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Associazione Riviere – Corso di Formazione

Bologna - 2011/12

Martino Chiorboli - Tesi finale –

Oltre l’illusione della Sofferenza


8,45

Evitare la Sofferenza… Ricercare la Felicità:


il grande denominatore comune di tutta la grande famiglia dell’umanità.

Nel grande cerchio della Vita e della Morte gli esseri umani cercano,
maldestramente, di evitare l’una e di rincorrere l’altra.

Ma cosa occorre per essere felici?

Da sempre l’uomo si pone questo interrogativo, spesso senza saper dare


una risposta…
eppure, indipendentemente dalle loro storie personali, dalle loro condizioni
sociali, economiche o religiose… incontriamo persone felici… e persone
infelici.

Cosa fa la differenza?

Non verità assolute… ma una conquista graduale e impegnativa… possibile


solo se caratterizzata da Costanza, Intento e Determinazione.

E’ questo che ci richiede l’Esistenza per poter VIVERE invece di


sopravvivere…
Lo stesso che l’Esistenza ci chiede per affrontare la Morte e il Morire con
dignità e rispetto.

In vero, la Morte di parenti, amici, conoscenti e infine… la Nostra Morte, sono


eventi con cui Tutti, prima o poi, dobbiamo confrontarci…
Ma quanti di noi sono pronti ad affrontare la possibile perdita delle persone
che ci sono care?
Quanti sono pronti a sostenere un familiare, un genitore, un figlio o un amico
morente? e infine… ad affrontare con serenità l’ultimo capitolo della propria
vita?

La Morte e il morire sono stati rimossi da una cultura che non ci prepara in
nessun modo ad affrontare questo evento con modalità adeguate a dare
dignità, sostegno e affetto ai morenti e a condividere con i nostri cari
quell’intimità e quelle emozioni indimenticabili che dovrebbero
accompagnare il momento del trapasso.

Ma se abbiamo già notevoli difficoltà a Vivere, perlomeno a vivere con la V


maiuscola, è probabile che anche davanti alla morte non riusciamo a fare
molto meglio.

Vita e Morte sono le due facce di una stessa medaglia, sta in Noi assumerci
la responsabilità di scoprire il senso più autentico dell'esistenza e il ruolo che
ha hanno in questo meraviglioso e misterioso progetto.

Allora potremo guardare alla nostra fine con dignità e consapevolezza e


come al primo passo di una Nuova Grande Avventura.
E come il fiume che sfocia nel mare, potremo così accogliere il nostro ultimo
respiro con un sorriso divertito e soddisfatto.

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Secondo alcune tradizioni orientali la nostra felicità e la nostra sofferenza


derivano principalmente dal conoscere la propria mente.

Come abbiamo già detto, noi, e tutti gli altri esseri viventi, senza eccezioni,
desideriamo la felicità e cerchiamo di evitare la sofferenza; questo è lo
scopo principale di tutto quello che facciamo, diciamo e pensiamo.
Tutti desideriamo continuare a vivere e aspiriamo a un certo grado di felicità,
libertà, amore e benessere.
Eppure, per quanto fortunati possiamo essere, alla fine sembra sempre
che qualcosa continui a sfuggirci; quella voce interiore, che conosciamo
da sempre, continuerà a dirci: "C'è ancora qualcosa che mi manca; non
sono ancora veramente felice".

La felicità e la sofferenza sono esperienze, stati della mente; potremo mai


riuscire a raggiungerle o evitarle, se ci disinteressiamo proprio della mente,
di ciò che fa l'esperienza?
Eppure la maggioranza degli esseri fa esattamente questo: cercare
all'esterno qualcosa che in realtà si trova all'interno; rincorrere un'infinità di
oggetti dimenticandosi completamente del soggetto.

Questo atteggiamento maldestro produce tutti i paradossi, piccoli e grandi


del mondo che ci circonda.

Conoscere la mente significa rendersi conto di come i nostri modi di


pensare, sentire e reagire creano la nostra felicità e la nostra sofferenza.

Quindi non è affatto un argomento astratto, qualcosa di cui dovrebbero


occuparsi solo gli psicologi o gli studiosi del settore.

La conoscenza della mente non appartiene a nessuna filosofia di vita in


particolare, trascende ogni distinzione fra ideologie o schieramenti politici,
e non può essere rinchiusa nei confini di una dottrina religiosa.
Piuttosto, ha a che fare con la nostra condizione di esseri umani in quanto
tali.

