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Trama

Soprannominato Conte Demone, un tempo impenitente libertino,


Nicholas Davies è ora un uomo solo e carico di amarezze. Un giorno però,
Clare Morgan, giovane e intraprendente insegnante, bussa alla porta della
magione nella campagna gallese. Nicholas è l'unico che può aiutarla a salvare
il suo villaggio dalla rovina. Ma per Clare la posta in gioco è alta: vivere con
lui per tre mesi. Quello che nessuno dei due si aspetta è l'onda della
passione…
Prologo

Galles
1791

Le nebbie invernali scalavano vorticando il muro che circondava la


proprietà. Lo spettrale paesaggio appariva privo di vita umana, e nessuno vide
gli intrusi lasciarsi cadere dal muro e percorrere i terreni ben curati.
Nikki parlò sottovoce. — Qui rubiamo un pollo, mamma?
Marta scosse il capo. — Dobbiamo occuparci di qualcosa di più importante
dei polli.
Lo sforzo che fece nel parlare le causò un accesso di tosse, e si piegò su se
stessa, il magro corpo percorso da un tremito. Inquieto e turbato, Nikki le
toccò il braccio. Dormire sotto le siepi non faceva che peggiorare la tosse, e
c’era stato ben poco da mangiare. Sperava che tornassero al più presto alla
kumpania dei rom, dove avrebbero trovato cibo, fuoco e amicizia.
Marta si raddrizzò, pallida ma decisa, e continuarono il cammino. L’unico
colore nel paesaggio invernale era il rosso della sua gonna.
Usciti dal folto degli alberi si trovarono in un vasto prato nel quale
sorgeva una grande costruzione di pietra.
— Ci vive un grande signore? — chiese il bambino.
— Eh, sì. Guardala bene, un giorno sarà tua.
Nikki guardò l’edificio in preda a uno strano miscuglio di emozioni.
Sorpresa, eccitazione, dubbio, e infine disprezzo.
— I rom non vivono in case di pietra che uccidono il cielo.
— Ma tu sei un didikois, un mezzosangue. È giusto che tu viva in un posto
del genere.
Sorpreso, Nikki si volse a guardarla. — No! Io sono tacho rat, sangue vero,
non gorgio.
— Il tuo è sangue vero sia come rom sia come gorgio. — Lei sospirò, il bel
volto teso. — Sebbene tu sia stato cresciuto come rom, il tuo futuro sarà tra i
gorgio.
Il figlio fece per protestare, ma lei lo zittì con un gesto della mano udendo
suono di zoccoli. I due si nascosero e videro due cavalieri venire al piccolo
galoppo lungo il viale che portava alla casa. Il più alto dei due scese di sella e
salì in fretta gli ampi gradini di pietra, lasciando il suo destriero al compagno.
— Bei cavalli — sussurrò invidioso Nikki.
— Sì… Quello dev’essere il conte di Aberdare — mormorò Marta. — È
proprio come diceva Kenrick.
Attesero che l’uomo entrasse e lo stalliere portasse via i cavalli. Poi Marta
fece cenno a Nikki e si affrettarono ad attraversare il prato e a salire i gradini.
Il lucente batacchio di rame era a forma di drago. A Nikki sarebbe piaciuto
toccarlo, ma era troppo in alto.
Anziché bussare, sua madre tentò la maniglia. La porta si aprì e lei entrò.
Nikki la seguì subito e spalancò gli occhi scoprendo che erano in una sala dal
pavimento di marmo sufficiente a ospitare un intera kumpania di rom.
L’unico uomo presente indossava la livrea di un lacchè. Assunse
un’espressione di comica sorpresa nella lunga faccia, quando li vide.
— Zingari! — Diede di piglio a un cordone di campanello per invocare
aiuto. — Uscite immediatamente! Se non sarete fuori della proprietà tra
cinque minuti, sarete consegnati al giudice.
Marta prese la mano di Nikki. — Siamo qui per vedere il conte. Io ho
qualcosa di suo.
— Qualcosa che gli hai rubato? — sogghignò il lacchè. — Non gli sei mai
arrivata abbastanza vicina. E adesso, fuori!
— No! Devo vederlo.
— Neanche per idea — ringhiò l’uomo avanzando.
Marta attese che le fosse vicino, poi scartò di fianco.
Girandosi, il domestico tentò vanamente di mettere le mani sui due
estranei. Proprio in quel momento, apparvero tre altri domestici chiamati
dalla scampanellata. Guardando con occhi feroci gli uomini, Marta serrò i
pugni minacciosa.
— Devo vedere il conte! La mia maledizione su chiunque tenti di
fermarmi.
I servi si arrestarono su due piedi. Per poco Nikki non scoppiò a ridere,
vedendo le loro espressioni. Sebbene fosse una donna, sua madre aveva buon
gioco a sconcertare e spaventare i gorgio, e lui ne era fiero.
La mano di lei serrò la sua e si allontanarono, penetrando nella casa.
Prima che i servi potessero rimettersi dalla paura, una voce profonda tuonò.
— Che diavolo sta succedendo? — Alto e pieno di arroganza, il conte entrò
nell’atrio. — Zingari — disse disgustato. — Chi ha permesso a queste sudice
creature di entrare?
Marta replicò senza lasciarsi intimorire. — Ho portato vostro nipote, lord
Aberdare. Il figlio di Kenrick, l’unico nipote che avete e avrete.
Nell’atrio scese un silenzio di morte, mentre lo sguardo sorpreso del conte
si fissava sul volto di Nikki.
— Se ne dubitate… — soggiunse Marta.
Uscito dallo sbalordimento, il conte fece una smorfia. — Oh, sono
disposto a credere che questo schifoso marmocchio possa essere di Kenrick;
porta scritto in faccia la sua paternità. — Scoccò a Marta l’occhiata feroce che
gli uomini gorgio spesso riservavano alle donne rom. — È facile capire perché
mio figlio si è accoppiato con te, ma un bastardo zingaro non mi interessa.
— Mio figlio non è un bastardo. — Marta pescò nel corpetto e ne cavò due
sudici pezzi di carta. — Visto che i gorgio hanno grandi depositi di carte, ho
portato la prova, il certificato del mio matrimonio e quello della nascita di
Nikki.
Lord Aberdare diede un’occhiata spazientita ai documenti poi si irrigidì. —
Mio figlio ti ha sposata?
— Proprio così — rispose lei fieramente. — In una chiesa gorgio, e anche
al modo dei rom. E voi dovreste essere lieto che l’abbia fatto, perché adesso
avete un erede. E non ne avrete altri, perché i vostri altri figli sono morti.
Con aria feroce il conte sorrise — Benissimo. Quanto volete per lui?
Cinquanta sterline basteranno?
Per un istante Nikki vide la rabbia accendersi negli occhi di sua madre. Poi
la sua espressione cambiò, facendosi astuta.
— Cento ghinee d’oro.
Il padrone di casa cavò una chiave dalla tasca del panciotto e la porse al
più vecchio dei servi.
— Prendile dalla mia cassaforte.
Nikki scoppiò a ridere. Parlando in rom si rivolse alla madre: — È stata
una magnifica trovata. Non soltanto hai convinto questo stupido gorgio che
io sono del suo stesso sangue, ma è disposto a darti oro! Questa notte,
quando me la svigno, dove ci incontriamo? A quella vecchia quercia che ci è
servita per superare il muro?
Marta scosse la testa e rispose nella stessa lingua. — Non devi svignartela,
Nikki. Questo gorgio è davvero tuo nonno, e questa adesso è davvero casa
tua.
Il servo tornò e porse a Marta una tintinnante borsa di cuoio. Dopo averne
esaminato attentamente il contenuto, lei sollevò la gonna esterna e infilò la
borsa in una tasca della sottogonna. Nikki ne restò sorpreso: possibile che
qu e i gorgio non si fossero resi conto che lei li aveva contaminati e resi
marhime, alzando la gonna in loro presenza? Evidentemente non avevano
colto l’insulto.
Marta diede a Nikki un’ultima occhiata — Trattatelo bene, vecchio — disse
poi al conte. — O la mia maledizione vi seguirà fin oltre la tomba, e che io
muoia questa notte se non è così.
Quindi si voltò e attraversò il pavimento lucido, tra l’ondeggiare degli
strati di gonne. Un servo le aprì la porta. Altera come una principessa, Marta
uscì. All’improvviso Nikki si rese conto che sua madre faceva sul serio, che
voleva lasciarlo davvero tra i gorgio. Le corse dietro.
— Mamma, mamma!
Prima che riuscisse a raggiungerla, la porta venne chiusa, intrappolandolo
nella casa che uccideva il cielo. Allora si attaccò alla maniglia, ma un lacchè lo
trattenne. Nikki sferrò una ginocchiata nella pancia dell’uomo, graffiando il
suo pallido volto. Il servo ululò e un altro corse in suo aiuto.
— Io sono rom! Non voglio stare in questo brutto posto!
Il conte aggrottò la fronte indignato. Comportamenti del genere dovevano
essere estirpati al marmocchio insieme a ogni traccia di sangue zingaro.
Kenrick era stato un giovanotto sfrenato, viziato da una madre che stravedeva
per lui, ed era stata la notizia della sua morte a causare l’apoplessia che aveva
trasformato la contessa in quel cadavere vivente che era adesso. Con voce
dura, si rivolse ai servi.
— Portate il bambino nella nursery e pulitelo. Bruciate quegli stracci e
trovate qualcosa di più adatto.
Ci vollero due uomini per avere ragione di Nikki, che continuò a strillare
mentre lo portavano su per le scale.
Il volto ridotto a una maschera, il conte diede un’altra occhiata ai
documenti da cui risultava che quel piccolo pagano di pelle scura era il suo
unico discendente in vita. Nicholas Kenrick Davies, stando al certificato di
nascita. Impossibile dubitare della discendenza; se il bambino non fosse stato
così scuro, sarebbe potuto essere Kenrick alla stessa età.
Ma buon Dio, uno zingaro! Uno zingaro di pelle scura, dall’aria ostile,
dagli occhi neri, che aveva sette anni, era dedito alla menzogna e al furto e
ignorava la vita civile. Eppure quel sudicio straccione era l’erede di Aberdare.
Un tempo il conte aveva pregato disperatamente di avere un erede, mai
immaginando che le sue suppliche trovassero una risposta simile. Anche se la
contessa fosse morta, lasciandolo libero di risposarsi, i figli di una seconda
moglie sarebbero stati preceduti da quel marmocchio zingaro.
A quel pensiero serrò i documenti tra le mani. Forse, se avesse potuto
risposarsi e avere altri figli, qualcosa si sarebbe potuto fare. Nel frattempo,
però, doveva prendere delle decisioni. Il reverendo Morgan, il parroco
metodista del villaggio, poteva insegnare a Nicholas a leggere, i bei modi e le
altre cose necessarie prima che lo si potesse mandare a una vera scuola.
Il conte girò sui tacchi ed entrò nello studio per non udire le grida
angosciose del bambino, che riecheggiavano tra le mura di Aberdare.
1

Galles
Marzo 1814

Lo chiamavano il Conte Demone, o a volte Old Nick. Voci sommesse


sussurravano che avesse sedotto la giovane moglie di suo nonno,
spezzandogli il cuore, e portato alla tomba anche la propria sposa.
Dicevano che fosse capace di tutto.
Soltanto quest’ultima informazione interessava a Clare Morgan, il cui
sguardo seguiva l’uomo che in groppa a uno stallone galoppava per la valle
come se le fiamme dell’inferno lo inseguissero. Nicholas Davies, il conte
zingaro di Aberdare, era finalmente tornato a casa dopo quattro lunghi anni.
Forse sarebbe rimasto, ma era anche possibile che l’indomani stesso se ne
andasse. Doveva agire rapidamente.
Indugiò ancora un poco, sapendo che lui non l’avrebbe vista, tra gli alberi
da cui lo guardava. Il Conte Zingaro cavalcava a pelo, ostentando la sua
eccezionale abilità di cavaliere, vestito di nero tranne la sciarpa rossa
annodata al collo. Era troppo lontano perché lei ne vedesse il volto. Si chiese
se era cambiato, poi concluse che la domanda non era se, bensì quanto. Quale
che fosse la realtà dietro i violenti episodi che l’avevano mandato lontano,
doveva essere sconvolgente.
Si ricordava di lei? Probabilmente no. Non era passato molto tempo, ma
allora lui era un bambino. E non soltanto era stato il visconte Tregar, ma
aveva quattro anni più di lei, e bambini più grandi di rado facevano
attenzione a ragazzine più giovani.
Accadeva, anzi, l’opposto.
Mentre tornava al villaggio di Penreith, Clare ripassò le sue implorazioni e
le argomentazioni. In un modo o nell’altro, doveva persuadere il Conte
Demone ad aiutarla. Nessun altro poteva risolvere il suo problema.

Per qualche istante, mentre il suo stallone percorreva come un vento


pazzo la proprietà, Nicholas riuscì a perdersi nell’ebbrezza della pura velocità.
Ma la realtà tornò a piombargli addosso quando raggiunse la casa.
Negli anni passati all’estero aveva spesso sognato Aberdare, lacerato fra
desiderio e paura di ciò che vi avrebbe trovato. E le ventiquattr’ore trascorse
da quando era tornato dimostravano che le sue paure erano giustificate. Era
stato sciocco a pensare che quattro anni bastassero a cancellare il passato.
Ogni stanza della dimora, ogni ettaro della vallata erano carichi di memorie.
Alcune felici, ma sopraffatte da eventi più recenti, che offuscavano ciò che un
tempo aveva amato.
Andò alla finestra della sua stanza da letto e guardò fuori. La valle era
bella come sempre, selvaggia nelle zone alte, ben coltivata in basso. Già
apparivano i delicati colori verdi della primavera, e ben presto sarebbero
fioriti i narcisi.
Quand’era bambino, aveva aiutato i giardinieri a piantare i bulbi sotto gli
alberi, infangandosi da capo a piedi. Suo nonno aveva visto in questo
un’ulteriore prova della sua bassa origine.
Alzò gli occhi a osservare le rovine del castello che dominavano la valle.
Per secoli quelle mura di enorme spessore erano state insieme la fortezza e la
casa della famiglia Davies; ma tempi più pacifici avevano persuaso gli
antenati di Nicholas a costruire una dimora più adatta a una delle famiglie
più ricche d’Inghilterra.
Tra gli altri vantaggi, la casa aveva molte stanze da letto, e il primo giorno
Nicholas ne era stato lieto. Mai aveva preso in considerazione l’idea di abitare
l’appartamento padronale che era stato di suo nonno. Mettere piede in quelle
stanze era un’esperienza straziante: impossibile vedere il suo vecchio letto
senza immaginare Carolina e il suo bel corpo nudo…
Si era ritirato immediatamente in una stanza degli ospiti, anonima come
un albergo di lusso.
Ma anche là dormiva poco e male, tormentato da brutti sogni e tristi
memorie.
Non sarebbe stato meglio spezzare il legame ereditario vendendo la
proprietà? Doveva consultare il suo avvocato.
La vendita non poteva non comportare conseguenze. Se a lui andava a
genio l’idea di liberarsi di quel luogo, per suo nonno sarebbe stato il
fantasmatico equivalente dell’apoplessia, ovunque si trovasse adesso
quell’ipocrita, vecchio bastardo.

Clare non aveva mai messo piede ad Aberdare. Era grandiosa come si era
aspettata, ma anche cupa, con gran parte degli arredi nascosti sotto teli
bianchi. Quattro anni di abbandono avevano reso deserta anche la dimora. Il
maggiordomo, Williams, era altrettanto tetro. Si mostrò riluttante ad
accompagnarla dal conte senza prima annunciarla, ma era nativo del
villaggio, e lei era riuscita a persuaderlo. Così la scortò per un lungo
corridoio, poi aprì la porta della biblioteca.
— La signorina Clare Morgan desidera vedervi, milord. Ha detto che è
urgente.
Il conte era a una finestra, intento a guardare la valle. Aveva gettato la
marsina su una poltrona, e in maniche di camicia aveva tutta l’aria del
libertino. Strano che lo chiamassero Old Nick, il vecchio Nick, visto che aveva
poco più di trent’anni.
Appena la porta si chiuse alle spalle di Williams, il conte si volse a
scrutare Clare.
A prima vista era sempre lo stesso, pensò lei. Semmai era più bello di
quanto fosse quattro anni prima. E d’altra parte era davvero cambiato: Clare
lo vedeva dagli occhi. Un tempo brillavano di una scanzonata allegria che
invitava gli altri a ridere con lui. Adesso erano impenetrabili come selce
gallese. Duelli, storiacce e scandali avevano lasciato il segno.
Siccome lei esitava, fu lui a interrogarla. — Siete parente del reverendo
Thomas Morgan?
— Sua figlia. Faccio la maestra a Penreith.
— Giusto. A quel tempo il reverendo aveva uno sporco marmocchio.
— Non ero sudicia come voi.
— Probabilmente no — convenne lui con un lieve sorriso negli occhi. — Io
ero una vera peste. Durante le lezioni vostro padre vi citava come un modello
di decoro. Per questo non poteva sopportarmi.
Avrebbe dovuto restarne ferita, ma così non fu. Sperando anzi di irritarlo,
Clare replicò con voce dolce.
— E a me diceva che eravate il ragazzo più intelligente al quale avesse
insegnato, e che avevate un gran cuore, nonostante la vostra sfrenatezza.
— La capacità di giudizio di vostro padre lascia molto a desiderare. Come
sua figlia, immagino che siate venuta in cerca di fondi per qualche degna
causa noiosa. In futuro, rivolgetevi al mio maggiordomo anziché disturbare
me. Buongiorno, signorina Morgan.
Fece l’atto di voltarle le spalle, ma lei si affrettò a fermarlo.
— Quello di cui voglio discutere non è faccenda che riguardi il vostro
maggiordomo.
Lui la scrutò. — Ma volete qualcosa, vero? Come tutti. — Andò a uno stipo
e si riempì il bicchiere che aveva in mano. — Qualsiasi cosa sia, da me non
l’avrete. Noblesse oblige era il motto di mio nonno. Vi prego di andarvene
finché l’atmosfera è ancora civile.
Ma lei con gli ubriaconi aveva già avuto a che fare. — Lord Aberdare, a
Penreith c’è gente che soffre, e voi siete l’unico in grado di cambiare le cose.
Vi costerà ben poco, in fatto di tempo e denaro.
— Non importa quanto poco sia. Non voglio avere niente a che fare con il
villaggio e la gente che ci vive. Chiaro? E adesso andatevene.
— Non chiedo il vostro aiuto, milord. Lo esigo. Devo spiegarvelo adesso o
devo aspettare che siate sobrio?
— Se qualcuno qui è ubriaco, sembrate esserlo voi. Se pensate che il
vostro sesso vi protegga dalla violenza fisica, vi sbagliate. Volete andarvene
tranquillamente o devo sbattervi fuori?
Reprimendo l’impulso di arretrare, Clare si frugò nella tasca del mantello
e ne cavò il libretto che era la sua unica speranza. Lo aprì per mostrare quello
che c’era scritto nella prima pagina.
— Ve ne ricordate?

Reverendo Morgan,
spero un giorno di essere in grado di ripagare ciò che avete fatto per
me. Con affetto,
Nicholas Davies

Il conte ne restò colpito. — Giocate per vincere, vero? Però non avete in
mano le carte giuste. Qualsiasi obbligo io possa avere nei confronti di vostro
padre, se deve chiedermi un favore, deve farlo lui in persona.
— Impossibile — disse lei con aria decisa. — È morto due anni fa.
Dopo un imbarazzato silenzio, il conte annuì. — Mi dispiace. Vostro padre
era probabilmente l’unico uomo davvero buono che io abbia conosciuto.
— Anche vostro nonno era un uomo buono, e ha fatto molto per la gente
di Penreith. Il soccorso ai poveri, la cappella…
— Risparmiatemi il resto. So che mio nonno amava moltissimo ergersi a
esempio morale per le classi inferiori, cosa che mi lascia indifferente.
— Perlomeno, lui prendeva sul serio le sue responsabilità. Da quando ne
siete l’erede, non avete mosso un dito per la proprietà o per il villaggio.
— Un primato che ho intenzione di mantenere. — Il conte vuotò il suo
bicchiere e lo ripose. — Né il buon esempio di vostro padre né il moralismo
del vecchio conte sono riusciti a fare di me un gentiluomo. A me non
interessa niente e nessuno, e preferisco che sia così.
— Come fate a dire una cosa del genere? Nessuno è così duro.
— La vostra innocenza è commovente. Fareste meglio ad andarvene prima
che io distrugga altre vostre illusioni.
— Non vi turba l’idea che i vostri vicini soffrano?
— A dire il vero, no. La Bibbia dice che i poveri saranno sempre tra noi. E
se Gesù non è riuscito a cambiare questa situazione, tanto meno posso farlo
io. Con la sola eccezione di vostro padre, mai ho conosciuto un uomo
caritatevole che non fosse mosso da infime ragioni. Gran parte di coloro che
si mostrano generosi mirano alla gratitudine dei loro inferiori e
all’autocompiacimento. Perlomeno io, nel mio sincero egoismo, non sono un
ipocrita.
— Un ipocrita può fare del bene anche se i suoi motivi sono deprecabili, e
questo lo rende più degno di uno che possiede il vostro tipo di onestà —
replicò lei asciutta. — Ma sia come volete. Dal momento che non credete
nella carità, cos’è che vi interessa? Se è il denaro a scaldarvi il cuore, a
Penreith ci sono buone possibilità di guadagno.
— Mi dispiace, ma non mi interessa neppure il denaro. Ne ho già più di
quanto riuscirei a spenderne nel corso di dieci vite.
— Cosa ci vorrebbe per cambiare la vostra opinione?
— Il mio aiuto non è disponibile per qualsiasi prezzo sareste disposta a
pagare.
— Provate a dirmelo.
Lui la squadrò da capo a piedi con insultante franchezza. — Questa
sarebbe un’offerta?
— Se vi dicessi di sì, basterebbe a persuadervi ad aiutare Penreith?
— Mio Dio, vorreste che io vi rovinassi se questo bastasse ad attuare i
vostri progetti?
— Sì, se fossi certa che serva. La mia virtù e pochi minuti di sofferenza
sarebbero un piccolo prezzo da pagare rispetto a famiglie che muoiono di
fame e alle vite che andrebbero perdute quando esploderà la miniera di
Penreith.
Negli occhi di Nicholas si accese per un istante una luce d’interesse. Poi la
sua espressione tornò neutra.
— Sebbene sia un’offerta interessante, portare a letto una donna disposta
a comportarsi come Giovanna d’Arco che va al rogo non mi attrae per niente.
— Pensavo che i libertini si divertissero a sedurre le ragazze innocenti.
— Personalmente, ho sempre trovato noiose le innocenti, come le
chiamate voi. Sempre meglio una donna che abbia esperienza.
Ignorando il suo commento, Clare prese un’aria pensierosa. — Mi rendo
conto che una donna banale come me non vi tenti, ma senza dubbio la
bellezza avrebbe la meglio sulla vostra indifferenza. Al villaggio ci sono
parecchie ragazze molto carine. Volete che scopra se una di loro è disposta a
sacrificare la sua virtù per una buona causa?
All’improvviso Nicholas si avvicinò e le prese il volto tra le mani. Nel suo
fiato si sentiva il brandy, e il calore delle sue mani sembrava eccessivo, quasi
ustionante. Lei si obbligò a rimanere immobile mentre lui le scrutava il volto
con occhi che sembravano capaci di scoprire gli oscuri segreti della sua
anima. Mentre pensava di non poter sopportare più a lungo la sua indagine,
finalmente lui parlò.
— Non siete affatto banale come pretendete di essere.
Le mani di Nicholas si abbassarono, lasciandola scossa. Con sollievo di
Clare, si scostò, riprese il bicchiere, si versò altro brandy. — Signorina
Morgan, io non ho bisogno di denaro, posso trovare tutte le donne che voglio
senza il vostro goffo aiuto, e non desidero distruggere la mia reputazione
guadagnata a caro prezzo compromettendomi con opere di bene. E adesso ve
ne andate tranquillamente o devo usare la forza?
Clare ebbe la tentazione di fuggire, ma resistette. — Ancora non avete
detto il prezzo per il vostro aiuto. Ditemelo e forse potrò accontentarvi.
Con un sospiro, Nicholas si lasciò cadere su un divano e la scrutò da
distanza di sicurezza. Clare Morgan era piccola e fragile, ma si imponeva
nello spazio che occupava. Una giovane donna formidabile. Non proprio una
bellezza, ma non priva di attrazione, nonostante i suoi sforzi di apparire
severa. Non una bellezza, no, ma degna di nota, e non soltanto per la sua
testardaggine, e non poteva fare a meno di ammirare il coraggio che l’aveva
portata fin là.
Solo Dio sapeva quali voci circolassero sul suo conto nella vallata, ma
probabilmente lo consideravano una grossa minaccia per il corpo e per
l’anima.
Peccato solo che non avesse cominciato a bere prima, perché sarebbe
stato privo di coscienza al momento del suo arrivo, e anche se l’avesse
cacciata a viva forza, lei probabilmente avrebbe insistito nel tentativo di
ottenere il suo aiuto, dal momento che sembrava convinta che lui fosse
l’unica speranza per Penreith.
Ma che fare con una donna disposta ad affrontare una sorte peggiore della
morte per raggiungere i propri obiettivi?
La risposta gli arrivò con la semplicità della perfezione. Al pari di suo
padre, Clare doveva essere una metodista, membro di una chiusa comunità di
sobri, virtuosi credenti. E la sua stessa identità dipendeva da come gli altri
componenti della comunità la vedevano.
— Ho un prezzo, ma è un prezzo che non vorreste pagare.
— E qual è?
— Non preoccupatevi: la vostra virtù, che mi avete offerto a malincuore, è
al sicuro. Se ne approfittassi, per me sarebbe una noia e voi probabilmente
gioireste al sentirvi martire delle mie viziose brame. Quello che voglio,
invece, è la vostra reputazione.
2

— La mia reputazione? Che cosa intendete dire?


Evidentemente compiaciuto di se stesso, il conte sorrise. — Se siete
disposta a vivere con me, diciamo per tre mesi, aiuterò il vostro villaggio
meglio che posso.
— Nonostante la noia che vi procurerei? — replicò Clare, sarcastica e sulla
difesa, — Vorreste che fossi la vostra amante?
— No, a meno che non siate disposta a farlo di buon grado, cosa che non
mi aspetto. Sembrate troppo rigida per permettervi di godere i peccati della
carne. Tuttavia, se cambiaste idea durante questi tre mesi, sarei ben lieto di
accontentarvi. Non ho mai posseduto una virtuosa maestra di scuola
metodista. Portarne a letto una mi avvicinerebbe al paradiso?
— Siete oltraggioso!
— Vi ringrazio. Almeno ci provo — replicò lui, e inghiottì un’altra sorsata
di brandy. — Per tornare all’argomento, pur vivendo con me in modo da far
sembrare che siete la mia amante, non sareste obbligata a fornicare con me.
— E che senso avrebbe questa farsa? — chiese lei, sollevata ma
sconcertata.
— Voglio vedere fino a che punto siete disposta a spingervi per ottenere
quel che volete. La vostra reputazione ne sarebbe distrutta. Vi sembra che
quello che chiedete valga questo prezzo? E i vostri compaesani vi
perdonerebbero, anche se ne avessero un beneficio?
Clare, che finalmente aveva compreso, replicò con fermezza — Questo per
voi è solo un insignificante giochetto, vero?
— I giochi non sono mai insignificanti. Ma naturalmente richiedono
regole. E quali sarebbero, in questo caso? Vediamo un po’: le condizioni
fondamentali sarebbero il mio aiuto in cambio della vostra presenza sotto il
mio tetto, in apparenza nel mio letto. Una seduzione riuscita sarebbe il frutto
di una scommessa collaterale, un premio che farebbe piacere a entrambi. Per
offrirmi una possibilità di sedurvi, io avrei diritto di baciarvi una volta al
giorno, in un luogo e in un momento di mia scelta. Ogni ulteriore
amoreggiamento avrebbe luogo soltanto per mutuo consenso. Tuttavia, dopo
quell’unico bacio, voi avreste il diritto di dire di no e io non vi toccherei fino
al giorno dopo. Dopo tre mesi ve ne andreste, e io continuerei a prestare il
mio aiuto per tutto il tempo necessario. È pericoloso per me: se vi permetto
di coinvolgermi nei vostri piani, per il resto dei miei giorni non mi libererò
più della valle. Tuttavia, è giusto che io corra un rischio, dal momento che voi
perdereste tantissimo, accettando la mia proposta.
— È un’idea assurda!
— Penso invece che potrebbe essere assai divertente. Ma il prezzo è troppo
alto, vero? La vostra verginità ne sarebbe sacrificata, e la reputazione è un
bene fragile, facile da perdere e impossibile da ripristinare. E adesso che ho
scoperto i limiti del vostro desiderio di martirio, vi chiedo una volta ancora di
andarvene, e spero che non mi darete più fastidio.
Clare era troppo infuriata per pensare alle conseguenze. — Benissimo,
milord. Accetto la vostra proposta: la mia reputazione in cambio del vostro
aiuto.
Ci fu un istante di stupito silenzio. Poi Nicholas si drizzò a sedere. — Non
parlerete sul serio! Rischiereste il disprezzo dei vostri amici e vicini.
Probabilmente sareste costretta a lasciare Penreith, e sicuramente dovreste
smettere di insegnare. Vale la pena di sacrificare la vita come l’avete
conosciuta solo per il vago piacere di mettermi in imbarazzo?
— Se accetto la vostra proposta è perché voglio aiutare i miei amici… pur
non negando che mi piace l’idea di sgonfiare la vostra arroganza — replicò lei
freddamente. — Inoltre, penso che vi sbagliate: una reputazione per costruire
la quale sono occorsi ventisei anni può essere meno fragile di quanto
pensiate. Se la mia fiducia è mal riposta, e questo vostro gioco mi costasse la
vita che conosco… ebbene, così sia.
— Cosa ne direbbe vostro padre?
— Quello che ha sempre detto. Che il dovere di un cristiano è di servire gli
altri anche se a caro prezzo, ed è un problema che riguarda solo quella
persona e Dio.
— Se lo fate ve ne pentirete.
— Può darsi, ma se non lo faccio rimpiangerò più ancora la mia
vigliaccheria. Possibile che lo sfidante all’improvviso abbia paura del gioco da
lui stesso proposto?
— Benissimo, signorina Morgan… Anzi, no. Suppongo di dovervi chiamare
Clare, perché siete quasi la mia amante. Avrete ciò che desiderate.
Concedetevi il resto della giornata per sistemare le vostre cose al villaggio. Vi
aspetto domattina, e non portate molti abiti, vi porterò a Londra, dove potrete
essere adeguatamente rivestita.
— Londra? I vostri obblighi sono qui… Nicholas.
— Non preoccupatevi, rispetterò la mia parte del contratto.
— Ma non volete sapere cosa occorre fare?
— Avremo il tempo di parlarne domani.
Il cuore di Clare accelerò i battiti quando si chiese se lui voleva riscuotere
subito il suo primo bacio.
— Allora vado. Ho molte cose da fare.
— Non ancora. — Lui le rivolse un lento, pericoloso sorriso. — Nei
prossimi tre mesi avremo modo di vederci anche troppo. Non è il momento di
cominciare a fare amicizia? — Alzò le mani, e lei si sentì mancare.
Dopo un breve silenzio, Nicholas abbassò la voce, — Forse la vostra
reputazione riuscirà a resistere dopo tre mesi sotto il mio tetto, ma voi sarete
in grado di resistere?
— Posso farlo, dal momento che devo.
— Sono certo che ne siete in grado — convenne Nicholas. — Il mio scopo
consisterà nell’insegnarvi a goderne.
Con grande sorpresa di Clare, non tentò di baciarla. Invece portò le mani
alla sua testa e prese a toglierle le forcine dai capelli. Lei divenne
penosamente consapevole della sua intensa virilità, delle sue abili dita, del
triangolo di cute abbronzata allo scollo della camicia.
Con il cuore che le batteva all’impazzata, rimase immobile anche quando
le dense ciocche dei suoi capelli scesero libere, in un torrente che le arrivò
alla vita.
— Mai tagliati? — chiese lui. E quando lei scosse il capo, sorrise. —
Deliziosi. Cioccolata amara con un po’ di cannella rossa. È questa la sintesi
della vostra vita, Clare? Fermo controllo e fuoco nascosto?
Completamente confusa, lei si affrettò a tirarsi indietro. — Arrivederci a
domani, milord.
Posandole una mano sulla schiena, lui l’accompagnò alla porta. — Se
decidete di tirarvi indietro, non penserò male di voi.
Col fiato mozzo e sentendosi vicina al crollo, Clare varcò la soglia e si
ritrovò in un piccolo salotto polveroso. Si lasciò cadere su una poltrona
coperta da un telo e si coprì il volto con le mani.
Si rendeva perfettamente conto della diabolicità del gioco proposto da
Nicholas. Lui sapeva esattamente ciò che le aveva chiesto: in realtà contava,
per scoraggiarla, sul suo timore di incorrere nella pubblica censura.
Il pensiero l’aiutò a riprendersi, e mentre tornava a raccogliere i capelli, si
rese cupamente conto che erano stati soprattutto la paura e l’orgoglio a farle
accettare quell’assurda sfida.

La riunione settimanale era l’anima della comunità metodista, e il gruppo


di Clare si riuniva proprio quella sera. Benissimo, pensò, così avrebbe avuto
modo di parlare con i suoi amici intimi. Ma mentre veniva intonato l’inno di
apertura, si sentì serrare lo stomaco per l’ansia.
Il conduttore del gruppo, Owen Morris, iniziò una preghiera collettiva. Poi
i membri avrebbero reso note le loro gioie e le sfide spirituali vissute nei
sette giorni precedenti. Era stata una settimana tranquilla, ma fin troppo
presto toccò a Clare dire la sua. Si alzò in piedi e guardò ciascuno dei cinque
uomini e delle sei donne presenti.
Pregando che la fiducia che riponeva in loro non fosse mal riposta, lei
cominciò. — Amici… fratelli e sorelle… sono sul punto di dedicarmi a
un’impresa che spero porti benefici a tutta Penreith. È fuori dalle norme,
addirittura scandalosa, e molti mi condanneranno. Prego che così non sia.
La moglie di Owen, Marged, che era la sua più intima, le rivolse un sorriso
di incoraggiamento.
— Parlacene. Non credo che tu voglia comportarti in modo da procurarti la
nostra disapprovazione.
— Spero che tu abbia ragione. — Clare guardò le sue stesse mani strette
assieme. Rialzando la testa, cominciò. — Il conte di Aberdare è tornato. Oggi
sono andata da lui per chiedergli di aiutare il villaggio.
Edith Wickes, che era sempre pronta a dire la sua, parve orripilata. — Hai
parlato con quell’uomo! Ma mia cara, era prudente?
— Probabilmente no. — E Clare proseguì fornendo una succinta
descrizione del patto che Aberdare e lei avevano stretto. Non parlò dei propri
sentimenti, non disse come il conte si era comportato e neppure che lei
doveva permettergli di baciarla una volta al giorno. Senza quei particolari la
spiegazione non richiese molto tempo.
Finito che ebbe, notò che gli amici la fissavano con varie espressioni di
sorpresa e di preoccupazione. Edith parlò per prima.
— Non puoi certo accettarlo! — dichiarò. — È indecente. Sarà la tua
rovina!
— Può darsi. Ma voi tutti conoscete la realtà della situazione, e se c’è una
possibilità che lord Aberdare la cambi, ho l’obbligo di tentare per assicurarmi
la sua collaborazione.
— Non a spese della tua reputazione. Un buon nome è il massimo tesoro
di una donna.
— Soltanto in senso mondano — replicò Clare. — È un fondamento della
nostra Chiesa che ogni persona debba agire secondo coscienza, e non
dobbiamo lasciarci sgomentare da ciò che il mondo possa pensarne.
— Sì — disse Marged dubbiosa. — Ma sei certa di essere chiamata a farlo?
Hai pregato per ottenerlo?
Tentando di mostrarsi ferma, Clare annuì. — Ne sono sicura.
Edith aggrottò la fronte. — E se Aberdare rovina la tua reputazione e non
mantiene le sue promesse? Non hai altro che la sua parola, e per quanto
riguarda il suo titolo, quell’uomo non è che uno zingaro mentitore.
— Per lui la sorte del villaggio non conta nulla, ma è un uomo che prende
molto sul serio i giochi — rispose Clare. — Penso che da questo punto di vista
sia attendibile.
Edith sbuffò. — Impossibile fidarsi di lui. Da ragazzo era selvaggio come
un falco, e tutti sappiamo cos’è accaduto quattro anni fa.
Jamie Harting, che era stato soldato finché aveva perso una gamba,
intervenne con la sua solita calma. — Non sappiamo esattamente cosa sia
successo. Molte voci, ma non gli sono state mosse imputazioni. Mi ricordo di
Nicholas quand’era ragazzo, ed era perbene. — Scosse il capo. — Tuttavia, non
mi va che la nostra Clare stia in quella grande casa. Io la conosco troppo bene
per pensare che abbia deviato dalla retta via, ma altri parleranno e
condanneranno. Mi riesce difficile approvarti, ragazza.
Marged guardò il marito, che lavorava alla miniera come addetto ai pozzi.
Era una fortuna che il lavoro non gli mancasse, ma Marged non dimenticava
che era duro e pericoloso. — Sarebbe meraviglioso se Clare riuscisse a
convincere lord Aberdare a migliorare le condizioni di lavoro nella miniera.
— Potrebbe farlo — disse Hugh Lloyd, che lavorava anch’egli alla miniera.
— Ma il proprietario e il direttore se ne fregano… — Arrossì. — Chiedo scusa,
sorelle. Voglio dire che non si curano affatto di ciò che succede a noi
minatori. Costa meno sostituire noi che installare nuove attrezzature.
Una volta ancora lo sguardo di Clare si posò su tutti i presenti. Non
sentendosi all’altezza, non aveva mai voluto diventare la guida del gruppo, e
non aveva mai neppure osato predicare. Ma era un’insegnante, e sapeva
richiamare l’attenzione.
— Ai tempi in cui certi membri della nostra società erano perseguitati,
mio padre ha rischiato la vita per predicare la Parola. Due volte per poco non
è stato ucciso da bande di delinquenti, e ne ha portato le cicatrici fino
all’ultimo giorno di vita. Se lui era pronto a rischiare la sua, posso, io
rifiutarmi di mettere a repentaglio qualcosa di banale come la reputazione
mondana?
A giudicare dalle loro espressioni, gli amici erano toccati dalle sue parole,
ma continuavano a dubitare. Clare capì che doveva insistere.
— Lord Aberdare non ha nascosto che la sua proposta non era il frutto di
un’illecita concupiscenza, ma semplicemente un modo di liberarsi di me. E
infatti ha scommesso su come avrei reagito, e ha perduto. La mia opinione è
che, quando sarò sotto il suo tetto, deciderà di utilizzarmi come governante, o
forse come segretaria.
Ci fu un collettivo sospiro di sollievo. Ma Edith scosse il capo. — Il fatto di
essere una governante non impedirà a sua signoria di farsi certe idee. Non
per niente lo chiamano il Conte Demone.
— Perché dovrebbe farsi idee sul mio conto? — ribatté Clare. — Senza
dubbio ha a disposizione tutte le donne immorali della buona società che
vuole… Come le chiamano? Tela da mutande?
— Clare! — esclamò Edith scandalizzata. — E cosa dobbiamo fare con la
scuola? Non avrai tempo per insegnare. E anche se lo facessi, moltissimi nel
villaggio sarebbero scandalizzati del fatto che insegni stando ad Aberdare in
circostanze così… così disdicevoli.
— Spero che Marged prenda il mio posto.
Marged spalancò gli occhi. — Credi che io sia all’altezza? A parte la scuola
domenicale, non ho mai insegnato, e non ho certo la tua preparazione.
Comunque, Clare, farò del mio meglio.
— Magnifico — disse Clare. — Ho compilato un programma delle lezioni e
ho scritto i giudizi sugli scolari. Se vieni a casa con me dopo la riunione, ti
darò tutto quello di cui avrai bisogno. — Poi si rivolse a Edith. — Marged sarà
molto occupata per i prossimi tre mesi. Lo so che è una faticaccia, ma ti
andrebbe di prendere il mio posto alla scuola domenicale?
L’anziana la guardò dapprima sorpresa poi compiaciuta. — Ma sì, mia
cara, se questo può esserti di aiuto.
Un altro componente del gruppo, Bill Jones, intervenne. — Dal momento
che abito proprio davanti al tuo cottage, non mancherò di tenerlo d’occhio.
Sua moglie Glenda parlò con aria decisa. — E chiunque sparli di te avrà a
che fare con me e la mia lingua!
Clare si morse il labbro, commossa. — Vi ringrazio tutti. Sono benedetta
nei miei amici.
Tra sé si augurò di non tradire mai la loro fiducia.
3

Nicholas si svegliò con un terribile mal di testa, che d’altra parte si


meritava abbondantemente. Rimase immobile a occhi chiusi, valutando la
situazione. A quanto sembrava il suo valletto, Barnes, lo aveva messo a letto
con addosso una camicia da notte. Lui preferiva di gran lunga dormire nudo,
ma supponeva di non essere stato in grado di protestare.
Mosse leggermente la testa, ma subito rinunciò, perché aveva
l’impressione di precipitare. Era stato un maledetto sciocco, e adesso ne
pagava il prezzo. Purtroppo aveva inghiottito abbastanza brandy per
cancellare i ricordi di ciò che era avvenuto il pomeriggio precedente.
Ripensando alla pugnace ragazzotta che gli era entrata in casa e aveva
accettato la sua ridicola sfida non sapeva se ridere o piangere. Essendogli
note le conseguenze per la sua povera testa, non fece né l’una né l’altra cosa.
Gli riusciva difficile credere ad alcune delle cose che aveva detto, ma i
ricordi erano troppo freschi. Per fortuna Clare Morgan non era venuta
armata: non era escluso che decidesse che fosse suo dovere di metodista
liberare il mondo di un aristocratico parassita, e quasi sorrise all’idea. Il loro
incontro gli era piaciuto, anche se sperava di tutto cuore che, dopo un’attenta
riflessione, la signorina Morgan decidesse di starsene a casa sua e
dimenticare l’accordo. Una donna come lei era davvero in grado di sbilanciare
un uomo.
La porta si spalancò e si avvicinarono passi silenziosi. Probabilmente
Barnes, venuto a vedere se era sveglio. Nicholas, che preferiva restare solo,
tenne gli occhi chiusi e i passi si allontanarono.
Ma non per molto. Cinque secondi dopo, acqua gelida ruscellò sulla testa
di Nicholas.
— Maledizione! — ruggì, svegliandosi di colpo. Avrebbe ucciso Barnes per
questo.
Non era il suo valletto. Nicholas aprì gli occhi annebbiati e trovò Clare
Morgan che si teneva a distanza di sicurezza con una brocca vuota in mano.
Dapprima Nicholas si chiese se per caso non avesse un incubo
singolarmente realistico. Mai avrebbe immaginato l’espressione di tranquillo
disprezzo nel faccino di Clare e neppure l’acqua fredda che gli aveva
inzuppato la camicia da notte.
— Perché diavolo l’avete fatto? — ringhiò.
— Il mattino di oggi si è trasformato in pomeriggio, e io sono rimasta tre
ore lì fuori ad aspettare che vi svegliaste. Abbastanza per avere una tazza di
tè, stendere la mia lista di richieste per Penreith e dare un’occhiata alla casa
per vedere di cosa ha bisogno per essere aperta come si deve. Forse non
l’avete notato… è straordinario quanto poco osservatori possano essere gli
uomini. Alla fine ho deciso di svegliarvi.
Parlava con un lieve accento gallese e con una bella voce ferma, che
indusse Nicholas a pensare al whisky invecchiato. E siccome usciva dalla
bocca di una ritrosa zitella, l’effetto era sorprendentemente erotico. Deciso a
sconcertarla, sogghignò.
— Le mie amanti mi svegliano sempre in modo più piacevole. Volete che
ve lo spieghi?
— Dite un po’, bevete spesso?
— Molto di rado. Con ogni evidenza, questa volta farlo è stato un errore.
Se ieri fossi stato sobrio, non avrei dovuto sopportarvi per i prossimi tre mesi.
— State tranquillo: se decidete di venir meno all’accordo continuerò a
pensar bene di voi.
— Avete una lingua da vipera. — Lui la guardò a lungo riflettendo. — E in
una donna questo mi piace. Adesso cercate il mio valletto e ditegli di portarmi
acqua calda per radermi. E in cucina fate preparare una cuccuma di caffè
caldissimo. Sarò dabbasso tra mezz’ora.
— Benissimo, Nicholas — disse, e si affrettò a togliersi di mezzo.

Quando lord Aberdare comparve nel salotto della colazione, esattamente


mezz’ora dopo, a parte il colorito scuro e i capelli troppo lunghi, sembrava in
tutto e per tutto un gentiluomo londinese alla moda. Clare concluse che lo
preferiva meno formale. L’abito che indossava in quel momento la rendeva
scomodamente consapevole dell’enorme differenza tra le loro condizioni
sociali.
Poi si ricordò di come le era apparso in camicia da notte, il petto quasi
nudo e la stoffa zuppa che aderiva alle spalle vigorose… No, quello era stato
un po’ troppo informale.
In silenzio si alzò e gli versò una tazza di caffè fumante, che lui inghiottì
in tre sorsate. La seconda tazza fu svuotata con la stessa rapidità. Se la riempì
da solo e si sedette su una sedia di fronte a Clare.
— Potete cominciare l’esposizione dei guai di Penreith e le soluzioni che vi
aspettate da me.
Adesso era fin troppo concreto. Per fortuna lei si era preparata. — I
problemi sono economici, con molte cause diverse. Sono cominciati cinque
anni fa, quando vostro nonno ha persuaso il Parlamento a promulgare una
legge sulla recinzione dei terreni, e una volta recintate le terre comunali per
permettere ad Aberdare di far pascolare le pecore, gli abitanti del villaggio
non sono stati più in grado di ricavare abbastanza dalla terra. Il lavoro è
scarso; resta solo quello della miniera di carbone. Il direttore, avendo a
disposizione manodopera a buon mercato, ha ridotto i salari e non acquista
attrezzature migliori, né prende le più elementari precauzioni.
— Quanti uomini sono morti nella miniera?
— Negli ultimi quattro anni, sedici uomini e quattro bambini per incidenti
di vario genere.
— Mi dispiace, ma le miniere sono sempre state pericolose, e i minatori
che ho conosciuto si sono mostrati orgogliosi di fare un lavoro che richiede
tanta forza e coraggio.
— Orgogliosi sì, ma non stupidi. I rischi nella miniera di Penreith sono
assai maggiori di quelli che dovrebbero essere. Prima o poi avremo un grosso
disastro, con la morte di decine, addirittura centinaia di persone. — Sebbene
si sforzasse di parlare obiettivamente, la voce di Clare ruppe.
— Devo supporre che abbiate perduto amici nella miniera?
— Non solo amici. Lì è morto mio padre.
— E che diavolo ci faceva nella miniera il reverendo Morgan?
Quello che ha sempre fatto: il suo lavoro. C’è stato un crollo. Due uomini
sono morti subito e un terzo era rimasto intrappolato. Era schiacciato dalla
vita in giù, ma ancora cosciente. Ha chiesto di mio padre, e mentre altri
uomini tentavano di estrarlo, mio padre gli ha tenuto la mano e ha pregato
per lui. Ma c’è stato un altro crollo, e lui, il minatore e un uomo della squadra
di soccorso sono rimasti uccisi.
— Impossibile aspettarsi di meno da vostro padre — disse Nicholas con
voce gentile. — Non vi è di conforto sapere che è morto com’è vissuto, sempre
con passione e coraggio?
— Ben poco — disse Clare intristita.
Seguì un silenzio imbarazzato. — Perché vi siete rivolta a me? Sebbene io
sia il proprietario del terreno dove si trova, la miniera è stata data in affitto
alla compagnia che la sfrutta. Soltanto il proprietario e il direttore possono
apportare cambiamenti.
— Il direttore, George Madoc, è intrattabile. Siccome ha una percentuale
sui profitti, preleva ogni penny che può, anche a costo di vite umane.
— Il proprietario è ancora lord Michael Kenyon? Pensavo che fosse
sensibile a richieste ragionevoli.
— Abbiamo cercato di metterci in contatto con lui, ma non ha mai risposto
alle nostre lettere. Nessuno è riuscito a parlargli, e negli ultimi quattro anni
non ha mai messo piede nella valle.
— Quattro anni. Un periodo… interessante — disse Nicholas in tono
enigmatico. — Ma se Madoc e lord Michael non vogliono apportare
cambiamenti, cosa pensate che possa fare io?
— Parlare con lord Michael. È un vostro amico.
— Michael era un amico, ma non lo vedo da quattro anni. E poi… non so
dove si trovi adesso e non so se ho ancora qualche influenza su di lui. Può
darsi che sia soddisfatto di come vanno le cose.
— Cosa che abbiamo preso in considerazione. Sé non possono esserci
cambiamenti, la soluzione sta nel creare altre opportunità di lavoro, e questo
voi potete farlo.
— Immaginavo che aveste un piano. Sentiamolo.
— Tanto per cominciare, voi siete il massimo proprietario terriero della
valle, ma non avete fatto niente per promuovere un’agricoltura più moderna.
Migliorando le modalità di allevamento del bestiame e di coltivazione della
terra, aumenterebbero i redditi e i posti di lavoro. Non sono un’esperta, ma
ho studiato documenti sulla coltivazione scientifica in Inghilterra. — Clare gli
porse un fascicolo.
— C’è qualcosa in cui non siete esperta? — Nicholas diede una breve
occhiata alle carte e le depose sul tavolo. — Portare fuori dal Medioevo
l’agricoltura locale mi terrebbe occupato per un paio di decenni, ma posto che
mi avanzi del tempo, avete altre richieste?
— C’è una cosa importante che potrebbe avere effetti immediati.
— Davvero? Continuate, vi prego.
— Forse non ve ne ricordate, ma siete proprietario dì un’antica cava di
ardesia, in fondo alla valle. Sebbene sia ferma da anni, non c’è ragione perché
non venga rimessa in funzione. E là il lavoro è meno pericoloso che in
miniera. Inoltre Madoc dovrebbe migliorare le condizioni e la sicurezza,
altrimenti perderà i suoi migliori operai.
— Mi ricordo della cava — rispose Nicholas pensieroso. — Probabilmente
le sue ardesie hanno coperto ogni edificio, della valle. Ma ce n’è ancora
abbastanza per uno sviluppo commerciale?
— Ci risulta che ce n’è moltissima, ed è stata sempre di ottima qualità. E
poi abbiamo fatto delle ricerche, e la cava è accessibile.
— A patto che non spaventiate le pecore. — Nicholas si prese una pausa
per riflettere. — Il problema con l’ardesia è il costo per portare il materiale là
dove è richiesto. Bisognerebbe costruire una teleferica per portarla al fiume e
imbarcarla sulle maone. E bisognerebbe costruire anche un altro molo.
— Ma una volta costruito il molo, il materiale potrebbe essere portato
ovunque: a Bristol, a nord, nel Merseyside… Potreste anche recuperare una
parte dei costi, se anche la miniera potesse servirsi del molo per trasferire il
carbone. Per voi potrebbe essere un bel guadagno.
— Non abbocco all’esca del guadagno. — Nicholas picchiettò con le dita
sulla tavola di mogano. — Avete idea di quante migliaia di sterline sarebbero
necessarie per rendere operativa la cava?
— Più di quanto potreste permettervi?
— Non ho detto questo — replicò lui, e si alzò in piedi. — Andate a cavallo?
— Sì, ma dopo la morte di mio padre ho venduto il mio.
— Nelle scuderie ci dev’essere qualcosa che vi andrà bene. Raggiungetemi
lì tra quindici minuti in abito da cavallerizza.

Quando Clare entrò nelle scuderie trovò Nicholas che già l’aspettava ed
era intento a una seria conversazione con uno degli abitanti dei grandi box. Si
volse al rumore dei suoi passi.
— Calzoni da ragazzo sono la versione di Penreith di un abito da
cavallerizza? — chiese in tono beffardo.
— Nella valle ci sono poche donne che cavalcano e ancora meno quelle
che possono permettersi un abito adatto — rispose lei piccata.
Nicholas le dedicò un pigro sorriso. — Non è che io vi disapprovi. Se con
quei calzoni andaste a cavallo a Londra, inaugurereste una nuova moda… o
provochereste una sollevazione.
Clare non si era aspettata che lui la scrutasse attentamente da capo a
piedi, e che le sue gambe coperte di pelle di daino la facessero sembrare tanto
nuda. Si rese conto che solo in quella giornata era arrossita più che nel
precedente decennio. Diede un’occhiata al box.
— È quello il cavallo che mi avete destinato?
— Sì. Rhonda è una purosangue gallese. Docile, beneducata, ritenuta più
intelligente degli altri cavalli. Per me è troppo piccola, ma per voi andrà
benissimo.
Aprì il portello del box e fece uscire Rhonda; uno stalliere comparve dal
locale degli attrezzi con una sella da amazzone. — Quella non occorre. Porta
una sella normale — disse il conte.
Per sé Nicholas prese un grande stallone nero, quello stesso che cavalcava
il giorno che Clare lo aveva visto arrivare. Il cavallo era nervoso, e lui gli
soffiò nelle narici per calmarlo.
— È un vecchio trucco zingaro per tener buono un cavallo. Utile se si ha
intenzione di rubarne uno.
— Non dubito che abbiate abbastanza esperienza in merito — replicò lei
asciutta.
— Temo di no. Una delle tristi conseguenze della ricchezze è che il furto
non ha più senso. Il pasto migliore che ho avuto da ragazzo era quando
condividevo con altri un pollo rubato e patate arrostite sulla brace. Magnifico.
Clare era nervosa quando uscirono dalle scuderie, ma la cavalla si rivelò
beneducata come lui aveva promesso.
La vecchia cava distava parecchi chilometri e dapprima procedettero in
silenzio. Clare scoprì che il suo sguardo continuava ad appuntarsi su
Nicholas, che cavalcava come un centauro, quasi fosse tutt’uno con lo
stallone. Era un vero piacere guardarlo.
A metà del percorso, quando il sentiero si allargò e furono in grado di
procedere fianco a fianco, Nicholas la guardò.
— Cavalcate meglio di quanto mi aspettassi, dato che avete imparato a
farlo sul vecchio ronzino di vostro padre.
Lei sorrise. — Se vi sembro capace, il merito va tutto a Rhonda. È
piacevole trovarsi in groppa a un animale così sensibile e che ha un passo
così tranquillo. D’altra parte Willow… così si chiamava quel vecchio ronzino…
aveva i suoi meriti.
— Mi incuriosisce sapere quanto cattiva è la mia reputazione in zona.
Cosa dicono a Penreith dei melodrammatici eventi di quattro anni fa?
— La gente crede che, dopo anni in cui avete tentato di spezzare il cuore di
vostro nonno, siete riuscito a sedurre sua moglie, e quando lui vi ha trovato a
letto assieme, ha avuto un ictus che l’ha ucciso. Quanto a vostra moglie, lady
Tregar, è rimasta orripilata scoprendo cos’era accaduto, ed è fuggita da
Aberdare. Era una notte di tempesta ed è morta quando la sua carrozza è
uscita di strada ed è finita nel fiume.
— Tutto qua? — chiese lui con aria indifferente.
— E non è abbastanza? Forse vi piacerà sapere che si suppone che vostro
nonno in realtà sia morto di veleno zingaresco e che la morte di vostra moglie
sia stata meno accidentale di quanto sembrasse. Tuttavia, il tribunale non ha
trovato prove a vostro carico.
— E senza dubbio non manca chi suppone che il Vecchio Nick sia riuscito
a corrompere un giudice per indurlo a nascondere la verità.
— C’è chi l’ha detto, ma il magistrato godeva di troppo rispetto. E poi il
cocchiere di lady Tregar ha giurato che era stato un vero incidente, dovuto al
fatto che lei imprudentemente insisteva perché andasse più in fretta.
— E il cocchiere ha detto dov’era diretta Caroline così in fretta? A volte me
lo sono chiesto.
— No, che io sappia. Ma importa?
— Probabilmente no. Pura curiosità. E come sapete, me ne sono andato
subito dopo, senza conoscere tutti i particolari. Comunque… il cocchiere vive
ancora nella valle?
— No. Quando ve ne siete andato, gran parte dei domestici sono stati
licenziati e sono finiti chissà dove. — Clare non seppe resistere alla voglia di
aggiungere qualcosa. — E almeno trenta persone hanno perso il lavoro
quando la casa è stata chiusa. Ci avete pensato quando siete partito senza
guardarvi indietro?
Dopo un lungo silenzio, Nicholas scosse il capo. — Per essere sincero, no.
Mentre studiava il suo profilo, Clare notò una tensione che smentiva la
sua aria svagata, e sentì la necessità di proseguire. — Avete sostenitori, oltre
che detrattori. Mio padre non ha mai creduto che poteste fare tanto male.
— Vostro padre era un santo. Io invece sono un peccatore.
— Ne siete orgoglioso, vero?
— Ma certo. Si deve pur andare fieri di qualcosa, no?
— Perché non esserlo per la rettitudine, la generosità o la cultura? —
chiese lei esasperata. — Le virtù degli adulti al posto dei vizi dei ragazzini.
Per un istante lui parve scosso, ma subito si riprese.
— Ad Aberdare, mio nonno faceva sfoggio di tutte le virtù e a me non
restava che il vizio.
— Il vecchio conte è morto quattro anni fa e voi siete un uomo adulto.
Trovate una scusa migliore… o cambiate atteggiamento.
Nicholas si rabbuiò. — I vostri rimproveri sono più da moglie che da
amante.
— Più da maestra di scuola — lo corresse lei.
— Sono certo che le vostre lezioni saranno pacate, di tono elevato e degne
di lode — disse Nicholas pensieroso. — Ma da me che lezioni ricaverete?
4

Da anni Nicholas non si recava alla vecchia cava. E se l’aveva fatto, era
stato immerso in tutt’altri pensieri. Questa volta, invece, esaminò con
maggior attenzione gli affioramenti superficiali.
— L’intera zona sembra essere di ardesia, con un sottile strato di terriccio
— osservò.
Clare annuì. — Un amico che se ne intende dice che ci vorrebbero decenni
per scavarla tutta.
Nicholas notò la sua aria preoccupata e fece un sorriso rassicurante. Con i
vecchi indumenti da ragazzaccio, sembrava più giovane e assai meno severa,
più un attraente monello che una maestrina.
— Dovete sforzarvi di essere più rilassata, invece di reagire sempre come
una gallina minacciata da una volpe. — L’aiutò a scendere di sella, poi
trattenne la mano di lei nella propria. — Si presume che a un’amante piaccia
il tocco del suo innamorato.
— Ma io non sono una vera amante.
— Non è necessario che condividiate il mio letto, ma ho intenzione di
trattarvi come un’amante in ogni altro senso. E questo significa che
trovereste i prossimi tre mesi assai più piacevoli, se vi lasciaste andare un po’.
— Con un tocco gentile le accarezzò le dita con il pollice. — Mi piace toccare.
La carne femminile è molto diversa da quella dei maschi. Ossa sottili,
piuttosto delicate, ma queste non sono le inutili mani di una signora che non
ha fatto niente di più vigoroso che alzare una forchetta. Una bella mano
capace.
Lei spalancò gli occhi e la sua mano tremò in quella di lui. E non era una
reazione di disgusto. Aveva un gran bisogno di calore fisico, sebbene lei
stessa non se ne rendesse conto.
Nicholas la lasciò andare e legò entrambi i cavalli. Poi, posandole una
mano leggera sulla schiena, la guidò al più vicino affioramento di lavagna ed
esaminò gli strati irregolari di pietra scura che non rifletteva la luce.
— Non mi sono mai reso conto che la lavagna si dispone in falde così
regolari.
— Non sempre. Questa è una vena di altissima qualità. Se ne farebbero
ottime beole di copertura.
A Nicholas venne un’idea. — State indietro. — Prese un grosso sasso e
colpì l’affioramento con tutte le sue forze. Una grossa lastra di copertura
andò in pezzi lasciando parecchi metri quadrati di superficie assolutamente
piana.
— Sarebbe ottima per un tavolo da biliardo.
— Ma perché vorreste usare la lavagna per un tavolo da biliardo?
— Il legno spesso si deforma, soprattutto in zone umide come il Galles —
spiegò lui. — Estrarre una lastra di quest’ardesia, coprirla di panno verde ed
ecco uno splendido tavolo da biliardo.
— Un uso frivolo per una buona ardesia.
— Ecco una lezione per voi, Clare. Le cose frivole di solito sono più
redditizie di quelle necessarie. Dirò al falegname di Aberdare di usarle per
rifare i piani dei tavoli di casa.
Passarono un’altra ora percorrendo il pendio della collina, esaminando
l’estensione e la qualità della lavagna in superficie, e osservando divertiti gli
agnelli che saltellavano attorno alle madri intente a brucare. Nicholas
constatava che era divertente lavorare con Clare quanto battibeccare con lei,
perché la sua mente aperta e i suoi modi diretti la rendevano assai diversa da
ogni altra donna a lui nota.
Nicholas, che come per caso le aveva messo un braccio attorno alle spalle,
indicò un affioramento in direzione sud-ovest.
— Mi sembra il posto migliore per la teleferica. Non è lontano dal fiume
ed è tutto terreno di Aberdare.
— Quando pensate di poter cominciare il lavoro alla cava?
— In piena estate, direi. La teleferica forse non sarà stata ancora
completata, ma le lastre rifinite possono restare qui, nell’attesa. E poi c’è la
questione del molo sul fiume.
— State sorridendo — notò lei. — Come se vi compiaceste della sfida che
dovete affrontare.
— Non ho le idee molto chiare. Pensavo di vendere Aberdare, ma quello
che mi avete chiesto di fare mi legherà più saldamente a questo luogo almeno
per un paio d’anni.
— Vendere Aberdare! — esclamò lei sconvolta. — Ma voi siete gallese, e
questa è stata per secoli la patria dei Davies.
— Io non sono gallese — replicò lui. — Sono mezzo zingaro, e sebbene a
mio nonno piacesse proclamarsi discendente dei re gallesi, per generazioni i
Davies hanno sposato ereditiere inglesi e il loro sangue è diventato più
inglese che gallese. Aberdare è solo una frazione dei miei beni, e la cosa
migliore per me sarebbe di voltare per sempre le spalle alla proprietà.
— Non potete venderla. Mi sembra che sulla proprietà ci sia il vincolo di
inalienabilità, sicché voi ne siete soltanto il depositario finché siete in vita, in
attesa di trasmetterla a un erede.
— Il vincolo di inalienabilità dev’essere riconfermato a ogni generazione, e
di solito lo si fa al ventunesimo compleanno dell’erede o al momento del suo
matrimonio. Ma gli unici figli di mio nonno sono morti prima di ereditare, e
siccome il vecchio non mi ha mai accettato come suo erede, ha continuato a
rimandare il passaggio di proprietà. È morto all’improvviso, così io ho
ereditato, e credo pertanto che se volessi, potrei non tener conto
dell’inalienabilità.
— Voi eravate il suo erede, e lo sareste stato anche se la sua seconda
moglie gli avesse dato un figlio maschio. Cosa sperava di ottenere vostro
nonno non procedendo al passaggio?
— Sperava in un miracolo. Molto pio, mio nonno. Era certo che Dio gli
avrebbe procurato qualcosa di meglio di un erede macchiato di sangue gitano.
— È per questo che lo odiavate?
— Non vi riguarda, mia cara. — Lui la prese per un braccio e la riportò ai
cavalli. — Non vi ha mai detto nessuno che siete troppo acuta?
— Secondo voi, perché sono ancora zitella? — Clare montò in sella e lo
guardò con aria grave dall’alto.
— Vostro nonno era ritenuto un buon cristiano e un proprietario
coscienzioso. Comincio a pensare che la verità fosse meno lusinghiera.
— Acuta, acuta. E credete che a me interessino queste vecchie storie?
— Un’amante non dovrebbe aver cura del proprio innamorato?
— Un’amante dovrebbe farlo, sì… ma non troppo. Denaro e passione sono
i fondamenti per un rapporto del genere.
— Dal momento che a me non interessano né l’uno né l’altra, qual è la
mia posizione?
— Quella di santo patrono della cava di ardesia — replicò prontamente lui.
— Forse la chiamerò la Grande Clare. E a proposito dei vostri progetti, voglio
dare un’occhiata alla miniera. Potete organizzare la cosa tramite i vostri
amici?
— Sono certa che il direttore, George Madoc, sarà felice di ricevere la
visita del massimo proprietario terriero della zona.
— Per il momento non voglio vedere Madoc, non ho bisogno di guide.
Sono in grado di rendermi conto da solo dei problemi di cui mi avete parlato.
— Il capo del mio gruppo è uno dei minatori, e sono certa che sarà ben
lieto di portarvi sottoterra e di illustrarvi i rischi.
— D’accordo, Combinate l’incontro al più presto, preferibilmente quando
non c’è in giro Madoc.
Il ritorno si svolse in silenzio.
Nicholas scese di sella per aprire un cancello che dava accesso a un
pascolo pieno di neri bovini gallesi. Sapendo che, se fosse, stato solo, avrebbe
semplicemente saltato il recinto, Clare apprezzò l’atto di cortesia.
Chiudendole il cancello alle spalle, Nicholas ruppe il silenzio. — Avete
ragione a dire che le attività agricole devono essere migliorate. Quando
andremo a Londra vedrò di comprare un paio di tori di alta qualità.
Serviranno per migliorare il bestiame di Aberdare, ma li metterò anche a
disposizione dei piccoli proprietari terrieri locali.
La tendenza al libertinaggio di Nicholas doveva essere contagiosa, e infatti
Clare si sorprese a replicare con una battuta audace.
— Suppongo che il pensiero delle bestie da monta potesse venire in mente
solo a un libertino.
Lui fece una risatina. — Se non state attenta, comincerò a credere che
siete dotata di senso dell’umorismo.
Lei preferì cambiare argomento. — È vero che dai vostri viaggi avete
portato alcuni animali insoliti?
— Qualcuno. Venite, ve li mostro.
Tornando a metterle una leggera mano sulla schiena, Nicholas la guidò tra
il fitto degli alberi. Con una certa inquietudine, Clare si rese conto che era
piacevole sentirsi difesa e protetta.
Sebbene sussultasse per la sorpresa, fu per lei un sollievo quando il
silenzio venne rotto da un rauco raglio che suscitò un coro di suoni simili.
— Si direbbe che ci sia un branco di asini — commentò.
Nicholas sorrise. — Aspettate.
Usciti dal bosco, si trovarono di fronte a un laghetto in una conca
rocciosa, e sulle sue rive si muovevano una decina degli esseri più strani che
Clare avesse mai visto. Alti forse una settantina di centimetri, gli animali, che
erano bianchi e neri, camminavano in posizione eretta come esseri umani e
sembrava che non avessero piedi. Il loro goffo ondeggiare era talmente
comico che scoppiò a ridere.
Ragliando come un asino, una delle bestie prese a litigare con uno dei
suoi simili; ci fu una breve zuffa, poi il secondo corse strillando verso il lago e
vi si tuffò.
— Clare, vi presento i pinguini. — Nicholas la prese per mano e l’aiutò a
scendere per il pendio fino alla spiaggia coperta di ciottoli. Alcuni pinguini si
rifugiarono tra l’erba alta, ma altri si mostrarono indifferenti alla loro
presenza. Uno anzi si avvicinò e becchettò lo stivale di Clare, che tornò a
ridere.
— Ho letto qualcosa sui pinguini, ma non sapevo che fossero così carini.
Ai miei scolaretti piacerebbe moltissimo vederli. Posso portarli qui?
Il conte sollevò un sopracciglio, ma finì per annuire. — Non ho niente in
contrario, a patto che i vostri scolari non li spaventino.
— Ma Inghilterra non è troppo calda per loro?
— Questi sono pinguini che provengono da isole nei pressi del capo di
Buona Speranza dove il clima è simile a quello del Galles. — Nicholas prese
un sasso e lo gettò. Un pinguino andò a guardarlo, poi se ne impadronì per il
nido. — Qui mi sembra che stiano benissimo, ma portarli è stato assai
difficile. Ho dovuto riempire di ghiaccio e paglia la stiva di una nave per
difenderli dal caldo durante la traversata.
— Mi sembrano molto goffi — osservò Clare.
— Solo sulla terraferma, ma in acqua è come se volassero. Osservate quei
due che si tuffano nel lago.
Sott’acqua, i due uccelli si muovevano con estrema agilità. Scomparvero
per un lungo periodo, riemersero per un istante e tornarono a immergersi.
Nicholas stette a guardarli con aria pensosa. — A suo tempo mi era venuta
l’idea di creare uno zoo popolato esclusivamente di animali bianchi e neri.
— Forse perché indossate sempre indumenti neri e bianchi e vi trovereste
in un ambiente adatto a voi?
— No, perché a me piacciono le zebre quasi quanto i pinguini. Le zebre
sono animali africani che assomigliano a cavalli a strisce bianche e nere.
— E perché avete cambiato idea?
— Le zebre vivono bene sotto l’ardente sole africano e in pianure
vastissime, e temevo che nell’umido e piovoso Galles non potessero
sopravvivere.
Rimasero in silenzio a guardare i pinguini che nuotavano veloci, poi
Nicholas la guardò.
— È una giornata calda, l’ideale per una bella nuotata.
Si allontanò dalla spiaggia sassosa, si tolse la giacca e il panciotto e
cominciò a liberarsi della cravatta.
Dimenticando i pinguini, Clare rimase a guardarlo a bocca aperta. — Ma
non potete spogliarvi e tuffarvi nel lago.
— Certo che posso farlo. E se voi foste una vera amante, lo fareste anche
voi.
— Non state parlando sul serio — replicò lei innervosita.
— Ah, Clare, quanto poco mi conoscete. — Si sedette su un masso e si
tolse gli stivali. Poi prese a sbottonarsi la camicia. — Spero che i pinguini non
si servano dei miei indumenti per farne un nido. Il mio valletto sarebbe
furibondo.
Si sfilò la camicia da sopra la testa esibendo una vasta distesa di liscia
pelle scura, e lei deglutì: — No… fermatevi, non è… non è decente.
— E perché? Pinguini, zebre e tutti i componenti del mondo animale
vanno in giro con la pelle che il buon Dio ha dato loro — ribatté il contese
ridendo gettò la camicia sul mucchio di indumenti.
Le sue spalle erano splendidamente vigorose come quelle di una statua
greca, ma calde di vita. Clare ne era come paralizzata, incapace di distogliere
lo sguardo dai peli scuri che gli coprivano il petto.
— Sicura di non volervi unire a me? L’acqua sarà fredda, ma il sole è
caldo, e assistere al ballo dei pinguini sott’acqua è un vero spettacolo.
Clare inghiottì a vuoto. — Vi aspetterò ai cavalli.
La risata di Nicholas la seguì mentre attraversava il bosco.
Si allontanò fino al punto di non vedere più il lago, ma aveva una gran
voglia di voltarsi e guardare il corpo nudo di Nicholas. Poi, rimproverandosi
severamente, si voltò e riattraversò il bosco tornando indietro, consapevole
che se Nicholas l’avesse vista sarebbe morta di vergogna.
Voltandole le spalle, Nicholas si stava avviando all’acqua e la sua pelle
splendeva dorata alla luce del sole. Era una figura gloriosamente pagana, in
perfetta armonia con la natura quanto il vento e gli alberi.
Clare trattenne il fiato pensando addolorata che mai avrebbe potuto
essere la Eva del suo Adamo.
Quante altre donne lo avevano visto nudo e avevano desiderato il suo bel
corpo virile?
E quante donne erano state da lui sedotte e dimenticate?
Il pensiero la snebbiò del tutto. Confusa, tornò nel fitto degli alberi diretta
ai cavalli. Sentendosi scossa e terribilmente sola, gettò le braccia al collo di
Rhonda e nascose il volto contro il manto caldo della giumenta.
Con una stretta al cuore, si rese conto di essere vulnerabile al fascino di
Nicholas. Poche ore in sua compagnia erano bastate a farle sospettare che gli
inganni di lui fossero più forti dei principi di lei.
Se lei era davvero la donna che gli altri pensavano che fosse, avrebbe
dovuto avere la forza di resistergli… ma non l’aveva. Per tutta la vita aveva
fatto del suo meglio per convincere quanti la circondavano che era dedita alla
pura spiritualità, così era stata un modello di metodista devota, aiutando i
bisognosi, confortando gli afflitti, e nessuno aveva mai dubitato della fede
della figlia di Thomas Morgan.
Ma in cuor suo aveva la vergognosa cognizione della propria impostura.
Neppure una volta aveva conosciuto l’estasi della grazia divina, sebbene
l’avesse vista in quelli che la circondavano.
Quel fallimento era stato il suo oscuro segreto, che non aveva rivelato a
nessuno. Non a suo padre, non a Owen Morris che, come capo del gruppo, era
anche il suo direttore spirituale… a nessuno.
Non che le mancasse la fede. Credeva fermamente che il mondo fosse
fatto per obbedire ai disegni di Dio. E soprattutto credeva, aveva bisogno di
credere, che le azioni fossero più importanti delle parole.
Si premette il pugno sulla bocca per reprimere un disperato singhiozzo.
Era orribilmente ingiusto, lei non era un’innocente pagana capace di cedere a
Nicholas senza sentirsi in colpa. E di una cosa era certa: i prossimi tre mesi le
avrebbero fatto conoscere l’inferno.
5

Un pinguino era scappato con la sua cravatta, ma il resto degli abiti era
stato risparmiato. Dopo essersi asciugato alla meno peggio con il panciotto,
Nicholas si rivestì, poi, fischiettando, si diresse ai cavalli. Con espressione
assente, Clare stava seduta a gambe incrociate sotto un albero. Con
rammarico di Nicholas, non c’era segno dell’attraente ritrosia di cui aveva
dato prova quando lui aveva cominciato a spogliarsi.
Allungò una mano per aiutarla ad alzarsi. — Avreste dovuto raggiungermi.
I pinguini erano in perfetta forma.
Ignorando la sua mano, Clare si tirò in piedi da sola. — Sono certa che
sarei stata talmente abbagliata da voi che non li avrei notati — disse in tono
gelido.
Nuvole avevano coperto il cielo, l’aria si era rinfrescata e il ritorno si
svolse in silenzio. Riportati i cavalli nelle scuderie, Nicholas accompagnò
Clare in casa, constatando con piacere che adesso accettava come una cosa
normale il suo tocco sulle spalle.
— Come vi sembra questa casa? — le chiese.
— È grandissima.
Lui guardò con aria disgustata la sala. — Ma vi piace?
— Non è una domanda leale. Io sono una donna semplice, con i gusti di
una persona che vive in un cottage. Apprezzo una sedia di quercia, una parete
imbiancata a calce, una trapunta ben fatta, ma non so niente di arredi, di arte,
di stile aristocratico.
— Questo non significa che la vostra opinione sia priva di valore. In
questa casa vi trovate bene?
— Per essere sincera, la trovo opprimente. È troppo piena. Ogni spazio è
strapieno di oggetti, di stoffe, di vasellame il cui prezzo basterebbe a nutrire
per un anno una famiglia povera. Non dubito che tutto sia di ottimo gusto,
anche se il governo della casa potrebbe essere migliorato. Preferisco il mio
cottage, comunque.
— Troppo ingombro — mormorò Nicholas. — Proprio quello che penso io.
Agli zingari non piace abitare in case, e qui mi sono sempre sentito sempre
soffocare.
— Vi considerate uno zingaro?
— Quando mi conviene. — Lui prese una figurina di porcellana che
rappresentava un leone intento a divorare un bambino disobbediente. A suo
nonno, e non lo sorprendeva, piaceva moltissimo. Nicholas aveva avuto
sempre voglia di farlo a pezzi.
Con un rapido movimento, scagliò la porcellana nel caminetto, dove andò
in pezzi con un botto. Compiaciuto, si volse verso Clare, che lo guardava
circospetta.
— Vi permetto di fare tutti i cambiamenti che volete. Sgomberate,
assumete altre domestiche, pulite, pitturate, fate quello che desiderate.
Comperate quello che ritenete necessario e fate mandare a me le fatture.
Porterà denaro all’economia locale e oltretutto piacerà moltissimo a
Williams, che trova piuttosto noiosa questa casa.
— Rientra nei doveri di un’amante il compito di rimettere a nuovo la casa
del suo uomo? — chiese lei allarmata.
— Moltissime amanti ne sarebbero deliziate — le assicurò Nicholas. — Vi
piacerebbe dare un’occhiata alle soffitte? C’è un bel po’ di mobilio, lassù, e
potrete scegliere i pezzi che più vi piacciono.
— Più tardi, forse. Ma prima di introdurre dei cambiamenti, vorrei
osservare e riflettere.
— Saggia donna. Adesso devo vedere il mio maggiordomo. Vi lascio libera
per il pomeriggio. Ceniamo alle sei. Se prima volete fare il bagno, chiamate
dalla vostra stanza.
Nicholas se ne andò sentendosi già meno oppresso dalla casa.

