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INSEGNAMENTO DI

DIRITTO COMMERCIALE

LEZIONE IV
“LE SOCIETÀ”

PROF.SSA VALENTINA SCOGNAMIGLIO


Diritto Commerciale Lezione IV

Indice

1.  LE SOCIETÀ IN GENERALE .............................................................................................................................. 3 


1.1.  I CONFERIMENTI ............................................................................................................................................... 4 
1.1.1.  Capitale e patrimonio sociale ..................................................................................................................... 6 
1.1.2.  L’esercizio comune dell’attività economica................................................................................................ 7 
1.1.3.  La divisione degli utili ................................................................................................................................ 8 
2.  TIPI DI SOCIETÀ .................................................................................................................................................. 9 
2.1.  AUTONOMIA PATRIMONIALE E PERSONALITÀ GIURIDICA ................................................................................ 10 
2.2.  LE SOCIETÀ DI PERSONE ................................................................................................................................. 11 
2.3.  LE SOCIETÀ DI CAPITALI ................................................................................................................................. 11 
2.4.  SOCIETÀ LUCRATIVE E SOCIETÀ MUTUALISTICHE ........................................................................................... 12 
2.5.  SOCIETÀ COMMERCIALI E NON COMMERCIALI ................................................................................................ 13 
3.  LA SOCIETÀ SEMPLICE .................................................................................................................................. 14 
3.1.  Personalità giuridica e autonomia patrimoniale ...................................................................................... 14 
3.2.  Costituzione della società semplice .......................................................................................................... 15 
3.3.  I conferimenti ............................................................................................................................................ 15 
3.4.  La qualità di socio .................................................................................................................................... 16 
3.5.  La partecipazione dei soci agli utili e alle perdite .................................................................................... 17 
3.6.  L’amministrazione della società semplice ................................................................................................ 17 
3.7.  Disciplina del rapporto di amministrazione ............................................................................................. 19 
3.8.  Revoca della facoltà di amministrare ....................................................................................................... 20 
3.9.  Rapporti con i terzi: la responsabilità per le obbligazioni sociali............................................................ 21 
3.10.  lI creditore particolare del socio e la società ........................................................................................... 22 
3.11.  Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio ............................................................. 23 
3.12.  Liquidazione della quota e responsabilità del socio uscente .................................................................... 25 
3.13.  Scioglimento della società ........................................................................................................................ 26 
3.14.  L’invalidità della società .......................................................................................................................... 26 
3.15.  La liquidazione ......................................................................................................................................... 27 
3.16.  Poteri e compiti dei liquidatori ................................................................................................................. 28 
3.17.  Chiusura delta liquidazione ed estinzione della società ........................................................................... 29 
4.  SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO ................................................................................................................ 30 
5.  SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE ................................................................................................... 37 
5.1  La costituzione della società in accomandita semplice ................................................................................. 37 
5.2  I soci accomandanti ....................................................................................................................................... 37 
5.3  I soci accomandatari e l’amministrazione..................................................................................................... 38 
5.4  Il trasferimento delle quote............................................................................................................................ 39 
5.5  Lo scioglimento e liquidazione della società ................................................................................................. 40 
5.6  La società in accomandita semplice irregolare ............................................................................................. 41 

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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1. Le società in generale
La società è la forma più diffusa di esercizio collettivo dell’impresa: trattasi, infatti, di
un’organizzazione di persone e di beni preordinata e coordinata al raggiungimento di uno scopo
produttivo, mediante l’esercizio in comune di una attività economica, attuata attraverso determinati
conferimenti che i soci si impegnano a prestare.
Si realizza in tal modo una forma particolare di collaborazione caratterizzata dal fatto che
tutti gli associati partecipano al rischio di gestione dell’impresa.
Secondo l'art. 2247 "con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi
per l'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili".
Tale attività può essere finalizzata:
• a scopo lucrativo (art. 2247). cioè allo scopo di dividerne gli utili;
• a scopo mutualistico (art. 2511), cioè allo scopo di fornire beni o servizi od occasioni
di lavoro ai contraenti a condizioni vantaggiose:
• a scopo consortile (art. 2602 e 2615ter), cioè allo scopo di coordinare le medesime o
affini attività economiche di più imprenditori, o lo svolgimento di determinate fasi
delle rispettive imprese.
Il contratto di società viene definito, dalla dottrina dominante, come un contratto a carattere
associativo, a struttura plurilaterale, qualificato da uno scopo comune.
Si tratta di un contratto di natura consensuale che, pertanto, si perfeziona con la semplice
assunzione, da parte dei soci, dell’obbligo di eseguire il conferimento promesso, mentre la materiale
esecuzione della prestazione rappresenta semplicemente un atto di adempimento.
La definizione della società come contratto, però, non è idonea a ricomprendere l’intero
fenomeno societario, poiché l’ordinamento riconosce, in determinate ipotesi, anche società
costituite mediante atto unilaterale (es. S.p.a. unipersonali, ex art. 2328, 1° comma, come
modificato dal D.Lgs. n. 6/2003 sulla riforma delle società; S.r.l. unipersonali, ex art. 2463, 1°
comma), ovvero mediante atto normativo (es. trasformazione in S.p.a. di enti pubblici economici
quali l’IRI, l’ENI e l’ENEL ex lege 8-8-1992, n. 359).
Da una prima analisi del testo dell’art. 2247 si può individuare un nucleo essenziale di
elementi: i conferimenti per la costituzione del fondo sociale, l’esercizio in comune dell’ attività
economica, e la divisione degli utili.

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1.1. I conferimenti

La norma di cui all’art. 2247 ha la funzione di illustrare le peculiarità del contratto sociale. E
la più importante va individuata nel conferimento di beni e servizi, dal momento che non esiste
società senza conferimenti, né può darsi socio senza obbligo di conferimento. Con la stipulazione
del contratto di società ciascun contraente si obbliga a contribuire alla formazione di un fondo
sociale mediante una prestazione di dare o di fare, nel che appunto consiste il conferimento. Esso
costituisce, dal punto di vista più tecnico, l’unico obbligo gravante su chi intenda divenire socio di
una società, di qualunque tipo essa sia.
Possono costituire oggetto di conferimento:
• beni: cioè danaro, beni mobili o immobili (conferibili in proprietà o in semplice
godimento). Per effetto del conferimento il conferente non può più utilizzare
individualmente il bene conferito, essendo quest’ultimo vincolato a quella specifica
destinazione che è l’esercizio dell’attività economica;
• servizi: ossia l’attività lavorativa o apporti d’opera del socio. La riforma del diritto
societario del 2003, superando il tradizionale divieto di conferimento di prestazioni
d’opera e di servizi vigente per le società di capitali, ha ammesso che nelle sole
società a responsabilità limitata possono essere conferiti «tutti gli elementi dell’
attivo suscettibili di valutazione economica» (art. 2464, nuovo testo) e dunque anche
elementi immateriali, come il conferimento di prestazioni professionali o i servizi di
consulenza.
Il conferimento deve essere sempre determinato nell’ atto costitutivo, salvo che nella società
semplice, relativamente alla quale si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti eguali
tra loro, quanto è necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale (art. 2253, 2° comma).

La disciplina dei conferimenti varia a seconda che si abbia:


Conferimento di beni in proprietà
In questo caso:
• la forma del conferimento si determina secondo la natura dei beni conferiti (così per
gli immobili necessita l’atto scritto);
• la garanzia dovuta dal socio è regolata dalle norme sulla vendita (art. 2254 e 1476: il
socio è tenuto alla consegna della cosa immune da vizi etc.);

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• quanto al passaggio dei rischi, si coordinano gli art. 1465 (richiamato dall’art. 2254)
e 2286, 2° comma.
Pertanto:
• può essere stabilita l’esclusione del socio che si obbliga a trasferire la proprietà, se il
perimento per caso fortuito della cosa (non ancora trasferita alla società) grava sul
con ferente;
• non si ha esclusione del socio, se il rischio grava sull’acquirente (società), come ne
caso dell’art. 1465, 2° comma (ipotesi in cui l’effetto traslativo è differito alla
scadenza di un termine stabilito).

b) Conferimento di beni in godimento


• la garanzia per il godimento è regolata dalle norme sulla locazione (art.1585);
• il rischio della cosa conferita è a carico del socio conferente.
Ciò implica che:
• la società non risarcisce il socio del bene conferito in godimento se la perdita di
questo è avvenuta per causa non imputabile alla stessa:
• la società può escludere il socio conferente se il godimento diventa impossibile per
causa ad essa non imputabile.

c) Conferimento di crediti (art. 2255 e 1267)


In tali ipotesi il socio è tenuto a rispondere, in caso di insolvenza del debitore ceduto,
versando alla società una somma pari alla valutazione che del credito era stata fatta nel contratto
costitutivo. Inoltre il socio conferente dovrà versare alla società, in caso di insolvenza del debitore
ceduto, il rimborso spese, il pagamento degli interessi e l’eventuale risarcimento del danno.

d) Conferimento della propria opera


In questo caso il rischio di impossibilità di svolgimento dell’opera (anche per causa non
imputabile) grava sul socio, che può essere escluso per sopravvenuta idoneità.
Il D.Lgs. n. 6/2003 ha previsto che, per le sole S.r.l., i versamenti per la sottoscrizione del
capitale sociale possano essere sostituiti dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una
polizza assicurativa o di una fideiussione bancaria (art. 2464, nuovo testo).

