Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
dei faraoni
22 MARZO 2015 / ORIENTALISTICAMENTE / MODIFICA
Per quel che mi riguarda, quando traduco un nuovo documento, mi accade spesso di
essere combattuta tra due sensazioni diametralmente opposte. Da un lato c’è lo stupore
che nasce dall’avvicinarsi a una cultura distante da quella in cui sono nata,
un’esperienza che equivale a percorrere un mondo nuovo e tutto da scoprire, adoperando
specifiche tecniche acquisite con anni e anni di studio, ma anche una certa sensibilità
sviluppatasi con l’esperienza, spesso non solo di matrice accademica. Dall’altro, è
sempre enorme la sorpresa nel constatare che, malgrado le innegabili differenze, gli
antichi, in fin dei conti, dovevano assomigliarci più di quanto si possa credere.
Nella maggior parte dei casi, a suscitare l’ultima impressione – spesso accompagnata da
una certa amara ilarità – sono gli aspetti più beceri, quando un documento lascia
trapelare le antipatie e le invidie degli uomini del passato, o fenomeni
di corruzione tristemente simili a quelli attuali. In effetti, mi capita spesso di pensare
che le brutture umane siano sempre state le stesse in tutti i luoghi e in tutte le epoche, e
che a mutare siano stati solo i modi con cui l’uomo si è di volta in volta organizzato per
cercare di arginarle.
In rare circostanze, però, può accadere di imbattersi in qualcosa di straordinariamente
vicino alla tua sensibilità, sebbene si tratti di un prodotto creato da una cultura distante
anni luce dalla realtà in cui vivi. È questo il caso di una lirica d’amore egizia contenuta
nel Papiro Harris 500, il canto 8 (r° 5, 12 – r° 6 – 2):
È stato più volte sottolineato come il mondo edulcorato della lirica d’amore egizia
descriva in realtà le abitudini di una fascia ristrettissima della popolazione, essendo il
principale oggetto dei componimenti la bella vita di giovani rampolli appartenenti alle
più potenti famiglie del tempo. È arduo, inoltre, stabilire se queste poesie, in realtà
pensate per essere cantate con l’accompagnamento di liuti e altri strumenti musicali,
avessero conosciuto anche una diffusione di tipo “popolare”.
Forse non sapremo mai se anche le giovani contadine fossero solite canticchiare queste
canzoni, magari pensando ai propri amori. Tuttavia, non può che colpirci il carattere
volitivo, e per certi versi moderno, di queste giovani dame, le quali continuano a
divertirsi sotto i nostri occhi, tessendo raffinati giochi di seduzione che sembrano voler
sfidare il tempo.
N.B. La traduzione del testo e le osservazioni riportate in questo post sono prese da: M.
Betrò. V. Simini, Sono venuta correndo a cercarti: canzoni e musica nell’antico Egitto,
2009 Firenze. Pubblicato da Edizioni ETS.
Condividi: