto dal rumore di zoccoli. Nicholas si volse e vide Clare che
veniva alla loro volta tra gli alberi, cappello e gonna svolazzanti, la paura in
volto. Si rilassò quando si avvide che lui stava bene, ma poi guardò Michael e
si aggrondò. Con una punta di umor nero, Nicholas fece le presentazioni.
— Penso che ti ricorderai di Michael, che hai conosciuto a Londra.
— Non riesci a tenere sotto controllo tua moglie, Aberdare?
— Facile dirlo per te, che non sei mai stato sposato — rispose Nicholas
asciutto, — Ma ha ragione, Clare. La tua interferenza non è necessaria né
desiderabile.
Guardandoli come se fossero entrambi scolari recalcitranti, lei smontò. —
Gli uomini dicono sempre cose simili quando sono sul punto di commettere
idiozie. Spero che, dal momento che sono qui, non vi assassinerete a vicenda.
— Non credo che l’assassinio sia imminente — disse Nicholas. —
L’argomento è un altro: chi ha tentato di ucciderci. Michael sostiene di non
aver avuto mano nella fucilata che mi è stata tirata né nell’attacco al capanno.
— È tu gli credi? Se non è stato lui, chi allora?
Una nuova voce si fece udire dal limite della radura. — Siete sul punto di
scoprirlo, lady Aberdare.
Tutti e tre si volsero e videro George Madoc uscire da dietro uno dei muri
più alti, con occhi di ghiaccio e un fucile in mano. Stava fissando Clare.
— Non prevedevo che foste qui, ma devo dire che non mi preoccupa molto
ammazzarvi insieme agli altri. Siete sempre stata un’intrigante.
Michael fece un brusco movimento e Madoc gli puntò addosso il fucile. —
Non tentate niente, Kenyon, o vi ammazzo subito.
Fece un cenno soddisfatto quando Michael si immobilizzò. — Mi piace
vedervi obbedire agli ordini, anziché impartirli. Alzate le mani tutti e tre. Non
sapevate che Nye Wilkins era un tiratore scelto dell’esercito? Non sbagliava
un colpo. Ed è rimasto in contatto coi suoi vecchi amici. Mi ha stupito sapere
che siete riuscito a cavarvela, Aberdare. Siete più furbo di quanto credessi.
Del resto, gli zingari sono noti per la loro astuzia.
Mentre loro tre alzavano le mani, Wilkins venne avanti e puntò il fucile su
Nicholas. Il minatore era alto e asciutto al punto da somigliare a Michael, e
Clare intuì che doveva essere quello che lei e Nicholas avevano visto fuori dal
capanno la notte dell’attacco. Gli occhi di Michael si strinsero a formare due
pericolose fessure.
Presumo che abbiate rubato il portabiglietti nel mio ufficio.
— Già. Ed è lì che oggi ho trovato la lettera di Aberdare. — Gli occhi pallidi
di Madoc brillarono di luce perfida. — Non mi avete mai preso sul serio, vero?
Per voi non ero altro che un prezzolato di bassi natali, e probabilmente
ignoravate che so usare questo fucile, anche se non sono un asso. Mi sono
impratichito cacciando sulla vostra terra mentre voi davate la caccia ai
francesi. Ho quasi ucciso Aberdare da una distanza tale che persino un
tiratore scelto l’avrebbe mancato. — Fece udire una rauca risata. — Sono più
furbo di voi e più duro di voi. E adesso mi impadronisco di ciò che è già mio.
— E sarebbe? — chiese Michael.
— La miniera. Ci ho lavorato per anni, ed è giusto che appartenga a me. È
grazie a me se ha reso. E anche se vi mandavo denaro in quantità plausibile,
ne restava parecchio per me. E voi siete stato troppo stupido per accorgervi
che vi truffavo.
— Sbagliato. — Lo sguardo fisso di Michael era quello di una tigre sul
punto di balzare. — Sapevo che eravate dedito a parecchie malversazioni, ma
non mi interessava conoscere tutti i particolari prima di ovviare agli altri
problemi causati dalla vostra cattiva gestione.
Sul volto di Madoc si disegnò un’espressione torva. Clare si chiese se
Michael non stesse tentando di provocarlo.
Forse ponendosi la stessa domanda, con voce fredda Nicholas intervenne.
