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COlAI SU FERRU (SPOSARE I CAMPANACCI).

L'ESTETICA DEI SUONI NEL PASTORALISMO SARDO

Carlo Maxia1

<< È difficile sostenere una separazione tra materia e forma,


tanto sul piano funzionale quanto su quello figurativo,
semplicemente perché le forme razionali e le forme giudicate belle
si valgono spesso delle stesse formule fisiche>>
(Leroi-Gourhan, 1977, p. 300).

La sintesi che oggi presento riguarda la seconda fase, non ancora conclusa, di
una ricerca intrapresa qualche anno fa sulla produzione2 e sull'uso dei campanacci
nell'allevamento ovino e caprino in Sardegna. Oggetto di studio di questa seconda
fase sono ancora i campanacci, ma osservati nel duplice aspetto di strumenti di
lavoro e di strumenti estetici. La duplice dimensione individuata risponde esclu­
sivamente a delle necessità d'analisi in quanto, come sostiene Leroi-Gourhan, «il
valore estetico assoluto è direttamente proporzionale all'adeguamento della forma
alla funzione» (Leroi-Gourhan, 1977, p. 349).
In quanto strumenti di lavoro, i campanacci possono essere studiati come cro­
cevia di significati e di saperi legati al suono, elemento indispensabile nelle pratiche
dell'allevamento;3 i risvolti pragmatici e l'efficacia dell'impiego dei suoni permet­
tono un approccio descrittivo, mentre gli aspetti estetici, più sfuggenti e arbitra­
ri, richiedono di essere interpretati, poiché si basano su categorie emiche talvolta
piuttosto distanti da quelle di chi intraprende lo studio, o tutt'al più su metafore
non sempre di lettura immediata. Per lo studio del suono dal punto di vista este­
tico ho scelto di avvalermi della collaborazione di Michele Mossa, etnomusico­
logo e regista, con cui ho realizzato alcune video-interviste e che ha elaborato un
software per lo studio e la comparazione dei suoni dei campanacci. La strategia
che si cercherà di perseguire nella futura prosecuzione della ricerca sarà quella
di utilizzare il software per rilevare somiglianze, differenze e varianti rispettO< a
sensibilità estetiche ipoteticamente condivise su base geografica. Più in generale,
intendo inquadrare la ricerca in un più ampio studio dei saperi e delle estetiche

1 Università degli Studi di Cagliari.


2 Tale fase segue il lavoro realizzato sul processo artigianale di costruzione dei campanacci a
Tonara, in provincia di Nuoro (cfr. Maxia, 2005b).
3 Molto stimolanti e ricchi sono gli studi effettuati da Antonello Ricci a Mesoraca, in Calabria

(cfr. Ricci, 1996) e nel Lazio (Ricci, 2007).


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In tali occasioni, se il gregge passa vicino all'abitato, la bellezza dei suoni è indi­
rizzata all'intera comunità, in cui in genere non manca chi sia in grado di apprezzare
quantomeno una certa "festosità" del complesso dei suoni: «Ci sono pastori che ci
tengono di più, anche per far bella figura: un gregge ''ferrato" è sempre più bello di
uno che non ne ha: è come una donna con gli orecchini» [S.M., Villasalto]. «Quando
portiamo le capre in basso (a valle) lo mettiamo a tutte su pitiòlu: è più bello sentire
le capre così, e in paese si accorgono che stiamo passando noi» [B.L., Villasalto].

Riferimenti bibliografici

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legati al suono (inteso come forma significante), di cui il campanaccio rappresenta


semplicemente un mezzo, un supporto materiale.
Ancora oggi, almeno in parte, i campanacci rivestono un'importanza determi­
nante nell'allevamento brado e semi-brado in Sardegna così come da altre parti;
nella loro veste di strumento di lavoro assicurano un canale di comunicazione tra
uomo e animale, ma anche tra animale e animale. Nello stesso tempo, l'apprezza­
mento estetico, la cura e la passione per i suoni, rappresentano a loro volta i termi­
ni di un canale comunicativo e di giudizio tra soggetti umani introdotti e coinvolti
(principalmente gli stessi pastori).
Il suono dei campanacci, considerato come forma significante, è polisemico.
I molteplici significati attribuiti ai suoni mutano con il variare dei contesti e di
coloro che li interpretano, a seconda che si tratti del singolo pastore, dell'animale,
di un gruppo di pastori éhe si pone a confronto, o addirittura di un turista che
acquista tali oggetti come ricordo di un soggiorno nell'Isola. In generale si può
sostenere che gli stessi pastori siano in gran parte i principali manipolatori dei
significati attribuiti ai suoni, mediante un'agentività, in passato prevalentemente
subita (come spiegherò oltre), oggi per lo più agìta. Nella ricerca il suono può es­
sere strategicamente assunto come crocevia di significati, permettendo di rilevare
per il passato una tendenziale prevalenza della funzione sull'estetica, e dell'estetica
sulla funzione per quanto concerne il presente.
In quanto mezzo di lavoro, ovvero come strumento "culturale" di manipola­
zione della natura, esso integra lo stesso corpo-strumento del pastore, rappresen­
tandone un'estensione, sebbene immateriale.
Attualmente il carattere polisemico non riguarda più esclusivamente il suo­
no, ma si estende anche all'oggetto materiale "campanaccio", che assume sempre
più valore simbolico-mnemonico in riferimento ad un richiamo al passato. Per i
pastori, ma non solo, il campanaccio pertanto assume anche le caratteristiche di
oggetto di affezione, o di oggetto da collezione attiva (in quanto impiegato nel
processo produttivo), poiché giustificato, anche se in parte, dall'utilità (similmente
a quanto ho potuto osservare per quella che ho definito come la "collezione" di
maschi da riproduzione,4 che talvolta supera di parecchio le effettive necessità).
Uno dei significati più recenti attribuiti ai campanacci ricade in quel processo
tutto postmoderno della produzione e dell'esibizione di forme d'identità:5 il cam­
panaccio, simbolicamente inteso, non ha più come destinatari esclusivi i pastori
o i contadini, ma anche turisti e vacanzieri che interpretano i campanacci come
souvenir e i suoni come estetiche di un paesaggio sonoro certamente antropizzato
ma percepito come "naturale".
Nel pascolo brado e semi-brado, essendo rare, o del tutto assenti, le recinzioni
che vincolerebbero il cammino degli animali, il suono dei campanacci rappresenta
una sorta di legame artificiale, un "collante sonoro" che lega il pastore al suo gregge,

4 Cfr. Maxia, 2007.


5 Cfr. Bauman, 1999; cfr. inoltre Maxia, 2007.
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ma anche per gli stessi animali fra di loro, che grazie ad esso rafforzano l'identità di
gruppo ed evitano di mescolarsi con le greggi vicine. Ogni gregge, formato da capi
di età, indole ed esperienza differenti, è strutturato in maniera gerarchica, anche me­
diante il ricorso ai suoni. Quelli ritenuti più "importanti" sono caratterizzati da to..::
nalità gravi e potenti, opportunamente assegnati agli "animali guida", ovvero quelli
in cui il pastore ripone maggiore fiducia, anche quando egli sia assente. I capi guida
sono in grado di recepire ed eseguire più diligentemente gli ordini impartiti dal pa­
store, ma sono anche capaci di condurre autonomamente il gregge, intraprendendo
specifici percorsi di pascolo con i ritmi e le tappe appresi dal pastoré nel corso di
anni di addestramento. La presenza dell'uomo al pascolo oggi è paradossalmente
meno indispensabile rispetto al passato, essendo scomparsi quasi del tutto i coltivi.7
Sino a una sessantina di anni fa, proprio allo scopo di evitare gli sconfinamenti
nelle coltivazioni, nessun gregge poteva stare al pascolo privo della custodia uma­
na; anzi, erano piuttosto rare le greggi non governate da almeno due persone. Al­
lora le greggi erano di gran lunga meno numerose rispetto a quelle attuali: un greg­
ge medio si aggirava intorno al centinaio di capi, mentre il numero dei campanacci
impiegati difficilmente superava la decina. I suoni di ciascun gregge venivano scelti
opportunamente dal proprietario che finiva per essere facilmente identificato dalla
comunità proprio in questo modo. Le guardie campestri di ogni singolo villaggio
(barracèllus) stabilivano il numero minimo di campanacci di cl,li ogni gregge dove­
va essere dotato, allo scopo di preservare il raccolto dei contadini. Questi ultimi,
dal canto loro, al pari delle guardie campestri, divenivano perfettamente in grado
di riconoscere, mediante i suoni, i pastori che frequentavano la loro zona.
In passato, dunque, la specifica composizione di suoni di ciascun gregge rap­
presentava una sorta di "documento d'identità sonoro" che aveva tra gli scopi
principali quello di garantire soprattutto gli interessi altrui. L'"identità sonora",
per certi versi imposta, ha spesso giocato un ruolo sfavorevole per quei pastori
che, soprattutto in periodi di magra, varcavano i limiti delle coltivazioni. Molti di
essi, ricorrendo all'astuzia, sfilavano nottetempo i campanacci o immobilizzavano
i batacchi con del sughero. Se scoperti, però, tali espedienti rappresentavano delle
aggravanti rispetto al semplice pascolo abusivo con campanacci al seguito, già pu­
nito con il sequestro degli animali e il pagamento di grosse ammende.
Attualmente le mutate condizioni d'uso del suolo, in primis l'abbandono dell'a­
gricoltura, permettono ai pastori un notevole incremento numerico del gregge, lo
sfruttamento esclusivo ed estensivo di vaste aree, senza il rischio di invadere le terre
coltivate. Ci si sarebbe forse potuti attendere un'improvvisa scomparsa dell'utilizzo

