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La dimensione del problema dei rifiuti, le potenzialità del mercato

Il mercato dei rifiuti e dell’energia


Analizzando il mercato della produzione e della valorizzazione dei rifiuti appare subito
evidente che le potenzialità “energetiche” del settore sono notevoli e che, nel medio
periodo, non si porrà certamente il problema della carenza di opportunità o situazioni che
possano mettere in crisi lo sviluppo del settore.
La produzione totale di rifiuti (rifiuti urbani e rifiuti derivanti da attività produttive e di servizi)
supera nel 2006 la soglia delle 140 milioni di tonnellate e un andamento di crescita media
del 7% annuo nel decennio.

I numeri

Il cittadino italiano produce


annualmente (dati 2006) 550 Kg
di rifiuti urbani a cui si devono
sommare 947 Kg pro capite di
rifiuti speciali da attività
produttive e servizi (escludendo
gli inerti – rifiuti da costruzione e
demolizione -730 Kg pro capite
– e i rifiuti pericolosi – 101 Kg
pro capite).

Si tratta di una massa di circa 1,5 tonnellate anno pro capite, 93 milioni di tonnellate di
“materiali” che costituiscono oggi un problema, ma che possono diventare una risorsa sia
in termini di recupero di
materie prime, sia in termini
di fonti rinnovabili di
energia.
Sono esclusi i rifiuti inerti
(quelli da costruzione e
demolizione e i residui da
industria estrattiva - 5,9
milioni di ton -) in quanto
privi di potenziale
energetico (ma non privi di
interesse per il mercato del
recupero dei materiali); non
abbiamo messo in conto i
rifiuti speciali pericolosi,
nonostante abbiano spesso
un buon potenziale
energetico. Il residuo in grado di produrre energia elettrica ammonta a 87,1 milioni di
tonnellate.

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La raccolta differenziata può
influire sulla disponibilità di
materiali per la produzione di
energia (anche se una parte
dei materiali differenziati non
sono riutilizzabili come
materie prime – in
particolare plastiche - e
posseggano un alto potere
calorifico - ).

L’incidenza della raccolta


differenziata nel 2006 è
stata del 25,8% (sui rifiuti
urbani) e se ciò può
ridurre la massa di
materiali utilizzabili per il
recupero di energia,
dall’altro separando la
frazione umida
contribuisce ad elevare il
P.C.I. (potere calorifico
inferiore) dei materiali.

Detraendo prudenzialmente 8,4


milioni di tonnellate di
differenziata, (anche se una parte
torna disponibile), la frazione di
imballaggi avviati al recupero (altri
8 milioni di tonnellate) e la
frazione di rifiuti speciali non
pericolosi avviati al recupero (13,7
milioni di tonnellate), restano circa
57 milioni di tonnellate utilizzabili.

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Il business
Se trascuriamo per il momento le
potenzialità reddituali, aperti dal
processo “Calcior”, del settore inerti
e rifiuti speciali pericolosi (attraverso
l’ inertizzazione di fanghi da processi
di depurazione e di bonifica, di
inertizzazione di rifiuti pericolosi con
il recupero di materiali inerti per
l’edilizia e i sottofondi stradali e
materiali adatti alla combustione) e
ci concentriamo sul più immediato e
quantificabile mercato del recupero
energetico, i dati sono:
a) 57.000.000 di tonnellate di materiali da valorizzare con recupero energetico
b) potenziale energetico del materiale variabile tra le 2.000 Kcal/kg e le 9.000 Kcal/Kg,
con una media prudenziale tra le 3.000 Kcal/Kg e le 4.000 Kcal/Kg.
c) rapporto di conversione materia/energia elettrica che si attesta su valori tra i 1,419
kW (PCI 3.000) e i 1,064 kW (PCI 4.000).

I rendimenti (nel 2006)


Nel 2006 sono stati utilizzati per il recupero energetico, nei 46 impianti in funzione, 4,46
milioni di tonnellate di rifiuti producendo 2.873 GWh, con un rapporto di 1,554 (1,554 kg di
rifiuti hanno prodotto 1 Kwh di energia elettrica).

In pratica sono stati utilizzati


solo 12,1% dei RU (per l’83%
rifiuto tal quale, per il 17% CDR
– combustibile da rifiuti-) e
meno dell’ 1% dei rifiuti speciali
non pericolosi (interessante il
recupero energetico da rifiuti
pericolosi pari al 1,22 % -
soprattutto ospedalieri e
sanitari - a riprova della
possibilità di utilizzare per il
recupero energetico buona
parte dei 5,9 milioni di
tonnellate di rifiuti classificati
come pericolosi, spesso ricchi
di potere calorifico –pensiamo
ai fanghi da bonifica ricchi di
idrocarburi – che abbiamo
escluso nella nostra ipotesi
prudenziale)

Le potenzialità attuali del mercato

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57 milioni di tonnellate di rifiuti possono produrre, in base alle tecnologie obsolete
(inceneritori con recupero energetico e termovalorizzatori in funzione nel 2006) 36.680
Gwh ovvero il 10,87% del fabbisogno energetico nazionale.
Tenendo conto del miglior rendimento delle moderne tecnologie di gassificazione (con un
rendimento massa/energia medio di 1,24), la quantità di energia elettrica prodotta sale a
45.968 Gwh, ovvero il 13,62 % del fabbisogno energetico nazionale (quantità superiore
alle importazioni di energia elettrica dall’estero).

Tale contributo assume ancora più rilevanza considerando la flessibilità di funzionamento


degli impianti di gassificazione (possono funzionare, contrariamente ai termovalorizzatori e
centrali termoelettriche a qualsiasi ora con un processo di avviamento di poche decine di
minuti e non dipendono da fattori ambientali come le centrali solari ed eoliche) che
consente alla produzione di essere concentrata nei momenti di maggior fabbisogno.