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Possiamo attaccarci con gran forza alle nostre convinzioni sposando una
certa fede politica, potremmo avere idee molto precise su cosa sia "una
società migliore"; ma a cosa serve questo, se individualmente non
siamo capaci di diventare noi stessi "una persona migliore" e
continuiamo ad essere in balìa di emozioni conflittuali?
Abbracciando un insegnamento religioso, potremmo avere idee molto
precise su cosa siano la "verità assoluta" o la "legge divina"; ma a cosa
serve questo, se non sappiamo riconoscere (e trasformare) quegli aspetti
della nostra mente che creano confusione e sofferenza in noi stessi e
negli altri?

Potremmo avere convinzioni irremovibili su cosa sia "meglio" o "peggio" per


noi e per tutti; ma a che scopo se, in realtà, non siamo quasi mai soddisfatti
e non riusciamo ad essere di buon esempio per gli altri?

Non importa quali siano le nostre convinzioni, fedi o principi: all'atto pratico,
tutti abbiamo bisogno di conoscere la nostra mente.

Nel tentativo di "puntellare" la nostra fragilità interiore, potremmo dedicare la


nostra vita ad accumulare e gestire beni materiali di qualsiasi tipo, a
manipolare gli altri o a conquistare posizioni di un certo potere o prestigio.
Ma tutto questo finisce inevitabilmente per snervarci, e il momento di goderci
il meritato frutto dei nostri sforzi non arriva mai.

Se non abbiamo la padronanza della nostra mente e dei nostri stati interiori,
non ci servirà a molto il dominio sulle cose, le persone e le situazioni esterne.

Possiamo rincorrere le nostre passioni, il piacere di tutti e cinque i sensi, la


bellezza delle diverse forme artistiche, e tutto questo è auspicabile, se non
fosse che a volte la nostra mente si fissa, si incolla a qualcosa con tutte le
sue forze e produce l'illusione che, senza quella cosa, la nostra felicità (o la
nostra stessa vita) sarebbe impossibile. In questo modo le nostre fissazioni
e i nostri attaccamenti distruggono proprio quella gioia che vorrebbero
creare.

Un altro tentativo di trovare un rifugio dalla nostra confusione, potrebbe


essere quello di immergersi in un vortice frenetico di attività, così da non
avere mai tempo per fermarsi a pensare.
E allora tutta la nostra anima è nel lavoro; finito questo, occorre
programmare le vacanze - che sono ancora un tipo di lavori forzati, solo un
po' diverso.

Nel frattempo, non dobbiamo perdere di vista quell'obiettivo o quel progetto


che abbiamo deciso di realizzare; mentalmente, già ci prepariamo a tutte le
attività che intraprenderemo per raggiungerlo.
Appena c'è di nuovo un po' di tempo libero bisogna divertirsi ad ogni costo,
come minimo organizzare qualcosa con gli amici e così via.
Ma questo modo di vivere correndo, alla lunga ci svuota; se le nostre attività
non sorgono dalla confidenza con noi stessi, dallo spazio naturale della
nostra mente (a cui poter tornare in qualsiasi momento), tutto ciò che
facciamo ci lascia esausti e con un pugno di mosche in mano.

Ancora, potremmo essere il tipo di persona che non corre dietro a nulla in
particolare, che privilegia la tranquillità e il quieto vivere, un certo grado di
comodità e l'assenza di eccessive difficoltà.
Ma neppure questa isola personale, basata sul farsi i fatti propri, costituisce
un rifugio affidabile. Gli ostacoli che cacciamo dalla porta, rientrano dalla
finestra per infastidirci ancora di più e - quel che è peggio - sembrano
riprodursi all'infinito.
Vorremmo semplicemente essere lasciati in pace, ma la nostra mancanza di
flessibilità trasforma ogni imprevisto in una sfida insopportabile.

Quando la vecchiaia e la morte vengono a bussare alla nostra porta,


potrebbe essere troppo tardi per accorgerci che tutta la nostra vita non è
stata di grande beneficio, in fin dei conti, né per noi né per gli altri.