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Tale possibilità (già prevista dalla legge n. 383/2001 per tutte le società di capitali) è in
attesa, tuttavia, di un decreto del presidente del Consiglio dei Ministri che ne disciplini
caratteristiche e modalità di esecuzione.

1.1.1. Capitale e patrimonio sociale

Il capitale sociale è un’entità numerica che indica il valore in denaro della somma dei
conferimenti eseguiti (capitale versato) o promessi (capitale sotto scritto) dai soci in sede di
costituzione della società (capitale nominale).
Il patrimonio sociale è il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla
società.
Il patrimonio si distingue a sua volta in:
• patrimonio lordo, costituito dalla somma delle attività della società in un dato
momento;
• patrimonio netto, risultante dalla differenza tra le attività e le passività della società
(capitale reale).
Capitale e patrimonio coincidono nella fase iniziale dell’attività, allorché unici mezzi a
disposizione della società sono i conferimenti effettuati dai soci e non esistono ancora passività.
Successivamente, mentre il patrimonio è destinato a variare a seconda delle vicende economiche
della società, il capitale sociale rimane invece immutato, a meno che non si provveda, con una
delibera assembleare, ad un aumento o ad una riduzione dello stesso.
Diversa è anche la loro funzione: il patrimonio della società svolge essenzialmente una
funzione di garanzia, in quanto rappresenta la garanzia generica (art. 2740) su cui i creditori
possono trovare soddisfazione.
Il capitale sociale svolge, invece, una funzione vincolistica, in quanto (quale complesso dei
conferimenti) rappresenta la parte di patrimonio sociale che i soci si sono impegnati a non distrarre
dall’attività di impresa, garantendo così la conservazione della produttività dell’impresa sociale.

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1.1.2. L’esercizio comune dell’attività economica

L’esercizio comune dell’attività economica rappresenta lo scopo – mezzo attraverso il quale


le parti si propongono di raggiungere la finalità ultima della realizzazione dell’utilità. L’attività
economica si concretizza di volta in volta nella scelta di un particolare ramo merceologico di
attività che costituisce l’oggetto sociale: elemento la cui espressa indicazione nel contratto sociale il
legislatore impone per tutti i tipi di società e che, oltre a dover consistere necessariamente in
un’attività economica, deve possedere i requisiti richiesti dall’art. 1346 per ogni tipo di contratto, e
cioè la liceità, possibilità, determinatezza o determinabilità. Ed è con riferimento a questo requisito
che va ribadita la mancata rispondenza alle prescrizioni normative di quei contratti di società che
enunciano l’oggetto sociale in modo tale da non consentire una effettiva individuazione, oggetto
generico, o contengono l’indicazione di più attività merceologicamente distinte e neanche
complementari tra di loro, oggetto plurimo. La concreta individuazione dell’oggetto sociale è
comunque importante da più punti di vista:
consistendo in una attività economica, consente di distinguere la società dalla comunione di
godimento;
consistendo in un’attività economica professionalmente esercitata consente di affermare che
quella della società, se effettivamente esercitata, è sempre una attività di impresa;
infine, permette, soprattutto a terzi, di individuare i limiti ai poteri degli amministratori.
Appare poi importante sottolineare che in alcuni casi la legge esige in modo espresso e
tassativo l’esclusività dell’oggetto sociale: nel senso che predetermina normativamente l’oggetto
stesso e vieta che la società possa svolgere altre attività (si pensi alle società di intermediazione
mobiliare, attività di intermediazione finanziaria). Ed è forse il caso di includere in questa categoria
anche quelle società per le quali, pur non essendo prescritta espressamente l’esclusività dell’oggetto
sociale, questa si desume dalla circostanza che la normazione speciale che le disciplina individua
con puntualità e precisione l’oggetto stesso (società esercenti l’attività bancaria o assicurativa, le
società fiduciarie).

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1.1.3. La divisione degli utili

L’art. 2247 esige che la società eserciti un’attività economica volta alla realizzazione di utili
(cd, lucro oggettivo) e che tali utili, una volta realizzati, debbano poi essere divisi tra i soci (cd.
lucro soggettivo).
Lo scopo lucrativo oggettivo consiste, dunque, nel fatto che l’attività economica esercitata
dalla società sia astrattamente idonea a procurare un lucro; lo scopo lucrativo soggettivo è, invece, il
fine egoistico che il socio intende realizzare mediante la partecipazione alla società.
Non sono qualificabili, quindi, come società:
le imprese collettive che esercitano un’attività economica diretta dichiaratamente alla
realizzazione di scopi di natura ideale, culturale, ricreativa. assistenziale. religiosa. etc.;
le imprese collettive che esercitano un’attività economica diretta alla realizzazione di un
lucro, ma che dichiaratamente non ripartiscono tale profitto tra i soci, bensì lo utilizzano per
svolgere una ulteriore attività tesa ad uno scopo ideale.
Questa definizione di lucro, se è insita nello scopo di tutte le società di persone e di capitali
(cd. società lucrative), mal si adatta ad altri tipi che pure rientrano nella più ampia nozione di
società, quali le società cooperative dove, invece, lo scopo è quello dì far conseguire ai soci un
risparmio di spesa od occasioni di lavoro, e le società consortili dove lo scopo è quello di far con
seguire ai consorziati una riduzione dei costi o maggior guadagni nelle rispettive imprese.
La partecipazione agli utili (ed alle perdite) da parte dei soci costituisce un requisito
essenziale della società. Essa non deve essere necessariamente proporzionale al conferimento
eseguito e può essere variamente regolamentata salvo, comunque, il rispetto dell’art. 2265 che
sancisce il divieto del cd. patto leonino, ossia del patto con il quale uno o più soci sono esclusi da
ogni partecipazione agli utili o alle perdite (art. 2265).

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2. Tipi di società
Sotto l’aspetto organizzativo, la società si distingue nei seguenti tipi, espressamente previsti
dal legislatore, con elementi e caratteri propri:

1. Società semplice
di persone 2.Società in nome collettivo (S.n.c.) a scopo di lucro
3.Società in accomandita semplice (S.a.s.)

1.Società per azioni (S.p.a.) a scopo di lucro


di capitali 2.Società in accomandita per azioni (S.a.p.a.)
3.ocietà a responsabilità limitata (S.r.l.)

4. Società cooperativa a scopo mutualistico


5.Società di mutua assicurazione

La scelta del tipo di società è essenzialmente rimessa alla volontà delle par ti che la pongono
in essere: una sola limitazione è stabilita per le società aventi per oggetto l’esercizio di un’attività
commerciale (art. 2249), le quali non possono assumere la forma di società semplice.

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2.1. Autonomia patrimoniale e personalità giuridica

I tipi di società possono classificarsi in due grandi gruppi, a seconda che risultino organizzati
su base personale o su base capitalistica: nel primo caso si hanno società di persone, nel secondo
società di capitali.

1)L’autonomia patrimoniale nelle società di capitali


Le due categorie si differenziano poiché nelle sole società di capitali si realizza una
autonomia patrimoniale perfetta, nel senso che i soci rispondono dono delle obbligazioni sociali
soltanto nei limiti della quota conferita. Ciò significa che:
-i creditori particolari del socio non possono soddisfarsi sulla sua quota sociale;
-i creditori sociali — a loro volta — non possono pretendere che i soci facciano fronte con i
loro patrimoni personali per eventuali debiti contratti dalla società (salvo si tratti di soci
accomandatari).

2) L’autonomia patrimoniale nelle società di persone


Tale autonomia, invece, si attenua sensibilmente nella società semplice, ma anche nella
società in nome collettivo e nell’accomandita semplice, la cui disciplina prevede casi di
liquidazione della quota del socio in caso di esistenza di debiti personali (e di insufficienza del suo
patrimonio) e sancisce la regola generale della responsabilità illimitata e solidale dei soci (ad
eccezione degli accomandanti) per le obbligazioni sociali (si parla, in questo tipo di società, di
autonomia patrimoniale imperfetta).
Si discute poi se ulteriore elemento di differenziazione sia dato dal fatto che, mentre le
società di capitali sono persone giuridiche, le società di persone non lo sono. Il legislatore e la
dottrina dominante, infatti, attribuiscono la personalità giuridica alle sole società di capitali.
Attualmente, e sulla base del lo stesso diritto positivo, sembra preferibile la teoria che nega la
personalità giuridica alle società di persone.

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2.2. Le società di persone

Caratteri delle società di persone sono:


-la responsabilità illimitata e solidale dei soci per le obbligazioni sociali: di tutti i soci, nella
società in nome collettivo (art. 2291); di tutti i soci, ma con possibilità di patto contrario per alcuni
di essi, nella società semplice (art. 2267); dei soli soci accomandatari, nella società in accomandita
semplice, mentre i soci accomandanti godono del beneficio della responsabilità limitata (art. 2313).
Responsabilità «illimitata» significa che il socio risponde per le obbligazioni sociali «con
tutti i suoi beni presenti e futuri» (art. 2740).
Responsabilità «solidale» significa, invece, che il creditore sociale può, a propria
discrezione, rivolgersi ad uno qualsiasi dei soci ed esigere da lui l’adempimento della intera
obbligazione (art. 1292);
- la diretta inerenza del potere di amministrazione alla qualità di socio (in particolare, di
socio illimitatamente responsabile): ciascun socio è, in quanto tale, amministratore della società
(art. 2257).
- l’ intrasferibilità della qualità di socio senza il consenso degli altri associati. Anche
nell’ipotesi di morte di uno dei soci (con l’unica esclusione per il socio accomandante prevista
dall’art. 2322, 1° comma), la quota di questi non si trasmette automaticamente agli eredi: occorre, a
tal fine, non solo che costoro vi acconsentano, ma anche che vi acconsentano i soci superstiti,
cooptando gli eredi stessi o solo alcuni di essi (art. 2284).
Il contratto di società, pertanto, si presenta, sotto questo aspetto. come un contratto stipulato
«intuitu personae», ossia come un contratto nel quale, l’identità o le qualità personali di ciascuno
dei contraenti determinano il consenso degli altri contraenti.

2.3. Le società di capitali

Alle società di persone si contrappongono le società di capitali, nelle quali i soci vengono in
considerazione essenzialmente in ragione della quota di capitale da essi sottoscritta.
Nelle società di capitali:

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— i soci godono dei beneficio della responsabilità limitata: essi, cioè, rischiano nell’impresa
solo il danaro o i beni che hanno conferito in società.
Si ricordi, però, che i soci accomandatari (della società in accomandita per azioni) sono,
invece, solidalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali;
• il potere di amministrazione — il potere di amministrazione è
dissociato dalla qualità di socio: infatti il socio non è, in quanto tale,
amministratore della società; la qualità di socio gli conferisce solo il
potere di concorrere, con il proprio voto, alla nomina degli
amministratori;
• la qualità di socio è liberamente trasferibile: la sostituzione
della persona del socio -per cessione volontaria o a causa di morte - non
richiede alcuna modificazione del contratto di società e si attua
esclusivamente per volontà del cedente e del cessionario o, nel caso di
morte del socio, secondo il meccanismo delle successioni.
Ciò si spiega con l’importanza secondaria delle qualità personali del socio, che interviene
nella società in quanto detentore di ricchezza e non in quanto individuo particolarmente capace ed
onesto.

2.4. Società lucrative e società mutualistiche

Nell’ambito dei tipi di società la più importante classificazione viene effettuata in relazione
allo scopo da esse perseguito.
Si distinguono così:
a) società lucrative (società semplice, in nome collettivo, in accomandita semplice, per
azioni, a responsabilità limitata, in accomandita per azioni),
caratterizzate dal fine di lucro;
b) società mutualistiche (società cooperativa a responsabilità limitata o illimitata, società di
mutua assicurazione), caratterizzate dallo scopo mutualistico perseguito dai soci.

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Per «scopo mutualistico» si intende il «fornire beni o servizi od occasioni di lavoro


direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero
dal mercato».
In sostanza, il vantaggio che riceve il socio per la sua partecipazione nelle società lucrative
sta negli utili che si conseguiranno con l’attività sociale; nelle società mutualistiche invece, il
vantaggio si rinviene nella possibilità di procurarsi i beni o servizi forniti dalla società ad un prezzo
minore di quello del mercato o possibilità di lavoro a condizioni agevolate.

2.5. Società commerciali e non commerciali

Altra importante distinzione in campo societario è quella tra:


• società commerciali, che sono: la società in nome collettivo, la società in
accomandita semplice, la società per azioni, la società a responsabilità limitata, la società in
accomandita per azioni;
• società non commerciali, ovvero la società semplice.
La differenza fra le due categorie sta nel fatto che una società avente oggetto commerciale
(ossia diretta all’esercizio di un’attività definibile commerciale sulla base dell’art. 2195) non può
costituirsi in forma di società semplice; mentre una società avente oggetto non commerciale (ad es.
diretta all’esercizio di attività agricole ex art. 2135) può adottare qualsiasi forma.

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3. La Società semplice
La società semplice costituisce la forma più elementare di società. La caratteristica
fondamentale è l’esercizio esclusivo di attività economiche lucrative non commerciali. La sfera di
applicazione delle società semplici può estendersi, pertanto, all’esercizio di:

a) attività agricole, con alcune limitazioni in quanto:

• la società può avere ad oggetto non il mero godimento di beni


(art. 2248), ma l’esercizio comune e concreto di attività economica;

• le «comunioni tacite familiari », come i gruppi familiari


esercenti l’agricoltura su fondi propri o altrui, sono regolate dagli «usi» e
non da contratto di società;

• i contratti a struttura associativa per l’esercizio delle imprese


agricole sono regolati da norme particolari;

b) attività di gestione di immobili che non sia esplicata a mero scopo di godimento.

3.1. Personalità giuridica e autonomia patrimoniale


La società semplice non ha personalità giuridica. L’autonomia patrimoniale, nelle società
semplici, si realizza attraverso i seguenti effetti:
- divieto ai creditori particolari del socio di agire sui beni della società (art. 2270):
- divieto al socio di distrarre, senza il consenso degli altri soci, le cose appartenenti al
patrimonio sociale dalla destinazione stabilita (art. 2256);
- divieto di procedere a ripartizioni tra i soci dei beni sociali finché non siano pagati i
creditori della società (art. 2280);
- escussione preventiva del patrimonio sociale per il pagamento di debiti sociali (art. 2268).

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3.2. Costituzione della società semplice


La costituzione della società semplice è caratterizzata dalla massima semplicità formale e
sostanziale, essendosi il legislatore limitato a stabilire nell’art. 2251 che “il contratto non è soggetto
a forme speciali, salve quelle richieste dalla natura dei beni conferiti”. La forma scritta è
indispensabile solo quando vengano conferiti dai soci in proprietà o in godimento ultranovennale
beni immobili o altri diritti reali immobiliari. Il contratto sociale, se non è diversamente stabilito,
può essere modificato solo con il consenso di tutti i soci (art. 2252 cc.). E però valida la clausola
con la quale viene stabilita la modificabilità del contratto sociale a maggioranza dei soci.
L’unanimità è richiesta anche per l’ingresso di un nuovo socio, nonché per il trasferimento
della stessa qualità di socio, in considerazione della natura fiduciaria del contratto sociale.

3.3. I conferimenti
Una volta costituita la società, i soci sono obbligati ad eseguire i conferimenti necessari per
lo svolgimento dell’ attività economica. Se i conferimenti non sono determinati nel contratto sociale
si presume che i soci siano obbligati a conferire ,in parti uguali tra loro,quanto è necessario per il
per il conseguimento dell’ oggetto sociale.
Possono aversi:
- conferimenti in danaro, ed è questa l’ipotesi normale, dato che il denaro è il bene generico
e fungibile per eccellenza e, quindi, il più adatto a sopperire alle necessità finanziarie della società ;
- conferimenti in natura, consistenti nel conferimento di beni (mobili o immobili) in
proprietà o in godimento;
- conferimenti di crediti, consistenti nel conferimento alla società di crediti che il socio vanta
nei confronti di terzi;
- conferimenti di servizi, consistenti nella prestazione di lavoro (manuale od intellettuale)
che il socio (c.d . socio d’opera) si impegna a prestare con il contratto sociale.
La somma del valore dei conferimenti dei soci rappresenta il valore del patrimonio sociale
che, al momento della costituzione della società, coincide sicuramente con il capitale sociale.

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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3.4. La qualità di socio


La qualità di socio di una società semplice si acquista per il solo fatto di aver concorso, con
la propria volontà, alla costituzione della società.
Al socio si riferiscono diritti ed obblighi, che sono modificabili (in linea di principio)
soltanto con il consenso dello stesso.
I diritti dei soci si distinguono in:
a) Diritti di natura amministrativa, tra cui vi è:
• il diritto di concorrere alla formazione della volontà sociale, esprimendo la
propria volontà nello svolgimento della vita sociale tutte le volte che ciò sia previsto
dalla legge o dal contratto sociale;
• il diritto di partecipare alla gestione sociale (che normalmente si identifica
con il diritto di amministrare la società, ma può essere determinato diversamente dalle
parti);
• il diritto di controllare l’operato degli amministratori, se il socio non è
amministratore (art. 2261).

b) Diritti di natura patrimoniale:


• il diritto agli utili (art. 2262), che si perfeziona dopo l’approvazione del
rendiconto;
• il diritto alla quota di liquidazione, all’atto dello scioglimento della società o
del rapporto sociale (art. 2282 e 2289).

Gli obblighi dei soci, sono:


• l’obbligo di eseguire i conferimenti nei modi determinati dal contratto sociale
(art. 2253);
• il divieto di servirsi delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini
estranei a quelli della società, salvo il consenso di tutti gli altri soci (art.2256).

