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DIRITTO COMMERCIALE
LEZIONE IV
“LE SOCIETÀ”
Indice
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Diritto Commerciale Lezione IV
1. Le società in generale
La società è la forma più diffusa di esercizio collettivo dell’impresa: trattasi, infatti, di
un’organizzazione di persone e di beni preordinata e coordinata al raggiungimento di uno scopo
produttivo, mediante l’esercizio in comune di una attività economica, attuata attraverso determinati
conferimenti che i soci si impegnano a prestare.
Si realizza in tal modo una forma particolare di collaborazione caratterizzata dal fatto che
tutti gli associati partecipano al rischio di gestione dell’impresa.
Secondo l'art. 2247 "con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi
per l'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili".
Tale attività può essere finalizzata:
• a scopo lucrativo (art. 2247). cioè allo scopo di dividerne gli utili;
• a scopo mutualistico (art. 2511), cioè allo scopo di fornire beni o servizi od occasioni
di lavoro ai contraenti a condizioni vantaggiose:
• a scopo consortile (art. 2602 e 2615ter), cioè allo scopo di coordinare le medesime o
affini attività economiche di più imprenditori, o lo svolgimento di determinate fasi
delle rispettive imprese.
Il contratto di società viene definito, dalla dottrina dominante, come un contratto a carattere
associativo, a struttura plurilaterale, qualificato da uno scopo comune.
Si tratta di un contratto di natura consensuale che, pertanto, si perfeziona con la semplice
assunzione, da parte dei soci, dell’obbligo di eseguire il conferimento promesso, mentre la materiale
esecuzione della prestazione rappresenta semplicemente un atto di adempimento.
La definizione della società come contratto, però, non è idonea a ricomprendere l’intero
fenomeno societario, poiché l’ordinamento riconosce, in determinate ipotesi, anche società
costituite mediante atto unilaterale (es. S.p.a. unipersonali, ex art. 2328, 1° comma, come
modificato dal D.Lgs. n. 6/2003 sulla riforma delle società; S.r.l. unipersonali, ex art. 2463, 1°
comma), ovvero mediante atto normativo (es. trasformazione in S.p.a. di enti pubblici economici
quali l’IRI, l’ENI e l’ENEL ex lege 8-8-1992, n. 359).
Da una prima analisi del testo dell’art. 2247 si può individuare un nucleo essenziale di
elementi: i conferimenti per la costituzione del fondo sociale, l’esercizio in comune dell’ attività
economica, e la divisione degli utili.
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1.1. I conferimenti
La norma di cui all’art. 2247 ha la funzione di illustrare le peculiarità del contratto sociale. E
la più importante va individuata nel conferimento di beni e servizi, dal momento che non esiste
società senza conferimenti, né può darsi socio senza obbligo di conferimento. Con la stipulazione
del contratto di società ciascun contraente si obbliga a contribuire alla formazione di un fondo
sociale mediante una prestazione di dare o di fare, nel che appunto consiste il conferimento. Esso
costituisce, dal punto di vista più tecnico, l’unico obbligo gravante su chi intenda divenire socio di
una società, di qualunque tipo essa sia.
Possono costituire oggetto di conferimento:
• beni: cioè danaro, beni mobili o immobili (conferibili in proprietà o in semplice
godimento). Per effetto del conferimento il conferente non può più utilizzare
individualmente il bene conferito, essendo quest’ultimo vincolato a quella specifica
destinazione che è l’esercizio dell’attività economica;
• servizi: ossia l’attività lavorativa o apporti d’opera del socio. La riforma del diritto
societario del 2003, superando il tradizionale divieto di conferimento di prestazioni
d’opera e di servizi vigente per le società di capitali, ha ammesso che nelle sole
società a responsabilità limitata possono essere conferiti «tutti gli elementi dell’
attivo suscettibili di valutazione economica» (art. 2464, nuovo testo) e dunque anche
elementi immateriali, come il conferimento di prestazioni professionali o i servizi di
consulenza.
Il conferimento deve essere sempre determinato nell’ atto costitutivo, salvo che nella società
semplice, relativamente alla quale si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti eguali
tra loro, quanto è necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale (art. 2253, 2° comma).