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In una barzelletta si racconta di un uomo che cerca alacremente qualcosa


per terra di notte, alla luce di un lampione. Sopraggiunge un amico che,
offrendosi di aiutarlo, gli domanda: "Cos'hai perso?"; lui risponde: "Le mie
chiavi di casa". "Ma dove ti sono cadute precisamente?" chiede l'amico;
"Laggiù, a cinquanta metri da qui" . Stupefatto, l'amico domanda: "E allora
perché mai le stai cercando qui?". "Perché qui c'è la luce del lampione,
mentre laggiù non si vede niente!".

Noi esseri ordinari siamo un po' come il protagonista di questa barzelletta; ci


ostiniamo a cercare la felicità in un luogo in cui è impossibile trovarla: fuori
di noi.

A dire il vero, la felicità che viene dall'esterno non è del tutto inesistente;
si può ricavare una certa soddisfazione temporanea dall'ottenere cose,
situazioni o persone desiderate.
Ma questa felicità non è destinata a durare ed è completamente inaffidabile;
non è di prima scelta ma di qualità piuttosto scadente.

Quando facciamo dipendere la nostra felicità dal raggiungimento di certe


condizioni esterne, tutto ciò che ci circonda sembra interferire negativamente
con i nostri desideri e gli ostacoli sembrano moltiplicarsi.

Quel che è peggio, anche quando riusciamo a realizzare certe aspirazioni,


quella felicità che credevamo di afferrare in realtà ci sfugge di mano.
Basta esaminare la nostra situazione per convincersene: non c'è bisogno di
credere a queste parole per fede, le esperienze personali di ciascuno di noi
ci confermano continuamente che le cose stanno proprio così.

Di solito pensiamo in termini di Quando e Allora:


"Quando avrò raggiunto questo e quest'altro, Allora sarò finalmente felice!".
"Quando potrò davvero realizzarmi sul lavoro, o avrò raggiunto
quell'obiettivo nella mia carriera, Allora sarò felice".
"Quando avrò trovato il partner dei miei sogni, Allora…". "Quando avrò
finalmente la mia casa (la mia auto, il livello di guadagni desiderato, l'ultima
novità in fatto di tecnologie portatili, e così via) Allora…".
Ma questo, di fatto, non succede mai. Non è mai successo fino ad ora, e non
si vede come potrebbe avverarsi magicamente in futuro.
Non è così che funziona la vita;
le cose (le persone e le situazioni) cambiano continuamente.
Le cose si deteriorano, le persone cambiano, le situazioni si modificano. e
presto o tardi cessano di esistere, o di produrre quella felicità che ci
aspettavamo.
Anche se non dovessero cambiare le situazioni esterne, siamo noi stessi a
cambiare: quello che ci dà gioia oggi, forse può darcela anche domani e
dopodomani. Ma fra una settimana, un mese o un anno sarà già caduto nel
dimenticatoio.

Per allora la nostra mente starà già rincorrendo nuovi desideri, in un


processo che è chiaramente senza fine.

Tutta la felicità passata, presente e futura deriva dal conoscere la nostra


mente, perché è proprio lì che tutto quanto ha origine.

Viceversa, tutta la sofferenza passata, presente e futura deriva dall'ignorare


la natura della nostra mente e di tutte le nostre esperienze - inseguendo la
felicità in territori in cui non può essere trovata;

La Mente

L’Esistenza ci ha donato uno strumento così potente che potrebbe


permettere agli esseri umani di creare, più o meno consapevolmente, la vita
e le situazioni che davvero desiderano.

Uno strumento così potente da richiedere grande attenzione e


consapevolezza nel suo utilizzo. Perché così come può essere usato per
creare felicità, bellezza e armonia, esso può essere usato per creare
sofferenza, disagio e profondo malessere.

Dai risultati prodotti dalle culture dominanti del nostro pianeta, che possiamo
osservare ogni giorno intorno a noi, lo stato apparentemente normale della
mente della maggioranza degli esseri umani al termine del loro processo di
educazione sembra proprio essere La Confusione.

Praticamente tutti noi, nelle nostre diversità di paese, sesso, età,


cultura, condividiamo questa caratteristica.

Tutti noi.

La sua intensità può variare in base ad alcuni fattori culturali, quali


l'educazione ricevuta o i valori etici della
società in cui siamo nati, ma questo è lo stato cosiddetto Normale della
mente di un essere umano, perché condiviso da miliardi di individui sulla
Terra e per questo motivo ritenuto normale.