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3.5. La partecipazione dei soci agli utili e alle perdite


L’art. 2262 dispone che «salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua
parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto».
La ripartizione degli utili e delle perdite è rimessa alla volontà dei soci. Nell’ipotesi in cui
manchino previsioni espresse nel contratto sociale, l’art. 2263 detta le seguenti regole suppletive:
• le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono
proporzionali ai conferimenti;
• se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, le parti si
presumono eguali;
• se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei guadagni, nella
stessa misura si presume che debba determinarsi la partecipazione alle perdite;
• la parte spettante al socio che ha conferito la propria opera, se non è fissata
dal contratto, è determinata dal giudice secondo equità.

I soci, dunque, sono liberi di derogare ai criteri di ripartizione indicati dall’art. 2263; essi
incontrano il solo limite del divieto del cd. patto leonino, quel patto, cioè, con il quale si escludono
uno o più soci dalla partecipazione agli utili e alle perdite (che consentirebbe ad un socio di fare la
«parte del leone», escludendo gli altri dagli utili o escludendo se stesso dalle perdite).
La ragione del divieto, per la cui violazione l’art. 2265 prevede la sanzione della nullità,
risiede nella esigenza di evitare che, attraverso la esclusione del socio da ogni partecipazione agli
utili, venga snaturato lo scopo essenziale della società, vale a dire lo scopo di lucro inteso in senso
soggettivo e che, con la esclusione del socio dalle perdite, possano essere sfruttati i conferimenti
degli altri soci e, più in generale, il patrimonio della società. Non vi è dubbio che del divieto debba
essere fatta un’applicazione sostanziale e non meramente formale: è nullo, per tanto, non solo il
patto di formale esclusione dagli utili o dalle perdite, ma anche quello che realizzi sostanzialmente
lo stesso risultato.

3.6. L’amministrazione della società semplice

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Per «amministrazione della società» si intende l’attività di «esecuzione del contratto sociale
diretta a realizzare l’interesse per il quale il contratto sociale è stato concluso»; si intende, cioè,
l’attività di gestione dell’impresa sociale .
L’amministrazione può assumere varie forme:
a) Amministrazione disgiuntiva affidata a tutti i soci
Il principio generale per la società semplice, richiamato anche per le altre società di persone,
è che «il potere di amministrazione della società spetta o ciascun socio con responsabilità illimitata,
disgiuntamnente dagli altri soci (art. 2257, 1° comma).
Il potere di amministrazione, pertanto, nelle società di persone. è un attributo essenziale
della qualità di socio.
Tale potere, tuttavia, proprio perché può essere esercitato disgiuntamente dagli altri soci,
non è illimitato ma viene contemperato dal potere riconosciuto a ciascuno degli altri soci di opporsi
all’operazione da compiere, prima che la stessa sia compiuta (art. 2257, 2° comma): cd. diritto di
veto. La verifica circa la fondatezza dell’opposizione viene demandata alla collettività dei soci, la
quale decide a maggioranza, «determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili»
(art. 2257, 30 comma).
b) Amministrazione congiuntiva affidata a tutti i soci
Il sistema di amministrazione disgiuntiva rappresenta solo un effetto naturale del contratto di
società e, come tale, può essere escluso dalla volontà delle parti: queste, infatti, possono pattuire nel
contratto sociale e nell’atto costitutivo una forma di amministrazione congiuntiva.
Quando venga stabilito questo diverso sistema di amministrazione, valgono le seguenti
regole:
• per il compimento delle operazioni sociali è necessario il consenso di tutti i
soci (art. 2258, 1° comma);
• i singoli amministratori non possono compiere da soli nessun atto, salvo che
vi sia urgenza di evitare un danno alla società (art. 2258, 3° comma).
c) Amministrazione disgiuntiva o congiuntiva, affidata ad alcuni soci soltanto
Sia nel sistema di amministrazione disgiuntiva sia in quello di amministrazione congiuntiva
vale, dunque, la regola per la quale tutti i soci illimitatamente responsabili concorrono
nell’amministrazione della società. Tuttavia tale regola può essere derogata dall’atto costitutivo, il
quale può riservare l’amministrazione ad alcuni soltanto dei soci (disgiuntamente o
congiuntamente).

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L’atto costitutivo può altresì rimettere il potere di amministrare:


• alla maggioranza dei soci (determinata in base alla
partecipazione agli utili).
• a più soci secondo il principio della maggioranza (anziché in
forma disgiuntiva o congiuntiva).

d) Amministrazione affidata ad uno soltanto dei soci


Nell’ipotesi di unico socio amministratore gli altri soci non possono interferire, né opporsi
alle sue operazioni.
Ai soci non amministratori sono riconosciuti, in ogni caso, ampi poteri di informazione e
controllo.
e) Amministrazione e rappresentanza
In tutte le forme di società va distinta l’amministrazione dalla rappresentanza, in quanto:
• amministratore è colui che ha la gestione dell’impresa collettiva (ha, cioè,
carattere interno);
• rappresentante è invece colui che ha il potere di esprimere all’esterno la
volontà sociale, di agire nei confronti dei terzi in nome della società (ha cioè carattere
esterno).
Il potere di amministrare è normalmente, ma non necessariamente, connesso con il potere di
rappresentanza; può accadere, infatti, che uno o più amministratori siano privi di capacità
rappresentativa. Per questa ultima ipotesi, comunque, è necessaria una espressa previsione nell’atto
costitutivo: in alternativa il potere di rappresentanza è attribuito a ciascun socio amministratore.

3.7. Disciplina del rapporto di amministrazione


L’art. 2260, 1° comma, dispone che «i diritti e gli obblighi degli amministratori sono
regolati dalle norme sul mandato».
Agli amministratori di società semplice spettano principalmente i poteri di:
• deliberare su tutti gli argomenti attinenti alla gestione della società non
riservati all’ assemblea;
• eseguire le deliberazioni assembleari;
• rappresentare la società;

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• presentare il rendiconto.

Quanto alla responsabilità degli amministratori, a norma dell’ art. 2260, 2° comma, essi
«sono solidalmente responsabili verso la società per l’adempimento degli obblighi ad essi imposti
dalla legge e dal contratto sociale».
Presupposti dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori sono, dunque:
• l’inadempimento degli «obblighi ad essi imposti dalla legge o dal
contratto sociale»;
• il danno subito dalla società come conseguenza immediata e diretta
dell’ inadempimento.
• Legittimati a proporre tale azione sono:
• i nuovi amministratori, se quelli contro i quali si agisce siano stati già
revocati;
• gli amministratori che non siano inadempienti;
• i soci che abbiano la rappresentanza della società.
Gli amministratori sono solidalmente responsabili sia in caso di amministrazione congiunta
che in caso di amministrazione disgiunta, ciò che rende evi dente come su ognuno di essi incomba il
dovere di vigilare sull’operato degli altri, potendo ciascuno essere chiamato a rispondere per non
aver impedito il compimento da parte di altri di atti dannosi. Tuttavia tale responsabilità non si
estende a quelli, tra gli amministratori, che dimostrino di essere esenti da colpa: ogni
amministratore, pertanto, può liberarsi fornendo la prova di avere diligentemente amministrato e
vigilato.

3.8. Revoca della facoltà di amministrare


Ai fini della revoca della facoltà di amministrare, acquista rilievo la distinzione fra
amministratori nominati nell’atto costitutivo ed amministratori nominati con atto separato:
— l’amministratore nominato con il contratto sociale, cui fa riferimento l’art.
2259, 1° comma, può essere revocato solo per giusta causa e, importando modifica di tale
contratto, la revoca deve essere deliberata all’unanimità ai sensi dell’art. 2252;
— l’amministratore nominato con atto separato, cui fa riferimento l’art. 2259, 2°
comma, può essere revocato negli stessi casi in cui può essere revocato il mandato.

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La revoca per giusta causa, in ogni caso, può essere chiesta giudizialmente da ciascun socio
(art. 2259, 3° comma).