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• quanto al passaggio dei rischi, si coordinano gli art. 1465 (richiamato dall’art. 2254)
e 2286, 2° comma.
Pertanto:
• può essere stabilita l’esclusione del socio che si obbliga a trasferire la proprietà, se il
perimento per caso fortuito della cosa (non ancora trasferita alla società) grava sul
con ferente;
• non si ha esclusione del socio, se il rischio grava sull’acquirente (società), come ne
caso dell’art. 1465, 2° comma (ipotesi in cui l’effetto traslativo è differito alla
scadenza di un termine stabilito).
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Tale possibilità (già prevista dalla legge n. 383/2001 per tutte le società di capitali) è in
attesa, tuttavia, di un decreto del presidente del Consiglio dei Ministri che ne disciplini
caratteristiche e modalità di esecuzione.
Il capitale sociale è un’entità numerica che indica il valore in denaro della somma dei
conferimenti eseguiti (capitale versato) o promessi (capitale sotto scritto) dai soci in sede di
costituzione della società (capitale nominale).
Il patrimonio sociale è il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla
società.
Il patrimonio si distingue a sua volta in:
• patrimonio lordo, costituito dalla somma delle attività della società in un dato
momento;
• patrimonio netto, risultante dalla differenza tra le attività e le passività della società
(capitale reale).
Capitale e patrimonio coincidono nella fase iniziale dell’attività, allorché unici mezzi a
disposizione della società sono i conferimenti effettuati dai soci e non esistono ancora passività.
Successivamente, mentre il patrimonio è destinato a variare a seconda delle vicende economiche
della società, il capitale sociale rimane invece immutato, a meno che non si provveda, con una
delibera assembleare, ad un aumento o ad una riduzione dello stesso.
Diversa è anche la loro funzione: il patrimonio della società svolge essenzialmente una
funzione di garanzia, in quanto rappresenta la garanzia generica (art. 2740) su cui i creditori
possono trovare soddisfazione.
Il capitale sociale svolge, invece, una funzione vincolistica, in quanto (quale complesso dei
conferimenti) rappresenta la parte di patrimonio sociale che i soci si sono impegnati a non distrarre
dall’attività di impresa, garantendo così la conservazione della produttività dell’impresa sociale.
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L’art. 2247 esige che la società eserciti un’attività economica volta alla realizzazione di utili
(cd, lucro oggettivo) e che tali utili, una volta realizzati, debbano poi essere divisi tra i soci (cd.
lucro soggettivo).
Lo scopo lucrativo oggettivo consiste, dunque, nel fatto che l’attività economica esercitata
dalla società sia astrattamente idonea a procurare un lucro; lo scopo lucrativo soggettivo è, invece, il
fine egoistico che il socio intende realizzare mediante la partecipazione alla società.
Non sono qualificabili, quindi, come società:
le imprese collettive che esercitano un’attività economica diretta dichiaratamente alla
realizzazione di scopi di natura ideale, culturale, ricreativa. assistenziale. religiosa. etc.;
le imprese collettive che esercitano un’attività economica diretta alla realizzazione di un
lucro, ma che dichiaratamente non ripartiscono tale profitto tra i soci, bensì lo utilizzano per
svolgere una ulteriore attività tesa ad uno scopo ideale.
Questa definizione di lucro, se è insita nello scopo di tutte le società di persone e di capitali
(cd. società lucrative), mal si adatta ad altri tipi che pure rientrano nella più ampia nozione di
società, quali le società cooperative dove, invece, lo scopo è quello dì far conseguire ai soci un
risparmio di spesa od occasioni di lavoro, e le società consortili dove lo scopo è quello di far con
seguire ai consorziati una riduzione dei costi o maggior guadagni nelle rispettive imprese.
La partecipazione agli utili (ed alle perdite) da parte dei soci costituisce un requisito
essenziale della società. Essa non deve essere necessariamente proporzionale al conferimento
eseguito e può essere variamente regolamentata salvo, comunque, il rispetto dell’art. 2265 che
sancisce il divieto del cd. patto leonino, ossia del patto con il quale uno o più soci sono esclusi da
ogni partecipazione agli utili o alle perdite (art. 2265).