La potenza di picco necessaria in Italia, 56 Gwh, può ricevere dalla gassificazione di rifiuti
un contributo notevole sia perché l’attività degli impianti è più conveniente nelle ore diurne
(minor costo della mano d’opera) e più massiccia nei periodi in cui l’afflusso di rifiuti è
maggiore (con differenze rilevanti soprattutto nelle zone turistiche) nei mesi estivi,
maggiormente a rischio di black out.

Altra importante considerazione è relativa alla produzione di energia termica, sia come
prodotto finale alternativo all’energia elettrica, sia in quanto residuo disponibile nel
processo di produzione dell’energia elettrica; la conversione tra i due tipi di energia può
essere attivato con la massima flessibilità rendendo disponibile in proporzioni diverse la
forma di energia più utile (e redditizia sia in termini ambientali che economici) secondo le
esigenze e il mercato (in inverno è massima la richiesta di energia termica, in estate la
domanda di energia elettrica).

Rimanendo sul piano della


semplice produzione di energia
elettrica, il fatturato realizzabile
può ammontare a 3.677 milioni
di € a cui possono sommarsi
(calcolando un 20% di frazione
biodegradabile dei rifiuti
utilizzati – il biologico dei rifiuti
urbani oltre a grassi e oli
animali e vegetali, fanghi
biologici di depurazione ecc.-)
1.195 milioni di € di fatturato
per i certificati verdi per un
totale di 4.872 milioni di €.

Un mercato decisamente redditizio, che può conoscere un notevole incremento di


redditività, pari al 66%, se gli impianti sono gestiti da autoproduttori per uso industriale

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(8.088 milioni di €) e pari al 94% se gestiti da autoproduttori per uso civile
(amministrazioni locali o consorzi di consumatori) (9.452 milioni di €).

Il costo dei rifiuti


Il costo medio di gestione per kg di rifiuto, considerando anche le altre componenti di costo
non direttamente imputabili alla gestione della frazione indifferenziata e di quella
differenziata ammonta in Italia a circa 131 € per abitante, coperto per l’89% (dati 2005)
dalla tassa o tariffa pagata dai cittadini.

Il costo totale onnicomprensivo per Kg smaltito si aggira sui 22,5 cent€, cioè 225 € a
tonnellata con un incremento annuo del 4,5% (2005 su 2004). Da notare la notevole
variazione di incidenza dei costi nei comuni inferiori ai 5.000 abitanti e nelle aggregazioni
maggiori, raggiungendo un costo superiore del 66% per i comuni superiori ai 50.000
abitanti.

Volendo rilevare i soli costi specifici diretti di gestione per kg di rifiuto ammontano a 15,47
eurocent/kg, pari a 154,47 €/ton. per la gestione dei rifiuti indifferenziati ed a 12,57
eurocent/kg, pari a 125,47 €/ton per la gestione della frazione differenziata.

Il dato è rilevante perché la redditività di un impianto di inertizzazione è legato al costo di


conferimento a monte e ai ricavi generati dai materiali prodotti dal processo (combustibili
compresi); la redditività di un impianto di gassificazione è analogamente legata a monte al
costo di conferimento e a valle al ricavo dell’energia prodotta e dei materiali recuperati.

In effetti i costi di conferimento in discarica nel 2008, che oscillano tra i 75 e i 125 € a
tonnellata, risultano in sintonia con questi dati; anche senza arrivare ai 200 - 220 €/ton
sostenuti per spedire in Germania i rifiuti della Campania, sussistono ampi margini sia per
la redditività degli impianti, sia per un sensibile risparmio per i Comuni.

Redditività complessiva possibile


Valutando a 80 € il ricavo di conferimento e a 85 € il valore dell’energia prodotta da una
tonnellata di rifiuti (PCI 3.500 Kcal/Kg) si ottengono 165 € a tonnellata, una redditività
ampiamente in grado di remunerare i capitali investiti.

Un impianto di medio/alta potenzialità di gassificazione tratta 100 ton/giorno, ovvero (su


250 giorni lavorativi annuali) 25.000 ton/anno. Realizzando invece impianti più piccoli,
funzionali a valorizzare la flessibilità della tecnologia, dalla potenzialità di 15 – 45
ton/giorno, in ogni impianto vengono trattate una media di 7.500 ton/anno.

Per valorizzare i 52,5 milioni di tonnellate di rifiuti disponibili (4,5 milioni sono già trattati
con la termovalorizzazione) sarebbero necessari nel primo caso 2.100 impianti, nel
secondo oltre 7.000 impianti; in ambedue i casi con un fatturato tra i 40.000 e i 50.000
milioni di euro.

Nel settore delle energie rinnovabili (impianti fotovoltaici)

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Un’ultima considerazione per un confronto di redditività nell’ambito delle energie
rinnovabili.

Un impianto solare fotovoltaico che produca 1,38 Gwh annui (1Mw di potenza di picco per
1.380 ore equivalenti/anno) ha un costo di quasi 5 milioni di €.

Con un costo leggermente superiore (+10% circa) si può costruire un impianto di


gassificazione con una produzione annua tra i 4,516 Gwh e i 5,688 Gwh, mediamente 5
Gwh, quindi una produzione di energia quasi quadrupla, senza vincoli di orario e di
stagione.

Tenendo conto di tutte le poste economiche in gioco, la redditività economica di un


impianto di produzione di energia da rifiuti (vendita energia + certificati verdi + ricavi da
conferimento + recupero materiali ecc.) risulta più che quadrupla di un analogo impianto
fotovoltaico, oltre ad avere una utilità sociale maggiore (smaltimento dei rifiuti e maggior
impatto occupazionale sul territorio).

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