Clare dedicò l’ora che seguì a esaminare le stanze comuni. La disposizione


e le proporzioni andavano benissimo, ma il mobilio sembrava essere stato
scelto più per la grandiosità che per la comodità, e c’era troppo di tutto.
Finito l’esame, andò nella sua camera da letto, che era più vasta del suo
cottage. Troppo piena, ma le tende azzurre e le cortine del letto erano carine.
Tolse tutti gli arredi inutili e due spaventosi dipinti di animali morti.
Le sembrava ancora incredibile che il conte le avesse affidato la gestione
della casa con il permesso di spendere a piene mani.
Quando la pendola batté cinque colpi, si preparò per la prima cena con
Nicholas.
L’enorme semicupio le fu preparato da Dilys, la cameriera, che era un’ex
allieva e che aveva sempre adorato la sua maestra. Clare non aveva mai avuto
il lusso di tanta acqua calda. Vi restò immersa così a lungo che dovette
acconciarsi in fretta i capelli e rivestirsi.
Si esaminò con sguardo critico nello specchio. Il riflesso le rivelò
un’immagine realistica: una donna modesta dai mezzi modesti, troppo
ordinaria per suscitare le brame del conte di Aberdare. Ne ringraziò il cielo.
Era già troppo quel gioco crudele in cui Nicholas fingeva di volerla sedurre. In
cuor suo, e nei suoi lombi, c’era la convinzione che, se lui ci si fosse applicato
davvero, lei non sarebbe stata in grado di resistergli.
Nicholas era già nel salotto principale, intento a versarsi da bere da una
caraffa. Indossava un completo nero di splendida fattura e lo si sarebbe detto
pronto per mettersi a tavola con il principe reggente. Lei si fermò sulla soglia,
colpita dalla comicità della situazione. Cosa ci faceva la banale Clare Morgan
ad Aberdare?
Udendola entrare, lui alzò gli occhi e la fissò. — Siete molto carina questa
sera, Clare.
— Vi ringrazio — disse lei come se i complimenti fossero una cosa rituale
nella sua vita. — Sarebbe improprio da parte mia dirvi che potreste spezzare il
cuore a una ragazza impressionabile?
— E voi siete impressionabile?
— Per niente. — Clare si sforzò di apparire severa, ma non poté fare a
meno di sorridere.
— Peccato. Vi andrebbe un bicchiere di sherry?
Lei esitò un istante, poi scosse il capo. — No, grazie.
— Giusto. I metodisti evitano tutto ciò che potrebbe essere considerato
una bevanda peccaminosa. Bevete birra, vero?
— Naturalmente, come tutti.
Lui depose la caraffa e prese una bottiglia. — Perché non provate questo
vino tedesco? È più leggero di moltissime birre forti. E vi giuro che non vi
ubriacherà al punto da farvi ballare sul tavolo… Purtroppo.
— E va bene. Ne berrò un po’. Ma non dovete temere per il vostro tavolo:
io non ballo.
— Buon Dio, me n’ero dimenticato — Il conte aprì la bottiglia e riempì un
bicchiere. — Cosa fanno i metodisti per spassarsela?
— Pregano e cantano — rispose subito lei.
— Dovrò ampliare il vostro repertorio — Nicholas le porse un bicchiere. —
Brindiamo alla reciproca soddisfacente conclusione del nostro accordo?
— Sì. Fra tre mesi la miniera sarà più sicura e il villaggio di Penreith più
sano, più prospero e più felice. Spero anche che avrete la luce spirituale e
diventerete un uomo più sobrio e pio, e io tornerò a casa con la mia
reputazione intatta.
— La mia definizione di reciproca soddisfazione differisce dalla vostra in
molti dettagli.
— Quali?
— Preferisco non dirlo. Altrimenti mi buttereste in faccia il resto del
vostro vino.
Non senza stupore, Clare si rese conto che era intenta a scambiare battute
con un uomo. Ma la sua convinzione di avere il pieno controllo di se stessa
scomparve quando commise l’errore di guardare Nicholas in faccia. Lui la
stava studiando con un’ipnotizzante intensità.
E quando lo sguardo si abbassò sui suoi seni, i capezzoli le si indurirono.
Buon Dio, se era in grado di turbarla in quel modo quando distava da lei un
metro, cosa sarebbe accaduto se l’avesse toccata?
Prima di cedere completamente al nervosismo, fu salvata dal suono
sommesso del gong che annunciava la cena.
— Vediamo di cos’è stato capace il cuoco — disse Nicholas. — Non ho
avuto un pasto come si deve da quando sono tornato ad Aberdare, e non ho
idea delle sue capacità. Non so nemmeno se è un cuoco o una cuoca.
— In precedenza ho avuto modo di parlare con Williams, e mi ha detto che
una delle due domestiche, Gladys, è stata assunta come cuoca temporanea.
Voi non avete bisogno di una finta amante, bensì di una vera governante che
tenga in ordine la vostra casa.
— Non potreste essere tutte e due le cose?
Ancora una volta le mise una mano sulla schiena in atto di gentile
possesso. Lei sussultò, e naturalmente lui se ne avvide.
— A questo punto pensavo che dovreste sentirvi più a vostro agio con me
— disse a mezza voce. — Non dovete aver paura, Clare.
Lei gli rivolse un’occhiataccia. — Se avessi un po’ di buonsenso dovrei
essere terrificata. Siete il doppio di me e probabilmente quattro volte più
forte. Io sono alla vostra mercé.
Nicholas si adombrò. — Lasciate che ve lo ripeta: non nutro interesse per
donne ritrose. Nonostante la mia posizione sociale e la maggiore forza fisica,
siete voi quella di noi due che ha l’effettivo potere, perché avete diritto di dire
di no. Per esempio… — Alzò la mano e le sfiorò la guancia con le nocche.
Quel lento movimento la riempì di un calore seducente e allarmante.
Clare si sentì all’improvviso vulnerabile.
— Devo continuare? — mormoro Nicholas.
Con tutto il suo cuore lei avrebbe voluto dire di sì — No! — esclamò
invece.
La mano di lui scese immediatamente. — Vedete com’è facile fermarmi.
Con i nervi a pezzi, lei sospirò: — Perché non vi prendete il vostro bacio
giornaliero e la fate finita? Mi godrei di più la cena, se non mi sentissi come
un topo minacciato dal gatto.
— Adesso tocca a me dire di no. L’aspettativa è parte integrante del piacere
della seduzione. Siccome posso avere un unico bacio, desidero rimandarlo
quanto più possibile. Ma non abbiate paura, vi prometto di non balzare su di
voi da oltre il tavolo prima che vi siate fortificata con un po’ di cibo.
Nicholas non poteva ignorare che la sua vera paura non era che lui non si
fermasse, ma che lei non fosse in grado di dire di no. Era lei che doveva
essere più forte.
Con quel pensiero nella mente, lo indusse a parlare dei suoi viaggi,
anziché di argomenti di carattere personale. Restò sorpresa quando seppe che
aveva viaggiato in lungo e in largo sul continente.
— Come avete fatto a vedere tanta parte d’Europa quando Napoleone
aveva ordinato il blocco navale dell’Inghilterra?
— Viaggiando con i deplorevoli appartenenti alla mia genia. Neppure gli
eserciti di Napoleone potevano impedire agli zingari di andare dove volevano.
Quando mi sono unito a una kumpania, sono diventato uno dei tanti rom
mercanti di cavalli, e nessuno ha mai sospettato in me un britannico.
— Se aveste il gusto dello spionaggio, viaggiare come zingaro sarebbe stata
una perfetta copertura.
Nicholas si mise a tossire e lei lo guardò sorpresa. Finito l’accesso, lui
riuscì a parlare: — Mi è… mi è andato qualcosa di traverso.
— Strana coincidenza, o tossite perché vi dedicavate davvero allo
spionaggio?
— Siete davvero troppo acuta. Suppongo che non ci sia niente di male nel
dirvi che a volte ho passato informazioni utili a un mio vecchio amico che si
dedica a quest’attività. E ho fatto anche da corriere, ma non sono mai stato
una vera spia. Avrebbe richiesto troppo impegno.
Williams e Dilys entrarono insieme in sala da pranzo. La ragazza,
scoccando innervosite occhiate al conte, imbandì i piatti della prima portata.
Poco dopo Williams mise di fronte al padrone un grande vassoio di carni di
agnello che sembravano bruciacchiate, poi servì altri cinque o sei piatti.
Nicholas si accinse a trinciare l’agnello. — Se la minestra è un metro di
misura, in cucina Gladys sarà un problema per noi. L’aspetto di questo
cosciotto non sembra molto promettente.
Clare assaggiò la carne tigliosa e dovette ammetterlo.
— Bisogna fare qualcosa a proposito del cibo — disse il conte assaggiando
la sua.
— Io sono una buona cuoca, ma non avrò tempo di lavorare in cucina. E
non tentate di convincermi che un’amante deve anche far da mangiare per il
suo innamorato.
— Non pensavo di farvi sprecare il vostro prezioso tempo in cucina. —
Nicholas abbozzò un sorriso malizioso. — Ma un’amante può fare cose ottime
con i cibi. Devo descrivervele?
— No.
— Un’altra volta, magari. — Lui affondò la forchetta in una patata bollita,
che si disintegrò in una massa informe. — Conoscete un cuoco o una cuoca in
cerca di lavoro?
— Non nella valle. Sarebbe preferibile se cercaste a Londra. Ci sono
agenzie specializzate nella ricerca di chef francesi per case aristocratiche.
— Gli chef francesi sono perlopiù intrattabili. E nel Galles impazziscono di
noia. Possibile che in quelle campagne non ci siano buoni cuochi?
— Conoscono solo cibi poco adatti a un gentiluomo.
— Mi piace la cucina popolare, se è ben fatta. — Dopo un attento esame, il
conte mise da parte un ammasso dall’aria sinistra. — Persino i pinguini
rifiuterebbero questo pesce. Non conoscete una persona adatta che possa
cominciare subito, magari domani stesso?
— A Penreith c’è una donna che prima di sposarsi ha lavorato ad Aberdare
come sguattera. Non è una cuoca esperta, ma quando ho mangiato a casa sua
il cibo era squisito. E a lei potrebbe far comodo il lavoro. Il marito è morto
l’anno scorso nella miniera.
Dopo altri minuti di insoddisfacente masticazione, Nicholas la guardò. —
Adesso che avete avuto il tempo di riflettere, avete qualche idea a proposito
dell’arredamento?
— Ho dato un’occhiata in giro e la mia impressione è quella originale;
pulire e semplificare sarebbe già ottima cosa. Non vorrei fare niente di
radicale. Quando vi risposerete, sono certa che vostra moglie avrà i suoi
progetti.
— Non dovete preoccuparvi. Io non mi risposerò mai.
La defunta Caroline, viscontessa di Tregard, figlia di un conte, con il
matrimonio aveva portato un titolo e una fortuna. Clare l’aveva vista una
volta passare a cavallo nel villaggio. Era alta, aggraziata e di una gloriosa
biondezza, ed era rimasta immobile a fissarla.
Ancora una volta si chiese che cosa fosse davvero accaduto nella notte
fatale quando il vecchio conte e la viscontessa di Tregard erano morti. Era
difficile credere che Nicholas fosse stato così pazzo e immorale da andare a
letto con la moglie di suo nonno.
A meno che… a meno che lo odiasse al punto di volerlo ferire nella
maniera più crudele possibile.
Se le cose erano andate così, era moralmente responsabile della morte di
sua moglie, che doveva essere sconvolta per lo scandalo, e di suo nonno,
sebbene non li avesse uccisi con le proprie mani.
Disgustata, allontanò da sé il piatto.
Inconsapevole dei pensieri che le passavano per la mente, Nicholas
riprese il discorso sul cibo. — D’accordo, parlate con quella donna. E adesso
basta. Non è certo una cena da tirare in lungo.
Per un istante Clare restò disorientata: impossibile conciliare le sue
immagini da incubo con l’uomo affascinante e allegro che le sedeva di fronte.
Se doveva trascorrere tre mesi in sua compagnia, doveva escludere dai propri
pensieri ogni considerazione sul passato di lui. Altrimenti sarebbe impazzita.
Con uno sforzo riuscì a rispondere.
— Posso ritirarmi e lasciarvi al vostro porto?
— Preferisco fare a meno del porto. Vi trovo molto più interessante.
Proprio come dovrebbe essere un’amante.
— In questo momento non mi sento molto interessante. Posso andare in
camera mia o l’accordo mi impone anche di tenervi compagnia per tutta la
sera?
— Non credo che sarebbe corretto obbligarvi a sopportarmi di continuo.
Ma mi piacerebbe se lo faceste spontaneamente. È ancora presto.
Nella sua voce c’era un lieve tono di malinconia. Forse si sentiva solo,
cosa che ebbe la meglio sul bisogno di solitudine di Clare.
— Come si divertono alla sera le persone alla moda? — gli chiese.
Cogliendo nel suo sguardo una luce ormai familiare, si affrettò a chiarire le
cose. — No, non sono disposta a fare quello che pensate.
Lui ridacchiò. — Non soltanto intelligente, ma anche capace di leggermi
nella mente. Visto che rifiutate la mia prima scelta, possiamo giocare a
biliardo.
— Leggere in biblioteca sarebbe il modo ideale per passare la serata.
— Un’altra volta. L’unica ragione per cui la gente perbene condanna il
gioco è perché si corre il rischio di trovarsi in cattive compagnie. Ma non vedo
come giocare a biliardo possa peggiorare la vostra situazione.
6

La sala del biliardo era in fondo alla casa. Mentre Clare accendeva le
candele del lampadario a soffitto, Nicholas appiccò il fuoco per scacciare
l’umidità della sera primaverile. Poi tolse il telo che copriva il tavolo. Se ne
levò una nube di polvere che fece starnutire Clare. Lui si strinse nelle spalle.
— Vi chiedo scusa. Un’altra carenza in fatto di gestione della casa.
— Comincio a pensare che il mio ruolo come governante non mi
lascerebbe il tempo per essere un’amante.
— Posso sopravvivere con la polvere — si affrettò a ribattere lui. Prese
dall’armadietto le bocce di avorio e le dispose sul tavolo coperto di panno
verde. — Che tipo di stecca preferite?
— C’è differenza?
Nicholas le porse quella che chiamava mazza e che aveva una testa larga e
piatta. — È la maniera antica di giocare a biliardo. La boccia viene spinta più o
meno come nel gioco delle piastrelle, se mai l’avete praticato. Un giocatore
che usa una mazza non deve piegarsi.
Si tolse la giacca per muoversi liberamente poi puntò la mazza contro la
palla presa di mira e la mandò in buca.
— E la stecca? — domandò lei.
— La stecca permette maggior flessibilità e controllo. Ma immagino che
preferiate la mazza. È più morale.
Clare alzò un sopracciglio. — Come può essere più o meno morale un
pezzo di legno?
— La mazza risparmia a una signora la necessità di piegarsi e di esibire le
caviglie a eventuali maschi depravati — spiegò Nicholas.
Le labbra di Clare ebbero un tremito, ma represse il sorriso.
Nicholas se ne rese conto. — Perché non continuate e non vi permettete di
sorridere? Dev’essere un terribile sforzo fare sempre la faccia feroce.
La sobria, pia maestrina ridacchiò. Il conte non l’avrebbe creduto, se non
l’avesse udito con le sue proprie orecchie.
— Avete ragione — ammise Clare malvolentieri. — In voi non c’è niente di
serio, e per me è difficile mantenere la mia dignità. Ma sono perseverante. E
di qualsiasi stecca io mi serva, avrò sempre il sospetto di essere caduta nelle
grinfie di un asso del biliardo.
Nicholas fece rotolare una palla rossa verso una buca. A mezza strada, la
palla ne urtò un’altra e deviò a destra.
— Cerco di immaginare come funzionerà con l’ardesia.
— Quali sono le regole?
— Ci sono sei palle rosse, sei blu e una bianca, il pallino, che serve a
gettare le altre in buca, ma che non deve andarci. Ognuno di noi sceglierà un
colore.
Clare tentò un colpo con la stecca. Colpì il pallino, ma la palla si spostò
pigramente di lato. Aggrottò la fronte. — È più difficile di quanto sembri.
— Tutto è più difficile di quanto sembra. È la prima legge della vita. —
Nicholas girò attorno al tavolo e si mise al suo fianco. — Lasciate che vi
mostri come fare. Prometto di non guardarvi le caviglie.
— Bugiardo.
— Ragazza sospettosa.
Valeva senz’altro la pena di guardarle le caviglie come tutto il resto di lei.
Clare non era una che desse nell’occhio al punto da attirare l’attenzione
maschile in una stanza affollata, e i suoi abiti erano fatti per nascondere, più
che per eccitare. Ma aveva un bel viso, e quando si rilassava mostrava una
grazia naturale che richiamava gli sguardi.
Dopo che lei ebbe imparato le regole basilari, iniziarono una partita. Con
grande divertimento di Nicholas, la severa maestrina giocava come un
bambino entusiasta, aggrottandosi quando sbagliava ed entusiasmandosi
quando riusciva a mandare in buca una palla.
Alcune ciocche di capelli si erano sciolte, la sua posizione metteva in
risalto la deliziosa curva del culetto, e Nicholas era spesso tentato di darle
una sculacciata. Ma represse l’impulso perché l’atmosfera di armonia che si
era creata ne sarebbe stata guastata.
Continuarono così per un pezzo, finché la pendola non suonò. Clare la
guardò sorpresa.
— Già le undici!
Il giorno era quasi finito e il momento della verità era arrivato.
Immediatamente si irrigidì. Nella vana speranza che Nicholas si dimenticasse
che gli spettava un bacio, si schiarì la voce.
— È ora di andare a letto. Domani ho molte cose da fare: devo andare a
Penreith a cercare una cuoca, organizzare la vostra visita alla miniera,
accertarmi che la mia amica Marged se la cavi con la scuola.
Depose la stecca nella rastrelliera e si avviò all’uscio, ma Nicholas allungò
la sua puntandola sulla parete davanti a lei, a sbarrarle il passo. — Non state
dimenticando qualcosa?
— Non me ne ero dimenticata. Speravo che ve ne dimenticaste voi.
— Impossibile. È tutto il giorno che aspetto il mio bacio. — disse lui. —
Depose a sua volta la stecca sulla rastrelliera, si volse e la guardò con aria
pensierosa. — Essere baciata da me è una prospettiva così atroce? In passato
nessuna si è mai lamentata. Al contrario.
— E allora fatelo — disse lei, asciutta.
— Clare, non siete mai stata baciata con… intenzioni amorose?
— Nessun uomo ci ha provato.
— Vi garantisco che ci sono uomini che hanno sognato di baciarvi, ma li
avete intimiditi al punto che non hanno neppure osato tentarlo. — Le
accarezzò le labbra con il pollice. — Rilassatevi. Voglio persuadervi, non
terrorizzarvi.
I gesti di Nicholas erano fortemente sensuali, e l’effetto fu ancora più
perturbante di quello col quale le aveva sciolto i capelli. Le labbra di Clare si
ammorbidirono, si aprirono leggermente, e obbedendo all’istinto sfiorò con la
lingua il pollice di Nicholas. Sapeva di sale e di virilità, e arrossì quando si
rese conto dell’audacia del suo comportamento.
Ignorando il fatto che lei si era leggermente ritratta, lui sorrise. — Se
questo è un primo bacio, comincerò nella maniera più semplice. In fin dei
conti, abbiamo tre mesi davanti a noi. — Le mise le mani sulle spalle e chinò
la testa.
Il volto di Clare si indurì mentre si preparava a resistere al suo assalto. Ma
invece di baciarle la bocca lui le posò le labbra sulla tenera pelle della gola.
Clare ansimò e il cuore prese a batterle velocemente sotto il seducente
contatto della sua bocca. Aveva pensato di essere preparata, ma constatò di
non avere difese contro quell’inaspettata carezza. Calore, una lieve umidità,
sensazioni confuse che defluirono in basso, scuotendola e pulsando in luoghi
segreti, vergognosi.
— La vostra pelle è deliziosa — mormorò Nicholas, mentre le sue labbra
percorrevano il sensibile punto di incontro tra gola e spalla. — Celtica seta,
liscia e alluzzante.
Clare sentì che avrebbe dovuto fare qualcosa, ma non aveva idea di cosa.
Con gesto esitante posò le mani sulla vita di lui, sentendo muscoli duri sotto
il tessuto della camicia.
Dalla bocca di lui uscì una calda espirazione che le sfiorò l’orecchio, poi le
mordicchiò leggermente il lobo, e i denti erano in erotico contrasto con la
leggerezza delle sue labbra. Le dita di lei si mossero inquiete sulle sue
costole.
Quando lui cominciò ad accarezzarle le spalle e le braccia, Clare chiuse gli
occhi e si lasciò andare in un mare tempestoso.
Sentì una lieve pressione sulla parte posteriore del collo, poi la mano di
lui scivolò in basso e il palmo aperto riscaldò la zona tra le sue scapole. Con
un sussulto si rese conto che Nicholas aveva slacciato il bottone che chiudeva
la parte superiore del suo abito. Quando cominciò a fare lo stesso con quello
successivo, lei si ritrasse.
— Non c’è una… una durata limite al bacio? — chiese fingendo
padronanza di sé. — Sono certa che adesso dovrebbe essere finito.
Nicholas non fece nessun tentativo per impedirle di tirarsi indietro. Forse
il suo respiro si era fatto più rapido, ma per tutto il resto sembrava
indifferente.
— Un bacio non ha tempi prestabiliti. È finito quando uno dei due
partecipanti decide che è concluso.
— Benissimo. Allora il bacio di oggi è finito — replicò Clare. Allungò la
mano dietro la schiena e con dita incerte riallacciò il bottone.
— L’esperienza è stata negativa come vi aspettavate? Non sembrava che vi
dispiacesse.
Lei avrebbe preferito non rispondere, ma l’onestà la costrinse a dire la
verità. — Io… non mi è dispiaciuto.
— Vi faccio ancora paura?
Con la delicatezza di una farfalla le sfiorò i capelli sciolti. Lei avrebbe
potuto ignorare il suo tocco, ma notava qualsiasi cosa lui facesse. Chiuse per
un istante gli occhi, poi li aprì e incontrò il suo sguardo.
— Aristofane diceva che i ragazzi tiravano pietre alle rane per gioco, ma le
rane morivano sul serio. Se avete intenzione di spezzare la mia vita, fate pure.
Sì, milord, voi mi terrificate.
Lui si immobilizzò di colpo. — Soltanto cose rigide possono essere
spezzate. Forse la vostra vita ha bisogno di esserlo.
— Mi sembra un pensiero molto profondo. La vostra vita è andata a pezzi
quattro anni fa. Questo vi ha reso migliore o più felice?
Il volto di Nicholas si indurì. — È proprio ora di andare a letto. Domani
devo andare a Swansea, sicché ci rivedremo all’ora di cena. — Con la coperta
di velluto coprì il biliardo.
Clare si affrettò a chiudersi in camera da letto. Depose il candeliere e si
lasciò cadere in una poltrona premendosi le tempie con le mani. Un giorno e
un bacio erano passati. Come avrebbe fatto a sopravvivere ad altri novanta
giorni e novanta baci?

Nicholas rimase di fronte al caminetto a guardare le braci che si


spegnevano. La casa sembrava meno deprimente, adesso che c’era lei, ma
Clare aveva uno strano effetto su di lui. Forse perché non era abituato
all’innocenza, e il suo miscuglio di inesperienza e freddo senso pratico era
stranamente allettante.
Avrebbe voluto insegnarle che il desiderio non era peccato, e gli sarebbe
piaciuto farlo quella sera stessa. Maledicendo l’accordo che gli impediva di
fare altri tentativi di sedurla fino al giorno successivo, batté inquieti colpetti
con le dita sul marmo della mensola. Il ricordo degli occhi spalancati di Clare
e della sua pelle di seta gli rendeva difficile andare a dormire.
All’improvviso gettò la testa all’indietro e rise. Poteva essere frustrato, ma
si era sentito più vivo da molto tempo a quella parte. E bisognava attribuirne
il merito alla sua piccola metodista.

Clare aprì piano la porta sul retro della scuola ed entrò nell’aula tutta
bianca. Gran parte degli alunni erano chini sui quaderni, mentre Marged
teneva una lezione di aritmetica a bassa voce ai bambini più piccoli.
Appena lei entrò, le teste si volsero a guardarla, e ci furono sospiri e
risatine gioiose. Anche Marged la guardò sorridendo, e si arrese
all’inevitabile.
— È ora di pranzo. Salutate miss Morgan e andate pure.
Usciti i bambini, Clare si avvicinò a Marged e l’abbracciò. — Come te la
cavi?
Ridendo, l’amica si appoggio alla vecchia cattedra. — Ieri ho pensato che
non ce l’avrei fatta a sopravvivere. Se tu fossi stata qui, ti avrei implorato in
ginocchio di riprenderti la scuola. Ma oggi è andata meglio. Ancora due
settimane e penso che ci saprò fare. È un lavoro duro, ma mi sento
soddisfatta quando spiego qualcosa e il volto di un bambino si illumina di
comprensione. Naturalmente, tu sai bene che effetto fa.
Con un piccolo spasimo, Clare si rese conto che, sebbene credesse con
tutte le sue forze all’educazione, erano passati anni da quando aveva ricavato
vero piacere dall’insegnamento. Troppo spesso la annoiava ripetere le solite
cose, e forse era questa la ragione per la quale le piaceva quella sfida con
Nicholas: era un piacere avere a che fare con un adulto esperto,
imprevedibile, la cui intelligenza era pari alla sua.
Sentendosi un po’ in colpa per quel pensiero, spiegò all’amica che lord
Aberdare intendeva visitare la miniera per rendersi conto delle sue
condizioni, e Marged le disse che il direttore, Madoc, si assentava a metà
della giornata per andare a pranzare.
— Come va con il Conte Demone?
— Abbastanza bene. Non è stato molto lieto quando ho deciso di
raccogliere la sua sfida, ma ha accettato di buon grado la mia presenza.
— E tu cosa ci farai?
— Sembra che sarò un’ottima governante. Mi ha permesso di assumere
personale, di organizzare la casa e renderla più vivibile.
Passarono a parlare della scuola, poi Clare riprese la strada per Aberdare.
Mettere piede nell’anticamera fu come essere presa in un vortice. La sala
e il vicino salotto erano pieni di gente che lavorava duro, e siccome erano
tutti gallesi, cantavano in entusiastica consonanza.
Mentre lei si guardava attorno divertita, Rhys Williams, che era intento a
lustrare i candelieri a parete, si volse e la salutò. — La casa sta prendendo vita
— disse tutto fiero.
— Ho deciso di accettare il vostro consiglio e di concentrare i nostri sforzi
sull’atrio e il salotto, perché farà più colpo sul conte.
— Fa colpo su di me. — Clare scosse la testa ed entrò in salotto. — È
straordinario quanto sia servito togliere i mobili più brutti e le decorazioni. —
Ne erano stati tolti tanti che adesso c’erano vuoti da riempire.
— Sua Signoria mi ha detto che ci sono molti mobili in soffitta. C’è
qualcosa di adatto al salotto?
— Ce ne sono di belli. Vi accompagno a dare un’occhiata.
Williams la scortò in una foresta di forme e ombre. Sollevò un telo da un
piccolo divano. — Esiliato per i capricci della moda — spiegò. — Lady Tregar
voleva sofà con i piedi a zampa di coccodrillo — Emise un piccolo sbuffo. —
Prova evidente che buona educazione e buon gusto non è detto che vadano di
pari passo.
— Che tipo era lady Tregar?
L’espressione del maggiordomo si fece impassibile. — Non posso dirlo,
signorina Morgan. All’epoca ero il vice maggiordomo e assai di rado vedevo
Sua Signoria. Era molto bella, naturalmente. Volete vedere un suo ritratto?
— Certo. Non sapevo che ce ne fosse uno.
— Il vecchio conte lo aveva fatto eseguire in occasione del matrimonio del
nipote.
Williams accompagnò Clare in una soffitta più piccola, dove una
scaffalatura coperta di tela proteggeva una serie di quadri. Spostò uno dei teli,
poi alzò la lanterna per illuminare il ritratto. Raffigurava una giovane donna
vestita da ninfa greca, in piedi in un prato fiorito, e il vento le scompigliava i
biondissimi capelli.
Quella era la donna che aveva sposato Nicholas e ne aveva condiviso il
letto, e che adesso lo riempiva di dolore e sensi di colpa.
— Ho visto lady Tregar una sola volta in distanza, ma è più bella di quanto
pensassi.
— Non ho mai visto nessuna pari a lei — si limitò a commentare Williams.
— Perché il ritratto sta qui?
— Penso che la defunta contessa l’abbia fatto riporre quassù quando ha
chiuso la casa e si è trasferita a Londra.
Doveva essere Emily Davies, la seconda moglie del vecchio conte.
Possibile che avesse amato l’inquieto nipote del marito e fosse stata gelosa
della sua bellissima moglie? Forse così si spiegava che il ritratto fosse stato
relegato in quell’angolo nascosto.
Il volto di Clare si indurì. Quella casa era stata teatro di troppe cupe
emozioni, e forse era giunto il momento di fare irrompere la luce.
— Questo ritratto starebbe benissimo sopra uno dei caminetti del salotto.
Fatelo portare lì.
Williams fece per protestare, ma si trattenne. — Benissimo, signorina
Morgan. Volete mettere sul caminetto anche quest’altro? Un tempo era
appeso in salotto.
Scoprì un altro dipinto. Sebbene i capelli bianchi mostrassero che il
vecchio conte era stato ritratto verso la fine dei suoi giorni, sembrava che il
suo atteggiamento non avesse perso un briciolo di vigore e di arroganza.
Clare sapeva che a Nicholas non sarebbe piaciuto averlo ogni giorno
sott’occhio.
— Questo lasciatelo qui.
Trovò due bei paesaggi che meritavano di essere portati nelle stanze. C’era
un altro ritratto, e questa volta si trovò di fronte al volto di Nicholas. Era in
piedi, intento a reggere le redini di un cavallo, con alcuni cani accucciati ai
suoi piedi. Clare trattenne il fiato, incapace di resistere al fascino di quel bel
giovane ridente. Quello era il Nicholas che l’aveva affascinata quand’era
bambina. Poi notò che l’abito era sbagliato, troppo antiquato, e che
l’incarnato non era abbastanza scuro.
— Si tratta forse del padre di Sua Signoria?
— Sì, l’onorevole Kenrick Davies — disse il maggiordomo dopo aver letto
la targhetta sulla cornice. — Se n’è andato di casa prima che arrivassi io.
— Questo appendetelo sopra il caminetto più vicino all’atrio, e lady Tregar
sull’altro. Se abbiamo fortuna, riusciremo a sistemare il salotto prima che
lord Aberdare ritorni da Swansea.
Aveva una gran voglia di vedere come Nicholas avrebbe reagito davanti al
ritratto della sua defunta moglie.
7

Nel tardo pomeriggio, quando finirono di sistemare il salotto, il sole


entrava di sbieco dalle finestre. Clare ringraziò tutti quelli che avevano
partecipato ai lavori e li lasciò liberi.
Prima di salire di sopra per concedersi un bagno, diede un’ultima occhiata
al salotto. Sperando che Nicholas lo trovasse di suo gusto, tornò
nell’anticamera e tirò un sospiro di sollievo. La nuova cuoca, la signora
Howell, si era data da fare tutto il giorno, e adesso la casa era piena di
profumi di arrosto e pane fresco.
Fu quello il momento scelto dal conte per entrare in casa, a testa nuda,
scompigliata dal vento, il frustino in mano.
— Salve, Clare — la salutò con un sorriso. — È stata una giornata
produttiva?
— Molto. E per voi?
— Ho parlato con l’ingegnere che ha costruito gran parte delle teleferiche
di Merthyr Tydfiel e ho trovato il posto adatto per il molo. Ve ne parlerò a
cena — Aspirò col naso. — Ehi, che buon odore. Siete riuscita a trovare una
cuoca?
— Sì, e non è l’unica novità. — Con un cenno Clare indicò il salotto,
cercando di non apparire nervosa come si sentiva.
Il commento di Nicholas fu un piccolo fischio di sorpresa. — Buon Dio, è
così luminoso e attraente che non sembra di essere ad Aberdare.
— Non è merito mio. Le idee sono di Williams e il lavoro dei domestici
che ho reclutato stamani. Approvate i risultati?
— Ma certo. — Il conte le regalò un gran sorriso e si guardò attorno. Toccò
un fiore in un vaso pieno di garofani dal profumo speziato. — Dove avete
trovato fiori all’inizio della primavera?
— Che ci crediate o no, vengono dalla serra di Aberdare. Il giardiniere ha
continuato a far crescere fiori e ortaggi per quattro anni perché nessuno gli
aveva detto di smettere.
— Il vecchio Iolo con la gamba di legno? — Clare annuì e lui scosse il capo.
— È confortante pensare quanto potere avessi su Aberdare quando neppure ci
pensavo. Iolo, Williams, gli altri domestici che hanno continuato a lavorare
nel corso degli anni… Non mi merito tanta lealtà.
— No, non ve la meritate — confermò Clare con una punta di acidità. — E
la lealtà era dedicata più ai loro stipendi che a voi personalmente.
— Tuttavia… — Nicholas non proseguì la frase quando notò il ritratto di
Kenrick Davies. Dopo un lungo silenzio la guardò. — Mio padre?
— Così dice la targhetta. Il dipinto era in soffitta. Non l’avevate mai visto?
— Mai. Probabilmente mio nonno l’ha fatto portare di sopra quando ha
diseredato mio padre.
— Ma non vi ricordate di lui?
— Ben poco. Era uno che rideva molto, e penso che vivere da zingaro gli
piacesse moltissimo. Ma sono certo che se non fosse morto di febbre, penso
che una volta guarito sarebbe tornato alla vita dei gorgio.
Nicholas continuò a osservare i cambiamenti intervenuti, e si fermò a
sondare con la punta dello stivale un magnifico tappeto persiano.
— Da dove diavolo arriva questo?
Clare ricordava che era arrotolato sotto il ritratto di lady Tregar. Inghiottì
a vuoto. — Dalla soffitta.
Ma Nicholas non si riferiva al tappeto. Alzò il frustino e sferrò un colpo.
Clare ansimò e istintivamente alzò un braccio a difendersi il volto.
Fu solo quando lui ritrasse il braccio e colpì ancora, che si rese conto di
non essere lei l’obiettivo. Il frustino era piombato sul volto della sua defunta
moglie.
— Fatelo portar via. Subito!
Il conte si voltò e uscì dalla stanza sbattendosi con violenza la porta alle
spalle.
Sbalordita, Clare si lasciò cadere su una poltrona. Forse la collera di
Nicholas era frutto di dolore e sensi di colpa, ma l’espressione del suo volto
era più di odio che di dolore.
Con mani tremanti, suonò il campanello per chiamare Williams.
— A Sua Signoria non è piaciuto il riassetto? — chiese il maggiordomo.
— Gli è piaciuto moltissimo, ma ha trovato odioso il ritratto. Vuole che sia
rimosso immediatamente.
— Lo faccio subito. Preferite che quello spazio resti vuoto?
— Appendete quel dipinto del vecchio castello sullo sfondo di un
tramonto. Ha le stesse dimensioni.
Poi Clare andò di sopra e ordinò che le preparassero il bagno.
Il calore dell’acqua calmò le sue ansie e attenuò il dolore dei muscoli
affaticati. Più tardi si vestì e scese per la cena.
Nicholas entrò nel momento in cui la pendola suonava le sei. Era vestito
impeccabilmente, come la sera prima.
— Ceniamo subito? Non vedo l’ora di apprezzare l’abilità della cuoca.
Le prese il braccio e Clare si rese conto della tensione dei suoi muscoli
sotto l’elegante manica nera. La sua rabbia non si era placata, ma non ne era
lei l’oggetto.
Nicholas cominciò a rilassarsi quando la cena fu servita da Williams e da
uno dei suoi valletti. Si rivolse al maggiordomo.
— Williams, mi rendo conto del contributo che avete dato alla
sistemazione del salotto. Avete fatto molto bene.
Clare non poté non ammirarlo. Nicholas si era reso conto che qualche
parola di apprezzamento era un modo efficace per assicurarsi la lealtà dei
dipendenti. Da ciò che sapeva, era una lezione che il vecchio conte non aveva
mai appreso.
Mentre trinciava la carne, Nicholas annuì. — Ancora agnello arrosto, ma
questa volta cucinato come si deve.
Anche le patate risultarono croccanti e calde, gli asparagi teneri, la carne
della trota in salsa gwyniad si distaccò senza difficoltà dalla lisca. Fu il
miglior pasto che Clare avesse avuto da mesi.
Dopo essersi servito un’altra volta di ogni portata, Nicholas fece udire un
sospiro di soddisfazione.
— Raddoppiate il salario della signora Howell.
— Ma non sapete quant’è adesso.
— Quale che sia la cifra, merita di più.
— Come volete, milord. — Clare sorrise. — La pessima cuoca di ieri,
Gladys, adesso è la capocameriera. Sa pulire magnificamente.
Nicholas ridacchiò e si versò altro vino, poi prese a raccontarle quel che
aveva fatto a Swansea. Quindi toccò a Clare raccontare i cambiamenti
apportati nell’andamento della casa, e gli disse che aveva combinato una
visita alla miniera per il giorno dopo.
Fu una tranquilla conversazione domestica.
E lei restò sorpresa quando la pendola batté le dieci. Sentendosi
all’improvviso stanca, si alzò in piedi.
— È stata una dura giornata. Vado subito a letto.
— Venite qua.
La stanchezza di Clare svanì immediatamente; alla luce di quanto
accaduto nel pomeriggio, aveva quasi sperato che il conte dimenticasse il
bacio di sua spettanza.
Quando gli fu abbastanza vicina, lui le prese la mano e la trasse a sé
restando seduto. Il suo volto era a poca distanza e lei notò quanto
straordinariamente lunghe fossero le sue ciglia. Era bello al punto da
sembrare incredibile.
Continuando a tenerle la mano, Nicholas sorrise. — Dove vi bacerò questa
sera?
— Domanda retorica, perché avete già preso una decisione.
— Non ancora.
Il suo sguardo si posò sulla gola di lei dove l’aveva baciata la sera prima, e
il polso di Clare si accelerò.
Una volta di più il conte la sorprese, perché premette le labbra sulla sua
mano, e il suo fiato fu una calda carezza. Poi la lingua prese a sfiorarle il
palmo.
— Il corpo di una donna è una sinfonia — mormorò. — E ogni parte di voi
è uno strumento che chiede di essere suonato.
Le sue salde labbra salirono e le prese in bocca il mignolo. Pressione,
calore, umidore, una sensazione di desiderio vagamente avvertita. Il respiro
di Clare si accelerò, il suo corpo si rilassò.
La bocca di Nicholas tracciò un sentiero lungo la pallida, fragile pelle
all’interno del polso, e Clare, incantata, esalò un sospiro e si abbandonò. Con
la mano libera gli accarezzò i capelli di una scura morbidezza, fitti, sensuali,
vivi. Una volta di più ebbe la sensazione di sciogliersi, e si chiese come lui
riuscisse a ridurla così rapidamente in quello stato.
Fu solo quando si rese conto che l’altra mano di Nicholas era sulla sua
coscia e che stava lentamente salendo verso l’alto che, per un brevissimo
istante, prese in considerazione l’idea che continuasse fino a raggiungere la
pulsazione che sentiva tra le cosce. L’avrebbe di sicuro attenuata…
Solo allora le tornò il buonsenso. — Basta!
Si alzò di scatto dalle ginocchia di Nicholas, e quasi gridò quando lui
l’afferrò per il polso, finché si rese conto che l’aveva fatto soltanto per
impedirle di cadere.
— Non ci siamo ancora, ma domani è un altro giorno. — Lasciò il polso.
Anche il suo respiro era più rapido del normale. — Dormite bene, Clare.
Lei uscì, dalla stanza mentre il conte, preso il tovagliolo, cominciava
distrattamente ad annodarlo, riflettendo.
Clare era diversa da ogni altra donna che aveva conosciuto e certamente
assai differente da Caroline.
Mille volte meglio pensare a lei e alla sua dolce femminilità che al
passato.
Quando avevano cominciato il loro piccolo gioco, era stato in grado di
constatare obiettivamente che forse non sarebbe riuscito a sedurla, ma ormai
non era più un risultato accettabile. Quello era un gioco che voleva vincere. Si
alzò in piedi e si diresse verso la zona più remota della casa.

Quando Clare raggiunse il porto sicuro della sua stanza da letto, spalancò
una finestra e si riempì i polmoni di aria fresca e umida. Stava scendendo una
pioggerellina primaverile.
Lasciando la finestra aperta, indossò la camicia da notte e si infilò nel
vasto letto.
Mentre oscillava tra veglia e sonno, una lieve musica cominciò a inserirsi
tra le gocce di pioggia come frammenti di un sogno. Dapprima la trovò
piacevole.
Poi la sua misteriosa improbabilità la riportò alla piena consapevolezza.
Come poteva esserci musica nel cuor della notte in una casa quasi vuota? E
una musica come quella, un’aria delicata, elusiva come il canto di una fata si
sentì rizzare i capelli sul collo e si chiese se aveva mai udito parlare di spettri
ad Aberdare. Non che credesse ai fantasmi, naturalmente.
Si alzò dal letto, andò alla finestra aperta e ascoltò attentamente. Sì, la
musica veniva dalla casa.
Il giorno dopo, molti dei nuovi domestici si sarebbero mossi qua e là, ma
quella notte ad Aberdare dormivano soltanto sei persone. Clare si chiese se
per caso non fosse Williams il suonatore intento a esercitarsi in piena notte.
Ma il maggiordomo era cresciuto nel villaggio, e lei non aveva mai sentito
dire che fosse un musicista.
Con un sospiro accese una candela e indossò la vestaglia di lana. Tanto
valeva individuare la fonte del suono.
Aprì la porta e uscì nel corridoio. La fiammella della candela danzava sulle
pareti, le ombre oscillanti e il tamburellare delle gocce di pioggia la facevano
sentire come se fosse nel pieno di un melodramma neogotico. Con un brivido
si chiese se non le conveniva svegliare Nicholas, ma subito scacciò l’idea. Il
Conte Demone nudo a letto era più pericoloso di qualsiasi fantasma. In punta
di piedi, avanzò nella casa buia.
La sua ricerca la portò in una stanza nell’angolo più remoto dell’edificio.
Da sotto la porta filtrava una lieve luce che trovò rassicurante. Improbabile
che i fantasmi avessero bisogno di una lampada. Con precauzione, girò la
maniglia. Quando la porta fu semiaperta, si immobilizzò sbalordita.
L’abitante della stanza non era un fantasma.
Ma uno spettro non l’avrebbe sorpresa altrettanto.
8

Siccome nell’ombra traspariva un pianoforte coperto, Clare suppose che


quella fosse la sala da musica, ma ad attrarre il suo sguardo affascinato fu
Nicholas, il quale sedeva su una sedia accanto al fuoco vacillante, con aria
trasognata, una piccola arpa poggiata alla spalla sinistra. E se il suo volto era
immobile, le sue dita danzavano sulle corde traendone una melodia che
sembrava un suono di remote campane.
Certo, l’avrebbe riconosciuto comunque, ma la sua espressione lo faceva
sembrare un estraneo. Non era più lo sfacciato aristocratico o il minaccioso
libertino che conosceva, bensì l’incarnazione di un leggendario bardo celtico,
un uomo di talenti superiori a quelli dell’uomo comune.
La vulnerabilità della sua espressione la colpì, facendole pensare che forse
lei e Nicholas dopotutto non erano molto diversi. E pensieri del genere erano
pericolosi.
Nicholas prese a cantare in gallese, e la sua voce bassa riempì la stanza di
un baritono dolce e ricco come miele scuro:

Maggio, bellissima stagione,


dolci sono gli uccelli, verdi sono i boschi.

Dopo altri due versi, l’aria passò da un gioioso saltellio a un lamento in


minor:

Quando i cuculi cantano in cima agli alberi,


più grande si fa il mio dolore.
Il fumo irrita, la pena è impossibile nasconderla,
perché i miei congiunti sono trapassati.

Dolcemente ripeté l’ultimo verso con tutto il dolore del mondo nella voce.
Sebbene l’aria le fosse ignota, Clare si rese conto che le parole erano un
poema del medievale Libro Nero di Caermarthen, uno dei più antichi testi
gallesi. Lacrime le punsero gli occhi. Mai quelle parole familiari l’aveva
commossa tanto. Quando le ultime note si spensero sospirò, pensando a
tutto ciò che aveva perduto e mai più avrebbe avuto.
Udendo il suono, Nicholas alzò di scatto la testa, e le sue dita colpirono le
corde traendone un aspro accordo, mentre la vulnerabilità cedeva di colpo il
posto all’ostilità.
— A quest’ora dovreste dormire, mia cara.
— Anche voi. — Lei entrò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle. —
Non sapevo che vi intendeste di musica.
— È un fatto poco noto — rispose lui asciutto. — In tempi antichi, un
gentiluomo gallese doveva saper suonare l’arpa, per essere considerato degno
del suo rango; ma le cose sono cambiate, in questi tempi barbarici. Non
rivelate il mio vizio segreto.
— La musica non è un vizio, è una delle grandi gioie della vita — disse lei
in tono leggero. — Se è un esempio dei vostri modi selvaggi e perversi, non
posso non chiedermi se siete davvero quel libertino che il mondo vi crede.
— I miei veri vizi sono pubblici, e siccome suonare l’arpa ha irritanti
connotazioni angeliche, lo tengo nascosto per non rovinarmi la reputazione.
— Il conte intonò un breve ritornello bricconesco. — Voi e io conosciamo il
valore della reputazione.
— Divertente spiegazione, ma effettiva sciocchezza. — Clare lo guardò
pensierosa. — Perché avevate quell’aria tetra poco fa?
— Un gentiluomo apprezza la musica, come del resto l’arte e
l’architettura, ma non deve perdere tempo a occuparsene. E se,
malauguratamente, un uomo di sangue blu insiste a suonare uno strumento,
dovrebbe accontentarsi di cose come il violino o il pianoforte. Un gentiluomo
non dovrebbe assolutamente perdere il suo tempo con una plebea arpa
gallese.
— Presumo che stiate facendo il verso al vecchio conte, ma è difficile
credere che a lui non piacesse la vostra musica. Suonate e cantate
splendidamente.
— Gran parte dei comuni gallesi preferirebbero cantare che mangiare, e gli
zingari danzano tanto da farsi sanguinare i piedi. Mio nonno non approvava
eccessi del genere, e il fatto che io volessi suonare l’arpa era prova evidente
del mio infetto sangue bastardo.
Pigramente, Nicholas cavò dalle corde una serie di note melanconiche.
— È una delle ragioni per la quale ho imparato a parlare il gallese. Il
cimbrico è una favella antica, primitiva, adatta a guerrieri e poeti, e io avevo
bisogno di parlarla per rendere giustizia all’arpa.
— Dove avete imparato a suonare così bene?
— Da un pastore delle colline chiamato Tarn the Telyn.
— Tommaso l’Arpa — tradusse lei. — Da bambina, una volta l’ho sentito
suonare. Era meraviglioso. Dicevano scherzando che era l’incarnazione di
Llewelyn il Grande, tornato a ricordarci l’antica gloria del Galles.
— Può darsi che Tarn fosse davvero uno dei grandi bardi ritornati, perché
in lui c’era una capacità prodigiosa. Fabbricava le arpe con le proprie mani,
alla maniera medievale. — Nicholas fece risuonare la colonna dell’arco. — La
cassa armonica è ricavata da un unico pezzo di salice, e come le antiche arpe,
le corde sono di metallo anziché di budello. Con le sue istruzioni ne ho fatta
una, ma la tonalità non era ricca come la sua. Morendo, Tarn mi ha lasciato
questa.
— Siete più bravo di qualsiasi artista mi sia capitato di udire durante una
competizione alla festa di Eisteddfod. Dovete aver partecipato a qualcuna di
queste feste.
— Assai improbabile, Clare — disse lui, e ora la nostalgia era scomparsa. —
Io suono per me stesso.
— Perché non sopportate che la gente vi ammiri? Mi sembrate più a
vostro agio con il disprezzo.
— Verissimo — ammise Nicholas con voce dolce. — Tutti hanno
un’ambizione, e la mia è di essere un mostro senz’anima, un’offesa per le
brave persone timorose di Dio.
Clare sorrise. — Non posso credere che una persona che faccia musica
come voi sia senz’anima.
Nicholas fece risuonare ancora l’arpa, questa volta su un’aria più gentile.
— Se qualcuno l’avesse pensata come voi, sarei fuggito da Aberdare. Non so
se vostro padre mi abbia fatto un favore persuadendomi a restare, ma ho
dovuto ammirare la sua capacità di domare un bambino selvatico.
— Come ha fatto? Mio padre parlava molto poco del suo lavoro, perché era
convinto di essere semplicemente uno strumento di Dio.
— Sapevate che mia madre mi ha venduto a mio nonno per cento ghinee?
Sono arrivato ad Aberdare quando avevo sette anni e non avevo mai dormito
in una casa. Mi sentivo un uccello in gabbia, cercavo disperatamente di
evadere. Mi hanno chiuso nella nursery e hanno sbarrato le finestre per
impedirmi di tagliare la corda. Il vecchio conte ha chiamato vostro padre, che
rispettava per la sua devozione, sperando che riuscisse a esorcizzare i miei
demoni.
— Mio padre non era un esorcista.
— No. Semplicemente è entrato nella nursery con un paniere di cibo, si è
seduto sul pavimento in modo da trovarsi alla mia stessa altezza, poi ha
cominciato a mangiare una polpetta di montone. Ero affamato perché non
mandavo giù niente da parecchi giorni, e gliel’avrei rubata, anche se quando
un lacchè portava del cibo glielo gettavo in faccia. Ma vostro padre non mi ha
obbligato a fare niente e non mi ha rimproverato quando ho preso dal paniere
una polpetta. E dopo che l’ho divorata, mi ha offerto un sorso di birra e un
dolcetto di ribes. Mi ha dato persino un tovagliolo, e mi ha raccomandato di
pulirmi faccia e dita. Poi ha cominciato a raccontarmi storie. Giosuè e le
mura di Gerico. Daniele nella fossa dei leoni. Sansone e Dalila… e mi piaceva
soprattutto l’episodio di Sansone che fa crollare il tempio, perché avrei voluto
fare altrettanto, da quando avevo messo piede ad Aberdare. Vostro padre è
stato la prima persona a trattarmi come un bambino anziché come un
animale da domare, e io ho pianto tra le sue braccia.
— Lui era la persona più compassionevole che abbia mai conosciuto.
Nicholas annuì. — Il vecchio conte aveva saputo scegliere. Penso che
soltanto il reverendo Morgan sarebbe riuscito a persuadermi ad accettare la
situazione. Mi ha detto che ormai Aberdare era casa mia, e che se collaboravo
con mio nonno avrei avuto più libertà e ricchezza di qualsiasi zingaro. E
allora sono andato dal vecchio conte e gli ho proposto un patto. — Abbozzò
una smorfia. — È proprio vero che ho la propensione a strani patti. Gli ho
detto che avrei fatto del mio meglio per essere l’erede che voleva… undici
mesi l’anno. In cambio, avrei avuto un mese per stare con gli zingari.
Naturalmente a lui l’idea non è piaciuta, ma il reverendo lo ha persuaso che
era l’unico modo per farmi comportare bene. Così vostro padre è diventato il
mio tutore. Per i due o tre anni successivi è venuto ad Aberdare quasi tutti i
giorni liberi dall’attività di predicatore. Oltre alle solite materie scolastiche,
mi ha insegnato a comportarmi come un gorgio. Alla fine mi hanno mandato
a una scuola privata perché mi trasformassi in qualcosa di simile a un
gentiluomo inglese.
— Dev’esser stato difficile vivere in due mondi diversi. Non avete mai
avuto l’impressione di non essere né carne né pesce?
— Un’adeguata definizione.
— Più vi ascolto e meno mi sorprende che abbiate odiato vostro nonno.
— Dire che l’odiavo è… troppo semplice. Era il mio unico parente e volevo
piacergli. Ho studiato le buone maniere, la morale, il greco, la storia, l’agraria,
ma senza mai riuscire a soddisfarlo. Volete sapere qual era il mio delitto
imperdonabile?
Clare scosse la testa.
— Il colore della mia pelle — spiegò Nicholas. — Qualcosa che non avrei
potuto cambiare anche se avessi voluto. Ogni volta che mi guardava, vedeva
in me un dannato zingaro nero. È ridicolo e certamente poco cristiano odiare
qualcuno per il colore della pelle, ma cose del genere possono cambiare il
modo di vivere.
— La vostra vita era migliore quando viaggiavate con gli zingari?
— Sì, da molti punti di vista. Mia madre era un’orfana senza parenti
stretti, per cui potevo unirmi a qualsiasi kumpania si trovasse nei pressi di
Aberdare. Mi piaceva stare con loro, ma con l’andare del tempo ho cominciato
a vedere i miei consanguinei con occhi diversi. I rom si ritengono
completamente liberi, ma in realtà sono intrappolati dalle loro costumanze.
L’analfabetismo, il modo di trattare le donne, l’orgoglio di essere disonesti a
spese dei gorgio, i tabù sulla pulizia… Alla fine non sono più riuscito ad
accettare cose del genere senza pormi domande.
— Eppure avete procurato agli zingari un terreno in cui accamparsi ad
Aberdare.
— Naturale, sono la mia gente. I rom possono restarci per tutto il tempo
che vogliono. In cambio, chiedo loro di non dare fastidio agli abitanti della
valle.
— Dev’essere per questo che per anni non hanno avuto guai con gli zingari
— disse Clare. — Quand’ero bambina, ricordo che mia madre serrava l’uscio
quando i rom entravano nel villaggio. Diceva che gli zingari sono ladri e
pagani e che rubano i bambini.
— Le prime due affermazioni possono rispondere al vero, ma i rom non
hanno bisogno di rubare bambini, ne hanno già fin troppi.
— Un tempo sognavo di essere rubata da loro — confessò Clare. —
Pensavo che fosse bello essere tanto desiderati.
— Perché vi sentivate non desiderata? Io a volte mi chiedevo come fosse
avere per padre il reverendo Morgan, ma penso che i santi non siano le
persone più comode con cui vivere.
Clare ebbe l’impressione di essere stata pugnalata a tradimento. Come
osava quel libertino vedere cose che nessun altro vedeva e che lei
difficilmente ammetteva anche con se stessa?
— È molto tardi — disse. — Adesso che so che non siete un fantasma, vado
a dormire.
— Voi siete una di quelle persone che amano fare le pulci agli altri, ma
non vogliono che qualcuno guardi dentro di loro.
— Non c’è niente da sondare — replicò Clare, e si alzò in piedi. — Sono una
donna semplice e non ho una vita complicata.
— Avete bisogno di sentirvi desiderata? Io vi desidero. Belle caviglie,
oltretutto. Sono contento che abbiate deciso di servirvi della stecca per
giocare a biliardo.
— Voi vi fate beffa di me!
— Niente affatto. Vi sto semplicemente invitando a partecipare con me al
banchetto della vita, che comprende l’allegria, oltre al desiderio. La passione
è il miglior modo che conosco per dimenticare i dolori dell’esistenza.
— Adesso capisco perché vi chiamano il Conte Demone: voi praticate la
teologia del diavolo.
Nicholas andò verso di lei. — Mezzanotte è passata. È un altro giorno,
dunque. Posso avere il mio prossimo bacio?
— No. — Lei si girò e corse fuori.
Mentre si dirigeva verso la sicurezza della sua stanza da letto, Clare pensò
che il modo di pensare di Nicholas cominciava ad avere effetto su di lei.
Non soltanto era sulla strada della perdizione, ma cominciava anche a
desiderarla.
9