3.9. Rapporti con i terzi: la responsabilità per le obbligazioni


sociali

La società — stabilisce l’art. 2266 — «acquista diritti ed assume obbligazioni per mezzo dei
soci che ne hanno la rappresentanza», la quale spetta, in mancanza di diversa disposizione del
contratto sociale, a ciascun socio amministratore.
Delle obbligazioni assunte in nome della società semplice dai soci amministratori forniti di
rappresentanza rispondono (art. 2267):
• il patrimonio sociale;
• personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della
società;
• gli altri soci, salvo patto contrario.
Si configura, così, la cd. autonomia patrimoniale imperfetta delle società semplici (ed in
generale di tutte le società di persone). Queste, infatti, pur essendo titolari di un patrimonio distinto
da quello dei singoli soci (autonomia patrimoniale), coinvolgono nelle loro vicende anche i soci,
che rispondono solidalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali.

a) La responsabilità del «patrimonio sociale»


L’art. 2267 stabilisce che «i creditori della società possono far valere i loro diritti sul
patrimonio sociale». Essi, inoltre, possono esercitare l’azione surrogatoria nei confronti di quei soci
che non abbiano effettuato o completato i conferimenti.

b) La responsabilità inderogabile dei soci che hanno agito in nome e per conto della
società
Tale responsabilità, caratteristica delle società di persone, oltre ad essere inderogabile, è:
• diretta: infatti il creditore sociale può agire direttamente nei confronti
dei soci;
• personale;

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• illimitata: infatti il socio risponde dell’adempimento delle


obbligazioni sociali «con tutti i suoi beni presenti e futuri»;
• solidale: cioè a ciascun socio può essere richiesto l’intero ammontare
del debito.
Il socio gode di un limitato beneficio di escussione preventiva del patrimonio sociale: infatti,
«il socio richiesto del pagamento di debiti sociali può domandare la preventiva escussione del
patrimonio sociale, indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi».
Inoltre, tale responsabilità incombe su:
• coloro che sono soci al momento della richiesta del pagamento, anche
se ancora non erano soci quando sorse l’obbligazione (responsabilità del socio
nuovo: art. 2269);
• coloro che erano soci al momento del sorgere dell’obbligazione, anche
se non sono più soci al momento della richiesta del pagamento (responsabilità del
socio uscente o dei suoi eredi: art. 2290).

c) La responsabilità degli altri soci (salvo patto contrario)


Tale responsabilità (personale e solidale) è statuita con norma dispositiva e si presume salvo
patto contrario.
Le contrarie pattuizioni che restringono la responsabilità di alcuni soci sono opponibili solo
ai terzi cui siano note o siano state portate a conoscenza con mezzi idonei. Anche per tali soci è
previsto il beneficium excussionis (art. 2268).
La possibilità di restringere la responsabilità solo nei confronti di alcuni soci caratterizza la
società semplice, differenziandola dalla società in nome collettivo ove tutti i soci sono
inderogabilmente responsabili.

3.10. lI creditore particolare del socio e la società


Il patrimonio della società semplice deve considerarsi un patrimonio autonomo, in quanto
sensibile alle pretese dei creditori sociali ma insensibile alle pretese dei creditori personali dei soci.
Il creditore particolare del socio non può mai soddisfarsi sul patrimonio sociale. Egli può
soltanto:

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• far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio (se ed in quanto sia
maturato il diritto del socio a percepirli);
• compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio nella liquidazione
(sottoponendo a sequestro il diritto, futuro ed eventuale, del socio alla quota di
liquidazione in caso di scioglimento della società o di scioglimento del suo rapporto
sociale);
• chiedere, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi
crediti, la liquidazione della quota del socio debitore (provocando l’uscita di questi dalla
società).
In tal caso la società è tenuta a procedere alla liquidazione della quota entro tre mesi dalla
domanda.
Quest’ultima ipotesi è espressamente esclusa per le società in nome collettivo e in
accomandita semplice per le quali vige la regola opposta, in quanto il creditore particolare, non può,
finché dura la società. chiedere la liquidazione della quota del socio.

3.11. Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un


socio

Lo scioglimento del rapporto sociale con riferimento ad un singolo socio non comporta, di
regola, lo scioglimento della società, secondo le regole generali in materia di contratti plurilaterali.
L’uscita del socio dalla società può avvenire per morte, recesso volontario, esclusione.
a) Nel caso di morte di un socio — essendo il contratto sociale stipulato intuitus personae
— il rapporto non si trasmette agli eredi e costoro non possono pretendere di subentrare nella
società ai posto del defunto. L’art. 2284 prevede, in proposito, che gli eredi hanno solo il diritto di
ottenere dagli altri soci la liquidazione della quota dal loro dante causa: trattasi della quota
individuale del «de cuius», consistente in una somma di danaro, che deve essere determinata,
stralciata dal resto del patrimonio e pagata nel termine di sei mesi con i criteri stabiliti dall’art.
2289.
Lo stesso art. 2284, però, prevede due alternative alla soluzione della liquidazione della
quota, in quanto consente ai soci superstiti:

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— di sciogliere anticipatamente la società (ed in tal caso la liquidazione della quota viene
assorbita nella più generale liquidazione della società).
— ovvero di continuarla con gli eredi del socio defunto, se questi vi acconsentano.

b) Recesso volontario del socio


L’art. 2285 prevede che ciascun socio, se la società è a tempo indeterminato o è contratta per
tutta la vita del socio, può recedere liberamente, ma con un preavviso di tre mesi; se, invece, la
società è a tempo determinato, il recesso è ammesso solo per giusta causa.
«Giusta causa» deve considerarsi quella che non consente la normale prosecuzione del
rapporto sociale e non sia imputabile solo al socio che intende recedere (ad es. forza maggiore,
dissidio insanabile tra soci; etc.).
Il socio, inoltre, può recedere dalla società nelle altre ipotesi eventualmente previste dal
contratto (cd. recesso convenzionale).
Il recesso si esercita mediante dichiarazione (unilaterale e recettizia) comunicata, anche
verbalmente, agli altri soci e la legge non richiede per esso forme particolari.
Il recesso del socio, in urta società di due soci, non importa lo scioglimento della società, il
quale si verifica solo alla scadenza del termine concesso al socio residuo per ricostituire la pluralità
dei soci.

c) Esclusione del socio


Il socio può essere escluso, cioè estromesso dalla società:
a) per volontà degli altri soci, quando ricorrano determinate cause di esclusione previste
dalla legge (art. 2286), quali:
• gravi inadempienze agli obblighi di legge (es.: mancata esecuzione dei
conferimenti);
• gravi inadempienze agli obblighi contrattuali (es.: utilizzazione per
fini personali delle cose appartenenti al patrimonio sociale, sistematico
comportamento ostruzionistico);
• interdizione, inabilitazione o condanna a pena che comporti
l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici;
• impossibilità sopravvenuta di esecuzione del conferimento, non
imputabile al socio (es.: sopravvenuta inidoneità del socio a svolgere l’opera

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conferita, perimento della cosa conferita in godimento per causa non imputabile agli
amministratori, perimento della cosa conferita in proprietà prima che la stessa sia
trasferita alla società).
L’esclusione deve essere deliberata dalla maggioranza degli e questa si calcola per numero e
non per valore: ogni socio, cioè, ha un voto (art. 2287). La deliberazione di esclusione ha effetto
soltanto 30 giorni dopo la comunicazione al socio: questi — entro il termine — ha facoltà di
proporre opposizione davanti al tribunale, il quale può sospendere l’esecuzione della delibera.
b) di diritto, quando si verifichi una causa che impedisca la continuazione del rapporto
sociale con riferimento ad un socio, e cioè (art. 2288):
• la liquidazione della sua quota ad istanza di un suo creditore particolare;
• la dichiarazione di fallimento dello stesse.
Nel primo caso, parte della dottrina ritiene che l’esclusione avvenga solo a seguito della
effettiva liquidazione della quota.
Nel secondo caso l’esclusione si produce nel giorno del deposito della sentenza dichiarativa
del fallimento.

3.12. Liquidazione della quota e responsabilità del socio uscente


La liquidazione della quota avviene mediante il pagamento di una somma di denaro, da
effettuarsi entro sei mesi dal giorno in cui si è verificato lo scioglimento del rapporto con riguardo
al socio defunto,receduto od escluso (art. 2289 ).
I1 valore della quota si determina in base alla situazione patrimoniale della società nel
giorno in cui si verifica lo scioglimento, tenendo conto del valore effettivo dei beni e
dell’avviamento. Se vi sono operazioni in corso, il socio uscente partecipa agli utili e alle perdite
inerenti alle operazioni medesime.
Non si configura, dunque, un diritto alla restituzione dei beni conferiti.
A norma dell’ art. 2290, i socio receduto o escluso, nonché gli eredi del socio defunto,
restano responsabili personalmente per le obbligazioni sociali sorte fino al giorno in cui si è
verificato lo scioglimento. Non sussiste, invece, responsabilità per le obbligazioni sociali sorte
successivamente allo scioglimento, purché lo stesso sia stato portato a conoscenza dei terzi con
mezzi idonei.

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3.13. Scioglimento della società

La società semplice può sciogliersi (art. 2272):


• per il decorso del termine, se la società è a tempo determinato e, scaduto lo
stesso, i soci non abbiano deliberato la proroga;
• per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità
di conseguirlo;
• per volontà d tutti i soci;
• se viene a mancare la pluralità dei soci (resta, cioè, un solo socio) e tale
pluralità non è ricostituita ne termine di sei mesi dal giorno dell’avvenuta mancanza. Il
termine semestrale può essere ridotto per volontà dei soci, ma mai prolungato.
• per le altre cause previste dal contratto sociale.
Le cause di scioglimento della società semplice operano di diritto: producono, cioè, i loro
effetti senza necessità di una decisione dei soci o di un provvedimento giudiziale.
Qualora, però, sorgano controversie tra i soci in ordine alla effettiva sussistenza di una causa
di scioglimento, dovrà farsi ricorso all’autorità giudiziaria, al fine di ottenere una sentenza di
accertamento.