— Tutto questo è molto interessante, ma io che c’entro? Abbiamo avuto solo
un breve scontro quando ho visitato la miniera, ma non mi sembra
abbastanza per assassinare Clare e me.
— Vi disprezzo entrambi. Sebbene siate inquinato da sangue zingaro, siete
un conte. E cos’è quella pia puttanella se non una paesana che ha fatto
carriera? Nessuno di voi ha la mia intelligenza e la mia ambizione, e tuttavia,
senza merito, voi sguazzate nel denaro. Avete ragione, non vi odio quanto
Kenyon. È per questo che ho deciso di darvi una rapida morte, in modo che la
colpa ricada su Kenyon. — Fece un perfido sorriso. — Non vedevo l’ora che il
nobile lord Kenyon fosse processato e messo a morte per assassinio. Dicono
che l’impiccagione sia dolorosa. Ma non tanto quanto l’umiliazione pubblica.
Dalla tensione nel volto di Michael, Clare si rese conto che Madoc
comprendeva perfettamente la sua vittima, ma quando Michael replicò il suo
tono fu ironico.
— Mi dispiace sapere che sarete privato del vostro divertimento.
Madoc alzò le spalle. — Una caratteristica dell’intelligenza è la flessibilità.
Dal momento che non sono riuscito a uccidere Aberdare e a scaricare la colpa
su di voi, adesso mi limiterò ad ammazzarvi entrambi. Il vostro odio per
Aberdare è noto, quindi si convinceranno che vi siete ammazzati a vicenda e
che la povera lady Aberdare è rimasta vittima del fuoco incrociato. Davvero
un peccato. — La sua espressione era sarcastica. — E quando la polvere si sarà
posata, salterà fuori un ben calibrato emendamento al vostro testamento.
Dove, in segno di riconoscimento per il mio fedele servizio, lasciate a me la
miniera, Bryn Manor e cinquemila sterline. Sarei stato uno sciocco se avessi
mirato alla vostra intera fortuna: questo avrebbe messo in sospetto i vostri
familiari. E con voi due morti, io sarò l’uomo più potente della valle.
Era fierissimo della propria astuzia, e Clare si chiese se non c’era modo di
usarla contro di lui. Già il suo bisogno di vantarsi lo aveva indotto a
quell’odioso discorso. Un uomo più saggio li avrebbe spacciati subito. E stava
commettendo lo stesso errore che aveva attribuito a Michael, quello di
sottovalutare i suoi avversari.
Diede un’occhiata a Wilkins, ma la sua piccola speranza sfumò. Quali che
fossero le debolezze di Madoc, Wilkins non era uomo da lasciarsi distrarre
dal suo letale dovere. Il terrore minacciò di avere la meglio su di lei. Credeva
nella vita immortale, ma la sua anima non era in condizioni impeccabili.
— Grazie per avere risposto alle mie domande — disse Nicholas con
recitata cortesia. — Detesto morire nell’ignoranza. — Diede un’occhiata a
Michael. — Avresti dovuto fare più in fretta, amico mio. Ti sei lasciato
sfuggire l’occasione di uccidermi.
Forse era solo frutto della sua immaginazione, ma Clare ebbe
l’impressione che un silenzioso messaggio venisse scambiato tra i due
uomini. Purtroppo Nicholas e Michael erano entrambi disarmati.
L’intuizione le giunse con brutale chiarezza: non c’era ragione di aspettare
inerti il massacro. Da un momento all’altro avrebbero tentato un attacco
suicida contro i due armati, perché una debole speranza era meglio di
nessuna.
La mente di Clare prese a turbinare. Loro erano tre e c’erano soltanto due
fucili a un colpo solo. Una volta scaricate le armi, la lotta sarebbe stata a
corpo a corpo.
E siccome lei era una donna, i due assassini l’avrebbero fatta oggetto di
minori attenzioni. Era la più vicina a Wilkins. Se l’avesse assalito, gli sarebbe
occorso qualche istante per puntare il fucile su di lei, e questo avrebbe fornito
a Nicholas e Michael i preziosi secondi di cui avevano bisogno.
Pensieri che furono interrotti dalla maligna voce di Madoc. — Recitate le
vostre preghiere, se pensate che vi faccia bene. Wilkins, tu ti occupi di
Aberdare e di sua moglie. Kenyon è mio.
Prima che Clare potesse mettere in atto il suo debole piano, Nicholas
parlò. — Un momento. Senza dubbio penserete che sono uno stupido
sentimentale, ma vorrei dare a mia moglie il bacio dell’addio.