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2. Tipi di società
Sotto l’aspetto organizzativo, la società si distingue nei seguenti tipi, espressamente previsti
dal legislatore, con elementi e caratteri propri:
1. Società semplice
di persone 2.Società in nome collettivo (S.n.c.) a scopo di lucro
3.Società in accomandita semplice (S.a.s.)
La scelta del tipo di società è essenzialmente rimessa alla volontà delle par ti che la pongono
in essere: una sola limitazione è stabilita per le società aventi per oggetto l’esercizio di un’attività
commerciale (art. 2249), le quali non possono assumere la forma di società semplice.
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I tipi di società possono classificarsi in due grandi gruppi, a seconda che risultino organizzati
su base personale o su base capitalistica: nel primo caso si hanno società di persone, nel secondo
società di capitali.
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Alle società di persone si contrappongono le società di capitali, nelle quali i soci vengono in
considerazione essenzialmente in ragione della quota di capitale da essi sottoscritta.
Nelle società di capitali:
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— i soci godono dei beneficio della responsabilità limitata: essi, cioè, rischiano nell’impresa
solo il danaro o i beni che hanno conferito in società.
Si ricordi, però, che i soci accomandatari (della società in accomandita per azioni) sono,
invece, solidalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali;
• il potere di amministrazione — il potere di amministrazione è
dissociato dalla qualità di socio: infatti il socio non è, in quanto tale,
amministratore della società; la qualità di socio gli conferisce solo il
potere di concorrere, con il proprio voto, alla nomina degli
amministratori;
• la qualità di socio è liberamente trasferibile: la sostituzione
della persona del socio -per cessione volontaria o a causa di morte - non
richiede alcuna modificazione del contratto di società e si attua
esclusivamente per volontà del cedente e del cessionario o, nel caso di
morte del socio, secondo il meccanismo delle successioni.
Ciò si spiega con l’importanza secondaria delle qualità personali del socio, che interviene
nella società in quanto detentore di ricchezza e non in quanto individuo particolarmente capace ed
onesto.
Nell’ambito dei tipi di società la più importante classificazione viene effettuata in relazione
allo scopo da esse perseguito.
Si distinguono così:
a) società lucrative (società semplice, in nome collettivo, in accomandita semplice, per
azioni, a responsabilità limitata, in accomandita per azioni),
caratterizzate dal fine di lucro;
b) società mutualistiche (società cooperativa a responsabilità limitata o illimitata, società di
mutua assicurazione), caratterizzate dallo scopo mutualistico perseguito dai soci.
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3. La Società semplice
La società semplice costituisce la forma più elementare di società. La caratteristica
fondamentale è l’esercizio esclusivo di attività economiche lucrative non commerciali. La sfera di
applicazione delle società semplici può estendersi, pertanto, all’esercizio di:
b) attività di gestione di immobili che non sia esplicata a mero scopo di godimento.
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3.3. I conferimenti
Una volta costituita la società, i soci sono obbligati ad eseguire i conferimenti necessari per
lo svolgimento dell’ attività economica. Se i conferimenti non sono determinati nel contratto sociale
si presume che i soci siano obbligati a conferire ,in parti uguali tra loro,quanto è necessario per il
per il conseguimento dell’ oggetto sociale.
Possono aversi:
- conferimenti in danaro, ed è questa l’ipotesi normale, dato che il denaro è il bene generico
e fungibile per eccellenza e, quindi, il più adatto a sopperire alle necessità finanziarie della società ;
- conferimenti in natura, consistenti nel conferimento di beni (mobili o immobili) in
proprietà o in godimento;
- conferimenti di crediti, consistenti nel conferimento alla società di crediti che il socio vanta
nei confronti di terzi;
- conferimenti di servizi, consistenti nella prestazione di lavoro (manuale od intellettuale)
che il socio (c.d . socio d’opera) si impegna a prestare con il contratto sociale.
La somma del valore dei conferimenti dei soci rappresenta il valore del patrimonio sociale
che, al momento della costituzione della società, coincide sicuramente con il capitale sociale.
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I soci, dunque, sono liberi di derogare ai criteri di ripartizione indicati dall’art. 2263; essi
incontrano il solo limite del divieto del cd. patto leonino, quel patto, cioè, con il quale si escludono
uno o più soci dalla partecipazione agli utili e alle perdite (che consentirebbe ad un socio di fare la
«parte del leone», escludendo gli altri dagli utili o escludendo se stesso dalle perdite).