Ecco la prima orma di un qualcosa di sfuggente ed evasivo, che


agisce indistintamente su ogni essere umano creando Confusione,
Incapacità di concentrazione, Incostanza.

Ecco un elenco di alcune delle attività più significative che sembrano


caratterizzare l’attività della nostra mente:

Dialoga costantemente e incessantemente con se stessa.

Il dialogo interiore è spesso confuso e orientato in genere a pensieri negativi,


ansie e preoccupazioni per la maggior parte irreali.

Tenta inutilmente di progettare tutto il progettabile e di calcolare tutto il


calcolabile.
Razionalizza tutto il suo rapporto con la realtà e con gli altri in termini di
profitto o perdita.

L'attitudine e normalmente orientata al giudizio e alla quantificazione di ogni


cosa, rivolta verso qualsiasi cosa e soprattutto verso noi stessi.
Il giudizio è in genere di inadeguatezza, colpevolezza, condanna,
svalutazione.

Ha regolarmente difficoltà di concentrazione e di focalizzazione.

Cambia idea e direzione quasi continuamente.

I suoi pensieri sono generalmente centrati sul passato o sul futuro.

Tende all'evitamento di azioni costruttive, con costante spostamento verso


un non ben identificato futuro (tipicamente domani o lunedi ) di un qualcosa
che potremmo e dovremmo fare adesso.

E' abituata a pensare troppo e ad agire poco.

Prende decisioni sulla sola base delle esperienze passate.

Sabota spesso le nostre ispirazione più profonde con ogni sorta di dubbi e
paure irreali generate dal dialogo interiore.

Sfugge alla nostra responsabilità personale riguardo alla qualità della nostra
vita e tende a incolpare gli altri, le situazioni, le strutture o le istituzioni di ciò
di cui non siamo soddisfatti.

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Naturalmente esiste un'altra faccia della medaglia.


Esistono esseri umani su questa Terra il cui stato naturale della
mente è il Silenzio. Un immenso spazio in cui percepiscono e celebrano
in pace e gioia ogni cosa che è.
Uno spazio che permette loro di pensare lucidamente, vedere con
chiarezza, ascoltare con attenzione, e quindi realizzare creazioni e
situazioni di bellezza, armonia e benessere per loro e per chi li circonda.
Gli antiche tradizioni mistiche lo chiamavano Silenzio Interiore perché è uno
stato in cui la percezione non dipende dai sensi, ma da un'altra facoltà
dell'essere umano,
la facoltà che è stata depotenziata e sminuita.

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Dunque sembra che all'interno degli esseri umani agiscono due tipi di mente.

In termini di profondità, la prima di esse è quella che si incontra subito, più


evidente, manifesta, che utilizza il
dialogo interiore come elemento di autoaffermazione e autoperpetuazione.
Chiameremo questa mente con il nome di Mente di Superficie.

Al di sotto della Mente di Superficie, esiste una mente molto più


silenziosa, che percepisce la realtà attraverso modalità più sottili.

Chiameremo da ora in avanti questa mente con il nome di Mente Profonda.

Il suo funzionamento è basato più su una valutazione energetica del


momento presente piuttosto che sul pensiero e fa riferimento a qualcosa di
meno definibile, come un sottofondo interiore tenue e delicato, che ci
comunica costantemente informazioni su come interagire al meglio con
la realtà, che ci circonda.

Questo sottofondo indefinibile è quasi sempre soffocato dalla Mente di


Superficie, ma col tempo può diventare potente e chiaro, se gli si consente
di agire senza resistergli e se si riconosce in lui la nostra vera voce interiore,
che sa cosa è meglio per noi e sa come comunicarcelo.

E' accaduto a ciascuno di noi di sentirsi in qualche modo diviso tra


una spinta interna fatta di sensazione o sentimento e diretta verso una
esperienza, ed una serie di pensieri razionalizzanti che in qualche modo
tentano
di dissuaderci, od insinuano in noi quel dubbio che ci toglie l'entusiasmo
e l’impulso all’azione.

Percepiamo una spinta ad una nuova esperienza? Ecco nascere un dialogo


interiore di dubbio, preoccupazione,
disagio. Ecco nascere emozioni di paura e confusione, causati
associativamente dallo stesso dialogo interiore.
Ecco che la nuova esperienza viene rimandata o rimossa dalla possibilità
del suo manifestarsi, perché provare
emozioni sgradevoli non è piacevole, e la paura, la preoccupazione
possono essere molto sgradevoli se noi
diventiamo queste emozioni. Quindi, in genere, arretriamo, per farle
scomparire.