Quando furono in vista della miniera, Nicholas fermò il cavallo e si


guardò attorno. Non era un bello spettacolo. Una ciminiera mandava fumo
nero nel cielo senza nuvole, e per centinaia di metri tutt’attorno non
crescevano alberi.
— Il pozzo principale è in mezzo a quegli edifici — spiegò Clare indicando
alcune strutture annerite. — In particolare, quella costruzione serve per la
ventilazione, per l’accesso e per portare in superficie il carbone. C’è anche un
piccolo pozzo più antico, chiamato Bychan, che adesso serve soprattutto per
la ventilazione, ma a volte anche per accedere all’estremità meridionale della
galleria.
Sebbene distassero ancora mezzo chilometro, era chiaramente udibile il
rumore della macchina che pompava l’acqua, e Clare spiegò che era una
vecchia Newcomen.
— Le moderne macchine Watts sono assai più potenti.
— E la macchina è uno dei problemi?
Lei annuì. — Non solo è troppo piccola per una miniera di queste
dimensioni, ma ha quasi cent’anni ed è inaffidabile.
— Perché non è stata sostituita? Quando Michael Kenyon ha avuto la
miniera in concessione, avrebbe voluto modernizzare l’armamento in modo
da aumentare la produzione.
— Lord Michael ha apportato effettivamente certe migliorie, ma poi ha
perduto interesse e ha lasciato che a occuparsi della miniera fosse George
Madoc, il quale ha deciso che acquistare una nuova pompa sarebbe stato uno
spreco di denaro. Ed è stato anche il pretesto di cui si è avvalso per lasciare in
opera l’apparato di sollevamento azionato da cavalli.
Una prova di miopia da parte sua. Le nuove attrezzature sono costose,
certo, ma in breve tempo si ammortizzano. Mi sorprende che Michael non
abbia continuato a controllare l’attività della miniera. E pensare che è sempre
stato un buon affarista. Come sapete, la famiglia Davies un tempo era
proprietaria della miniera, ma mio nonno riteneva che fosse più un fastidio
che un guadagno. Michael se n’è interessato quand’è venuto a trovarmi.
Pensava che con una gestione migliore sarebbe stata più redditizia, per cui ha
fatto un’offerta. Mio nonno è stato ben lieto di liberarsi di quel fastidio.
— A quanto ne so, lord Michael per anni non ha messo piede nella valle.
Aveva acquistato Bryn Manor contemporaneamente alla miniera, ma poi l’ha
lasciato andare in rovina, così altre quindici persone hanno perso il posto di
lavoro.
— Gli aristocratici non sono stati generosi con la valle, vero?
— Per anni le cose sono andate malissimo. Soltanto la disperazione poteva
spingermi a cercare l’aiuto di un reprobo come voi.
I loro sguardi si incontrarono ed entrambi scoppiarono a ridere. Accidenti,
se gli piaceva quella donna con il suo aspro senso dell’umorismo! Entrambi
tacquero, mentre si avvicinavano ai tetri edifici.
— Qual è la causa del frastuono che esce da quel grande capannone?
— Là dentro il carbone viene passato al vaglio e selezionato, e vi sono
impiegati quasi tutti gli operai che lavorano in superficie.
— Si direbbe che la polvere copra tutto quello che si vede.
— Dal momento che amate vestirvi di nero, non dovrebbe darvi fastidio —
osservò lei. Indicò un altro capannone. — Possiamo lasciare lì i cavalli.
Mentre scendevano, venne alla loro volta un uomo grosso e muscoloso. —
Lord Aberdare — disse Clare. — Vi presento Owen Morris.
— Owen! — esclamò Nicholas tendendogli la mano.
Il minatore sorrise: — Non ero certo che mi riconosceste dopo tanti anni.
— Come avrei potuto dimenticarvi? Ho insegnato ad altri ragazzi a
catturare le trote, ma voi siete l’unico che ha mostrato di saperci fare. Marged
sta bene?
— Fareste meglio a cambiarvi per entrare in miniera — gli ricordò Owen.
— Sarebbe un peccato rovinare quei vostri begli abiti londinesi.
Il conte lo seguì in un altro capannone, dove si spogliò e indossò una
camicia, un’ampia giacca e solidi calzoni come quelli di Owen.
— Occorre altro? — chiese Nicholas alla fine.
Il minatore prese una manciata di morbida argilla da una cassa di legno e
vi piantò sopra due candele.
— Prendetene una. Quando si deve strisciare, potrete attaccare l’argilla
con la candela al vostro copricapo.
Questo era un pesante feltro ben imbottito. Il suo sarto londinese a
vederlo conciato a quel modo sarebbe svenuto. Uscirono e trovarono Clare in
attesa, anche lei in abito da minatore. Sembrava un ragazzo.
— Venite con noi? — chiese Nicholas sorpreso.
— Non sarà la mia prima discesa in miniera — rispose lei freddamente.
Raggiunsero l’imboccatura del pozzo girando attorno all’apparecchio di
sollevamento, un enorme aggeggio che somigliava a una ruota idraulica
collocata verticalmente. Ad azionarla erano i cavalli, e le cigolanti pulegge
pendevano nell’imboccatura del pozzo.
Mentre si avvicinavano, un paniere colmo di carbone giunse in superficie.
Due operai ne svuotarono il contenuto su un vagoncino. Un uomo anziano
uscì da un capanno.
— È questo il tuo visitatore, Owen?
— Sì. Lord Aberdare, vi presento il signor Jenkins, l’economo. È lui che
registra tutto quello che esce dalla miniera.
Nicholas diede un’occhiata all’imboccatura. — Come si fa a scendere?
Il signor Jenkins fermò una delle pulegge e fece udire una risatina. —
Accendete la vostra candela da una di quelle nel capanno. Poi afferratevi a
una delle corde.
— Buon Dio, è così che la gente scende ed esce dal pozzo? Pensavo che ci
si servisse di gabbie metalliche.
— Sì, nelle miniere moderne — rispose Clare.
Ma quella di Penreith era primitiva e niente affatto sicura, ed era per
questo che Nicholas si trovava lì. Osservò Owen accendere la sua candela, poi
sedersi su un’asse e afferrarsi con la mano a un cavo. Consapevole di essere
sospeso su un abisso di centinaia di metri, lui fece lo stesso. Aveva
l’impressione di essere messo alla prova.
Prendere posto sull’asse gli riuscì meno difficile che osservare Clare che
faceva lo stesso. Sospeso sull’abisso, dovette una volta ancora reprimere i
suoi istinti protettivi.
Con un cigolio la puleggia prese a scorrere e sprofondarono nel buio. Le
fiammelle delle candele oscillavano mosse dall’aria fumosa che saliva dal
basso. Nicholas si chiese se i minatori venissero colpiti da vertigini e qualche
volta storditi, cadessero.
Mentre diminuiva la luce che entrava dall’imboccatura del pozzo, notò
laggiù in fondo un puntino rosso che andana dilatandosi. Clare gli aveva già
spiegato che in basso ardeva un fuoco che era parte integrante del sistema di
ventilazione. Questo spiegava il fumo e il calore che salivano dal basso; in
realtà, era come calarsi in una ciminiera.
Nicholas guardò in giù e notò che il fuoco era in parte scomparso,
oscurato da un grosso oggetto nero che stava salendo all’insù con incredibile
velocità. Istintivamente si tese, sebbene soltanto Dio sapesse che fare per
evitare una collisione.
Con una formidabile ventata, l’oggetto sfrecciò accanto a loro, passando a
pochi centimetri da Owen, che restò impassibile, e Nicholas emise un sospiro
di sollievo quando si rese conto che era semplicemente un paniere carico di
carbone. Sì, la miniera aveva davvero bisogno di un ventilatore a vapore e di
gabbie metalliche per salire e scendere.
Un paio di minuti ancora e giunsero accanto a uno dei rumoreggianti
fuochi di ventilazione. Nicholas si avvide che si trovavano in una vasta
galleria. Figure nere di polvere erano intente a caricare un altro paniere di
carbone.
— Questo luogo — disse a Clare — presenta notevoli somiglianze con le
regioni infernali che vostro padre amava descrivere con tanto realismo.
Lei accennò un sorriso. — Qua dentro dovreste sentirvi come a casa
vostra.
— Adesso andiamo alla galleria di avanzamento occidentale — spiegò
Owen. — In questo momento non è in piena attività, così potrete vedere di
più.
Dalla galleria principale si dipartivano una mezza dozzina di tunnel. Ne
imboccarono uno, badando a evitare i vagoncini pieni di carbone che
uscivano.
— Questo è un carrello — spiegò Owen mentre ne passava uno spinto da
due adolescenti. — Contiene duecentocinquanta chili di carbone. Le miniere
più grandi sono munite di binari per i carrelli, che facilitano molto il lavoro.
Presero per una galleria laterale, Owen in testa, seguito da Clare e
Nicholas alla retroguardia. Il soffitto non era abbastanza alto per procedere
eretti, e il conte avvertì un odore umido e pietroso, completamente diverso
dal sentore terroso di un campo appena arato.
— Il gas è un grosso problema — riprese Owen. — Il biossido di carbonio
si raccoglie in fondo alle gallerie di avanzamento inattive e soffoca chi lo
respira. Peggio ancora è il grisù, perché può esplodere. Quando diventa
troppo denso, un minatore scivola dentro e dà fuoco al gas. Poi si stende e
lascia che la fiamma gli passi sopra la testa.
— Buon Dio, sembra un suicidio.
— Lo è — convenne Owen. — Ma questo non significa che sia inutile
raccomandarsi al Signore.
— Adesso che me lo dite, avevo sentito parlare di gas che viene acceso, ma
pensavo che il sistema fosse stato abbandonato perché pericoloso.
— Questa è una miniera molto tradizionale, milord — replicò il minatore
in tono asciutto.
— Fareste meglio a tornare a chiamarmi Nicholas, diamoci del tu. È una
mia immaginazione o qua fa più caldo che in superficie?
— Non è una vostra immaginazione — rispose Clare. — Più profonda è la
miniera, più elevata è la temperatura. Siamo più vicini alle regioni infernali,
non so se mi spiego.
Il sorriso di Nicholas durò finché il suo piede non calò su un oggetto che
strillò e poi scappò via squittendo. Muovendosi per riprendere l’equilibrio,
sbatté la testa contro il soffitto e si piegò, bestemmiando in zingaresco.
— Va tutto bene? — gli chiese Clare preoccupata.
Lui si tastò il cranio. — Si direbbe che il cappuccio imbottito mi abbia
salvato il cervello. Cos’è che ho calpestato?
— Probabilmente un ratto. Quaggiù ce ne sono moltissimi.
Owen, che si era fermato a sua volta, sorrise. — E sono sfacciati. A volte
strappano il cibo dalle mani dei ragazzi.
— Nessuno ha preso in considerazione l’idea di portare quaggiù un gatto?
— Ce ne sono parecchi. Fanno una vita comoda e sono belli grassi — disse
Clare. — Ma ci sono sempre più ratti e topi.
Superata una curva, Nicholas notò che una porta di metallo bloccava il
tunnel. Owen diede una voce.
— Huw, apri!
La porta si spalancò con un cigolio e un bambino, che doveva avere circa
sei anni, mise fuori la testa.
— Signor Owen — constatò contento. — È da un pezzo che non vi vedevo.
L’uomo gli fece una carezza, scompigliandogli i capelli. — Ero al lavoro in
superficie. Com’è la vita di un addetto alla porta di ventilazione?
— Niente di difficile, ma si soffre di solitudine stare tutto il giorno al buio
— rispose Huw con una smorfia. — E i ratti non sono per niente piacevoli.
Owen tirò fuori una candela di riserva e gliela porse. — Il tuo pa’ ti
permette di usare la candela?
— Dice che è troppo cara per un bambino che guadagna solo quattro pence
al giorno.
Nicholas aggrottò la fronte. Il bambino lavorava in quel nero buco per soli
quattro penny al giorno? Spaventoso.
Owen si cavò di tasca una caramella e la diede a Huw. — Ci vediamo al
ritorno.
Quando, superata la porta, furono fuori portata del suo orecchio, Nicholas
si rivolse al minatore.
— Che diavolo ci fa un bambino quaggiù?
— Suo padre ha bisogno di denaro — rispose Clare con tono duro. — La
madre di Huw è morta e suo padre, Nye Wilkins, è un ubriacone. Un avido
bruto che ha portato il figlio in miniera quando aveva solo cinque anni.
— Metà dei minatori sono fedeli alla cappella, gli altri alla taverna —
soggiunse Owen. — Cinque anni fa la nostra Clare ha preso la parola nella
cappella e ha detto che i bambini appartengono alla scuola e non alla miniera.
C’è stata una discussione, ma alla fine della giornata tutti gli uomini presenti
avevano promesso di non mettere i figli al lavoro prima dei dieci anni. —
Passarono davanti a un pozzo di aerazione chiuso da una parete di legno. —
Qui la roccia cambia e il filone scompare. Strano comunque che l’ingresso sia
chiuso. Ma ci sono molti pozzi a fondo cieco.
— Forse l’ossido di carbonio è particolarmente pericoloso in questo tunnel
— suggerì Clare.
Continuarono il cammino fino a giungere al termine della galleria. Lì, in
uno spazio angusto di forma irregolare, una decina di uomini erano al lavoro
con pala e piccone.
— Questi sono i minatori che tagliano il carbone dal filone — spiegò
Owen. — Quando il carbone viene estratto, il brecciame resta alle loro spalle e
i puntelli vengono messi più avanti per sostenere la galleria.
Lo sguardo di Nicholas si fermò su un minatore in fondo alla galleria. —
Quel tale laggiù non ha la candela. Come fa a lavorare?
— Blethy è cieco — rispose Clare.
— Parlate sul serio? Una miniera è pericolosa per un cieco. Come fa a
sapere dove scavare?
— Si guida con il tatto e con il suono del piccone — spiegò Owen. — Blethy
conosce a menadito la miniera, e una volta che un’inondazione aveva spento
le nostre candele, ha portato in salvo sei di noi.
Uno dei minatori si raddrizzò. — È tempo di preparare un’altra carica.
Un altro si asciugò il sudore dal volto. — Sì, Bodwill; tocca a te preparare
la mina.
Un uomo grande e grosso depose il piccone, prese una grande trivella a
mano e cominciò a praticare un foro nella roccia. Gli altri minatori misero i
propri attrezzi sul carrello e cominciarono a spingerlo lungo il tunnel.
— Quando il forello sarà abbastanza profondo, verrà riempito di polvere
nera e acceso con una miccia a lenta combustione — disse Owen.
— Ma la mina non rischia di far crollare la galleria?
— No, se è preparata bene.
Nelle sue parole Nicholas colse una tensione tale da far pensare che fosse
anche lei sul punto di esplodere. Poi si rammentò che il padre di Clare era
morto proprio nella miniera.
L’ultimo dei minatori era un uomo tarchiato, grossi muscoli e aria
pugnace. Quando, allontanandosi, fu all’altezza dei visitatori, si fermò e
scrutò Nicholas.
— Voi siete il Conte Zingaro, vero?
— Così mi chiamavano.
L’uomo sputò per terra. — Dite a quel dannato vostro amico Michael di
tenere d’occhio Madoc. Il vecchio George campa meglio di qualsiasi altro
direttore. — Tornò al suo carrello e riprese a spingerlo.
Nicholas guardò Owen. — Pensi che Madoc faccia la cresta sugli introiti
della miniera?
— Non posso affermarlo — rispose il minatore a disagio. — Sarebbe
difficile provarlo.
— Siete troppo tenero con lui — disse Clare. — Basta mettere assieme un
direttore avido e un proprietario incurante, e la malversazione è garantita.
— Se è proprio così, e Michael lo scopre, non vorrei trovarmi nei panni di
Madoc. Il mio amico ha un gran brutto carattere.
— Aspettate di conoscere il signor Madoc — disse Clare acida — La vostra
antipatia si trasformerà in vero odio.
— È un’affermazione poco cristiana — disse Owen con tono di pacato
rimprovero. — Andiamo, è tempo di uscire.
Nicholas lo seguì, ma si arrestò all’eco di un sordo boato.
— La carica di Bodwill — spiegò Owen.
Di colpo, Clare si voltò. — Ascoltate!
Sorpreso, Nicholas si girò a sua volta e guardò nella stessa direzione. La
visibilità era impedita da una curva a una settantina di metri alle loro spalle,
ma l’aria era stranamente compressa, e qualcosa veniva alla loro volta con un
suono liquido che era impossibile identificare.
Prima che potesse aprire la bocca per chiedere cosa stava succedendo,
un’enorme ondata esplose da dietro la curva, riempendo l’intero tunnel e
avanzando fragorosa verso di loro con mortale velocità.
10

— Afferratevi alle pareti e tenetevi stretti! Tenterò di salvare Huw — gridò


Owen. La sua candela scomparve mentre si allontanava. Clare afferrò il
braccio di Nicholas e lo spinse verso il più vicino puntello di legno.
— In fretta! Dobbiamo stare più vicini che possiamo al soffitto.
Nicholas, che aveva capito, lasciò cadere la candela, afferrò la ragazza per
la vita e l’alzò più in alto che poté. Continuando ad arrampicarsi, Clare trovò
appigli nella roccia, e lui la seguì. Quando l’acqua arrivò, spense le candele e
li sommerse completamente. La corrente era furiosa, e Nicholas dovette
mettercela tutta per tenersi aggrappato al legno. Qualcosa di pesante lo colpì
e passò oltre.
Il tempo passava e l’inondazione non scemava. Nicholas si chiese se non
fosse il loro destino quello di morire annegati laggiù, lontani dal cielo e dal
vento.
Era senza fiato, aveva gli occhi annebbiati e la presa di Clare cominciava a
indebolirsi quando finalmente la corrente cominciò a scemare. Poco dopo
notò che tra l’acqua e il soffitto c’era uno strato d’aria sempre più spesso.
Per lunghi minuti rimasero aggrappati l’uno all’altra, riscoprendo il
piacere della respirazione. Il livello dell’acqua lentamente scemò fino a
distare circa mezzo metro dal soffitto. E così rimase.
— Avete idea di quel che è successo?
Tra un colpo di tosse e l’altro, lei riuscì a rispondere. — La carica deve aver
aperto una falda. A volte capita, ma di solito l’inondazione non è così
abbondante.
— E la pompa a vapore è rotta — disse Nicholas preoccupato. — Spero che
venga riparata al più presto.
La fredda corrente continuava a investirli, e lui riusciva a sostenere
entrambi stando aggrappato al puntello, chiedendosi per quanto tempo
sarebbero rimasti intrappolati. Fatica e freddo avrebbero cominciato presto
ad avere la meglio.
— Se l’acqua ricomincia a salire, dovremo tentare di uscirne a nuoto. Ma
nel buio rischiamo di smarrirci. Penso che sia meglio restare qui e pregare
che il livello si abbassi ulteriormente.
— Voi pregate mai?
Nicholas ridacchiò. — Il mio amico Michael era un soldato, prima di
dedicarsi ad accumulare ricchezze. Una volta mi ha detto che sul campo di
battaglia non ci sono miscredenti.
Seguì un breve silenzio. — Credete che Owen e Huw siano riusciti a
salvarsi dall’inondazione?
— Probabilmente ce l’hanno fatta — rispose Nicholas sperando che il suo
ottimismo fosse giustificato. — Owen era abbastanza lontano da noi e vicino
alla porta metallica vigilata dal bambino.
— Lo spero proprio — sussurrò lei. — Ma può darsi che altri minatori
siano rimasti intrappolati dall’inondazione. È probabile che Bodwill non si sia
allontanato abbastanza, quando ha fatto scoppiare la carica.
Stava tremando violentemente, e lui ne comprendeva la ragione, chiese: —
Vostro padre è rimasto ucciso in questa zona?
— No, è successo all’altra estremità della miniera. Ma io odio questo
posto. Buon Dio, se potessi chiudere domani la miniera lo farei! Sapeste
quanti ne sono morti quaggiù…
— Avete perduto qualcuno che vi era particolarmente caro? — chiese con
voce sommessa Nicholas.
— Un tempo… avevo un innamorato. Eravamo molto giovani. Io avevo
quindici anni, Ivor un anno di più. Prima che le cose prendessero un’altra
piega, c’è stata un’esplosione di gas e lui è bruciato vivo.
Da quand’erano giunti alla miniera, Nicholas aveva fatto del suo meglio
per reprimere l’istinto protettivo nei confronti di Clare. Ma a questo punto
rinunciò al tentativo e le offrì l’unica consolazione possibile.
— Avete un bel coraggio ad avventurarvi in queste profondità — sussurrò,
e chinando la testa le posò le labbra sul volto.
Lei fece udire un lieve sospiro quando le loro labbra si incontrarono e gli
posò la testa sulla spalla. La sua era calda, in contrasto con la guancia fredda.
L’acqua sosteneva il loro peso, e a Nicholas riusciva facile stringerla a sé e
accarezzarne il corpo. All’inizio il bacio fu quasi casto, ma nulla di casto c’era
nel desiderio che lei gli suscitava. Provò a schiuderle leggermente le labbra e
la bocca di Clare gli si offrì.
Quando le sfiorò le labbra con la lingua, lei abbozzò un gesto di sorpresa,
e per un penoso istante Nicholas pensò che decidesse che lui aveva avuto il
suo bacio quotidiano. Invece la lingua di Clare toccò pudicamente la sua, e le
sue mani gli percorsero la schiena.
Clare non si era aspettata tanta travolgente tenerezza. Seppe per istinto
che quell’abbraccio era diverso dai precedenti, e li coinvolgeva entrambi. Il
pericolo aveva fatto di loro due sodali, anziché due antagonisti.
Con riluttanza scostò il viso. — Io… penso che sia il momento di
smetterla.
— Pensate? Non ne siete certa?
Prima di poter rispondere, la bocca di Nicholas ritrovò quella di Clare,
suscitando in lei un’incantevole sensazione che fece crollare il suo fragile
buonsenso. Gli si strinse di più, tremò quando la mano di lui salì ad
accarezzarle il seno, un contatto che scatenò una travolgente ondata di
eccitazione alla quale seguì un senso di colpa, e forte fu il suo imbarazzo
quando si rese conto che i suoi lombi aderivano a quelli di lui in maniera
assai disdicevole. Si ritrasse decisa.
— Ne sono sicura.
Nicholas trattenne il fiato, poi, lentamente, lo trasformò in un sospiro di
rimpianto.
— Peccato.
— Mi avete salvato la vita, milord. Vi ringrazio.
— Puro egoismo da parte mia. Senza di voi la mia casa crollerebbe a pezzi.
— Ma senza di me a complicarvi la vita sareste stato libero di abbandonare
Aberdare.
Poi guardò l’acqua e constatò che il livello era ulteriormente calato.
Abbassando un piede, Nicholas trovò terreno saldo. — L’acqua mi arriva al
mento — disse. — E la corrente non è troppo forte. Penso che sia ora di
andarsene. Voi dovete mettervi a cavalluccio sulla mia schiena. Non voglio
rischiare di perdervi nel buio.
— A proposito del buio, avete per caso un acciarino? Potremmo accendere
una candela.
— Le vostre le avete ancora? Le mie le ho perdute quando siamo stati
investiti dall’acqua.
Lei gli si aggrappò al collo e gli mise le gambe attorno alla vita,
constatando che la forte muscolatura di Nicholas era assai più rassicurante
della trave marcia alla quale era rimasta aggrappata fino a quel momento.
— Se io allungo un braccio di fianco posso seguire la parete laterale —
propose.
— Ottima idea.
Lui avanzava nell’acqua con sicurezza, e la sua anca muscolosa premeva
sulle sensibili cosce di lei.
Dopo quell’indecente intimità, sarebbero riusciti a mantenere un rapporto
sicuro? Ma era mai stata al sicuro, da quando si era recata ad Aberdare per
ottenere la sua collaborazione?
Continuarono a procedere a quel modo, superando due volte gallerie
laterali. Poi lei toccò qualcosa di diverso, freddo, scivoloso, cedevole. Stoffa.
Emise un piccolo grido e si ritrasse.
— Che succede? — le chiese Nicholas.
— Qui… c’è un uomo annegato.
Lui si fermò. — Può darsi che sia ancora vivo.
Lei rabbrividì e scosse il capo. — Non credo.
— Probabilmente è il povero Bodwill. Quando c’è stata la prima ondata,
qualcosa di pesante mi ha investito. Può darsi che fosse un corpo. Ma non c’è
niente da fare. Dobbiamo lasciarlo qui.
Continuarono la marcia lungo una galleria che sembrava senza fine. Ma
almeno erano riusciti ad accendere una candela e a procurarsi un po’ di luce.
— Il tunnel continua, ma il soffitto scende più in basso del livello
dell’acqua.
Clare tentò di ricordare. — Siamo arrivati al punto in cui il soffitto è molto
basso. Ve ne ricordate? Qui avete dovuto chinare la testa.
— Non vorrei portarvi sott’acqua senza sapere quanto è lungo il tratto da
percorrere. Siete in grado di tenervi aggrappata a un puntello mentre io vado
in esplorazione?
L’ultima cosa che Clare poteva desiderare era di restare sola in un tunnel
allagato e con un cadavere galleggiante, ma si impose la calma.
— C’è un puntello a circa tre metri alle nostre spalle. Mi aggrapperò a
quello.
— A proposito, finora non mi sono servito del bacio quotidiano.
— Credo che non ci siano le circostanze adatte.
— In tal caso… — Lui la strinse tra le braccia e tornò a baciarla sulla bocca
molto più a lungo di prima.
Quando finalmente si separò da lei, Clare sospirò. — Siete un
impertinente, lord Aberdare!
Nicholas ridacchiò. — Certo che lo sono. — Poi prese a nuotare verso il
punto in cui il soffitto si abbassava.
Adesso che non era più aggrappata a lui, Clare aveva l’impressione che la
temperatura dell’acqua si fosse ulteriormente abbassata.
Finalmente lui riemerse ansimando.
Quando riuscì a parlare, nuotò alla volta di Clare.
— Il tunnel presenta una lieve pendenza e dall’altra parte l’acqua è molto
più bassa. Penso che possiamo farcela, ma non sarà piacevole. Devo portarvi
sott’acqua. Vi fidate di me?
— Ma certo. Avete troppo bisogno di me per tenervi in ordine la casa.
Facile scherzare adesso che era nuovamente con lui.
Nicholas rise e la trascinò sott’acqua, fino a superare la zona di soffitto
basso. Clare non avrebbe resistito un altro secondo, con i polmoni che
stavano per scoppiarle, quando lui appoggiò i piedi a terra ed entrambi
riemersero.
— Brava ragazza — mormorò lui accarezzandole la schiena.
— Per niente brava — bofonchiò lei. — E neppure ragazza. Non sono che
una maestra zitella e un po’ arcigna.
Lui rise e tornò a baciarla. Lei avrebbe avuto il diritto di fermarlo, visto
che aveva già superato i limiti, ma non lo fece. Il bacio le diede coraggio;
avrebbe pensato alla morale quando fossero stati in salvo.
— La pompa si è rimessa in funzione — disse. Con precauzione tastò il
terreno e constatò che poteva tenere la testa fuori dell’acqua.
— Questo richiede un bacio celebrativo. — Nicholas la prese tra le braccia
e le cercò la bocca.
Ogni volta per lei era più facile sciogliersi nel suo bacio, e ancora si ritrovò
a fluttuare in un inebriante miscuglio di acqua e desiderio. Un paradiso in
una miniera di carbone.
Sforzandosi di ritrovare il buonsenso, si piegò all’indietro. — Se non la
smettiamo, quest’acqua comincerà a bollire.
— È la cosa più bella che mi avete detto.
Continuarono il cammino e ben presto giunsero a una parete che diede un
suono metallico, quando Nicholas batté con la mano libera.
— Penso che abbiamo raggiunto la porta dove Huw era di servizio.
Fu a quel punto che videro la luce di molte candele che si avvicinavano.
Una mezza dozzina di uomini veniva verso di loro con l’acqua alla vita. In
testa c’era Owen, che diede loro una voce, poi tutti insieme si avviarono,
sguazzando, verso la galleria principale.
— È ogni giorno così o era un evento organizzato a mio beneficio? —
chiese Nicholas. Owen non rispose.
11

Sapendo che Clare era esausta, Nicholas la tenne stretta mentre la fune
cigolante li portava in superficie. L’aveva salvata nella miniera allegata e non
aveva certo voglia di perderla nell’ultima tappa del percorso. Lei gli si
appoggiò stancamente, ben lieta del suo sostegno.
Giunti su terreno solido, Nicholas l’aiutò a scendere dal sedile. Avevano
entrambi gli abiti zuppi, il vento li gelava.
Huw era in ansiosa attesa e si illuminò quando vide Owen, giunto in
superficie contemporaneamente a Nicholas e Clare.
— Sono contento di vedervi, signor Morris. Questo è un brutto posto.
Owen gli diede un colpetto sulla spalla. — Fare il minatore non è così
duro, Huw, anche se non a tutti piace.
Mentre parlavano, la grande ruota riportò parecchi altri uomini all’aperto.
Uno di loro, un tipo alto e dinoccolato, di colorito acceso, se la prese col
bambino.
— Ti ho sentito, ragazzo Huw, e non voglio sentirtelo ripetere più. Anzi,
per farti smettere di piagnucolare, ho intenzione di riportarti subito laggiù.
Il piccolo sbiancò. Tremando rispose in tono deciso. — No, no, pa’, non
voglio scendere.
— Io sono tuo padre e tu fai come dico io — ruggì l’uomo. E venendo
avanti afferrò gli il polso.
Il bambino strillò e cercò di mettersi al riparo dietro Owen. — Vi prego,
signor Morris, non lasciatemi portare via.
Owen intervenne. — Tuo figlio per poco non è annegato, Wilkins. Ha
bisogno di cibo caldo e di un letto non di un’altra gita nella miniera.
— Non sono affari tuoi, Morris. — Wilkins fece un altro vano tentativo di
impadronirsi del figlio.
Il volto di Owen si indurì. — Tu sei sbronzo. Lascia andare il piccolo.
— Non dirmi quello che devo fare con mio figlio, ipocrita bastardo
metodista.
Owen fece un passo indietro. Poi, con palese soddisfazione, mollò un
cazzotto al mento dell’aggressore. Wilkins finì a terra e Owen si inginocchiò
accanto al bambino.
— Vieni a casa mia a bere un tè, Huw. Oggi tuo padre ha la luna storta.
Si volse tenendolo per mano, in tempo per vedere Wilkins che a fatica si
rimetteva in piedi, impugnando il piccone a manico corto da minatore. Lo
alzò e fece per piantarlo nella testa di Owen.
Ci furono grida di avvertimento. Nicholas corse verso l’uomo, gli strappò
il piccone dalle mani con forza tale che Wilkins finì nuovamente a terra. Con
un urlo tentò di rialzarsi.
Il conte gli mollò un calcio al ventre rimandandolo lungo disteso. Poi alzò
il piccone e glielo puntò alla gola. Wilkins puzzava di whisky a buon mercato.
— Voglio farvi un’offerta — disse freddamente. — Il bambino è caparbio, e
la miniera non gli va a genio. Posso togliervelo dalle mani… diciamo per venti
ghinee? È la somma che si guadagnerà nel corso degli anni come addetto alla
porta di ventilazione, e voi non dovrete più sostenere la spesa del cibo e del
vestiario.
— Chi diavolo siete? — chiese Wilkins con voce incerta.
— Sono Aberdare.
Wilkins abbozzò una brutta smorfia. — Sicché allo zingaro piacciono i
bambini. È per questo che vostra moglie non vi poteva sopportare?
Nicholas strinse con forza convulsa il manico del piccone. — Ancora non
mi avete detto se avete intenzione di sbarazzarvi di vostro figlio — disse non
appena ebbe ripreso il controllo. — Venti ghinee, Wilkins. Pensate a tutto il
whisky che potete comprarvi.
— Se proprio volete il marmocchio, dovete darmene venticinque. È un
buono a niente. Non fa che piagnucolare e chiedere da mangiare.
Il conte si rivolse ai minatori che assistevano alla scena in silenzio. —
Siete tutti testimoni che il signor Wilkins è disposto a rinunciare a tutti i
diritti su suo figlio per la somma di venticinque ghinee.
I presenti annuirono con espressioni che dicevano il loro disprezzo per un
uomo disposto a vendere il proprio figlio. Nicholas allontanò il piccone per
permettere a Wilkins di tirarsi pesantemente in piedi.
— Datemi il vostro indirizzo. La somma vi sarà recapitata questa sera dal
mio maggiordomo, al quale rilascerete una ricevuta.
L’uomo annuì. Nicholas gettò il piccone e lo apostrofò con voce gelida. —
Adesso che siete in piedi, avete intenzione di pronunciare altre calunnie sul
mio conto? Io non sono armato e possiamo risolvere la questione a
quattr’occhi.
Sebbene pesasse almeno quindici chili più di lui, il minatore abbassò lo
sguardo. Sottovoce, in modo che solo Nicholas potesse sentirlo, borbottò
l’ultima malignità.
— Mettilo nel culo a chi vuoi, bastardo zingaro.
Nicholas si rivolse a Owen. — Se pago le spese per il bambino siete
disposto ad allevarlo con gli altri vostri figli? Altrimenti conoscete una
famiglia disponibile?
— Marged e io lo prenderemo. — Owen prese in braccio il ragazzo. — Ti va
l’idea di stare sempre con noi, Huw? Ricordati però che dovrai andare a
scuola.
Con gli occhi imperlati di lacrime, il bambino annuì e gli appoggiò il viso
al collo.
Nicholas rifletté cinicamente sul potere del denaro. Per sole venticinque
ghinee Huw avrebbe avuto una nuova vita. Naturalmente, il sangue nobile
era più caro: lui era costato quattro volte di più al vecchio conte.
Fino a quel momento Clare era rimasta ad assistere in silenzio. Quando
Nicholas la guardò, gli sorrise.
— Può darsi che vi siano ancora speranze per voi, milord.
— Non fatevi idee sbagliate sulla mia filantropia — ribatté lui. — Ho agito
per pura ostinazione.
— Dio non voglia che vi venga attribuita una buona azione, vero? Vi
costerebbe l’espulsione dalla società dei libertini e delle canaglie.
— Non possono scacciarmi, sono un membro fondatore — replicò
Nicholas. — E ora andate a cambiarvi d’abito, prima di restare congelata. E
avete anche bisogno di un bagno. Avete addosso tanta polvere di carbone che
sembrate uno spazzacamino.
Mentre lei si dirigeva alla baracca dove aveva lasciato gli abiti, Nicholas
andò con Owen e Huw all’altro capannone. — Sei certo che Marged non avrà
da ridire sul fatto che porti il bambino a casa tua? — chiese al minatore.
— Non avrà da ridire. Huw è un bravo bambino e più di una volta Marged
ha detto che le piacerebbe che fosse nostro. Wilkins non voleva lasciarlo
andare alla scuola domenicale, e sarà mia moglie che gli insegnerà a leggere e
a far di conto. E lo nutrirà. Il povero piccolo è sempre affamato.
Uscendo dal capannone, Nicholas notò che il cadavere di Bodwill era stato
portato in superficie e deposto vicino alla baracca del contabile. Accanto al
morto vide un uomo alto e grosso, con muscoli da minatore, con abiti costosi
e l’aria autorevole.
— Quello è Madoc — borbottò Owen.
Il conte avrebbe preferito incontrare il direttore in altre circostanze. Si
guardò attorno e vide che Clare stava uscendo dall’altro capannone, adesso
vestita con gli abiti da ragazzo che usava per andare a cavallo. Dato che molti
erano i presenti, sarebbe stato facile prendere lei e i cavalli e andarsene senza
dar nell’occhio. Ma la fortuna non era con loro. Madoc si volse e scorse Clare.
— Cosa ci fai tu qui, piccola ficcanaso? — abbaiò. — Ti ho già detto di
tenere il tuo pio culo lontano dalla miniera.
Nicholas si trattenne. Era venuto alla miniera per fare un’ispezione, non
la guerra.
— Prendetevela con me — disse rivolto a Madoc prima che Clare reagisse.
— Sono stato io a chiedere alla signorina Morgan di portarmici.
— E voi chi diavolo siete?
— Il conte di Aberdare.
Il direttore per un istante rimase sconcertato, ma si riprese quasi subito.
— Questa faccenda non vi riguarda, lord Aberdare. Uscite dalla proprietà e
statene alla larga.
— La compagnia mineraria ha avuto in concessione questa terra dai
possedimenti dei Davies — ribatté Nicholas con calma solo apparente. —
Ricordatevi che io ne sono ancora il proprietario, e maniere migliori non
guasterebbero.
Con uno sforzo visibile, Madoc represse la rabbia. — Vi chiedo scusa per la
mia asprezza, ma c’è stato un incidente, e non è il momento adatto per i
visitatori. Siete già sceso in miniera?
— Sì, un’esperienza indimenticabile.
Madoc scoccò un’occhiata rabbiosa ai minatori raccolti. — Chi si è preso la
briga di portare da basso il conte?
Rendendosi conto che chiunque se ne fosse dichiarato responsabile
sarebbe stato licenziato, Nicholas scoccò a Owen un’occhiata d’intesa.
— Ancora una volta, la colpa è mia. E forse ho dato l’impressione di aver
avuto il vostro permesso. I vostri dipendenti mi sono stati d’aiuto.
— Voi non avete il diritto di ficcanasare alle mie spalle e di mentire ai miei
dipendenti. Ho una mezza idea di denunciarvi.
— Fatelo pure — disse in tono accondiscendente. — Ultimamente non ho
visitato carceri, e mi farebbe piacere andarci. Ma il mio vecchio amico lord
Michael Kenyon è ancora il titolare della miniera, vero? Era mia intenzione di
fargli visita al mio ritorno. Può darsi che non approvi la vostra gestione dei
suoi beni.
— Fate pure. Sua Signoria mi ha concesso piena autorità sulla miniera e
non ha mai trovato da ridire sulle mie iniziative.
— Sono certo che per lui sia di conforto avere un direttore così
coscienzioso — disse con ironia Nicholas. Poi diede un’occhiata a Clare, che
nel frattempo aveva portato i cavalli. — Possiamo andarcene, signorina
Morgan? Ho visto tutto quello che volevo vedere.
Quando furono lontani dalla miniera, Nicholas la guardò soddisfatto. —
Mi sono fatto due nemici, e non è ancora l’ora del tè. Una giornata proficua.
— Non è un gioco — ribatté lei con tono duro. — Nye Wilkins è un tipo che
una notte può ubriacarsi e decidere di dar fuoco alle vostre scuderie.
— E Madoc è ancora peggio. Mi rendo conto che chiedergli di introdurre
cambiamenti nella miniera è una perdita di tempo. Un uomo molto
pericoloso.
Lei lo guardò sorpresa. — Ne sono sempre stata convinta, ma pensavo che
il mio giudizio fosse condizionato dal disprezzo che provo per lui.
— Madoc è un prepotente, un tiranno che lotterà fino alla morte per
conservare il proprio potere. Se si sentisse in pericolo, potrebbe rivelarsi
perfido come un serpente. Mi sorprende che Michael abbia assunto un uomo
del genere e che sia soddisfatto delle sue prestazioni. Mi chiedo cosa mai
abbia combinato il mio amico in questi ultimi anni. Non può essere morto,
perché ne avrei avuto notizia, ma evidentemente si disinteressa a cose che
per lui non sono importanti.
— Una persona può cambiare, nel corso di quattro anni.
— Verissimo. Ma mi sorprende che lui abbia optato per l’indifferenza.
Quando andrò a Londra chiederò al comune amico Lucien dov’è adesso e
cosa sta facendo.
Ricordandosi che Marged aveva pronunciato quel nome, Clare lo guardò.
— Lucien è un altro degli Angeli Caduti vostri amici?
— Buon Dio, possibile che quel vecchio nomignolo abbia fatto il giro del
Galles?
— Temo di sì. Da dove viene questa fama?
— Noi quattro, Lucien, Raphael, Michael e io, abbiamo fatto amicizia a
Eton, e a Londra eravamo spesso assieme. Il bel mondo ama soprannomi e
nomignoli. E noi eravamo selvatici… come spesso sono i giovani.
— La storia che è giunta alle mie orecchie — disse lei con aria divertita —
era che eravate tutti belli come angeli e perfidi come diavoli.
Nicholas sorrise. — Le chiacchiere sono spesso assai più interessanti della
verità. Santi non eravamo, ma neppure troppo disposti a infrangere la legge.
Può darsi che Michael sia piombato sulla terra, ma Lucien ha un incarico a
Whitehall, e Raphael è alla Camera dei Lord, per cui in questo momento sono
di sicuro a Londra. Partiremo dopodomani.
— Avete davvero intenzione di portarmi a Londra?
— Ma certo. Ve l’ho detto il giorno che siete venuta ad Aberdare con
intenzioni ricattatorie.
— Ma… avevate bevuto, e pensavo che ve ne foste dimenticato.
— Cosa potrebbe esserci di meglio che procurarvi un guardaroba come si
deve? Anche se il modo con cui quella camicia vi aderisce alla pelle vi dona
moltissimo, sotto avete qualcosa d’altro?
— Non potevo infilarmi abiti asciutti sopra la biancheria bagnata.
— È contrario ai miei principi indurre le donne a caricarsi di indumenti,
ma fareste meglio a mettervi questo — disse lui. Si tolse il mantello e glielo
gettò.
— Morirete di freddo.
— Ho passato troppe notti sotto le stelle per preoccuparmi del freddo.
Per Clare sarebbe stato senza dubbio interessante vedere Londra, ma la
visita avrebbe messo fine alla confidenza che stava nascendo tra loro. Nella
metropoli, lui avrebbe avuto i suoi amici e probabilmente le vecchie amanti
con cui spassarsela. E si sarebbe dimenticato della sua esistenza. Ma almeno
così la sua vita sarebbe stata molto più facile.
Doveva essergliene grata.

Appena a casa fece quello che stava ormai diventando un’abitudine. Si


concesse un lungo bagno, e dopo l’ottima cena preparata dalla signora
Howell, seguì Nicholas in biblioteca. Ne approfittò per guardarsi attorno,
notando che la stanza conteneva ricchezze che mai avrebbe sognato. Se lei e
Nicholas fossero rimasti amici allo scadere dei tre mesi, forse avrebbe potuto
chiedergli in prestito qualche libro.
Negli scaffali regnava un ordine perfetto. C’erano intere sezioni dedicate
alla letteratura in una mezza dozzina di lingue, e alcuni volumi erano
addirittura in gallese.
In quella riservata alla chiesa d’Inghilterra e alle norme dei Dissenzienti
vide una grossa Bibbia con una rilegatura in cuoio e ricche dorature.
Pensando che fosse la Scrittura della famiglia Davies, la prese e la mise su un
tavolo. Sfogliandola distrattamente, si imbatté in un albero genealogico. Era
stato compilato da mani diverse, e certe macchie facevano pensare che le
lacrime avessero cancellato la data di qualche decesso.
Una dicitura, vecchia di oltre un secolo, registrava la nascita di un
Gwillym Llewellyn Davies "Finalmente un figlio maschio!" diceva una nota.
Il bambino era diventato il bisnonno di Nicholas.
Esaminando l’albero genealogico, Clare comprese perché il vecchio conte
era stato così ansioso di avere un erede. La famiglia non era stata prolifica, e
Nicholas non aveva parenti stretti, almeno di sesso maschile.
Continuò a leggere le registrazioni, soffermandosi soprattutto sulle più
recenti. Strinse le labbra quando arrivò all’annotazione che accompagnava il
nome di Kenrick: mentre tutte le altre erano state tracciate a inchiostro, il
matrimonio con "Marta, cognome ignoto" e la nascita di "Nicholas Kenrick
Davies" lo erano state a matita, ulteriore riprova della riluttanza del vecchio
conte ad accettare il suo erede.
Nei confronti di Nicholas il vecchio non aveva mostrato un briciolo del
calore di cui Owen aveva dato prova nei confronti di Huw, che non era
neppure del suo sangue.
Clare voltò pagina e ne caddero parecchi fogli ripiegati. Li guardò
attentamente, e scosse il capo.
— Che strano! — mormorò.
— Cosa c’è di strano? — chiese Nicholas, che l’aveva udita.
— Niente di molto importante. — Clare andò alla scrivania e mise i
documenti alla luce della lampada a petrolio. — Questi due fogli sono copie
dei registri parrocchiali con la notizia del matrimonio dei vostri genitori e
della vostra nascita. Sono entrambi logori e macchiati, come se fossero stati
tenuti troppo a lungo in una tasca.
Ne indicò altri due.
— Anche questi documenti sono dei duplicati, ma copiati piuttosto male.
La cosa strana è che non hanno valore legale perché non sono stati
convalidati da un notaio. Suppongo che sia stato vostro nonno a far fare le
copie, ma non riesco a capire a cosa servissero né perché appaiano così
malandate.
Nicholas prese una delle copie non convalidate dal notaio. Clare notò che
osservava il documento con la stessa stizza che aveva mostrato quando aveva
infierito sul ritratto di sua moglie. Si chiese cosa provocasse tanta ira.
Nicholas prese l’altra copia e appallottolò le due carte. Poi si alzò e andò a
gettarle nel caminetto.
— Che succede, Nicholas?
— Niente che vi riguardi.
— La ragione della vostra rabbia può non riguardarmi, ma mi riguarda
invece la sua causa. Forse una buona amante non dovrebbe spronarvi a dirle
cos’è che vi turba?
— Un’amante forse lo chiederebbe, ma questo non vuol dire che io
risponderei.
Reprimendo un sospiro, Clare ricollocò nella Bibbia le altre carte. —
Domani è domenica e io vado alla cappella, per cui adesso mi ritiro.
Buonanotte.
— Peccato che il bacio giornaliero sia superato — disse Nicholas con tetro
umore. — È stato miope da parte mia servirmi del permesso mentre eravamo
nella miniera.
Con una baldanza che sarebbe stata impensabile quattro giorni prima,
Clare attraversò la stanza, gli posò le mani sulle spalle e lo fissò timidamente.
— Il vostro bacio è superato, ma posso baciarvi io?
— Voi potete farlo quando volete — rispose lui con voce rauca.
Clare sentì i suoi muscoli tendersi, ma Nicholas rimase immobile,
attendendo che lei prendesse l’iniziativa. Alzandosi in punta di piedi, accostò
le labbra alle sue.
Le braccia di Nicholas l’avvolsero in un gesto di inequivocabile desiderio.
— Ah, buon Dio, com’è bello!
Le loro bocche si unirono, ardenti. L’iniziativa a questo punto passò da lei
a lui, e quello che Clare avrebbe voluto che fosse un tranquillo augurio di
buona notte divenne qualcosa di ben diverso.
Nella miniera, quando si erano baciati, era buio e a lei era mancata la
scioccante intimità di guardarlo negli occhi.
Adesso c’era il rumore della pioggia sui vetri della finestra, c’era il tocco
vellutato della lingua di lui che incontrava la sua, c’era il suo respiro
bramoso, e forse era anche il proprio respiro, che sentiva.
Il rumore di una porta che si apriva la scosse.
Riportata di colpo alla consapevolezza, Clare interruppe il bacio e guardò
da sopra la spalla. Sulla soglia stava una delle nuove domestiche, Tegwen
Elias, che faceva parte del gruppo metodista, molto moralista e di lingua
lunga.
E il suo volto era atteggiato a un’orripilata incredulità.
Restò un istante come paralizzata, poi fece dietrofront tirandosi la porta
alle spalle.
Tutto preso da Clare, Nicholas non se n’era neppure accorto. — Se avete
ripreso fiato — disse passandole una mano seducente sull’anca — posso
convincervi a un altro bacio?
Lei lo fissò, notando lo sgradevole contrasto tra ciò che aveva provato tra
le sue braccia e ciò che aveva letto negli occhi di Tegwen.
— No, devo andare — bisbigliò.
Ah, se fosse uscita dieci minuti prima…
12

Quella notte Clare dormì ben poco. Per lei era stato facile dimenticare la
gravità del suo comportamento mentre era ancora sotto l’incantesimo di
Nicholas. Un bacio era solo un bacio, più neutro che peccaminoso. Ma poi si
era vista con gli occhi di Tegwen e aveva dovuto confrontarsi con la propria
coscienza. Non poteva più negare la sua debolezza, il suo lascivo desiderio.
Mentre giaceva insonne, udì il suono attraente dell’arpa. Più di ogni altra
cosa avrebbe voluto obbedire a quel canto di sirena per dimenticare la pena
nel calore del suo abbraccio. Ma si sarebbe sentita una falena che tentasse di
scacciare l’attrazione per la candela abbandonandosi alla fiamma.
Al mattino si alzò con gli occhi pesti e il cuore pesante. Il pensiero di
andare alla cappella le faceva tremare le mani, ma non poteva evitarlo. Non
era mai mancata a un servizio domenicale, e farlo quel giorno sarebbe stato
come ammettere la sua colpa.
Mentre indossava il suo sobrio abito domenicale si chiese se Tegwen
sarebbe stata presente e se avrebbe raccontato ciò che aveva visto.
Cupamente si rese conto che il problema non era se, ma quando: difficile che
Tegwen esitasse a diffondere la scandalosa notizia. Amava essere al centro
dell’attenzione, e la storia della maestrina che baciava il Conte Demone
sarebbe stata irresistibile. Forse la notizia non era ancora di pubblico
dominio, ma lo sarebbe stata quanto prima.
Mentre andava in carrozza a Penreith, Clare raggiunse la nuova cuoca, la
signora Howell, anche lei diretta alla cappella. La signora Howella accettò
l’invito a salire a bordo e per il resto del viaggio non fece che ringraziarla per
il posto che le aveva procurato ad Aberdare. A quanto sembrava, non aveva
ancora udito niente a proposito della moralità di Clare.
Arrivarono che i fedeli stavano prendendo posto. Di solito per Clare era
confortante ritrovare le solite panche, le pareti candide, il pavimento di legno
ben cerato, ma quel giorno si scoprì a osservare se qualcuno la stesse
guardando in maniera particolare.
Tegwen non era presente. Mentre Clare prendeva posto, Marged le sorrise
e con un cenno le indicò Huw, seduto tra Owen e Trevor, il figlio maggiore
dei Morris. Per la prima volta in vita sua, il bambino aveva una vera casa, e
quando Clare ripensò a ciò che aveva dovuto sopportare nella miniera e per
mano di un padre brutale, i suoi problemi le parvero assai meno importanti.
L’anziano della chiesa congregazionale, salito sul pulpito, rese noto l’inno
del giorno, e il canto cominciò. La tranquillità d’animo di Clare durò sino
all’arrivo di un ritardatario che prese posto su un banco. Ci furono sussurri e
lei udì il proprio nome. Chiuse gli occhi e stette in attesa.
La Zion Chapel non aveva un predicatore permanente, per cui al servizio
erano addetti membri della congregazione e pastori di passaggio. Quel giorno
era la volta di un predicatore di una valle vicina, un certo Marcross, che alzò
la voce quando i sussurri aumentarono di tono. — Che cosa, vi prego di
rivelarmelo, è più importante della parola di Dio?
Allora un’aspra voce femminile risuonò nella cappella. — Tra noi oggi c’è
malvagità. La donna alla quale abbiamo affidato i nostri bambini è una
peccatrice e un’ipocrita. Eppure osa sedere insieme a noi nella casa del
Signore!
Clare strinse le labbra. Aveva riconosciuto la voce della madre di Tegwen.
Gwenda Elias aveva opinioni precise circa la condizione di una donna, e mai
aveva approvato l’insegnamento di Clare, e tanto meno Clare stessa. E adesso
aveva un’arma per punirla.
Marcross aggrottò la fronte.
— Sono accuse gravi, sorella. Hai prove? Se non le hai, taci. La casa di Dio
non è il posto per vaghe chiacchiere.
Tutti gli occhi della congregazione si appuntarono sulla signora Elias.
Questa alzò una mano e indicò Clare.
— Clare Morgan, figlia del nostro amato defunto predicatore e maestra dei
nostri figli, ha ceduto alla viziosa lussuria! Neppure quattro giorni fa si è
trasferita nella casa di lord Aberdare, quello che chiamano il Conte Demone.
Ha dichiarato che sarebbe stata la sua governante, ma ieri sera mia figlia
Tegwen, che lavora ad Aberdare, ha trovato questa spudorata donnaccia tra le
braccia del conte, seminuda e intenta a comportarsi in modo indecente.
Soltanto la grazia di Dio ha impedito che la mia innocente figlia non la
sorprendesse nell’atto della fornicazione. — Un tremito teatrale si udì nella
sua voce.
— Grazie al cielo, il tuo caro padre non è più al mondo per vederti adesso.
Gli occhi di tutti si volsero a Clare. I suoi amici, i suoi vicini, i suoi ex
allievi la fissavano orripilati, alcuni increduli, altri con un’espressione che
rivelava che era già stata condannata.
Imbarazzato per essere stato coinvolto in una disputa locale, Marcross la
fissò a sua volta.
— Cos’avete da dire a questo proposito, signorina Morgan? La
fornicazione è sempre un peccato, e sarebbe particolarmente spregevole in
una donna come voi, che ha goduto della fiducia della comunità.
Clare divenne pallidissima e si sentì sul punto di svenire. Sapeva che
sarebbe stato un momento difficile, ma la realtà era peggiore di quanto
avesse supposto. Poi Marged le prese la mano e gliela strinse, e nei suoi occhi
c’era preoccupazione, ma anche fiducia e affetto.
Questo le diede la forza di alzarsi in piedi. Sostenendosi al banco che
aveva di fronte, parlò con tutta la compostezza che riuscì a darsi.
— Tegwen è stata una mia allieva e ha sempre dato prova di abbondante
fantasia. Non posso negare che ieri sera abbia assistito a un bacio. Mi
sentivo… grata a lord Aberdare, sia perché ieri mi ha salvato la vita, sia perché
le sue iniziative saranno di beneficio a tutto il villaggio. — Chiuse per un
istante gli occhi cercando le parole. — Non tenterò di negare che ciò che ho
fatto sia poco saggio, ma un bacio non è una fornicazione, e in quel momento
ero decentemente vestita.
Si udì la vocina di un bambino. — Cos’è la fornicazione?
Quasi subito le donne con bambini piccoli e figlie nubili si alzarono e
uscirono. Anche Marged raccolse i suoi rampolli, ma rivolse a Clare un
sorriso amichevole.
Usciti gli innocenti, la signora Elias tornò all’attacco. — Non puoi negare
che vivi con il conte né che ti sei comportata in maniera indecente.
— Anche tua figlia vive sotto il tetto di Lord Aberdare. Sei preoccupata per
la sua virtù?
— La mia Tegwen vive con gli altri domestici, ma tu sei sempre con lui.
Non negarlo. Anche se dici la verità e non sei ancora la sua amante, è solo
questione di tempo prima che tu gli ceda la tua virtù. Sappiamo tutto sul
conto del Conte Demone. Sappiamo che ha sedotto la moglie di suo nonno e
ha causato il decesso sia del vecchio conte sia della propria sposa.
— Io ero cameriera di lady Tregar e lei stessa mi ha rivelato le infedeltà di
suo marito, piangendo calde lacrime. Gli adulteri del conte le spezzavano il
cuore. Poi, quando la sua perfidia è divenuta palese, lui l’ha terrorizzata al
punto che lei è fuggita ed è andata verso la morte. E tu sei così sicura della
tua virtù da pensare che puoi fare comunella con Satana senza esserne
corrotta! Vergogna, Clare Morgan, vergogna! Quale figlia di Thomas Morgan
ti sei sempre creduta migliore degli altri, ma adesso ti dico che se resti nella
casa del diavolo, ben presto ne genererai il figlio!
La rabbia invase Clare, dandole forza. — Ti interessa di più condannare
me o lord Aberdare? — chiese tagliente. — So che amavi la tua padrona, e che
ancora provi dolore per lei. Ma nessuno, tranne il conte stesso, sa cos’è
successo tra lui e sua moglie. Da parte nostra sarebbe sbagliato atteggiarci a
giudici. Sì, Sua Signoria ha una pessima reputazione, ma da quel che vedo è
assai meno vizioso di quanto si dice. Qualcuno dei presenti ha informazioni
precise sul comportamento vizioso del conte? Se così è, io non ne ho mai
udito parlare. Ha per caso sedotto qualche ragazza del villaggio? Nessuna a
Penreith l’ha mai dichiarato padre di un proprio figlio. E io giuro davanti a
Dio che non sarò la prima.
Ci fu un silenzio, poi Gwenda Elias esplose. — Adesso lo difendi! Per me
questa è la prova evidente che hai ceduto alle sue lusinghe. E va bene, resta
pure con il diavolo, ma non trascinare con te nessuno dei nostri figli, e non
chiedere perdono, adesso che hai rovinato te stessa.
Un uomo intervenne. — Ha ammesso di essersi comportata in maniera
indecente. Mi chiedo che cos’altro debba confessare.
Le dita di Clare si artigliarono alla panca. Guardò fisso l’uomo che aveva
parlato.
— Signor Clun, quando vostra madre stava morendo, per una settimana
ho passato ogni notte con lei. Pensate che in quell’occasione io sia stata
un’ipocrita?
Poi colse un’altra espressione accusatrice. — Signora Beynon, quando vi
ho aiutata a pulire il vostro cottage dopo l’inondazione, e ho cucito nuove
tende per le vostre finestre, avete pensato che fossi immorale? E voi, signor
Lewis, quando vostra moglie era ammalata e voi disoccupato, e io ho raccolto
indumenti e cibo per voi e i vostri figli, mi consideravate corrotta?
Nel silenzio che seguì, Owen Morris si alzò in piedi. Quale anziano della
chiesa presbiteriale, era uno degli uomini più rispettati della comunità.
— La giustizia è di spettanza del Signore, signora Elias. Non tocca a noi
perdonare né condannare. Non c’è membro del nostro gruppo che abbia
servito gli altri più di Clare Morgan. Quando il conte le ha chiesto di lavorare
per lui in cambio del suo aiuto al villaggio, volontariamente ha rinunciato
all’insegnamento per evitare che lo scandalo toccasse i bambini. La sua
reputazione è stata sempre irreprensibile. E se giura sulla sua innocenza,
perché non dovremmo crederle?
Il mormorio di consenso che seguì fu rotto dalla signora Elias. — Dite
quel che volete, ma io mi rifiuto di venerare il Signore sotto lo stesso tetto di
una donna che fa lega con lord Aberdare.
Si volse e si avviò all’uscio. Un istante dopo altri fedeli, sia maschi che
femmine, ne seguirono l’esempio.
Per un istante Clare restò immobile, annichilita. Quello che bisognava
evitare subito era che i membri del gruppo di preghiera si dividessero. Il
risultato sarebbe stato di odio, non già di amore.
— Aspettate! — gridò.
L’esodo si interruppe e occhi si volsero a lei. Con voce tremante, Clare
riprese.
— Ammetto che i miei atti non sono stati irreprensibili. Ma anziché
scindere la congregazione della Zion Chapel che mio padre amava tanto, è
meglio che io sola me ne escluda. — Poi, emise un sospiro tremante. —
Prometto di tornare solo quando non sarò più oggetto di disprezzo.
Si levò una voce ignota che parlò in tono di ammirazione. — È un
bell’esempio di generosità cristiana.
— Saggio da parte sua andarsene prima di essere scacciata — sibilò
qualcun altro.
Clare si diresse all’uscio, lo spalancò e uscì nel fresco mattino di
primavera. Marged le si avvicinò e l’abbracciò. — Oh, Clare, carissima, hai
fatto molto bene. Ti ho preso un po’ in giro parlando di Aberdare, ma adesso
c’è poco da ridere.
— Non ce n’è affatto — convenne Clare. Poi cercò di sorridere. — Non
preoccuparti, Marged, ti giuro che non gli permetterò di rovinarmi.

Sapendo che Clare era andata alla cappella, Nicholas era uscito di
buon’ora per incontrare il pastore che pascolava i suoi greggi tra le colline più
alte di Aberdare, sulle pasture un tempo frequentate da Tarn the Telyn.
Stava tornando quando notò un movimento lungo il sentiero che portava
alle rovine del castello medievale che era stato l’originario Aberdare. Aguzzò
lo sguardo e vide il calesse di Clare salire lentamente il pendio.
Quando il sentiero si fece troppo ripido lei scese, legò il cavallo e proseguì
a piedi.
Deciso a raggiungerla, il conte spronò il suo stallone, attraversò la valle e
andò a cercarla.
La trovò in alto, investita dal vento che le agitava lo scialle e le colorava le
guance e le parlò sottovoce, per non spaventarla.
— Splendida vista la valle, vero? Era il mio posto preferito quand’ero
bambino. L’altezza e le mura di pietra danno un’illusione di sicurezza.
— Ma la salvezza è davvero un’illusione. — Clare si volse a guardarlo, il
volto teso. — Lasciatemi in pace, Nicholas. Voi il vostro divertimento l’avete
avuto, e io vorrei andare a casa.
Lui fu preso da un’improvvisa paura. — Mi state chiedendo di rinunciare
al nostro accordo?
— Adesso che state per andare a Londra non avete bisogno della mia
compagnia. Avete visto da solo ciò che occorre fare per il villaggio non avete
più bisogno di me.
— No! — insorse Nicholas. — Non farò niente per Penreith, se voi non
rispettate l’accordo!
— E perché no? — chiese lei sbalordita. — Voi vi preoccupate per la gente.
L’ha dimostrato il modo con cui vi siete comportato alla miniera; lo
comprova quello che avete fatto per Huw.
— Sopravvalutate il mio altruismo. Il giorno in cui tornerete a Penreith io
me ne andrò da Aberdare. La miniera e il villaggio possono andare
tranquillamente all’inferno.
— Come potete essere così egoista, voi che potete aiutare tanti e tanto
facilmente?
— È nella mia natura, piccola innocente — replicò lui sarcastico. — Sono
stato educato così. L’egoismo mi è stato assai più utile della fiducia e della
generosità, e adesso non intendo rinunciarvi. Se volete che io giochi al
salvatore, non potrete fare a meno di pagarne il prezzo.
— Il prezzo è la mia vita! — gridò lei con gli occhi imperlati di lacrime. —
Stamani sono stata pubblicamente condannata nella cappella da persone di
cui pensavo di essermi guadagnata il rispetto. Persino i più leali dei miei
amici sono preoccupati per ciò che sto facendo. Per il vostro capriccio sto
perdendo i miei amici, il mio lavoro, tutto ciò che ha dato senso alla mia vita.
Nicholas si sentì stringere il cuore vedendola in preda all’angoscia, ma
cedere avrebbe significato perderla.
— Sapevate fin dall’inizio che il prezzo sarebbe stato alto — disse in tono
freddo. — Così sia, avete detto allora. È facile mostrarsi coraggiosi quando
nulla vi viene chiesto. Ma adesso che vi siete imbattuta nella prima vera
difficoltà, state mostrando di che pasta siete fatta. Siete una vigliacca, Clare
Morgan.
— E voi osate parlare di vigliaccheria? Voi, un uomo che alla sua crisi ha
reagito stando lontano da casa per quattro anni?
— La questione non riguarda le mie deficienze, ma le vostre — ribatté lui.
— Se volete andarvene, andatevene. Preservate la vostra preziosa virtù, se per
voi questa è la cosa più importante. Ma non sono così stupido da sprecare il
mio tempo e il mio denaro, per averne in cambio un sorriso sprezzante. Se
abbandonate la partita prima che siano scaduti i tre mesi, la cava resterà
chiusa. Non farò niente per migliorare le condizioni della miniera, e Aberdare
resterà vuota in attesa che io trovi il modo di venderla.
— Pensate forse che tenermi prigioniera mi renderà più pronta a
condividere il vostro letto?
— Non sono il vostro carceriere, Clare. La decisione spetta a voi. So che
deve fare un male terribile venir condannati dai propri sodali. Ma da quanto
ne so della fede metodista, ciò che veramente conta è la vostra coscienza di
fronte a Dio. Siete davvero in grado di dichiarare che vi vergognate di ciò che
è successo tra noi?
Lei fece un debole sorriso. — Così il serpente deve aver parlato a Eva.
— È possibile — ammise lui. — Con la differenza che ciò che il serpente
offriva era carnale. Adamo ed Eva hanno mangiato la mela, si sono resi conto
della loro nudità, cioè della loro sessualità, e sono stati espulsi dall’Eden. Per
quanto mi riguarda, ho sempre pensato che l’Eden doveva essere un luogo
noioso, come lo è sempre la perfezione. Se non si ha la possibilità di fare il
male, è impossibile fare il bene. La terra in cui viviamo è un posto assai più
duro dell’Eden, ma è più interessante, e la passione è uno dei suoi grandi
vantaggi.
— Ma per quale ragione insistete per avermi con voi contro la mia
volontà?
— Perché, sebbene ci siano donne più belle, è voi che voglio. Potete
onestamente affermare che non gradite le mie attenzioni?
Clare si irrigidì. — Che mi piacciano o meno, non è questo il punto.
— Davvero? — Il conte la baciò, e le labbra fredde di lei subito si
riscaldarono sotto le sue. — Questo è contro la vostra volontà? — mormorò.
— No, maledizione, ed è per questo che vi temo!
C’era disperazione nella sua risposta, e Nicholas ebbe la sensazione che
nel suo abbraccio Clare trovasse insieme consolazione e timore. Ma se avesse
potuto legarla a sé sarebbe stata sua per sempre.
Senza interrompere l’abbraccio la trascinò qualche passo più in là, dove le
mura offrivano riparo dal vento. Le passò la mano sotto lo scialle e le toccò il
seno con il pollice, accarezzandole il capezzolo, che subito si indurì. Lei fece
udire un sospiro e si arcuò.
Quella lievissima risposta bastò a infiammarlo. Mosse i fianchi contro
quelli di lei, serrandola fra sé e la durezza del muro. Clare si agitò, senza però
tentare di sottrarsi.
Mentre frugava nella liquida profondità della sua bocca, Nicholas le passò
una mano sulla schiena e trovò i gancetti che trattenevano il suo abito.
Sganciò il primo, poi il secondo, quindi calò l’indumento mettendo a nudo le
spalle.
Odorava di lavanda e timo, un profumo modesto come Clare stessa, ma
con una punta di selvatica dolcezza. Cominciò a posarle baci leggeri come
farfalle lungo la gola e sulla clavicola. Febbrilmente, lei strofinò il bacino
contro il suo.
Nicholas reagì con un gemito, e tutto il suo corpo si irrigidì. Attraverso gli
strati di indumenti che li separavano, Clare sentì un palpito percorrere il duro
rilievo che le premeva sul ventre.
— Tu mi stai stregando — mormorò Nicholas con voce rauca.
Perduta in turbinose sensazioni, lei tardò a rendersi conto che l’aria
fredda sulla sua gamba sinistra era dovuta al fatto che lui le aveva alzato al di
sopra del ginocchio gonna e sottogonna. La sua mano calda salì fino alla
giarrettiera, quindi prese ad accarezzarle la parte interna della coscia. Il
respiro di Clare si ruppe e un pericoloso desiderio la invase.
A salvarla fu non già la vergogna per la propria viziosità, ma la
constatazione che le parti segrete del suo corpo stavano diventando
caldamente umide.
Senza capire perché, ma oscuramente imbarazzata, raccolse tutte le sue
forze.
— Basta così — sussurrò.
— Se vuoi mettere fine al dubbio lascia che continui. Ti giuro che non te
ne pentirai.
— Questo non potete garantirlo. È assai più probabile che io non perdoni
mai me stessa. Perché siete così deciso a rovinarmi?
Continuando a darle del tu, lui insistette. — Non piangere, Clare. Per
piacere, non piangere.
Si volse e si lasciò scivolare lungo la muraglia fino a restare seduto. Poi,
afferrandole la mano, se la tirò in grembo, e mentre lei lottava contro le
proprie emozioni, la accarezzò teneramente come se fosse una bambina
spaventata.
Quando la febbre che l’aveva invasa cominciò a scemare, lei si costrinse
ad affrontare il dilemma. Aveva ancora il tempo di lasciare Nicholas e tornare
alla sua vita normale nel villaggio. Sarebbe stata la semplice, sicura, morale
soluzione.
Ma se lo faceva, per il resto dei suoi giorni avrebbe dovuto sopportare il
senso di colpa per la propria codardia. Nicholas aveva il potere di cambiare in
meglio centinaia di vite, e per lei tirarsi indietro sarebbe stato non soltanto
vile, ma anche egoistico.
Lui era un libertino e un adultero, un uomo di confessato egoismo,
disposto a usare ricchezza e potere soltanto per gratificare i propri desideri.
Ma stranamente, sebbene i loro valori fossero inconciliabili, lui la capiva
come nessun altro aveva mai fatto.
Nicholas le parlò con voce tenera. — Rose sulle guance, una frase fatta
usata da ogni corteggiatore che abbia scritto poesie per la sua amata.
Tuttavia, niente può descrivere il delizioso colore del tuo volto. Rose gallesi
che fioriscono su un’impeccabile pelle celtica. Non andartene, Clare.
Sebbene avesse deciso di tornare a Penreith, la sua risoluzione sarebbe
crollata sotto la tenerezza della sua voce. Strano a dirsi, sembrava che
Nicholas volesse averla con sé e che per lui fosse qualcosa di più di un
semplice capriccio.
Sebbene Clare fosse troppo preda della passione per rendersene conto
mentre erano stretti in un abbraccio, non le era sfuggito il modo con cui
aveva tremato alla sua risposta.
Ma la constatazione che poteva legarlo a sé non garantiva la propria
sicurezza. Pensando ad alta voce, rispose con tono triste.
— Se me ne vado adesso, sarei in grado di rifarmi una reputazione.
Restare significa rinunciare all’unica vita che conosco. Ed essere rovinata.
— Non credo affatto che la passione porti sempre rovina. Se l’intimità
fisica è fonte di gioia e non fa del male, perché dovrebbe essere una cosa
sbagliata?
— Sospetto che gli uomini abbiano detto le stesse parole a fanciulle
innocenti fin dalla Caduta — replicò lei asciutta. — Chi può dire che nessuno
ne resti ferito?
— Mettere al mondo figli per caso è un delitto contro il figlio e contro la
madre — convenne lui. — Ma la gravidanza non è un inevitabile risultato
della passione. Esistono efficaci metodi di prevenzione.
— Anche se non ci fosse il rischio di una gravidanza, un casuale
accoppiamento sarebbe sbagliato.
— L’attuale morale sessuale ha il compito di proteggere donne, bambini e
società dalle pericolose conseguenze di vaghe passioni. Ma se non ci fossero
conseguenze, se uomini e donne potessero decidere liberamente se
abbandonarsi al piacere e al desiderio, il nostro mondo sarebbe diverso.
— Ma sarebbe un mondo migliore? Forse per gli uomini, che potrebbero
soddisfare le loro brame per poi andarsene con il cuore libero e la coscienza
tranquilla. Non so se le donne potrebbero essere così sventate.
— Alcune lo sono, Clare. Credimi, ci sono altrettante donne spietate e
senza cuore quanti uomini.
— Che pagano siete, Nicholas. Un diavolo amorale di una facile loquela
che può rendere dolce il peccato. Voi pensate che, se resto in vostra
compagnia, finirò per soccombere al vostro fascino pagano.
— È la mia più alta speranza.
Era giunto il momento di decidere sul proprio futuro. Clare giocherellò
con uno dei suoi bottoni mentre cercava di chiarirsi le idee.
All’improvviso fu colpita da un seducente pensiero. Nicholas era un uomo
di mondo, abituato a soddisfare i propri desideri. E ben presto non si sarebbe
più accontentato di semplici baci. Se si fosse stancato del suo rifiuto di
permettergli la completa intimità, magari le avrebbe chiesto di andarsene, ma
il senso dell’onore lo avrebbe indotto a rispettare la sua parte dell’accordo.
— La mia coscienza non mi permette di andarmene quando ci sono in
ballo tanti benefici. Però vi avverto: il vostro intento è la seduzione, ma il mio
è quello di convincervi che non ne vale la pena.
— Sono davvero felice che tu resti. Sarà interessante vedere cosa farai per
ostacolarmi… ma non credo che ci riuscirai.
— Vedremo, milord.
13

Clare guardò fuori dal finestrino spalancando gli occhi allo spettacolo di
Londra al crepuscolo.
— Non avrei mai creduto che ci fosse tanta gente al mondo — sussurrò.
Nicholas fece udire una risatina. Era seduto accanto a lei, appoggiato allo
schienale, le braccia conserte.
— Il topino di campagna che va in città.
Clare gli scoccò un’occhiata di finta irritazione passando anche lei al tu. —
La prima volta che sei venuto a Londra sono certa che l’hai fatto con perfetta
disinvoltura.
— Macché. Avevo diciassette anni e ne sono rimasto talmente incantato
che per poco non sono caduto dal finestrino della carrozza. Si può amare o
odiare Londra, ma è impossibile restare indifferenti. Voglio che tu faccia
l’esperienza di alcuni degli aspetti più importanti della città.
La carrozza scartò bruscamente e il conducente di un carro che
attraversava la strada sparò una fila di parolacce contro il cocchiere. Clare
stette ad ascoltare aggrottando la fronte.
— Quel carrettiere parla una lingua straniera? Non capisco cosa sta
dicendo.
— Usa semplicemente una versione atroce di cockney, il dialetto di East
London, oltre che servirsi di parole che una giovane donna non dovrebbe
capire — spiegò Nicholas.
— Saresti in grado di spiegarmi le sue affermazioni?
— Sebbene io abbia il preciso desiderio di corromperti, il ricorso alle
parolacce non è il mio metodo prediletto.
Lei sorrise e tornò a guardare dal finestrino. Il lungo viaggio dal Galles a
Londra era stato stancante, ma se l’era goduto. Da quando aveva deciso di
arrendersi alla situazione, si sentiva più rilassata e i loro rapporti adesso
erano caratterizzati dal buon umore.
Soprattutto, ormai aveva imparato che era possibile apprezzare le sue
carezze senza sentirsene sopraffatta. L’unico bacio giornaliero aveva ceduto il
posto a una deliziosa vicinanza che restava tale finché le mani di Nicholas
non cominciavano a muoversi pericolosamente. Quando succedeva, era
autorizzata a chiedergli di smetterla e lui obbediva sempre prontamente.
Clare aveva l’impressione che, al pari di lei, si trattenesse, godendosi i baci ed
evitando di lasciarsi travolgere dal desiderio.
La situazione non poteva durare a lungo; prima o poi Nicholas avrebbe
lasciato briglie sciolte alla sua sensualità, nel tentativo di sedurla. E quando
quel giorno fosse arrivato, Clare pensava che avrebbe avuto la forza di
resistere, perché ogni giorno si sentiva più forte, più uguale a lui, almeno
entro gli stretti limiti della loro strana relazione. Nel frattempo, si sarebbe
goduta Londra.
Un po’ alla volta le strade si fecero più pulite e più tranquille, e finalmente
la carrozza si fermò.
Era quasi buio e Clare riusciva appena a constatare che Aberdare House,
la dimora di Nicholas, aveva un’ampia facciata neoclassica.
— Anche questa ha bisogno di una governante? — chiese.
— Parecchi giorni fa ho informato il mio agente londinese che sarei
arrivato e che la casa doveva essere pulita e fornita di domestici temporanei.
Mentre Clare saliva i gradini di marmo dell’ingresso, la sua sensazione di
benessere divenne più incerta. Fino a quel momento per Nicholas era stato
piacevole averla come compagna, ma Londra offriva altri e ben più eccitanti
passatempi, e il conte poteva annoiarsi con lei e rimandarla a Penreith prima
che la settimana giungesse a termine.