6 Le filàdas: percorsi alternativi impartiti quotidianamente dal pastore, che offrono anche delle

alternative che il gregge di capre, in special modo, è in grado di scegliere autonomamente durante la
giornata, a seconda delle condizioni atmosferiche, della presenza di pericoli, o della compresenza di
altre greggi.
7 La funzione dei campanacci è pertanto mutata nel tempo, riducendo la propria importanza

rispetto al ruolo di avvisare i contadini; è cresciuta la loro fu=ione di collante sonoro del gregge per
il pascolo autonomo.
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dei campanacci nei contesti "liberati" dall'agricoltura. Ciò è in parte avvenuto, ma in


diversi casi i pastori hanno aumentato, anche notevolmente, la propria dotazione di
campanacci, giungendo addirittura ad assegnarne uno per capo. In tali casi, sembra
possibile che i suoni assumano nuove finalità, non del tutto giustificabili dal punto
di vista della "utilità", e che subiscano una rimodulazione di funzioni già presenti.
Un altro aspetto interessante, a mio avviso, riguarda nuovi aspetti simbolici ed
estetici, attraverso cui i pastori autorappresentano la propria identità, non senza
enfasi ed orgoglio, evidenziando anche, forse, una sorta di riscatto sociale. Per
molti di essi, l'estensione dei suoni pare oggi rappresentare simbolicamente la pre­
sa definitiva dello spazio un tempo conteso che obbligava certuni ad azioni illecite,
per le quali occorreva celare la propria identità, anche quella sonora, piuttosto che
ostentarla, come accade più facilmente oggi.

Funzioni: l'utilità dei suoni

Nell'impiego dei campanacci, una delle funzioni pratiche più evidenti è senz'al­
tro quella dell'individuazione e del riconoscimento degli animali. L'accurata cono­
scenza dello spazio del pascolo e dei suoni assegnati al proprio gregge, permette
al pastore di dedurre la direzione e la distanza che lo separa da essi; attraverso la
frequenza dei rintocchi, inoltre, è in grado di riconoscere la loro attività (riposo,
pascolo, fuga da pericoli, ecc.).
Funzioni meno evidenti, e più complesse, riguardano invece, l'incentivazio­
ne dei comportamenti gregari, ovvero l'uniformazione dei comportamenti nello
spazio (soprattutto per le capre) o l'uniformazione dei comportamenti nel tempo
quotidiano (soprattutto per le pecore). Il compito svolto dai campanacci come
"collante sonoro" mi pare possa essere inquadrato in una funzione più generale
svolta dai suoni nell'allevamento, ovvero quella di sistema di comunicazione, per
quanto rudimentale, in cui mittenti e riceventi dei messaggi sono sia gli animali sia
l'uomo: il belato, le parole sussu,rrate o urlate, i fischi, il lancio di pietre, lo scuo­
timento di frasche, il battito di mani, ecc. rappresentano alcuni esempi di suoni
coinvolti nella "comunicazione".
Come elementi della comunicazione, i suoni dei campanacci svolgono dei ruo­
li eminentemente trasmissivi, anche se ritengo possibile distinguere tra funzioni
attive e passive. Il suono presenta una funzione attiva in quanto il campanaccio
viene affibbiato dall'uomo e perché stimola determinati comportamenti nel greg­
ge; ma è passivo in quanto segnala involontariamente la posizione e l'attività degli
animali. Anche nel caso dell'animale guida, il cui comportamento viene imitato dal
resto del gregge grazie al suono, occorre rimarcare il carattere passivo di quest'ul­
timo, in quanto la guida non lo utilizza coscientemente.
Con l'espressione "funzioni passive" intendo indicare l'utilità dei campanacci
per il pastore, sottolineando la passività dell'uomo rispetto alla fonte sonora e alla
stessa produzione del suono. Il pastore si trova in una posizione passiva in quanto
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"ricevente:' di un segnale sonoro, al quale attribuisce un significato. L'esperienza