La ragione del divieto, per la cui violazione l’art. 2265 prevede la sanzione della nullità,
risiede nella esigenza di evitare che, attraverso la esclusione del socio da ogni partecipazione agli
utili, venga snaturato lo scopo essenziale della società, vale a dire lo scopo di lucro inteso in senso
soggettivo e che, con la esclusione del socio dalle perdite, possano essere sfruttati i conferimenti
degli altri soci e, più in generale, il patrimonio della società. Non vi è dubbio che del divieto debba
essere fatta un’applicazione sostanziale e non meramente formale: è nullo, per tanto, non solo il
patto di formale esclusione dagli utili o dalle perdite, ma anche quello che realizzi sostanzialmente
lo stesso risultato.
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Per «amministrazione della società» si intende l’attività di «esecuzione del contratto sociale
diretta a realizzare l’interesse per il quale il contratto sociale è stato concluso»; si intende, cioè,
l’attività di gestione dell’impresa sociale .
L’amministrazione può assumere varie forme:
a) Amministrazione disgiuntiva affidata a tutti i soci
Il principio generale per la società semplice, richiamato anche per le altre società di persone,
è che «il potere di amministrazione della società spetta o ciascun socio con responsabilità illimitata,
disgiuntamnente dagli altri soci (art. 2257, 1° comma).
Il potere di amministrazione, pertanto, nelle società di persone. è un attributo essenziale
della qualità di socio.
Tale potere, tuttavia, proprio perché può essere esercitato disgiuntamente dagli altri soci,
non è illimitato ma viene contemperato dal potere riconosciuto a ciascuno degli altri soci di opporsi
all’operazione da compiere, prima che la stessa sia compiuta (art. 2257, 2° comma): cd. diritto di
veto. La verifica circa la fondatezza dell’opposizione viene demandata alla collettività dei soci, la
quale decide a maggioranza, «determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili»
(art. 2257, 30 comma).
b) Amministrazione congiuntiva affidata a tutti i soci
Il sistema di amministrazione disgiuntiva rappresenta solo un effetto naturale del contratto di
società e, come tale, può essere escluso dalla volontà delle parti: queste, infatti, possono pattuire nel
contratto sociale e nell’atto costitutivo una forma di amministrazione congiuntiva.
Quando venga stabilito questo diverso sistema di amministrazione, valgono le seguenti
regole:
• per il compimento delle operazioni sociali è necessario il consenso di tutti i
soci (art. 2258, 1° comma);
• i singoli amministratori non possono compiere da soli nessun atto, salvo che
vi sia urgenza di evitare un danno alla società (art. 2258, 3° comma).
c) Amministrazione disgiuntiva o congiuntiva, affidata ad alcuni soci soltanto
Sia nel sistema di amministrazione disgiuntiva sia in quello di amministrazione congiuntiva
vale, dunque, la regola per la quale tutti i soci illimitatamente responsabili concorrono
nell’amministrazione della società. Tuttavia tale regola può essere derogata dall’atto costitutivo, il
quale può riservare l’amministrazione ad alcuni soltanto dei soci (disgiuntamente o
congiuntamente).
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• presentare il rendiconto.
Quanto alla responsabilità degli amministratori, a norma dell’ art. 2260, 2° comma, essi
«sono solidalmente responsabili verso la società per l’adempimento degli obblighi ad essi imposti
dalla legge e dal contratto sociale».
Presupposti dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori sono, dunque:
• l’inadempimento degli «obblighi ad essi imposti dalla legge o dal
contratto sociale»;
• il danno subito dalla società come conseguenza immediata e diretta
dell’ inadempimento.
• Legittimati a proporre tale azione sono:
• i nuovi amministratori, se quelli contro i quali si agisce siano stati già
revocati;
• gli amministratori che non siano inadempienti;
• i soci che abbiano la rappresentanza della società.
Gli amministratori sono solidalmente responsabili sia in caso di amministrazione congiunta
che in caso di amministrazione disgiunta, ciò che rende evi dente come su ognuno di essi incomba il
dovere di vigilare sull’operato degli altri, potendo ciascuno essere chiamato a rispondere per non
aver impedito il compimento da parte di altri di atti dannosi. Tuttavia tale responsabilità non si
estende a quelli, tra gli amministratori, che dimostrino di essere esenti da colpa: ogni
amministratore, pertanto, può liberarsi fornendo la prova di avere diligentemente amministrato e
vigilato.