Le grandi stanze e i sontuosi arredi di Aberdare House si rivelarono in


ottime condizioni, sebbene i troppi anni in cui era stata vuota le avessero
conferito l’aria impersonale di un albergo. In un primo momento, i domestici
che le furono presentati non seppero come comportarsi con lei. Clare
immaginò di apparire troppo inelegante per essere l’amante di un
aristocratico. D’altro canto i domestici erano londinesi e avevano visto di
tutto, per cui alzarono le spalle e obbedirono agli ordini, contenti del
generoso salario.
Il primo giorno, quando Clare scese dabbasso, trovò Nicholas già al suo
posto nel salotto della colazione intento a bere caffè e a leggere il "Morning
Post". Vedendola si alzò educatamente, — Buongiorno, mia cara. Dormito
bene?
— Non molto. Mayfair è rumorosa quasi quanto la miniera di Penreith,
ma spero di abituarmici. — Clare diede un’occhiata al "Morning Post". — È un
lusso disporre di un foglio che esce ogni giorno, anziché leggere le notizie con
una settimana di ritardo.
— Londra è il centro del mondo, Clare, e gran parte delle notizie hanno
qui la loro fonte. Ho dato un’occhiata alla cronaca mondana. Nessun cenno a
lord Michael Kenyon o al conte di Strathmore, ma il duca di Candover è in
città.
— Un duca?
— Sì, Rafe. Non preoccuparti, può anche essere un duca e più ricco di
Creso, ma questo non lo ha reso insopportabile.
— Avrei sempre voluto sapere cosa fa di un uomo un gentiluomo, a parte
il denaro e i giusti antenati.
— Stando a Rafe, un gentiluomo inglese non è mai scortese se non di
proposito.
— Non mi sembra una confortante definizione — osservò lei con un
sorriso. — Suppongo che il conte di Strathmore sia il tuo amico Lucien.
— L’ho conosciuto a Eton quando quattro ragazzi avevano deciso che un
altro di colorito scuro e con l’aria da straniero doveva essere picchiato. Lucien
ha pensato che i vantaggi erano tutti dalla loro parte e si è messo al mio
fianco. È costato a entrambi un occhio nero, ma da quel momento siamo
diventati amici.
— Qualcuno degli Angeli Caduti è sposato o questo è in contrasto con il
Codice dei Libertini?
— A quanto ne so, sono tutti celibi, ma sono rimasto lontano tanto a lungo
che tutto può essere accaduto. — Nicholas si frugò in tasca, ne cavò parecchie
banconote e gliele porse. — Prendile. Londra è una città carissima, e avrai
bisogno di qualche spicciolo.
— Venti sterline! — commentò lei. — Un anno del mio stipendio da
maestra!
— Forse la scuola di Penreith dovrebbe aumentare il tuo compenso.
— Venti sterline sono davvero molte. Nel Galles ci sono insegnanti che
guadagnano cinque sterline all’anno. E io non appartengo a un mondo nel
quale venti sterline sono spiccioli.
— Puoi appartenere a qualsiasi mondo tu scelga — ribatté Nicholas. — Se
ti sembrano troppe, mettile da parte nell’eventualità di tornare a Penreith,
nel caso che io diventi insopportabile… eventualità da non escludere.
— Benissimo, per quanto mi sembri strano ricevere denaro da te.
— Non te lo do per scopi immorali; le venti sterline servono per pagare le
spese sostenute per portarti a Londra contro la tua volontà.
— È difficile spuntarla con te nelle discussioni — si arrese lei ridendo.
— Mai discutere con uno zingaro, mia cara. Lo zingaro non è mai
impastoiato dalla logica o dalla dignità.

Il nome dell’elegante negozio di moda era Denise, una scritta a caratteri


discreti, ma non c’era nulla di discreto nella persona di Denise. Non appena
entrarono in quello che era un salone, una formosa bionda lanciò infatti uno
strillo e si gettò tra le braccia di Nicholas.
— Dove sei stato, zingaro mascalzone? — esclamò. — Mi hai spezzato il
cuore.
Lui la sollevò a mezz’aria, le scoccò un rumoroso bacio, e le diede una
sculacciata rimettendola a terra.
— Sono certo che dici la stessa cosa a tutti, Denise.
— Sì — ammise candidamente lei. — Ma nel tuo caso dico sul serio.
Clare era rimasta in silenzio, sentendosi invisibile e portata all’omicidio.
Nicholas era generoso in fatto di baci, lo sapeva, ma non le piaceva averne la
riprova.
— Denise — disse Nicholas, che se n’era accorto — ti presento la mia
amica, la signorina Morgan. Ha bisogno di un intero guardaroba a partire
dalla biancheria intima.
Denise studiò Clare da capo a piedi e poi decise. — Ricchi colori, linee
semplici, provocanti senza essere volgari.
Poi li fece accomodare in un salottino lussuosamente arredato, dove a lei
si aggiunsero una sarta e una giovanissima apprendista. E Clare, piazzata su
una piattaforma al centro della stanza, venne trattata come un oggetto
inanimato, mentre Nicholas e Denise drappeggiavano su di lei stoffe e
discutevano stili, colori e materiali. Intanto Clare pensava a cosa le sarebbe
piaciuto vedere e fare durante la sua visita a Londra. Quelle meditazioni
furono interrotte una sola volta, quando Denise le avvolse le spalle con una
seta azzurra.
— Colore perfetto, vero? — chiese.
— Ne verrà uno splendido abito da sera — approvò Nicholas.
Clare non poté fare a meno di portarsi la seta alla guancia, strofinandocisi
come un gatto, finché si avvide che Nicholas la stava guardando. Imbarazzata,
depose il tessuto.
— Non c’è niente di male a godersi qualcosa di bello — disse lui con certa
ironia.
Questa seta è una stravaganza — replicò lei con aria severa. — Dovresti
trovare modi migliori per spendere il tuo denaro.
— Può darsi — convenne Nicholas ancora più divertito. — Ma un abito
fatto con questa seta andrà perfettamente d’accordo con i tuoi occhi azzurri.
E sarai stupenda.
Mentalmente, Clare passò in rassegna i passi delle Scritture che
ammonivano contro la follia della vanità. Cosa che non bastò per non farle
desiderare l’abito di seta azzurra.
Fu poi la volta degli abiti già pronti, e per provare il primo Clare andò
dietro un paravento. Assistita dalla sarta, Marie, indossò un sottabito di
mussolina tanto sottile da essere quasi trasparente.
— Mam’zelle ha una vita così sottile che il sottabito non è quasi
necessario, ma migliorerà la linea del vestito — mormorò Marie.
Prima di permetterle di guardarsi allo specchio, la sarta portò un foulard
di seta color crema ornato di rose e glielo sistemò sui capelli scuri.
— Très bien. Occorrono accessori e un’altra pettinatura, ma questo piacerà
senz’altro a monsieur le comte.
Quando a Clare fu finalmente permesso di guardarsi allo specchio restò
sbalordita. Il foulard ornato di rose le faceva splendere la pelle e rendeva
enormi i suoi occhi.
Reprimendo il desiderio di coprirsi i seni con le mani e piena di vergogna,
Clare uscì da dietro il paravento. Nicholas e Denise interruppero la
conversazione per fissarla. Mentre la proprietaria annuiva soddisfatta,
Nicholas le girò attorno, e c’era una luce di approvazione nei suoi occhi.
— Sapevo che quest’abito era fatto per te, ma sono ugualmente colpito.
C’è da apportare un solo cambiamento. — Con la mano tracciò una linea
all’altezza del corpetto. — La scollatura deve arrivare fin qui.
Lei ansimò, sia perché le toccava i seni in pubblico, sia perché la
scollatura era già bassa.
— Mi rifiuto di indossare cose indecenti!
— Quella che propongo è piuttosto moderata — replicò Nicholas e tracciò
un’altra linea all’altezza dei suoi seni, questa volta quasi all’altezza dei
capezzoli. — Solo questa sarebbe indecente.
Smarrita, Clare diede un’occhiata a Denise. — Sta scherzando, vero?
— Niente affatto — replicò lei. — Ho clienti che non acquistano un abito a
meno che non corrano il rischio di farlo scoppiare. Richiama l’interesse dei
gentiluomini, dicono.
— Lo credo senz’altro — borbottò Clare. — Ma non è per me.
— Ti dona più che a ogni altra donna che io abbia conosciuto — disse il
conte, e le indirizzò il suo diabolico sorriso. — La scollatura che propongo è
forse più audace di quanto tu voglia, ma è più modesta di quanto vorrei io.
Non ti sembra equo?
A lei non restò che ridere. — Benone, ma se mi prendo una polmonite sarà
colpa tua.
— Provvederò io a riscaldarti — replicò lui con una luce decisamente
pericolosa negli occhi.
Clare si affrettò a tornare dietro il paravento dicendosi che non aveva
importanza se quelle estranee la consideravano l’amante di Nicholas. Il capo
seguente fu un abito da giorno un po’ più rispettabile, sebbene la scollatura
continuasse a essere abbastanza bassa da far sollevare qualche sopracciglio a
Penreith.
In un momento in cui non ci fu nessuno a portata d’orecchio, si rivolse
sottovoce a Nicholas.
— Che tipo di clienti ha Denise? Non ho l’impressione che si tratti di
persone molto rispettabili.
— Acuto da parte tua. Le donne che vengono qui sono quelle che vogliono
apparire quanto più attraenti possibile. Ci sono donne della buona società,
ma la maggioranza sono attrici e cortigiane. Te ne senti offesa?
— Penso che dovrei esserlo, ma mi sentirei fuori posto in un salotto. E poi
la trovo simpatica.
Tre ore dopo uscirono dal negozio. — E adesso, mia cara, intendo offrirti
la più sensazionale esperienza della tua vita.
— Oh, no — mormorò lei costernata. — Cerco di essere una buona amante,
ma non credo che sia giusto umiliarmi.
— E chi ha parlato di umiliazione?
Nicholas l’aiutò a salire sul calesse, si fece dare le redini dal cocchiere, si
accomodò sul retro.
— Hai intenzione di portarmi a una specie di orgia?
— E che ne sai tu di orge?
— Non molto, ma a quel che ne so sono feste oscene e lascive, e vi
partecipano molte persone che si comportano come animali.
Nicholas rise. — Non male come definizione. Suppongo comunque che per
essere tali le orge debbano includere almeno tre partecipanti, e non occorre
che siano esseri umani.
Mentre Clare rideva imbarazzata, un carro, sbucato da una strada laterale
per poco non li investì. Lui riuscì a bloccare il calesse, ma al cocchiere del
carro non bastò. Con un sigaro spento penzolante dalle labbra prese a urlare
oscenità.
— Un tipo sgradevole — osservò Nicholas. — Bisogna insegnargli le buone
maniere.
Con uno scatto del polso fece schioccare la frusta e il sigaro sparì dalla
bocca del cocchiere. Colpita e inorridita, Clare si portò le mani al viso.
— Buon Dio, se avessi calcolato male, avresti potuto cavargli un occhio.
— Non farti idee sbagliate — disse con calma Nicholas. Fece schioccare
nuovamente la frusta e il berretto del cocchiere volò in aria e atterrò sulle
ginocchia di Clare.
La frusta schioccò una terza volta, e il cappello tornò a librarsi nell’aria e il
cocchiere sbalordito lo prese al volo.
Finito lo spettacolo, Nicholas tornò a guidare nel traffico. — Per tornare
all’affascinante argomento delle orge, è una diffusa fantasia maschile quella
di portarsi a letto due donne insieme, e io, che sono un curioso, ho deciso di
metterla in pratica. Penso che una cosa simile possa essere definita un’orgia.
E sai qual è il più vivido ricordo che ne ho? — Ignorando le proteste di Clare
che si era coperta le orecchie con le mani, proseguì in tono innocente. — Un
tappeto che mi faceva bruciare le ginocchia. Per impedire alle dame di
annoiarsi, ho dovuto strisciare più volte avanti e indietro. Un’esperienza
faticosa.
Lei non poté trattenere una risata. — Sei deplorevole — constatò,
pensando che soltanto Nicholas era in grado di trasformare una storia
licenziosa in qualcosa di divertente. Ma era impreparata quando lui fermò il
birroccio davanti a un’enorme chiesa neogotica.
— Penso che sia l’abbazia di Westminster — disse Clare incredula.
— Giustissimo — rispose Nicholas. E rimase in silenzio mentre lei
osservava la facciata. Poi le prese il gomito per accompagnarla all’ingresso.
L’interno era ancora più sontuoso dell’esterno. Sebbene non mancassero
altri visitatori e devoti, il soffitto altissimo li faceva sembrare insignificanti,
eppure dava una paradossale sensazione di raccoglimento. Ombre scure,
vetrate dagli splendidi colori, archi acuti, una foresta di enormi colonne:
Clare ne era talmente sbalordita che riusciva a stento a considerare l’abbazia
un tutto unico.
— Questo è un edificio fatto per imporre agli esseri umani il potere e la
maestà di Dio — mormorò.
— È quello che fanno tutti i grandi luoghi sacri — replicò Nicholas. —
Sono stato in chiese, moschee, sinagoghe, templi indiani, e tutti mi sono
parsi in grado di indurre l’uomo a pensare che c’è qualcosa di vero in questa
faccenda della religione.
Clare notò che lungo le pareti erano allineati monumenti funebri di
famosi personaggi britannici.
— Tutte le importanti figure della storia inglese sono sepolte qui?
— No, ovviamente, anche se così può sembrare. Comunque, la
combinazione di architettura spettacolare e storia è piuttosto… intimidatoria.
Proprio in quel momento il silenzio fu rotto da un torrente di musica.
All’organo si unì subito un coro di angeli. Non proprio angeli, forse, ma le
voci erano davvero paradisiache. Nascoste chissà dove negli articolati recessi
dell’abbazia, decine di voci maschili si erano levate in un canto trionfale.
Nicholas fece udire un sospiro estasiato. — Stanno provando una
composizione pasquale — spiegò. Prendendo la mano di Clare, la guidò in una
nicchia dominata da una sontuosa statua e lì, appoggiandosi alla parete
chiuse gli occhi e si abbandonò all’ascolto. Clare si era resa conto che
Nicholas amava la musica, ma adesso sul suo volto c’era un’espressione che
la induceva a pensare che amore non fosse la parola giusta. La sua era
l’espressione di un angelo perduto che vedesse la possibilità della redenzione.
Lentamente gli si avvicinò fino a sfiorarlo. Un braccio di Nicholas le cinse
la vita e l’attirò a sé. Chiudendo gli occhi, lei si abbandonò alla sensazione. Il
trascendente potere della musica. La forza e il calore di Nicholas. Gioia allo
stato puro.
La terza cantata fu l’Alleluia di Handel. Fede spirituale e passione,
bellezza e amore, sensualità e tenerezza, sacro e profano.
Forse un miscuglio di emozioni così diversa era blasfemo, ma Clare era
incapace di scinderle, e tanto meno di dire dove finiva lei e cominciava
Nicholas. Lei semplicemente esisteva, senza desiderare altro dalla vita.
Quando il coro finì, l’organo attaccò un tonante assolo che parve sul
punto di far crollare le antiche pietre. Lentamente, Clare uscì dalla trance. Si
volse e guardò Nicholas senza riuscire a distogliere lo sguardo. Sottovoce lui
disse una cosa bellissima.
— Ho sempre pensato che l’inferno sia l’assenza di musica.
Nei suoi occhi Clare lesse un’inattesa vulnerabilità, e si chiese da quanto
tempo non permettesse a qualcuno di scrutarlo in profondità. Forse mai.
Prendendola sottobraccio, Nicholas l’accompagnò fuori. Si era levato un
leggero vento che faceva correre in cielo brandelli di nuvole che cambiavano
continuamente forma. Si mise alla guida e ben presto si ritrovarono nel
traffico di Westminster. Le strade tranquille di Mayfair furono un sollievo.
Clare non vedeva l’ora di tornare ad Aberdare House.
Giunto al portone, consegnando le redini al cocchiere Nicholas le porse la
mano per aiutarla a scendere. — Il battente è alzato, per qui dev’esserci in
casa qualcuno della famiglia.
— E chi può essere? — chiese lei incuriosita.
Con espressione gioiosa lui la guidò sopra i gradini e batté alla porta con il
picchiotto a testa di leone.
— Ah, la mia cara vecchia nonna.
Nonna? Ma la madre di suo padre era morta anni prima, e se la madre
della sua madre zingara era ancora in vita, non poteva certo risiedere in una
casa di Mayfair.
Quando il portone si aprì, Clare rimase orripilata, rendendosi conto che
Nicholas evidentemente parlava della giovane vedova di suo nonno: Emily, la
contessa vedova di Aberdare, la donna che molti ritenevano essere stata
l’amante di Nicholas e al centro dello scandalo che era costato due vite.
14

Mentre entrava in casa con Nicholas, Clare provò l’assai poco cristiano
desiderio di torcergli il collo. A Penreith era diffusa la convinzione che la
notte in cui il vecchio conte e Caroline erano morti i domestici avessero
trovato Nicholas nella stanza della contessa. Nonostante tutto, Clare era stata
sempre riluttante a trarre le ovvie conclusioni. Sebbene avesse ritenuto
impossibile formulare un giudizio, a ripensarci supponeva che si fosse
soltanto rifiutata di credere che Nicholas fosse tanto infame. Ma adesso la
verità le sarebbe stata chiara solo vedendo quei due insieme. E scoprì che in
realtà non voleva sapere com’erano andate effettivamente le cose.
Mentre il solenne maggiordomo introduceva i visitatori e chiedeva i loro
nomi, un marmocchietto nudo attraversò strillando l’anticamera, rovinando
completamente l’effetto. Una balia ansimante arrivò all’inseguimento del
bambino, seguita da una ridente dama che doveva essere sui trentacinque
anni. Appena vide i visitatori, la sua espressione cambiò.
— Nicholas! — esclamò porgendogli le mani. — Perché non mi hai fatto
sapere che intendevi tornare in Inghilterra?
Lui le strinse le mani e la baciò su tutt’e due le guance. — Sono arrivato a
Londra solo ieri, Emily.
Clare stava a guardare in rigido silenzio pensando, che quel giorno aveva
visto Nicholas baciare troppe donne. La contessa vedova splendeva di salute e
felicità e sembrava dieci anni più giovane di quando viveva ad Aberdare. E a
giudicare dal palese affetto tra i due, era facile credere che fossero stati
amanti.
Nicholas si volse e la presentò. — Forse ti ricordi della mia amica.
Dopo un istante di perplessità, la contessa annuì. — Voi siete la signorina
Morgan, la maestra di Penreith, vero? Ci siamo conosciute quando Nicholas
stava provvedendo al sussidio per la scuola.
Fu la volta di Clare di restare perplessa. — È stato Nicholas a farlo?
Pensavo che la scuola fosse un vostro progetto.
— Siccome mio marito disapprovava le idee progressiste di mio nipote, era
meglio che fossi io a occuparmene ufficialmente — spiegò la contessa. —
Spero che la scuola vada bene. Siete sempre l’insegnante?
— In un certo senso sì — intervenne Nicholas. — Si è presa un congedo di
tre mesi… nel tentativo di educarmi.
Lo sguardo curioso della contessa passò da Clare a Nicholas, ma senza
darle il tempo di fare commenti la balia riapparve tenendo tra le braccia il suo
nudo pupillo.
— Non capisco come mastro William sia riuscito a svignarsela — disse con
tono di scusa.
La contessa si chinò a baciare il figlioletto sulla guancia.
— Ti presento il mio nipotino Clare. — Ridendo, Nicholas tolse William
dalle braccia della donna. — Visto che detesta gli abiti, immagino che vestirlo
non costerà molto, nei prossimi anni. Può darsi che abbia un po’ dell’amore
zingaro per la libertà.
Clare non poté fare a meno di cercare una somiglianza tra William e
Nicholas. Non ne vide traccia: il bambino era biondo e con gli occhi azzurri,
un vero inglese, e oltretutto era troppo piccolo per essere il frutto di un
rapporto illecito che risaliva a quattro anni prima.
La voce della contessa interruppe i suoi pensieri.
— Vi prego di scusarmi, signorina Morgan. Come vedete, c’è confusione.
Vi dispiacerebbe prendere il tè con me? Nicholas e io abbiamo molte cose di
cui parlare.
Nicholas ridacchiò e restituì William alla balia.
— Vedo che qualcosa hai fatto, negli ultimi anni — commentò.
La contessa arrossì come una ragazzina, introducendo gli ospiti nel salotto
e suonando perché le portassero tè e biscotti, mentre lei e Nicholas si
scambiavano notizie.
Dopo una mezz’ora, il conte cavò di tasca un oggetto di legno dipinto a
vivaci colori.
— Ho portato un regalino a William. Viene dalle Indie Orientali, dove è
chiamato yo-yo. — E mostrò come funzionava.
— Mio fratello aveva un giocattolo simile quando eravamo bambini, ma
era chiamato bandalore. Non ricordo bene come funzionasse. Sono un po’
fuori esercizio.
— Se non hai niente in contrario vado nella nursery per mostrarlo a
William.
Clare si sentì a disagio all’idea di restare sola con la contessa, ma il suo
imbarazzo cessò quando la donna le rivolse un’occhiata cordiale. Aveva begli
occhi color nocciola.
— Vi prego di perdonare Nicholas e me per la nostra indelicatezza, ma
quattro anni sono un lungo periodo. E quello scapestrato praticamente non
mi ha mai scritto.
— Sono certa che è contento di essere nuovamente a casa, lady Aberdare.
— A dire il vero non uso più quel titolo, signorina Morgan. Adesso sono la
moglie di Robert Holcroft. O meglio Emily, per un’amica di Nicholas.
— Avete rinunciato al titolo?
L’espressione di Emily s’indurì. — Non ho mai desiderato essere una
contessa. Robert e io siamo cresciuti insieme. Abbiamo sempre saputo che
volevamo sposarci. Ma lui era il figlio minore di un gentiluomo di campagna
con scarse prospettive, mentre io ero la figlia di un visconte. E quando lord
Aberdare mi ha fatto la sua lusinghiera proposta, i miei genitori hanno
insistito perché l’accettassi, sebbene avesse quarant’anni più di me.
— Non lo sapevo — disse Clare.
— Lord Aberdare voleva una giovane giumenta che gli desse altri figli. Era
molto… coscienzioso nel far uso dei suoi diritti coniugali, ma io per lui sono
stata una delusione. In quei tempi difficili Nicholas mi era… di grande
conforto.
A Clare sembrò l’obliqua confessione che lei e Nicholas erano stati
amanti, ma senza che ci fosse stata un’oscena seduzione.
— William è la prova che non era colpa vostra se il vostro primo
matrimonio non ha prodotto discendenti.
— Non crediate che per me saperlo sia stata una gioia — disse Emily in
tono asciutto. — Ovunque si trovi ora il quarto conte di Aberdare, e sospetto
che sia un luogo molto caldo, spero che adesso sappia che non sono sterile. E
questo autunno William avrà un fratello… o una sorella.
— Congratulazioni — disse Clare. — Ma per quale ragione raccontate tutto
questo a un’estranea?
— Perché con voi è facile parlare. E poi perché Nicholas vi ha portata qui.
E ancora perché siete di Penreith, e questa è la ragione più importante. Me ne
sono andata dal Galles appena sepolto mio marito. All’epoca ero troppo
sconvolta per curarmi delle chiacchiere.
Clare si chiese quante di quelle voci fossero giunte alle orecchie di
Nicholas. Non poteva certo chiederlo.
— Sono molte le supposizioni su come sono andate le cose. Con voi e
Nicholas lontani dalla valle, nessuno conosce la verità.
— Robert mi ha aiutato a lasciarmi alle spalle quel terribile periodo, ma
penso che Nicholas sia stato meno fortunato. Forse voi potete aiutarlo come
Robert ha aiutato me.
Sorpresa, Clare aggrottò la fronte. — Una conversazione molto strana,
questa.
— Lo penso anch’io. — Emily sorrise. — Non so cosa ci sia tra voi e
Nicholas, ma lui non vi avrebbe condotta qui, se non gli foste cara. Ha
bisogno di qualcuno di cui fidarsi.
Qualche minuto dopo, mentre Clare e Nicholas prendevano congedo,
tornò il marito di Emily. Robert Holcroft era un uomo biondo e massiccio, dal
sorriso contagioso. Strinse con calore la mano di Nicholas, quando gli fu
presentato. Se sapeva che Emily e Nicholas erano stati amanti, non lo diede a
vedere.
Sul calesse, fu Clare a rompere il silenzio. — Sono lieta di sapere che
adesso lady Aberdare sia felice. A Penreith nessuno sapeva cosa ne fosse stato
di lei.
— Emily desidera dimenticare gli anni passati nel Galles, e non ha certo
torto. Ha sposato Holcroft un anno dopo la morte di mio nonno. È avvocato,
ma adesso è una stella in ascesa al Parlamento. Prima o poi sarà ministro.
— Quale distretto rappresenta?
— Il Leicestershire, che è sotto il mio controllo.
— Tu controlli il distretto del Leicestershire? — chiese lei sorpresa.
— E non è l’unico. Il nostro corrotto sistema politico mi assicura
l’effettivo controllo di tre contee. Sebbene il titolo di Aberdare abbia radici nel
Galles, a tutt’oggi le fonti della fortuna della famiglia sono altrove.
— Non mi meraviglio che il signor Holcroft sia stato tanto felice di vederti,
dal momento che sei il suo tutore politico. Ed è anche per questo che sei,
come ha detto Emily, il padrino di William?
Nicholas sorrise. — Mi piace pensare che vi abbia parte anche l’amicizia.
Ad Aberdare Emily era un’isola di calore e di equilibrio, per me.
Non sembrava affatto un uomo che avesse avuto il cuore spezzato. Emily
evidentemente gli era molto cara, ma Clare fu ben lieta di rendersi conto che
non era stata il grande amore della sua vita.

Con la stecca, Clare mirò con cura al pallino, poi colpì. Il pallino schizzò
via, ma mancò la palla.
— Il problema — commentò — è che il legno è troppo liscio e duro.
Sarebbe illecito coprire il piano con un altro materiale, qualcosa di meno
scivoloso del legno?
— Penso che sarebbe ammissibile, ma nessun vero amante del biliardo lo
approverebbe. La sfida consiste nel giocare bene nonostante l’attrezzatura,
non grazie ad essa. E perlomeno questo tavolo è assai più liscio rispetto a
quello di Aberdare, che sembra un campo arato in pieno inverno. Quando
torneremo, su quel tavolo bisognerà mettere una nuova lastra di ardesia. Sarà
interessante vedere come funziona.
La sua prima giornata a Londra era stata piena di rivelazioni, ma Clare era
ben lieta di trascorrere una tranquilla serata con Nicholas.
Adesso toccava a lui. Colpì esattamente il pallino e mandò la palla in buca.
Prima che Clare avesse il tempo di complimentarsi, una voce li fece trasalire.
— Una certa abilità al biliardo è il marchio di un gentiluomo, ma giocare
troppo bene è segno di una gioventù bruciata.
— Lucien! — Nicholas lasciò cadere la stecca sul tavolo e corse a stringere
il nuovo arrivato in un esuberante abbraccio. — Vedo che hai avuto la mia
lettera. Sono lieto di rivederti già questa sera.
— Vedo che sei scatenato come sempre — osservò l’amico, ma Clare notò
che ricambiava l’abbraccio con palese affetto.
Mentre i due chiacchieravano, ebbe modo di studiare Lucien. Era bello
quasi quanto Nicholas, ma in versione assolutamente inglese. Tra gli Angeli
Caduti, era stato con ogni evidenza Lucifero.
Fu poi il momento delle presentazioni, — Clare, hai già capito che lui è
lord Strathmore. Lucien, ti presento la mia amica, Clare Morgan.
Lei e Nicholas erano amici? Una definizione che lasciava molto di non
detto. — È un piacere conoscervi, milord. Nicholas mi ha spesso parlato di
voi.
— Menzogne, tutte menzogne — si affrettò a dire Lucien. — Non sono mai
riusciti a provare alcunché.
Clare rise e lui si chinò a baciarle galantemente la mano. — Siete gallese,
signorina Morgan? — chiese raddrizzandosi.
— E io che pensavo che il mio inglese fosse impeccabile…
— Un po’ di accento gallese conferisce musicalità alla voce.
— Clare — intervenne Nicholas. — Hai niente in contrario se continuiamo
la partita più tardi?
— Te lo concedo, e del resto non ho nessuna probabilità di vincere.
— Quand’è così… — e Nicholas porse la stecca all’amico. — Credi di
riuscire a mandare in buca le ultime due palle?
Il colpo riuscì e Lucien sorrise soddisfatto. — Anch’io ho avuto una
gioventù bruciata.
— Io vado a letto. Sono certa che voi due avete molte cose da dirvi —
annunciò Clare.
Nicholas le mise un braccio attorno alle spalle. — Resta ancora. Devo
chiedere a Lucien notizie di Michael Kenyon e la risposta riguarda sia te sia
me.
Lord Strathmore aggrottò la fronte, ma non disse niente mentre si
accomodavano in biblioteca.
Dopo aver brevemente esposto la situazione della miniera di Penreith,
Nicholas tirò le conclusioni.
— Sembra che Michael abbia completamente abbandonato quel ramo di
attività che evidentemente non gli va più a genio. Sai dove si trova adesso?
— Ignoravi che era rientrato nell’esercito?
— Buon Dio, non ne avevo la minima idea. Quando si è congedato, ha
giurato che ne aveva abbastanza della vita militare.
— Senza dubbio lo pensava, all’epoca, ma poi si è procurato un altro
comando.
Nicholas aggrottò a sua volta la fronte con aria preoccupata. — Spero che
tu non voglia dirmi che quello sciocco è riuscito a farsi ammazzare.
— Non preoccuparti, Michael è indistruttibile. Ha trascorso gran parte di
questi quattro anni combattendo contro i francesi in Spagna. Adesso ha il
grado di maggiore ed è una specie di eroe.
— Mi sembra tipico da parte sua — replicò Nicholas sorridendo. — Meglio
che sfoghi il suo caratteraccio con i nemici, anziché a spese degli amici.
— A proposito di caratteracci, vi siete persi di vista perché c’è stato un
litigio tra voi?
— No. A dire il vero l’ho visto assai di rado, prima di lasciare l’Inghilterra,
anche se lui era quasi sempre a Penreith. Era molto preso da nuovi progetti, e
mi meraviglio che abbia dimenticato la miniera. E adesso dov’è? Con
l’esercito in Francia, magari?
— No, hai fortuna. Quest’inverno si è ammalato ed è stato portato a casa
per ordine personale di Wellington. Si trova a Londra, quasi completamente
guarito e in congedo per malattia.
Lucien tacque guardando con aria pensierosa il suo bicchiere di brandy.
— Dunque l’hai visto e sei preoccupato per lui — disse poi. — Cosa c’è che
non va?
— Troppa guerra, direi — si decise a spiegare Lucien. — Un mattino l’ho
trovato al parco, a cavallo. È magro come un lupo e ha un’aria selvaggia… o
forse disperata. Il paese può aver tratto benefici dai suoi servigi, ma lui no di
certo.
— Sta sempre ad Ashburton House? Vorrei fargli visita.
— No, ha preso alloggio non so dove. È sembrato contento di vedermi, ma
non mi ha dato nessuna informazione. Sebbene sia a Londra da parecchi
mesi, non ha neppure tentato di rivedere i vecchi amici.
— Tu puoi senz’altro scoprire dove sta. Sei sempre informato sul conto di
chiunque.
— Forse sarebbe meglio che tu non cercassi divederlo. Mentre Michael e
io parlavamo, è venuto fuori il tuo nome, e… bè, ho avuto l’impressione che
mostrasse i denti.
— È davvero un peccato che ce l’abbia con me, ma ho bisogno di parlargli
a proposito della miniera di Penreith. Se non ha voglia di gestirla come si
deve può restituirmi la concessione, perché quella è la mia terra e quella è la
mia gente. Non ho intenzione di permettere che le cose continuino ad andare
come stanno andando.
— Sei testardo come Michael — disse Lucien con una punta di
esasperazione. — Se ci devono essere fuochi d’artificio, un incontro in un
luogo pubblico è una buona idea. La prossima settimana Rafe darà un ballo, e
Michael ha detto che parteciperà. Naturalmente, tu sarai invitato appena Rafe
saprà del tuo ritorno.
— Perfetto. — Nicholas si rilassò e sorrise a Clare. — I balli di Rafe sono
celebri. Lo troverai interessante.
Lucien s’incupì. — Non sono certo che sia un evento al quale potresti
portare la signorina Morgan.
— Ma penso che a lei piacerà.
— Non è un luogo per una rispettabile donna nubile.
— Io non sono rispettabile — disse con tono pacato Clare alzandosi in
piedi. — Lieta di avervi conosciuto, lord Strathmore. Nicholas, ci vediamo
domani.
Il conte la accompagnò nell’atrio, chiudendosi alle spalle la porta della
biblioteca.
— Credevi forse di potertela svignare senza il bacio del giorno?
Come sempre, il bacio fu inebriante, e le fece battere forte il cuore. Una
delle sue mani scese ad afferrarle le natiche, attirandola con forza a sé. Per
poco lei non crollò, poi un demonietto le fece notare che Nicholas avrebbe
dovuto tornare dall’amico.
Con delicatezza gli morse il labbro inferiore, e Nicholas lasciò udire un
gemito mentre le sue mani si davano un gran daffare. Sorpresa della propria
audacia, lei lasciò che la propria mano scivolasse tra loro fino ad arrestarsi su
quell’affascinante, allarmante cresta di carne maschile. E immediatamente
Nicholas si tese da capo a piedi.
— Lucien può andare a casa, mentre noi continuiamo di sopra — sussurrò.
Un po’ turbata dall’intensità della sua reazione, Clare si sottrasse
all’abbraccio e si avviò su per le scale. Ma lui la prese per la mano e la voltò.
— Vuoi che ti raggiunga questa notte e ti mostri cosa succede… dopo?
Sottraendosi alla presa, lei scosse il capo.
— Dopo una giornata così stancante, ho bisogno di una notte di buon
sonno.
— Tra non molto mi dirai di sì. Lo giuro.
— Non contarci, Nicholas. Il tuo scopo è di sedurrai, il mio di fartelo
dimenticare.

L’eccitazione di Clare durò fino a quando entrò nella sua camera. Chiuse
la porta e si guardò attorno. Dorati cherubini caprioleggiavano sul soffitto,
tende di velluto giallo avvolgevano il sontuoso letto scolpito, i suoi piedi si
posavano su un tappeto cinese che probabilmente costava più denaro di
quanto lei potesse guadagnarne in tutta la sua vita. Buon Dio, cosa stava
facendo la modesta, sensibile Clare Morgan di Penreith in un luogo simile?
Per un istante immaginò suo padre che, fermo davanti a lei, la guardava
con un’aria di disappunto che feriva più di quanto potesse fare la sua collera.
Clare sapeva che non stava conducendo una vita rispondente ai metri di
misura del genitore. D’altra parte non l’aveva mai fatto, e da quando aveva
incontrato Nicholas era stata travolta da orgoglio, ira e concupiscenza.
In preda a desolazione e disperazione, per la prima volta da quando aveva
lasciato Penreith si inginocchiò e tentò di pregare. "Padre nostro che sei nei
cieli…"
Ma un etereo padre in cielo non era d’aiuto, soprattutto se contrapposto
alla calda, solida realtà di Nicholas. Lui la voleva.
Sarebbe stato facile resistergli, se fosse stato cattivo, ma non era più un
diavolo di quanto fosse un santo, e Clare sospettava che la migliore
definizione del conte fosse pagano e amorale. Ma era gentile con lei, e a volte
lasciava trasparire una solitudine grande come la sua, e Clare cominciava a
rendersi conto che la solitudine era ancora più cocente del desiderio.
Si sforzò di tornare alla preghiera, ma non fece che tornare al "Non
indurci in tentazione…"
Ma era troppo tardi, circondata com’era dalla tentazione, e sospettava anzi
che la principale ragione per la quale non aveva ceduto fosse un infantile
desiderio di battere Nicholas al suo stesso gioco.
Se fosse riuscita a preservare la verginità, avrebbe potuto tornare a
Penreith e affrontare le chiacchiere, perché avrebbe avuto la coscienza
tranquilla. Ma cosa sarebbe stato di lei se si fosse arresa? Non riusciva a
immaginarsi di tornare alla vecchia vita da donna rovinata, e d’altra parte per
lei non ci sarebbe stato un futuro con Nicholas, che voleva portarla a letto
soprattutto per dimostrare a se stesso di essere in grado di farlo.
Rinunciando al Padre nostro si abbandonò al silenzioso pianto del proprio
cuore. "Mio Dio, aiutami a trovare la forza di sottrarmi a questa pericolosa
danza prima di distruggere me stessa."
Ripeté più volte tra sé quelle parole, nella più disperata preghiera della
sua vita. Non aveva nessuna certezza interiore, non sapeva quale strada
seguire. Era sola, senza guida, e l’unica realtà era la seducente danza che la
trascinava nel buio, nel pericolo, nel desiderio.

Tornato in biblioteca, Nicholas trovò Lucien intento a riempire di brandy i


loro bicchieri.
— La signorina Morgan ha detto di non essere rispettabile, e io sono
curioso — disse subito vedendolo rientrare.
In poche parole, Nicholas gli spiegò l’accordo che aveva fatto con Clare: la
presenza di lei in cambio della sua influenza per migliorare la sorte degli
abitanti di Penreith.
Lucien borbottò un’imprecazione. — Maledizione, Nicholas, che diavolo ti
è successo? Ne hai fatte di tutti i colori, ma non sapevo che fossi disposto a
rovinare un’innocente.
— Clare non è innocente. Ha ventisei anni, è abbastanza istruita per poter
essere definita un’intellettuale ed è una donna di straordinaria tenacia. Se ora
è qui con me, è per sua scelta.
— Davvero? Io ti consiglio di non distruggere una donna perbene
servendoti della sua coscienza e del suo buon cuore come armi contro di lei.
— Dannazione, Lucien, io non ti ho mai concesso il diritto di criticarmi, ed
è questa la ragione per cui ho agito come un indipendente, anziché affiliarmi
ufficialmente alla tua subdola organizzazione.
— Pace, Nicholas. A me non piace ficcare il naso, ma mi preoccupa la
situazione, e mi sembra che non ci siano altri disposti a parlare in difesa di
Clare Morgan.
— Non ho intenzione di farle del male.
— Ma l’hai già fatto. Devi renderti conto di cosa sono le chiacchiere in un
villaggio, e quanto difficile sarà per lei tornare alla sua vita.
Nicholas si alzò e camminò su e giù, in preda all’inquietudine. — Bene.
Allora può restare con me.
— Come amante permanente? — Lucien sembrava sbalordito.
— Perché no? Ho fatto di peggio, e più volte.
— Tanto vale sposarla.
— Mi sono sposato una volta, ed è stato già troppo.
Dopo un lungo silenzio, Lucien fece una smorfia.
— Mi sono spesso chiesto cosa sia successo tra te e la bella Caroline.
— Ascolta, c’è un solo modo per far durare un’amicizia, ed è che ci siano
limiti insuperabili. E se alla nostra amicizia ci tieni, pensa ai fatti tuoi.
— Evidentemente era peggio di quanto supponessi. Mi dispiace, Nicholas.
— Inutile. Lei perlomeno ha avuto la delicatezza di morire. — Nicholas
prese il proprio bicchiere e lo levò in un ironico brindisi. — A Caroline, che mi
ha impartito tante utili lezioni sulla vita e sull’amore.
Lucien stette a guardarlo in silenzio per un po’. Aveva pensato che quattro
anni fossero stati sufficienti perché Nicholas si riprendesse dal trauma che
l’aveva fatto fuggire dall’Inghilterra. Ma gli sembrava che così non fosse, e
cominciava a essere preoccupato per lui non meno di quanto lo fosse per
Michael.
15

Clare dormì pochissimo, ma nel buio della notte trovò un suo cupo
equilibrio. L’unico desiderio che aveva era restare con Nicholas il più a lungo
possibile. Non quale sua amante, però, dubitava anzi che sarebbe riuscita un
giorno a perdonare se stessa per un così devastante sbandamento morale.
Ma se ripensava al tempo trascorso con lui, quelle che le apparivano erano
tutte visioni a vividi colori rispetto alle quali la sua vita le sembrava di un
grigio spento.
Era il pieno mezzogiorno della sua vita, ed era convinta che, allo scadere
dei tre mesi, niente e nessuno avrebbe più potuto toccarla in profondità come
Nicholas. Avrebbe avuto il resto dei suoi giorni per il pentimento.
Si vestì con cura supponendo che lui avrebbe dormito fino a tardi dopo le
molte ore che doveva aver trascorso con lord Strathmore. Quando scese, restò
sorpresa vedendolo uscire dal salotto della colazione.
Senza dire una parola, Nicholas la prese tra le braccia e la baciò. Nel suo
abbraccio c’erano tenerezza e una sorprendente componente di dedizione.
Mettendogli le braccia al collo, Clare si chiese se anche lui durante la notte si
fosse sentito in preda alla solitudine.
Dopo il bacio, rimasero stretti nell’abbraccio.
— Hai preteso molto presto il tuo bacio — constatò Clare intimidita.
— Mi piace sorprenderti. E poi quest’oggi avrò molto da fare e tornerò
soltanto nel tardo pomeriggio. Cosa ti piacerebbe fare stasera?
— Ho sempre avuto il segreto desiderio, di vedere l’Astley’s Amphitheatre.
È possibile?
— Ti piacciono i circhi? Bene. Proprio questa sera daranno uno spettacolo.
Pensa anche ad altre cose che vorresti vedere a Londra. In biblioteca
dovrebbe esserci una guida.
Quel giorno impartì il ritmo all’intera settimana. Il mattino cavalcavano
insieme nel parco, i pomeriggi li trascorrevano andando a vedere di tutto, dai
gioielli della Corona nella Torre al Museo egizio e a quello della Meccanica,
dov’era in mostra una straordinaria tarantola a orologeria. Clare non volle
andare al Museo delle cere di Madame Tussaud: le immagini delle vittime
della Rivoluzione francese le avrebbero dato gli incubi.
Più volte Lucien si unì a loro a cena, mostrandosi particolarmente cortese
e un tantino protettivo nei suoi confronti, come se fosse un fratello maggiore.
Per evitare guai, Clare tentò di mantenere un’atmosfera leggera e giocosa,
in occasione dei baci. Era stata una settimana idillica, ma sospettava che
fosse un momento di calma prima della tempesta. E che forma questa
avrebbe avuto, preferiva non immaginarlo.

Clare si chinò sul tavolo da biliardo, prese la mira, colpì il pallino, e questa
volta la palla finì in buca.
— Alleluia! — esclamò allegra.
Tentò un altro tiro, poi un terzo, ogni volta mandando la palla in buca.
Sorridendo, continuò a esercitarsi per migliorare i suoi colpi. Nicholas
sarebbe rimasto stupito la prossima volta che avessero giocato insieme.

— Ancora un momento, signorina. — La cameriera Polly le mise un’ultima


forcina nei capelli. — Ecco fatto. Perfetto.
Clare esaminò la propria immagine nello specchio e restò sorpresa. La
cameriera era riuscita ad acconciarle i capelli in morbide crocchie eleganti ma
non troppo severe.
— Hai fatto un magnifico lavoro. Temevo che facessi qualcosa di
terribilmente complicato e che mi avrebbe dato l’impressione di avere nidi
d’uccelli in testa.
— Non molti anni fa, le signore avevano davvero nidi d’uccelli tra i capelli,
e perfino modelli di navi e vasi di fiori — disse Polly. — Mia nonna era
cameriera di una lady, e me ne raccontava di belle sulle parrucche.
— E adesso… l’abito. — Clare si alzò e sollevò le braccia mentre Polly le
faceva passare sopra la testa l’abito di seta azzurra. Le era stato consegnato
quel pomeriggio, appena in tempo per il ballo del duca di Candover, ed era la
prima volta che lo indossava.
Quando Polly finì di drappeggiarglielo, Clare si girò per guardarsi allo
specchio. Era il suo primo vero abito da sera, e rimase stupita: lo specchio le
rimandava l’immagine di una sconosciuta, una provocante, sofisticata dama.
— Siete splendida, signorina — commentò Polly.
— Non mi riconosco. — Clare era perplessa, osservando la zona di pelle
nuda rivelata dalla scollatura. Come si spiega che un abito e un corsetto
cambino una figura assolutamente banale in un’altra in apparenza
voluttuosa?
— Voi avete una splendida figura, anche se la definite banale. Siete
abbastanza piena per risultare splendida con indosso l’abito giusto. E per
tutto il resto abbastanza sottile.
Clare scosse il capo dubbiosa. — Non sono certa di avere il coraggio di
portare quest’abito in pubblico.
— Ci saranno molte dame con scollature ancora più audaci.
— Ma saranno… dame?
— Questo vi sarà d’aiuto. Lo manda Sua Signoria — disse Polly, e prese
una scatola rivestita di velluto.
Clare spalancò gli occhi alla vista del vezzo di perle a tre fili. Nicholas
evidentemente la trattava come un’amante.
La cameriera prese la collana e gliela mise al collo. Le fredde perle le
accarezzavano la pelle, facendola sentire un po’ meno nuda.
In quel momento la pendola suonò le nove. Era tempo di raggiungere
Nicholas. Si mise sulle spalle uno splendido scialle di cachemire e scese la
scala.
Nicholas l’aspettava nell’atrio ed era più diabolicamente bello che mai.
Indossava un abito nero che metteva in risalto la camicia candida e il
panciotto ricamato.
Sentendo i suoi passi, alzò gli occhi sorridendo.
— Nessuno ti ha mai spiegato che le grandi dame non sono mai puntuali,
Clare?
— Io non sono una dama.
— A vederti, nessuno lo penserebbe.
Il palese desiderio che gli leggeva negli occhi imbarazzò Clare, e d’altra
parte la faceva sentire profondamente, potentemente femminile, anche se
non poté impedirsi una replica.
— Immagino che non arriverai a giurare il falso dicendomi che sono bella,
no?
— Forse non bella… incantevole è un termine migliore. Irresistibile, anzi.
— Lui afferrò un lembo dello scialle, che si svolse mentre le girava attorno,
infine scivolò sul pavimento e si raccolse morbidamente attorno alle scarpine
di Clare. Nicholas si chinò e posò le sue calde labbra sul sensibile punto di
unione tra gola e mandibola.
Clare fu colta da un’inebriante sensazione, frutto insieme della sua
ammirazione e del suo bacio, E all’improvviso si convinse di essere davvero
la donna che aveva visto nello specchio: allettante, intensamente femminile e
capace quanto Nicholas di dedicarsi ai giochi dell’amore.
— Sono lieta che tu mi approvi. — Sollevò la mano e con la punta delle
dita gli accarezzò il volto, avendo cura di non alterare il fiocco della cravatta.
Si era appena rasato e la sua guancia era morbida. — Ti ho mai detto prima
che sei sicuramente il più bell’uomo d’Inghilterra, se non dell’intera Europa?
— Non vuoi che andiamo di sopra a continuare questo scambio di
complimenti?
— Dobbiamo uscire. Altrimenti rischi di non incontrare il tuo amico
Michael.
— Stai imparando a essere pericolosa — mormorò Nicholas, sospeso tra
desiderio e divertimento.
— Sto facendo del mio meglio.
Mentre salivano in carrozza, Clare lo guardò. — Perché lord Strathmore ha
detto che non è un luogo adatto in cui portarmi? Il duca ha organizzato
un’orgia?
— Niente di simile, anche se è vero che pochi genitori permetterebbero
alle loro figlie nubili di parteciparvi. I balli di Rafe sono considerati poco
raccomandabili, occasioni in cui un uomo può portare la propria amante, e
magari incontrarvi sua moglie che è venuta con il proprio amante. Anche se
moltissime donne saranno della buona società, non mancheranno cortigiane
d’alto bordo.
— E come si fa a distinguerle?
— Le più vistose saranno le donne della buona società. Le cortigiane sono
un po’ più discrete.
Lei sorrise. Nell’intimità della carrozza le riusciva facile dedicarsi al flirt.
Polly aveva ragione: la provocante femmina nello specchio era reale, una
parte pericolosa di lei che Clare non aveva mai riconosciuto.
Nel buio dell’abitacolo Nicholas approfittò per cercarle la bocca, e poi per
infilarle la mano sotto lo scialle e accarezzarle le spalle nude. Qualche istante
ancora e lei si sarebbe sciolta, lasciandogli fare quello che voleva.
Memore che l’offesa era la miglior forma di difesa, gli posò la mano sul
ginocchio e lo strinse. Nicholas fu colto da un tremito.
— Definitivamente pericolosa — commentò con una voce che non era
affatto pacata. La sua mano andò al seno di lei. — Vuoi imparare fino a che
punto è possibile spingersi in una carrozza?
— Mi hai detto che la casa del duca è molto vicina alla tua.
— Non era questo che intendevo e lo sai, strega.
Il capezzolo le si indurì al tocco del pollice di lui attraverso la seta. Un
altro po’ e avrebbero davvero messo alla prova i limiti di un viaggio in
carrozza. Clare trasse un lungo sospiro.
— È il momento di fermarsi, direi.
— Per il resto della notte?
— Per adesso è abbastanza.
16

Mentre attendevano nella fila degli invitati di essere accolti a Candover


House, Clare accostò la testa a quella di Nicholas.
— Hai visto il duca dal tuo ritorno a Londra?
— Sono andato a trovarlo, ma non era in casa. Ho lasciato un biglietto da
visita. Poi Rafe ha mandato una lettera per invitarmi al ballo, minacciando di
trascinarmici per il bavero se non ci venivo.
— Ho sempre sentito dire che un ballo a Londra dev’essere sontuoso per
essere considerato alla moda.
— Rafe non segue le mode, le impone, e siccome non gli piacciono gli
affollamenti, le sue feste sono sempre di dimensioni ragionevoli. Cosa che le
rende più esclusive.
— E non si cura di invitare ragazze nubili, dal momento che a queste non
è permesso di partecipare?
— Rafe non nutre interesse per vergini beneducate — rispose Nicholas
asciutto. Indicò la donna accanto al padrone di casa. — Quella è lady Welcott,
la sua attuale amante… stando a Lucien.
— Una donna sposata?
— L’unico genere femminile per cui Rafe abbia interesse. Loro conoscono
le regole e si guardano bene dal creargli difficoltà innamorandosi di lui.
— Nella buona società l’adulterio è di moda?
Nicholas alzò le spalle. — Molti matrimoni fra aristocratici sono dettati da
ragioni familiari ed economiche, e non è sorprendente che molte persone
cerchino altrove il loro piacere.
Era per questa ragione che Nicholas era stato infedele a sua moglie? Clare
non ebbe il coraggio di chiederglielo.
— Sono certa che il duca è perfettamente in grado di sposare una donna
per sua scelta, anziché per ragioni di convenienza sociale.
— Una volta l’ha quasi fatto, e non l’avevo mai visto così preso da una
donna.
— La ragazza è forse morta e lui non ha più incontrato una che le stesse
alla pari?
— No. Lei l’ha tradito. L’amore non significa anche questo?
Clare restò senza fiato. — È senza dubbio l’affermazione più cinica che io
abbia mai udito in vita mia — ribatté poi.
— Davvero? La mia esperienza è diversa. Chiunque abbia affermato di
amarmi… — Nicholas si interruppe.
Lei lo studiò pensierosa. — Suppongo che certe persone affermino di
amare quando il vero movente è il bisogno, un desiderio di controllo o
qualcosa di simile all’egoismo. Ci sono però anche persone come Owen e
Marged Morris, come Emily e Robert Holcroft. Credi che il loro amore
comporti il tradimento?
— No. Forse l’amore onesto è un talento o semplicemente fortuna, che
certuni hanno e altri no.
— Ma se non credi all’amore, a cosa credi?
Seguì un breve silenzio. — All’amicizia, suppongo.
— L’amicizia profonda è una forma di amore.
— Lo penso anch’io. Ma dal momento che gli impegni sono molto minori,
il tradimento è meno probabile, cosa che la rende più salda.
Intanto era arrivata la loro volta di essere salutati dal duca, che vedendoli
si illuminò.
— Nicholas! Sono felice che tu sia potuto venire. Probabilmente non
avremo molto tempo per parlare questa sera, ma spero che tu venga a pranzo
con me domani al White’s.
— Rafe, ti presento la mia amica Clare Morgan.
— Per me è un vero piacere, Vostra Grazia — disse Clare sorridendo.
Il duca fece un elegante inchino. — Il piacere è tutto mio, signorina
Morgan. — A differenza di Nicholas, i suoi occhi erano di un genuino grigio
inglese. — Lady Welcott, ti presento il conte di Aberdare e la signorina
Morgan.
L’amante del duca era di parecchi anni più anziana di lui, doveva essere
sulla quarantina, ed era una bella donna dai capelli biondi e dall’aria
mondana, non certo il tipo da innamorarsi pazzamente di un uomo che
preferiva le emozioni stravaganti.
A Clare lady Welcott rivolse appena un cenno, ma gli occhi le si
illuminarono quando si rivolse a Nicholas.
— Lord Aberdare — disse con calore, offrendogli la mano. — Forse non ve
ne ricordate, ma ci siamo conosciuti quando eravate visconte di Tregar. A
Blenheim, se non sbaglio.
Lui si chinò a baciarle la mano. — Certo che me ne ricordo. Non dimentico
mai una donna attraente.
Lady Welcott era troppo sofisticata per abbozzare un sorriso lezioso.
Agitando il ventaglio, si limitò a sorridere.
— Adesso che siete ritornato in Gran Bretagna, spero che vi si vedrà più
spesso a Londra.
Nicholas prese il braccio di Clare e la guidò nell’enorme atrio, poi girò a
sinistra diretto alla sala da ballo. — Per avere successo in società, devi
imparare a controllare le tue espressioni. Ho avuto la sensazione che volessi
mordere lady Welcott.
— Io non ho nessuna voglia di successo sociale — ribatté lei. —
Certamente non è stato molto educato da parte di quell’anziana signora
sbavare per te in mia presenza.
Lui sorrise. — Scopro forse una traccia di gelosia? Pensavo che fosse uno
dei sette peccati capitali.
— Gelosia no di sicuro, ma invidia sì, unita a cupidigia, concupiscenza, ira,
gola, orgoglio e accidia.
— So a memoria l’elenco. Tutti hanno degli ideali a cui aspirare.
A lei non restò che ridere. — Sei proprio impossibile.
— Ci provo.
Entrarono nella grande sala da ballo attraverso un’arcata di fiori rossi.
Pareti e soffitto erano dipinti di nero, che assorbiva in gran parte la luce dei
lampadari e conferiva alla sala un aspetto misterioso e faceva da spettacolare
fondale per le ben illuminate, seminude statue di marmo poste su piedistalli
tutt’attorno alla sala.
— Greci e romani erano dissoluti, vero? — chiese Clare.
Nicholas sogghignò. — Tieni d’occhio quelle statue.
Lei obbedì e rimase senza fiato quando una delle figure cambiò posizione.
— Sono vive!
— A Rafe piace che i suoi balli siano memorabili — spiegò lui e le mostrò
altre figure intente a muoversi o a parlare.
— Si tratta probabilmente di ospiti, pagate profumatamente per atteggiarsi
a statue e restare immobili per ore. Ma mi pare che quel tale stia prendendo
accordi privati con una delle ninfe.
— E il duca non ha niente da ridire?
— Be’, non gli piacerebbe se una delle sue statue si rifugiasse in un’alcova
con quel tale, ma penso che possano fare quello che vogliono, una volta finito
il ballo.
— Cominciò a capire perché le persone non portano qui le loro figlie
nubili.
L’orchestra attaccò e le danze ebbero inizio.
— Ti piace ballare? — chiese Nicholas.
— Non so farlo — rispose lei con rammarico.
— Già, avevo dimenticato che i metodisti sono contrari al ballo. Ma questa
è una semplice danza campagnola, e se dai un’occhiata agli altri dovresti
essere in grado di eseguirla anche tu. Se la tua coscienza lo permette.
— Sono settimane che la mia coscienza è muta, e ballare non peggiorerà di
sicuro le cose.
Il ballo seguente fu ancora un ritmo contadinesco, e Clare e Nicholas vi
presero parte.
Il successivo fu un valzer, e allora uscirono dalla pista. — Il perfido valzer
minaccia di far cadere la civiltà occidentale?
Lei ebbe appena il tempo di rispondere di no che una voluttuosa donna
dai capelli rossi si avvicinò a Nicholas. Ignorandola, lo abbracciò.
— Caro vecchio Nick, sei tornato a casa! Devi assolutamente venire a
trovarmi. Abito al numero 12 di Hill Street. Il mio attuale protettore non avrà
da ridire.
— È quello che avete detto l’ultima volta, Ileana, e ho dovuto affrontare
un duello a Chalk Farms. Per fortuna il tuo uomo del momento era un
pessimo tiratore.
— Henry non era buono a niente, ecco perché quella volta ti avevo
invitato. Allora, quando ci vediamo?
— Spiacente, ma sono molto occupato. — Lo sguardo di Nicholas andò al
volto irrigidito di Clare. — E poi non faccio mai lo stesso errore due volte.
Lei agitò rapidamente il ventaglio. — Non è che io abbia bisogno di te. Il
mio nuovo protettore è alto un metro e novanta, con tutto il resto in
proporzione.
Anziché sentirsi offeso, Nicholas scoppiò a ridere. Con un riluttante
sorriso, la rossa si degnò di guardare Clare.
— Divertiti finché dura, tesoro. Non c’è nessuno come Nicholas, a letto o
fuori del letto.
Mentre Ileana si allontanava ondeggiando, fissò il conte con aria
pungente. — Le donne presenti si dividono fra quelle che in passato ti sei
portato a letto e quelle che sperano di portarti a letto in futuro?
Nicholas le posò una mano sulla nuca e le praticò un leggero massaggio.
La tensione di Clare cominciò subito ad allentarsi. A malincuore, si rese
conto che lui la capiva perfettamente.
— Se non mi sbaglio, hai detto che le cortigiane sono un po’ più discrete
delle dame.
— Ogni regola ha la sua eccezione.
Si udì una voce familiare. — Buonasera, Nicholas… signorina Morgan. —
Lord Strathmore si diresse alla loro volta. — Se non mi sbaglio, ho visto
Michael diretto alla sala da gioco.
— Forse riesco a riportarlo con i piedi a terra — disse subito Nicholas. — Ti
dispiace restare con Clare intanto che vado a cercarlo?
Mentre Nicholas si faceva largo tra la folla, Strathmore parlò con aria
pensierosa.
— Ecco la prova vivente del valore delle ibridazioni.
— Cosa intendete dire?
Strathmore indicò con un cenno Nicholas che si allontanava. — Non avete
che da paragonarlo a questi aristocratici purosangue.
Lei rise, nella sala da ballo non c’era un uomo che avesse la magnetica
vitalità di Nicholas.
— Vi capisco. Rispetto a lui, tutti gli altri sembrano mezzi morti. E voi?
Siete purissimo?
— Naturalmente. Il fondatore della nobile casata Strathmore era un
signorotto che depredava tutti quelli che passavano sulle sue terre. Sposare
qualche zingaro può migliorare la razza. Siccome sono noto per non aver mai
permesso alle mie passioni di avere la meglio su di me, Nicholas sapeva di
potervi lasciare tranquillamente alle mie cure.
— Penso che la mancanza di passione sia una grave carenza in un
libertino.
— Non sono un libertino, salvo che per ragioni di amicizia. — L’uomo
sorrise. — Ma è diffusa la convinzione che io abbia oscuri, misteriosi segreti.
— Siete forse una spia, anziché un libertino?
L’aria frivola di Strathmore scomparve di colpo.
— Nicholas ve ne ha per caso parlato? — replicò. Si fermò e abbozzò una
smorfia. — Temo di aver detto troppo.
— Nicholas un giorno ha accennato al fatto che i suoi viaggi sul continente
comportavano la raccolta di qualche informazione e un rapporto epistolare
con un vecchio amico. E siccome voi lavorate a White Hall, è facile
indovinare che intendeva riferirsi a voi.
— Avete anche voi una mente da agente segreto. Ammetto di non essere il
perdigiorno che fingo di essere, ma mi piacerebbe se teneste per voi le vostre
deduzioni.
— Questa conversazione è stata talmente vaga che non posso immaginare
come potrei parlarne con qualcuno, lord Strathmore.
— Cervello e discrezione. Perché non ho mai incontrato donne come voi?
Mi limiterò a chiedervi di chiamarmi Lucien, come fanno i miei amici. E io vi
chiamerò Clare, se non avete obiezioni. — Le offrì il braccio. — Adesso che
siamo ufficialmente amici, vi andrebbe un bicchiere di punch? Qui dentro fa
piuttosto caldo.
Dopo averle portato da bere, Strathmore accompagnò Clare ai margini
della pista da ballo perché potesse guardare quelli che danzavano.
— Nicholas meriterebbe di essere preso a botte per quel che vi sta
facendo. Ma capisco i suoi impulsi.
— Spero che sia un complimento.
— Lo è. — La sua leggerezza tornò a scomparire. — Non occorre che io vi
dica che Nicholas è assai più complicato di quanto vuol far credere. Lo è
sempre stato, e dopo quella disastrosa faccenda di quattro anni fa, solo Dio sa
cosa passa per la sua eccentrica mente da zingaro. Spero solo che siate
paziente con lui.
— In tutta sincerità, devo dire che la situazione è più opera mia che sua.
Tanto per cominciare, non avrei dovuto chiedere il suo aiuto, e neppure
indurlo ad accettare questa stupida sfida. Ma io non ho un posto importante
nella sua vita, l’ho semplicemente coinvolto nella faccenda di Penreith. A
volte mi dico che Nicholas non sa se trattarmi come un’amante o come un
gatto di casa.
— Per lui siete qualcosa di assai più importante. Anche se dubito che se ne
renda conto.
17

Metà degli ospiti al ballo volevano fermare Nicholas per congratularsi per
il suo ritorno. Oltre ai saluti, ricevette anche tre esplicite proposte e cinque
chiari accenni. Meno male che aveva lasciato Clare con Lucien. Non che
facesse caso alla gelosia di lei, che trovava piuttosto attraente. Giorno per
giorno Clare assomigliava sempre più a una donna e sempre meno a una
virtuosa maestrina.
Quando arrivò alla sala da gioco, Michael Kenyon se n’era andato da un
pezzo, e nessuno sembrava averlo visto. Alla fine, frustrato, tornò da Clare e
Lucien.
Mentre attraversava l’atrio, vide un uomo coperto di polvere,
evidentemente reduce da un viaggio, che si dirigeva alla volta del duca di
Candover ancora occupato a ricevere gli ultimi arrivati. Udito il messaggio
che l’uomo aveva da comunicargli, Rafe fece udire una forte esclamazione e
si precipitò alla scala di accesso alla galleria, facendo i gradini due alla volta.
Nicholas tentò di indovinare cos’avesse provocato una tale reazione in un
uomo la cui leggendaria calma rivaleggiava con quella di Lucien, ma non
seppe cosa pensare. Alzò le spalle e tornò nella sala da ballo.
Gli ci volle parecchio per localizzare Clare, ma la statura di Lucien e i suoi
capelli biondi gli servirono da punto di orientamento. Proprio in quella
l’orchestra tacque all’improvviso. Nel silenzio si levò altissima la voce di
Rafe. — Amici miei, ho una notizia straordinaria.
Nicholas alzò gli occhi e vide il duca nella galleria, dove era sistemata
l’orchestra. Con tono eccitato, Rafe fece il suo annuncio.
— Mi è appena giunta la notizia che Napoleone ha abdicato. La guerra è
ufficialmente finita.
Seguì un silenzio stupito. Poi una voce gridò un evviva e altre si unirono
con un tale fragore da far tremare Candover House.
Nicholas ne approfittò per raggiungere Clare, baciarla sarebbe stato un
modo perfetto per esprimere il proprio entusiasmo. Ma con suo profondo
dispetto, Lucien, che era più vicino, lo precedette serrando Clare in un
giubilante abbraccio sollevandola a mezz’aria.
Fu la volta di Nicholas, che si rivolse all’amico. — Suppongo che sarebbe
una villania strapparti il fegato, ma la prossima volta trovati una ragazza per
conto tuo.
Lucien sorrise e gli diede una manata sulla schiena. — La guerra che era
in corso da quando avevamo i calzoni corti è finita. Ce l’abbiamo fatta!
Più allegra di quanto lui l’avesse mai visto, Clare gettò le braccia al collo di
Nicholas e lo baciò con calore. Quando riprese il fiato era rossa in viso. —
Sebbene le truppe di Napoleone nell’ultimo anno fossero sulla difensiva,
riesce difficile credere che si sia arrivati alla conclusione. Finalmente saremo
in pace!
— Grazie a Dio, la guerra non è mai arrivata sul suolo britannico — disse
Nicholas. — Le nostre perdite sono state leggere al confronto di quelle subite
da altre nazioni europee.
Tutt’attorno a loro si vedevano scene di entusiasmo. Vicinissimo, c’era un
uomo anziano in divisa della Guardia con una manica vuota che con l’unico
braccio stringeva la moglie, ed entrambi piangevano senza pudore. Persino le
statue avevano rinunciato al loro ruolo ed erano saltate giù dai piedistalli per
prendere parte alla celebrazione. Si acclamarono Wellington e le sue truppe.
Nicholas tornò ad alzare lo sguardo alla galleria e si irrigidì. — Lassù non
c’è Michael, accanto a Rafe?
Lucien guardò a sua volta. — Già. Probabilmente voleva sapere se Rafe
aveva altri particolari. A giudicare dal suo aspetto, si direbbe che per la
vittoria il nostro amico abbia pagato un prezzo più alto di altri.
Presa per mano Clare e seguito da Lucien, Nicholas si fece largo tra la
folla entusiasta. Alla fine del corridoio che avevano imboccato, il duca e un
uomo alto e magro uscirono da una porta di accesso alla galleria. Clare lo
scrutò attentamente: era lord Michael Kenyon. Lucien lo aveva definito
magro e con un’espressione da lupo, ma evidentemente la malattia lo aveva
lasciato poco meno che scheletrico. La forte ossatura del suo viso conservava
tuttavia un’aspra bellezza, e si muoveva con la leggera sicurezza di un atleta.
Sembrava davvero degno di far parte degli Angeli Caduti.
Nicholas rallentò il passo. — Congratulazioni, Michael. Essendo tu uno
degli uomini che hanno combattuto per questa vittoria, hai più di ogni altro
motivi di festeggiare.
Lord Kenyon si raggelò. I suoi occhi erano di un minaccioso verde scuro.
— Penso che tu abbia rovinato un momento felice, Aberdare — disse in tono
aspro.
— Date le circostanze, rinuncerò a quello che avevo giurato di fare se ti
avessi rivisto, ma vattene fuori dai piedi prima che cambi idea.
Nicholas teneva ancora la mano di Clare, che sentì le sue dita vibrare. Si
rese conto che, nonostante l’avvertimento di Lucien, Nicholas non riusciva
ancora a credere che il suo vecchio amico fosse diventato un nemico.
— È uno strano saluto, dopo anni di separazione. Vuoi che ritentiamo? —
Fece un passo avanti e tese la mano. — È durato troppo a lungo, Michael.
Sono lieto di constatare che sei sopravvissuto alla Spagna.
L’altro arretrò come se avesse di fronte una vipera.
— Credi forse che io stia scherzando? Dovresti essere più perspicace.
Il duca intervenne. — Se ci sono cose da discutere, il mio studio è più
adatto di questo corridoio.
Guidò tutti gli altri fino a una porta in fondo al corridoio. Accese parecchie
lampade e si girò a guardare i suoi ospiti.
— Questa notte è il momento ideale per trasformare le spade in vomeri.
Fu come se la stanza si riempisse di contrastanti emozioni, e Clare si rese
conto di essersi fatta quasi invisibile. Quegli uomini che si erano conosciuti a
scuola, crescendo insieme, erano legati da una serie di esperienze condivise
per molti anni, ricordi di gioie e dolori, di conflitto e di aiuto reciproco. Ma
uno di loro adesso minacciava di fare a pezzi quel singolare rapporto.
Michael si era ritirato dietro la scrivania del duca e il suo sguardo
corrucciato indusse Clare a pensare a un predatore in agguato.
— Non sono affari tuoi, Rafe, e neppure tuoi, Lucien. — Poi si rivolse a
Nicholas con un tono che sembrò di genuino dolore. — Quando ho udito che
te n’eri andato dall’Inghilterra, ho pensato che avessi la decenza di startene
alla larga.
La voce del conte era tesissima quando replicò.
— Ti dispiacerebbe dirmi cosa ho fatto, secondo te?
— Non recitare, Aberdare. Gli altri possono crederti, non però io.
— Per un momento dimentica le mie presunte malefatte. Volevo
semplicemente parlarti di cose concrete. La tua miniera di Penreith è gestita
in maniera pericolosissima, e se tu non hai il tempo o la voglia di
occupartene, cedila a me perché possa fare quanto è necessario.
Il maggiore fece udire una risata che raggelò Clare.
— Se Madoc non ti va a genio, vuol dire che gli aumenterò la paga.
Nicholas replicò con voce mirabilmente pacata.
— Non fare della miniera una ragione di discordia tra noi, ti prego. Gli
uomini le cui vite sono in pericolo non devono pagare a causa delle tue
rivalse nei miei confronti.
— Ti sei trasformato in una tremula vecchietta, Aberdare — disse
freddamente il maggiore. — L’attività mineraria è sempre stata pericolosa e
sempre lo sarà. I minatori lo sanno e lo accettano.
— C’è differenza tra coraggio e disperazione — ribatté Nicholas. — Nelle
ultime settimane ho fatto una ricerca su incidenti e morti in altre miniere, e
quella di Penreith è quattro o cinque volte più pericolosa. L’ho visto con i
miei stessi occhi.
— Sei entrato nella mia miniera? — Gli occhi verdi del maggiore si
restrinsero. — In futuro stanne lontano. Se vengo a sapere che vi hai messo
piede, dirò a Madoc di ricorrere alla legge.
— Comincio a comprendere perché hai lasciato l’incarico a quell’uomo.
Parli esattamente come lui — disse Nicholas. — Se non credi a me, indaga tu
stesso. Tu sei l’unica persona in grado di fare qualcosa, e allora, dannazione,
prenditi le tue responsabilità.
— Per nessuna ragione al mondo ti accontenterò.
— Ricordati che quella terra è mia e che se rifiuti di migliorare le
condizioni dei minatori troverò modo di mettere fine alla concessione.
Preferirei non ricorrere alla legge, ma se devo farlo lo farò. E per Dio, se
uomini muoiono senza necessità, mentre tu mi tieni il muso, ti riterrò
personalmente responsabile.
— E perché aspettare? — Michael si cavò di tasca un paio di guanti
spiegazzati, girò attorno alla scrivania e lo colpì in faccia. — Questo ti basta?
Nomina i tuoi secondi, Aberdare.
La guancia di Nicholas si imporporò per la forza del colpo, ma scrutò il
vecchio amico come se lo vedesse per la prima volta.
— La guerra può fare impazzire gli uomini ed è evidentemente quello che
ti è successo. Non ho intenzione di battermi con un pazzo. Vieni, Clare, è
tempo di andare.
Posò la mano sulla maniglia, ma lord Michael non si rassegnò. —
Vigliacco!
Un sibilo ruppe il silenzio, seguitò da un colpo, e un minaccioso coltello si
piantò nella porta tra Clare e Nicholas, che fece una smorfia.
— Non preoccuparti, Clare, se avesse voluto colpirmi l’avrebbe fatto. —
Afferrò il coltello, lo strappò dal legno e fissò Michael. — Non voglio
scontrarmi con te — ripeté. — Se vuoi uccidermi dovrai ricorrere a un
assassinio a sangue freddo, ma non posso credere che tu sia tanto cambiato.
— Ti sbagli di grosso, Aberdare. Ma preferisco ammazzarti lealmente.
Combatti, maledizione!
— No. Se vuoi ritenermi un vigliacco, fallo pure. Sono del tutto
indifferente ai tuoi vaneggiamenti — disse Nicholas, e tornò a prendere il
braccio di Clare.
— Quella tua puttanella sa che hai ammazzato tuo nonno e tua moglie?
Con un movimento così rapido che Clare riuscì appena a notare, Nicholas
lanciò a sua volta il coltello, che si piantò nella scrivania a pochi millimetri
dalle dita di Michael.
— Clare è una signora, cosa che evidentemente non sei più in grado di
riconoscere — disse con voce che non era più pacata. — E va bene. Se proprio
vuoi un duello, così sia. Ma siccome sei tu a sfidare, a me la scelta delle armi.
Lucien fece per aprire bocca, ma Michael lo zittì con aria soddisfatta. — In
ogni momento, in ogni luogo, con qualsiasi arma.
— Il momento è adesso. Il luogo è qui. E le armi… sferze.
Il volto del maggiore si accese. — Sferze? Non scherzare, Aberdare. La
scelta è tra pistole e spade. Persino coltelli, se proprio vuoi, ma non qualcosa
di triviale come una sferza.
— Queste sono le mie condizioni. Prendere o lasciare. — E Nicholas
abbozzò un gelido sorriso. — Pensa che soddisfazione sarebbe per te riuscire
a frustarmi… sempre che tu ne sia capace, cosa di cui dubito.
— Sono perfettamente in grado di toglierti la pelle — ruggì Michael. — E
va bene. Cominciamo.
Rafe esplose. — Adesso basta! Siete tutti e due impazziti. Non permetterò
che avvenga a casa mia.
Lucien intervenne. — Se Michael è deciso a usare la violenza, preferirei
che fosse qui, in presenza di noi due.
Lucien e Rafe si scambiarono una lunga occhiata, poi con riluttanza il
duca annuì.
— Forse hai ragione.
— Vuoi farmi da secondo, Lucien? — chiese Nicholas.
— Naturalmente.
Il maggiore fissò con ira lord Strathmore. — Gli arabi hanno un proverbio:
l’amico del mio nemico è mio nemico. Che se ne trovi un altro.
Lucien replicò con altrettanta durezza. — Io vi considero entrambi amici
miei, e il principale dovere di un secondo è di tentare di risolvere la disputa
senza spargimenti di sangue. Potresti cominciare a rivelarmi le tue
rimostranze, in modo che Nicholas abbia modo di replicare.
Michael scosse il capo. — Non voglio parlare di quello che è accaduto.
Nicholas lo sa, che lo ammetta o no. Se proprio vuoi fargli da secondo, noi
due non siamo più amici.
— Scelta tua, non mia — rispose in tono grave Lucien.
— Vuoi farmi da secondo, Rafe? O stai anche tu dalla parte di questo
zingaro bugiardo?
Il duca gli scoccò un’occhiataccia. — È dannatamente contrario alle regole
risolvere una questione d’onore senza che uno sappia la ragione per la quale
è sfidato.
— Vuoi farmi da secondo o no?
— E va bene. Come tuo secondo, però, voglio chiedere se c’è qualcosa che
Nicholas possa fare per risolvere la disputa.
Sulle labbra di Michael si disegnò un sorriso senza allegria. — No. Quello
che lui ha fatto non può essere attenuato neanche con delle scuse.
— Bene allora. Il giardino dietro il gazebo sarebbe adatto, e non
dovrebbero esserci ospiti. Andrò nel deposito attrezzi della scuderia e vi
porterò due sferze.
Uscirono tutti dallo studio seguendo Rafe. Clare si mosse con loro, ma
Lucien aggrottò la fronte.
— Voi non dovreste venire. Un duello non è spettacolo per una signora.
— Ogni aspetto di questo ridicolo duello è anormale, e non credo che la
mia presenza possa peggiorarlo.
Nicholas intervenne. — Risparmia il fiato, Lucien. Clare sa tenere in riga
una dozzina di marmocchi, per cui è senza dubbio in grado di tener testa a
ciascuno di noi.
Scesero per una stretta scala e giunsero in giardino. Clare ebbe un brivido
quando si ritrovò nella fredda notte d’aprile. Nicholas si tolse la marsina e
gliela posò sulle spalle.
— Io non ne ho bisogno.
Il giardino era enorme, per una casa londinese, e quando furono in fondo
il rumore del ballo era quasi inudibile. Dietro il gazebo c’era un piccolo cortile
riservato ai balli estivi. Tutt’attorno c’erano reggi torce, e Rafe e Lucien le
accesero. Il vento faceva tremare le fiamme, proiettando ombre mobili.
Il maggiore adesso sembrava più calmo: l’azione era imminente. Al pari di
Nicholas, si tolse giacca e cravatta. Nicholas si tolse anche il panciotto, le
scarpe e le calze, restando a piedi nudi.
Rafe e Lucien esaminarono con aria grave le due fruste da carrozza e
convennero che erano sostanzialmente uguali. Nicholas ne prese una, la fece
schioccare e annuì. Michael fece lo stesso, con occhi ardenti.
Il duca si schiarì la voce. — Non ci sono regole codificate per un duello a
suon di frusta. Per cui le stabiliamo adesso. Mettetevi schiena a schiena,
quando vi do il via fate otto passi, poi voltatevi. Lascerò cadere il mio
fazzoletto, e quando tocca terra colpite a volontà. — Lanciò a entrambi una
dura occhiata, soprattutto al maggiore. — Il duello sarà finito quando Lord
Strathmore e io converremo che lo è. Se uno di voi non smette quando io lo
ordino, allora, per Dio, sarò io a fermarvi. Siamo intesi?
— Chiarissimo — disse Nicholas.
Il suo avversario non si curò di rispondere.
Lucien prese Clare e la portò al limite del cortile. — Restate qui — le disse
a bassa voce. — Una frusta da carrozza ha una lunga portata.
Lei annuì in silenzio sforzandosi di non pensare a quello che poteva
accadere. Sebbene una sferza non potesse essere letale, poteva però
distruggere un occhio. Dubitava che Nicholas volesse menomare di proposito
l’avversario, ma Michael poteva ritenere che accecare il nemico fosse una
giusta vendetta per le colpe che gli attribuiva.
Come in un fantomatico teatrino, i duellanti eseguirono il rituale,
mettendosi schiena a schiena e poi percorrendo otto passi.
— Adesso! — ordinò il duca. E quando si volsero mettendosi uno di fronte
all’altro, Rafe lasciò cadere il fazzoletto. Prima che il pezzo di stoffa toccasse
il suolo, un soffio di vento lo spostò.
Senza avvedersene, o forse incapace di attendere oltre, lord Michael colpì.
Preso alla sprovvista, Nicholas alzò il braccio sinistro per proteggersi il volto,
e la sferza gli si avvolse all’avambraccio, stracciandogli la camicia e mordendo
la carne sottostante. Mentre il sangue gli macchiava la manica, si udì la voce
gongolante del maggiore.
— Primo sangue, Aberdare.
— Adesso tocca a me, e mi ricorderò di partire anch’io in anticipo — disse
Nicholas, e colpì a sua volta. Un minaccioso fischio, e una sottile riga rossa si
disegnò sulla guancia dell’avversario. Michael non poté reprimere un gemito,
cosa che non gli impedì di colpire ancora, questa volta mirando ai piedi
dell’avversario.
Nicholas saltò in aria come un danzatore, e la maligna sferza passò sotto
di lui. Prima ancora di mettere piede a terra, la sua schioccò. Un taglio
comparve sul petto di Michael e altro sangue scorse.
Senza sgomentarsene, il maggiore tornò a menare la frusta che questa
volta colpì il conte alla spalla. Clare si portò un pugno alla bocca per non
gridare. Aveva assistito a scontri fra scolari e una volta tra minatori ubriachi,
ma questo aveva la primordiale ferocia della guerra.
Con un ruggito, Michael fece un passo avanti per colpire da vicino. — Ho
aspettato anni per questo, bastardo.
Nicholas girò il polso e la sua frusta bloccò l’avversario. Le sferze si
avvolsero attorno a entrambi i contendenti.
— Allora puoi aspettare ancora un po’.
Diede uno strappo alla sua frusta nel tentativo di disarmare Michael, che
cadde sulle ginocchia ma riuscì a tener saldo il manico. Per qualche istante i
due uomini stettero l’uno aggrappato all’altro. Poi le fruste si separarono,
facendoli arretrare.
Anziché ripetere immediatamente il colpo, Nicholas si chinò come un
lottatore e si spostò di fianco, alzando lo staffile. Michael assunse la stessa
postura e presero a girare l’uno attorno all’altro con movimenti fluidi e una
grande concentrazione nel volto.
Persino alla luce incerta delle torce era impossibile confonderli. Nicholas
lo zingaro era agile e veloce, e riusciva sempre ad anticipare l’avversario,
mentre Michael il guerriero era aggressivo e cupamente deciso a distruggere
il nemico.
Quando Nicholas riuscì a scansare un’altra staffilata, Michael ansimò. —
Sei bravo solo a scappare, sporco zingaro.
— Non mi vergogno di ciò che sono — replicò il conte, e con un possente
scatto del polso gli lacerò un’altra volta la camicia. — E tu puoi dire lo stesso?
Il suo scherno provocò un’esplosione di rabbia. Il maggiore scattò in un
furioso assalto, alzando e abbassando la frusta in un torrente di colpi. Il
rumore del cuoio che colpiva carne viva echeggiò nel cortile, e Clare si lasciò
sfuggire un gemito. Per quale ragione Nicholas non si sottraeva, limitandosi
ad alzare un braccio per proteggersi il capo?
Lo capì quando Michael fece un passo avanti, gravando con tutto il perso
su un unico piede: era il momento che il conte aspettava. Colpì con letale
precisione e il suo staffile si avvolse attorno alla caviglia di Michael coperta
dallo stivale.
La frustata fece poco danno, ma quando Nicholas tirò la frusta con
entrambe le mani, il suo avversario cadde pesantemente a terra e la testa
colpì con un duro botto il selciato.
Era finita. Michael rimase immobile, come morto, in un gelido silenzio
interrotto soltanto dal respiro affannoso di Nicholas. Allora Clare attraversò
di corsa il cortile e si inginocchiò accanto al caduto. Nel cortile della scuola
aveva medicato tagli e lividi frutto degli scontri tra i bambini, e fu con mano
abile e leggera che esaminò la testa sanguinante.
Nicholas le venne accanto. La sua camicia era in pezzi, sangue colava da
almeno una decina di ferite, ma una rapida occhiata convinse Clare che erano
tutte superficiali. Del resto lui le ignorava.
— È ferito gravemente?
Prima di rispondere, Clare tastò il polso di Michael e ne ascoltò il respiro.
— Non credo. Senza dubbio una commozione cerebrale, ma non credo che il
cranio abbia fratture. Le ferite alla testa sanguinano abbondantemente; per
questo sembrano più gravi di quanto siano in realtà. Qualcuno ha un
fazzoletto?
Un fazzoletto con un’elegante le fu messo in mano. Clare lo premette
sulla ferita.
— Grazie a Dio, non è molto grave — mormorò Nicholas. — Volevo
gettarlo a terra, non ucciderlo.
— Non hai niente da rimproverarti — disse Lucien con tono pacato — Ha
voluto a ogni costo sfidarti. Se aveste scelto pistole o spade, uno di voi due
adesso sarebbe morto.
— È stato stupido da parte mia lasciarmi trascinare — disse Nicholas
irritato con se stesso. — Hai visto come si è comportato? Pensi che la
considererà una giusta conclusione?
Il silenzio che seguì fu una risposta sufficiente.
Inzuppato di sangue il primo fazzoletto, Clare ne usò un altro, questa
volta con la S di Strathmore. Per fortuna, il sangue aveva quasi cessato di
colare. — Bisognerebbe muoverlo il meno possibile — disse. — Potete restare
qui, Vostra Grazia?
— Naturalmente. — Con un’espressione di ironica ammirazione negli
occhi, il duca la studiò. — Dal momento che mi sembrate a vostro agio in
questa banda di mascalzoni, fareste meglio a chiamarmi Rafe.
— Non so se sono in grado di chiamare un duca con il nome di battesimo.
— Non pensate a me come a un duca, ma come qualcuno che non ha
saputo essere all’altezza di Nicholas.
Clare sorrise. — D’accordo, Rafe.
— Lucien, credi che noi due siamo in grado di portarlo in casa? Preferirei
non coinvolgere i domestici.
Mentre i due uomini sollevavano Michael, la camicia stracciata gli cadde
di dosso, rivelando uno spaventoso mosaico di cicatrici che lo coprivano dalla
spalla sinistra alla vita. Tutti restarono sbalorditi, e Nicholas imprecò
sottovoce.
— È stato investito da un colpo di mitraglia a Salamanca — spiegò Rafe. —
Evidentemente stava peggio di quanto volesse far credere.
Quando Michael fu rimesso in piedi, parve riprendere un barlume di
coscienza.
Nicholas si rimise calze e scarpe, poi raccolse le fruste. Mentre lui e Clare
seguivano gli altri verso la casa, ringraziò la sorte che il duello non aveva
avuto una conclusione letale.
Clare invece ne provò scarso sollievo: temeva che Nicholas avesse ragione
e che il duello non avrebbe placato la furia di Michael.
18

Nicholas non volle che le sue ferite venissero medicate. Accettò un ampio
mantello da Rafe. Pochi minuti dopo lui e Clare erano diretti a casa. Gli ospiti
erano ancora intenti alle celebrazioni e nessuno si avvide che se ne andavano.
Rimasero in silenzio mentre percorrevano le strade di Mayfair. Nicholas
sedeva rigido e rigidamente si mosse anche quando aiutò Clare a scendere
dalla carrozza.
Appena furono dentro, lei lo fissò decisa. — Prima che tu vada a letto,
voglio pulirti e medicarti. So che ti piace fare lo stoico, ma ci sono dei limiti.
— D’accordo. Dove vuoi dedicarti alla chirurgia?
— In camera tua, direi. Mi tolgo quest’abito e mi metterò all’opera appena
Polly mi avrà portato tutto il necessario.
Forse in segno di punizione per il suo eccessivo attaccamento alle cose
terrene, l’abito azzurro di Clare era stato lordato dal sangue di lord Michael e
dal contatto con la terra. Così indossò la camicia di flanella bianca coprendola
con una bella vestaglia di velluto rosso.
L’energia nervosa che l’aveva sostenuta durante il duello e il ritorno a
casa scomparve, lasciandola all’improvviso esausta. Ogni colpo sferrato in
quell’orrendo scontro le era rimasto impresso nella mente. Se lord Michael
fosse riuscito a spuntarla e si fossero scontrati con le pistole o le spade…
Rabbrividì e si impose di non pensarci.
Sebbene avesse avuto pensieri omicidi nei confronti di lord Michael
quando aveva aggredito Nicholas, adesso era preoccupata per il maggiore. Le
assurde accuse scagliate contro Nicholas erano evidentemente frutto di una
mente alterata, ma era chiaro che le credeva vere. Clare sospirò. Non era il
primo soldato a essere distrutto dalla guerra, e non sarebbe stato l’ultimo.
Forse, col tempo, ne sarebbe guarito.
Intanto però costituiva un vero pericolo. Nicholas non pensava che il suo
vecchio amico fosse capace di un assassinio a sangue freddo, ma lei non ne
era certa. Forse era tempo di tornare nel Galles; con un po’ di fortuna,
sapendolo lontano, Michael non sarebbe andato in cerca di Nicholas.
Polly tornò con un vassoio di bende e medicamenti e una bacinella
d’acqua calda.
Nicholas era inginocchiato accanto al caminetto, intento ad aggiungere
carbone al fuoco. Clare per poco non fece cadere il vassoio, perché ebbe
l’impressione che fosse nudo. Poi si avvide che aveva un asciugamano
attorno ai fianchi. Era snervante, per lei, vedere così da vicino il bel corpo
muscoloso che aveva vergognosamente ammirato mentre andava a nuotare
con i pinguini. Ma ben più snervante era la vista delle sue lesioni, anche se
Clare si rese conto che si era quasi denudato soltanto perché lei potesse
medicargliele. Era lì in veste di infermiera, non di amante.
— Ti andrebbe un po’ di brandy? — le chiese lui. — Questa sera sarebbe un
buon momento per rinunciare alle tue obiezioni contro l’alcol.
— La regola dei metodisti è di prendere le decisioni in base a quello che si
ha nel cuore, e il mio dice che sarebbe il benvenuto qualcosa che mi calmi.
Nicholas le porse un bicchiere. — Bevi piano. È assai più forte dello
sherry.
— Vorresti incoraggiarmi a bere di più?
— L’ho pensato, ma non sarebbe leale. Ti sedurrei troppo facilmente.
Mentre Clare assaggiava il liquore, con lo sguardo seguiva Nicholas che
camminava avanti e indietro, il bicchiere in mano: quasi nudo, era uno
spettacolo. Deponendo il bicchiere assunse un’aria decisa.
— Mettiamoci all’opera. Siediti su quello sgabello, ti prego. — Cominciò a
spargere polvere di basilico sulle ferite aperte. — Ci sono numerose
lacerazioni, ma non sono profonde e non sanguinano più. Temevo che il
danno fosse peggiore.
— Le sferze sono distruttive se la vittima non è in grado di evitare i colpi,
come un soldato legato a un palo per essere punito. Un obiettivo mobile non
subisce mai troppi danni.
— Strano che i tagli siano limitati alla parte superiore del tuo corpo. Lord
Michael è privo di immaginazione, ha continuato a colpire sempre nella
stessa zona.
— Tentava di spezzarmi il collo. Se fosse riuscito ad avvolgermi la sferza
alla gola e a tirarla, come ho fatto io con la sua caviglia, avrebbe avuto buone
probabilità di farcela.
— Vuoi dire che stava deliberatamente tentando di ucciderti?
— Ma certo. Michael ha detto che mi voleva morto. Ed è sempre stato un
uomo di parola.
Le mani di Clare presero a tremare. Lui le diede un’occhiata poi la fece
sedere su una poltrona, dove lei si serrò il volto tra le mani, incapace di
sottrarsi a quell’orribile visione.
— Mi dispiace, non avrei dovuto dirtelo — mormorò Nicholas tornando al
suo sgabello — Non avevo nessuna probabilità di riuscirci. Ho assistito a risse
del genere tra gli zingari e so usare la frusta.
— È davvero pazzo come hai detto tu. Ma perché la sua pazzia si è
focalizzata su di te?
— Non faresti meglio a chiedermi se Michael aveva ragione, accusandomi
di aver ucciso mio nonno e mia moglie?
Clare liquidò la domanda con un gesto della mano.
Nicholas si alzò e riprese ad andare avanti e indietro. — Tu hai la testa
sulle spalle. Ma sono certo che ti è passato per la mente che io possa essere
un assassino.
— Certo, ho preso in considerazione quest’eventualità quattro anni fa,
quando ci sono stati i decessi. Tuttavia, sebbene tu possa avere accessi d’ira,
non credo che in te ci sia quel genere di violenza.
— Perché? Ci sono violenze di vario genere?
— Naturalmente. È facile credere che Michael sia capace di assassinio. Ma
sebbene tu possa essere pericoloso, come hai dimostrato questa notte,
preferiresti ridere o allontanarti, di fronte a una situazione difficile.
Immagino che tu possa uccidere soltanto per autodifesa.
Nicholas abbozzò una smorfia. — Questa notte ho quasi ucciso Michael,
però.
— È stato un incidente — protestò lei. — Credi forse che non mi sia resa
conto che ti sei trattenuto? Hai preferito lasciare che ti frustasse mentre
aspettavi il momento di disarmarlo.
— Sei molto attenta… forse troppo.
— Mio padre ha portato in casa nostra uomini di vario genere, e questo mi
ha dato modo di imparare qualcosa sulla natura umana.
— Hai detto cose giuste a proposito di Michael, Lucien e me. Che mi dici
di Rafe?
— Lo conosco poco. Penso che sia come te, il tipo d’uomo che non
cercherebbe uno scontro, ma che se la caverebbe benone se fosse impossibile
evitarlo.
— Sei persino più pericolosa di quanto pensassi — replicò Nicholas con
ironia. — Hai ragione dicendo che io preferirei allontanarmi, penso che sia
innato in tutti gli zingari.
— Chi combatte ma volta le spalle, potrà rifarlo un altro giorno — citò lei
in modo piuttosto confuso.
— Proprio così. Mi hai chiesto perché Michael ha preso di mira proprio
me. Penso che la sua collera sia legata al vecchio conte. Quand’è stato messo
al bando da suo padre, il duca di Ashburton, per qualche strana ragione
Michael e mio nonno hanno fatto amicizia, e il vecchio ha detto più volte che
avrebbe preferito avere lui come erede al mio posto. Può darsi che Michael
creda davvero che io abbia ucciso il nonno con un veleno da zingari o
ricorrendo alla magia nera.
— Provavi invidia per il loro legame?
— Me la sarei presa se fossi stato più giovane, ma quando Michael si è
insediato a Penreith, non ci pensavo. E se al nonno faceva piacere che
Michael giocasse al nipote di riserva, contento lui… Io per lo più me ne stavo
lontano.
Clare si chiedeva se il vecchio conte non avesse di proposito messo i due
giovani l’uno contro l’altro, allo scopo di ferire il vero nipote. Possibile che
fosse stato così subdolo e crudele? In tal caso, aveva molto di cui rispondere a
Dio.
Decisa a concludere il lavoro per poter andare in camera sua e mettersi a
letto, prese un barattolo di polvere di salvia e la sparse sulle lesioni meno
gravi, quelle che non sanguinavano.
— A proposito, Clare — disse Nicholas. — Parlami della tua capacità di
violenza. Non sono mai stato convinto che tu sia una signorina troppo
delicata anche per scacciare un pinguino.
— Io credo che la pace sia meglio della guerra, è che offrire l’altra guancia
sia meglio che spaccare qualche testa. Ciò non toglie che io possa diventare
violenta in difesa di coloro per cui provo affetto. Per esempio, se qualcuno
entrasse a scuola e minacciasse i miei bambini. — "O se minacciasse te"
pensò, ovviamente senza dirlo.
— Come bacia Lucien?
— Cosa? Oh, hai ragione, mi ha baciata quand’è stata annunciata
l’abdicazione di Napoleone. Un bacio molto carino, direi. Me ne sono accorta
a malapena. — Clare applicò un’altra benda e fece un nodo sopra la spalla di
Nicholas. — Non era certo te.
— La prossima volta che Lucien avrà bisogno di venire un po’ sgonfiato,
gli dirò che non sei stata molto soddisfatta dalle sue capacità.
— Non vorrai… Oh, stai scherzando!
— Naturalmente. L’ironia è la mia corazza, perché hai detto che Lucien ha
qualcosa di spietato? Hai ragione, ma mi sorprende che tu l’abbia dedotto
dopo averlo incontrato solo poche volte e lui si è comportato al suo meglio.
— È qualcosa che avverto. Sebbene si atteggi a frivolo, ha qualcosa che mi
fa pensare all’acciaio. L’ho fatto sobbalzare, quando gli ho detto che la sua
attività a Whitehall implicava la raccolta di notizie spionistiche, e che tu hai
lavorato per lui.
— Buon Dio, sei arrivata a tanto? Dovresti anche tu dedicarti allo
spionaggio.
— Prendi un po’ di laudano — gli propose lei. — L’effetto sarà migliore che
cercare di addormentare i dolori col brandy.
— Non ho bisogno né dell’uno né dell’altro.
Clare si alzò e si avviò alla porta.
— No, non andartene ancora — la pregò Nicholas con voce tesa.
Lei tornò sui suoi passi.
— Perché? — Lui non rispose. — C’è qualcosa d’altro che volevi dirmi?
— Vuoi… vuoi stare con me, stanotte?
— Vuoi che dorma con te?
Lui si allontanò dalla finestra e il suono del suo respiro riempì la stanza.
Clare si rese conto che era la prima volta che la fissava, da quando avevano
incontrato Michael, e restò sorpresa dall’angoscia che gli lesse negli occhi.
All’improvviso le divenne evidente che il suo distacco era stato pura
finzione. Come aveva fatto a non accorgersene prima?
Adesso la sua facciata artificialmente costruita era crollata, rivelando ciò
che c’era dietro. E Clare ne ebbe pena.
Fraintendendo la sua espressione, Nicholas la guardò incerto. — Non
come un’amante, ma… come un’amica. Ti prego.
Le venne voglia di piangere per la vulnerabilità di Nicholas, invece depose
il vassoio e sorrise tranquilla.
— Naturalmente, se lo desideri.
Lui attraversò la stanza e la strinse in un abbraccio, che Clare non
ricambiò.
— Non vorrei farti male — gli spiegò.
— Non me ne farai.
Era palese che il suo bisogno di vicinanza aveva superato la sofferenza
fisica. Evitando con cura di sfiorare le sue lesioni, Clare gli strinse le braccia
attorno alla vita e gli posò la testa sulla guancia. Rimasero così a lungo, e
quando il respiro di Nicholas tornò normale, lui si sciolse e la fissò.
— Stai tremando. Mettiti a letto, ti raggiungo tra un istante.
Tornò con indosso una camicia da notte. Lei sorrise, indovinando che
l’indumento era un atto di riguardo per la sua sensibilità, e infatti sembrava
che non ne avesse mai indossata una. Adesso che i bendaggi erano coperti,
sembrava normale, a parte l’aria affranta.
Si infilò a letto e le posò un bacio leggero sulle labbra, affondandole le dita
tra i capelli.
— Non volevo restare solo — sussurrò.
— Anche a me non va di restare sola, questa notte — disse lei
sinceramente. Sebbene fosse consapevole della sua sofferenza, fisica ed
emotiva, sapeva anche che la sua presenza lo sollevava come nessun’altra
cosa avrebbe potuto.
Ma era vero anche il contrario.
Lui parlò in tono tetro — Mi chiamava sempre Nicholas.
E adesso Michael usava l’impersonale Aberdare. In silenzio, Clare giurò a
se stessa che qualsiasi cosa riservasse il futuro, lei non avrebbe mai tradito
l’amicizia di Nicholas.
19

Nicholas aveva previsto che non sarebbe riuscito a dormire, ma il dolce


calore di Clare attenuò le sue sofferenze e la sua pena. Si svegliò all’alba e
rimase immobile, per non disturbare la donna che dormiva fra le sue braccia.
Il peggio era passato; era sopravvissuto ad altri tradimenti e sarebbe
sopravvissuto anche quella volta. Ma sarebbe stato assai più dura se non
avesse avuto Clare con sé.
La notte precedente si era detto che simulava piuttosto bene… fino al
momento in cui lei si era alzata per andarsene, e allora un’ondata di
disperazione l’aveva travolto. In quel momento si sarebbe gettato ai piedi di
Clare implorandola di non lasciarlo.
Sarebbe stato meglio se fosse riuscito a trattenersi, perché è sempre un
errore rivelare la propria debolezza. Ma riteneva suo dovere non rimpiangere
mai ciò che non poteva essere cambiato.
Certamente non gli dispiaceva di avere Clare nel suo letto. Conservava
ancora una traccia di profumo esotico, rievocando il vivido ricordo di come gli
era apparsa la sera precedente. Adesso, di mattina, con indosso quella banale
camicia da notte e la treccia che le si scioglieva, era adorabile e assai più
attraente della più costosa cortigiana.
Si sorprese a fantasticare che erano già amanti e che presto l’avrebbe
svegliata con un bacio, che sarebbe stato il primo passo verso la completezza
del rapporto. Lo sguardo si posò sulla bocca di Clare. E nella sommessa luce
del mattino le sue labbra erano talmente sensuali che a stento si trattenne
dall’assaggiarle.
Passò mentalmente in rassegna i più memorabili baci che si erano
scambiati. Era un lungo elenco, perché Clare si era rivelata un’ottima allieva
nelle arti della sensualità. E non lo sorprendeva, aveva imparato già da
ragazzo che le donne intelligenti erano le migliori compagne di letto. Una
volta diventati amanti, Clare sarebbe stata senza pari.
Ma finché ciò non fosse avvenuto, doveva controllare il proprio desiderio.
Mentre ordinava a se stesso di fermarsi, la sua mano si posò sul seno di lei, e
non volle saperne di allontanarsi.
A questo punto non seppe se ridere o imprecare. Il fatto che il suo corpo si
rifiutasse di obbedire poteva essere divertente, ma anche pericoloso.
Lei fece udire un sospiro soddisfatto e si strinse di più a lui, mentre la
mano scivolava sul suo torso. Per un istante il desiderio ebbe la meglio e
Nicholas si protese verso di lei. Gli sarebbe piaciuto toglierle la camicia da
notte di flanella e mettere a nudo la pelle. Se le avesse baciato i seni, lei
avrebbe emesso quel delizioso suono soffocato, tutto di gola, poi i suoi occhi
si sarebbero chiusi, e il suo corpo avrebbe avuto la meglio sulla mente troppo
attiva. La fantasia fu così vivida che per poco non lo sopraffece.
Naturalmente non fece niente di simile. Per un istante si sentì come
paralizzato, sospeso tra brama e consapevolezza. Per scuotersi, ripensò al
peggior momento della sua vita, un evento così nauseante da soffocare il suo
desiderio.
Dopo averle sfilato gentilmente il braccio destro da sotto la testa si alzò,
sussultando quando le lesioni dormienti si risvegliarono. Ma nonostante la
sua cautela, Clare lo sentì.
Nei suoi profondi occhi azzurri Nicholas scorse un po’ di ritrosia, ma non
rimpianto.
— Sei riuscita a dormire?
— Meglio di quanto mi aspettassi — rispose, poi si sedette avvolgendosi
nelle coperte e guardandolo incuriosita. — Continui a dire che hai intenzione
di sedurmi, ma hai sprecato una perfetta occasione. Apprezzo il tuo riserbo,
tuttavia mi sembra strano.
— Io ti ho chiesto di restare con me come un’amica, una richiesta che per
te sarebbe stata molto difficile respingere. Approfittarne, sarebbe
disonorevole.
— I codici dell’onore maschile sono assai strani, quasi inafferrabili.
— Verissimo. — Lo sguardo di Nicholas andò alla scollatura della camicia
da notte di lei, dove appariva un piccolo triangolo di pelle nuda. Per fortuna
lui indossava quella voluminosa camicia da notte che nascondeva il suo stato
di eccitazione. Si sforzò di pensare ad altro: — L’onore, come la fede
metodista, è una faccenda molto personale. Non provo scrupoli all’idea di
sedurti e rovinarti la reputazione, ma non posso farlo con l’inganno.
— Che razza di zingaro sei? Pensavo che l’inganno fosse una regola di vita
tra la gente di tua madre.
— Lo è, ma io sono stato corrotto dalle convenzioni morali britanniche.
Clare si mordicchiò il labbro inferiore, facendogli venire la voglia di fare
altrettanto, al punto che quasi non udì la successiva domanda di lei.
— Torneremo presto a casa? Londra è stata deliziosa, ma c’è tanto da fare
a Penreith.
— Stai tranquilla. Lord Michael non tenterà di spararmi alle spalle, e io
non mi lascerò trascinare in un altro scontro di qualsiasi genere.
— Spero che tu abbia ragione, ma mi piacerebbe tornare al più presto nel
Galles. Di Londra ho visto troppo per poterlo digerire… E adesso è meglio che
io torni nella mia stanza, per evitare che i domestici sappiano dove ho passato
la notte.
Quando lei posò la mano sulla maniglia, Nicholas provò la stessa dolorosa
sensazione della notte precedente, quando Clare aveva fatto l’atto di uscire.
— Penso che mi converrà usufruire del mio bacio giornaliero — disse.
— Non possiamo rimandarlo a più tardi?
Ma Nicholas coprì in pochi passi la distanza che li separava e la strinse tra
le braccia. Con lussuriosa lentezza le mordicchiò quel labbro inferiore che
prima lo aveva tanto attratto. Lei socchiuse la bocca e quando le loro labbra si
unirono e la lingua di lui scivolò nella calda profondità, la lingua di Clare
diede il benvenuto alla sua.
Il bacio durò a lungo, togliendo il fiato a entrambi e generando pulsazioni.
Nicholas si rese vagamente conto che l’aveva spinta contro la porta e che i
loro inguini si strofinavano in un’erotica simulazione del coito. La vestaglia e
la camicia di lei si alzarono facilmente, e così poté accarezzarle le nude
natiche con una mano.
— Ah, Clare — disse con voce rauca. — Sei così desiderabile.
Le sue parole la indussero ad aprire gli occhi. — È il momento… di
mettere fine a questo bacio.
La primitiva parte maschile del cervello di Nicholas non era ancora pronta
a cedere. Le palpò le natiche, accarezzandone la ferma curva.
— Posso prendermi quello di domani?
Lei fece udire una risatina. — No. Basta, Nicholas.
"Onore, ricordati dell’onore" si disse lui e ritirò la mano.
Una cosa bisognava ancora dirla. — Clare… — Inghiottì a vuoto e si mise a
distanza di sicurezza. — Ti ringrazio per essere restata.
— Sono le cose che fanno gli amici — rispose lei è uscì.
Nicholas restò a lungo a fissare la porta chiusa, mente e corpo pulsanti.
Chi avrebbe mai detto che l’irritante donna venuta ad Aberdare per chiedere
il suo aiuto potesse diventare sua amica?

Il massiccio portiere del White’s salutò il conte come se la sua ultima


visita avesse avuto luogo la sera prima. L’esclusivo club sembrava identico a
quattro anni prima.
Siccome Rafe non era ancora arrivato, Nicholas andò nella sala di lettura e
prese una copia del "Times". L’abdicazione di Napoleone dominava i notiziari,
insieme a interrogativi sul futuro e ad articoli che esaltavano il coraggio e la
saggezza britannici.
Una voce familiare gli fece alzare gli occhi. Rafe veniva alla sua volta. A
mezza strada il duca fu intercettato da un giovane esuberante.
— Avete udito la notizia, Vostra Grazia? Dicono che la dinastia
napoleonica sarà deposta e che i Borboni torneranno sul trono di Francia.
Con un’occhiata, il duca gelò il giovanotto, che arrossì e arretrò
borbottando scuse.
Quando Rafe lo raggiunse, Nicholas sorrise. — Riesci a terrorizzare gli
impertinenti meglio di quattro anni fa.
— Lo spero proprio. Mi sono esercitato.
— A quante persone al mondo è lecito vederti come sei in realtà?
— Il mio lato arrogante è del tutto genuino, e siccome a te l’arroganza
manca, ti riesce difficile vederla in un altro.
In segno di affetto gli diede una botta amichevole sulla spalla e Nicholas
sussultò.
— Dannazione! — Rafe si affrettò a ritirare la mano. — Ti chiedo scusa.
Hai un’aria così normale, e ho dimenticato che la tua schiena deve somigliare
a una scacchiera. Come ti senti?
— Abbastanza bene.
Convinto solo a metà, Rafe gli propose di andare alla caffetteria. Mentre vi
si avviavano, Nicholas guardò l’amico.
— Michael vedrà in questo incontro un’alleanza contro di lui.
— Non farmi ridere. Non ho intenzione di lasciar perdere un amico perché
è temporaneamente frastornato — replicò Rafe sorridendo. — Del resto, non
verrà a saperlo.
— Come sta Michael stamani?
— Fisicamente bene, anche se ha un terribile mal di testa. La diagnosi di
Clare è stata confermata dal medico che l’ha visitato. A proposito, Clare mi
piace moltissimo. Ha la testa sulle spalle. Bellissime spalle, oltretutto.
— Confermo entrambi i giudizi — convenne Nicholas, che però non aveva
voglia di parlare del suo eccentrico rapporto con Clare. — Sono contento che
non abbia subito lesioni gravi, ma com’è il suo stato d’animo?
— Quando sono andato a trovarlo si è mostrato cortese ma molto chiuso
in se stesso, come se fossimo estranei. Non ha fatto cenno al duello. E appena
ho pronunciato il tuo nome, le persiane si sono sbarrate di colpo. Neppure un
cenno ai motivi per cui l’altra notte è esploso né se ha intenzione di rivederti.
— Quand’è così, non gli darò modo di coinvolgermi in un altro scontro.
— Neppure se insulta la signorina Morgan?
— Neppure in questo caso. La mia pazienza è più forte dei suoi insulti, e
non mi importa se minaccia di dire a tutti che sono un vigliacco. Non ho di
questi problemi.
— Vorrei esserne sicuro.
— Tu conosci Michael, sai che può comportarsi da perfetto idiota, ma mai
in maniera disonorevole.
— Quattro anni di guerra possono cambiare chiunque, lo ha detto lui
stesso.
Nicholas rifletté su quella possibilità. Conosceva Michael Kenyon da oltre
vent’anni. Nel bene e nel male. Certo, aveva sempre avuto un caratteraccio,
ma anche un altrettanto fermo senso dell’onore. Pericoloso, sì. Non sleale. —
Scosse il capo. — Non può essere cambiato tanto.
— Senza dubbio hai ragione, e sono io che mi preoccupo eccessivamente.
— Rafe riempì i loro bicchieri di vino bianco del Reno. — In questo momento
è troppo occupato per pensare alla vendetta. Stamani ha detto che, siccome la
guerra è finita, venderà il suo grado, invece di tornare nell’esercito.
— Bene. Senza battaglie per alimentare la sua follia, col tempo tornerà a
essere se stesso.
Il duca passò ad altri argomenti, parlando di Jane Welcott, la sua amante,
che negli ultimi tempi era diventata piuttosto noiosa.
Siccome era una di quelle affermazioni che un uomo saggio non poteva
permettersi di commentare, Nicholas preferì dedicarsi al suo pasticcio di
maiale. Ripensò a Clare, alla sua testardaggine, al suo esasperante
moralismo… ma anche alla sua sincerità e al suo calore.
Le settimane passavano, era tempo di fare di Clare la propria amante.
Avrebbe tentato nei prossimi giorni, persuaso com’era che lei avrebbe ceduto
più facilmente nell’anonima Londra che nella valle dove i promemoria della
sua vita erano dappertutto.
— Cos’hai fatto mentre ero lontano dall’Inghilterra? Fai ancora
partecipare alle corse quel tuo splendido roano?
— No, ma l’ho accoppiato con una giumenta altrettanto splendida —
rispose Rafe, e la conversazione cambiò soggetto più volte, dai cavalli alla
politica e altro ancora. Nicholas si sentiva a suo agio. Al pari di Lucien, Rafe
era un uomo con cui aveva piena confidenza. Un tempo era stato così anche
con Michael.
Accantonando quel pensiero, si alzò. — Ho appuntamento col mio
avvocato. Tra pochi giorni tornerò nel Galles, ma conto di essere di nuovo a
Londra al più presto.
— Ottimo. Spero che quest’estate tu venga per qualche settimana a Castle
Bourne.
— Se le mie faccende a Penreith saranno risolte, ne sarò felice.
— So che sei preoccupato per quel che potrebbe fare Michael, ma… fammi
un favore, ti prego. Sii prudente.

Clare fu ben felice che Nicholas trascorresse la giornata lontano da


Aberdare House: le occorreva tempo per rimettersi dagli effetti del loro
abbraccio mattutino. Passare la notte con lui l’aveva resa molto debole,
vicinissima alla resa.
Grazie al cielo, Nicholas non si era avvalso del suo bacio quotidiano
perché Clare continuava a sentirsi vulnerabile, fino a quando per ora cena,
era riuscita a calmare i suoi istinti. A patto di non passare un’altra notte con
lui, la sua virtù non sarebbe stata in pericolo.
Dopo mangiato, Nicholas le fece una proposta. — Ti andrebbe di
raggiungermi in biblioteca? Vorrei dare un’occhiata alla concessione
mineraria di Penreith, per vedere se l’avvocato e io abbiamo dimenticato
qualcosa.
— Stai cercando il modo di mettere fine alla concessione per riprenderti la
miniera?
— Appunto. L’avvocato mi ha assicurato che possiamo senz’altro ricorrere
al tribunale, ma questa particolare concessione è talmente semplice che
riesce difficile trovare un punto debole. I documenti complessi si prestano
assai più facilmente alle contestazioni.
Sebbene parlassero spesso di questioni economiche, era la prima volta che
le chiedeva aiuto, e lei ne fu lusingata. D’altro canto, mentre si avviavano alla
biblioteca, si rese conto che quella sera la situazione era diversa, e fu colpita
da un’ottima idea: adesso che si erano dichiarati amici, forse lui avrebbe
rinunciato ai tentativi di seduzione.
Il loro rapporto era stato uno strano miscuglio di sfida e solidarietà, ma
aveva la sensazione che la notte prima in qualche modo fosse cambiato:
quello che c’era adesso tra di loro era più profondo e intenso della semplice
bramosia. Nicholas sapeva che la sua vita sarebbe diventata difficile, se
l’avesse sedotta, e non aveva intenzione di rovinare l’esistenza di un’amica.
Avrebbe sentito la mancanza dei baci di Nicholas, e terribilmente! Ma non
avrebbe sentito quella del pericoloso gioco in cui erano intenti. Sarebbe stato
più sicuro e assai più confortevole trascorrere il resto dei tre mesi come
fratello e sorella. E alla fine sarebbe potuta tornare a Penreith con la propria
vita intatta.
Non era così sciocca da credere che Nicholas rinunciasse alla sua vita da
scapolo. Una volta persa la speranza di possederla, si sarebbe trovato ben
presto una donna più accomodante. Un pensiero che non le piaceva affatto.
Comunque, finché avesse ignorato i particolari, sarebbe stata in grado di
sopportarlo. Meglio essere la sua amica che una delle partecipanti al corteo
senza fine di compagne di letto, usate e ben presto dimenticate.
In biblioteca, Nicholas le diede una copia della concessione e Clare si
sedette a studiarla. Dopo aver letto il documento tre volte, lo depose sulla
scrivania.
— Capisco cosa intendi, parlando di semplicità. Qui infatti si dice
semplicemente che lord Michael Kenyon e i suoi delegati hanno il diritto di
estrarre carbone dalla miniera per ventun anni. Se la concessione fosse
basata sull’entità del profitto, avresti modo di procedere, dimostrando che
Madoc è un malversatore, ma siccome il canone di affitto è fisso, non
funzionerebbe.
— E purtroppo il canone, che è di cinquecento sterline, viene pagato
regolarmente a ogni scadenza.
— C’è la possibilità che le gallerie della miniera siano state estese oltre i
limiti del terreno dato in concessione?
— Buona idea. Ma la zona della concessione è molto vasta, e
probabilmente la miniera non si è estesa oltre i limiti, ma devo dare
un’occhiata. Altre idee?
— Spiacente. Questa è la migliore che mi è venuta.
Nicholas sorrise. — La tua è migliore di quella del mio avvocato, che
propone di far causa sostenendo che Michael si è servito della propria
influenza per indurre mio nonno a concedergli i diritti minerari, privandomi
in tal modo di una parte della mia eredità. Ma è un argomento debole.
Nicholas prese a suonare l’arpa, questa volta cantando in gallese. Clare si
tolse le scarpe e si appollaiò sul divano. Alla seconda canzone, lui la persuase
a cantare insieme, e passarono così da una composizione all’altra, a volte in
inglese, altre in gallese. Clare cantava quando conosceva i versi, limitandosi
ad ascoltare quando li ignorava. Era una di quelle serate che gli amici amano
condividere, anche se Nicholas aveva un’aria terribilmente romantica, chino
sull’arpa, e a lei era impossibile evitare di guardarlo.
Comunque, ciò che contava era che godessero ciascuno della compagnia
dell’altro senza tensioni.
D’altra parte, ogni occhiata che Nicholas le rivolgeva era una carezza, ogni
strofa era per lei, e Clare si rese conto di essere vicinissima al crollo prima di
riconoscere il pericolo. Senza toccarla, lui stava abbattendo le sue barriere,
preparandola per il suo letto.
— Stai tentando nuovamente di sedurmi — disse in tono accusatorio.
— Ma se non ti tocco da stamane.
— Le canzoni che intoni sono tali da far girare la testa a ogni donna.
Il sorriso di Nicholas si allargò. — Spero proprio che sia così.
— Io avevo sperato che avessi deciso di smettere — disse lei. — Se siamo
amici, perché vuoi rovinarmi la vita?
— Il guaio è che non considero pericolosa la passione. — Le sue dita
danzarono sulle corde. — La considero, anzi… una liberazione. Un
completamento. Come ho detto quando abbiamo preso insieme
quest’accordo, se io vinco entrambi vinciamo.
— E se vinco io, tu perdi — replicò lei acida. — Un’idea che preferisco. — Si
alzò in piedi, si infilò le scarpe e si diresse alla porta. Era assurdo sentirsi
tradita, dato che la speranza che Nicholas avesse rinunciato alla lotta era
stata soltanto sua, e ciononostante si sentiva profondamente ferita.
Era quasi all’uscio quando lui riprese a cantare. Clare riconobbe la
melodia: era di un principe-poeta del dodicesimo secolo chiamato Hywel ap
Owain Gwynedd. Ma mai le era parsa magica come quando lui la intonò:

La mia scelta è una fanciulla, stupenda, snella e bionda,


Bella e alta nel suo mantello color porpora.

Costretta dalla musica lei si fermò, poi, lentamente, tornò da Nicholas. Il


cupo fuoco negli occhi di lui sciolse la rabbia e la resistenza, la sua voce
vellutata stava tessendo il racconto della brama di un uomo che desiderava
una donna:

La mia scelta sei tu. Come mi hai attirato?


Perché non vuoi dirlo, tu così dolce nel silenzio?

Un riluttante passo dopo l’altro, Clare gli fu accanto, e gli occhi di


Nicholas si accesero quando la sua voce salì, alla conclusione del canto:

Ho scelto una fanciulla, e certo non mi dispiace,


È bello scegliere una dama dolce e bionda.

Quando le ultime note si spensero, Nicholas sollevò una mano per attrarla
a sé. — Questo bacio deve venire da te.
Così potente era il suo incantesimo, che Clare allungò la mano a prendere
la sua. Magia zingaresca. Magia musicale.
Vecchio Nick, con tutto il suo demoniaco potere.
Disgustata di se stessa, si rese conto di quanto fosse vicina alla sua resa.
Tolse la mano.
— Tu sei un ragno che tesse una tela di suoni per catturare una sciocca
mosca. Ma questa volta non funzionerà.
Il sorriso di Nicholas era un po’ malinconico. — Diventare parte di un
altro essere è l’unione suprema. A questo tendono gli esseri umani quando si
accoppiano, ma anche nei casi più fortunati, lo ottengono solo per un istante.
— Dall’arpa uscirono altre note struggenti. — E chi può dire che la mosca non
gioisca di quella suprema unione che è la fine della solitudine?
— Graziosa metafora, ma la realtà è che la mosca diviene la cena del
ragno. La mosca muore mentre il ragno divora altre sciocche mosche. Trovati
un’altra vittima.
Lui depose l’arpa sul pavimento e la seguì attraverso la stanza. — Clare.
Lei si volse riluttante. — Non hai il diritto di fermarmi, hai usufruito il tuo
bacio, per oggi, e anche quello per domani.
— Non credere che non lo sappia.
Si protese verso di lei al punto che il calore del suo corpo l’avvolse. Ma
non la toccò. — Io non posso baciarti, ma tu puoi baciarmi — disse, e le
indirizzò un incantevole sorriso zingaresco. — E opporrò resistenza se mi
accorgerò che ti piace troppo.
La collera di Clare traboccò. — Questo non è un gioco, maledizione!
— Perché sei così angosciata?
Lei represse le lacrime che minacciavano di sgorgare — Tu sostieni di
credere nell’amicizia, ma solo alle tue condizioni. Sei un grande egoista,
Nicholas, come del resto ogni uomo che conosco.
— Forse l’amicizia tra uomo e donna è cosa rara perché dalle tue parti
viene vista in maniera diversa. Evidentemente tu pensi che la nostra amicizia
debba essere platonica, mentre io credo che l’amicizia comporti la passione.
Sì, voglio fare l’amore con te, e in questo c’è egoismo. Ma se volessi
semplicemente soddisfare la lussuria, sarebbe più facile farlo con altre, non
credi? Con te la passione significherebbe assai di più.
La tenerezza nella voce di Nicholas per poco non la svuotò, ma se si fosse
addolcita sarebbe stata perduta.
— La tua ingannevole lingua zingaresca sarebbe capace di vendere
carbone a Newcastle, ma questa volta non avrà effetto. Il fatto è che i tuoi
desideri vengono per primi, e ciò che voglio io è una cosa secondaria, priva di
importanza.
— Sei stata tu a dire che ti preoccupi più della gente di Penreith e dei
minatori che del tuo personale benessere. Io sto facendo del mio meglio
perché ottengano la prosperità e la sicurezza che desiderano. La passione è il
mio scopo dell’accordo, e sto semplicemente tentando di fare in modo che
anche tu lo voglia. E ci sono riuscito, vero? È per questo che sei tanto
sconvolta.
L’onestà la costrinse ad ammetterlo. — Hai ragione, ma questo non mi fa
sentire meno arrabbiata. Buonanotte, Nicholas. — E uscì sbattendosi la porta
alle spalle.
Ma fu lui ad avere l’ultima parola perché, quando fu a letto Clare lo udì
intonare l’allegra cadenza di The Raggle Tagge Gypsies. O!, La marmaglia
gitana, ehilà!. Le parole dell’antica ballata le danzarono nella mente,
raccontando la storia della dama di alti natali che aveva rinunciato alle sete,
all’oro, al signore che aveva appena sposato per fuggire con gli zingari.
La dama della ballata era una donnaccia immorale, pazza al punto da
preferire un freddo campo a un letto di piume d’oca. Ma se lo zingaro che
l’aveva sedotta somigliava a Nicholas, Clare non poteva proprio biasimarla.
20

Il mattino dopo Clare si svegliò meno arrabbiata, ma non meno decisa a


impartire a Nicholas una lezione. Ma qual era la vendetta più idonea?
Il soffitto della stanza da letto era dipinto con una rustica scena di satiri
che inseguivano ninfe ridenti, e l’idea le venne guardando quelle figure.
Inseguimento e fuga era un modulo che si ripeteva da tempi immemorabili
tra maschio e femmina, la prudente femmina in fuga, nel tentativo di salvarsi
per il miglior congiungimento possibile, il maschio intento alla caccia, mosso
dal desiderio di conquistare un’altra femmina. Era stato il modulo del loro
rapporto.
E siccome il modulo costituiva il centro della sua imbarazzante
situazione, la vendetta doveva essere affine. Era giunto il momento di giocare
a essere la ninfa del suo satiro. Si sarebbe comportata come una vera
sgualdrina, fino a renderlo pazzo di desiderio. E a quel punto si sarebbe
allontanata, lasciandolo in preda ai peggiori tormenti della frustrazione.
Certo, il suo bisogno di vendetta non era per niente cristiano, ma dopo un
mese passato con Nicholas la sua anima era talmente annerita che un’altra
caduta morale non avrebbe peggiorato la situazione.
Era preoccupata più della consapevolezza che avrebbe dovuto agire con
un’immaturità che mal si addiceva a una donna adulta. Mai in vita sua si era
comportata in maniera così meschina, e dovette ammettere con se stessa che
era un segno del suo deterioramento morale il fatto stesso di averla presa in
considerazione.
C’era però anche il rischio che si lasciasse travolgere dalla passione e che
desse a Nicholas proprio ciò che lui voleva. Ma se fosse successo se lo
sarebbe meritato, anche se credeva di essere in grado di resistergli. Non era
forse riuscita a dirgli di no anche dopo aver trascorso una languida notte tra
le sue braccia?
Una prova di volontà che ancora la stupiva. Il pericolo maggiore era che
lui fosse preso da troppa eccitazione, e che non si fermasse quando lei
gliel’avrebbe chiesto. Ancora una volta non avrebbe potuto attribuire a lui la
colpa delle conseguenze. Ma aveva fede nel proprio autocontrollo, lo aveva
dimostrato più di una volta. Lui non era un ventenne infoiato, né lei era
Elena di Troia, la cui bellezza era bastata a far varare diecimila navi.
Sorrise e incrociò le braccia dietro la testa. Adesso che aveva deciso la
strategia da seguire, restava solo da stabilire quando e dove metterla in
pratica.
Il giorno dopo Nicholas notò con sollievo che l’ira di Clare era svaporata.
Era tranquilla, ma non imbronciata, ma lui si guardò bene dal reclamare un
bacio.
Doveva assolutamente trovare la strada per sedurre quella testarda
mocciosa. Il guaio era che Clare era diversa da ogni femmina da lui
conosciuta. Gran parte delle donne si scioglievano, se ricevevano in dono
abiti e gioielli, Clare acconsentiva a indossarli soprattutto per tener fede alla
sua parte dell’accordo. Moltissime donne si facevano morbide e languide
quando gli uomini le corteggiavano con poesie e canti d’amore. Clare non
restava insensibile, ma non bastava a farle dimenticare il suo spossante
moralismo.
Se fosse stata una sincera devota, lui avrebbe capito meglio la sua
resistenza, ma era convinto che la sua fede fosse assai superficiale. Sotto
sotto c’era in lei una sensualità pagana. Di tanto in tanto ne aveva intravisto i
bagliori, e riteneva che a mantenerla virtuosa fosse in realtà la sola
testardaggine. Aveva giurato di non lasciarsi sedurre da lui e vi si sarebbe
attenuta a qualunque costo.
"Ma per quanto forte sia la tua ostinazione, è niente a paragone della mia"
pensò sorridendo.

Il giorno successivo a quello senza baci, Clare si presentò a cena con un


aspetto particolarmente seducente. Nicholas ne restò ammirato. Indossava
un abito rosa, che riusciva a essere insieme modesto e provocante. Aveva i
capelli pettinati in un modo nuovo, e Nicholas aveva una gran voglia di
passare le dita in quel soffice insieme di onde e riccioli. Non aveva più l’aria
della maestrina di campagna.
— Questa sera sei particolarmente graziosa — disse, e le offrì il braccio. —
La tua cameriera è disposta a venire nel Galles con noi?
— Polly è brava, ma io non ho bisogno di una cameriera — replicò Clare
con sorpresa. — Ne ho fatto a meno per tutta la vita.
— I tuoi nuovi abiti alla moda richiedono assistenza per essere indossati.
E poi Polly è bravissima ad acconciarti i capelli.
— E va bene, le chiederò se è disposta a passare due mesi nel Galles fino
al mio ritorno a Penreith.
Nicholas non sopportava di sentirla parlare di separazione, ma non fece
commenti, mentre le scostava la sedia.
— Ho risolto i miei problemi più urgenti, sicché dopodomani possiamo
tornare ad Aberdare.
Lei si illuminò. — Sarò pronta.
— Prima di cominciare a lavorare alla cava di ardesia vorrei visitare
Penrhyn per vedere come viene gestita una cava di grandi dimensioni. Se
passiamo per il Galles centrale, basterebbero due o tre giorni, fra andata e
ritorno. Pensi di riuscire a cavalcare così a lungo?
— A patto che non si vada troppo in fretta, mi piacerebbe una cavalcata
primaverile tra le colline.
— Benone. Lo faremo una settimana o due dopo il ritorno ad Aberdare.
La cena durò a lungo e la conversazione fu piacevole. Ed era così tardi,
quando presero il caffè, che Nicholas non sarebbe rimasto sorpreso se Clare
avesse deciso di andare a letto. Al contrario, lei lo guardò con aria talmente
innocente da metterlo in sospetto.
— Ti va una partita a biliardo? — gli propose. — Ho fatto pratica da sola e
ora mi piacerebbe avere un avversario.
— D’accordo. Ci giochiamo qualcosa?
— Cos’hai in mente? — chiese Nicholas accendendo il lampadario.
Una luce le si accese negli occhi. — Se vincolo, non avrai più il permesso
di baciarmi.
— Inaccettabile. A meno che la posta sia che tu non possa dire di no se
vinco io.
— Inaccettabile. Hai altre proposte?
— Possiamo giocare a strip-biliardo: chi perde la partita si toglie un
indumento.
— Non è una regola del biliardo!
— No, ma ho giocato a carte con la stessa regola, e non c’è ragione perché
non si possa farlo col biliardo. Il perdente è quello che resta con indosso
soltanto la pelle. Sei d’accordo?
— Sì, a patto che io possa tenere la biancheria intima. Morirei piuttosto
che togliermela.
— Accettabile. Cominceremo con lo stesso numero di indumenti. Se mi
tolgo la marsina, avrò addosso dieci oggetti che dovrebbero corrispondere ai
tuoi, a meno che tu non indossi molte sottogonne, sotto quell’abito
affascinante.
Arrossendo leggermente, lei fece un rapido calcolo, poi annuì. — Dieci va
bene. Cominciamo?
— Le signore per prime.
Sistemate le palle, Clare si chinò per il suo primo colpo e si concentrò
seriamente.
Una femmina intenta a giocare al biliardo offriva una miriade di delizie: le
caviglie sottili, le irresistibili rotondità posteriori, un’allettante scollatura.
Mentre Nicholas si godeva lo spettacolo, la piccola impertinente riuscì a
mandare in buca sei delle sue palle azzurre, vincendo la partita senza che lui
avesse occasione di fare un tiro.
— Si vede che ti sei esercitata — commentò ridendo. Si tolse uno stivale e
lo depose accanto alla parete. Poi iniziò una nuova partita.
Dopo aver mandato in buca quattro delle sue rosse, sbagliò il quinto colpo
quando la palla urtò contro la sponda e rimbalzò.
Era nuovamente il turno di Clare, che ancora una volta mandò in buca
tutte le sue sei.
Lui, che nel frattempo si era sfilato anche l’altro stivale, mettendolo
accanto al primo, si insospettì.
— Fammi vedere la tua stecca.
Lei gliela consegnò e Nicholas esaminò la punta.
— Questo rivestimento è di cuoio? — Clare annuì.
— Posso fare un paio di colpi con questa?
Lei acconsentì e il risultato fu straordinario. Restituendole la stecca,
Nicholas non poté trattenere un sorriso ammirato.
— Tu hai rivoluzionato l’antica arte del biliardo. Non ho mai visto una
stecca che permettesse un simile controllo.
— Sono rimasta io stessa sorpresa del risultato. Bene, dal momento che
ho una stecca migliore della tua, è giusto che io ti conceda un handicap. Farò
carambole più difficili. Così saremo alla pari. Non voglio avere vantaggi su di
te.
— Vantaggi su di me puoi averne in ogni momento — replicò Nicholas con
un allegro sogghigno.
Si aspettava che lei gli lanciasse un’occhiataccia, ma invece si limitò a
stringersi nelle spalle.
— Più tardi, forse. Per il momento giochiamo.
Cominciando un’altra partita, Nicholas tentò di capire perché quella sera
lei gli appariva diversa. Gli sarebbe piaciuto credere che avesse deciso di
smettere di resistere per godersi l’inevitabile, ma non poteva farlo. La
streghetta probabilmente voleva rimetterlo in riga, battendolo al biliardo.
Senza dubbio ci sarebbe riuscita, se la sua innata lealtà non l’avesse indotta a
pareggiare gli handicap.
Gli riusciva difficile staccarle gli occhi di dosso: un sottile erotismo
contrassegnava ogni suo movimento. E mentre lei mandava in buca la sua
seconda palla, si rese conto che aveva l’aria di una cortigiana vittoriosa, di
una donna certissima della propria femminilità e del potere che era in grado
di esercitare sugli uomini.
Un pensiero che lo assorbì al punto che lei dovette alzare la voce.
— Nicholas, tocca a te.
Siccome gli mancavano avversari degni, nel corso degli anni si era lasciato
andare un po’, ma la nuova abilità di Clare lo costringeva a mettersi alla
prova.
Questa volta la fortuna fu dalla sua, e toccò a lei togliersi uno stivaletto di
vitello, mettendo in mostra le caviglie. Nella calza, le dita sembravano
accarezzare il tappeto.
Nicholas era tentato di sdraiarsi a terra e di lasciare che lei gli
camminasse sopra come se fosse lui il tappeto, invece ce la mise tutta per
giocare al meglio.
La conversazione rallentò, e siccome la loro abilità era alla pari, gran parte
delle partite venivano decise dai rimbalzi contro la sponda.
La cravatta di Nicholas si aggiunse ai suoi stivali; poi Clare cedette l’altro
stivaletto. Quando perdette anche la partita successiva, si sedette e si sollevò
la gonna fino al ginocchio.
Lui stette a guardarla incantato mentre lei protendeva una gamba e si
toglieva la calza sinistra. Arrotolò alla caviglia la pallida seta e lo fissò seria.
— Una giarrettiera può restare al suo posto senza la calza, ma non il
contrario, per cui ho pensato che la calza dovesse venir tolta per prima.
— Perfettamente logico — convenne lui con la gola secca. Sebbene lei si
fosse ricoperta le caviglie, a perdere la partita successiva fu lui. Clare mandò
in buca tutte le sue palle.
Dopo essersi tolto il panciotto di velluto grigio, Nicholas si inginocchiò
per accendere il fuoco, sorridendo tra sé. L’unico vantaggio che gli restava era
che, se rimaneva nudo, sarebbe stato meno imbarazzato di Clare.
Lei si tolse la calza successiva con la stessa solennità della prima. Lui
guardò e apprezzò, ma stavolta riuscì a giocare bene, mancando però la
quarta palla, e Clare vinse la partita.
Lui si tolse la prima calza e qualche minuto dopo anche la seconda. Era
bello sentire il tappeto sotto i piedi nudi.
La successiva partita fu sua, e Clare dovette rialzare la gonna, questa volta
quanto bastava per esibire la giarrettiera legata al di sopra del ginocchio,
decorata con una minuscola rosa di satin. Se la slacciò prendendosi tutto il
tempo necessario. Poi lo guardò con un sorriso malizioso e gliela gettò.
Nicholas l’acchiappò al volo e scoprì che il satin conservava il calore del
suo corpo, oltre a un lieve sentore del suo profumo. Cominciando la partita
successiva, se l’avvolse attorno alle dita come un trofeo. Poi si chinò sul
tavolo e mandò quattro palle in buca. La quinta rimbalzò, e allora toccò a
Clare. Gli si mise accanto così vicina che la gonna frusciò sui piedi nudi di
Nicholas.
Mentre Clare si chinava per colpire, lui ammirò il suo bel culetto. Ma
quando la sua mano si protese ad accarezzarlo, si affrettò a bloccarsi prima di
commettere un disastroso passo falso: un gentiluomo non ostacolava mai il
colpo di un avversario.
Lei mandò la palla in buca, poi si spostò, e le dita nude dei suoi piedi
sfiorarono le sue. Gli occhi di Nicholas si concentrarono sui piedi di lei, che
ne lasciò uno sospeso a mezz’aria, restando in equilibrio sull’altro. Non aveva
mai notato quanto eleganti fossero quei piedi.
— Nicholas — disse Clare.
Lui sbatté le palpebre e alzò gli occhi.
— Tocca a te toglierti qualcosa.
Con finta indifferenza, lui si slacciò il bottone che aveva al collo e si sfilò
la camicia da sopra la testa, esibendo la muscolatura.
Lei inghiottì a vuoto e riportò lo sguardo sul tavolo, ma non riuscì a
mandare in buca neanche una palla. Nicholas invece ce le mandò tutte in
meno di un minuto.
— Tocca all’altra giarrettiera, se non mi sbaglio — disse allegramente.
— Proprio così. — Clare sedette sull’orlo della sedia e sollevò la gonna per
ripetere la manovra, ma questa volta la giarrettiera non collaborò. — Il nastro
si è annodato, non riesco a scioglierlo. Vuoi darmi una mano?
Nicholas si sentì come una trota attirata dall’esca. Si inginocchiò davanti
alla sedia e posò sulla propria coscia il piede nudo di lei. Poi lentamente
allungò le mani fino a raggiungere la giarrettiera sopra il ginocchio.
Il nastro era saldamente annodato e la parte interna della coscia era calda
e setosa, e la sentì tremare appena la toccò… ma tremò anche lui.
Quando riuscì a sciogliere il nodo, la gonna era salita fino a mezza coscia
ed entrambi erano ansimanti. Lui tolse il nastro e glielo porse.
— Eccoti servita.
I loro sguardi si incontrarono e si bloccarono. Clare aveva un’espressione
deliziosa, e Nicholas si chiese se non gli conveniva prendere il suo bacio
quotidiano.
Lei anticipò la sua decisione, protendendosi e premendo le proprie labbra
sulle sue. Avevano un sapore dolce, come di miele selvatico.
Nicholas era seduto sui talloni, ma si tirò in piedi, finendo tra le gambe di
lei. Tra loro c’erano la gonna e la sottogonna. Le mise le braccia attorno alla
vita. Lei gli carezzò più volte i capelli, abbandonandosi al suo abbraccio finché
non scivolò dall’orlo della sedia e gli cadde davanti. Finirono stretti l’uno
nelle braccia dell’altra, entrambi ridendo per la loro goffaggine.
Quando la risata si spense, Nicholas sentì contro il proprio pube il calore
di quello di lei. Stava per baciarla ancora ma lei alzò gli occhi.
— Pronto per la prossima partita?
— Io sono pronto per un altro gioco.
— Non vuoi vedere come finisce questo?
Lui fece un’incerta risatina e si staccò, osservandola sorpreso: Clare non
solo lasciava briglia sciolta alla propria sensualità, ma si rendeva
istintivamente conto che il ritardo non faceva che aumentare l’intensità
dell’attesa.
Si alzò in piedi e l’aiutò ad alzarsi. — Sono pronto, ma ti ricordi a chi
tocca?
— A me.
Il giocatore che cominciava per primo di solito vinceva, e così andò. La
maglia di Nicholas fu il successivo indumento ad andarsene.
Con gli occhi fissi al suo torace nudo, lei scosse il capo. — Non possiamo
continuare così: stiamo per restare nudi.
— Ci siamo vicini — confermò lui in tono giulivo.
Adesso toccava a lui. Un rimbalzo diede l’iniziativa a Clare, ma anche lei
fu sfortunata. Scoccò a Nicholas una provocatoria occhiata in tralice.
— Ho ancora bisogno del tuo aiuto. Come hai detto tu stesso, abiti come
quello che indosso non possono essere tolti senza aiuto.
— Per me sarà un piacere.
La parte posteriore dell’abito era chiusa da una complicata serie di ganci e
nastri, e quando riuscì a sganciarli tutti, Nicholas le sfilò l’abito dalle spalle.
La stoffa le cadde sui gomiti, mettendo a nudo le cremose spalle. Incapace di
resistere, lui si protese a baciarle la nuca.
Clare esalò un sospiro, e allora Nicholas si dedicò all’orecchio, poi alla
gola e alla morbida spalla. Nello stesso tempo tirò più in basso l’abito, oltre la
vita, oltre le anche, fino a farlo cadere sul pavimento.
Lei si volse a guardarlo, con indosso soltanto la sottogonna, il reggiseno e
le mutande. Le sue pupille si erano dilatate al punto che gli occhi erano
diventati neri. Nicholas pensò che gli cadesse tra le braccia, ma lei si passò la
punta della lingua sul labbro inferiore.
— Adesso tocca a me.
Siccome i capelli le si stavano sciogliendo, Nicholas tolse le residue
forcine e i riccioli le scesero sulle spalle per poi danzarle attorno alle anche,
mentre lei prendeva la stecca. Mandò cinque palle in buca una dopo l’altra,
ma mancò l’ultimo colpo quando i capelli le piovvero sul volto. Nicholas
respirò più volte per controllarsi poi, più per fortuna che per abilità, vinse la
partita.
— Hai bisogno di aiuto per toglierti la sottogonna? — chiese speranzoso.
Lei rise e scosse il capo. — No, ma se tu vinci un’altra partita avrò bisogno
di aiuto per il reggiseno.
Sciolse il cordone che le fermava la sottogonna alla vita, poi se la sfilò da
sopra la testa con un piccolo contorcimento.
Oltre alla sottogonna portava soltanto le mutande che le arrivavano
all’altezza del ginocchio, e un leggero corsetto. Nicholas si sentì ottimista.
Ogni volta che si era trovato con una donna così poco vestita aveva finito per
fare l’amore con lei, e sperava che anche questa volta andasse così.
Riuscì a mandare in buca la sua prima palla. Clare lo stava a guardare
dall’altra parte del tavolo. Mentre lui si accingeva al secondo colpo, lei
incrociò le braccia sulla sponda, poi si protese in avanti. I suoi seni erano
tondi e perfetti come palle da biliardo di avorio. E traboccavano dalla sponda.
Irresistibilmente distratto, Nicholas mancò il colpo.
— Piccola strega — disse ridendo. — Quello era uno sporco trucco.
— Io non avrei mancato il mio ultimo colpo se tu non mi avessi sciolto i
capelli — e mandò in buca tutte le sue palle per poi girarsi e aspettare che lui
si togliesse i calzoni.
Fissandola, Nicholas li sbottonò, se li sfilò e restò in mutande. Il gioco era
quasi alla fine, ma non aveva nessuna intenzione di perdere prima che lei
restasse con la sola biancheria intima.
Poi toccò a Clare, che mise in buca tre palle prima, di mancare il colpo.
Era l’occasione sperata. Concentrandosi come di rado gli capitava, lui
azzeccò il primo colpo, per poco non mancò il secondo, ma la palla finì lo
stesso in buca. Gliene restavano altre tre, ma con un unico colpo da maestro
ne mise dentro due.
— È venuto il momento del corpetto, mia cara.
Con passo lento, lei si avvicinò e gli voltò le spalle perché lui potesse
slacciarglielo. L’indumento era leggermente imbottito, per sorreggere meglio
i seni.
Sebbene Nicholas ne avesse slacciati a decine, fu con gesti piuttosto goffi
che fece passare i laccetti attraverso gli occhielli. Finalmente le tolse dalle
spalle le esili spalline, poi le passò le mani sotto le ascelle e le strinse i seni.
Sotto il lieve tessuto della camicia da giorno, immediatamente i capezzoli si
indurirono, e Clare trattenne il fiato. Poi, con una mossa deliberata, si tirò
indietro in modo che il suo corpo aderisse a quello di Nicholas, il cui
controllo andò in fumo.
Afferrandola per la vita, la sollevò e la addossò alla sponda del biliardo, in
modo che i loro volti fossero alla stessa altezza. Il suo bacio fu divorante e
altrettanto quello di lei. Inebriato, Nicholas si inserì tra le gambe di Clare e le
accarezzò la parte esterna delle cosce, alzando l’orlo della camicia.
Poi, e per lui fu quasi uno choc, la mano di lei scese, lungo il torso, e si
sentì quasi mancare quando le dita si strinsero esitanti attorno alla sua carne
ardente.
Ciecamente la spinse all’indietro fino a coricarla sul tavolo. Lei si distese
sopra, cercando di rimuovere i fragili indumenti che li separavano.
— Basta, Nicholas… Smettila immediatamente!
Lui si fermò e tentò di mettere a fuoco, con occhi incerti, il suo volto. Poi
parlò con voce rotta.
— Cristo, Clare… non questa volta. — La sua mano salì lungo la coscia. —
Lascia semplicemente che ti mostri…
Il suo viso era un tumulto di emozioni, ma non cera dubbio nella sua
voce.
— Fermati! Il bacio di oggi è finito.
Lui si sentì come paralizzato, incapace di continuare, incapace di
spostarsi. Nel silenzio che seguì, fu chiaramente udibile il suono della
pendola nel salotto. Una, due, tre…
Dodici. Trionfante, Nicholas sorrise. — Mezzanotte. È un altro giorno, e
ho diritto a un altro bacio.
Poi si chinò e le premette l’avida bocca sul seno.
21