assume anche in questo caso un'importanza di prim'ordine: il pastore attinge ai
propri saperi per interpretare le caratteristiche specifiche di ogni suono percepito.
Di fatto, il suo ruolo non è quello di decodificare un messaggio, quanto quello di
codificarlo contestualmente, poiché gli animali, come già detto, non sono attivi
nell'invio dei messaggi sonori, né consapevoli. È dunque la mente umana, in que­
sto caso, il centro di codifica-decodifica dei messaggi, visto che di volta in volta,
sulla base di specifiche condizioni, assegna ai suoni significati differenti.
La corretta interpretazione degli stimoli sonori si basa su precise conoscenze
e saperi che ho cercato di sintetizzare nella tabella l, indicandoli come "abilità in
gioco". È evidente che tali competenze si combinano con un vastissimo repertorio
di saperi sulle proprie capacità fisico-psichiche (soprattutto le doti mnemoniche),
sui singoli animali, oltre che sul tempo atmosferico e sulle stagioni, sulle caratteri­
stiche del territorio, sulle sue risorse e i suoi pericoli.

Funzioni Abilità in gioco


Individuazione di singoli animali Percezione + riconoscimento del singolo
suono + provenienza del suono
Individuazione del gregge Percezione + riconoscimento dei suoni in
accordo + provenienza del suono
Stima della distanza pastore-animali Volume del suono + conoscenza dello
spazio
Identificazione del luogo in cui si Provenienza del suono + conoscenza
trovano gli animali dello spazio
Identificazione del luogo in cui si trova Provenienza del suono + conoscenza
il pastore (in caso di condizioni di scarsa abitudini dei propri animali + conoscenza
visibilità) dello spazio ricomposizione della
=

mappa mentale
Determinazione dell'attività e/o dello Volume del suono e frequenza dei
stato di salute degli animali rintocchi + conoscenza dello spazio
Tabella l Funzioni "passive".

Con l'espressione "funzioni attive" ho inteso indicare, invece, quelle che pro­
ducono un effetto presso gli animali; tali stimoli rappresentano un vero e proprio
sprone verso una certa attività. Le "funzioni-attive" scoprono il forte carattere
"culturale" dello strumento, rafforzato dal fatto che spesso il fenomeno si attua in
assenza del pastore stesso. In questo caso l'aspetto "culturale" riguarda sia il pro­
cesso sia il prodotto della domesticazione (come attività umana tesa all'organiz­
zazione del comportamento animale), comprendendo sia il livello comunicativo
che si stabilisce tra uomo e animale, sia il patrimonio comportamentale appreso e
condiviso da tutti i capi del gregge.
Qui di seguito sono riassunte le principali funzioni "attive" dei sonagli. Ad
ognuna di esse corrispondono precise caratteristiche del suono dei campanacci.
Di fianco sono elencati i vantaggi che ciascuna funzione "attiva" offre al pastore.
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Scopi Vanta��i
Uniformare le attività (pascolo, abbeverata, Razionalizzazione dell'uso dello spazio e
marcia) del tempo
Razionalizzazione dell'uso dello spazio e
Uniformare il ritmo di marcia
del tempo
Razionalizzazione della conduzione del
Seguire e mantenere una direzione
gregge
Mantenere la compattezza del gruppo Rafforzamento del gregarismo
Favorire un'identità gregaria Rafforzamento del gregarismo
Allungamento delle filàdas (aumento della
Stimolare una maggiore vitalità
produzione di latte)
Tabella 2 Funzioni "attive".

Estetiche

I campanacci non sono apprezzati solo per l'utilità. Essi sono colti anche in
una dimensione estetica che riguarda sia il suono, che viene scelto in base a carat­
teristiche precise, sia la foggia dello strumento. Quest'ultima è strettamente legata
alla località, con riferimenti alle sub-regioni dell'Isola. La scelta del suono, invece,
è del tutto personale e si avvale della notevole varietà di tonalità, esito dei processi
artigianali di costruzione. I criteri della scelta dei campanacci, legati alla sensibilità
e alla "passione" del singolo, si esprimono in gesti specifici. In generale si può
affermare che durante l'acquisto ciascun pastore operi delle precise scelte nel ten­
tativo di abbinare nuovi suoni a suoni preesistenti.
L'acquisizione di nuovi pezzi avviene mediante scambio tra appassionati o
acquisto, solitamente presso le bancarelle delle feste. In queste occasioni il pasto­
re porta con sé un proprio campanaccio, dedicando parecchio tempo all'ascolto
combinato di campanacci vecchi e nuovi, allo scopo di scegliere bene i suoni da
aggiungere.8 La cura della scelta dei suoni tende all'ottenimento di una complessi­
va cadenza de musica (musicalità), ovvero la composizione di una sorta di accordo
musicale, qualità quest'ultima in cui alcuni pastori eccellono. Al pari di altre pra­
tiche del lavoro cosiddetto "tradizionale", la somma dei singoli suoni si offre alla
fruizione estetica. Come ha osservato Giulio Angioni, «Un terreno ben arato o
ben seminato, un carico di covoni o di sacchi architettonicamente ben assestato, una
bella coppia di buoi docili e curati, un mucchio di grano spogliato sull'aia ornato
con decorazioni geometriche, ecc., son tutte cose che diventano anche oggetto di
apprezzamento estetico e di esibizione».(Angioni, 1 974, p. 90).
8 Il comportamento del pastore durante l'acquisto in contesti pubblici è molto simile a quello

