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LIBRI

Nuova Umanità
XXXVI (2014/6) 216, pp. 559-562

TORNANDO A CASA: L’ECONOMIA CHE GENERA


VALORE E VALORI

Francesca Dal Degan

Nel marzo del 1928 di fronte agli studenti del Winchester College,
Keynes pronuncia un discorso sulle Possibilità economiche per i nostri nipo-
ti. Nonostante la crisi, anche allora presente, l’economista di Cambridge si
spingeva a sostenere che «nel lungo periodo l’umanità è destinata a risolvere
tutti i problemi di carattere economico»1. Secondo questa previsione nel giro
di un secolo lo sviluppo economico avrebbe consentito di soddisfare tutti i
bisogni assoluti delle persone2. Per Keynes l’umanità, una volta liberata dal
problema economico, avrebbe potuto affrancarsi anche da quello pseudo-
insieme di virtù utili solo all’accumulazione di capitale e sarebbe stata pronta
a «recuperare principi religiosi e valori più solidi […] tornando a porre i fini
avanti ai mezzi, e ad anteporre il buono all’utile»3.
Nelle battute perfino provocatorie del suo discorso, Keynes condensa
ed amplifica una lettura classica, almeno nella tradizione occidentale, della
questione economica e delle sue relazioni con le altre dimensioni del vivere
civile. Quella cioè che vede come “normale” e necessaria la separazione tra
ambiti sociali, affidando ad un “prima” il compito di rispondere ai proble-
mi economici e ad un “dopo” la piena realizzazione umana. La riflessione
che Giuseppe Argiolas sviluppa nel libro Il valore dei valori. La governance
dell’impresa socialmente orientata4, anche se indirettamente, e cioè occupan-

1 
J.M. Keynes, Possibilità economiche per i nostri nipoti, a cura di G. Rossi, Adelphi,
Milano 2009, p. 19.
2 
Ibid., p. 3.
3 
Ibid., p. 28.
4 
G. Argiolas, Il valore dei valori. La governance dell’impresa socialmente orientata, Città
Nuova, Roma 2014.
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dosi di idee d’impresa e di modelli manageriali, supera questa impostazione,


richiamando la necessità di porre l’economico tra gli ambiti dell’umano e
di riconoscerlo come luogo generativo di valori. Infatti, che cos’è economia
se non l’attività grazie alla quale si dà valore ai valori? E se anche in questo
libro, come nell’articolo di Keynes, ci si occupa di bisogni, lo si fa riferendosi
a quello che ci caratterizza come esseri umani: il bisogno di relazioni auten-
tiche, di donarsi e di ricevere in dono. L’inclusione nell’analisi economica di
questo tratto che ci identifica come persone richiama la considerazione di
princìpi, come quello della comunione, insolitamente trattati nei testi econo-
mici e che pure, sostenendo «lo stabilirsi di relazioni interpersonali ispirate
al superamento del proprio egocentrismo in favore di una benevola apertu-
ra reciproca che può diventare stile di rapporto condiviso all’interno di un
gruppo sociale»5, mostrano di poter generare pratiche, anche economiche,
rispondenti alle esigenze di una più piena realizzazione umana e sociale.
E ora entriamo più nel dettaglio del testo di Argiolas che, edito per i tipi
di Città Nuova nell’ambito della collana Idee/Economia, costituisce un utile
strumento di lavoro e di approfondimento per lavoratori, imprenditori, stu-
denti universitari, economisti e manager interessati a riflettere sulle modalità
e i significati dell’agire messo in atto dall’impresa e nell’impresa socialmente
orientata. Nei primi capitoli del libro l’impresa socialmente orientata vie-
ne confrontata con altre tipologie di imprese mettendo in evidenza come, a
partire dagli anni Venti, la riflessione sulle organizzazioni sia caratterizzata
da una maggiore considerazione del fattore umano. Mayo, Maslow, Argyris,
Mc Gregor e infine Simon, Drucker e Barnard sono alcuni degli autori citati
e studiati nel libro e che, come una costellazione, indicano la necessità di
scardinare le basi individualistiche, e apparentemente prive di riferimenti
valoriali, delle teorie standard. Questa parte del testo offre un’utile base di
partenza (anche bibliografica) per approfondimenti dei quali le riflessioni
degli autori citati sembrano meritevoli.
A partire dal capitolo terzo si delineano più precisamente le caratteri-
stiche dell’impresa socialmente orientata. In particolare viene in evidenza
il fatto che le persone, ad ogni titolo coinvolte in questo tipo di imprese,
possono beneficiare di una più intensa partecipazione e di un maggiore coin-
volgimento delle proprie capacità nei processi di definizione e di raggiungi-

5 
B. Gui, Prefazione a G. Argiolas, Il valore dei valori. La governance dell’impresa social-
mente orientata, cit., pp. 8-9.
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mento degli obiettivi dell’organizzazione stessa. L’intelligenza, per esempio,


vista in azione all’interno di un tale contesto, è percepita non solo come
calcolo razionale, ma come auto-comprensione del bisogno profondo che
ogni persona ha di riferirsi ad un altro e come quel conoscere-desiderare
spinge a donare la parte migliore di se stessi. Sbilanciata verso la relazione di
incontro con l’altro, e non assorbita nella sola dimensione intellettuale-razio-
nale, l’intelligenza che serve, anche e soprattutto, per vivere e lavorare nelle
aziende descritte da Argiolas richiama i significati associati alla “sapienza”
della tradizione cristiana che, non per caso, è ripresa proprio da quella tradi-
zione dell’economia civile alla quale l’autore si rifà fin dalle prime battute del
suo studio. È infatti il paradigma dell’economia civile6 ad offrire la matrice
teorica che consente di guardare alle organizzazioni socialmente orientate
non come ad attori “non protagonisti” del sistema economico, bensì come
ai luoghi fondamentali di quell’oikonomia che fin dal suo nascere ha avuto a
che fare con l’umano “ritrovarsi a casa”. Luoghi capaci di generare valore e
comunità assieme ai profitti.
Con compiutezza e incisività l’autore passa quindi alla considerazione
degli strumenti organizzativi per le imprese. Particolarmente pregnanti le
osservazioni sul dialogo, «evento effettivo tra due persone che sono altre
l’una per l’altra», secondo la bellissima definizione di Casper riportata nel
libro, e considerato come vero strumento di organizzazione aziendale. Il dia-
logo viene percepito come un’arte che nell’impresa si deve apprendere e
perfezionare attraverso l’esercizio dell’ascolto e della parola. E se l’ascolto si
fonda sul «silenzio della voce, della mente, delle radici culturali», la parola
chiede di essere detta attraverso la formulazione e l’adesione personale al
patto sulla mission dell’impresa, che crea la comunità organizzativa attraver-
so la comunione dichiarata e agita. Qui la riflessione di Argiolas spinge ad
arricchire una modalità, come quella legata all’uso della parola, che nell’eco-
nomia main-stream sorta – per intenderci – da una certa lettura dell’econo-
mia smithiana viene ridotta ad esercizio di persuasione, a dialettica volta a
convincere l’altro del proprio interesse di rispondere ai miei interessi. Quin-
di, nella parte conclusiva, si indicano possibili criteri di valutazione delle
performances d’impresa affinché le organizzazioni socialmente orientate pos-
sano avere strumenti adeguati per monitorare i propri modi di essere e di
funzionare.

6 
Cf. L. Bruni - S. Zamagni, Economia civile, il Mulino, Bologna 2004.
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Se è vero che ogni buon libro è tale non tanto per le risposte che dà, ma
per le domande che sa generare, allora Il valore dei valori lo è pienamente.
Infatti, la lettura del libro comincia spingendo a chiedersi: è lecito, ragione-
vole, antropologicamente fondato ripensare l’organizzazione aziendale rein-
cludendo il riferimento ai valori, la considerazione delle relazioni qualificate,
il riconoscimento di princìpi che ci rendano capaci di “essere insieme”? E
termina costringendo a porsi una domanda ancora più impellente: ma come
potrebbe essere possibile, umana, sostenibile, vivibile un’economia nella
quale l’altro e la relazione piena, cercata, costruita e ricostruita con lui ogni
giorno, ispirata a valori comuni e al riconoscimento dell’intimo e ontologico
bisogno della sua presenza e del farmi a lui presente (che è poi altro modo
per dire dono), restano un impensato?

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