Clare aveva dovuto fare ricorso a tutta la sua determinazione per dire a
Nicholas di smetterla, e la sua resistenza andò in pezzi quando quella bocca
famelica fece magie sul suo seno. Si arcuò verso di lui, incapace di ricordare
perché avesse voluto che la smettesse. Adesso aveva solo desiderio e non più
volontà.
Lui le sfilò la spallina della camicia e prese a baciarle l’altro seno, questa
volta sulla carne nuda, e non attraverso la leggera stoffa. In preda a una
febbre crescente, lei gli accarezzò la schiena nuda, palpandogli i muscoli. Le
dita di lui tracciarono un sentiero ardente tra le sue cosce. E quando la toccò
intimamente, Clare gemette e girò più volte la testa, incapace di comprendere
l’impellenza della propria reazione.
Con abilità Nicholas la accarezzò, inducendola a socchiudersi. Poi lei sentì
una dura pressione smussata, lenta ma inesorabile. Istintivamente seppe che
lui le offriva la completezza che il suo corpo bramava, e gli andò incontro,
accogliendo il peso del corpo maschile.
Il dolore colpì, e fu così feroce che il desiderio scomparve. Ebbe
l’impressione di venir fatta a pezzi e freneticamente spinse le spalle di
Nicholas.
— Fermati!
Lui si raggelò, restando sospeso sopra di lei, sul volto un’espressione
selvaggia. La dura asta premeva e pulsava minacciosa come se fosse decisa a
sprofondare per volontà propria.
Dolore e panico spinsero Clare al di là dei pensieri di morale e vendetta, e
lo implorò.
— Ti prego… Non andare oltre.
Per un momento l’esito fu incerto. Poi, con le braccia tese come nastri di
acciaio, Nicholas si scostò da lei bestemmiando sottovoce.
Al senso di sollievo in Clare fece subito seguito una terribile confusione.
Buon Dio, come aveva permesso che si arrivasse a quel punto? Si premette il
polso contro la bocca nel tentativo di contenere la vergogna che la invadeva.
Rendendosi conto di essere sull’orlo dell’isteria, si tirò a sedere e cercò di
coprirsi con la camicia. Nicholas era in ginocchio sul pavimento, a testa
china, il volto invisibile, intento a stringersi i polsi con le mani, e tremava
non meno di lei.
Clare distolse lo sguardo in preda a un senso di colpa acuto quanto il
dolore fisico di pochi istanti prima. Anche al colmo dell’ira, non era questo
che intendeva: aveva voluto dargli una lezione, non distruggere entrambi.
Dopo avere respirato a fondo, Nicholas parlò, con triste umorismo. — La
tua imitazione di una pia maestrina non è male, ma sei molto più
convincente come provocante puttana.
Le lacrime che Clare aveva tentato di contenere cominciarono a scendere,
rivelando tutta la sua infelicità. Odiandosi, decise di replicare.
— Continua. Non sono soltanto una puttana, ma anche un’imbrogliona,
un’ipocrita. Per qualche istante ho voluto essere una donna perduta, ma non
ci sono riuscita. — Si nascose il volto tra le mani. — Vorrei non essere mai
nata.
Dopo un lungo silenzio Nicholas fece udire la sua voce. — Mi sembra un
po’ troppo. Cos’avrebbe fatto tuo padre senza di te?
— Mio padre quasi non sapeva che esistevo — mormorò lei. Poi la gola le
si chiuse.
Nicholas comprese il significato della sua tormentosa affermazione. —
Avevi l’impressione che non ti amasse?
— Oh, mi amava. Era un santo, uno che amava tutti. Aveva tempo,
compassione e saggezza per chiunque ne chiedesse. Ma io non ero in grado di
chiedere, sicché per me non ce n’era mai. Tu sei l’unico che ha chiesto come
fosse vivere con un santo, e io ti ho detto la verità: era un inferno. La prima
cosa che ho imparato da mia madre era che l’opera di Dio era più importante
della famiglia del predicatore, e che l’opera di mio padre veniva per prima.
Suppongo di avergli reso la vita abbastanza facile, nella speranza che avesse
più tempo per me. Ma così non è stato.
Abbozzò un’amara smorfia.
— Quando mi hai detto come lui ti ha aiutato, mi sono sentita gelosa
perché per te ha avuto più tempo e dedizione che per me. Non molto
generoso da parte mia, vero?
— È umanissimo desiderare l’amore di un genitore, e forse non riusciamo
mai a superarne la mancanza.
— Non so perché ti dico tutto questo — disse lei disperata, affondando le
unghie nei palmi delle mani. — La tua famiglia era assai peggio della mia.
Perlomeno, mio padre non mi ha mai venduto né ha desiderato di avere
un’altra figlia.
— È facile odiare qualcuno che ti ha apertamente tradito — osservò
Nicholas. — Forse è più penoso nutrire risentimento per un santo egoista che
ti ha tradito nella maniera più sottile.
Nicholas capiva troppo. Con un gesto rabbioso, Clare si deterse le lacrime.
— Io sono egoista e cupida, e merito di essere espulsa dal gruppo della
Cappella.
— Perché pensi di essere un’impostora?
— Il cuore della mia religione è l’esperienza diretta di Dio. All’epoca d’oro
del metodismo inglese, John Wesley interrogava personalmente i fedeli che
volevano essere accolti nella comunità, per accertarsi che i loro intenti
fossero sinceri. Se l’avessero fatto con me, avrei fallito la prova perché mai ho
vissuto il senso della divina presenza. La vedevo in altri, e a volte, quando ne
parlavo con mio padre, lui non ascoltava e guardava altrove. — La voce le si
ruppe. — Anche di questo ero gelosa. Da ragazza, ogni giorno pregavo per ore,
chiedendo a Dio di farmi sentire, seppure per un istante, quel legame
spirituale. Ma il mio cuore era vuoto. E quando ti ho incontrato, tutte le mie
finzioni sono andate in pezzi, e adesso non ne resta nessuna. Io non sono una
persona vera.
Non si rese conto che Nicholas si era alzato e che le accarezzava i capelli.
— A me sembri molto reale, Clare, anche se non sei la donna che credevi di
essere. Ci vorrà tempo perché tu scopra chi sei davvero. La vecchia Clare
dev’essere distrutta per lasciar posto alla nuova. Ed è un processo doloroso.
Alla fine ne sarai contenta, eppure mi dispiace di averti portata a questo
punto. So che può sembrare contraddittorio, ma anche se volevo… rovinarti,
come diresti tu, non ho mai voluto farti del male.
— Non è colpa tua, Nicholas. Non mi hai fatto tanto male quanto ne ho
fatto io a me stessa. E mi vergogno di quanto ho tentato di fare a te. — Clare
tentò invano un sorriso. — Adesso capisco perché Dio ha riservato la vendetta
a se stesso. Quando un mortale la cerca, combina facilmente un guaio.
— Tra uomini e donne spesso le cose vanno storte. Mi meraviglio che la
razza umana riesca a sopravvivere. Accoppiarsi sembra assai più facile alle
bestie che non pensano.
Clare sospirò. — Non so perché ho tirato fuori tutte queste terribili cose
su me stessa. Espiazione per il mio cattivo comportamento, suppongo.
— Smettila di punirti. I tuoi peccati sono cosa da niente, frutto di
confusione, non di perfidia.
— Una donna della mia età non dovrebbe essere confusa.
Lui si allontanò per un istante, tornò, le drappeggiò la marsina sulle
spalle. — Vai a letto. Nessuno saprà quello che è… quasi accaduto.
Senza riuscire a guardarlo in faccia, a piedi nudi lei attraversò la casa
immersa nel sonno. La luna era quasi piena e c’era abbastanza luce. Mentre
con mani incerte si preparava un tampone con cui asciugare il sangue, pensò
che sarebbe stato ironico se adesso fosse rovinata senza averne tratto alcun
beneficio. Si sedette accanto alla finestra, troppo tesa per andare a letto.
Con riluttanza, ripensò a quei folli istanti quand’era stata cieca a tutto ciò
che non fosse il desiderio, e con un brivido finalmente capì come poteva
accadere che la passione rendesse una persona sorda e cieca all’onore, alla
decenza, al buonsenso. Se non fosse stato per l’improvviso, inaspettato
dolore, adesso lei e Nicholas sarebbero stati amanti.
Ma doveva essere lieta per il fatto che il dolore l’aveva salvata dall’estrema
follia? Adesso che passione e dolore si erano attenuati, si chiese se per caso
non avesse premeditato quella piccola vendetta con la segreta speranza che
Nicholas la sopraffacesse con la sua ebbra virilità. Se ci fosse riuscito, adesso
sarebbe stata a dormire nel letto di lui, calda e protetta dalle sue braccia.
Peccatrice, sì, ma felice.
Sebbene avesse finalmente ammesso di essere un’ipocrita e un’indegna
cristiana, non era in grado di sbarazzarsi completamente del moralismo. In
cuor suo continuava a credere che sarebbe stato sbagliato diventare l’amante
di Nicholas. Se gli si fosse data semplicemente per soddisfare la lussuria, si
sarebbe disprezzata non appena saziato il desiderio.
Sebbene Nicholas fosse stato sorprendentemente gentile con lei dopo quel
che era accaduto, non riusciva a credere che potesse desiderare ancora di
volerla accanto a sé. E questo significava che forse doveva comportarsi in
modo che lui la scacciasse.
Ma se ci fosse riuscita non ne sarebbe stata felice.

Nicholas uscì presto per dedicarsi alle sue faccende. Gli riusciva difficile
credere che fosse passato così poco tempo da quando Clare era piombata
nella sua vita, sembrava che annate intere di complicazioni si fossero
riassunte in poche settimane.
Libero da impegni, prese in considerazione l’idea di fare tappa a un
costosissimo, discretissimo appartamento dove le ragazze erano belle, calde e
disponibili. Scacciò immediatamente l’idea: accoppiarsi con un’estranea non
avrebbe fatto svanire il suo desiderio di Clare.
La sua casa era nei pressi di Hyde Park. A quell’ora spesso Clare vi andava
a passeggiare, così decise di rincasare passando per il parco, e ben presto la
scorse, seguita dalla cameriera.
Scese dalla carrozza accanto a Clare, che gli rivolse un’occhiata priva di
sorpresa. Indossava uno dei suoi abiti più semplici, aveva gli occhi pesti, ma
aveva riacquistato la compostezza abituale.
— Hai una straordinaria capacità di apparire e scomparire, come un gatto
— osservò.
— Sono lieto che tu oggi mi rivolga la parola.
— Non ho ragione di essere in collera con te. Tutto quello che è accaduto è
frutto soltanto della mia testardaggine e della mia mancanza di buonsenso.
— Può darsi che tu non ti senta una buona cristiana, ma senza dubbio sei
una maestra in fatto di sensi di colpa.
Continuando il cammino, erano giunti sulla riva del lago dove nuotavano
molte anatre e due bambini varavano le loro barchette sotto gli occhi attenti
di una bambinaia. Nicholas accennò alle barchette. — Lucien afferma che si
sta prendendo in considerazione l’idea di organizzare celebrazioni della
vittoria proprio qui, in giugno. Il principe reggente probabilmente metterà in
scena la battaglia di Trafalgar nella Serpentina.
— Parli sul serio?
— Sì. Con fuochi d’artificio, parate e un’allegra, volgare fiera per i comuni
mortali. Se vuoi assistere allo spettacolo, ti riporterò a Londra quando sarà il
momento.
— Non sono in grado di pensare con due mesi di anticipo. A stento riesco a
immaginare cosa farò domani. Non possiamo continuare come abbiamo fatto
finora. Te ne rendi conto?
— Perché no?
— Ci siamo dedicati a un pericoloso gioco di seduzione, spingendoci
sempre più ai limiti — disse lei con decisione. — La mia isteria e la tua
frustrazione unite, se non la smettiamo, ci distruggeranno entrambi.
— Forse hai ragione — disse Nicholas con profonda riluttanza. — Cosa
proponi allora?
— Senza dubbio sarebbe più facile per entrambi se io tornassi a casa a
Penreith.
Lui si sentì invadere dall’ansia. — Quello che ho già detto, è tuttora valido
— disse con voce dura. — Se te ne vai prima della scadenza dei tre mesi,
rinuncerò ai miei propositi a favore della valle.
— Non riesco a capire perché ti preoccupi tanto della mia presenza o
assenza. Ormai sarei propensa a credere che vuoi continuare a occuparti della
miniera soltanto per dare fastidio a Michael.
Nicholas non riusciva a capire se stesso, ma sapeva perfettamente che non
voleva che Clare se ne andasse. Fece per alzare la mano, tentando
istintivamente di persuaderla con il tocco, ma lei si ritrasse.
Nicholas si sentì stringere il cuore e abbassò la mano. Riusciva a pensare
a un’unica soluzione accettabile.
— Rinuncerò al mio bacio quotidiano, e questo dovrebbe rendere possibile
restare assieme senza perdere l’equilibrio. Non era una casta astinenza quella
che l’altra sera hai proposto come scommessa, quando abbiamo cominciato a
giocare a biliardo?
— Adesso ti comprendo meno che mai. Ieri sera hai rifiutato di rinunciare
ai tuoi baci.
— Quello è stato ieri sera. Ma oggi è un altro giorno. Dovrebbe essere
palese che mi piace la tua compagnia. Quando torneremo ad Aberdare, alla
scadenza dei tre mesi forse prenderò in considerazione l’idea di procurarmi
un cane, ma per il momento tu hai ancora un impegno con me.
— Dal momento che la metti in termini così lusinghieri, come potrei
rifiutare?
Nicholas fu lieto di vederla sorridere. Ma mentre tornavano a casa, si
adombrò al pensiero che aveva soltanto due mesi per convincerla a restare
con lui.

Il duca di Candover tornò a casa e trovò l’ospite sul punto di andarsene. —


Ti ho trascurato troppo, Michael?
Con aria impassibile l’amico scosse la testa. — Niente affatto. Tuttavia,
non posso perdere altro tempo a starmene senza far niente come un invalido.
Mi sento bene, anche se mi sono preso un’altra botta in testa finendo contro
una porta. Ti ringrazio per avermi rimesso in sesto.
— Perché non rinunci al tuo alloggio e rimani qua? — propose Rafe. —
Questa casa è enorme, e mi piacerebbe avere compagnia.
— Devo lasciare Londra. Ho trascurato troppo a lungo i miei affari.
— Questo comprende la miniera di Penreith?
— Senz’altro.
Il duca imprecò sottovoce. — Una guerra è appena finita, e spero che tu
non intenda iniziarne un’altra.
— Nessuno ama la pace più di un soldato in congedo — rispose Michael
con espressione fredda e insondabile. — Ti farò sapere quando deciderò di
tornare a Londra.
22

Per i Morris, la domenica era una giornata da dedicare alla famiglia, ma


anche al Signore, cosa che comprendeva una passeggiata dopo il pranzo. A
volte Marged vi partecipava, ma più spesso restava a casa, e a Owen piaceva
restare solo con i suoi figli. Se un uomo trascurava certe cose, rischiava di
dimenticare che gli anni passavano.
Era una giornata davvero gallese, con un’alternanza di piovaschi e sole. Su
proposta del figlio maggiore, Trevor, presero un insolito sentiero tra le
colline. Pochissimi lo percorrevano perché passava accanto a Bryn Manor, la
proprietà di lord Michael Kenyon, dove i visitatori non erano ben accetti.
Circondato da un muro di pietra, il possedimento era assai diverso da
Aberdare, che era percorsa da sentieri aperti al pubblico. Ma stare alla larga
dalla proprietà di Kenyon non era certo un problema perché il sentiero era
piacevole, in quel giorno di primavera.
Megan, che era già una donnina, camminava accanto al padre mentre i
ragazzi correvano avanti e indietro, e Owen era lieto di vedere che il piccolo
Huw si divertiva con gli altri bambini. Da quando aveva lasciato la miniera
sembrava cresciuto, era ingrassato e aveva un bel colorito. Quando il sentiero
prese a salire, Owen chiamò Megan. — Tra poco ci sarà il tuo compleanno.
Cosa vorresti di speciale?
— Una gattina.
— Un gatto l’abbiamo già.
— Ma io vorrei una gattina — spiegò lei. — Una gattina tutta mia.
— I gattini diventano gatti — la avvertì Owen. — E poi dovresti accudirlo
da sola. Ne parlerò con tua madre, e se lei non ha niente da obiettare…
— La mamma ha detto di parlarne con te, e se tu non hai niente in
contrario…
Owen sorrise. Non riusciva mai a dire di no a Megan, che sembrava tale e
quale sua madre.
La gioia svanì quando Trevor uscì al galoppo dal bosco. — Papà, vieni,
presto. Huw ha qualcosa — ansimò. — Era andato a cogliere narcisi per
mamma, poi è tornato di corsa, come se avesse il diavolo alle calcagna. Gli ho
chiesto che cosa gli era successo, ma lui non fa che piangere e non mi ha
risposto.
Owen accorse. Huw stava piangendo freneticamente, con i narcisi stretti
al petto. Owen lo prese fra le braccia cercando di calmarlo. Nonostante la sua
recente crescita, era ancora un bimbetto. Quando su calmò, finalmente poté
interrogarlo.
— Cosa ti è successo?
Huw si passò il pugno sugli occhi. — Io… ho visto, la porta dell’inferno, zio
Owen.
Per quanto chiedesse, Owen non riuscì a ottenere una spiegazione
coerente, e alla fine si arrese.
— Trevor, porta a casa David e Megan, così Huw potrà mostrarmi cos’ha
visto.
L’uomo e il bambino si addentrarono nel bosco giungendo a un muro di
pietra in rovina. Huw lasciò la mano di Owen ed entrò attraverso una breccia.
Owen aggrottò la fronte. — È un terreno privato. Non dovresti entrarci.
— Ho visto dei narcisi e volevo raccoglierne alcuni per portarli a zia
Marged — spiegò con aria colpevole Huw. — Non è lontano.
Rendendosi conto che per Huw sarebbe stato meglio affrontare le sue
paure che avere incubi, Owen lo seguì. Dall’altra parte del muro c’era un
rilievo su cui crescevano splendidi narcisi. Sebbene gli alberi fossero fitti, i
rami erano ancora nudi e si vedeva un fumo levarsi dall’altra parte dell’altura.
Huw si guardò alle spalle, poi si portò un dito alle labbra, si chinò e si
diresse a passi felpati verso la sommità dell’altura, sotto la quale si apriva un
fossato. Owen lo seguì per scoprire ciò che aveva spaventato il bambino.
La porta dell’inferno si rivelò una cadente capanna sul pendio. Un raggio
di sole faceva sembrare infernale il fumo che si levava, ciò che spiegava
l’abbaglio di Huw.
— Non vedi, bambino mio, che il sole splende oltre il fumo? — disse
Owen. — È solo la capanna di un boscaiolo.
Proprio in quella, il fumo cessò e la porta si aprì. Ne uscirono due uomini
vestiti di scuro, e Huw nascose il viso sul fianco di Owen.
— Demoni — sussurrò.
Gli uomini erano George Madoc e il padre di Huw, Nye Wilkins. Owen si
incupì. Se il piccolo avesse visto il suo terrificante genitore, si sarebbe
davvero convinto di avere di fronte una figura dell’aldilà.
Madoc chiuse a chiave l’uscio e i due si allontanarono in direzione
opposta, e Owen rifletté su quel che aveva visto. Quale direttore di Lord
Kenyon, Madoc aveva tutti i diritti di essere lì, la casa di Madoc era su un
terreno di Kenyon, vicina al villaggio. Ma la sua presenza in una rozza
capanna nascosta era davvero strana. E sembrava improbabile che i due
uomini si frequentassero. Madoc era troppo consapevole della propria
superiorità sociale.
Quando i due scomparvero, fece aspettare Huw e andò a dare un’occhiata
attraverso uno dei finestrini.
Dentro c’era una grande stufa che gli ricordò un forno per la ceramica che
aveva visto nei pressi di Swansea, ma gli sembrava impossibile che Madoc
fosse interessato alla ceramica. Diede un’occhiata agli arnesi e ad altri oggetti
sparsi su un rozzo tavolo. Ne riconobbe solo alcuni.
Pensieroso, riprese con Huw la strada del villaggio. Quando Nicholas
fosse tornato da Londra, gli avrebbe parlato del misterioso capanno.

Clare si rese conto che vivere senza baci era molto più confortevole che
vivere sull’orlo del pericolo, ma ahimè, era anche assai meno piacevole.
Sentiva la mancanza non solo del contatto fisico, ma anche della familiarità
che ne era il risvolto. Adesso Nicholas non la toccava se non per motivi più
che leciti, come aiutarla a salire o scendere da una carrozza, e durante il
ritorno ad Aberdare fece il tragitto a cavallo, anziché sedere accanto a lei e a
Polly.
Clare sentì uno strano miscuglio di emozioni quando tornò nella valle.
Era a casa, il luogo che le era più i familiare al mondo, ma sentiva di essere
una donna diversa da quella che ne era partita. Si sentiva diversa, e sapeva
che la casa non sarebbe mai più stata la stessa.
Ad Aberdare, per prima cosa andò a cercare Rhys Williams e gli spiegò
quello che aveva ordinato a Londra per la casa.
— Qualcuno dei domestici se n’è andato perché non voleva restare in
questa casa con una donna immorale? — gli chiese poi.
Dopo una breve esitazione, il maggiordomo annuì. — Due: Tegwen Elias e
Bronwyn Johns. Bronwyn non voleva andarsene, ma sua madre ha insistito.
— Ci sarà più lavoro?
— Non credo. Avrei potuto assumere due altre domestiche, ma ho
preferito attendere il vostro ritorno, Nella valle c’è miseria e non sono molte
le persone disposte a lasciare un buon posto per qualche chiacchiera.
Il giorno successivo al ritorno Clare volle rendersi conto di quanto era
stato fatto in sua assenza. Il maggiordomo e i domestici avevano compiuto un
ottimo lavoro nelle stanze comuni; con la carta da parati, le vernici e le stoffe
ordinate a Londra, la casa sarebbe diventata piacevole come meritava di
essere.
La riunione del suo gruppo era in programma per quella sera, e non
sapeva come sarebbe stata accolta. A cena, Nicholas si avvide del suo umore e
gliene chiese la ragione.
— Verrei volentieri con te, ma sono certo che la mia presenza renderebbe
più difficile la situazione. E penso che non tu non intenda mancare.
— Sarebbe un atto di vigliaccheria. Peggio ancora, potrebbe sembrare che
io snobbi i miei vecchi amici, adesso che frequento la nobiltà. E se mi
chiedono di andarmene, perlomeno saprò qual è la mia situazione.
Dopo cena salì di sopra a indossare uno dei suoi abiti di prima del viaggio
a Londra. Poi salì sul calesse e si diresse al cottage dei Morris, dove arrivò
poco prima che la riunione cominciasse.
Al suo ingresso scese il silenzio e undici paia di occhi la fissarono. A
rompere il silenzio fu Marged che le si avvicinò e l’abbracciò.
— Clare, come sono felice di vederti! Hai intenzione di tornare presto a
scuola? I bambini sentono la tua mancanza e hanno una gran voglia di vedere
i pinguini di Aberdare.
Parecchi altri membri le sorrisero, e il giovane Hugh Lloyd le strizzò
l’occhio. Clare guardò Edith Wickess, la più pronta ad accusarla.
— Sono ancora la benvenuta tra voi?
Edith fece schioccare la lingua. — Non hai certo dato prova di buonsenso.
Metà degli abitanti della valle sono convinti che sei una poco di buono.
— Non sono l’amante di lord Aberdare — replicò Clare contenta di poter
dire la verità.
— Be’, almeno lo spero — ribatté Edith. — Ma non mancano coloro che
pensano male, come la signora Elias. — Tirò su col naso. — Il Giorno del
Giudizio, quando il Signore verrà a separare le pecore dalle capre, addosso a
lei non troverà molta buona lana. Mai io la so più lunga.
Clare avrebbe voluto levare un canto di gioia e si chinò ad abbracciarla. —
Ti ringrazio per aver fiducia in me. Non posso dire che il mio comportamento
sia stato impeccabile, ma non ho fatto niente di terribile. Come va con la
scuola domenicale?
Owen, che la dirigeva, rispose, con aria di lieve rimprovero. —
Rimandiamo le chiacchiere a più tardi, signore. È tempo di cominciare la
riunione. Leviamo un coro al Signore.
Clare si rilassò partecipando al consueto rituale di inni, preghiere e
discussioni. Finita la riunione, tutti rimasero per il tè coi biscotti e per
ascoltare quello che Clare avrebbe raccontato del suo viaggio, e lei parlò loro
della Torre, dei mostri meccanici, della sua visita alla Fonderia, che era stata
la cappella domestica di John Wesley.
All’uscita, Owen le si avvicinò. — Ti accompagno ad Aberdare. Preferisco
che tu non faccia la strada dai sola.
Lei gli scoccò un’occhiata curiosa, perché la valle era sempre stata sicura,
ma accettò senz’altro. Strada facendo, Owen spiegò il suo proposito di parlare
con Nicholas.
Quando venne introdotto, il conte, lo accolse calorosamente con una
cordiale stretta di mano.
— È una felice coincidenza, perché ho delle domande alle quali sei in
grado di rispondermi.
— Ne ho anch’io — rispose Owen.
— Posso restare o devo andarmene? — chiese! Clare.
— Resta — rispose Nicholas, facendoli accomodare in biblioteca. — Owen,
parla tu per primo.
Il minatore prese posto in una poltrona di cuoio — Può darsi che non sia
niente, ma pochi giorni fa ho visto qualcosa di strano — cominciò, e descrisse
la capanna che Huw aveva scoperto nella proprietà di Kenyon.
— Interessante — disse Nicholas. — Hai idea di cosa possa significare?
— Se devo tirare a indovinare, direi che la capanna è servita per sottoporre
a trattamento ricchi minerali metallici. Forse oro, ma più probabilmente
argento.
— Possibile? — chiese Nicholas sorpreso. — So che a volte oro e argento
sono stati reperiti in Galles, ma in piccole quantità, e mai in questa zona.
— Capita che argento purissimo si trovi in blocchi chiamati argento in fili.
Una volta ne ho visto un campione proveniente da Ebbw Vale. Strano
materiale, talmente puro da essere fuso in lingotti semplicemente su una
stufa caldissima, come quella del capanno. Non credo che argento in fili sia
stato trovato in un fifone di carbone, ma ti ricordi di quel tunnel chiuso, dove
ho detto che il carbone sembrava finire dove la roccia cambiava? È possibile
che la roccia diversa contenga argento.
— Sicché può darsi che Wilkins abbia scoperto l’argento e si sia rivolto a
Madoc. Se il metallo è in piccoli depositi e molto puro, potrebbe essere
portato fuori della miniera senza che altri se ne accorgano. E la proprietà
Kenyon è il luogo ideale dove fonderlo in secreto, dal momento che Michael è
altrove e Madoc sovrintende alla proprietà.
— Ma perché Wilkins dovrebbe rivolgersi a Madoc anziché tenere per sé la
scoperta? — chiese Clare. — Nye non è abbastanza intelligente per fondere o
vendere l’argento senza un socio esperto come Madoc — rispose Owen. — E
se le nostre ipotesi rispondono al vero, quei due si fanno un bel gruzzolo.
— È proprio quello che cercavamo! — esclamò Clare eccitata. — La
concessione riguarda esclusivamente il carbone, non i diritti su tutti i
minerali. Se Madoc e Wilkins estraggono argento o altro materiale di valore
dalla miniera, hai il diritto di revocare la concessione. Anche se Michael è
all’oscuro di quello che stanno facendo i suoi dipendenti, senza dubbio la sua
società è legalmente responsabile per la sottrazione di qualcosa che
appartiene a te.
Ci fu un momento di silenzio, poi Nicholas balzò in piedi, prese Clare tra
le braccia e la baciò. Quindi si rivolse a Owen.
— A Londra ho visto Michael Kenyon. Era con l’esercito in Spagna, e per
questo ha trascurato i suoi affari. Siccome si è rifiutato di apportare
cambiamenti, ho cercato un modo per revocargli la concessione, e adesso,
vivaddio, l’abbiamo in mano grazie a te Huw. — Rifletté per qualche istante.
— Sono tutte ipotesi, però, dobbiamo avere in mano una prova concreta.
Potresti riportarmi nella miniera? Se possiamo testimoniare che abbiamo
constatato l’esistenza di attività minerarie illegali, mi rivolgerò al tribunale.
— Scendere nella miniera non sarà facile. Madoc ha ordinato di
comunicargli immediatamente se metti piede nella zona. Il contabile che
gestisce il pozzo principale è un tipo a posto, ma non si metterà mai contro il
capo. Di notte non si può farlo, perché Madoc ha fatto costruire una
staccionata tutt’attorno all’imboccatura della miniera e di notte c’è un cane
da guardia. Impossibile mettere in azione l’apparecchiatura di discesa senza
essere visti. Tutti pensiamo che Madoc sia deciso a tenerti a ogni costo alla
larga.
Clare intervenne. — Finora hai parlato dell’ingresso principale, ma c’è
anche il vecchio pozzo Bychan, quello che adesso viene usato solo per la
ventilazione.
Owen fece tanto d’occhi. — Che memoria, ragazza mia! Avevo quasi
dimenticato il Bychan.
— È utilizzabile? — chiese Nicholas.
— Potrebbe esserlo. È molto stretto, ma c’è una secchia che può calare o
riportare in superficie un uomo alla volta. A manovrarla è un uomo con un
cavallo, sicché avremo bisogno solo di un’altra persona per darci aiuto.
Oltretutto, il pozzo arriva nei pressi del tunnel chiuso, per cui non occorre
camminare al lungo sottoterra, col rischio di essere scoperti. Si può fare.
— E possiamo farlo tra quattro giorni? Così avrò il tempo di vedere il mio
avvocato di Swansea perché si occupi degli aspetti legali, e vorrei anche
entrare nel capanno per dare un’occhiata più attenta. Se l’argento vi viene
fuso, deve restarne traccia sulla stufa o sull’attrezzatura.
Owen annuì. — Tra quattro giorni, d’accordo. Prima è meglio è. In due
settimane il gas probabilmente si è addensato e tre gallerie sono crollate
perché i puntelli di legno erano insufficienti. Nessuno è morto da quando sei
sceso laggiù, ma mi sento nelle ossa che qualcosa di terribile sta per accadere.
— Tra una settimana la miniera sarà in mano mia e potrò apportarvi i
necessari miglioramenti — disse Nicholas fiducioso. Il suo istinto di zingaro
gli diceva che avevano trovato il modo di strappare la concessione a Michael.
23

George Madoc non ebbe il tempo di prepararsi alla visita del suo datore di
lavoro, lord Michael Kenyon, che entrò senza dare all’impiegato il tempo di
annunciarlo.
Madoc non si sarebbe reso conto che quel magro visitatore dagli occhi
accesi fosse l’elegante aristocratico che l’aveva assunto quattro anni prima.
Ma la sua voce profonda era inconfondibile.
— Mi dispiace di essere arrivato senza avvertirvi, Madoc. Ma ho deciso di
venire all’improvviso a Penreith.
— Lord Michael… che sorpresa — balbettò Madoc balzando in piedi. —
Ignoravo che foste in Inghilterra.
— Un paio di mesi fa sono stato messo in congedo per malattia. La guerra
è finita e ho intenzione di rinunciare al grado e di occuparmi dei miei affari.
Tanto per cominciare, vorrei vedere i registri contabili degli ultimi quattro
anni.
— Avete lamentele sulla mia gestione? — chiese Madoc irrigidendosi e
tentando di sembrare più indignato che preoccupato.
— Per niente. Avete prodotto sostanziosi profitti, ma voglio tornare a
familiarizzarmi con l’attività mineraria. Dopo anni nell’esercito, devo
riabituarmi alla vita civile.
— Naturalmente. — Madoc rifletté in fretta. — I registri più vecchi sono in
casa mia. Li prendo e ve li faccio portare immediatamente. Risiedete alla
locanda?
— No, a Bryn Manor. Ero diretto laggiù ma ho pensato di farvi prima una
visita.
— Siete tornato per restare?
— Non so quanto resterò. Il Galles in primavera è assai piacevole. — Lord
Michael si alzò e prese ad andare avanti e indietro nell’ampio ufficio. — Lord
Aberdare vi ha procurato fastidi?
— Un po’ sì — rispose il sovrintendente sorpreso, — Come fate a saperlo?
— L’ho visto a Londra e mi ha tenuto una conferenza sulla sicurezza
mineraria. Abbiamo avuto dissensi accompagnati… da una certa violenza.
— Il conte evidentemente non si rende conto che l’attività mineraria è
sempre stata pericolosa.
— È proprio quello che gli ho detto io. È entrato nella mia proprietà?
— Una volta. Gli ho ordinato di andarsene e per la notte ho messo
qualcuno di guardia alla miniera. Non è tornato.
— Ottimo. Se tornasse, mi aspetto che farete tutto quel che occorre per
tenerlo alla larga.
A Madoc balenò un’idea. — Per esser sincero, sebbene si sia messo da solo
nei guai, non ero certo di poter impedire al conte l’ingresso alla miniera, dato
che è un vostro amico.
— Lo era, ma non lo è più. Aberdare ha già fatto abbastanza danni, e
intendo impedirgli di mettere il naso nei miei affari. Informatemi
immediatamente se tenta di provocare altri guai.
Uscito lord Michael, Madoc si lasciò cadere sulla sedia, estrasse una
bottiglia di whisky dal cassetto e con mani tremanti si riempì un bicchiere. Il
suo padrone era stato sempre terribilmente astuto, ma adesso stava
diventando minaccioso. Perché diavolo quel bastardo non si era fatto
ammazzare in Spagna? Si congratulò con se stesso per aver avuto il
buonsenso di tenere aggiornati i registri, ma il ritorno di Kenyon era un
disastro. Quando aveva acquistato la concessione della miniera vi si era
dedicato con entusiasmo, e aveva la cattiva abitudine di arrivare
inaspettatamente. Era un ottimo osservatore, e c’era il rischio che si rendesse
conto della discrepanza tra la spesa per l’acquisto di legname per i puntelli e
le effettive condizioni delle gallerie. Poteva anche incappare in tracce della
proficua attività collaterale che Madoc aveva messo in piedi. Bisognava
assolutamente evitarlo.
Purtroppo, quell’aristocratico aveva in mano la concessione e a Madoc
non restava che recitare, per il momento, la parte del servo fedele. Con un po’
di fortuna, Kenyon ben presto si sarebbe annoiato, avrebbe lasciato la valle e
tutto sarebbe tornato alla normalità.
Riempendosi di nuovo il bicchiere, rifletté sul modo di migliorare la sua
posizione. La prima idea che gli venne aveva il vantaggio della semplicità, ma
senza la certezza del successo. E se non andava a segno, l’avrebbe dovuto
ricorrere a un piano più complesso, che richiedeva l’ausilio di altri uomini.
Sapeva dove trovare i delinquenti disposti a fare qualsiasi cosa gli si
ordinasse.
Un largo sorriso gli si disegnò in volto. Se la sua prima reazione al ritorno
di lord Michael era stata di stizza, più ci pensava più si convinceva che era
l’occasione che aspettava.

Alla vista del piccolissimo Olwen Lloyd che inseguiva un nervoso


pinguino, Clare allungò la mano pel fermarlo.
— Non spaventare quel povero animale, Olwen pensa quanto deve
infastidirlo che tanti estranei vengano a visitare lui e i suoi amici.
Quando l’uccello si rese conto che il bambino noi lo inseguiva, si fermò e
prese a frugare col becco nell’erba.
— Non voglio fargli del male, signorina Morgan — spiegò il bambino.
Mentre il piccolo si dedicava alla raccolta di penne e piume perdute dagli
uccelli, Clare diede un’occhiati soddisfatta alla piccola folla di scolaretti. Il
picnic coi pinguini era stato davvero un successo.
Il giorno dopo la riunione nella Cappella, aveva proposto a Marged di
portare i bambini a vedere gli strani uccelli proprio quel giorno. Si era vicini
al primo maggio e un picnic sarebbe stato la maniera migliore per festeggiare
l’arrivo della primavera.
Tre carri di Aberdare erano stati riempiti di paglia gruppi di bambini
ridenti vi erano stati fatti salire, anche il clima aveva collaborato: la giornata
era soleggiata e calda.
Clare aveva seguito i carri in groppa a Rhonda, Nicholas in sella a un
cavallo. Quale che ne fosse la ragione, lui si divertiva non meno dei bambini,
e Clare si rese conto che aveva la capacità di godere del momento, una
caratteristica delle persone molto giovani che di rado sopravviveva nell’età
adulta.
Lo invidiava, ma pensava anche che aveva conosciuto una gioia ben
diversa tra le sue braccia…
Sebbene vivessero insieme come fratello e sorella la sua inquieta
memoria non le permetteva di dimenticare come avevano convissuto in
precedenza.
Adesso andava meglio, si impose di credere. E per impedire alla sua mente
di formulare una contestazione, si unì alle altre donne che stavano
distribuendo le polpette di montone e le torte al ribes che erano state
preparate dalla cuoca di Aberdare.
Il cielo si stava annuvolando, e quando tutti ebbero mangiato venne il
momento di rincasare, e i carri pieni di bambini uscirono dalla radura.
Nicholas e Clare furono gli ultimi ad andarsene.
Siccome il suo stallone nero era troppo vivace per tollerare la presenza di
bambini curiosi, Nicholas era in groppa a un placido hunter baio.
— È stato molto divertente — commentò. — Dovremmo rifarlo.
Lei sorrise. — Sono contenta che ti sia piaciuto, ma ricordati che quando i
bambini ne parleranno con i loro familiari, gli obblighi sociali ti
costringeranno a organizzare una festa alla quale possa partecipare l’intero
villaggio. Il momento migliore sarebbe una domenica pomeriggio.
— D’accordissimo. Ti andrebbe il giorno di San Giovanni, il 24 giugno?
Però sarebbe però meglio limitare la visita ai pinguini a piccoli gruppi alla
volta, e non voglio che quelle avide creature decidano di rinunciare ai pesci
per i dolci di ribes. — Continuarono in silenzio per un po’. — Forse non l’hai
saputo, ma ieri Michael Kenyon è tornato nella valle. Dicono che si sia
insediato a Bryn Manor e che si occuperà della miniera. E non avere
quell’aria orripilata, mia cara. Bryn Manor è l’unica casa che Michael
possiede, ed è naturale che vi risieda.
— Non sarebbe naturale se decidesse di continuare la sua faida con te.
Ricordati che è un uomo pericoloso, Nicholas.
— Sì, ma è anche intelligente. È improbabile che prenda in considerazione
l’idea di assassinarmi, perché sarebbe la prima persona sospettata. Suppongo
che, se si è un po’ calmato in seguito al nostro duello, si sia ricordato di ciò
che ho detto a proposito della miniera e abbia deciso di indagare.
— Spero che tu abbia ragione.
Il cielo era ormai tutto grigio e in lontananza tuonava. Poco dopo si udì un
altro tuono, questa volta più vicino. La giumenta di Clare ebbe uno scarto e
l’hunter di Nicholas si impennò con un nitrito.
Dopo averlo ripreso in mano, lui si chinò a dare una manata rassicurante
sul fianco di Rhonda.
— Mettiti subito al riparo di quella curva — ordinò.
Rhonda partì al galoppo, seguita dal baio. Continuarono fino a un
affioramento di roccia alla svolta del sentiero.
— Adesso puoi rallentare, qui dovremmo essere al sicuro — disse
Nicholas.
Clare fermò Rhonda e si volse a guardarlo. Prima di riuscire a chiedere
che cosa avesse causato la loro fuga, si avvide del sangue che colava dal collo
del baio.
— Cielo — ansimò. — Quello era uno sparo, non un tuono. Stai bene?
— Io sì. La pallottola ha preso Caesar di striscio, ma ha mancato me. Solo
un graffio. Niente di grave.
— Niente di grave? Avresti potuto restare ucciso.
— Non sarebbe la prima volta che un cacciatore di frodo spara per errore a
qualcuno. Abbiamo avuto fortuna.
Clare avrebbe avuto voglia di picchiarlo per la ottusità. — Pensi davvero
che sia pura coincidenza che Lord Michael sia tornato a Penreith e il giorno
dopo qualcuno cerchi di accopparti?
— Certo che è una coincidenza. Come avrebbe fatto Michael a sapere dove
sarei stato oggi?
— Nella valle tutti erano al corrente della gita — replicò lei esasperata.
— Se Michael voleva ammazzarmi, non l’avrebbe, fatto in un luogo dove
una pallottola vagante poteva colpire una donna o un bambino. E non
avrebbe sbagliato il colpo.
Sapendo che non era il caso di lasciarsi andare all’isteria, Clare cercò di
assumere un tono ragionevole. — Non sarebbe più opportuno supporre che lo
sparatore, fosse Lord Michael? Qualche precauzione ti farebbe vivere più a
lungo.
— Cosa vorresti che facessi? Posso stabilire con a certa esattezza da dove è
partito il colpo, ma chi l’ha tirato ormai se la sarà svignata. Inutile andare dal
giudice e denunciare Michael per tentato omicidio, visto che non ho uno
straccio di prova. — Le scoccò un’occhiata. — Con questo non voglio dire che
hai torto, ma credo davvero che sia stato il colpo accidentale di un cacciatore
di frodo. Se Michael continua ad avercela con me, mi affronterà faccia a
faccia.
Ripresero il cammino. Nicholas restò a lungo in silenzio, poi di aggiungere
qualcosa per rassicurarla. — Nessun essere umano è del tutto prevedibile, ma
è possibile conoscere una persona quanto basta per stabilire i limiti oltre i
quali non si spingerà mai, e Michael è uno di quelli che conosco abbastanza, è
pericoloso, ma non crederò mai che sia così infido.
— Ieri sei entrato nella capanna sulla proprietà Kenyon e hai trovato la
prova che è stato trattato dell’argento. Domani tu e Owen intendete scendere
nella miniera per cercare prove di attività minerarie illegale. E se le trovi,
credi che Michael se ne resterà con le mani in mano mentre tu mandi a
catafascio la sua impresa?
Nicholas la squadrò freddamente. — Non ho nessuna intenzione di
mandargliela a catafascio. Michael non deve far altro che migliorare le
condizioni di sicurezza, poi può tenersi la miniera. Ma se decide di fare
difficoltà… — Nicholas alzò le spalle. — Allora vedremo…
— Io non ti chiedo di trascorrere il resto della tua vita chiuso in casa, ma
non potresti almeno stare sul chi vive?
— Non preoccuparti. Mentre eravamo a Londra ho corretto il mio
testamento. Se mi accade qualcosa, tu diventerai l’amministratrice di un
fondo fiduciario, con denaro sufficiente a garantire la prosperità di Penreith e
con uno stipendio sufficiente a ripagare il tuo tempo e i tuoi sforzi. —
Abbozzò un sorriso ironico. — A dire il vero, dovresti pregare che Michael mi
uccida, perché tu e il villaggio beneficereste della mia morte.
Questa volta lei lo colpì, o perlomeno tentò di mollargli uno schiaffo. Lui
le afferrò la mano e la scrutò, — E questo perché?
— Come osi dirmi di pregare per la tua morte? — Lacrime presero a
colarle lungo le guance. — Su certe cose non si dovrebbe scherzare.
— La vita è tutto un gioco, Clare. — Nicholas le sfiorò le labbra con la
punta delle dita, poi le liberò la mano. — E l’ironia è l’unico modo per
sopportarla.
24

Nicholas aprì gli occhi in un mondo avvolto nella nebbia e sorrise


soddisfatto. Tempo ideale per una visita clandestina alla miniera.
Dopo aver indossato abiti da minatore, scese a far colazione. Clare si era
già alzata e stava versandogli il caffè.
— Sii prudente, ti prego — lo esortò.
— Stai tranquilla. — Nicholas mandò giù il caffè bollente e spalmò
marmellata d’arancio su una fetta di pane.
— Questa sera avremo in mano il successo.
La nebbia turbinante rese bello in modo spettrale il percorso fino a
Penreith. Nicholas fischiettava allegramente, pensando che se un tempo
aveva resistito ai tentativi di Clare di coinvolgerlo nelle faccende del villaggio,
adesso si sentiva più vivo di quanto si fosse sentito da anni.
Ah, se solo fosse riuscito a convincerla…
Il pensiero lo immalinconì. Quella dannata condizione di vivere come
fratello e sorella si rivelava sempre più difficile da rispettare. Adesso era
quasi intollerabile, e il futuro appariva peggiore, dal momento che lei aveva
tutte le intenzioni di andarsene allo scadere dei tre mesi. Doveva esserci una
soluzione al dilemma, ma quale, dannazione!
Owen era già in attesa, in compagnia di un uomo più anziano con una
gamba di legno. — Ti presento Jamie Harkin — disse. — Manovrerà lui il cavo
e la secchia.
Si misero in cammino verso il pozzo. Il solito frastuono della vicina
miniera era attutito dalla nebbia.
Nicholas non era preoccupato: il pozzo Bychan era abbastanza vicino
all’imboccatura principale della miniera perché qualcuno notasse attività
sospette, ma quel giorno la nebbia era molto. Owen controllò la puleggia e il
cavo, infine annuì. — Scendo io per primo. Jamie, ti faremo un segnale
tirando questa corda che fa suonare una campanella. — Accese la candela e
prese posto nella secchia.
L’uomo con la gamba di legno mise in funzione il montacarichi e Owen
scomparve nello stretto cunicolo. Quando la campanella suonò, Jamie compì
la manovra in senso contrario facendo risalire la secchia.
Fu poi la volta di Nicholas. Scendendo, decise che compiere il tragitto in
una secchia era decisamente meglio che stare attaccato a un cavo, anche se il
pozzo Bychan era così angusto da dargli l’impressione di essere caduto nella
tana di un coniglio gigante. L’aria che saliva dal basso gli spense la candela,
ma per fortuna Owen lo aspettava con la sua accesa. — Da questa parte —
disse, e prese a destra. — Non è lontano, però preferisco fare un percorso più
lungo, per evitare che ci vedano.
Memore della sua prima visita alla miniera, durante la quale aveva fatto
tanti passi avanti in fatto di baci giornalieri, Nicholas scacciò il pensiero: si
era già reso conto che la miniera non era il posto adatto per le distrazioni.
Superarono una delle tubazioni che estraevano acqua dalle gallerie, poi
imboccarono un tunnel abbandonato dove una mezza dozzina di ragazzi
spingeva carrelli vuoti verso la galleria principale.
Quando superarono quella in cui si sentivano colpi di piccone, Owen
aggrottò la fronte perplesso.
— Evidentemente qualcuno ha deciso di attaccare in questo punto un
nuovo filone. Non mi piace. C’è troppo gas in questa parte della miniera. È
per questo che per anni qui non si è lavorato. Ma c’è una buona vena, e si
vede che alcuni minatori sono disposti a correre rischi, soprattutto da quando
Madoc ha abbassato le paghe e un uomo deve estrarre più carbone per
intascare la stessa somma di prima.
Poco dopo raggiunsero un tunnel bloccato da tavole inchiodate. Owen
strisciò al di sotto seguito da Nicholas, che notò con interesse che la polvere
sul pavimento del tunnel era stata calpestata di recente.
Owen prese a tastare le pareti. — Se quello che sospettiamo si trova qui…
— Cosa stai cercando?
— Qua e là nella roccia ci sono sacche d’aria, i cosiddetti voogs, e possono
avere dimensioni varie, una noce a una grande stanza. E di solito è qui che si
trova l’argento in fili. Wilkins era uno dei minatori al lavoro in questa vena
quando se ne è iniziato lo sfruttamento. Immagino che abbia aperto un
grosso voog e abbia tenuto la bocca chiusa appena si è reso conto di ciò che
aveva trovato.
La mano con cui Nicholas tastava a sua volta la parete scomparve in un
buco all’altezza del suo ginocchio. Si chinò a dare un’occhiata e trovò un
passaggio alto circa sessanta centimetri.
— Potrebbe essere qui. — Appena Owen lo raggiunse, si mise sul ventre e
si inserì nel foro. — Vediamo dove porta.
Dopo una curva a sinistra, la cavità dava accesso a uno spazio più vasto.
Nicholas alzò la candela e rimase a bocca aperta quando la luce si rifletté su
mille superfici scintillanti. Il voog era una camera oblunga. Larga circa tre
metri e alta due, ma a renderla straordinaria era la massa di rilucenti cristalli
che spuntavano dalle pareti.
— Entra. Questo posto è incredibile — disse.
Un istante dopo Owen lo raggiunse. — Una cava di cristallo — commentò.
— Gli antichi credevano che posti del genere fossero magici… e forse avevano
ragione.
Nicholas indicò un ammasso di quarzi infranti — È questo che cerchiamo?
— Proprio così.
In quel momento, la luce fu riflessa da una scheggia di argento. —
Vediamo quante altre zone martellate ci sono.
Ne trovarono quasi quaranta che risultavano scalpellate, e in parecchie
altre c’erano tracce di argento in fili che erano state trascurate. Owen scoprì
anche un altro angusto passaggio.
— Una volta che Wilkins ha estratto tutto l’argento che c’è qui,
probabilmente ha continuato a sondare, con la speranza di trovare un altro
voog.
Il cunicolo li portò a un voog più piccolo, contenente formazioni di quarzi,
anche se meno numerose. Poche erano le zone scalpellate, quindi doveva
essere stato scoperto di recente.
Nicholas alzò la candela ed esaminò il soffitto. Scorse subito un groppo di
fili d’argento che avvolgevano un aggetto di quarzo.
— Eureka — disse sottovoce. — Una formazione intatta.
Owen diede un’occhiata. — Troppo bello per spezzarlo, vero?
— Sì, ma dobbiamo portarlo con noi. Lo esibirò in tribunale.
Owen, che aveva portato con sé alcuni piccoli arnesi, si mise all’opera. —
Non è facile trovare formazioni come questa e immagino che Wilkins abbia
lavorato qui in giro per mesi, poche ore alla volta per non dare nell’occhio. —
Staccò l’intera formazione e la porse a Nicholas. — Appartiene a te — disse.
Aveva circa le dimensioni di una mela, ma era molto più pesante, e per
proteggere le delicate punte di cristallo Nicholas avvolse il campione nel
fazzoletto e se lo mise in tasca.
— Devi venire con me a Swansea in modo che ambedue giuriamo gli
affidavit di fronte a un magistrato. Il mio avvocato è pronto a presentare
un’ingiunzione. Già domani la miniera potrebbe essere chiusa.
— Io non ti ho dato una mano perché i minatori vengano gettati sul
lastrico.
— No, naturalmente. Assumerò tutti gli uomini con lo stesso salario.
Possono lavorare alla cava di ardesie cominciare a costruire la teleferica.
Nessuno ci rimetterà.
Mentre percorrevano il tunnel che conduceva al nuovo filone, udirono il
passo di uomini che andavano nella loro stessa direzione.
— Ho sempre avuto buon naso per il gas — disse Owen. — E adesso è più
denso di prima. Se continuerà ad aumentare, dovremo spegnere le candele e
continuare nel buio. Può darsi che uno dei ragazzi l’abbia notato e persuaso
gli altri ad andarsene.
— Oppure può darsi che uno dei ragazzi abbia mandato via gli altri in
modo che lui potesse ricorrere alla vecchia tecnica di sdraiarsi e dar fuoco al
gas.
— Spero che non lo facciano proprio qui — disse Owen, che alla luce
vacillante della candela appariva preoccupato.
Nicholas pensava che minatori esperti non avrebbero fatto niente di
pericoloso, ma si scoprì intento a procedere più in fretta. Sospirò sollevato
solo quando raggiunsero la zona in cui era già in attesa la secchia.
Proprio in quel momento un rombo echeggiò nel tunnel. Pallidissimo
Owen lo guardò. — Dio ci aiuti! Qua dentro sta crollando tutto.
Nicholas guardò la secchia in attesa chiedendosi se poteva portarli in
superficie tutti e due insieme, ma si rese subito conto che era impossibile.
Afferrò Owen per il braccio e lo spinse. — Prima tu, che hai famiglia.
Il minatore si divincolò. — No! — Senza perdere altro tempo in
chiacchiere, tirò indietro un pugno indulto dal lavoro e lo colpì al mento.
Sebbene colto di sorpresa, Nicholas non svenne, ma si sentì mancare le
ginocchia. Tentò di protestare, ma Owen lo scaraventò nella secchia, poi
diede di piglio alla corda di segnale. Lassù in alto la campanella suonò
debolmente e Nicholas cominciò a salire in superficie, imprecando
furiosamente per la propria impotenza.
Non appena fu uscito dalla secchia, avvertì Jamie. — Rimanda giù quel
maledetto arnese! C’è stata un’esplosione e dobbiamo far uscire Owen.
L’uomo obbedì all’istante, ma era già troppo tardi. Alle loro spalle la terra
emise un enorme ruggito, sputò fuori nuvole di fumo nero soffocante. La
forza bell’esplosione lanciò fuori dal pozzo la secchia, che cadde a una
dozzina di metri di distanza. Orripilato, Nicholas vide il pozzo collassare.
La catastrofe che tutti avevano previsto aveva finalmente colpito la
miniera di Penreith.
25

Il boato fu udito in tutta la valle, e per chilometri tutto attorno uomini


validi accorsero a dare una mano alle operazioni di soccorso.
Essendo il pozzo Bychan ormai definitivamente chiuso, Nicholas si unì al
primo gruppo di soccorritori che si apprestava a scendere sottoterra.
Qualcuno lo riconobbe e gli rivolse un’occhiata sorpresa, ma nessuno mise in
dubbio il suo diritto di trovarsi lì. Nella miniera lui non era un conte, ma un
altro paio braccia.
In preda a una furiosa energia, per ore continuò a spostare detriti, finché
le sue mani furono piene di graffi e vesciche e le sue braccia tremanti di
fatica.
Riuscì a liberare dal brecciame un giovane ancora vivo, ma più spesso gli
uomini sepolti erano già morti.
Quando tornò in superficie, costretto da uno sconosciuto che l’aveva
preso per un braccio, Nicholas scoprì che la nebbia era stata spazzata via e il
sole inondava la valle di una luce color rosso sangue. Vicino a lui, una voce
autoritaria impartiva ordini, ma era troppo stanco per prestare orecchio alle
parole.
Un altro samaritano lo spinse verso un tavolo dove venivano serviti panini
imbottiti e tè caldo. Il pensiero del cibo gli dava la nausea, ma accettò la tazza
di tè bollente che qualcuno gli mise in mano, era abbondantemente
zuccherato e il sapore dolce e il calore gli schiarirono la mente. Sebbene
avesse numerose escoriazioni, non sentiva dolore, anzi, non sentiva niente.
Restò sorpreso quando scorse Clare. Sembrava un’isola di calma in mezzo
al caos, e sebbene fosse distante una quarantina di metri, doveva aver sentito
il suo sguardo perché alzò gli occhi.
Per un istante tra i loro occhi ci fu un complesso scambio di dolore e
compassione. Di scatto lui si girò da un’altra parte ben sapendo che nel suo
attuale stato d’animo Clare avrebbe potuto sfondare le sue barriere, e se fosse
successo sarebbe crollato del tutto. Incapace di fermarsi, andò a dare
un’occhiata alle conseguenze della carneficina: due file di corpi deposti a
terra e coperti con sacchi da carbone. Ne contò ventotto, ma un’altra vittima
veniva adesso deposta in fondo alla fila: un corpo gravemente ustionato,
irriconoscibile. Una donna in preda alla frenesia si inginocchiò, guardò
l’anello, poi prese a urlare il suo dolore.
Stremato, Nicholas si allontanò e si trovò faccia a faccia con Marged
Morris. A sedici anni era stata la più bella ragazza della valle, crescendo era
diventata una donna attraente, ma adesso il suo volto era tirato e sembrava
che avesse due volte la sua età.
— Owen è disperso. C’è… qualche speranza per lui? — sussurrò.
— Temo di no, Marged. Il pozzo Bychan è bloccato e i tunnel sottostanti
devono essere crollati tutti assieme. — La gola gli si chiuse. Dovette
inghiottire a vuoto più volte prima di proseguire. — L’ingegnere non prevede
che ci siano superstiti in quella zona della miniera.
Per un istante lei stette semplicemente a fissarlo poi prese a tremare da
capo a piedi. Lui la strinse fra le braccia per confortare se stesso insieme a lei,
con le lacrime agli occhi. — A te e ai bambini non mancherà mai niente,
Marged. Te lo giuro. — Mentre lo diceva si rese conto che il denaro era un ben
misero sostituto per un marito e un padre scomparsi. Clare li raggiunse e si
avvicinò all’amica.
— Se ci sono buone notizie te le farò arrivare immediatamente. Ma adesso
ti porto a casa. I bambini hanno bisogno di te.
Nicholas seguì con lo sguardo le due donne finché scomparvero tra la
folla. Era quasi buio e molte torce venivano accese. Con il cuore pesante andò
al pozzo centrale e si unì a un gruppo di uomini che stavano tornando in
miniera dopo una breve sosta.
Erano coperti di polvere di carbone e quasi indistinguibili l’uno dall’altro.
Lui doveva avere lo stesso aspetto.
Mentre attendeva di scendere, una voce familiare lo apostrofò. — Che
diavolo stai facendo qua, Aberdare? Esci dalla mia proprietà!
Nicholas si voltò e vide Michael Kenyon venire alla sua volta.
Confusamente, si rese conto che la voce che aveva udito prima era quella di
Michael intento a impartire ordini e organizzare l’opera di soccorso con la
stessa fredda efficienza che aveva imparato sotto il fuoco nemico.
— Risparmia i tuoi accessi d’ira — disse stancamente. — Adesso abbiamo
bisogno dell’aiuto di tutti. — L’altro aprì la bocca per replicare, ma Nicholas lo
bloccò alzando una mano. — Chiudi il becco.
Michael arrossì violentemente, ma senza altro direi girò sui tacchi e se ne
andò.
E Nicholas tornò nella miniera.

Clare accompagnò Marged a casa, ma non vide Nicholas se non due giorni
dopo l’esplosione, e fu quando Lewis, che a Penreith provvedeva a gran parte
delle consegne, portò a casa il conte in stato di incoscienza. Quando Rhys
Williams la chiamò fuori, Clare restò scioccata dalle condizioni in cui trovò
Nicholas; non soltanto cencioso e sporco, ma aveva le mani e gli abiti
macchiati di sangue.
Lewis la rassicurò. — Non è ferito, signorina Morigan. Solo svenuto. Il
conte può essere uno zingaro, ma è sempre un uomo. Non ha dormito per
due giorni, dicono, e la carne umana ha bisogno di riposo.
— Sapete quanti sono i morti? — gli chiese Clare, mentre il maggiordomo
e un lacchè portavano in casa Nicholas.
— Trentadue morti, dodici feriti, cinque ancora mancanti. Una squadra
continuerà a cercare cadaveri, ma domani il lavoro riprenderà regolarmente
nelle zone della miniera non colpite dal disastro.
Mentre lo ringraziava, Clare si chiese se quell’uomo non si aspettava una
ricompensa più tangibile. Indovinando i suoi pensieri, Lewis sorrise.
— Non occorre, signorina Morgan. Ha provveduto lord Kenyon. — Poi,
abbassò la voce. — Gli uomini sperano che adesso gestisca personalmente la
miniera. George Madoc non avrebbe dedicato tanto tempo all’opera di
salvataggio.
Con un sospiro Clare, già in preda allo sfinimento fin dal mattino, salì di
sopra e si mise a letto.