Madoc scrutò Clare come se la vedesse per la prima volta. — Sapete che
siete diventata proprio una bella ragazza? Dicono che tutte le figlie di
predicatori siano in fondo al cuore delle puttane. E voi non potevate non
esserlo per aprire le gambe a uno zingaro. Wilkins, non spararle ancora.
Possiamo spassarcela un po’ dopo aver ucciso gli uomini. — Fece un cenno a
Nicholas. — Forza, baciala. Fallo bene, così la riscalderai per noi.
Nicholas inalò un profondo sospiro, sforzandosi di controllare la furia, e le
andò vicino. — Ti amo, Clare. Avrei dovuto dirtelo prima. — mormorò. Parole
che la meravigliarono al punto che quasi non udì quelle che lui aggiunse
mentre si chinava a baciarla. — Quando ti butto a terra, rotola dietro il muro
di pietra, poi scappa.
Le loro menti avevano funzionato in parallelo. Venendo a baciarla,
Nicholas era adesso più vicino a Wilkins, e sapendo che l’abbraccio poteva
assicurargli quel momento di distrazione al quale aveva pensato annuì,
sebbene non avesse nessuna intenzione di fuggire.
— Ti amo, Nicholas. E se non sei destinato ad andare in cielo, verrò
ovunque tu ti trovi.
Quale che fosse il piano di Nicholas, le probabilità erano tutte contro di
loro, e quello poteva essere davvero il loro ultimo bacio. Tra loro ci fu una
tempesta di emozioni. Le dita di Clare si strinsero sulle braccia del marito,
ma subito si costrinse ad allentare la presa, per non rallentarlo quando le
avrebbe dato la spinta. Avvertiva l’avido interesse dei due assassini. Era il
momento che Michael aspettava. Si gettò di lato, togliendosi dalla mira di
Madoc.
Nello stesso istante, Nicholas scattò. —Adesso! — Mentre lei cadeva a
terra, lui balzò in direzione opposta verso Wilkins.
Preso alla sprovvista, il sovrintendente perse pochi preziosi secondi nel
tentativo di prenderlo di mira. Ma prima che ci riuscisse la sferza di Nicholas
apparve come per magia nella sua mano, e sibilando si arrotolò sul fucile di
Wilkins, tirando la canna in basso e facendogli perdere la mira. L’uomo tirò a
sé l’arma per liberarla.
Clare si avvide che Michael non era disarmato: aveva una pistola. Lui e
Madoc presero insieme la mira e tirarono simultaneamente. Gli spari
riecheggiarono nel silenzio.
Il grido di Madoc fu ammutolito dal gorgogliare del sangue che gli uscì
dalla gola trapassata dalla pallottola. Michael cadde a terra rotolando.
Sebbene Clare non vedesse ferite, immaginò che fosse stato colpito, forse
mortalmente.
Ma non c’era tempo di occuparsi di lui perché tra Nicholas e Wilkins era
in corso una violenta zuffa. Nicholas tentava di strappare il fucile, che il
minatore serrava con furiosa determinazione. La sferza, arrotolata sulla liscia
canna del fucile, a un tratto scivolò, squilibrando Nicholas, che barcollò e
cadde su un ginocchio. Wilkins arretrò e prese la mira, con una luce diabolica
negli occhi.
Nicholas tentò di spostarsi, ma nella sua posizione non poteva evitare il
colpo.
Spinta dal panico che le serrava il cuore, Clare balzò in avanti nel tentativo
disperato di fermare la pallottola. Col palmo della mano colpì la canna nello
stesso istante in cui il fucile sparava. Il colpo le intorpidì il lato sinistro del
corpo e la fece cadere sull’erba. Rimase immobile, troppo intontita per
muoversi.
— Clare?
Sconvolto, Nicholas si lasciò cadere sulle ginocchia e la sollevò per il
busto. Intanto Wilkins bestemmiava e stava ricaricando il fucile. Mentre
alzava l’arma, lei tentò di avvertire Nicholas del pericolo, ma sembrava
incapace di parlare.
Ci fu un’altra esplosione, questa volta più debole di quella del fucile. Un
fiore rosso comparve sul petto di Wilkins che girò su se stesso e piombò a
terra, col fucile che volava in aria.
