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Ecologia e archeologia:

l’estinzione dei grandi


mammiferi in Egitto dal
Neolitico ai giorni nostri
9 SETTEMBRE 2014 / LASCIA UN COMMENTO / MODIFICA

Incisione rupestre dall’Oasi di Farafra. Un resoconto di antichi viaggiatori, o un


animale estintosi già nell’antichità? Fonte: Archaeological Mission in the Farafra
Oasis.
Com’è cambiata la fauna egiziana nel corso dei millenni? Quante specie si sono
estinte dall’epoca dei faraoni ai giorni nostri? Un recentissimo studio dell’ecologista
Justin Yeakel ha evidenziato come i cambiamenti siano stati numerosi e importanti,
verificandosi già in età antichissime.

Delle trentasette specie di grandi mammiferi originari della Valle del Nilo, solo otto
sarebbero sopravvissute fino ai giorni nostri e molte di queste ultime
risulterebbero, a loro volta, a rischio di estinzione. La causa di tutto ciò non
andrebbe imputata solo ai grandi mutamenti climatici verificatisi nel corso della
storia; come evidenzia l’articolo recentemente pubblicato dalla studiosa su PSAS,
l’uomo potrebbe aver avuto un impatto negativo sull’ambiente circostante fin dagli
albori della civiltà. Quello egiziano – afferma Yeakel – è un ecosistema
particolarmente sensibile sia ai periodi di siccità che ai cambiamenti introdotti
dalle comunità umane. Il Nilo, infatti, rappresenta l’unica fonte d’acqua di una certa
importanza all’interno di una vasta area geografica e, con ogni probabilità, la sola
introduzione dell’agricoltura e dell’irrigazione dovette comportare non pochi
mutamenti a scapito della fauna locale.

L’interesse di un simile studio è dato anche dall’arco temporale piuttosto ampio


preso in esame. L’indagine, infatti, ricopre circa seimila anni: dagli albori della
civiltà egizia, fino ai giorni nostri. A tal fine, la Yeakel non si è avvalsa solo di un
accurato studio dei resti animali provenienti dall’Egitto, ma ha consultato anche
diverse fonti iconografiche e artistiche lasciate dalle varie civiltà che si sono
succedute nella Valle del Nilo, come diverse incisioni rupestri risalenti al Neolitico,
o alcune raffigurazioni parietali rinvenute nelle tombe egizie. Tuttavia, proprio
quest’ultimo aspetto ha fatto sollevare alcune critiche.

L’egittologa australiana Linda Evans, ad esempio, ha evidenziato che le conclusioni


di Justin Yeakel potrebbero essere in parte falsate dall’uso – molto in voga nelle fasi
più recenti della storia egizia – di ricopiare repertori iconografici appartenenti a
tombe più antiche (in alcuni casi, più di mille anni possono separare la copia ed il
modello…); ne consegue, dunque, che la raffigurazione di un certo animale
all’interno di una tomba dell’Età Tarda non costituisca, in realtà, un’effettiva prova
della sua mancata estinzione. È stato notato, inoltre, come gli Egizi non
disdegnassero inserire nei loro repertori iconografici anche animali esotici
originari di altre terre, una tendenza che potrebbe essere valida anche per alcune
incisioni rupestri risalenti al Neolitico. Un recente studio dell’Università di
Cambridge, infatti, ha ipotizzato che un’antichissima raffigurazione di una giraffa
rinvenuta nell’Oasi di Farafra, piuttosto che testimoniare la presenza nella regione
di tale animale durante il Neolitico, potrebbe essere interpretata come il resoconto
di una spedizione effettuata da antichissimi viaggiatori.
A prescindere da queste critiche,lo studio di Justin Yeakel rimane sicuramente
valido e degno di ulteriori approfondimenti.

Fonte

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