3.14. L’invalidità della società

Il codice non disciplina specificamente l’invalidità del contratto costitutivo di una società di
persone: deve farsi pertanto riferimento alla disciplina generale dei contratti per l’individuazione
delle cause di nullità (art. 1418: contrasto con norme imperative; oggetto impossibile o illecito;
illiceità del motivo comune determinante) e di quelle di annullabilità (art. 1425 e seg.: incapacità
delle parti; consenso viziato per errore, violenza o dolo).
La dichiarazione di nullità o l’annullamento del contratto sociale non generano problemi
particolari allorché l’attività sociale non sia ancora iniziata, dovendosi definire semplicemente i
rapporti tra i soci .

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Assai più delicata è invece la situazione in cui l’attività sociale sia già iniziata al momento
della dichiarazione di nullità della società: in tal caso, infatti, sarà necessario disciplinare non solo i
rapporti tra i soci ma anche quelli con i terzi che sono entrati in contatto con la società.
L’accertamento di una causa di invalidità del contratto sociale opererà come una semplice
causa di scioglimento della società, aprendo così la fase di liquidazione.

3.15. La liquidazione

Una volta verificatasi una causa di scioglimento, la società non cessa senz’altro di esistere,
ma si apre una fase particolare: la liquidazione.
Durante il procedimento liquidatorio la società continua ad esistere ed ha per fine il
compimento delle operazioni di liquidazione: non possono essere assunte, perciò, nuove
obbligazioni ma devono essere compiuti solo gli atti necessari alla liquidazione stessa.
Gli amministratori hanno anzitutto l’obbligo di prendere i provvedimenti necessari per la
liquidazione: essi, pertanto, devono convocare l’assemblea per la nomina dei liquidatori, quando
questi sono previsti per la liquidazione e non sono già nominati nel contratto sociale.
A seguito della nomina dei liquidatori, quindi, gli amministratori:
• consegnano ai liquidatori i beni sociali, i documenti e le scritture
contabili;
• presentano ai liquidatori il conto della gestione relativo al periodo
successivo all’ ultimo rendiconto;
• redigono l’inventario, dal quale risulta lo stato attivo e passivo del
patrimonio sociale;
• conservano, comunque, le loro responsabilità.
Il verificarsi di una causa di scioglimento della società limita il potere de amministratori agli
«affari urgenti»(cioè a quelli necessari ad evitare un pregiudizio alla società medesima)fino a che
siano presi i provvedimenti necessari per la liquidazione (art. 2274).
Quanto alle modalità della liquidazione, il codice lascia ampia libertà alla volontà dei soci
(art. 2275), prevedendo un procedimento legale di liquidazione destinato ad operare solo ove il
contratto sociale non preveda il modo di liquidare il patrimonio della società e i soci non siano

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d’accordo nel determinarlo. In tale ultimo caso, pertanto, la liquidazione sarà fatta da uno o più
liquidatori, nominati con il consenso di tutti i soci o, in caso di disaccordo, dal presidente del
Tribunale.
Nel caso di nomina di più liquidatori — in mancanza di diverse disposizioni— si applicano
le regole stabilite per l’amministrazione e la rappresentanza disgiuntive.
I liquidatori possono essere revocati per volontà unanime dei soci e, in ogni caso, dal
Tribunale per giusta causa su domanda di uno o più soci (art, 2275, 2° comma).

3.16. Poteri e compiti dei liquidatori


I liquidatori sono titolari di un ufficio assimilabile a quello del mandatario e vasti sono i
poteri ed i compiti loro demandati.
Essi, infatti, tra l’altro:
— prendono in consegna i beni ed i documenti sociali dagli amministratori;
— possono compiere gli atti necessari per la liquidazione e, se i soci non hanno
disposto diversamente, possono vendere anche in blocco i beni sociali e fare transazioni
e compromessi (art. 2278).
— possono chiedere ai soci, sei fondi disponibili risultino insufficienti per il
pagamento dei debiti sociali, l’integrazione dei conferimenti ancora inseguiti e, qualora
anche tali versamenti non siano sufficienti, le ulteriori somme necessarie, nei limiti della
rispettiva responsabilità ed in proporzione della parte di ciascuno nelle perdite (ari
2280);
— non possono compiere nuove operazioni sociali: se le compiono, rispondono
personalmente e solidalmente per gli affari intrapresi (art. 2279). Le conseguenze degli
atti compiuti in violazione di tale divieto ricadono altresì nella sfera patrimoniale della
società allorquando lo stato di liquidazione non sia opponibile ai terzi per mancato
assolvimento degli oneri di pubblicità.
— sono tenuti alla redazione del rendiconto annuale, se le operazioni di
liquidazione si protraggono oltre un anno (art. 2261);
— non possono ripartire tra i soci i beni sociali se non sono stati previamente
soddisfatti i creditori sociali o accantonati i fondi per provvedervi (ari 2280, l°comma);

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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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— una volta estinto tutto il passivo, devono procedere a rimborsare i


conferimenti ai soci ed a ripartire fra gli stessi l’eventuale eccedenza di attivo in
proporzione della parte di ciascuno nei guadagni (art. 2282).
I conferimenti in danaro vanno rimborsati al valore nominale; i conferimenti diversi, al
valore determinato nel contratto o,in mancanza, a quello che avevano nel momento in cui furono
eseguiti;
— devono, invece, restituire in natura i beni che i soci hanno conferito in
godimento alla società, nello stato in cui essi si trovano (art. 2281).
Se tali beni siano periti o deteriorati per causa imputabile agli amministratori o ai liquidatori,
i soci hanno diritto al risarcimento del danno a carico del patrimonio sociale, salva l’azione contro i
responsabili.
La responsabilità dei liquidatori è regolata dalle norme stabilite per gli amministratori (a
2276).

3.17. Chiusura delta liquidazione ed estinzione della società


Estinti i debiti sociali e definiti i rapporti tra i soci, il procedimento di liquidazione ha
termine, in quanto nessuna regola specifica è prevista per la chiusura di esso nella società semplice.
Nella società in nome collettivo, invece, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di
liquidazione ed il piano di riparto, a norma dell’art. 2311.
Non è necessario, in particolare — diversamente da quanto prescritto per le società di
capitali — che i liquidatori provvedano all’effettiva ripartizione dell’attivo residuo tra i soci.
La società, comunque, non si estingue se alla liquidazione formale non corrisponde la
liquidazione effettiva di tutti i rapporti giuridici che ad essa faceva no capo.
Se successivamente emerge la sussistenza di debiti insoddisfatti, i creditori sociali potranno
fare valere l’inefficacia degli eventuali atti di assegnazione ai soci e soddisfarsi sui beni distribuiti,
con preferenza rispetto ai creditori particolari dei soci medesimi.
Delle eventuali sopravvenienze attive coloro che erano soci diventano comproprietari «pro
indiviso» e le attività stesse sono assoggettate, pertanto, al regime della comunione.

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4. Società in nome collettivo

La disciplina della società in nome collettivo è contenuta negli articoli da 2291 a 2312. La
società in nome collettivo può essere definita come la società in cui tutti i soci rispondono
illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali.

4.1. Stipulazione dell’atto costitutivo


La stipulazione dell’atto costitutivo di una S.n.c. deve essere fatta per iscritto, o mediante
scrittura privata autenticata dal notaio, oppure con atto pubblico.
Nell’atto costitutivo debbono essere indicati (art. 2295):
— le generalità dei soci (cognome e nome, luogo e data di nascita, domicilio,
cittadinanza);
— la ragione sociale, formata dal nome di uno o più soci e dall’indicazione del
rapporto sociale (nella ragione sociale può essere conservato il nome del socio receduto
o defunto, purché lo stesso socio receduto o gli eredi del defunto vi consentano).
Per il principio della novità, se vi ò confusione tra la ragione sociale ed un’altrui ditta, o
denominazione, sussiste l’obbligo di differenziazione secondo le regole generali.
— i nomi dei soci amministratori e di coloro che hanno la rappresentanza della
società
— la sede principale e le eventuali sedi secondarie (si ricordi che sede sociale è
la sede della gestione sociale, dove risiedono gli organi e non dove si trova lo
stabilimento);
— l’oggetto sociale (ossia l’attività svolta dalla S.n.c.);
— i conferimenti dei soci, il loro valore ed i criteri di valutazione;
— le prestazioni che i soci d’opera (o di solo lavoro) si sono impegnati a
conferire;
— le singole nonne sulla ripartizione degli utili delle perdite;

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— la durata della società (in mancanza si ritiene che essa duri a tempo
indeterminato.
L’osservanza delle norme che attengono alla forma ed al contenuto del contratto sociale non
è condizione per la validità del contratto stesso e neppure ai fini della prova: all’eventuale
inosservanza consegue soltanto il divieto di iscrizione nel registro delle imprese ma la società esiste
egualmente, anche se in situazione di irregolarità.
Eventuali modificazioni del contratto sociale devono essere decise, salvo patto contrario, all’
unanimità e pubblicate, anch’esse, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese.

4.2. Iscrizione nel registro delle imprese


a) Società regolare
Gli amministratori, ed il notaio (se la stipulazione è stata fatta per atto pubblico), sono
obbligati a depositare l’originale del contratto (se scrittura privata) o una copia (se atto pubblico),
per l’iscrizione, presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione si trova la sede
sociale.
Se non vi provvedono entro 30 giorni dalla stipulazione, ogni socio può provvedervi a spese
della società o far condannare gli amministratori a provvedervi .
Con l’iscrizione nel registro delle imprese, la società in nome collettivo diventa società
regolare, ad essa viene cioè riconosciuta una più intensa autonomia patrimoniale. Sui soci incombe
inoltre una responsabilità per le obbligazioni sociali solo sussidiaria (e non diretta come nelle
società semplici e in nome collettivo irregolari), per cui i creditori sociali non possono pretendere il
pagamento dai singoli soci se non dopo la preventiva ed infruttuosa escussione del patrimonio
sociale .

b) Società irregolare
La società in nome collettivo non registrata è irregolare per tutto il tempo per cui non è
iscritta nel registro delle imprese.
Le principali conseguenze della mancata registrazione dell’ atto costitutivo sono le seguenti:
a) i rapporti fra la società non registrata ed i terzi sono regolati dalle norme relative alla
società semplice.
Pertanto:

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— i creditori sociali possono agire direttamente nei confronti dei soci, senza aver
prima escusso i beni sociali e sempreché sui medesimi non sia agevole il soddisfacimento;
— i creditori particolari del socio possono chiedere la liquidazione della quota
del socio loro debitore in ogni momento, quando gli altri beni di questi non siano sufficienti
a soddisfarli .
— Sono previste, però, due eccezioni all’ applicazione, nei rapporti con i terzi,
della disciplina della società semplice:
— resta ferma la responsabilità solidale ed illimitata dei soci: è inefficace ogni
patto contrario;
— il potere di amministrazione e il coincidente potere di rappresentanza
spettano, in mancanza di specifica regolamentazione del contratto sociale, disgiuntamente a
tutti i soci. I patti che limitano la rappresentanza ad alcuni dei soci sono opponibili solo a
quei terzi che ne erano a conoscenza;
b) il termine di prescrizione dei diritti sociali è di dieci anni (e non di 5 anni, come nelle
società registrate);
c) ciascun socio può provvedere alla regolarizzazione (o iscrizione successiva) o far
condannare gli amministratori a provvedervi. La regolarizzazione importa il subentrare ex nunc
nella disciplina sociale della normativa prevista per la società collettiva regolare (restano intatti,
pertanto, i diritti già acquisiti dai terzi).

4.3. Il capitale sociale


4.3.1. Intangibilità del capitale sociale
Per capitale sociale si intende il complesso dei conferimenti dei soci, o il valore in danaro
dei conferimenti stessi, risultante dalle valutazioni compiute nel contratto .
Nelle S.n.c., la tutela dell’integrità del capitale sociale — seppure limitata rispetto a quella
prevista per le società di capitali — è attuata attraverso:
— il divieto di distribuzione di utili fittizi, non corrispondenti, cioè, ad una
plusvalenza attiva del patrimonio rispetto al capitale sociale: possono ripartirsi, pertanto,
solo utili realmente conseguiti;

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— il divieto di distribuzione di utili, se si verifica una perdita, finché il capitale


non è corrispondentemente reintegrato o ridotto ;
— l’obbligo, per gli amministratori, di tenere scritture contabili e di redigere
annualmente l’inventario
— il divieto, a carico degli amministratori, di restituire i conferimenti ai soci o di
liberarli dall’obbligo di esecuzione, se non dopo la riduzione del capitale sociale.

4.3.2. Riduzione del capitale sociale


Il capitale sociale, oltre che per perdite, può essere ridotto per esuberanza.
L’art. 2306 sottopone ad un peculiare regime qualsiasi riduzione del capitale sociale, che si
effettui mediante rimborso ai soci delle quote pagate o mediante liberazione di essi dall’obbligo di
ulteriori versamenti:
— la relativa deliberazione deve essere iscritta nel registro delle imprese;
— essa può essere eseguita soltanto dopo tre mesi dal giorno dell’iscrizione;
— nel termine anzidetto, ciascun creditore sociale anteriore all’iscrizione può
fare opposizione. In tal caso la società deve convenire l’opponente davanti all’autorità
giudiziaria ed il tribunale può consentire l’esecuzione della deliberazione, previa prestazione
di un’idonea garanzia da parte della società.

4.4. L’autonomia patrimoniale


L’autonomia patrimoniale della S.n.c. è più rigida di quella della società semplice. In
particolare:
a) la responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali, in base a norme inderogabili, ha il
carattere di:
— responsabilità solidale ed illimitata (art. 2291): dalla illimitatezza deriva che
il fallimento della società produce anche il fallimento del socio;
— responsabilità sussidiaria (art. 2304): il creditore sociale deve
preventivamente escutere il patrimonio sociale e, solo in caso di insufficienza,può agire sui
beni personali del socio.
Il beneficium excussionis si opera, pertanto, in maniera diversa a seconda che si tratti di
società in nome collettivo o di società semplice. In presenza della prima, infatti, il creditore non può
pretendere il pagamento dal socio se non dopo la infruttuosa escussione del patrimonio sociale,

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mentre, nella seconda, il socio che sia stato richiesto del pagamento dei debiti sociali può invocare il
beneficio indicando i beni sui quali il creditore può agevolmente soddisfarsi. Invero, in caso di
società semplice, l’onere della preventiva escussione sussiste solo se espressamente convenuto.
b) il creditore particolare di un socio non può chiedere la liquidazione della quota del suo
debitore (art. 2305), potendo unicamente:
— compiere atti conservativi sulla quota del suo debitore;
— far valere i suoi diritti agli utili;
— provocare la dichiarazione di fallimento del debitore (se imprenditore
commerciale) e quindi, la sua esclusione di diritto dalla società.
c) ogni socio che entra a far parte della società risponde anche per le obbligazioni contratte
prima della sua ammissione (art. 2269);
d) la responsabilità del socio uscente, per le obbligazioni sociali, persiste fino al giorno in
cui si verifica lo scioglimento della società (art. 2290).

4.5. Amministrazione e rappresentanza


Nella società in nome collettivo tutti i soci hanno diritto, in mancanza di disposizioni
contrarie dell’atto costitutivo di amministrare e rappresentare la società, sia sotto il profilo
sostanziale, sia sotto il profilo processuale.
In particolare, per l’amministrazione valgono le stesse regole della società semplice, in forza
del richiamo operato dall’art. 2293.
Quanto alla rappresentanza:
— le persone autorizzate a rappresentare la società devono essere indicate
nominativamente nell’atto costitutivo.
— In mancanza di tali indicazioni, ciascun socio ha il potere di amministrare e di
rappresentare disgiuntamente la società e questa non può opporre ai terzi eventuali
limitazioni ai poteri di rappresentanza, salvo che riesca a dare la prova che costoro ne
fossero a conoscenza;

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— gli amministratori che hanno la rappresentanza della società possono


compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, salvo le limitazioni che risultano
dall’atto costitutivo o dalla procura .
— Le limitazioni, però, non possono essere tanto ampie da escludere in pratica
ogni effettivo potere di gestione.

4.6. Scioglimento e liquidazione

4.6.1. Scioglimento della società


Le cause di scioglimento di una società in nome collettivo sono contemplate dalle stesse
disposizioni che disciplinano lo scioglimento della società semplice, integrate da alcune previsioni
specifiche. Pertanto, ai sensi degli art. 2308 e 2272, la società in nome collettivo, può sciogliersi:
— per decorso del termine.
— Tuttavia, prima della scadenza, i soci possono deliberare la proroga della
società.
— per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità
di conseguirlo;
— per deliberazione unanime dei soci;
— per cessazione della pluralità dei soci (allorquando, cioè, resti un solo socio e
nel termine di sei mesi la pluralità non venga ricostituita mediante l’ammissione di nuovi
soci);
— per altre cause eventualmente previste dal contratto sociale;
— per provvedimento dell’autorità governativa, nei casi stabiliti dalla legge;
— per la dichiarazione di fallimento (quando la società esercita un’attività
commerciale).

4.6.2. La liquidazione
Per la liquidazione della società in nome collettivo valgono le regole stabilite per la società
semplice, salvo che per le formalità e la pubblicità.

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L’ art. 2309 prescrive, infatti, che la deliberazione dei soci o la sentenza che nomina i
liquidatori e ogni atto successivo che importa cambiamento nelle persone dei liquidatori devono
essere, entro 30 giorni dalla notizia della nomina, depositati in copia autentica a cura dei liquidatori
medesimi per l’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese.
Per effetto e dal momento della iscrizione della loro nomina nel registro delle imprese, i
liquidatori assumono la rappresentanza della società, anche in giudizio.
Compiuta la liquidazione va redatto il bilancio finale e viene proposto ai soci il piano di
riparto. Bilancio e piano di riparto devono essere comunicati ai soci con lettera raccomandata e gli
stessi si intendono approvati se non sono impugnati nel termine di due mesi dalla comunicazione.
I liquidatori non possono procedere a riparti tra i soci se prima non siano stati pagati i
creditori sociali o accantonate le somme per pagarli, e tale obbligo è sanzionato penalmente.

4.6.3. La cancellazione dal registro delle imprese


Con l’approvazione del bilancio, i liquidatori sono liberati di fronte ai soci e devono
chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese, nonché depositare le scritture
contabili e i documenti che non spettano ai singoli soci presso la persona designata dalla
maggioranza, che li conserverà per dieci anni.
Secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, comunque, la società non è estinta
finché rimane anche un solo debito da pagare; pertanto, affinché la cancellazione produca i suoi
effetti e sia opponibile ai terzi, occorre che siano cessati tutti i rapporti passivi facenti capo alla
società, con conseguente definizione di tutte le pendenze debitorie della società medesima.
Fino a quando vi siano crediti insoddisfatti, i creditori sociali prevalgono sui creditori
particolari dei singoli soci; possono fare valere l’inopponibilità nei loro confronti dell’eventuale
ripartizione dei beni sociali; sono legittimati a citare la società, in persona dei liquidatori, per
ottenere la ricostituzione del patrimonio sociale e soddisfarsi su di esso.
Il fallimento di una società in nome collettivo (registrata od irregolare) è causa del
fallimento di tutti i soci (art. 2291 e 2297).

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5. Società in accomandita semplice


La società in accomandita semplice è una società di persone, caratterizzata dal fatto che di
essa fanno parte due diverse categorie di soci:
— i soci accomandanti, che sono obbligati unicamente al conferimento (cioè a fornire alla
società il proprio apporto) e rispondono nei confronti dei terzi nei limiti del medesimo.
— Essi non partecipano alla gestione sociale e non corrono altro rischio che la perdita del
(valore del) conferimento dovuto (responsabilità limitata);
— i soci accomandatari, che partecipano alla gestione ed alla direzione della società,
assumendo responsabilità illimitata e solidale (come quella dei soci di società in nome
collettivo) sì da rispondere anche con il patrimonio personale, sia pure in via sussidiaria,
delle obbligazioni sociali.

5.1 La costituzione della società in accomandita semplice


Per la costituzione della società in accomandita semplice valgono le stesse regole dettate per
la società in nome collettivo. Anche in tal caso, infatti, l’atto costitutivo va redatto per iscritto
(scrittura privata autenticata o atto pubblico) e va pubblicato nel registro delle imprese. L’atto
costitutivo deve, in più, indicare specificamente i soci accomandatari ed i soci accomandanti.
La ragione sociale è costituita dal nome di almeno uno dei soci accomandatari, con
l’indicazione di società in accomandita semplice. L’accomandante, il quale consenta che il suo
nome sia compreso nella ragione sociale, risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente
con gli accomandatari per le obbligazioni sociali.

5.2 I soci accomandanti


I soci accomandanti caratterizzano la società in accomandita semplice per la limitazione
della loro responsabilità per le obbligazioni sociali alla sola quota conferita. In particolare essi:
— sono obbligati solo ai conferimenti;

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— corrono soltanto il rischio di perdere il capitale conferito: rispondono, infatti, delle


obbligazioni sociali nei soli limiti della quota conferita;
— sono esclusi dai poteri amministrativi. Per espressa disposizione del 2318, 2° comma,
infatti, l’amministrazione della società può essere conferita solo a soci accomandatari.
Vige, pertanto, per i soci accomandanti, un divieto di «immistione» nell’amministrazione
della società, salvo il conferimento di una procura speciale per singoli affari (ma mai in qualità di
procuratore generale o di institore).
L’accomandante che, contravvenendo ai divieto di immistione nell’amministrazione della
società, compia atti di amministrazione, tratti o concluda affari in nome della società, risponde (allo
stesso modo dell’accomandante che abbia acconsentito all’inserimento del proprio nome nella
ragione sociale) illimitatamente e solidalmente verso i terzi e, inoltre, può essere escluso dalla
società a norma dell’art. 2286.

5.3 I soci accomandatari e l’amministrazione


I soci accomandatari:
— sono obbligati verso la società all’esecuzione dei conferimenti;
— sono personalmente e solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni
sociali;
— godono del beneficio della preventiva escussione del patrimonio della società
previsto dall’art. 2304, per cui «i creditori sociali, anche se la società è in
liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci se non dopo
l’escussione del patrimonio sociale»;
— hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo (art 2318).
Devono, pertanto, sottostare anche al divieto di concorrenza stabilito per i soci della
S.n.c.;
— partecipano all’amministrazione della società.
Per quanto riguarda il potere di amministrazione, nella società in accomandita vige la regola
che soltanto gli accomandatari possono essere nominati amministratori. Tuttavia, a differenza di
quanto accade nella società in accomandita per azioni, dove vi è necessaria coincidenza tra la

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qualifica di socio accomandatario e quella di amministratore, nell’accomandita semplice, se è vero


che tutti gli amministratori devono essere soci accomandatari, non è però necessario che tutti gli
accomandatari siano anche amministratori.
La nomina degli amministratori può essere inserita nel contratto sociale o essere deliberata
dai soci con atto separato. In tale ultimo caso, però, è necessario il consenso di tutti gli
accomandatari e l’approvazione di tanti accomandanti che rappresentino la maggioranza del
capitale da essi sottoscritto.
Le diverse modalità di nomina degli amministratori incidono sulla possibilità di revoca degli
stessi. Ciò in quanto:
— per gli amministratori nominati nell’atto costitutivo: la revoca è possibile con il consenso
unanime di tutti i soci solo per giusta causa, ed in mancanza di questa non ha effetto. La
domanda di revoca per giusta causa può essere proposta giudizialmente anche da ciascun socio
accomandante. In tale ultima ipotesi, peraltro, la revoca dell’amministratore non spiega alcun
effetto sullo status di socio dell’amministratore medesimo;
— per gli amministratori nominati con atto separato: la revoca deve essere decisa con il
consenso degli accomandatari e con l’approvazione dei soci accomandanti che rappresentino la
maggioranza del capitale da essi sottoscritto.

5.4 Il trasferimento delle quote


La diversa natura della partecipazione sociale degli accomandatari e degli accomandanti
comporta inevitabilmente l’introduzione di una separata disciplina per la circolazione delle
rispettive quote societarie.
Trasferimento della quota di accomandante
La quota di accomandante, posta la sua scarsa influenza nella vita della società, è:
— trasmissibile «mortis causa», senza consenso dei «soci superstiti».
— trasferibile «inter vivos», salvo patto contrario, purché vi sia l’ approvazione di tanti soci
che rappresentino la maggioranza del capitale sociale.

Trasferimento della quota di accomandatario


Per quanto riguarda i soci accomandatari:

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— in caso di morte, si applicano i principi di cui all’art. 2284: gli altri soci devono liquidare
la quota agli eredi, tranne che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi
stessi e questi vi acconsentano;
— il subingresso per atto fra vivi importa modificazione del contratto sociale; se l’atto
costitutivo non preveda diversamente, la cessione della quota dell’accomandatario deve ottenere il
consenso unanime dei soci per avere effetto verso la società.

5.5 Lo scioglimento e liquidazione della società


Lo scioglimento della società in accomandita semplice può avvenire per le stesse cause
previste per la società semplice, alle quali si aggiunge quella relativa al venir meno, durante la vita
della società, di una delle due categorie di soci, a meno che nel termine di sei mesi la categoria di
soci venuta meno non venga ricostituita.
Nel caso in cui la categoria che viene a mancare sia quella degli accomandatari, è prevista
la nomina di un amministratore provvisorio (che può essere a accomandante oppure un estraneo), il
quale dovrà provvedere al compimento degli atti di ordinaria amministrazione.

L’ amministratore provvisorio non assume la qualità di accomandatario né, quindi, la


responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali.
Per quanto riguarda, poi, il procedimento liquidativo e la stessa estinzione della società,
trovano applicazione le medesime disposizioni vigenti in materia per la S.n.c.
Tuttavia l’art. 2324 precisa che, dopo la liquidazione e la cancellazione della società dal
registro delle imprese, i creditori sociali che non siano stati soddisfatti potranno fare valere i loro
crediti nei confronti
— dei soci accomandatari;
— dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di costoro;
— dei soci accomandanti, unicamente nei limiti della quota da essi eventualmente
percepita nella liquidazione, oltre che nei limiti del con ferimento che non abbiano eseguito.

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5.6 La società in accomandita semplice irregolare


La mancanza di registrazione si limita a determinare una disciplina parzialmente diversa del
rapporto sociale; la società, però, conserva ,pur nella condizione di irregolarità, le caratteristiche
proprie della accomandita, ossia la presenza di soci che godono del beneficio della responsabilità
limitata.
I rapporti fra società e terzi sono regolati dall’art. 2297, pertanto:
— i creditori particolari del socio hanno il diritto di chiedere la liquidazione della sua quota;
— i creditori sociali possono agire contro i soci senza la necessità della preventiva
escussione del patrimonio sociale.
Resta ferma, comunque, la limitazione di responsabilità degli accomandanti, obbligati solo
in ragione del loro conferimento, «salvo che abbiano partecipato alle operazioni sociali».

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