Clare girò la testa e vide Michael disteso sul ventre, la pistola salda nelle
mani, un filo di fumo che si levava dalla canna. Non solo era vivo, ma aveva
salvato la vita di Nicholas, pensò meravigliata. Davvero il Signore operava per
vie misteriose.
Si sentiva stordita, incapace di capire come uno scontro di pochi secondi
avesse lasciato due uomini sul terreno. Michael, che sembrava indenne, si
alzò facilmente in piedi, anche se Clare era troppo intontita per rendersi
conto se era ferito gravemente o soltanto tramortito.
Nicholas stracciò la manica sinistra del suo abito e lei gemette. Dopo
diede un’occhiata e sospirò sollevato.
— La pallottola ti ha trapassato il braccio. Deve fare un male atroce, ma ha
mancato l’osso. Andrà tutto bene, Clare. Perfino il sanguinamelo è scarso. —
Si strappò la cravatta e le legò il braccio.
L’intorpidimento stava attenuandosi e lei si alzò lentamente in piedi.
Nicholas la portò verso il muro in modo che potesse appoggiarsi. Solo allora
la fissò furioso.
— Perché diavolo hai fatto un’azione così stupida? Hai rischiato di farti
ammazzare.
— E tu perché non hai fatto niente per scansarti mentre Wilkins stava
ricaricando?
— Sapevo che di lui si sarebbe preso cura Michael. Quando mi sono reso
conto che eri stata colpita… — La voce gli si ruppe.
— Tu hai rischiato la tua vita per me, amore Non dovevo fare lo stesso per
te? — disse Clare con un debole sorriso.
Il volto di Nicholas divenne un caos di emozioni che riuscì a controllare
faticosamente.
Michael si avvicinò. — Lady Aberdare è sana e salva?
— Sì, grazie a te.
— Alzati e allontanati da tua moglie, Aberdare — disse Michael con voce
dura. — È tempo di sistemare la questione che ci ha portati qui e non voglio
che lei resti ferita.
Il tono della sua voce riscosse Nicholas. Alzò gli occhi, all’improvviso sul
chi vive.
La figura di Michael si stagliava contro il sole al tramonto, la pistola tra le
mani.
Ed era puntata al suo cuore.
32
Agosto 1814
Fu la più grande festa nella storia della miniera di Penreith. Mentre Clare
e Nicholas scendevano dolcemente con il nuovo montacarichi a vapore
insieme a una decina di altri ospiti, udirono una musica salire dal pozzo,
unita al rumore della nuova pompa Watts.
Era stata un’idea di Michael quella di celebrare i miglioramenti apportati
alla miniera con un ricevimento sottoterra al quale erano invitati tutti gli
abitanti della valle. L’ampia galleria alla base del montacarichi era piena di
fiori e candele, e la folla invadeva anche i tunnel vicini. Alcune persone si
davano già da fare ai tavoli del rinfresco, mentre i bambini si accalcavano al
tavolo dei dolci. Quando i suonatori attaccarono un ritmo popolare, le coppie
cominciarono a ballare. Clare notò che alcuni di loro erano metodisti, ma
sarebbe stato difficile considerare un peccato ballare in una miniera di
carbone. E com’era inevitabile, altri ospiti presero a cantare allegramente, e le
loro voci ricordarono a Clare il coro che aveva udito nell’abbazia di
Westminster.
Quando uscirono dal montacarichi, Michael venne a salutarli sorridendo.
Aveva messo su peso e sembrava rilassato al punto da non ricordare l’uomo
tormentato di tre mesi prima.
— Cosa ne pensi adesso della miniera? — chiese all’amico.
— Mi sembra straordinariamente civilizzata — rispose Nicholas. — Ma
cosa vuoi fare di te stesso, ora che tutto funziona perfettamente?
— Non preoccuparti, troverò qualcosa da fare.
— Rafe e Lucien non sono ancora arrivati? — chiese Clare.
— Già ieri sera erano a Bryn Manor — rispose Michael, e fece udire una
risatina. — Oggi Lucien ha dovuto essere trattenuto con la forza perché
voleva smontare la pompa a vapore per vedere come funziona.
Clare si guardò attorno e vide Lucien intento a conversare con l’ingegnere
minerario, mentre accanto a lui Rafe stava ascoltando attentamente una
bambina di cinque anni.
Nicholas lo indicò. — C’è Rafe. Vuoi salutarlo, Clare?
— Tra poco. Prima voglio parlare con Marged.