Questo accade perché la Mente di Superficie tenta sempre di tenere


in silenzio o contrastare la Mente Profonda, ed in generale riesce nel
suo intento perché non sappiamo che per noi è possibile osservare le
emozioni senza diventarle.

Eckart Tolle cerca di spiegarci questo processo con queste parole:

Focalizzate l'attenzione
sull'emozione dentro di voi.
Accettate la sua esistenza.
Non pensateci, non lasciate che l'emozione diventi pensiero.
Non giudicate o analizzate; osservate.
Diventate consapevoli delle sensazioni legate all'emozione,
ma anche di Colui che osserva,
l'Osservatore Silenzioso.

Ma attenzione! Attenzione a non confondere Emozioni con ciò che


chiamiamo Sensazioni Sottili Quello che qui chiamiamo sensazione NON
si riferisce alle emozioni, perché le due cose sono molto diverse tra loro.
Una emozione è tipicamente una reazione del corpo ad una esperienza, o
ad una immagine, o addirittura ad un dialogo interiore, che la Mente di
Superficie associa alle condizioni che l'hanno provocata.
Tale associazione finisce rapidamente per innescare meccanicamente la
stessa reazione del corpo, cioè la stessa emozione, ogni
qualvolta si ripresentano le medesime condizioni esteriori. Anche se tali
condizioni non comporterebbero alcuna necessità emozionale.

La Mente di Superficie e le emozioni viaggiano strettamente legati, mentre


la Sensazione Sottile riguarda più una dimensione energetica che non
corporea, l’intuito piuttosto che l’istinto.
Una dimensione profonda che sembra fare riferimento a un codice di
informazioni che quasi si estende oltre la nostra individualità.

**********************

Le due modalità con le quali interagiamo con l'esistenza ed


interpretiamo la realtà sono dunque il dialogo interiore, legato alla Mente
di Superficie, e le sensazioni, il "sentire", legato alla Mente Profonda.

E' per questo che la Mente di Superficie tiene il nostro campo interiore
costantemente in confusione. Per
impedirci di ascoltare i tenui sussurri della Mente Profonda. Un ascolto che
potrebbe portare alla fine del suo incontrastato dominio su di noi.

Un qualcosa che ci tiene imprigionati in una gabbia che non ha sbarre


fisiche, con catene che non si vedono. Un qualcosa che sembra normale
solo perché miliardi di individui sono sotto il suo controllo. Un qualcosa
che agisce nell'ombra, perché la Luce della Consapevolezza lo
renderebbe manifesto, e dunque inefficace.

Questo concetto di una forza opposta che sfida la nostra spinta


alla Consapevolezza può sembrare
apparentemente bizzarro, se non ai limiti del credibile. Eppure, tale
concetto è ben argomentato, descritto e
studiato con dovizia di particolari in moltissime tradizioni di ricerca
interiore di tutto il mondo.

Questo concetto meriterebbe un approfondimento, che però ci porterebbe


oltre gli scopi di questo documento.

Riassumendo,

Solo una volta che ha realizzato di essere in prigione,


allora, e solo allora un essere umano
può progettare la sua
fuga.

Naturalmente, diventare consapevoli dell'esistenza e dell'operato di questa


entità energetica è il primo ed il
più importante passo da fare; diventerà una conseguenza naturale, poi,
iniziare immediatamente a smettere di
creare ancora cibo e sostentamento per essa.

Smettendo di alimentarla, essa diverrà via via meno potente, fino a che non
verrà completamente riassorbita e
trasformata dalla nostra Consapevolezza.

La padronanza della propria mente, ribelle, capricciosa, vagabonda,è la Via


verso la Felicità.

Il Saggio osserva continuamente i propri pensieri,


che sono sottili, elusivi ed erranti.
Questa è la Via verso la Felicità.

Quando questa trasformazione avviene, l'essere umano smette di


consentire ad una voce nella sua testa che
dialoga con se stessa di fesserie irreali e si pone come sovrana della sua
esistenza;
una voce che lo ostacola, lo limita e lo incatena in ogni modo possibile,
invece di sostenerlo ed incoraggiarlo.