Si risvegliò che era già buio. Era ancora sfinita, ma con la mente chiara, e
si rendeva penosamente conto che non avrebbe più rivisto Owen.
La notte corrispondeva al suo stato d’animo. Una tempesta era in arrivo e
il vento sibilava tutt’attorno alla casa.
Incapace di sopportare la solitudine si alzò, si lavò il viso e scese in cerca
di Nicholas. Lo trovò nella biblioteca quasi in penombra, intento a cantare un
antico lamento. Si era fatto il bagno, era come al solito vestito di nero e
sembrava quasi normale, a parte un livido alla mandibola e il sangue che le
sue dita piagate lasciavano sulle corde dell’arpa. Sebbene le parole e l’aria
fossero gallesi, nella musica si inseriva un acuto dolore zingaresco.
In silenzio Clare attraversò la stanza e andò a mettere altro carbone sul
fuoco, poi si sedette in una poltrona e appoggiò la testa sullo schienale,
abbandonandosi alla musica.
Eseguito l’ultimo accordo, Nicholas le parlò con voce tesa. — Avrei dovuto
fare di più. Tu mi avevi detto quanto pericolosa fosse la miniera, ma io non
ho tenuto abbastanza conto dei tuoi avvertimenti. Per me si trattava
semplicemente di un altro gioco.
Sorpresa di quel rimprovero rivolto a se stesso, Clare lo fissò. — Hai
parlato con Michael e stavi cercando di fare del tuo meglio per revocare la
concessione. Cos’altro avresti potuto fare senza autorizzazione legale?
— Avrei potuto fare di più. È colpa mia se Owen è morto.
— Non biasimarti. Tutti quelli che lavoravano al suo filone sono morti.
— Ma Owen non era lì, era con me in fondo al pozzo Bychan, quando c’è
stata la prima esplosione e le gallerie hanno cominciato a crollare. La secchia
poteva contenere un uomo solo. Siccome lui aveva famiglia, gli ho detto di
andare per primo, ma invece di discutere mi ha colpito al mento e mi ha
buttato dentro la secchia. Ancora un minuto o due e se la sarebbe cavata, ma
non c’era abbastanza tempo… — Si era alzato ed era andato alla finestra,
respirando a fondo, come se cercasse di inghiottire la tempesta. — Se la mia
vita era stata pagata cento ghinee d’oro, quella di Owen era senza prezzo. Lui
sapeva costruire, sapeva cantare, sapeva ridere. Amava ed era amato.
Maledizione, perché lui e non io?
— Se si è sacrificato per te — gli fece notare Clare nel tentativo di
attenuare il suo tormento — è stato perché tu hai il potere di promuovere
cambiamenti importanti. Grazie a te, in futuro molte vite potranno essere
salvate.
— Non è abbastanza!
Con improvvisa violenza, Nicholas afferrò l’arpa e la scagliò dall’altra
parte della stanza. Un lampo balenò nel cielo notturno, illuminando l’arpa
infranta.
Il tuono riecheggiò nella valle, e Clare scosse il capo. — Smettila di
biasimarti. Tu non sei Dio!
— Da quello che vedo, neppure Dio è Dio — ribattei lui amaramente. — Ho
letto il libro di Giobbe e la divinità non ci fa una gran bella figura. — Andò al
caminetto e restò a fissare le braci. — Avrei dovuto agire prima. Se avessi
pensato agli uomini in pericolo tutto il tempo che ho dedicato all’idea di
portarti a letto, questo non sarebbe successo. Owen adesso sarebbe vivo, e
anche gli altri. Due delle vittime erano bambini, non più grandi di Huw
Wilkins.
— Se vuoi biasimare qualcuno, Madoc è la scelta ovvia. O Michael, che
aveva l’autorità ma l’ha ceduta a un avido mascalzone.
Nicholas sospirò. — Il gioco è finito, Clare. — Si volse a fissarla con
espressione implacabile. — Ti libero dal nostro patto. Torna a Penreith. Mi
atterrò alla mia parte dell’accordo e farò tutto quello che tu desideravi che
facessi per la valle. Ma da solo, senza farti del male più di quanto te ne abbia
fatto finora.
Lei lo fissò, pallida in volto, incapace di credere che la mandasse via in
maniera così arbitraria.
— Mi hai sentito? Vattene! Non devi più sopportare la mia profana
compagnia.
Per attenuare il suo senso di colpa, sentiva il bisogno di punire se stesso,
si rese conto Clare, e lo faceva mandandola via proprio nel momento in cui
aveva maggior bisogno di lei.
Il lampo tornò a balenare, e in quell’istante si rese conto con assoluta
certezza che amava Nicholas. Che l’aveva sempre amato. E seppe, con tutta se
stessa, che doveva restare.
— Fin dall’inizio hai detto che ti interessavano solo donne disponibili —
mormorò. Gli andò vicino, prese tra le proprie le sue mani ferite, gli baciò le
punta delle dita insanguinate, poi portò le loro mani congiunte al proprio
cuore. Alzando gli occhi a guardarlo, angui. — Adesso lo voglio.
— La compassione non è un valido pretesto, Clare.
— Io non ti sto offrendo compassione. Ti sto offrendo amicizia.
Nicholas chiuse gli occhi e inalò un tremante respiro. — Dovrei rifiutare,
ma non ci riesco, — Riaprì gli tocchi, abbassò la voce in un sussurro. — Dio
mi aiuti, ma non ce la faccio.
Lei si alzò sulle punte dei piedi e premette le labbra sulle sue, mossa dal
desiderio di assorbire il suo dolore e di trasformarlo con la forza dell’amore.
E questa volta non si sarebbe tirata indietro.
Nicholas la trasse a sé con forza tale che a stento lei riuscì a respirare.
Inginocchiandosi, le seppellì il volto i seni. Clare gli accarezzò i capelli
arruffati mentre Nicholas le passava le mani lungo il corpo, riplasmando le
curve delle anche e delle cosce. Poi la tirò in basso, in modo che si ritrovò in
ginocchio davanti a lui sul morbido tappeto orientale.
Fuori la pioggia scrosciava colpendo le finestre. La bocca di Nicholas
incontrò la sua, divorante, inebriante, come se tentasse di riempirsi della sua
essenza. Le sue abili dita erano all’opera dietro la schiena per sganciare i
nastri e i bottoni che le chiudevano l’abito. Inserì le proprie mani e le abbassò
il corpetto, in modo da poterle tastare i seni nudi.
Settimane di baci e giochi sensuali l’avevano sensibilizzata scatenando il
fuoco della passione. Desiderosa di sentire la carne di lui contro la propria,
Clare gli sfilò la camicia dai calzoni, gli passò i palmi su petto, gli sfiorò i
capezzoli, tirò più su la camicia e protese baciandogliene uno, che si indurì
sotto la sua lingua.
Nicholas emise un rauco suono di gola, si strappò la camicia e la gettò via.
Un vortice di sensazioni travolse Clare, e le sue dita frenetiche si
aggrapparono alle spalle di Nicholas.
Lui allora le sollevò la gonna al di sopra del ventre poi prese ad
accarezzarle la parte interna delle cosce salendo a esplorare le umide pieghe
nascoste. Clare accolse le sensazioni che la invadevano con un gride di
sorpresa, e fu come se il suo corpo acquistasse vita propria. E quasi pianse
quando lui si fermò.
Ci fu un fruscio di stoffe, il rumore di bottoni che saltavano, strappati
dall’impazienza.
Clare si tese quando Nicholas le si mise sopra aspettandosi dolore e
preparandosi a sopportarlo. M questa volta ci fu solo un istante di disagio,
seguito da una dolce, possente penetrazione che le riempì il corpo ma anche
il cuore.
Mettendole le mani d’ambo i lati della testa, Nicholas si spinse in lei, e il
movimento delle sue anche stabilì un ritmo che Clare riconobbe, sebbene
non le avesse mai provato. Era passione allo stato puro: un primordiale,
disperato bisogno di unione che travolse entrambi.
La bufera colpiva la casa con tutta la sua forza. Il tuono era ovunque,
attorno a lei, dentro di lei, trasformandola con forza irresistibile, e Clare non
seppe più dove cominciava e dove finiva, perché erano una persona sola,
insieme più forti di come ciascuno di loro potesse essere da solo.
Lui diede un’ultima, profonda spinta, lanciando un grido mentre tremava
dentro di lei. Il lampo balenò proprio sopra la casa, colmando la biblioteca di
un chiarore azzurrastro, e il tuono scosse le finestre. Un altro lampo tornò a
balenare, illuminando di luce ultraterrena il volto di Nicholas.
Era di una bellezza insopportabile, travolgente e Clare non sapeva, né le
importava saperlo, se era un Conte Demone o un Angelo Caduto, principe
della luce o principe delle tenebre. Importava soltanto che lei lo amasse, e
quella comunione di carne e spirito era l’atto più vero che mai avesse
compiuto.
26

Saziata la passione, rimasero in silenzio l’uno nelle braccia dell’altra di


fronte al fuoco. La tempesta si era calmata, il tuono era solo un distante
brontolio nella valle. Clare accarezzò la testa di Nicholas che le posava sul
seno. Non si era mai sentita così felice, così completa.
Stranamente, l’amore profano aveva cancellato la sua carenza spirituale.
O forse non era per niente strano. Sentendosi non amata dal suo padre
terreno, la sua anima assetata non era stata capace di accettale l’amore
divino. Dentro di sé non aveva avuto altro che il vuoto.
Ammettendo con se stessa che amava Nicholas gli aveva aperto le porte
del proprio cuore. Si sentiva rinata, viva come mai prima in vita sua. Nel
tentativo di trasformare il dolore di Nicholas aveva trasformato anche se
stessa. E aveva voglia di ridere pazzamente per la gioia che gliene veniva.
Il fuoco si era quasi spento e un soffio freddo penetrava dalla finestra
aperta. Neppure Nicholas bastava a riscaldarla, e prese a tremare. Lui si mise
a sedere e la guardò. Sebbene la sua espressione fosse pacata e piuttosto
distaccata, l’espressione angosciata era scomparsa.
Clare aprì la bocca per parlare, ma con un dito lui le toccò le labbra per
farla tacere. Si alzò in piedi, le porse gli indumenti sparsi qua e là e indossò i
propri. Andò a chiudere la finestra e le tende, spense l’unica lampada
languente, poi si chinò, la sollevò fra le braccia e la portò fuori dalla
biblioteca, senza lasciarsi traccia di ciò che era accaduto tra loro.
Una volta in camera la depose sul suo letto, 1a spogliò e la mise sotto le
coltri. Clare si aspettava che se ne andasse, ma con sua sorpresa udì la chiave
girare nella serratura, e lui la raggiunse nel letto. Quando la prese tra le
braccia, Clare scoprì che non provava vergogna ad aderire col suo nudo corpo
a quello di lui.
La mente chiara e l’animo in pace, si addormentò.

Fu svegliata dal rumore di qualcuno che tentava la maniglia. Era primo


mattino, quindi doveva essere Polly che le portava il tè. Insistette per un po’,
quindi, avendo intuito qualcosa, rinunciò e se ne andò. Grazie al cielo non era
nativa della valle, ed era anche discreta, se aveva capito che non aveva
dormito da sola avrebbe tenuto la lingua a freno.
Clare allungò un braccio e scoprì di essere sola nel letto. Si alzò a sedere e
lo vide accanto alla finestra, le braccia conserte, intento a guardare la valle.
Era gloriosamente nudo, e la sua pelle splendeva come bronzo caldo nella
pallida luce dell’alba.
Vedendola muoversi, si voltò e i loro sguardi si in contrarono. Nella sua
espressione, lei non lesse il disperato senso di colpa della notte precedente né
la furiosa rabbia di cui a volte era preda. Ma neppure la giocosa disponibilità
che tanto amava. Sembrava… deciso? Rassegnato?
Con voce esitante gli rivolse la parola. — Come ti senti stamattina?
Lui alzò le spalle. — Non meno colpevole, ma assai meno disperato.
Sopravvivrò. E tu mi sembri straordinariamente tranquilla per essere la figlia
rovinata di un predicatore.
Rendendosi conto che, a parte i lunghi capelli, era nuda come una
neonata, Clare si tirò il lenzuolo a coprirsi i seni.
— Un po’ tardi per il pudore.
Con aria di sfida, lei lasciò cadere il lenzuolo all’altezza della vita e si gettò
i capelli sulle spalle, e la compostezza di Nicholas svanì e il suo respiro
accelerò. Poi, con palese sforzo, alzò gli occhi sul suo volto. — È che
dobbiamo sposarci. E prima sarà, meglio sarà. Oggi stesso farò chiedere a
Londra una licenza speciale.
— Matrimonio? Di cosa stai parlando?
— Direi che è ovvio — rispose lui deciso. — Unione Regale. Marito e
moglie. Finché morte non ci separi.
— Co… cosa? — balbettò lei. — Avevi giurato che non avresti mai avuto
un’altra moglie. E adesso perché vuoi sposare me?
— Per una ragione molto elementare. Può darsi che tu sia incinta di mio
figlio.
— Una volta mi hai detto che ci sono modi per impedirlo.
— Ci sono, ma ieri notte non ci ho pensato.
— Forse è possibile che io sia incinta — ammise Clare — Ma ci sono
altrettante probabilità che non sia così. Sarebbe più saggio aspettare e stare a
vedere.
— Possono passare settimane prima che tu lo sappia con certezza. Vorresti
forse un settimino? E che tutti a Penreith sappiano che hai dovuto sposarti
per forza? Io ti ho resa vulnerabile, e c’è un unico modo per porvi rimedio.
— Ma allora perché eri tanto contrario al matrimonio?
— La grande aspirazione del vecchio conte era di avere chi gli succedesse
ad Aberdare, e il mio rifiuto di mettere al mondo un erede legittimo era il mio
modo di torturarlo. Siccome ormai non può più imporrargli se ci sarà un
sesto conte di Aberdare, quella vecchia vendetta non ha più senso.
Nicholas si volse a guardarla ancora, e siccome si stagliava contro il sole
del mattino, Clare non fu in grado di leggere la sua espressione.
— La mia responsabilità nei tuoi confronti deve avere la meglio sulla mia
insensata vendetta. E dunque, matrimonio.
Non c’era nulla che lei desiderasse di più che essere la moglie di Nicholas,
ma prima di quel mattino l’idei era stata letteralmente impensabile. Si chiese
se sua decisione di sposarla non fosse un modo di espiare il suo senso di
colpa per la morte di Owen.
— Dal momento del nostro accordo, tu hai fatto del tuo meglio per
sedurmi — disse Clare. — E non riesco a capire perché il fatto di esserci
riuscito abbia prodotto un così improvviso cambiamento.
Lo sguardo di lui divenne ironico. — Io non ti ho sedotto. Esattamente il
contrario, direi.
Clare arrossì. — Non volevo intrappolarti per costringerti al matrimonio.
— Lo so. Tu mi hai dato un grande dono, e l’hai fatto con il più generoso
dei moventi. Ma accettarlo imponeva certi obblighi, e i miei io li ho sempre
onorati.
Clare dovette reprimere un involontario brivido — Ragione troppo fredda
per un matrimonio.
— Oh, non è l’unica. Per esempio, adesso che ho finalmente avuto
perfidamente la meglio su di te, voglio farlo ancora. Spesso. — Siccome lei
esitava, Nicholas sorrise. — Vedo che hai bisogno di essere persuasa.
In due passi fu accanto al letto. E prima che lei riuscisse a riprendere
fiato, era sulla schiena e lui la baciava, con una mano scompigliandole i
capelli e con l’altra accarezzandole il seno. E siccome lei dava segno di
arrendersi, rialzò la testa e la scrutò.
— Hai esigenze particolari per il matrimonio? Uno semplice sarebbe la
soluzione migliore, ma bisogna farlo come si deve.
— Io… non ho detto che ti sposerò.
— Perché no? — chiese Nicholas con asprezza. — Mi sembra che non ti
dispiaccia fare l’amore con me. Naturalmente, ci sono donne che vanno a
letto con uomini che sotto il profilo sociale non saluterebbero neppure, se li
incontrassero per strada.
— Non essere ridicolo. Stai rivoltando la frittata. I conti non sposano
maestrine di villaggio.
— Esattamente come i figli dei conti non sposano ragazze zingare? Tuo
padre era un pastore, un figlio della gentry, la piccola nobiltà, e tua madre di
rispettabilissima ascendenza yèoman, piccoli proprietari terrieri. Devi
assolutamente sposarmi, Clare. Devi dare un nome al tuo bambino ancora
non nato.
— Non sono affatto convinta dell’esistenza di un bambino non nato.
— Dovresti esserlo. Siamo sul punto di raddoppiare le probabilità del suo
concepimento.
— Smettila. Non credo che lo farai. — Clare gli afferrò la mano e la
immobilizzò. — Non posso accettare il fatto che tu mi sposeresti senza amore.
— Clare. Voglio farlo a occhi aperti, non ho intenzione di punirti per una
situazione che è stata opera mia.
— Ma c’è qualcosa d’altro. Ho sentito dire che sei stato infedele, con la tua
prima moglie. È vero?
Lui si incupì. — È vero.
— So che gli aristocratici la pensano in maniera diversa a questo
proposito, ma io non sono un’aristocratica, e non lo tollererei.
— Ti propongo un altro accordo. Io ti sarò fedele finché tu sarai fedele a
me.
Lei provò un enorme sollievo. — Se vuoi che accetti questo patto, sei
destinato a vivere una vita lunga e monotona, signor mio, perché io mai mi
darò a un altro uomo.
— Monotona? Con te? Non credo proprio. Significa che accetti la mia
proposta?
— Sì, con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Lui scese dal letto, andò alla scrivania, frugò nel cassetto, e ne tornò con
un temperino che Clare riconobbe. Sorpresa, lo vide ferirsi il polso con la
lama affilata. Una goccia rossa si formò sulla sua pelle scura seguita da
un’altra. Indovinando quello che aveva intenzione di fare, si sforzò di non
trasalire quando Nicholas le praticò una incisione simile sul polso. Poi
appoggiò il proprio polso al suo, in modo che il sangue di entrambi si
mescolasse.
— Sangue al sangue. Il patto è stretto, moglie.
— Cos’è? Un rito zingaro?
— Uno dei molti. I rom ne inventano di continuo. E siccome sei stata
costretta a venire ad Aberdare, possiamo considerarlo un ratto. E adesso
possiamo procedere alla consumazione?
— Con grande gioia, marito.
Mentre la baciava, Nicholas pensò vagamente alle molte sorprese che la
vita sempre riservava. La sua esistenza di inquieta libertà era stata sostituita
dalla prospettiva di un’esistenza più convenzionale, famiglia e casa.
Questa volta non avrebbe fatto l’amore in maniera rapida e incosciente
come la notte prima. Questa volta avrebbe fatto ricorso a tutta la sua abilità
per dimostrarle che cosa poteva essere la passione.
— Stai sdraiata e rilassati — le disse. — La notte scorsa è stata una sinossi.
Questa sarà una versione integrale.
Mentre le succhiava il seno, la sua carne ardente scivolò voluttuosamente
contro di lei. Clare aprì gli occhi. — A… desso?
— Non ancora.
E continuando a lavorare con le mani, le labbra e la lingua, lui prese a far
oscillare le anche con sfacciata carnalità. Poi, sostenendosi sulle braccia,
prese a sferrare lunghi colpi, accarezzandola con tutta la lunghezza della sua
asta.
Le mani di lei gli afferrarono le braccia artigliandole con le unghie e la
bocca si aprì a inspirare grandi sorsate d’aria.
Nicholas avrebbe voluto rallentare il ritmo, ma all’improvviso si trovò ad
affondare in una carne cedevole, seducente. Poi rimase immobile, con i
muscoli tesi, tentando di trattenersi, ma lei premette il pube contro il suo e fu
perduto. Le scivolò più dentro ancora, e il corpo di Clare lo avvolse come
calda, umida seta.
Dapprima si mosse lentamente fino a essere certo che quel corpo di
donna lo accogliesse senza riserve. Poi prese un ritmo sempre più rapido, e
quando lei gridò, la avvolse tra le braccia affondandole il viso nella curva
della spalla.
Rimasero allacciati in una confusione di membra sudate e odori intimi,
entrambi tremanti.
— Adesso capisco — disse lei. — Capisco perché le religioni rivelate sono
contrarie ai congressi carnali. Rischiano di far dimenticare Dio, perché è
difficile immaginare che il cielo possa offrire qualcosa di più.
— Mi sembra una bestemmia.
— Molto probabilmente lo è, ma comincio a capire perché eri così accanito
nella seduzione. La passione è meravigliosa, vero?
— Sì, anche se non sempre così meravigliosa. La prima volta che sei
venuta ad Aberdare ho capito subito che saresti stata una straordinaria
compagna di letto.
— Pensavo che volessi sbarazzarti di me.
— Volevo anche questo.
Lei alzò il braccio a baciare il taglietto che Nicholas le aveva fatto con il
temperino. — Sebbene la cerimonia nuziale sia di là da venire, mi sento molto
sposata.
— Bene, perché d’ora in poi ho intenzione di unirmi a te ogni notte.
Tuttavia, per rispetto a quello che resta della tua reputazione vacillante, verrò
e me ne andrò con discrezione.
— Ti ringrazio. Senza dubbio è sciocco da parte mia curarmi di ciò che gli
altri dicono ma così è.
— Dal momento che siamo destinati a vivere nella valle per il resto dei
nostri giorni, la discrezione non è fuori posto. Oggi stesso scriverò a Lucien
per chiedergli di farsi rilasciare una licenza speciale. La cerimonia potrebbe
aver luogo tra una settimana.
Fu una corrente di fuoco vivente quella che riempì il cuore di Clare. Erano
la pace e la gioia divina che suo padre aveva conosciuto quotidianamente e
che voleva diffondere. Si rese conto che il vecchio predicatore aveva capito la
debolezza della figlia e pregava per la sua salvezza. Adesso era come se fosse
lì, venuto per partecipare al suo risveglio.
La presenza di suo padre si attenuò pochi istanti dopo. Clare ne sorrise:
nell’aldilà, lui si dava da fare per aiutare i meno fortunati, ma lei non provava
più risentimento.
Perché era l’amore che le aveva indicato la strada da seguire.
27

Clare era a tal punto immersa nelle sue meditazioni che non si avvide che
Polly era entrata e aveva lasciato una teiera e una brocca d’acqua fumante. Si
alzò, si lavò, si vestì in fretta e scese a fare colazione, passando prima per la
biblioteca.
Si inginocchiò accanto ai resti dell’arpa di Nicholas, che entrò mentre lei
stava esaminandola.
— Molti dei bischeri si sono staccati, e la cassa sfondata, ma mi pare che
possa essere riaggiustata — gli disse in tono esitante.
— Hai ragione. Non c’è danno che non possa essere riparato. Ne sono
contento. Tarn era un grande artista, e distruggere la sua opera sarebbe stato
un sacrilegio.
— Per fortuna l’arpa era solidamente costruita. Guarda che buco ha fatto
nella parete. L’altra notte, ho avuto l’impressione che volessi distruggere la
musica dentro di te. Spero che tu non ci sia riuscito.
— Suppongo che fosse la mia intenzione, anche se l’idea non era così
chiara. Fosse dovrei scrivere una canzone sull’esplosione della miniera, per
commemorare i morti secondo l’antica tradizione celta.
— Scrivila, ti prego. E ripetila al prossimo festival di canto e poesia. Farà
molto piacere a tutti gli abitanti della valle.
Nel frattempo era entrato Williams con un ragazzo ansimante al suo
fianco. Clare si alzò in piedi, riconoscendo Trevor Morris, il primogenito di
Marged.
— Tua madre ha bisogno di me? — gli chiese.
— No, signorina Morgan. Ho una notizia meravigliosa. Il mio pa è vivo!
L’hanno trovato stamani. La mamma mi ha mandato a dirvelo non appena
l’hanno portato a casa.
— Grazie a Dio! — gridò Clare, ma ancora più forte risuonò l’alleluia di
Nicholas.
— Williams, fate venire il calesse! Trevor può raccontarci com’è andata
mentre andiamo al villaggio.
Pochi minuti dopo correvano a Penreith a velocità pericolosa, e intanto
Trevor non smetteva di raccontare. — L’esplosione ha scaraventato papà in
uno dei tunnel più vecchi. Si è rotto una gamba ed è rimasto a lungo in stato
di incoscienza, e quando si è ripreso si è ricordato di essere nei pressi di una
delle imboccature della miniera.
— Uno dei vecchi tunnel di drenaggio?
— Sì. Ha dovuto farsi strada attraverso un soffitto crollato per arrivarci,
ma quando l’ha raggiunto ha scoperto che l’esplosione aveva fatto scendere il
livello dell’acqua, per cui c’era aria. La notte scorsa si è strisciato fuori e
stamattina un pastore l’ha trovato.
— Un miracolo — mormorò Clare.
— È quello che dice mia madre.
— E come se la cavano le famiglie degli uomini che sono morti? — chiese
Nicholas.
— Ci sono due società di mutuo soccorso — gli spiegò Clare. — La gente
versa ogni settimana qualcosa, sicché ce n’è abbastanza per soccorrere quelli
nei guai.
— L’orgoglio gallese si ribellerà se contribuisco anch’io?
— Sono certa che nessuno avrà da ridire.
La porta del cottage fu spalancata da Marged. Aveva gli occhi pesti, ma la
gioia dilagava nel suo sorriso. A voce bassa, per non svegliare Owen che
dormiva, ripeté quel che aveva detto Trevor.
— Ci sono altre buone notizie — soggiunse. — Due uomini sono stati
trovati vivi in una sacca d’aria — Ne disse i nomi. Clare aveva insegnato ai
bambini di entrambi. — A quanto sembra, lord Kenyon non è rimasto
soddisfatto dalla situazione che ha trovato e ha intenzione di assumere
personalmente la gestione.
— E Madoc? — chiese subito Nicholas.
Marged sorrise soddisfatta. — Sua Signoria in pubblico non ha detto una
parola contro di lui, ma ha fatto sapere chiaramente che è diventato un
semplice sovrintendente, e tale resterà, a patto che esegua gli ordini del
padrone. Sua Signoria ha messo tutti gli uomini a sostituire i puntelli nelle
gallerie superstiti. E dicono che ha anche ordinato una nuova pompa Watts e
un nuovo montacarichi.
— Grazie al cielo! — esclamò Clare. — Con un po’ di fortuna, alla miniera
non succederanno più disastri come questo.
— Se Owen è sveglio posso parlargli? — disse Nicholas.
Marged salì di sopra e tornò poco dopo, annunciando che Owen era
sveglio e che l’avrebbe visto volentieri.
— Marged, vuoi unirti a me in una preghiera di ringraziamento? — disse
Clare.
— Non ho mai pensato che tu somigliassi a tuo padre, ma per un istante
mi sei sembrata tale e quale a lui. Te ne sono grata.
Mentre le due donne si inginocchiavano, Nicholas, andò da Owen. Era
pallido e la sua gamba sinistra era ingessata, ma aveva un’aria tranquilla. In
silenzio gli tese la mano. Nicholas gliela strinse con calore, e si inginocchiò al
suo capezzale. — Grazie a Dio stai bene — disse. — Non credevo che riuscissi
a sopravvivere a quell’esplosione. E dopo tre giorni intrappolato sottoterra…
— Penso che non fosse ancora giunta la mia ora — rispose Owen con voce
un po’ rauca. — Per fortuna, mi sono ritrovato vicino all’accesso.
— Sì, ma essere riuscito a orizzontarti in un labirinto di tunnel, nel buio
totale, con una gamba rotta, è stata un’impresa straordinaria.
— Ne avevo buoni motivi.
— Perché mi hai fatto salire per primo? Tu hai famiglia, e c’è più bisogno
di te che di me.
— Sapevo che se fossi morto sarei andato direttamente in cielo, ma avevo
seri dubbi nei tuoi confronti.
Nicholas scoppiò a ridere. — Avevi perfettamente ragione. Se il paradiso e
l’inferno esistessero davvero, a quest’ora starei friggendo come un uovo.
— Assai probabile. Ma adesso avrai tempo per cambiare il tuo modo di
vivere, anche se dubito che tu abbia mai riflettuto sulle condizioni della tua
anima.
— Hai ancora una volta ragione. Clare ha avuto un effetto positivo, però.
Ci sposiamo tra una settimana. Sei il primo a saperlo.
— Questa sì che è bella… La nostra Clare una contessa! — mormorò Owen
compiaciuto. — Non avresti potuto fare scelta migliore.
Rendendosi conto che l’amico era stanco, Nicholas si alzò. — Se a quel
punto sarai in piedi, forse potrai farle da testimone.
— Con le grucce?
— Saremmo felici di averti con noi anche su una sedia a rotelle.
Mentre tornavano ad Aberdare, Clare guardò Nicholas sorridendo. — Se tu
avessi saputo che Owen era vivo l’altra notte non sarebbe successo niente, e
oggi non ti troveresti con una condanna di matrimonio a vita.
Lui alzò le spalle. — Forse era destino che succedesse. Ormai è fatta. E
come forse hai indovinato, nei rom c’è una buona dose di fatalismo.
— Sempre che tu ne sia contento.
— A quanto sembra, Michael ha preso sul serio ciò che gli ho detto a
Londra. Adesso si è reso personalmente conto della situazione e quindi non
occorre più che io revochi la concessione.
— Ammetto di essere colpita. A quanto sembra, ha messo la testa a posto,
e adesso tu avrai tempo di dedicarti alla cava di ardesia.
— Ti andrebbe di trascorrere la luna di miele andando a cavallo alle cave
di Penrhyn? Noi due soltanto, montagne, narcisi, notti romantiche sotto le
stelle…
Lei gli regalò un sorriso tale che a Nicholas venne voglia di fermare il
calesse e trascinarla tra i cespugli.
E dopo un’attenta riflessione, fu proprio ciò che fece.
La settimana successiva fu un vortice di attività. Le nozze non richiesero
molti preparativi perché avevano deciso per una piccola cerimonia ad
Aberdare. Non appena si diffuse la notizia del fidanzamento non mancarono
quelli che ne diedero giudizio negativo, ma il matrimonio era comunque una
notizia che passava in second’ordine rispetto all’esplosione.
Più preoccupante era l’atteggiamento di Nicholas. Era pieno di attenzioni,
e con ogni evidenza fare l’amore con lei lo deliziava, ma Clare aveva
l’impressione che come amanti fossero meno intimi di prima, quand’erano
avversari, come se a compensazione della loro maggiore vicinanza fisica lui si
stesse ritraendo, dal punto di vista emotivo.
Il quinto giorno dopo il loro fidanzamento, tornata ad Aberdare dopo aver
assistito ai funerali dei minatori, fu avvertita da Williams che c’era un
visitatore.
— Il conte di Strathmore è in salotto. È arrivato due ore fa.
— Ah. E il conte non è ancora tornato da Swansea?
— No, signorina.
Clare lo trovò con un libro in mano e, accanto il vassoio del tè. — Lucien,
che sorpresa! Nicholas non mi ha detto che ti aspettava.
— Ho deciso di portare di persona la licenza speciale, e lui non poteva
ignorare che non intendevo perdermi il suo matrimonio. Ogni sposo ha
bisogno di un amico al suo fianco. Purtroppo Rafe non ha potuto: è
impegnato alla Camera dei Lord per non so per quale dibattito. Tuttavia, mi
ha ordinato di baciare la sposa per conto suo.
— Ma non sono ancora una sposa.
Dopo averla comunque baciata sulla guancia, Lucien disse con aria
placida. — Vuol dire che ti bacerò di nuovo il giorno delle nozze. Sempre che
Nicholas non trovi da obiettare.
— Intanto, ti piacerebbe passeggiare in giardino? — propose lei. — È una
perfetta giornata di maggio.
— Se ben ricordo il Galles, sarà meglio uscire subito, perché c’è sempre il
rischio che si metta a piovere da un momento all’altro.
Il sole splendeva ancora quando uscirono nel patio selciato. Un pavone si
esibiva spalancando la coda.
— Che belle creature — commentò Lucien. — Ma straordinariamente
stupide. Un chiaro esempio della maledizione della bellezza.
Clare rise. — Ma tu e gli altri tuoi amici Angeli Caduti siete tutti, belli e
nessuno di voi sembra stupido.
— Vero, ma non siamo diventati amici grazie al nostro aspetto. Piuttosto,
forse perché nessuno di noi desiderava fare il leader.
— Avrei supposto che foste tutti leader naturali, e che ciascuno di voi
fosse a capo di schiere adoranti.
— Ma Rafe disprezza i leccapiedi, anche se, quale erede di un ducato, li
attirava come un cavallo attira le mosche. Quanto a Nicholas, era troppo
zingaro, e Michael penso che preferisse dar prova di sé tra uguali.
— E tu? — chiese Clare, incuriosita da quell’analisi.
— Io? Come Nicholas. Non mi piace prendere ordini. E non mi va la
visibilità che si accompagna all’egemonia.
— Uno spione nato, insomma.
— Purtroppo sì. Ma abbassa la voce, quei pavoni potrebbero essere agenti
francesi. Ma poi, cambiando argomento, ti preoccupa l’idea che lui si stia
sposando per senso di responsabilità?
— Un pochino. In origine, quando abbiamo fatto il nostro patto, io ero
un’estranea, e per lui era facile minacciare di rovinarmi. Ma quando mi ha
conosciuto meglio, penso che si sia sentito in colpa, e la sua proposta ne è il
risultato.
— Non ho mai pensato che Nicholas abbia fatto qualcosa che non
desiderasse davvero fare. Come il vecchio conte ha imparato a sue spese.
— Che tipo era il nonno di Nicholas? Non ho avuto modo di conoscerlo.
— Un uomo difficile. Nei confronti di Nicholas, aveva un atteggiamento
assai complesso, ma l’affetto era escluso dal novero. Con lui Nicholas era
cortese, però sempre in grado di… non essere mai presente. Questo senza
dubbio mandava in bestia suo nonno.
In quella, una femmina di pavone prese a striderei dal suo posatoio su un
albero vicino.
— Perlomeno i maschi sono decorativi — osservò Clare. — Ma il verso
delle femmine mi porta a desiderare una fricassea di pavona. Ho sempre
pensato che i pavoni d’ambo i sessi fossero eleganti e aristocratici, ma
evidentemente non sono che fagiani esaltati e rumorosi. Che delusione.
— Questo vale anche per il lustro dell’aristocrazia. E parlare di fagiani mi
fa tornare alla mente la prima moglie di Nicholas.
— Cosa pensi di lei?
— Non vorrei dirlo ma… lo faccio. È utile, per una seconda moglie avere
una certa conoscenza di quella che l’ha preceduta. Era molto bella,
naturalmente, e consapevole di esserlo. Comunque a me non è mai annidata
a genio. In lei c’era una vena di freddezza che trovavo repellente. È
un’opinione di minoranza, questa. Moltissimi uomini si sarebbero gettati ai
suoi piedi, se era questo che l’Incomparabile Caroline desiderava.
Clare si chiese quali problemi fossero insorti in quel matrimonio. —
L’amava abbastanza per sposarla — si decise a dire.
— Non era amore. Come forse saprai, si trattava di un matrimonio
combinato. Nicholas non ne era convinto, ma ha acconsentito a conoscere
lady Caroline, e ne è rimasto piacevolmente sorpreso. Il vecchio conte era
abbastanza intelligente per sapere che, se la ragazza fosse stata poco
attraente, Nicholas non avrebbe collaborato.
— E i problemi sono nati fin dall’inizio?
— Per essere un matrimonio combinato, sembrava più promettente di
tanti altri. Ma dopo qualche mese… — Lucien. alzò le spalle. — Qualcosa è
andato storto, ma non so esattamente cosa. Nicholas ha mandato Caroline ad
Aberdare e lui è rimasto a Londra.
— E si è dato alla deboscia.
— Temo di sì. Non che io sia contrario alla deboscia, ma non sembrava che
Nicholas ne fosse soddisfatto. Poi c’è stata quella spaventosa faccenda qui ad
Aberdare e lui ha lasciato il paese.
— Vorrei conoscere di più Nicholas. A volte ho gl’impressione che stia
recitando e di essere arrivata al secondo atto, costretta a immaginare quello
che è successo prima.
— È tipico di tutte le amicizie umane, ed è questo che le rende
interessanti.
— A proposito di amicizie, hai saputo che Michael ora vive nella sua casa
sull’altro versante della valle?
— Lo ignoravo. Ci sono stati guai?
— Il giorno dopo il ritorno di Michael a Penreith una pallottola ha quasi
colpito Nicholas mentre eravamo a cavallo. Ho temuto che a sparare fosse
state Michael, ma Nicholas ha insistito che doveva essere un cacciatore di
frodo.
— Ci sono stati altri incidenti del genere?
— No, che io sappia. E adesso Michael è molto occupato — rispose Clare, e
gli parlò dell’esplosione della miniera e delle iniziative prese da Kenyon.
— Si direbbe che abbia ritrovato l’equilibrio. Se è venuto qui, è stato per
badare ai suoi interessi, non per ostilità verso Nicholas.
— Lo spero, ma visto che ne parliamo, mi piacerebbe conoscere i suoi
aspetti positivi.
— Coraggio, intelligenza, onestà — rispose subito Lucien. — Uno sa
sempre come stanno le cose con lui. Ed è sempre stato assolutamente leale
nei confronti degli amici.
— Non in quelli di Nicholas.
— Già… e mi piacerebbe sapere perché. Comunque, si direbbe che adesso
vada meglio.
— Lo spero, perché siamo destinati a essere vicini di casa. Hai intenzione
di fargli visita, visto che sei nella valle?
— Penso di sì.
Proprio in quella apparve Nicholas, e mentre i due uomini si salutavano,
Clare si rammentò di come lei era apparso minaccioso Michael al ballo del
duca di Candover. Voleva credere che non costituisse più un pericolo, ma le
riusciva difficile pensare che la sua ostilità fosse scomparsa del tutto.

Quella notte Nicholas raggiunse Clare a tarda ora.


Svegliata dal sonno, lei trasalì. — Chi è?
— Chi diavolo ti aspettavi che fosse? — ribatté lui in tono gelido.
La mente di Clare si schiarì all’istante. — Stavo scherzando, Nicholas.
— Scherzo di cattivo gusto.
Lei si protese e gli mise le braccia attorno alle spalle rigide. — Non occorre
essere un genio per indovinare che Caroline ti è stata infedele. E suppongo
che sia stata questa la ragione del tuo adulterio. A me non potrebbe neppure
venire l’idea di fare all’amore con un altro uomo.
— Hai indovinato. La mia nobile prima moglie era una baldracca. Ed è
inutile parlarne.
— Ho cose migliori alle quali pensare. Per esempio…
Lui ridacchiò. — Vedo che impari molto rapidamente. È giunto il
momento di passare a una lezione più avanzata. — E con la rapidità di un
felino le si gettò sopra, mettendosi a fare cose che la lasciarono sbalordita.
Per qualche istante, la distanza che aveva sentito in lui fu bruciata dal
fuoco della passione, e furono pienamente intimi, corpo e anima.
Ma prima di sprofondare nel sonno si sorprese a sperare che il fuoco e il
gelo dell’inferno esistessero davvero, e che Caroline Davies, figlia di un duca
e moglie infedele, fosse laggiù.

Michael Kenyon stava lavorando nel suo studio quando il domestico che
fungeva da maggiordomo, oltre che da valletto, gli annunciò che il conte di
Strathmore chiedeva di essere ricevuto. Michael esitò, preso dal desiderio di
rivedere un vecchio amico e dal ricordo che a Londra Lucien si era schierato
con Aberdare. — Dite a lord Strathmore che oggi non ricevo.
Tentò di rimettersi al lavoro, ma non riuscì a concentrarsi sui suoi conti.
Irritato, mise da parte il libro mastro e andò alla finestra a guardare la valle.
Vide Lucien che si allontanava a cavallo e serrò le labbra. Doveva essere
venuto per le nozze di Nicholas, che a quanto sembrava stava per sposare la
sua amante, quella femmina con cui era venuto a Londra. La ricordava come
una donna abbastanza attraente, in apparenza sensibile, ma lontanissima
dalla donna che l’aveva preceduta.
Si sentì stringere lo stomaco e volse lo sguardo alla miniera, appena
visibile in distanza. Era venuto a Penreith con uno scopo preciso, e a causa
del disastro era ancora lontano dal compiere ciò che aveva in animo.
Probabilmente Aberdare aveva ragione nell’affermare che Madoc era
dedito alle malversazioni, anche se Michael non aveva ancora trovato la
prova. E, comunque, se si era rivelato avido, era stato lui stesso a offrirgliene
l’occasione, disinteressandosi alla miniera.
Del resto, aveva in mente cose ben più importanti. Al più presto doveva
risolvere l’orribile dilemma che l’aveva riportato a Penreith. E per quanto
penoso fosse, giustizia doveva essere fatta.
28

Clare divenne la contessa di Aberdare. Si sposò con indosso un abito


semplice ed elegante, color crema, in mano un mazzolino di fiori primaverili.
Marged era al suo fianco e Owen l’accompagnò all’altare reggendosi sulle
stampelle.
Clare aveva invitato gli altri membri della Cappella, e tutti erano venuti a
porgerle le loro felicitazioni, gli occhi pieni di curiosità. Nicholas fu quanto
mai affascinante, e persino Edith Wickes parve convinta che avesse
rinunciato alle sue deplorevoli abitudini per amore di una donna buona.
Lucien, che doveva tornare al più presto a Londra, se ne andò subito dopo
il pranzo, che durò fino al primo pomeriggio. Clare lo abbracciò
affettuosamente, sospettando che fosse venuto a Penreith soprattutto per
dimostrare che gli amici benestanti di Nicholas erano favorevoli a un
matrimonio che gran parte della buona società avrebbe considerato una
mésalliance.
Andati via gli ospiti, Nicholas prese per mano Clare — Ho qualcosa da
mostrarti. È stato installato ieri mentre eri fuori.
Quando la portò nella sala da biliardo, lei spalancò gli occhi. — Il tavolo ha
la nuova lastra di ardesia? — Passò i palmi sulla liscia superficie verde, senza
trovare nessuna asperità.
— Ho anticipato la vendita di una grossa partita di ardesia proprio per
questa ragione. Ma pensavo che occorressero dieci uomini per sistemare la
lastra, e il falegname ha dovuto rafforzare il telaio per reggerne dipeso.
— Vuoi che la proviamo subito con una partita nuziale? — gli propose lei
sorridendo.
— Io ho in mente un gioco, in effetti, ma non è il biliardo.
— Nicholas, è pieno pomeriggio! E se venisse qualcuno?
— I domestici stanno tutti bevendo champagne nel loro tinello. E tu hai
dimenticato che il giorno che siamo tornati da Penreith era pomeriggio. E che
tre giorni fa, nel fienile…
— Quella non era una cosa premeditata come questa.
Le sopracciglia di Nicholas si alzarono a formare un diabolico arco. —
Sostieni che quelle occasioni non erano premeditate? E allora perché hai
voluto seguirmi sulla scala del fienile e hai messo la mano sul mio…
Ridendo, lei lo interruppe. — Per piacere! Devi proprio ricordarmi quanto
debole sia la mia volontà?
Forse i bicchieri di champagne che aveva bevuto non erano due, ma tre o
quattro. Con grazia sedette sull’orlo di una sedia, alzò l’orlo della gonna e si
liberò delle scarpine. Poi alzò il piede e con una mossa languida si sfilò una
calza, avendo cura di lasciargli vedere l’interno della coscia. Un gesto molto
simile a quello che aveva fatto a Londra, mai questa volta il gioco avrebbe
avuto una conclusione diversa. Gettò la calza a Nicholas.
— Tocca a te, mio signore.
Lui afferrò la seta e ne inalò il profumo. — Fragranza di lillà e di Clare. —
sentenziò, e si tolse la marsina con una scossa delle spalle muscolose.
Poi fu ancora il turno di lei. Un indumento dopo l’altro, lentamente si
spogliarono, toccandosi soltanto con sguardi ardenti. Era come una danza
esotica, insieme sensuale ed erotica.
Quando fu il momento di togliersi il reggiseno, Clare lasciò fare a lui e
Nicholas, che si muoveva sempre con assoluta sicurezza, si mostrò per un
istante goffo, con mani che scivolavano verso curve che non c’entravano
nulla con i lacci.
Poi si tolse le mutande, mostrandosi in tutta la sua rigogliosa mascolinità.
E fu la volta della biancheria intima di lei.
Quando Nicholas avanzò verso di lei, Clare alzò la mano per fermarlo. Si
mise a sedere sull’orlo del tavolo, incrociando le gambe, quindi lei si tolse le
forcine dai capelli che le spiovvero sulle spalle e sui seni come seta scura.
L’effetto fu esplosivo. Nicholas la rovesciò sul panno verde del biliardo e
completarono ciò che a Londra avevano lasciato dolorosamente a metà.
Dopo, giacquero l’uno nelle braccia dell’altra, licenziosamente soddisfatti.
— Ci sarebbe molto da ridire sulle consumazioni prematrimoniali: rendono
assai più piacevole il giorno delle nozze — mormorò lui.
— Un’idea davvero sovversiva, di quelle che conferiscono a un uomo una
reputazione da libertino — disse Clare con una risatina. — Avevi ragione fin
dal principio dicendo che, se io avessi perduto, entrambi avremmo vinto.
— Se fossi stata innamorata di me, non ti saresti comportata come hai
fatto quando sei venuta a chiedermi di sostenere i tuoi progetti.
— Non ho mai ritenuto che fosse amore, e come sarebbe stato concepibile
tra l’erede di una contea e la figlia di un predicatore dissidente? Ma tu sei
sempre stato nella mia mente… e anche nel mio cuore, sebbene non lo
ammettessi neanche con me stessa.
Lui rimase in silenzio, con le mani inquiete che le accarezzavano la
schiena e le natiche. Sembrava essersi nuovamente ritratto, e lei si rese conto
che per Nicholas l’amore era un fardello che non aveva avuto intenzione di
reggere.
Lei gli posò la testa sulla palla in preda a una lieve malinconia. — Mi
dispiace, non avrei dovuto dirlo. Sembrerebbe che da parte mia ci sia stato
uno spaventoso calcolo. Ma non era così.
— Hai ragione, non avresti dovuto dirmelo. Diffido delle persone che
dicono di amarmi. Sono parole che spesso vengono usate come un’arma.
Preferisco fidarmi di chi fa meno sfoggio della sua devozione.
Clare suppose che intendesse riferirsi ad amici come Lucien e Rafe. E chi
erano quelli che gli avevano dichiarato apertamente il loro amore? Sua
madre? Suo nonno? Sua moglie? Erano quelli che più l’avevano tradito.
— Dimentica quello che ho detto. Ti ho sposato per dare un nome al
nostro ipotetico figlio, per avere un socio al biliardo, e perché un marito è una
cosa molto utile, durante un inverno gallese. La fiducia non c’entra.
— Per quello che vale, mi fido di te come di chiunque altro. —
Prendendole il volto tra le mani, Nicholas la baciò con una strana forma di
desiderio, come se volesse e nel contempo temesse il suo amore. — Spero che
il tempo resti bello fino a domani per l’escursione a Penrhyn.
Il tempo era un argomento molto utile, e soprattutto rassicurante.

La prima notte della loro luna di miele fu limpida e dormirono sotto le


stelle come aveva proposto Nicholas. Dopo che ebbero fatto l’amore, Clare si
rannicchiò tra le braccia di Nicholas, che le indicava varie costellazioni e le
raccontava le leggende degli zingari che dicono come e quando erano state
collocate in cielo.
Mentre sprofondava nel sonno, lui si chiese come mai aveva avuto tanta
fortuna. Clare era tutto ciò che Caroline non era: calda, spiritosa, concreta,
intuitiva e leale; riempiva spazi che nella sua vita erano rimasti vuoti fin da
bambino. Un po’ troppo intuitiva, forse non sapeva dire quanto le avesse
rivelato di se stesso, ma lei aveva pronunciato quello scomodo giudizio su
Caroline. Per fortuna, la parte peggiore della faccenda sarebbe sempre
rimasta ignota.
Si girò sul fianco e la strinse a sé, poi le sistemò la coperta sotto il mento.
La notte era viva di vento e sommessi rumori, una vera camera da letto
zingaresca. Un giorno avrebbe dovuto portarla a conoscere la gente di sua
madre.
Con il cuore in pace, si addormentò.

Clare sapeva che quel viaggio sarebbe stato magnifico per la semplice
ragione che sarebbe stata sempre con Nicholas: per qualche giorno non
avrebbero avuto altro da fare che cavalcare e godersi la compagnia reciproca.
Ma era sorpresa di constatare quanto le piacesse. Nel giorno e mezzo
trascorso, lui si era aperto come mai prima. L’aria risvegliava lo zingaro che
era in lui.
Mentre stavano per ripartire, notò una forma scura e attorcigliata sotto il
mantello che Nicholas aveva messo sopra le sue sacche da sella.
— Perché ti sei portato una sferza se non abbiamo una carrozza?
— Abitudini zingaresche. Una frusta si presta a molti usi. Per esempio… —
Lui la fece schioccare, e frusta si arrotolò su un ramo al di sopra delle loro
teste. — Se lì ci fossero state delle mele mature, adesso avremmo la
colazione. — Riarrotolò la sferza, poi indicò un uccello su un albero. — Ci
sono zingari nelle vicinanze.
Lei osservò l’uccelletto bianco e nero. — Per me quella è una cutrettola,
non uno zingaro.
— La chiamano anche Romani Chiriklo, l’uccello zingaro — spiegò
Nicholas. — Se ne vedi uno, vuol dire che ci sono zingari nei paraggi.
— Si nascondono molto bene.
— Adesso vediamo. — Dopo un po’ indicò un albero. — Vedi quello
stracciò grigio legato al ramo? È il segno lasciato da una kumpania per
rendere noto ad altri che è passata di qui. Lo chiamano patrin, che significa
foglia. Come vedi, è legato al ramo all’altezza dell’occhio di chi passa a
cavallo. Se non sai dove guardare, ti sfugge facilmente.
— Sicché, quelli della tua gente si trasmettono così i messaggi. E conosci
quelli che hanno lasciato questo?
— Probabilmente sì. Ho fatto visita a ogni kumpania che percorre
regolarmente il Galles. C’è un accampamento lungo questa strada, pochi
chilometri più avanti. Andiamo a fargli visita?
Ma il tempo era contro di loro. C’erano stati piovaschi tutta la mattina e al
pomeriggio la pioggia prese a scrosciare intensa.
Mentre la avvolgeva nel mantello, Nicholas indicò qualcosa. — Poco più
avanti c’è un capanno per i viaggiatori. Possiamo fermarci lì per la notte.
Il capanno era a poca distanza dalla strada, quasi nascosto in un folto
d’alberi. Era una solida costruzione a due piani, con una tettoia per i cavalli.
— Vai dentro a riscaldarti, Clare. Non voglio che ti buschi un raffreddore
durante la nostra luna di miele. Se dovessi restare a letto, dovrebbe essere per
ragioni più interessanti.
Clare rise ed entrò nel capanno che conteneva soltanto un tavolo e
parecchie sedie. Poco dopo Nicholas portò dentro le sacche da sella e una
bracciata di rami secchi che aveva trovato nella tettoia dove aveva sistemato i
cavalli. Clare notò compiaciuta che era molto premuroso nei suoi confronti.
Era un piacere sentirsi coccolata.
Una volta acceso il fuoco, andò a dare un’occhiata al piano superiore:
un’unica stanza come quella di sotto, ma senza arredi.
— Ci sono molti altri capanni come questo tra i monti? — chiese quando
scese.
— Nessuno come questo. Nel secolo scorso, un ricco mercante di lana era
stato sorpreso qui da una tempesta di neve e sarebbe morto se un pastore
non gli avesse dato asilo. In segno di riconoscenza, il mercante fece una
donazione alla parrocchia più vicina perché costruisse e mantenesse un
ricovero per i viaggiatori. Ed essendo un uomo cortese, ha voluto una
seconda stanza, nel caso che delle signore si trovassero intrappolate qui tra
rozzi maschi.
— A me piace trovarmi intrappolata con un rozzo maschio.
— Non tutte le femmine hanno altrettanto buon senso. — Nicholas si tolse
il cappello, il mantello e gli stivali. — E così, una volta costruito il capanno,
ogni primavera la parrocchia manda qualcuno a riparare i danni dell’inverno,
e la gente che lo frequenta dimostra sempre la propria gratitudine. Domani
mattina prima di ripartire, raccoglierò legna sufficiente per sostituire quella
che abbiamo bruciato.
Lei si inginocchiò per ravvivare il fuoco. — E i rom pernottano qui?
— Buon Dio, no! Nessun rom che nutra rispetto per se stesso starebbe
sotto un tetto, quando ha a disposizione l’aria aperta. A loro piace il vento.
Dormicchiarono pigramente per un po’ davanti al fuoco, poi si alzarono,
indossarono gli abiti asciutti e Clare preparò una leggera cena con prosciutto,
patate e cipolle, accompagnata da una costosa bottiglia di chiaretto che
Nicholas aveva portato con sé per brindare alla luna di miele.
Trascorsero la sera distesi davanti al fuoco, chiacchierando e bevendo tè.
Clare era felice.
— Ogni primavera dovremmo fare un viaggio così. Soltanto noi due.
— Mi piacerebbe — disse lui, e la baciò con labbra leggere.
— Se tu sei il Conte Zingaro, significa che io adesso sono una contessa
zingara?
— Credo di sì. E questo fa di te una rawnie, una grande dama. Ma a dire il
vero, lo sei sempre stata.

I componenti della piccola banda mugugnarono per la pioggia, ma il capo


li zittì, ricordando loro quanto generosamente sarebbero stati pagati per il
loro lavoro notturno. Anche lui però era irritato: non si aspettava che la sua
preda fosse al sicuro dentro un edificio.
Mentre attendevano le prime ore del mattino scollando una bottiglia di
whisky per riscaldarsi le ossa, il capo rifletté sul modo migliore di portare a
termine il suo compito. La cosa più semplice sarebbe stata dare l’assalto al
capanno, ma la porta era serrata e sfondarla avrebbe reso impossibile la
sorpresa. Inoltre, era probabile che la preda avesse con sé una pistola, e aveva
l’aria di un uomo pericoloso. Lasciando gli uomini, fece una ricognizione
tutt’attorno. La costruzione era solida, le finestre piccole e troppo alte per
essere raggiunte con facilità. Andò a dare un’occhiata alla tettoia. Uno dei
cavalli nitrì, ma non tanto forte da svegliare la gente che dormiva all’interno.
C’era della legna secca, e vedendola fece un perfido sorriso, perché adesso
sapeva come fare per stanare le sue prede. Le avrebbe bruciate.
29

Nicholas si svegliò di colpo. Per un momento rimase lì immobile,


chiedendosi cosa l’avesse messo in allarme. Il fumo. Ce n’era troppo per il
loro piccolo fuoco. Diede un’occhiata tutt’attorno e notò un bagliore alla
finestra di fronte al caminetto. La pioggia era cessata e nel silenzio udì un
lieve ma minaccioso scoppiettio. Svegliò Clare scuotendola. — Alzati, fuori c’è
un incendio.
Poi indossò in fretta calzoni, stivali e camicia. Ma non era troppo
preoccupato. La porta distava solo pochi passi, e dunque non correvano il
rischio di restare intrappolati. Ignorando la deliziosa nudità di Clare, le buttò
la camicia da notte che lei si era tolta.
— Mettitela, così usciamo a vedere cosa sta bruciando. Può darsi che
l’incendio si possa spegnere facilmente, ma non voglio correre rischi.
Lei annuì, calzò gli stivali e si buttò sulle spalle un mantello. Nicholas
prese le sacche da sella che contenevano tutto ciò che avevano di valore e la
seguì.
Tuttavia, non poteva scacciare dalla mente l’idea che ci fosse qualcosa di
strano. Scintille uscite dal comignolo non potevano aver provocato un
incendio, è poi la foresta era umidissima. E perché le fiamme levavano dal
lato opposto alla tettoia? Non ricordava di aver visto da quella parte niente di
infiammabile.
Mentre Clare toglieva il chiavistello, si rese conto che gli scoppiettii
provenivano da entrambi i lati del capanno. Nella sua mente suonò l’allarme.
Se la tettoia stava bruciando, perché i cavalli non nitrivano? E come si
spiegava che un incendio accidentale si sviluppasse in due luoghi diversi?
Guardando al di sopra della spalla di Clare vide un movimento a una
trentina di metri dalla porta. Un lungo oggetto diritto.
Un fucile.
Lasciò cadere le sacche da sella, prese Clare per la vita e si gettò a terra
con lei. In quel momento il fucile sparò. Una pallottola passò sulle loro teste
e colpì la parete alle loro spalle. Obbedendo all’istinto, strinse Clare a sé e con
lei si allontanò dalla porta aperta. Appena furono lontani dalla linea di mira,
allungò la mano e la chiuse. Pochi istanti dopo altre pallottole si spiantarono
nel legno.
— Buon Dio — ansimò Clare. — Cosa sta succedendo?
— Qualcuno vuole ucciderci. O più probabilmente vuole uccidere me. E
non gli importa se muori anche tu.
Balzò in piedi e serrò il chiavistello, ben sapendo che la porta avrebbe
comunque offerto scarsa protezione. Frugò nelle sacche, tirò fuori la pistola e
la caricò.
Poi guardò fuori dalla finestra che si apriva sulla facciata del capanno.
Tutta la zona attorno era illuminata da fiamme che guizzavano dai due angoli
del capanno. La tettoia stava bruciando, e ben presto sarebbe crollata.
Cinque uomini armati erano là fuori. Tra loro Nicholas vide i loro due
cavalli. Uno degli assalitori prese ad avanzare con cautela verso la porta, con
il fucile pronto.
Allora sfondò il vetro della finestra col calcio della pistola e sparò. L’uomo
lanciò un urlo e piombò a terra. Nicholas si affrettò a ricaricare l’arma e tornò
a sparare, ma gli altri oramai si erano messi fuori tiro e il colpo andò a vuoto.
Una voce abbaiò un ordine e uno degli uomini presse, ad avanzare verso il
retro dell’edificio. Nicholas imprecò sottovoce.
— Nessuna probabilità di svignarsela dalla finestra sul retro.
— Il capanno è in fiamme, vero?
— Sì, e là fuori ci sono almeno quattro uomini armati pronti a sparare, se
usciamo. Siccome è probabile che ce l’abbiano con me, è possibile che ti
lascino andare, se io mi consegno.
— No! — II fumo diventava sempre più denso, e Clare prese a tossire.
Poco dopo riuscì a parlare. — Non mi lascerebbero comunque in vita perché
sarei testimone del tuo assassinio. Se ci arrendessimo, probabilmente mi
stuprerebbero e poi mi ucciderebbero. Se devo morire, voglio farlo al tuo
fianco.
— Meglio non morire affatto! — Nella mente di Nicholas balenò una
possibilità. Abbassò il cane della pistola e se la infilò nella cintura. Poi tirò
fuori la sferza. — Di sopra, presto.
— Aspetta. — Dal suo bagaglio Clare tolse uno straccio e lo immerse
nell’acqua della brocca che avevano messo da parte per il mattino. — Mettiti
questo davanti alla bocca.
Mentre salivano, il fumo si fece ancora più denso, e presto la stanza di
sopra sarebbe stata mortale, senza gli stracci bagnati. Il calore era già quasi
insopportabile. Pochi minuti ancora, e l’infera struttura sarebbe stata avvolta
dalle fiamme.
— Non c’è modo di uscirne — constatò freddamente Clare. — Un
matrimonio breve ma molto bello. Non abbiamo avuto neanche un litigio. —
Tossì abbandonandosi contro la parete, pallida in volto.
Parole che per lui furono come una coltellata al cuore. Le loro vite non
potevano finire così… non l’avrebbe permesso.
Diede un’occhiata da una delle finestre sul retro, ma non poté vedere
l’uomo armato che aveva aggirato la casa. Benone. Voleva dire che neanche lo
sconosciuto poteva vedere lui. Spalancò la finestra. Le fiamme stavano
lambendo il muro esterno sotto di lui. Dopo aver calcolato le distanze e aver
deciso che era possibile farcela, guardò Clare.
— Abbiamo una possibilità. Afferrati all’estremità del tetto sul retro e sali
in cima. Non aver paura, non ti lascerò cadere.
Lei annuì tetramente. Nicholas salì sul davanzale, resistendo al calore e
alle fiamme per non perdere conoscenza. Aggrappandosi a lui, Clare salì a sua
volta sul davanzale. Appena lui la sollevò, allungò le mani e afferrò l’orlo del
tetto, e appena Nicholas le diede una spinta riuscì a mettersi in salvo.
Pregando che il fumo li nascondesse, Nicholas si avvolse la sferza attorno
alla vita e a sua volta raggiunse il tetto. Sentì le dita scivolare sull’ardesia
umida.
Per un istante fu sul punto di cadere tra le fiamme, ma la mano di Clare
afferrò la sua, impedendogli di precipitare. Oscillando come un acrobata,
riuscì a mettere la gamba sinistra oltre l’orlo, e poté dare un’occhiata al tetto,
che era un mosaico di luci e ombre. Si avvide che per aiutarlo Clare si era
afferrata con una mano alla trave di colmo. Grazie a Dio, era una donna con
la testa sulle spalle.
Fino a quel momento, il fumo e il crescente rumore dei due incendi li
avevano celati agli aggressori, ma il loro rifugio era precario. Ci sarebbe
voluto ancora poco perché l’intero edificio fosse in fiamme. Aiutò Clare a
raggiungere l’estremità opposta del tetto, aggrappandosi saldamente alla
trave di colmo.
Mentre scendevano slittando lungo l’altro spiovente, Nicholas si augurò
che l’albero più vicino fosse alla loro portata. Lo era: un alto, grosso olmo a
un palmo dalla casa.
Adesso veniva il momento più pericoloso: doveva alzarsi in piedi, e a quel
punto sarebbe diventato un facile bersaglio. Ma non c’erano altre possibilità.
Si tolse la sferza dalla vita e si alzò, tenendosi in equilibrio con un piede
sulla trave. Poi fece schioccare la frusta, prendendo di mira un ramo che
scorgeva piuttosto vagamente, ma che sembrava abbastanza robusto per
reggerli entrambi.
La sferza si avvolse al ramo. Nicholas diede uno strattone per assicurarsi
che reggesse, poi la ritrasse. Forse era la sua immaginazione, ma sembrava
che l’ardesia si stesse riscaldando. Saggiò ancora la presa. Era solida. Porse la
mano libera a Clare.
— Vieni.
Lei gli scivolò al fianco e si alzò in piedi. A Nicholas bastò un istante per
darle un bacio che voleva dirle ciò che mai avrebbe potuto esprimere a parole.
Poi l’afferrò alla vita.
— Tieniti stretta, amore.
Un istante dopo stavano oscillando nel vuoto, sorretti solo dal nero,
flessibile cuoio. Nicholas avvertì un movimento, lo sciogliersi della frusta dal
ramo. Se finivano a terra, la caduta poteva non essere fatale, ma gli assalitori
sarebbe stati loro addosso in pochi istanti.
L’arco dell’oscillazione li fece scendere, ma sbatterono contro il tronco
dell’albero. Clare restò senza fiato, Nicholas tentò di ridurre l’urto piegando
le gambe, ma la forza dell’impatto fu tale che per poco non lo fece cadere.
La frusta prese a sciogliersi sotto il loro peso. Furono ancora sul punto di
cadere, ma lui scalciò forte e riuscì a mettere il piede su un ramo. Un istante
dopo erano ambedue al sicuro, in equilibrio su quel sostegno grosso e
robusto.
Mentre Nicholas riarrotolava la frusta, il tetto crollò con uno spaventoso
schianto. Fiamme e scintille salirono al cielo e un’ondata di calore li avvolse.
Alla luce del fuoco vide la sagoma dell’uomo che si era appostato con il fucile
spianato, per sorprenderli se avessero tentato di evadere dalla finestra sul
retro. Distava non più di una decina di metri, ma nel buio e nel fumo non li
aveva visti. L’uomo abbassò il fucile e prese a camminare attorno al capanno
in fiamme, dal quale nessuno sarebbe potuto uscire vivo.
Erano abbastanza in alto perché Nicholas riuscisse a scorgere gli
aggressori in attesa al limite dell’incendio. Uno degli uomini era un tipo alto
e slanciato che gli sembrò vagamente familiare. Anche Clare guardava nella
stessa direzione con espressione di fredda furia.
Adesso era il momento di tagliare la corda, mentre gli aggressori stavano a
guardare il fuoco come se ne fossero affascinati. Toccò Clare sulle spalle e
cominciarono a scendere. Il ramo più basso era ancora abbastanza alto da
terra, così rimise in funzione la frusta.
Appena furono al sicuro l’arrotolò, poi trascinò Clare nel bosco, lontani
dal capanno e dalla strada. La pioggia aveva inzuppato il terreno, l’aria era
umida e fredda. Meno male che lei aveva preso il mantello.
Quando giudicò che si trovavano a una distanza sufficiente dal capanno,
Nicholas si fermò per un breve riposo. Lei tremava e aveva il fiato mozzo, ma
non soltanto a causa del freddo.
— Qui siamo al sicuro — le sussurrò. — Anche se quei bastardi sono
abbastanza cocciuti da aspettare che l’incendio si spenga per frugare tra la
cenere in cerca dei cadaveri, non accadrà prima dell’alba.
— Lo hai visto, vero?
— Ho visto un uomo alto che poteva anche essere Michael Kenyon, e non
mi viene in testa nessun altro che voglia uccidermi. Ma questo è un problema
successivo. Adesso dobbiamo metterci in salvo.
— Nei dintorni ci sono dei cottage?
— C’è qualcosa di meglio. Adesso andiamo dai rom.

Camminarono nel bosco per ore, inciampando sul terreno ineguale,


inzuppati dall’acqua che sgocciava dagli alberi. Sembrava che Nicholas
sapesse esattamente dove stavano andando, anche se a lei gli alberi
sembravano del tutto simili.
Il cielo si stava rischiarando quando udirono un vago odore di fumo. — Il
sito è occupato — disse Nicholas soddisfatto.
All’improvviso si levò un’esplosione di latrati, e le vaghe forme di una
mezza dozzina di cani si avventarono alla loro volta. Lei si raggelò,
chiedendosi se non dovevano fuggire, Nicholas si mise un braccio dietro la
schiena e fece un ampio gesto, come se lanciasse qualcosa. Sebbene la sua
mano fosse vuota, l’effetto fu magico. I cani immediatamente si zittirono e
presero a correre tutt’attorno, seguendoli verso l’accampamento.
C’era abbastanza luce per vedere che la kumpania consisteva di tre carri,
sotto i quali si vedevano le forme scure dei giacigli. La pioggia aveva costretto
i rom a mettersi al riparo. Svegliati dal rumore, parecchi i uomini si alzarono
e si avvicinarono, stando sul chi vive. Uno aveva in mano una frusta.
Nicholas mise un protettivo braccio attorno a Clare. — Kore, sei tu? —
disse.
Ci fu un istante di attonito silenzio, poi una voce baritonale. — Nikki!
All’improvviso furono circondati da persone che parlavano
rumorosamente nella loro lingua. Nicholas ottenne silenzio alzando la mano,
e tenendo stretta a sé Clare, nella stessa lingua fornì una concisa spiegazione.
Una bella donna sorridente prese Clare per il braccio.
— Va con Ani — le disse Nicholas. — Si prenderà cura di te. Io ti
raggiungerò dopo.
Ani la condusse a uno dei carri e l’aiutò a salire su una sorta di belvedere
sul retro, e quando la porta si aprì Clare vide una fila di teste di testine
sbucare da sotto una coltre imbottita, occhi neri pieni di curiosità la
studiarono. Gli occhi di Nicholas, si rese conto.
I marmocchi cominciarono a fare domande, ma Ani li zittì, poi, in un
inglese leggermente accentato, si rivolse a Clare. — Tu dormire qua.