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La revoca per giusta causa, in ogni caso, può essere chiesta giudizialmente da ciascun socio
(art. 2259, 3° comma).
La società — stabilisce l’art. 2266 — «acquista diritti ed assume obbligazioni per mezzo dei
soci che ne hanno la rappresentanza», la quale spetta, in mancanza di diversa disposizione del
contratto sociale, a ciascun socio amministratore.
Delle obbligazioni assunte in nome della società semplice dai soci amministratori forniti di
rappresentanza rispondono (art. 2267):
• il patrimonio sociale;
• personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della
società;
• gli altri soci, salvo patto contrario.
Si configura, così, la cd. autonomia patrimoniale imperfetta delle società semplici (ed in
generale di tutte le società di persone). Queste, infatti, pur essendo titolari di un patrimonio distinto
da quello dei singoli soci (autonomia patrimoniale), coinvolgono nelle loro vicende anche i soci,
che rispondono solidalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali.
b) La responsabilità inderogabile dei soci che hanno agito in nome e per conto della
società
Tale responsabilità, caratteristica delle società di persone, oltre ad essere inderogabile, è:
• diretta: infatti il creditore sociale può agire direttamente nei confronti
dei soci;
• personale;
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• far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio (se ed in quanto sia
maturato il diritto del socio a percepirli);
• compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio nella liquidazione
(sottoponendo a sequestro il diritto, futuro ed eventuale, del socio alla quota di
liquidazione in caso di scioglimento della società o di scioglimento del suo rapporto
sociale);
• chiedere, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi
crediti, la liquidazione della quota del socio debitore (provocando l’uscita di questi dalla
società).
In tal caso la società è tenuta a procedere alla liquidazione della quota entro tre mesi dalla
domanda.
Quest’ultima ipotesi è espressamente esclusa per le società in nome collettivo e in
accomandita semplice per le quali vige la regola opposta, in quanto il creditore particolare, non può,
finché dura la società. chiedere la liquidazione della quota del socio.
Lo scioglimento del rapporto sociale con riferimento ad un singolo socio non comporta, di
regola, lo scioglimento della società, secondo le regole generali in materia di contratti plurilaterali.
L’uscita del socio dalla società può avvenire per morte, recesso volontario, esclusione.
a) Nel caso di morte di un socio — essendo il contratto sociale stipulato intuitus personae
— il rapporto non si trasmette agli eredi e costoro non possono pretendere di subentrare nella
società ai posto del defunto. L’art. 2284 prevede, in proposito, che gli eredi hanno solo il diritto di
ottenere dagli altri soci la liquidazione della quota dal loro dante causa: trattasi della quota
individuale del «de cuius», consistente in una somma di danaro, che deve essere determinata,
stralciata dal resto del patrimonio e pagata nel termine di sei mesi con i criteri stabiliti dall’art.
2289.
Lo stesso art. 2284, però, prevede due alternative alla soluzione della liquidazione della
quota, in quanto consente ai soci superstiti:
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— di sciogliere anticipatamente la società (ed in tal caso la liquidazione della quota viene
assorbita nella più generale liquidazione della società).
— ovvero di continuarla con gli eredi del socio defunto, se questi vi acconsentano.
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conferita, perimento della cosa conferita in godimento per causa non imputabile agli
amministratori, perimento della cosa conferita in proprietà prima che la stessa sia
trasferita alla società).
L’esclusione deve essere deliberata dalla maggioranza degli e questa si calcola per numero e
non per valore: ogni socio, cioè, ha un voto (art. 2287). La deliberazione di esclusione ha effetto
soltanto 30 giorni dopo la comunicazione al socio: questi — entro il termine — ha facoltà di
proporre opposizione davanti al tribunale, il quale può sospendere l’esecuzione della delibera.
b) di diritto, quando si verifichi una causa che impedisca la continuazione del rapporto
sociale con riferimento ad un socio, e cioè (art. 2288):
• la liquidazione della sua quota ad istanza di un suo creditore particolare;
• la dichiarazione di fallimento dello stesse.