Quando questo avviene abbiamo compreso che quella voce non è chi noi
siamo veramente…
questo è un grande passo verso la nostra libertà.

**********************

Attualmente, però, non siamo in contatto con la nostra parte profonda della
mente e, anche se non ne siamo mai separati, essa è nascosta alla nostra
esperienza, perché alcuni veli la oscurano.

Questi veli sono i condizionamenti della nostra storia personale passata, le


reazioni emotive che distruggono la nostra pace, l'attaccamento agli schemi
di pensiero ripetitivi e una forte tendenza abituale al "senso dell'io".

Il fatto che questi ostacoli ci impediscano di fare esperienza della nostra


condizione naturale, però, non significa che questa sia scomparsa; allo
stesso modo, il fatto che per una settimana consecutiva il cielo sia nuvoloso,
non significa che il sole sia scomparso.

Le nuvole non hanno il potere di modificare o deteriorare la natura del cielo;


allo stesso modo, i veli che oscurano la nostra mente profonda non sono un
elemento permanente capace di escluderla in modo definitivo dalla nostra
esistenza.

Vi sono un insieme di metodi e strumenti per rimuovere gli ostacoli


/oscurazioni e riprendere contatto con la nostra vera natura, facendo
risplendere il sole della nostra condizione primordiale.
Questi metodi sono stati sperimentati per millenni. trasmessi attraverso
generazioni successive di maestri e discepoli e si sono rivelati
straordinariamente efficaci.

Un primo strumento è lo stato d'animo interiore della disciplina.

La disciplina è una parola pericolosa: molti associano la disciplina, infatti, ad


un regime coatto, obbligato, ad una forzatura interiore, quando invece la
disciplina non ha nulla a che vedere con tutto questo.
La disciplina che intendiamo qui è un modo di essere ed agire fondato su tre
elementi base:

• Decidere consapevolmente le proprie azioni


• Agire senza aspettative
• Accogliere in serenità qualsiasi risultato

In generale, gli esseri umani fanno esattamente il contrario: decidono


le loro azioni in conseguenza di qualche cosa, agiscono con ogni sorta di
aspettative nei riguardi di sè stessi e degli altri esseri umani, e dato che il
risultato delle loro azioni è molto spesso differente da come se lo
aspettavano non lo accolgono in serenità, ma con risentimento,
rammarico e riluttanza.

Un secondo strumento è la non espressione delle emozioni negative.

Non esprimere le emozioni negative, e dunque non trasformarle in azione,


significa introdurre un elemento di distacco tra la nostra percezione e
l'azione. L'emozione negativa continua ad esistere, ma noi non la
esprimiamo, fondamentalmente perché essa è stata generata da una
Forza che non vogliamo alimentare.

Non esprimere una emozione negativa non significa negarla, o


ricacciarla nel profondo, perché questo significherebbe introdurre un
ulteriore elemento di sofferenza.
Non esprimere una emozione negativa significa accettarla totalmente
dentro di noi, lasciare che essa sia tutto ciò che deve essere e bruciarla sul
fuoco della nostra Attenzione, cioè essere totalmente presenti davanti ad
essa senza arretrare di un passo, eppure senza trasformarla in azione.

Un terzo strumento è la facoltà del Silenzio Interiore attraverso la


meditazione.

Il Silenzio Interiore è uno stato peculiare dell'Essere in cui tutti i pensieri


tendono a sparire e in cui si vive ad un livello diverso da quello della
Consapevolezza quotidiana.
Il Silenzio Interiore significa sospensione del dialogo mentale con una
conseguente condizione di pace e tranquillità.

Questo stato, essendo al di là del pensiero dualistico, non può essere


descritto in parole, ma dev'essere sperimentato direttamente, incontrato
faccia a faccia nella pratica della meditazione.

Una volta riconosciutolo, meditare significa semplicemente rendere stabile


la sua presenza.

Significa tuffarsi nell'autentica realtà della nostra natura, lasciando cadere


tutte le elaborazioni fabbricate dalla "catena di montaggio" dei nostri pensieri.