— Non allontanarti — le ordinò lui.
Lei sorrise con aria mite. — No, mio signore e padrone.
Marged abbracciò stretta Clare. — Avresti mai creduto che la vecchia
miniera potesse diventare così?
— No, ma sono lieta che Owen abbia accettato la proposta di Nicholas di
dirigere i lavori alla cava d’ardesia. — Vide Nicholas, Michael, Lucien e Rafe
che si erano raccolti assieme. — Sono ancora i quattro uomini più belli che
abbia mai visto — commentò. — Salvo Owen, naturalmente.
Una banda di bambini la circondò e se la portò via. C’erano momenti in
cui Clare sentiva la mancanza dell’insegnamento, ma adesso che poteva
attingere alla profonda borsa del marito, poteva aiutare la gente in misura
ben maggiore.
Si avviò alla volta di Nicholas, che sentì la sua presenza, sebbene le
voltasse le spalle. Senza guardare, allungò la mano e trasse la moglie di fronte
a sé, per poi abbracciarla.
Lucien e Rafe salutarono caldamente Clare, prima di tornare alla loro
discussione. Rafe concluse quello che stava dicendo prima del suo arrivo.
— Tutti hanno bisogno di credere in qualcosa. Per quanto mi riguarda,
siccome la vita è inesorabilmente fatale, credo che bisognerebbe almeno
viverla con stile.
Lucien sorrise. — Sebbene io abbia un altissimo rispetto per la sincerità,
credo che l’ambiguità sia un talento sottovalutato.
— Io credo nell’onore — disse subito Michael. — E anche nella capacità
rilassante di un buon sigaro.
Gli occhi di Clare si illuminarono. — Io credo che le donne siano uguali
agli uomini.
I quattro Angeli Caduti sembrarono allarmarsi. — È pericolosa, Nicholas.
Farai meglio a renderla felice — disse Rafe.
— È quel che voglio fare. E riguardo alle cose in cui credo… io credo nei
pinguini…
— È facile crederlo, soprattutto per chi ha visto quegli animali — disse
Lucien.
Nicholas sorrise. — E nell’amicizia. — Le sue braccia si strinsero attorno a
Clare. — E soprattutto credo nell’amore.
Nota dell’Autrice
Nota destinata a coloro che credono quanto a me nei piccoli fatti della
storia.
Il primo tavolo da biliardo con piano di ardesia è stato fabbricato da John
Thurston a Londra nel 1826. E per decenni l’ardesia del Galles meridionale fu
il materiale preferito. Ne sono certa: Thurston ha preso l’idea da Clare e
Nicholas!
Mettere un pezzo di cuoio sul puntale della stecca è un’idea venuta a un
capitano di fanteria francese a nome Mingaud, tra il 1807 e il 1820. Siccome
all’epoca era in carcere; e lì c’era un biliardo, aveva tutto il tempo che voleva
per esercitarsi. Anzi, una volta scontata la sua pena, chiese di restare in
prigione ancora un mese per perfezionare la sua tecnica. Il permesso gli fu
concesso. C’è gente che farebbe qualsiasi cosa per giocare a biliardo. Una
volta uscito dalla gattabuia, divenne professionista e famosissimo.
All’epoca in cui è ambientato Tuono di passione, l’industria mineraria
britannica era all’inizio della grande espansione alla quale si deve il sorgere
delle grandi comunità minerarie gallesi. Nel 1815 fu inventata la lampada di
sicurezza Davy, che proteggeva i minatori dagli effetti esplosivi del grisù, che
è un miscuglio di aria e metano. Le società metodiste, con le loro passioni
spirituali e il loro amore per certi segmenti di società ignorati dalla chiesa
ufficiale, ebbero grande influenza morale tra i minatori.
Gli accenni alle tradizioni minerarie di cui si parla nel libro erano realtà:
minatori ciechi, argento in fili, il minatore che si è sacrificato perché sapeva
che sarebbe andato in cielo, ma si preoccupava per l’anima dei suoi colleghi.
È accaduto in Cornovaglia, il minatore è miracolosamente sopravvissuto, e ha
potuto spiegare le sue ragioni.
Voglio porgere ringraziamenti particolari a Carol Hanlon e a Dean
Stucker, rispettivamente biologa e ingegnere minerario, per avermi aiutato
nelle parti relative all’attività mineraria.
Mary Jo Putney