descritto da Antonello Ricci: <<L'importanza attribuita all'utilizzo di un proprio campanaccio cam­


pione è direttamente connessa con la funzione rappresentativa di sé, che la sonorità di questi disposi­
tivi possiede. La preferenza per un certo tipo di timbrica e di colore del suono e la sua manifestazione
pubblica nel corso delle discussioni e degli acquisti in fiera, vale come firmare la propria presenza
all'interno del sistema socio-economico dei pastori>> (Ricci, 1996, p. l 06)
.
Coiài su ferru (sposare i campanacci) 593

Le espressioni emiche finora rilevate per indicare la creazione degli accordi


sono coiài su ferru (sposare i campanacci) o combuiài su ferru (comporre, mettere
insieme, abbinare).9
La selezione dei suoni adatti implica la ricerca di caratteristiche tecniche speci­
fiche: in generale il suono deve essere avere una buona propagazione nello spazio
(piulòsu), deve cioè andài a illargu (andare lontano), ma deve anche possedere una
equilibrata combinazione di durata e intensità: (su toccu e su triniméntu ).

Sonu bonu (buon suono) Sonu malu

Caratteristiche piulòsu: «àndada prus a Carighìnu (nasale)


dei suoni illargu su sonu>> Laniàu (di lamiera)
Toccu bonu Scarburàu (non a punto)

trinimèntu Metafore:
Sonu 'e tèula (Villasalto)
Sonu 'e bottu (Escalaplano)
Sonu 'e fauna (Donori)
Sonu cruo (Tonara)

L'accordo complessivo del gregge si ottiene attraverso l'impiego di campanacci


di diverse dimensioni, dal più piccolo al più grande;10 il ricorso a campanacci di
varie dimensioni e peso è dovuto anche alla compresenza nel gregge di animali dif­
ferenti per età, dimensioni, esperienza e forze. L'elevata possibilità combinatoria
mette maggiormente alla prova le doti artistiche del pastore che, in caso di buon
esito, richiedono il riconoscimento intersoggettivo.
A rappresentare le capacità e le doti "musicali" del pastore è lo stesso gregge
al pascolo; in questo caso i giudici più accreditati sono soprattutto i vicini d'ovile,
chiaramente competenti in fatto di estetica dei suoni; ciascun pastore inoltre tende
a personalizzare i propri "accordi" anche sulla base delle scelte sonore dei vicini e
non solo sulla base del gusto personale.
Altre occasioni per manifestare le competenze estetiche sono legate al transito in
paese o nelle sue immediate vicinanze, magari in prossimità del Natale o delle feste
primaverili che vedono il trasferimento dai pascoli invernali ai pascoli estivi, o vi­
ceversa. Nel periodo invernale le bestie sono incinte, e pertanto i pastori assegnano
loro i campanacci allo scopo di evitare smarrimenti. In primavera, invece, i pastori
sostituiscono i campanacci invernali con quelli estivi, più pesanti e caratterizzati dai
suoni più potenti, in relazione anche al fatto che aumenta considerevolmente la lun­
ghezza dei percorsi di pascolo, mentre si riduce il tempo della presenza del pastore.

9 Wagner: voce "Ponnere": kumpòn(n)ere, -iri log. E camp. "comporre"; si dice anche per "unire

insieme vari pezzi di legna per farne un fascio". Componnere rifl. "abbigliarsi, acconciarsi, ornarsi".
10
La scelta si effettua su una dozzina di misure standard. I suoni sono però sempre diversi anche
quando si tratta di campanacci apparentemente identici, a causa della lavorazione artigianale (cfr.
Maxia, 2005b).

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