Conoscere la mente e il suo stato naturale, significa poter attingere alla


sorgente inesauribile della gioia e della libertà.
Non esiste gioia più alta di quella che nasce spontaneamente dall'esperienza
dello stato assoluto, senza dipendere da cause e condizioni passeggere.
Non esiste libertà più grande della libertà dalla confusione e dalle abitudini
mentali negative le vere cause della nostra stessa infelicità.
Conoscere la mente, soprattutto, significa poter essere veramente di
beneficio per gli altri, aiutandoli a realizzare quella gioia e quella libertà che
tutti desiderano, allo stesso modo.
Non dobbiamo pensare che tutto questo sia troppo lontano per essere
raggiunto, o troppo difficile per essere praticato;

la nostra mente è eccezionalmente flessibile, è può essere allenata ancora


più facilmente di quanto facciamo con il corpo.
Allenando il corpo si diventa sempre più atletici, agili e muscolosi; allenando
la mente con la meditazione si diventa sempre più saggi, rilassati e felici.

Quando ci rilassiamo nello stato naturale, tutte le qualità positive (che erano
già presenti, anche se oscurate) sbocciano spontaneamente e senza sforzo,
fino a raggiungere la completa maturazione.

Non c'è un limite al progresso di questa evoluzione interiore;


più ci si applica, maggiori sono i risultati che si ottengono.

Diversi nomi sono stati usati per questa realizzazione: illuminazione,


risveglio, liberazione, buddhità, nirvana, stato assoluto, saggezza
primordiale, non-meditazione, "oltre la mente", "unica essenza",
consapevolezza non-duale, e così via.

E’ importante precisare due cose:


1) questa realizzazione esiste ed è raggiungibile;
2) questa realizzazione non consiste nel "creare" qualcosa che non c'era
prima, ma nell'eliminare gli ostacoli che impediscono alla nostra vera natura
di esprimersi.

Da qui (dalla nostra condizione attuale) all'illuminazione, esiste un numero


incalcolabile di benefici intermedi che il praticante può ottenere.
Questo accade attraverso un processo spontaneo e naturale, che evita le
ipocrisie e non prevede l'adozione di una "personalità artificiosa": esistono
già fin troppi strati illusori - di "personalità" e "identificazione" che occorre
smantellare, per potersi permettere il lusso di aggiungerne altri.
Man mano che si progredisce nella pratica, si manifestano sempre più i
segnali di una crescita genuina:

· un maggior controllo sulle diverse circostanze della vita quotidiana;

· la diminuzione delle emozioni perturbatrici come la collera, gli


attaccamenti, l'invidia e l'orgoglio;

· la diminuzione dell'egoismo e del senso di importanza personale;

· la crescita dell'altruismo e della compassione verso tutti gli esseri;

· la libertà dalla paura e dalle fissazioni;

· una certa saggezza, cioè la capacità di non lasciarsi trascinare dagli


alti e bassi delle circostanze esterne;

· la capacità di restare sempre più spesso aperti e gioiosi, non solo


nelle situazioni positive, ma anche in quelle difficili.

Tutte le discipline che sono riunite nel termine di "meditazione",


condividono, seppure nella grande varietà di tecniche che le
differenziano, il medesimo obiettivo: nutrire ed incrementare in noi
l'espansione di uno spazio percettivo di Silenzio Interiore. Questa è
una delle loro mete fondamentali: in infiniti modi, una sola direzione.

Possiamo decidere di esplorare e selezionare, nel ventaglio delle discipline


offerte da tutte le tradizioni di ricerca interiore, quelle dirette alla
espansione del Silenzio Interiore che più
vibrano in accordo con ciò che siamo e con le nostre preferenze, e poi
trasformarle in una disciplina quotidiana.

Raggiungere il Silenzio Interiore non è certo prerogativa di una pratica


piuttosto che di un'altra, ma è solo
prerogativa dell'inflessibile intento di chi lo vuole raggiungere. Per questo,
non esistono discipline migliori o peggiori di altre, in questa via.

Le vite dei Grandi Uomini ci ricordano


che possiamo rendere sublimi le nostre
e che, quando ce ne andremo, lasceremo
le nostre impronte sulla sabbia del tempo.

Impronte che forse un altro,


navigando la sua Vita,
un fratello smarrito e naufrago
vedendo potrà seguire e rincuorarsi.

Dunque, coraggio e azione,


con il cuore aperto a tutto;
sempre in cerca, sempre in viaggio
imparando a resistere e ad aspettare.

Fonti:
www.marenectaris.net
www.realizzazione.it
www.meditazioneguidata.it

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