Nel primo caso, parte della dottrina ritiene che l’esclusione avvenga solo a seguito della
effettiva liquidazione della quota.
Nel secondo caso l’esclusione si produce nel giorno del deposito della sentenza dichiarativa
del fallimento.
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Il codice non disciplina specificamente l’invalidità del contratto costitutivo di una società di
persone: deve farsi pertanto riferimento alla disciplina generale dei contratti per l’individuazione
delle cause di nullità (art. 1418: contrasto con norme imperative; oggetto impossibile o illecito;
illiceità del motivo comune determinante) e di quelle di annullabilità (art. 1425 e seg.: incapacità
delle parti; consenso viziato per errore, violenza o dolo).
La dichiarazione di nullità o l’annullamento del contratto sociale non generano problemi
particolari allorché l’attività sociale non sia ancora iniziata, dovendosi definire semplicemente i
rapporti tra i soci .
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Assai più delicata è invece la situazione in cui l’attività sociale sia già iniziata al momento
della dichiarazione di nullità della società: in tal caso, infatti, sarà necessario disciplinare non solo i
rapporti tra i soci ma anche quelli con i terzi che sono entrati in contatto con la società.
L’accertamento di una causa di invalidità del contratto sociale opererà come una semplice
causa di scioglimento della società, aprendo così la fase di liquidazione.
3.15. La liquidazione
Una volta verificatasi una causa di scioglimento, la società non cessa senz’altro di esistere,
ma si apre una fase particolare: la liquidazione.
Durante il procedimento liquidatorio la società continua ad esistere ed ha per fine il
compimento delle operazioni di liquidazione: non possono essere assunte, perciò, nuove
obbligazioni ma devono essere compiuti solo gli atti necessari alla liquidazione stessa.
Gli amministratori hanno anzitutto l’obbligo di prendere i provvedimenti necessari per la
liquidazione: essi, pertanto, devono convocare l’assemblea per la nomina dei liquidatori, quando
questi sono previsti per la liquidazione e non sono già nominati nel contratto sociale.
A seguito della nomina dei liquidatori, quindi, gli amministratori:
• consegnano ai liquidatori i beni sociali, i documenti e le scritture
contabili;
• presentano ai liquidatori il conto della gestione relativo al periodo
successivo all’ ultimo rendiconto;
• redigono l’inventario, dal quale risulta lo stato attivo e passivo del
patrimonio sociale;
• conservano, comunque, le loro responsabilità.
Il verificarsi di una causa di scioglimento della società limita il potere de amministratori agli
«affari urgenti»(cioè a quelli necessari ad evitare un pregiudizio alla società medesima)fino a che
siano presi i provvedimenti necessari per la liquidazione (art. 2274).
Quanto alle modalità della liquidazione, il codice lascia ampia libertà alla volontà dei soci
(art. 2275), prevedendo un procedimento legale di liquidazione destinato ad operare solo ove il
contratto sociale non preveda il modo di liquidare il patrimonio della società e i soci non siano
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d’accordo nel determinarlo. In tale ultimo caso, pertanto, la liquidazione sarà fatta da uno o più
liquidatori, nominati con il consenso di tutti i soci o, in caso di disaccordo, dal presidente del
Tribunale.
Nel caso di nomina di più liquidatori — in mancanza di diverse disposizioni— si applicano
le regole stabilite per l’amministrazione e la rappresentanza disgiuntive.
I liquidatori possono essere revocati per volontà unanime dei soci e, in ogni caso, dal
Tribunale per giusta causa su domanda di uno o più soci (art, 2275, 2° comma).
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La disciplina della società in nome collettivo è contenuta negli articoli da 2291 a 2312. La
società in nome collettivo può essere definita come la società in cui tutti i soci rispondono
illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali.
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— la durata della società (in mancanza si ritiene che essa duri a tempo
indeterminato.
L’osservanza delle norme che attengono alla forma ed al contenuto del contratto sociale non
è condizione per la validità del contratto stesso e neppure ai fini della prova: all’eventuale
inosservanza consegue soltanto il divieto di iscrizione nel registro delle imprese ma la società esiste
egualmente, anche se in situazione di irregolarità.
