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LA CHIAMATA TELEFONICA, DOROTHY PARKER

Dio, fa che mi chiami al telefono. Fa che mi chiami subito, non ti chiederò altro! E
poi non mi sembra di chieder molto!
Sarebbe così facile per te, Dio mio, ti prego, ti prego!
Forse se non ci pensassi su il telefono squillerebbe. Succede spesso così.
Sì, ma a cosa penso… Forse potrei contare cinque volte fino a cinquecento, e nel
frattempo il telefono squillerebbe di sicuro.
Ma si, mi metterò a contare piano: senza ingannare nessuno.
Cinque, dieci, quindici, venti, venticinque, trenta, trentacinque, quaranta,
quarantacinque, cinquanta… Oh suona, per favore, suona!
Questa è l’ultima volta che guardo l’orologio. Ora non lo guarderò più.
Sono le sette e dieci. Ha detto che mi avrebbe chiamata alle cinque.
“Ti chiamerò alle cinque, cara”. Fu proprio in quel momento, mi pare, che disse
“cara”. M’ha detto così, ne sono quasi sicura. Anzi, mi ha detto “cara” due volte, e
l’ultima prima di salutarci. “Arrivederci, cara”. Certo, era molto indaffarato, e non
può dir molto stando in ufficio, ma insomma m’ha detto cara due volte.
Ma ora devo smetterla. Non posso continuare così. Mi metterò a pensare ad altro.
Me ne starò seduta e tranquilla.
Già, se potessi star seduta… Potrei leggere, forse. Ma tutti i libri parlano di gente che
si vuol bene, con dolcezza e sincerità. Perché scrivono queste cose? Non lo sanno
che non sono vere?? Perché parlano così dell’amore, se sanno come ferisce?
Accidenti a loro, accidenti, accidenti!!
Ma no. È meglio che me ne stia tranquilla. Non c’è poi da eccitarsi tanto. E poi non
posso essere spontanea e naturale proprio perché lo amo?
Ma si che posso esserlo! Lo chiamerò io!
Si, ma cosa gli dico?

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