Era mattino avanzato quando Clare si svegliò con il braccio di Nicholas


attorno alla vita. Lui stava ancora dormendo. Chinandosi, gli posò un bacio
sulla fronte e lo vide spalancare gli occhi.
— Come ti senti?
— Benissimo, grazie a te. Mi sono fatta qualche livido nei boschi, ma
niente di grave. — Represse un tremito. — È una buona cosa avere vicino un
uomo come te, quando si è in pericolo.
— Se non fosse per me, la tua vita non sarebbe mai stata a rischio.
— Questo non lo sappiamo. Però che magnifica avventura! Quante
persone possono vantare una luna di miele come questa?
Sebbene Nicholas sorridesse, Clare avvertì la tetraggine dentro di lui, e ne
ebbe una fitta di dolore. Ma decise di attenersi ai problemi pratici.
— Da qui dove andiamo?
— La kumpania è diretta a nord, ma sono disposti a fare una deviazione
per riportarci ad Aberdare. Alla velocità del carro ci vorranno tre giorni.
Clare sospirò. — Spero che qualcuno, chiunque sia, si prenda cura di
Rhonda.
— Quando saremo a casa, manderò un paio di uomini da queste parti per
fare indagini. Se qualcuno vende i nostri cavalli, posso riacquistarli, e
servirebbe anche a scoprire chi sono gli uomini che ci hanno aggredito.
— C’è qualcosa che devo sapere adesso che viviamo tra i rom?
— Osserva i tabù della pulizia. In un accampamento, l’acqua viene attinta
a un ruscello in punti diversi, in modo da non sporcarla. Quella per lavare e
farsi il bagno a distanza maggiore. Prima di mangiare, lava sempre gli utensili
per evitare che siano marhime, contaminati, e in tal caso vanno gettati via. Tu
non lo sei, ma le donne sono considerate impure. Non permettere che la tua
gonna sfiori un uomo che non sia io, e non parlare mai davanti a un uomo, o
tra due uomini, o davanti ai cavalli.
Lei aggrottò la fronte. — Hai ragione. Non è per me questa vita.
— Ha senso per persone che vivono a contatto di gomito. Assicura alle
donne protezione altrimenti impossibile, e riduce le tensioni. Sebbene le
donne zingare siano considerate sessualmente disponibili, in realtà tra i rom
la promiscuità è quasi sconosciuta.
Attratta dalle voci, Ani si affacciò all’uscio. — Colazione. Tu vai, Nikki.
Porto abiti per tua moglie.
Lui si alzò, scese dal carro e aiutò Ani a salirvi. La donna indossava una
larga camicia e strati di gonne dai vivaci colori. I suoi orecchini d’oro erano
assortiti alle collane che aveva al collo. Un fazzoletto a scacchi le copriva i
capelli.
Clare ricevette indumenti simili, senza i gioielli. Scendendo dal carro, notò
che era di legno e decorato di pitture e intagli. La pioggia era cessata, il cielo
era fresco e limpido. Gli uomini erano raccolti a una certa distanza, attorno ai
cavalli impastoiati, e le donne si muovevano con grazia per l’accampamento,
bambini seminudi correvano qua e là gridando allegramente. Una vecchietta
scrutò attentamente Clare, poi annuì e riprese a fumare la sua pipa.
Accanto al carro c’era un fuoco da campo con un recipiente di stagno e un
calderone che si riscaldavano sulle braci. Ani si rivolse a Clare. — Prima
lavare — disse, e le indicò dove andare a farlo al vicino ruscello. Poi le versò
una ciotola di forte caffè con molto zucchero e un piatto di cipolle e salsiccia.
Deliziosi entrambi.
Nicholas tornò con tre uomini, intenti a parlare con calore. Indossava un
ampio panciotto di pelle, aveva un fazzoletto rosso al collo e sembrava
perfettamente a suo agio tra la sua gente. Nessuno avrebbe riconosciuto in
lui un aristocratico.
Andò alla volta di Clare, ma vide la vecchia e fece una deviazione. — Keja!
— esclamò. Lei gli rivolse un sorriso sdentato, e presero a chiacchierare.
Mentre Clare finiva il caffè, arrivò correndo un ragazzo. — Stanno
venendo uomini — ansimò. — Con fucili.
Clare si sentì il cuore in gola. Poteva darsi che fossero semplici cacciatori,
ma più probabilmente erano gli aggressori notturni a caccia della preda che si
erano lasciati sfuggire.
— Da questa parte! — Ani indicò il carro. — Giacere — ordinò.
Clare obbedì. Ani portò una bracciata di coperte imbottite con cui coprì
completamente Clare e Nicholas. Poi un peso piombò loro addosso, ed era un
peso che si agitava. Clare ebbe un sobbalzo, ma Nicholas le strinse la mano.
— Ani ha messo il suo figlioletto di quattro anni sopra le dunhas. Se
qualcuno ci sta cercando, starà alla larga dal piccolo Yojo. Di solito è piuttosto
sgradevole.
Pochi minuti dopo, Clare udì all’esterno una voce dura che parlava in
inglese. — Hai visto un uomo e una donna che andavano a piedi? Siamo
preoccupati. Sono… ammalati, e si sono allontanati dal nostro
accampamento.
Uno dei rom rispose in tono amichevole. — No gorgio, oggi, salvo voi,
signori.
— Dico vostra sorte, onorato signore? — disse una voce femminile.
Interloquì Ani. — No, onorato signore. Per dukkerin, io sono la migliore.
Io ho vera vista zingara.
Poi fu la volta di una voce infantile. — Un penny per me, buoni signori.
E un coro di stridule vocine. — Un penny, signori, un mezzo penny.
— Per amor di Dio — ringhiò il visitatore. — Fuori dai piedi, marmocchi.
La porta del carro si aprì con un cigolio. Le dita di Clare si aggrapparono
alla mano di Nicholas. Il bambino sopra di loro prese a strillare: — Penny!
Penny, gorgio!
Un’altra voce inglese. — Qualcuno qua dentro?
— Soltanto un sudicio marmocchio — disse disgustata la prima voce. —
Sanno mendicare fin dalla nascita.
La porta si chiuse con fracasso e le voci si allontanarono.
Poi silenzio, finché risuonò una voce maschile, — Adesso puoi uscire,
Nikki. I gorgio se ne sono andati. Forse dovreste stare nei carri durante il
tragitto, ma penso che adesso siete al sicuro.
Nicholas spostò le imbottite. — Uno dei gorgio era l’uomo dagli occhi
verdi che ti ho descritto?
Kore scosse la testa. — Erano quattro uomini, non quello di cui mi hai
parlato. Sono tornati i bambini che sono andati a dare un’occhiata al capanno
incendiato. Hanno trovato ben poco. Le vostre cose sono andate distrutte, i
cavalli portati via. Vicino ai resti del capanno c’era questa fiasca di whisky
vuota… e questo. — Porse a Nicholas un piatto astuccio d’argento.
Clare si sentì serrare il cuore quando si avvide che era un portabiglietti,
evidentemente appartenuto a un gentiluomo. Con il volto impietrito,
Nicholas lo aprì. I biglietti all’interno erano bagnati ma perfettamente
leggibili.
Lord Michael Kenyon.
Notando l’espressione di Nicholas, Kore si volse educatamente e saltò giù
dal carro.
— Mi dispiace — sussurrò Clare.
Con uno scatto, lui richiuse il portabiglietti. — Ma non ha senso — disse
con tono dolente. — Anche supponendo che Michael sia impazzito e abbia
deciso di darmi la caccia, perché proprio qui tra i monti? Perché assoldare
uomini per aiutarlo a fare ciò che è in grado di fare da solo? E se cercava me,
non poteva ignorare che una kumpania di zingari doveva essere perquisita
molto più attentamente.
— Non era con quegli uomini, forse per evitare che i sospetti si
appuntassero su di lui — gli fece osservare Clare. — A tanta distanza da
Penreith, la nostra morte sarebbe sembrata accidentale. Se ci fosse stata
un’indagine, si sarebbe pensato a briganti di strada. — Esitò. — Può darsi che
non abbia senso, ma mi sembra che abbia le idee molto chiare.
30

Sebbene Clare fosse a non più di cinquanta chilometri da casa, viaggiare


con gli zingari era come visitare un paese straniero. Molti erano britannici, e
alcuni parlavano un po’ di inglese e gallese oltre che la loro lingua. Ma per il
resto erano del tutto alieni. Quale moglie di Nicholas, Clare era in grado di
vederli e studiarli come ben pochi gorgio avevano modo di fare: l’avevano
accettata con affettuosa naturalezza, come se fosse una gattina randagia
capitata lì per caso.
Guardarli le dava modo di comprendere meglio Nicholas. La loro abilità di
vivere alla giornata, come se non ci fosse né passato né futuro; il loro allegro
fatalismo; l’aggraziata libertà dei loro movimenti: tutte caratteristiche che
erano parte integrante dell’eredità gitana di suo marito.
L’ultima sera ebbe luogo una festa: molto cibo, bevande, allegria. Un
porcellino farcito di mele era stato messo ad arrostire sul fuoco all’aperto.
Mentre Clare finiva la sua porzione, si rivolse sottovoce al marito.
— Spero che questo porcellino sia di provenienza onesta, ma non ho il
coraggio di chiederlo.
— È di provenienza legittima. Caso vuole che mi trovassi una ghinea nei
calzoni, quando siamo scappati. L’ho data a Kore per contribuire alle nostre
spese. L’ho visto pagare di persona il porcellino.
Ani si avvicinò al tronco su cui sedevano. — Siccome questa è festa in
onore di vostro matrimonio, c’è piccolo rituale, sì. Non ratto, non lamento,
ma qualcosa per simbolo di vostra unione.
— Non conosco i vostri costumi — disse Clare incerto.
— Questo sarà semplice — replicò Ani. — Tu non hai difficoltà. Chiederò a
Milosh di prendere suo violino. Poi tu, Nikki, suonerai arpa per noi.
Ani se ne andò e Clare lo guardò stupita. — Lamento?
— Di solito la sposa canta una canzone a sua madre, lamentando di essere
stata venduta al marito e augurandosi la morte — spiegò Nicholas.
— Non mi sembra molto allegro.
— È considerato molto commovente invece. Insieme al rituale del ratto, fa
parte integrante della cultura gitana.
— Di dove sono originari i rom?
— Siccome gli zingari non hanno una lingua scritta, nessuno lo sa con
precisione. Un linguista di Oxford mi ha detto che secondo lui hanno
cominciato le loro peregrinazioni in Asia. Forse nell’India del Nord.
— E non ci sono resoconti orali della loro storia?
— Molti, ma si contraddicono a vicenda. E poi c’è un vecchio detto: fai la
stessa domanda a venti zingari e avrai venti diverse risposte.
Clare rise. — Mi stai dicendo che la coerenza non è considerata una virtù
dai rom?
— Tutti, dal più giovane al più vecchio, sono in grado, se necessario, di
mentire con la massima facilità. Ma possono farlo anche per un eccesso di
creatività o per divertimento. Un uomo che abbia questa abilità è ammirato,
come nel Galles si onora un uomo tutto d’un pezzo.
La conversazione si interruppe quando alcuni zingari presero a battere le
mani al ritmo del violino di Milosh, e ondeggiando voluttuosamente, Ani
venne avanti e diede a Clare una sciarpa rossa. — Tu e Nikki danzare assieme
mentre tenete sue estremità — spiegò. — A mostrare che adesso siete uniti.
Sebbene le capacità di Clare come danzatrice fossero quasi nulle, accettò
di buon grado. Alzandosi in piedi, Nicholas le parlò all’orecchio. — Sciogliti i
capelli.
Poi, mentre afferravano le opposte estremità della sciarpa, si misero al
centro della cerchia.
— Comportati come una ragazza che fa la vezzosa — le disse lui con il suo
sorriso da Conte Demone. — Sii la sfrontata civetta che so che puoi diventare.
Lei cominciò a girare lentamente, abbassando gli occhi in una pantomima
di ritrosia e lasciando che la spallina della sua corta camicetta le scivolasse
seducente dalla spalla. Agile e impetuoso, Nicholas rispose come un animale
selvaggio all’inseguimento della sua compagna, tirando la sciarpa per
riportarla a sé.
Lei si avvicinò, ma scivolò via quando lo vide allungare la mano. Nicholas
la seguì, ma Clare gli passò sotto il braccio sbattendogli i capelli in faccia. Lui
la seguì con la fiera arroganza di uno stallone, promettendo in silenzio
conquista e soddisfazione. Il ritmo si faceva sempre più rapido, quando il
violino tacque con un furioso arpeggio e scese il silenzio, Nicholas chiuse
Clare in un abbraccio piegandola all’indietro e lei, obbedendo, provò un
istante di panico che scomparve immediatamente perché sapeva con certezza
assoluta, che mai Nicholas l’avrebbe lasciata cadere. E mentre i suoi capelli si
spandevano sull’erba, lui le diede un bacio per affermare che era proprio sua.
I rom gridarono e batterono i piedi, approvando.
Gentilmente, Nicholas la rimise in piedi e il suo sguardo era una carezza.
— Un ultimo rituale, adesso. Dobbiamo saltare oltre il ramo fiorito di ginestra
che Ani ha preparato.
Eseguirono il rituale, e mentre tutti applaudivano lei ricordò una cosa. —
Saltare il ramo di ginestra è un’antica tradizione gallese che risale
probabilmente ai druidi.
— I rom sono eclettici. Adottano le costumanze che vanno loro a genio.
Il violino ricominciò a suonare, e questa volta tutti si unirono alla danza,
dalla vecchia Keja ai bambini in grado di camminare. Si formarono cerchi che
si suddivisero in gruppi più piccoli. Per Clare fu una rivelazione. Quello non
era un ballo di semplice divertimento o di peccaminosa tentazione: era come
il respiro della vita. Nicholas fu il più ardente di tutti, e lei rispose con tutta la
passione che di recente era fiorita dentro di sé.
Più tardi, quando i bambini sfiniti furono messi a letto e persino gli adulti
erano troppo stanchi per proseguire, Kore portò una piccola arpa gallese e la
porse a Nicholas.
Lui accordò lo strumento, pensando a cosa suonare. Scelse una lunga
ballata che sembrava un intreccio delle gioie e dei dolori della sua razza
vagabonda. A conclusione intonò una strofa che aveva tradotto in inglese per
amore di Clare:

I beni terreni ti possiedono e ti distruggono,


L’amore dev’essere liberò come il vento che soffia.
Chiudi il vento tra quattro mura e morirà.
Tende aperte, cuori aperti,
Lascia che il vento soffi…

Lei se ne sentì toccata e commossa. Pur non essendo certa che i versi
fossero un messaggio rivolto soltanto a lei, si rendeva conto che l’unico modo
di tenere legato a sé Nicholas era non tentare mai di farlo. L’amore deve
essere libero come il vento che soffia…
Poi andarono nel loro letto, che era stato preparato a una certa distanza
dagli altri. Disteso tra il morbido calore di due dunhas e le stelle, Nicholas
fece con possessiva forza l’amore con lei.
Clare, desiderando che le parole d’amore non fossero proibite, lasciò che il
corpo parlasse per lei. Uno zingaro, un gallese, un nobile, un bardo: l’uomo
che aveva sposato era tutto questo e molte altre ancora. E sapeva che
l’avrebbe amato fino alla morte.

Il mattino dopo, mentre la kumpania stava smontando il campo, la


vecchia Keja si avvicinò a Clare.
— Devo parlare con te. Stamani tu viaggi nel mio carro.
Clare fu ben lieta di accettare. A lungo, Keja si limitò a fissarla fumando la
pipa. Poi all’improvviso parlò. — Io sono cugina del padre di Marta, la madre
di Nikki.
Sicché, Keja era una parente di Nicholas. — Perché Marta ha venduto suo
figlio? — le chiese. — Per Nicholas è sempre stata una ferita aperta.
— Marta stava morendo di tubercolosi. Avrebbe dovuto lasciare Nikki con
noi, ma aveva giurato a suo marito di fare in modo che il loro figlio imparasse
i costumi dei gorgio. Questo Kenrick voleva, e Marta sapeva che presto non
avrebbe più potuto provvedere a Nikki. Ecco perché l’ha portato dai nonni, i
suoi più stretti consanguinei.
— Il fatto che l’abbia venduto per cento ghinee mi rende difficile credere
che l’abbia fatto per altruismo. Come può una donna vendere suo figlio?
— Il vecchio gorgio le ha offerto lui stesso il denaro. Marta gli ha sputato
quasi in faccia, ma era una rom. Se il gorgio voleva mostrarsi imbecille, affari
suoi.
Ripensando a ciò che aveva imparato sul conto degli zingari, Clare capì. —
In altre parole, si è trattato di due transazioni diverse: Marta ha portato
Nicholas dal nonno per amore di Kenrick, e dal suo punto di vista il denaro
non aveva niente a che fare con Nikki.
— Per essere una gorgio sei acuta. Ed ecco qui la prova che Marta non ha
venduto suo figlio per denaro. — Aprì una cassapanca, vi frugò dentro e ne
cavò una pesante sacca di cuoio. — Mi ha lasciato questo per darlo a Nikki al
momento opportuno. Le ghinee ci sono tutte, salvo un paio con cui Marta ha
comprato del cibo mentre tornava dai rom. Siccome la mia era la kumpania
più vicina, con noi è rimasta.
— Cosa le è successo?
— È morta quell’inverno tra le mie braccia.
— Per quale ragione lui non ha mai detto che sua madre ha rinunciato a
lui perché stava morendo?
— Marta mi ha fatto giurare di dirlo soltanto alla moglie di Nicholas,
perché una donna capisce che una madre deve fare tutto per suo figlio.
— Ma Nicholas ha avuto una moglie, prima di me.
— Bah, quella lui se l’è portata a letto, ma non era una vera moglie. Tu sei
quella che Marta ha previsto. Lei aveva il dono, e ha detto che sarebbe
arrivata una donna capace di guarire il cuore di Nikki.
Clare si chiese se Marta avrebbe lasciato Nicholas col nonno, se avesse
saputo quanto freddo e spietato era il vecchio.
— Povera Marta. Spero che riposi in pace.
— Proprio così — disse con aria sicura Keja. — È con Kenrick. Adesso che
sei arrivata tu per prenderti cura di Nikki, non si preoccuperà più per suo
figlio.
Clare si sentì rizzare i capelli. Da cristiana qual era, credeva che l’anima
fosse immortale. E sapeva anche che c’erano certi individui che davano prova
di doni dello spirito, la capacità di conoscere cose al di là del mondo visibile,
ma le dava comunque un brivido sentire qualcuno che parlava del
soprannaturale con tanta tranquilla accettazione.
— Io amo Nicholas, e per lui farò sempre quanto posso. Se non ci riesco,
vuol dire che tu accenderai candele per me.
— Bater — replicò con aria grave Keja. — Così sia.
Il carro si fermò e Nicholas la chiamò. — Clare, siamo a casa.
Lei si infilò la borsa di cuoio in una tasca interna, diede un bacio sulla
guancia a Keja e scese dal carro.
La kumpania era giunta di fronte ad Aberdare. Williams era sui gradini
d’ingresso, e lo sbalordì vedere il suo padrone uscire da un carro di zingari.
Senza perdere tempo, Clare e Nicholas andarono subito nella loro stanza
da letto. Clare si tolse gli stivali. — Mi faccio preparare un bagno. I tuoi
consanguinei mi sono piaciuti moltissimo, ma purtroppo mancava l’acqua
calda. — Poi, si fece seria. — Nicholas, che cosa hai intenzione di fare con
Michael?
Lui sospirò. — Presentare un affidavit a un magistrato. Immagino che sarà
senz’altro arrestato, e a meno che non riesca a dare spiegazioni davvero
valide, si troverà in guai seri.
— È un uomo ricco e potente. Questo basterà a tenerlo al sicuro?
— Io sono il conte di Aberdare; la mia ricchezza e il mio potere sono
superiori ai suoi. Se lui è dietro questo tentativo di farci la pelle, non sfuggirà
alla giustizia.
— Sono lieta che tu lasci alla legge il compito di fare giustizia anziché
prenderla nelle tue mani.
— Io non credo nei duelli: è un barbarico residuo del Medioevo. — replicò
lui. Rifletté un istante, poi sorrise. — Ordina il bagno. In una tinozza si
possono fare cose assai interessanti.
Arrossendo, Clare non fece altre domande, mentre Nicholas si dirigeva al
suo spogliatoio. Ma, anziché svestirsi, uscì dall’altra porta, andò alla sua
scrivania in biblioteca e vergò un frettoloso biglietto. Poi suonò per far venire
il maggiordomo e gli porse la missiva.
— Fate portare questo a lord Kenyon. Con ogni probabilità, a quest’ora
sarà alla miniera. In caso contrario, voglio che il messaggero lo rintracci e
attenda una risposta. E non ditelo a nessuno… soprattutto non a lady
Aberdare.
Subito dopo Nicholas tornò nello spogliatoio. Siccome non aveva niente
da fare per parecchie ore, ne avrebbe approfittato nella maniera migliore,
anche dentro la tinozza.
31

Dopo aver visto il sigillo, Michael Kenyon strinse le labbra e aprì la


lettera. Le parole erano concise e concrete:

Michael, devo parlare con te da solo. Ti propongo le sette di questa


sera. Le rovine di Caerbach sono adatte e neutrali, ma sono
disposto a incontrarti in ogni altro momento e luogo di tua scelta. A
patto che sia ai più presto.
Aberdare

— Maledizione! — ringhiò Michael. Appallottolò la lettera e la gettò


infuriato dall’altra parte dell’ufficio. Maledetto Aberdare!
Ma la sua collera svanì rapidamente, lasciando ceneri. Prese una penna e
scrisse:

Ore sette, questa sera, a Caerbach, solo.


Kenyon

Sigillò la lettera e la diede al messaggero.


Poi rimase lì a fissare il vuoto, sentendosi in preda alla tensione da cui
veniva sempre colto prima della battaglia. Il giorno della resa dei conti era
arrivato. Non sarebbe stato in grado di evitare quel confronto, anche se Dio
sapeva quanto aveva tentato di farlo.
Diede un’occhiata alle carte ammucchiate sulla scrivania, poi le scostò.
Impossibile occuparsi delle date di consegna delle nuove attrezzature.
Stancamente si alzò, prese il cappello e uscì, fermandosi davanti alla scrivania
di Madoc.
— Oggi sarò assente. C’è qualcosa che volete discutere con me?
— No, va tutto bene.
Con un lieve cenno del capo, Kenyon se ne andò.
Madoc fece finta di tornare al lavoro, ma tra sé rifletteva sull’arrivo del
messaggero di Aberdare. Attese una decina di minuti finché udì Kenyon
allontanarsi a cavallo. Poi andò nell’ufficio del suo datore di lavoro, che era
stato il suo per quattro anni.
Dal momento che molti documenti stavano lì, nessuno si sarebbe
meravigliato vedendolo entrare.
Dopo l’imprecazione di Kenyon, c’era stato il rumore di carta
appallottolata e gettata. Madoc diede un’occhiata in giro e ben presto scoprì il
biglietto in un angolo dell’ufficio. Lisciandolo, lo lesse una, due volte,
incapace di credere alla propria fortuna. Sarebbe stato perfetto,
assolutamente perfetto.
Dio era definitivamente dalla sua.

Come al solito, Nicholas aveva avuto ragione: durante un bagno si


potevano fare cose molto interessanti. E le fecero. Poi sonnecchiarono un po’,
prima di concedersi un pasto leggero.
Appena ebbe finito Nicholas si alzò, le diede un amorevole colpetto sul
sedere e uscì.
Clare andò alle scuderie e trovò il calesse in attesa. Aveva promesso di
portare alcuni libri a Owen. Ci sarebbero volute settimane prima che tornasse
al lavoro, e voleva approfittare dell’occasione.
Fermò il calesse davanti alla casa, entrò e andò diritta in biblioteca. Di
Nicholas non c’era traccia; doveva essersi trasferito in sala da musica.
Aveva scelto i libri ed era sul punto di uscire quando il suo sguardo fu
attratto da un oggetto scintillante sulla scrivania. Andò a dare un’occhiata e
constatò che era un pezzo di quarzo con dei fili d’argento. Doveva essere il
campione che Nicholas aveva trovato con tanto rischio e che alla fine si era
rivelato inutile. Be’, sarebbe stato un ottimo fermacarte.
Era sul punto di deporlo, quando vide il biglietto che era rimasto sotto il
campione. Lo spiegò e lo lesse:

Ore sette, questa sera, a Caerbach, solo.


Kenyon

La paura la investì con forza paralizzante. No… Buon Dio, no…


Buttando sulla scrivania i libri che aveva scelto, riprese il biglietto e lo
rilesse in preda alla furia. Accidenti, dopo aver giurato che non avrebbe fatto
niente di folle, adesso Nicholas andava diritto nella tana del leone! Un duello
avrebbe richiesto la presenza di secondi, quindi Nicholas voleva
semplicemente parlare.
Ma come poteva essere così stupido da fidarsi di Michael, dopo quello che
era accaduto?
Solo la notte prima Nicholas le aveva detto che gli zingari mentivano, se
necessario, con estrema facilità, e con ogni evidenza quell’abitudine gli era
rimasta. Doveva aver mandato un messaggio a Michael prima di fare l’amore
con lei e la risposta gli era arrivata prima di pranzo. Quel dannato, testone…
In fretta tornò alle scuderie e dal capo stalliere seppe che lord Aberdare
era uscito cinque minuti prima.
— Sellatemi un cavallo — gli ordinò. Poi si rammentò che Rhonda era
stata rubata. — Uno tranquillo, docile. E una sella regolare, non da amazzone.
Ripensandoci, ricordò che Nicholas le era apparso singolarmente teso, e si
sentì stringere il cuore. Pensò per un istante di prendere con sé lo stalliere,
ma poi decise di non farlo. Era uno di quei conflitti che non potevano essere
sanati da dipendenti armati come bande di cavalieri medievali. Una donna
sola aveva migliori probabilità di evitare lo scontro violento tra due uomini.
Lo stalliere le portò una cavalla baia e Clare balzò insella.
Partì al galoppo. Per fortuna aveva cavalcato tanto nelle ultime settimane,
e grazie a Nicholas, tutti i loro animali erano ben allenati.
Caerbach era una piccola fortezza in rovina che sorgeva sulle terre a
mezza strada fra Aberdare e Bryn Manor. In origine era stato un avamposto
del castello di Aberdare. Non ci voleva molto per arrivarci.
Quanto tempo prima di udire un colpo di pistola?

Caerbach era in cima a una collina da cui lo sguardo spaziava sulla valle.
Nel corso dei secoli i boschi era stati sfoltiti e le pietre usate altrove, ma
erano rimasti un cumulo di sassi e qualche muro ancora in piedi al centro di
una radura soleggiata. Per i bambini, un luogo delizioso dove giocare a
nascondino.
Nicholas tenne attentamente d’occhio gli alberi, mentre attraversava il
bosco, ma non fu sorpreso di constatare che Michael era già sulla radura,
appoggiato a uno dei bassi muri, a braccia conserte. La postura rilassata non
corrispondeva al volto teso.
Mentre scendeva di sella, lo vide corrugare la fronte. — Sei in ritardo.
— Vedo che il tuo orologio è sempre preciso. — Nicholas legò il cavallo
fuori dalle rovine.
— Non perdiamo tempo in stupidi ricordi. Perché diavolo mi hai chiesto di
venire qui?
Nicholas avanzò tra i sassi, con la frusta sotto il mantello. Sebbene avesse
scelto di non andare armato all’incontro, aveva preferito non essere del tutto
disarmato. Si fermò davanti a Michael a pochi metri di distanza.
— Per due ragioni. La più importante è scoprire perché hai cominciato a
odiarmi. Dal momento che non te la sei presa con Rafe e con Lucien,
presumo che ce l’abbia unicamente me.
— Presunzione esatta.
Visto che l’altro non aggiungeva nulla, Nicholas proseguì in tono
incoraggiante. — L’unico motivo al quale posso pensare è semplice
competitività. Per questo, più volte tu e io ce le siamo suonate. Di solito era
uno scontro abbastanza equilibrato. Non mi preoccupava molto il fatto di
perdere, ma tu odiavi perdere. È questo il problema?
— Non essere assurdo — ribatté Michael. — Gli scontri tra scolari non
c’entrano per niente.
— E allora cos’ho fatto di così spaventoso che non riesci nemmeno a
parlarne?
— Una volta che te l’avrò detto, il dado sarà tratto e non avrò altra scelta
che ucciderti.
E siccome era evidentemente questa la sua intenzione, Nicholas aveva
tutto l’interesse a sapere.
— Non sono venuto qui per morire, Michael, ma se dovrò battermi con te
lo farò. — Si mise una mano sul fianco, spostando il mantello per esibire la
sferza. — Ma prima di arrivare a quel punto, devo scoprire se sei responsabile
dei recenti tentativi di uccidermi. — Represse un empito della collera di cui
era preda. — L’unica cosa davvero imperdonabile è che è stata messa a rischio
la vita di Clare. Anche per questo ti ho chiesto se eri dietro al tentativo. Sei
impazzito al punto di far fuori una donna innocente per colpire me?
— Non so di cosa stai parlando.
— Il giorno dopo il tuo ritorno a Penreith stavo tornando a cavallo con
Clare da una festa di bambini quando una pallottola ha sfiorato il mio cavallo.
Clare era certa che a sparare fossi stato tu, ma io ho pensato a un cacciatore
di frodo. Hai troppo buona mira per sbagliare.
— Hai ragione. Se avesse voluto spararti alla schiena l’avrei fatto
senz’altro. — Michael sogghignò. — Dev’essere stato un altro dei tuoi nemici.
— Non riesco a pensare a nessun’altro che voglia uccidermi, e per il
momento mi accontento del cacciatore di frodo. — La voce di Nicholas si
indurì. — Tuttavia, impossibile spiegare i cinque uomini che hanno teso un
agguato a Clare e a me in un capanno tra i monti. A mezzanotte l’hanno
incendiato, aspettando con i fucili spianati se tentassimo di fuggire.
Gli occhi di Michael si spalancarono in quella che sembrò sincera
sorpresa. — E ne siete usciti senza danno?
— Non grazie a te. — Nicholas si frugò in tasca, ne cavò il portabiglietti
d’argento e glielo gettò. Istintivamente, Michael ficcò la mano sotto il
mantello. Movimento che confermò il sospetto di Nicholas: era venuto
armato.
Appena si avvide che non gli gettava niente di pericoloso, Michael cambiò
atteggiamento. Riconoscendo il portabiglietti serrò le labbra. — Dove l’hai
preso? Hai nuovamente invaso la mia proprietà?
— Era davanti alla capanna dell’imboscata — ribatté Nicholas. — In un
tribunale, sarebbe sufficiente per mandarti alla forca. Ma nonostante tutto,
mi riesce difficile credere che tu possa essere così vigliacco e che assoldi dei
banditi per darti una mano. E allora, che cos’hai da dire?
— A te non devo rispondere, Aberdare, ma devo dire che la tua opinione è
giusta. Ho fatto del mio meglio per spezzarti il collo, a Londra, e avevo
progettato di sfidarti nuovamente, questa volta in un vero duello. Ma non ho
niente a che fare con l’imboscata. — Michael alzò il portabiglietti. — L’ho
perduto parecchi giorni fa. Non so esattamente né dove né quando. — Se lo
infilò in tasca. — Questo, per quanto riguarda la mia proditorietà.
Evidentemente hai più nemici di quanto pensassi.
Intuendo che l’altro non si rendeva conto di ciò che questo significava,
Nicholas sbuffò esasperato.
— Maledetto sciocco, non ti rendi conto di cosa questo significa? Se stai
dicendo la verità, vuol dire che qualcuno vuole ammazzarmi e scaricare la
colpa su di te. E questo dovrebbe preoccuparti.
Michael parve sorpreso. — Non ha senso.
— Hai una teoria migliore?
Il silenzio fu rotto dal rumore di zoccoli. Nicholas si volse e vide Clare che
veniva alla loro volta tra gli alberi, cappello e gonna svolazzanti, la paura in
volto. Si rilassò quando si avvide che lui stava bene, ma poi guardò Michael e
si aggrondò. Con una punta di umor nero, Nicholas fece le presentazioni.
— Penso che ti ricorderai di Michael, che hai conosciuto a Londra.
— Non riesci a tenere sotto controllo tua moglie, Aberdare?
— Facile dirlo per te, che non sei mai stato sposato — rispose Nicholas
asciutto, — Ma ha ragione, Clare. La tua interferenza non è necessaria né
desiderabile.
Guardandoli come se fossero entrambi scolari recalcitranti, lei smontò. —
Gli uomini dicono sempre cose simili quando sono sul punto di commettere
idiozie. Spero che, dal momento che sono qui, non vi assassinerete a vicenda.
— Non credo che l’assassinio sia imminente — disse Nicholas. —
L’argomento è un altro: chi ha tentato di ucciderci. Michael sostiene di non
aver avuto mano nella fucilata che mi è stata tirata né nell’attacco al capanno.
— È tu gli credi? Se non è stato lui, chi allora?
Una nuova voce si fece udire dal limite della radura. — Siete sul punto di
scoprirlo, lady Aberdare.
Tutti e tre si volsero e videro George Madoc uscire da dietro uno dei muri
più alti, con occhi di ghiaccio e un fucile in mano. Stava fissando Clare.
— Non prevedevo che foste qui, ma devo dire che non mi preoccupa molto
ammazzarvi insieme agli altri. Siete sempre stata un’intrigante.
Michael fece un brusco movimento e Madoc gli puntò addosso il fucile. —
Non tentate niente, Kenyon, o vi ammazzo subito.
Fece un cenno soddisfatto quando Michael si immobilizzò. — Mi piace
vedervi obbedire agli ordini, anziché impartirli. Alzate le mani tutti e tre. Non
sapevate che Nye Wilkins era un tiratore scelto dell’esercito? Non sbagliava
un colpo. Ed è rimasto in contatto coi suoi vecchi amici. Mi ha stupito sapere
che siete riuscito a cavarvela, Aberdare. Siete più furbo di quanto credessi.
Del resto, gli zingari sono noti per la loro astuzia.
Mentre loro tre alzavano le mani, Wilkins venne avanti e puntò il fucile su
Nicholas. Il minatore era alto e asciutto al punto da somigliare a Michael, e
Clare intuì che doveva essere quello che lei e Nicholas avevano visto fuori dal
capanno la notte dell’attacco. Gli occhi di Michael si strinsero a formare due
pericolose fessure.
Presumo che abbiate rubato il portabiglietti nel mio ufficio.
— Già. Ed è lì che oggi ho trovato la lettera di Aberdare. — Gli occhi pallidi
di Madoc brillarono di luce perfida. — Non mi avete mai preso sul serio, vero?
Per voi non ero altro che un prezzolato di bassi natali, e probabilmente
ignoravate che so usare questo fucile, anche se non sono un asso. Mi sono
impratichito cacciando sulla vostra terra mentre voi davate la caccia ai
francesi. Ho quasi ucciso Aberdare da una distanza tale che persino un
tiratore scelto l’avrebbe mancato. — Fece udire una rauca risata. — Sono più
furbo di voi e più duro di voi. E adesso mi impadronisco di ciò che è già mio.
— E sarebbe? — chiese Michael.
— La miniera. Ci ho lavorato per anni, ed è giusto che appartenga a me. È
grazie a me se ha reso. E anche se vi mandavo denaro in quantità plausibile,
ne restava parecchio per me. E voi siete stato troppo stupido per accorgervi
che vi truffavo.
— Sbagliato. — Lo sguardo fisso di Michael era quello di una tigre sul
punto di balzare. — Sapevo che eravate dedito a parecchie malversazioni, ma
non mi interessava conoscere tutti i particolari prima di ovviare agli altri
problemi causati dalla vostra cattiva gestione.
Sul volto di Madoc si disegnò un’espressione torva. Clare si chiese se
Michael non stesse tentando di provocarlo.
Forse ponendosi la stessa domanda, con voce fredda Nicholas intervenne.
— Tutto questo è molto interessante, ma io che c’entro? Abbiamo avuto solo
un breve scontro quando ho visitato la miniera, ma non mi sembra
abbastanza per assassinare Clare e me.
— Vi disprezzo entrambi. Sebbene siate inquinato da sangue zingaro, siete
un conte. E cos’è quella pia puttanella se non una paesana che ha fatto
carriera? Nessuno di voi ha la mia intelligenza e la mia ambizione, e tuttavia,
senza merito, voi sguazzate nel denaro. Avete ragione, non vi odio quanto
Kenyon. È per questo che ho deciso di darvi una rapida morte, in modo che la
colpa ricada su Kenyon. — Fece un perfido sorriso. — Non vedevo l’ora che il
nobile lord Kenyon fosse processato e messo a morte per assassinio. Dicono
che l’impiccagione sia dolorosa. Ma non tanto quanto l’umiliazione pubblica.
Dalla tensione nel volto di Michael, Clare si rese conto che Madoc
comprendeva perfettamente la sua vittima, ma quando Michael replicò il suo
tono fu ironico.
— Mi dispiace sapere che sarete privato del vostro divertimento.
Madoc alzò le spalle. — Una caratteristica dell’intelligenza è la flessibilità.
Dal momento che non sono riuscito a uccidere Aberdare e a scaricare la colpa
su di voi, adesso mi limiterò ad ammazzarvi entrambi. Il vostro odio per
Aberdare è noto, quindi si convinceranno che vi siete ammazzati a vicenda e
che la povera lady Aberdare è rimasta vittima del fuoco incrociato. Davvero
un peccato. — La sua espressione era sarcastica. — E quando la polvere si sarà
posata, salterà fuori un ben calibrato emendamento al vostro testamento.
Dove, in segno di riconoscimento per il mio fedele servizio, lasciate a me la
miniera, Bryn Manor e cinquemila sterline. Sarei stato uno sciocco se avessi
mirato alla vostra intera fortuna: questo avrebbe messo in sospetto i vostri
familiari. E con voi due morti, io sarò l’uomo più potente della valle.
Era fierissimo della propria astuzia, e Clare si chiese se non c’era modo di
usarla contro di lui. Già il suo bisogno di vantarsi lo aveva indotto a
quell’odioso discorso. Un uomo più saggio li avrebbe spacciati subito. E stava
commettendo lo stesso errore che aveva attribuito a Michael, quello di
sottovalutare i suoi avversari.
Diede un’occhiata a Wilkins, ma la sua piccola speranza sfumò. Quali che
fossero le debolezze di Madoc, Wilkins non era uomo da lasciarsi distrarre
dal suo letale dovere. Il terrore minacciò di avere la meglio su di lei. Credeva
nella vita immortale, ma la sua anima non era in condizioni impeccabili.
— Grazie per avere risposto alle mie domande — disse Nicholas con
recitata cortesia. — Detesto morire nell’ignoranza. — Diede un’occhiata a
Michael. — Avresti dovuto fare più in fretta, amico mio. Ti sei lasciato
sfuggire l’occasione di uccidermi.
Forse era solo frutto della sua immaginazione, ma Clare ebbe
l’impressione che un silenzioso messaggio venisse scambiato tra i due
uomini. Purtroppo Nicholas e Michael erano entrambi disarmati.
L’intuizione le giunse con brutale chiarezza: non c’era ragione di aspettare
inerti il massacro. Da un momento all’altro avrebbero tentato un attacco
suicida contro i due armati, perché una debole speranza era meglio di
nessuna.
La mente di Clare prese a turbinare. Loro erano tre e c’erano soltanto due
fucili a un colpo solo. Una volta scaricate le armi, la lotta sarebbe stata a
corpo a corpo.
E siccome lei era una donna, i due assassini l’avrebbero fatta oggetto di
minori attenzioni. Era la più vicina a Wilkins. Se l’avesse assalito, gli sarebbe
occorso qualche istante per puntare il fucile su di lei, e questo avrebbe fornito
a Nicholas e Michael i preziosi secondi di cui avevano bisogno.
Pensieri che furono interrotti dalla maligna voce di Madoc. — Recitate le
vostre preghiere, se pensate che vi faccia bene. Wilkins, tu ti occupi di
Aberdare e di sua moglie. Kenyon è mio.
Prima che Clare potesse mettere in atto il suo debole piano, Nicholas
parlò. — Un momento. Senza dubbio penserete che sono uno stupido
sentimentale, ma vorrei dare a mia moglie il bacio dell’addio.
Madoc scrutò Clare come se la vedesse per la prima volta. — Sapete che
siete diventata proprio una bella ragazza? Dicono che tutte le figlie di
predicatori siano in fondo al cuore delle puttane. E voi non potevate non
esserlo per aprire le gambe a uno zingaro. Wilkins, non spararle ancora.
Possiamo spassarcela un po’ dopo aver ucciso gli uomini. — Fece un cenno a
Nicholas. — Forza, baciala. Fallo bene, così la riscalderai per noi.
Nicholas inalò un profondo sospiro, sforzandosi di controllare la furia, e le
andò vicino. — Ti amo, Clare. Avrei dovuto dirtelo prima. — mormorò. Parole
che la meravigliarono al punto che quasi non udì quelle che lui aggiunse
mentre si chinava a baciarla. — Quando ti butto a terra, rotola dietro il muro
di pietra, poi scappa.
Le loro menti avevano funzionato in parallelo. Venendo a baciarla,
Nicholas era adesso più vicino a Wilkins, e sapendo che l’abbraccio poteva
assicurargli quel momento di distrazione al quale aveva pensato annuì,
sebbene non avesse nessuna intenzione di fuggire.
— Ti amo, Nicholas. E se non sei destinato ad andare in cielo, verrò
ovunque tu ti trovi.
Quale che fosse il piano di Nicholas, le probabilità erano tutte contro di
loro, e quello poteva essere davvero il loro ultimo bacio. Tra loro ci fu una
tempesta di emozioni. Le dita di Clare si strinsero sulle braccia del marito,
ma subito si costrinse ad allentare la presa, per non rallentarlo quando le
avrebbe dato la spinta. Avvertiva l’avido interesse dei due assassini. Era il
momento che Michael aspettava. Si gettò di lato, togliendosi dalla mira di
Madoc.
Nello stesso istante, Nicholas scattò. —Adesso! — Mentre lei cadeva a
terra, lui balzò in direzione opposta verso Wilkins.
Preso alla sprovvista, il sovrintendente perse pochi preziosi secondi nel
tentativo di prenderlo di mira. Ma prima che ci riuscisse la sferza di Nicholas
apparve come per magia nella sua mano, e sibilando si arrotolò sul fucile di
Wilkins, tirando la canna in basso e facendogli perdere la mira. L’uomo tirò a
sé l’arma per liberarla.
Clare si avvide che Michael non era disarmato: aveva una pistola. Lui e
Madoc presero insieme la mira e tirarono simultaneamente. Gli spari
riecheggiarono nel silenzio.
Il grido di Madoc fu ammutolito dal gorgogliare del sangue che gli uscì
dalla gola trapassata dalla pallottola. Michael cadde a terra rotolando.
Sebbene Clare non vedesse ferite, immaginò che fosse stato colpito, forse
mortalmente.
Ma non c’era tempo di occuparsi di lui perché tra Nicholas e Wilkins era
in corso una violenta zuffa. Nicholas tentava di strappare il fucile, che il
minatore serrava con furiosa determinazione. La sferza, arrotolata sulla liscia
canna del fucile, a un tratto scivolò, squilibrando Nicholas, che barcollò e
cadde su un ginocchio. Wilkins arretrò e prese la mira, con una luce diabolica
negli occhi.
Nicholas tentò di spostarsi, ma nella sua posizione non poteva evitare il
colpo.
Spinta dal panico che le serrava il cuore, Clare balzò in avanti nel tentativo
disperato di fermare la pallottola. Col palmo della mano colpì la canna nello
stesso istante in cui il fucile sparava. Il colpo le intorpidì il lato sinistro del
corpo e la fece cadere sull’erba. Rimase immobile, troppo intontita per
muoversi.
— Clare?
Sconvolto, Nicholas si lasciò cadere sulle ginocchia e la sollevò per il
busto. Intanto Wilkins bestemmiava e stava ricaricando il fucile. Mentre
alzava l’arma, lei tentò di avvertire Nicholas del pericolo, ma sembrava
incapace di parlare.
Ci fu un’altra esplosione, questa volta più debole di quella del fucile. Un
fiore rosso comparve sul petto di Wilkins che girò su se stesso e piombò a
terra, col fucile che volava in aria.
Clare girò la testa e vide Michael disteso sul ventre, la pistola salda nelle
mani, un filo di fumo che si levava dalla canna. Non solo era vivo, ma aveva
salvato la vita di Nicholas, pensò meravigliata. Davvero il Signore operava per
vie misteriose.
Si sentiva stordita, incapace di capire come uno scontro di pochi secondi
avesse lasciato due uomini sul terreno. Michael, che sembrava indenne, si
alzò facilmente in piedi, anche se Clare era troppo intontita per rendersi
conto se era ferito gravemente o soltanto tramortito.
Nicholas stracciò la manica sinistra del suo abito e lei gemette. Dopo
diede un’occhiata e sospirò sollevato.
— La pallottola ti ha trapassato il braccio. Deve fare un male atroce, ma ha
mancato l’osso. Andrà tutto bene, Clare. Perfino il sanguinamelo è scarso. —
Si strappò la cravatta e le legò il braccio.
L’intorpidimento stava attenuandosi e lei si alzò lentamente in piedi.
Nicholas la portò verso il muro in modo che potesse appoggiarsi. Solo allora
la fissò furioso.
— Perché diavolo hai fatto un’azione così stupida? Hai rischiato di farti
ammazzare.
— E tu perché non hai fatto niente per scansarti mentre Wilkins stava
ricaricando?
— Sapevo che di lui si sarebbe preso cura Michael. Quando mi sono reso
conto che eri stata colpita… — La voce gli si ruppe.
— Tu hai rischiato la tua vita per me, amore Non dovevo fare lo stesso per
te? — disse Clare con un debole sorriso.
Il volto di Nicholas divenne un caos di emozioni che riuscì a controllare
faticosamente.
Michael si avvicinò. — Lady Aberdare è sana e salva?
— Sì, grazie a te.
— Alzati e allontanati da tua moglie, Aberdare — disse Michael con voce
dura. — È tempo di sistemare la questione che ci ha portati qui e non voglio
che lei resti ferita.
Il tono della sua voce riscosse Nicholas. Alzò gli occhi, all’improvviso sul
chi vive.
La figura di Michael si stagliava contro il sole al tramonto, la pistola tra le
mani.
Ed era puntata al suo cuore.
32

Fissando la pistola, Nicholas si alzò e si allontanò da Clare. — Ci risiamo


— disse con tono colloquiale. — E non hai mai detto perché mi vuoi morto.
Michael si avvicinò. Adesso che non aveva più il sole alle spalle, nei suoi
occhi si leggeva una terribile disperazione. Pallidissima, Clare si tirò in piedi e
si appoggiò al muro.
— Se uccidete Nicholas dovrete uccidere anche me — disse in tono deciso.
— Credete forse che resterò zitta dopo che avrete assassinato mio marito?
— Certo che no. Mi vedrete impiccare, e giustamente. Ma poco importa. —
Michael mise il piede sulla frusta. Sempre fissando Nicholas, si chinò, la
prese, la gettò lontano. — Ma forse risparmierò al carnefice il disturbo di
mettermi a morte, perché non riesco a immaginare di sopravvivere dopo tutto
questo.
— E allora non fatelo! — gridò Clare. — Che cos’ha fatto Nicholas perché
lo uccidiate?
— Ho giurato che giustizia sarebbe stata fatta senza pensare che avrei
dovuto pagare per la mia promessa — disse Michael tetramente. — Quand’è
venuto il momento, sono stato vile. Ho passato quattro anni nell’esercito
sperando che una pallottola mi risparmiasse la necessità di farlo, ma il
destino mi ha preservato e mi ha portato qui. — Un intenso dolore gli si
dipinse in volto. — Non posso più oppormi al destino.
— A chi hai fatto quella promessa? — chiese Nicholas in tono pacato. — A
mio nonno? Mi odiava e ha fatto del suo meglio per allontanare da me gli
amici, ma non avrei mai creduto che mi volesse morto.
— Non a tuo nonno. A Caroline.
Ci fu un breve gelido silenzio, poi la rabbia esplose in Nicholas. — Cristo,
tu sei stato uno dei suoi amanti! Avrei dovuto immaginarlo. Avevo l’evidenza
sotto gli occhi, ma non volevo crederci. Non tu!
— Lei e io ci siamo amati fin dal primo momento, alle tue nozze,
quand’era troppo tardi — disse Michael. — E siccome eri mio amico, ho
lottato contro i miei sentimenti, come del resto lei. Ma… non potevamo
restare separati.
— Sicché sei stato un’altra vittima delle menzogne di Caroline.
— Non parlare così di lei! — Le dita di Michael serrarono il calcio della
pistola. — Non ti sarebbe mai stata infedele, se tu non l’avessi maltrattata
tanto. Mi ha detto tutto di te, la tua crudeltà, le cose disgustose che la
obbligavi a fare… Dapprima non le ho creduto, ma fino a che punto un uomo
può sapere come i suoi amici trattano le donne?
— E quanto può sapere un uomo di come una donna tratta altri uomini?
— Quando ho visto i lividi sul suo corpo e lei ha pianto tra le mie braccia,
le ho creduto. Caroline era terrorizzata da te.
— Se Caroline aveva lividi, era perché le piaceva il sesso violento… e come
suo amante non puoi non averlo notato — ribatté Nicholas. — Ed è morta in
un incidente perché pretendeva che il cocchiere andasse più svelto.
— Forse sei stato tu a causare quell’incidente, forse no. Ma poco importa.
Se non avesse avuto paura di te, non sarebbe fuggita da Aberdare quando sei
stato sorpreso a letto con la moglie di tuo nonno. Sei responsabile come se le
avessi sparato. Sapevi che era incinta, quand’è morta? Incinta di mio figlio… e
stava correndo da me.
— Caroline ignorava il senso dell’onore. Ma sì, forse tu eri il padre di suo
figlio. Certamente non era mio: erano mesi che non la toccavo. Non eri
l’unico candidato a quell’onore, comunque.
— Non calunniare una donna che non può più difendersi!
L’isteria nella voce di Michael obbligò Nicholas a reprimere la collera.
Adesso doveva rivelare l’intera verità, non c’era altra scelta. Incapace di
frenare la propria amarezza, ruppe gli indugi.
— Caroline era l’amante di mio nonno.
— Stai mentendo! — gridò Michael, il suo indice di Michael si contrasse
sul grilletto e Clare lanciò un grido.
— No! Vi imploro, non fatelo!
La sua invocazione lo fece esitare, e Nicholas proseguì — Maledizione,
Michael, ci conosciamo da vent’anni e siamo stati più che fratelli. Non vuoi
concedermi la possibilità di dire la mia?
— Parla, dunque, ma non aspettarti che io cambi idea.
— Come ben sai, mio nonno ha voluto il mio matrimonio per garantirsi la
successione. Conosciuta Caroline, ho accondisceso al suo desiderio, ma il
matrimonio è stato una menzogna fin dall’inizio. Lei mi ha confessato di non
essere vergine, che un uomo più anziano, un amico di famiglia, l’aveva
sedotta quando aveva quindici anni. Ero disposto a trascurare l’accaduto, ma
una volta sposati ho cominciato a chiedermi se mi avesse detto la verità. Era
troppo abile a letto per essere una ragazza che si diceva poco meno che
vergine. Ho concluso che mi avesse nascosto l’intera verità per assicurarsi un
matrimonio rispettabile. — Il volto gli si indurì al ricordo della propria
ingenuità. — Ero pronto a concederle il beneficio del dubbio. Non so se
l’amavo, ma… volevo amarla. — Nicholas tacque: preferiva essere ucciso che
rivelare altro di se stesso. — Ho pensato che fosse un buon matrimonio,
finché una notte in cui sono andato nella mia camera ho trovato sui suoi seni
tracce di morsi. Non ha neppure tentato di negare l’infedeltà, anzi, ha riso e
ha detto che non si aspettava la fedeltà da me e che io non dovevo
aspettarmela da lei. Mi sono rifiutato di accettare queste condizioni e lei,
persuasa di riuscire a farmi cambiare idea, ha tentato di sedurmi. Al mio
diniego si è infuriata. Ha giurato che me l’avrebbe fatta pagare. E per Dio, l’ha
fatto! Quella scenetta ha avuto luogo nell’aprile del 1809. È lecito pensare
che il suo amore per te abbia avuto la meglio sui suoi scrupoli poche
settimane dopo quella notte?
Il pallore di Michael fu una risposta sufficiente.
— L’ho rispedita ad Aberdare e sono rimasto a Londra. A ripensarci,
avrebbe dovuto insospettirmi l’arrendevolezza con cui aveva accettato di
andarsene, ma non riuscivo a pensare con chiarezza. Ho deciso allora di
raggiungerla per parlarle, nella speranza di appianare le cose. Invece è stata la
classica farsa: il marito sciocco che torna inaspettatamente a casa e trova sua
moglie a letto con un altro uomo. E l’altro uomo era mio nonno. Mi ha
spiegato allegramente quanto furbo era stato. Fin dall’inizio aveva detestato il
mio sangue zingaro ed escogitato un modo per aggirare il problema. Una
volta morta la prima moglie si è risposato. Ma Emily non ha concepito,
nonostante i suoi sforzi.
— Stai mentendo — replicò Michael. — Perché tuo nonno avrebbe cercato
di avere un altro figlio dal momento che tu avresti comunque ereditato?
— Sottovaluti la sua ingegnosità. Ha preparato una serie di documenti
falsi sul matrimonio dei miei genitori e sulla mia nascita. Se fosse riuscito a
mettere al mondo un altro figlio, avrebbe distrutto i documenti veri e avrebbe
portato quelli falsi a un avvocato, e io sarei stato diseredato.
Clare fece udire un sospiro. — Erano quelli i duplicati che ho scoperto
nella Bibbia di famiglia… quelli che hai bruciato?
Nicholas annuì. Poi continuò, rivolto a Michael. — Adesso capisci perché
ero indignato? Ma il vecchio non è riuscito a ingravidare Emily, quindi
doveva trovare un altro modo per tagliarmi fuori. E siccome Caroline era già
la sua amante, ha concepito l’idea di darla in moglie a me, e lei probabilmente
ha accettato perché la depravazione dell’accordo la solleticava. Maledizione,
può darsi che l’abbia proposto lei stessa!
Nicholas fece una pausa, prendendo un respiro.
— La ragione per cui mio nonno era così disposto a rivelarmi tutto questo
era perché Caroline gli aveva appena detto di essere incinta. E lui era
trionfante, convinto che il figlio fosse suo, e maschio, sicché il mio sangue
zingaro sarebbe scomparso dalla dinastia dei Davies. Ha continuato dicendo
quanto astuta era Caroline, quali precauzioni aveva preso per assicurarsi che
non la ingravidassi. La mia ipotesi è che, siccome non era riuscito a farlo con
Emily, il figlio probabilmente era tuo… anche se poco importa. Se fossi stato
uomo da commettere un assassinio, l’avrei fatto quella notte. Ma non me la
sono sentita; ho detto invece che intendevo portare Emily a Londra, dove
avremmo dato il via al più turpe divorzio nella storia dell’Inghilterra, così lei
e mio nonno avrebbero dovuto rivelare ciò che erano. Avevo ereditato da mia
nonna ed ero finanziariamente in grado di farlo.
Strinse le mani a pugno.
— Potrei forse essere accusato di aver causato la morte di mio nonno.
Adulterio, tradimento e incesto non lo preoccupavano. Ma evidentemente la
minaccia di finire sulla bocca di tutti gli ha causato un attacco di cuore non
appena sono uscito per andare da Emily. È morto nella sua camera da letto, e
penso che Caroline ce l’abbia portato per nascondere le loro malefatte. Poi ha
preso i gioielli, ha abbandonato l’amante ed è corsa da te nella tempesta, dal
momento che tu eri l’ultima risorsa. Persino morendo, ha avuto la fortuna
dalla sua. Quando il valletto di mio nonno è venuto a informare Emily che
suo marito stava male, ci ha trovati insieme, ed Emily era in camicia da notte.
Così siamo stati accusati di adulterio e Caroline è morta con la reputazione di
moglie fedele e offesa.
— Stai mentendo — ripeté Michael. — Hai inventato tutte queste cose per
nascondere i tuoi crimini.
Clare interloquì. — Lord Michael, adesso sono la moglie di Nicholas. Il
periodo del nostro corteggiamento è stato difficile, e molti uomini al suo
posto sarebbero stati tentati di ricorrere alla violenza. Ma non Nicholas. Io
che lo conosco meglio di chiunque altro giuro che non avrebbe mai potuto
maltrattare una donna, come sosteneva Caroline.
Michael esitò, e Nicholas si mosse verso di lui, un passo alla volta. — In
tutti gli anni che ci siamo frequentati, ti ho mai mentito?
— No, che io sappia, ma ti ho visto mentire ad altri. Hai raccontato storie
incredibili: che eri un principe indiano, un guerriero turco… e Dio sa cos’altro
ancora. Poi ridevamo assieme della tua capacità di convincere. Perché dovrei
crederti adesso?
— Quelli erano giochi innocenti. Io agli amici non mento — replicò,
Nicholas. — Buon Dio, se stessi mentendo credi forse che avrei inventato una
storia, tanto umiliante? Essere ingannato da mio nonno!
Un altro passo avanti lo portò faccia a faccia con Michael.
— Quando me ne sono andato dall’Inghilterra non pensavo di rimetterci
più piede. Ma fuggirne non è bastato a togliermi il dolore, come tornare
nell’esercito non ha cancellato il tuo. E neppure l’assassinio servirebbe. —
Allungò la mano. — Dammi la pistola.
Michael face un passo indietro e abbassò la mano con la pistola puntata a
terra. Il suo volto era bianco, e stava tremando. Lentamente, Nicholas prese
l’arma e lui non oppose resistenza. La scaricò e la gettò lontano.
Michael crollò, lasciandosi cadere a terra, e si nascose il viso tra le mani.
— Sapevo che ciò che stavo facendo era assolutamente sbagliato — disse
angosciato. — Ma non potevo stare lontano da lei, anche se questo significava
tradire tutto ciò in cui credevo.
Clare gli si inginocchiò accanto. — Amare ed essere amati è il più
impellente dei bisogni umani — disse con profonda compassione. — Che
Caroline fosse indegna del vostro amore, era una tragedia, non un delitto. —
Gentilmente gli prese una mano tra le sue. — Era una cosa terribile essere
lacerato tra due lealtà, ma adesso è finita. Non dovete più torturarvi.
— No, quello che ho fatto è imperdonabile — disse fiaccamente Michael.
— Nulla è imperdonabile, se c’è vero pentimento.
Clare aveva parlato con una forza che a Nicholas ricordò suo padre.
Michael alzò la testa, e le lacrime scorrevano sulle sue guance scavate.
— A Londra vi ho dato della puttana, e per poco non ho ucciso vostro
marito. Potete perdonarmi? Io non posso perdonarmi.
Clare gli scostò i capelli come se fosse uno dei suoi scolaretti. — A contare
sono le azioni, e per quanto abbiate tentato, non siete riuscito a commettere
l’estremo tradimento all’amicizia. — Scoccò un’occhiata al marito,
chiedendogli aiuto in silenzio.
Le mani di Nicholas si strinsero a pugno. Gli faceva male sapere che uno
dei suoi più intimi amici era stato amante di Caroline. Ma aveva guardato il
volto tormentato di Michael, e ormai ne provava pietà.
Sospirò e si inginocchiò accanto a lui. — Caroline era la bugiarda più
convincente che io abbia conosciuto. Ci ha preso in giro tutti. Non l’ho amata
quanto l’hai amata tu, eppure per poco non mi ha distrutto. Ha fatto del suo
meglio per distruggere la nostra amicizia, perché sapeva quanta importanza
aveva per me. E tu vorresti che lei continui ad avere la meglio anche oltre la
tomba?
Clare teneva ancora la mano di Michael, e Nicholas mise la propria sopra
entrambe.
— Ho sentito la tua mancanza. Tutti l’abbiamo sentita. È giunto il
momento di tornare a casa.
Michael fece udire un suono soffocato. Poi tolse la mano e strinse con
forza disperata quella di Nicholas. Ci fu un lungo silenzio poi fece udire un
profondo sospiro e alzò la testa.
— Nicholas, potrai perdonarmi ciò che ho fatto? Se la situazione fosse
stata esattamente opposta, e tu fossi stato l’amante di mia moglie, non so se
avrei potuto farlo.
— Siamo diversi da molti punti di vista. E questo è parte integrante
dell’amicizia. Inoltre, anche se avevi intenzione di uccidermi, non l’hai fatto.
Anzi, hai salvato la mia vita e quella di Clare. E dunque posso perdonarti ogni
cosa. — Nicholas gli tese la mano. — Pace?
Dopo una breve esitazione, Michael gliela strinse con forza, come se
afferrasse un salvagente gettato in un mare tempestoso. — Pace, e… ti
ringrazio. Sei un uomo migliore di me.
— Ne dubito, ma so che è più facile perdonare quando si ha il cuore pieno
d’amore — rispose Nicholas, e guardò Clare.
Con movimenti rigidi, Michael si alzò in piedi. — Che cosa resta da fare
dopo una figuraccia del genere?
Nicholas si alzò e aiutò Clare a farlo a sua volta. — Si continua a vivere.
L’aria si stava rinfrescando e Nicholas si tolse il mantello e lo mise sulle
spalle della moglie, che guardò Michael.
— Venite ad Aberdare questa sera, così non starete solo.
— Vi ringrazio, ma penso di aver bisogno di solitudine.
— Chiamami Clare e senza formalità diamoci del tu. Vuoi pranzare con
noi domani? Mi piacerebbe incontrarti in condizioni normali, anziché in
pieno melodramma.
— Se proprio volete… — Michael si strofinò stancamente la tempia. —
Adesso voi andate a casa. Io informerò le autorità e provvederò ai cadaveri. In
battaglia ho imparato a sistemare i morti.
— Ti dispiacerebbe prenderti cura del cavallo di Clare? Vorrei portarla
subito con me.
— Certo. Ve lo riporterò domani.
Nicholas e Clare, in groppa a un solo cavallo, erano ormai vicini ad
Aberdare quando lui ruppe il silenzio.
— Adesso conosci tutta questa brutta storia.
Lei gli appoggiò la testa sulla spalla e annuì. — Ironia ha voluto che tu
fossi più saggio, più civilizzato, più generoso del tuo orgoglioso nonno. Come
hai fatto a sopravvivere a tanto odio?
— Quando mi sono reso conto che il suo disprezzo non mi toccava, ho
lasciato perdere. E quasi sempre sono riuscito a essere felice nonostante lui.
Ormai erano giunti ad Aberdare. Lasciando il cavallo allo stalliere,
Nicholas portò in braccio Clare in casa e poi nella loro stanza. Lei protestò.
— Non mi sento poi così male.
— Non voglio correre rischi. — Nicholas la mise a letto, le pulì la ferita col
brandy, poi vi spalmò sopra un impiastro di erbe. — È un rimedio zingaro —
spiegò bendandole il braccio.
Vedendolo silenzioso, si sentì stringere il cuore — Tuo nonno e Caroline ti
hanno tradito… non però Marta. Stando a Keja, lei voleva che fossi io a
spiegare certe cose, perché un’altra donna non si sarebbe resa conto che una
madre farebbe sempre tutto il possibile per suo figlio. Marta ti amava, e ti ha
lasciato tutto ciò che per lei aveva valore. — Aprì la borsa e ne versò il
contenuto sul copriletto.
Tra le ghinee c’era un anello d’oro che non aveva notato. Fu Nicholas a
prenderlo e infilarselo al medio.
— L’anello di nozze che mia madre ha dato a mio padre. Ah, se avessi
saputo che era malata!
— A proposito di matrimonio, come si spiega che tu ne abbia accettato con
tanta facilità l’idea?
— Non l’idea del matrimonio… l’idea di te.
Ridendo, lei si adagiò sul letto, trascinandolo con sé.
— Sei sicura che il braccio non ti faccia troppo male? — chiese Nicholas.
— Se mi dai ancora un bacio non me ne accorgerò nemmeno.
Nicholas fece l’amore delicatamente, come se lei fosse la cosa più preziosa
sulla terra. E questa volta le saccheggiò letteralmente l’anima, perché a nulla
si sottrasse. Carne alla carne, anima all’anima, insieme trovarono il contatto
che avevano sognato. E la realtà superò le loro speranze, così come il sole
oltrepassa una candela.
L’Angelo Caduto era giunto a casa.
Epilogo

Agosto 1814

Fu la più grande festa nella storia della miniera di Penreith. Mentre Clare
e Nicholas scendevano dolcemente con il nuovo montacarichi a vapore
insieme a una decina di altri ospiti, udirono una musica salire dal pozzo,
unita al rumore della nuova pompa Watts.
Era stata un’idea di Michael quella di celebrare i miglioramenti apportati
alla miniera con un ricevimento sottoterra al quale erano invitati tutti gli
abitanti della valle. L’ampia galleria alla base del montacarichi era piena di
fiori e candele, e la folla invadeva anche i tunnel vicini. Alcune persone si
davano già da fare ai tavoli del rinfresco, mentre i bambini si accalcavano al
tavolo dei dolci. Quando i suonatori attaccarono un ritmo popolare, le coppie
cominciarono a ballare. Clare notò che alcuni di loro erano metodisti, ma
sarebbe stato difficile considerare un peccato ballare in una miniera di
carbone. E com’era inevitabile, altri ospiti presero a cantare allegramente, e le
loro voci ricordarono a Clare il coro che aveva udito nell’abbazia di
Westminster.
Quando uscirono dal montacarichi, Michael venne a salutarli sorridendo.
Aveva messo su peso e sembrava rilassato al punto da non ricordare l’uomo
tormentato di tre mesi prima.
— Cosa ne pensi adesso della miniera? — chiese all’amico.
— Mi sembra straordinariamente civilizzata — rispose Nicholas. — Ma
cosa vuoi fare di te stesso, ora che tutto funziona perfettamente?
— Non preoccuparti, troverò qualcosa da fare.
— Rafe e Lucien non sono ancora arrivati? — chiese Clare.
— Già ieri sera erano a Bryn Manor — rispose Michael, e fece udire una
risatina. — Oggi Lucien ha dovuto essere trattenuto con la forza perché
voleva smontare la pompa a vapore per vedere come funziona.
Clare si guardò attorno e vide Lucien intento a conversare con l’ingegnere
minerario, mentre accanto a lui Rafe stava ascoltando attentamente una
bambina di cinque anni.
Nicholas lo indicò. — C’è Rafe. Vuoi salutarlo, Clare?
— Tra poco. Prima voglio parlare con Marged.
— Non allontanarti — le ordinò lui.
Lei sorrise con aria mite. — No, mio signore e padrone.
Marged abbracciò stretta Clare. — Avresti mai creduto che la vecchia
miniera potesse diventare così?
— No, ma sono lieta che Owen abbia accettato la proposta di Nicholas di
dirigere i lavori alla cava d’ardesia. — Vide Nicholas, Michael, Lucien e Rafe
che si erano raccolti assieme. — Sono ancora i quattro uomini più belli che
abbia mai visto — commentò. — Salvo Owen, naturalmente.
Una banda di bambini la circondò e se la portò via. C’erano momenti in
cui Clare sentiva la mancanza dell’insegnamento, ma adesso che poteva
attingere alla profonda borsa del marito, poteva aiutare la gente in misura
ben maggiore.
Si avviò alla volta di Nicholas, che sentì la sua presenza, sebbene le
voltasse le spalle. Senza guardare, allungò la mano e trasse la moglie di fronte
a sé, per poi abbracciarla.
Lucien e Rafe salutarono caldamente Clare, prima di tornare alla loro
discussione. Rafe concluse quello che stava dicendo prima del suo arrivo.
— Tutti hanno bisogno di credere in qualcosa. Per quanto mi riguarda,
siccome la vita è inesorabilmente fatale, credo che bisognerebbe almeno
viverla con stile.
Lucien sorrise. — Sebbene io abbia un altissimo rispetto per la sincerità,
credo che l’ambiguità sia un talento sottovalutato.
— Io credo nell’onore — disse subito Michael. — E anche nella capacità
rilassante di un buon sigaro.
Gli occhi di Clare si illuminarono. — Io credo che le donne siano uguali
agli uomini.
I quattro Angeli Caduti sembrarono allarmarsi. — È pericolosa, Nicholas.
Farai meglio a renderla felice — disse Rafe.
— È quel che voglio fare. E riguardo alle cose in cui credo… io credo nei
pinguini…
— È facile crederlo, soprattutto per chi ha visto quegli animali — disse
Lucien.
Nicholas sorrise. — E nell’amicizia. — Le sue braccia si strinsero attorno a
Clare. — E soprattutto credo nell’amore.
Nota dell’Autrice

Nota destinata a coloro che credono quanto a me nei piccoli fatti della
storia.
Il primo tavolo da biliardo con piano di ardesia è stato fabbricato da John
Thurston a Londra nel 1826. E per decenni l’ardesia del Galles meridionale fu
il materiale preferito. Ne sono certa: Thurston ha preso l’idea da Clare e
Nicholas!
Mettere un pezzo di cuoio sul puntale della stecca è un’idea venuta a un
capitano di fanteria francese a nome Mingaud, tra il 1807 e il 1820. Siccome
all’epoca era in carcere; e lì c’era un biliardo, aveva tutto il tempo che voleva
per esercitarsi. Anzi, una volta scontata la sua pena, chiese di restare in
prigione ancora un mese per perfezionare la sua tecnica. Il permesso gli fu
concesso. C’è gente che farebbe qualsiasi cosa per giocare a biliardo. Una
volta uscito dalla gattabuia, divenne professionista e famosissimo.
All’epoca in cui è ambientato Tuono di passione, l’industria mineraria
britannica era all’inizio della grande espansione alla quale si deve il sorgere
delle grandi comunità minerarie gallesi. Nel 1815 fu inventata la lampada di
sicurezza Davy, che proteggeva i minatori dagli effetti esplosivi del grisù, che
è un miscuglio di aria e metano. Le società metodiste, con le loro passioni
spirituali e il loro amore per certi segmenti di società ignorati dalla chiesa
ufficiale, ebbero grande influenza morale tra i minatori.
Gli accenni alle tradizioni minerarie di cui si parla nel libro erano realtà:
minatori ciechi, argento in fili, il minatore che si è sacrificato perché sapeva
che sarebbe andato in cielo, ma si preoccupava per l’anima dei suoi colleghi.
È accaduto in Cornovaglia, il minatore è miracolosamente sopravvissuto, e ha
potuto spiegare le sue ragioni.
Voglio porgere ringraziamenti particolari a Carol Hanlon e a Dean
Stucker, rispettivamente biologa e ingegnere minerario, per avermi aiutato
nelle parti relative all’attività mineraria.
Mary Jo Putney

Dopo gli studi e la laurea in letteratura inglese e in design industriale, e le


successive esperienze lavorative in California e Inghilterra come progettista,
Mary Jo Putney non immaginava davvero che un giorno il suo sogno più
grande si sarebbe realizzato: diventare scrittrice. E bastato però il casuale
acquisto di un computer, necessario per la sua attività grafica, per scoprire
che era proprio quello lo strumento che ancora le mancava per realizzare le
sue fantasie, e con un pizzico di incoscienza ma con enorme entusiasmo si è
lanciata nella stesura del suo primo romanzo. E poiché la fortuna sorride agli
audaci, i risultati sono stati ottimi e incoraggianti, e da allora Mary Jo ha
iniziato una felice carriera di scrittrice, conseguendo anche numerosi
riconoscimenti letterari. Ora vive a Baltimora, nel Maryland, con la sua pigra
gattona, Miss Pudge.
Table of Contents
Trama 2
Dedica 5
Passione di tuono 6
Prologo 7
Capitolo 1 11
Capitolo 2 17
Capitolo 3 23
Capitolo 4 30
Capitolo 5 37
Capitolo 6 44
Capitolo 7 51
Capitolo 8 56
Capitolo 9 62
Capitolo 10 69
Capitolo 11 74
Capitolo 12 82
Capitolo 13 91
Capitolo 14 99
Capitolo 15 108
Capitolo 16 112
Capitolo 17 118
Capitolo 18 127
Capitolo 19 132
Capitolo 20 142
Capitolo 21 151
Capitolo 22 157
Capitolo 23 163
Capitolo 24 168
Capitolo 25 172
Capitolo 26 178
Capitolo 27 184
Capitolo 28 192
Capitolo 29 198
Capitolo 30 206
Capitolo 31 211
Capitolo 32 221
Epilogo 228
Nota dell’Autrice 230
Mary Jo Putney 231

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