Eventuali modificazioni del contratto sociale devono essere decise, salvo patto contrario, all’
unanimità e pubblicate, anch’esse, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese.
b) Società irregolare
La società in nome collettivo non registrata è irregolare per tutto il tempo per cui non è
iscritta nel registro delle imprese.
Le principali conseguenze della mancata registrazione dell’ atto costitutivo sono le seguenti:
a) i rapporti fra la società non registrata ed i terzi sono regolati dalle norme relative alla
società semplice.
Pertanto:
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— i creditori sociali possono agire direttamente nei confronti dei soci, senza aver
prima escusso i beni sociali e sempreché sui medesimi non sia agevole il soddisfacimento;
— i creditori particolari del socio possono chiedere la liquidazione della quota
del socio loro debitore in ogni momento, quando gli altri beni di questi non siano sufficienti
a soddisfarli .
— Sono previste, però, due eccezioni all’ applicazione, nei rapporti con i terzi,
della disciplina della società semplice:
— resta ferma la responsabilità solidale ed illimitata dei soci: è inefficace ogni
patto contrario;
— il potere di amministrazione e il coincidente potere di rappresentanza
spettano, in mancanza di specifica regolamentazione del contratto sociale, disgiuntamente a
tutti i soci. I patti che limitano la rappresentanza ad alcuni dei soci sono opponibili solo a
quei terzi che ne erano a conoscenza;
b) il termine di prescrizione dei diritti sociali è di dieci anni (e non di 5 anni, come nelle
società registrate);
c) ciascun socio può provvedere alla regolarizzazione (o iscrizione successiva) o far
condannare gli amministratori a provvedervi. La regolarizzazione importa il subentrare ex nunc
nella disciplina sociale della normativa prevista per la società collettiva regolare (restano intatti,
pertanto, i diritti già acquisiti dai terzi).
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mentre, nella seconda, il socio che sia stato richiesto del pagamento dei debiti sociali può invocare il
beneficio indicando i beni sui quali il creditore può agevolmente soddisfarsi. Invero, in caso di
società semplice, l’onere della preventiva escussione sussiste solo se espressamente convenuto.
b) il creditore particolare di un socio non può chiedere la liquidazione della quota del suo
debitore (art. 2305), potendo unicamente:
— compiere atti conservativi sulla quota del suo debitore;
— far valere i suoi diritti agli utili;
— provocare la dichiarazione di fallimento del debitore (se imprenditore
commerciale) e quindi, la sua esclusione di diritto dalla società.
c) ogni socio che entra a far parte della società risponde anche per le obbligazioni contratte
prima della sua ammissione (art. 2269);
d) la responsabilità del socio uscente, per le obbligazioni sociali, persiste fino al giorno in
cui si verifica lo scioglimento della società (art. 2290).
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4.6.2. La liquidazione
Per la liquidazione della società in nome collettivo valgono le regole stabilite per la società
semplice, salvo che per le formalità e la pubblicità.
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L’ art. 2309 prescrive, infatti, che la deliberazione dei soci o la sentenza che nomina i
liquidatori e ogni atto successivo che importa cambiamento nelle persone dei liquidatori devono
essere, entro 30 giorni dalla notizia della nomina, depositati in copia autentica a cura dei liquidatori
medesimi per l’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese.
Per effetto e dal momento della iscrizione della loro nomina nel registro delle imprese, i
liquidatori assumono la rappresentanza della società, anche in giudizio.
Compiuta la liquidazione va redatto il bilancio finale e viene proposto ai soci il piano di
riparto. Bilancio e piano di riparto devono essere comunicati ai soci con lettera raccomandata e gli
stessi si intendono approvati se non sono impugnati nel termine di due mesi dalla comunicazione.
I liquidatori non possono procedere a riparti tra i soci se prima non siano stati pagati i
creditori sociali o accantonate le somme per pagarli, e tale obbligo è sanzionato penalmente.
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— in caso di morte, si applicano i principi di cui all’art. 2284: gli altri soci devono liquidare
la quota agli eredi, tranne che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi
stessi e questi vi acconsentano;
— il subingresso per atto fra vivi importa modificazione del contratto sociale; se l’atto
costitutivo non preveda diversamente, la cessione della quota dell’accomandatario deve ottenere il
consenso unanime dei soci per avere effetto verso la società.
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