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conclusivo della Critica della ragione pura: E' possibile la metafisica come scienza?.

La risposta
di Kant, dopo tutto ci che abbiamo detto, appare netta e inequivocabile: le idee della metafisica
non possono in alcun modo diventare gli oggetti di un sapere scientifico. Tuttavia, negare qualsiasi
valore conoscitivo alle idee della metafisica non significa che esse non abbiano una funzione
positiva nell'ambito della conoscenza. Quando infatti si abbandona la pretesa di considerare
oggetti (conoscibili) le idee metafisiche, queste ultime conservano una funzione legittima e
addirittura indispensabile: tramite le idee, l'uomo spinto a superare sempre di nuovo i limiti
delle conoscenze gi acquisite, ma rimanendo all'interno della realt fenomenica. L'uomo non
pu raggiungere il mondo noumenico, ma pu ampliare, arricchire e perfezionare continuamente la
sua conoscenza del mondo fenomenico, guadagnando prospettive sempre nuove e pi ampie. Dopo
aver impostato cos il problema, Kant procede ad una critica della metafisica tradizionale,
mostrando l'infondatezza radicale delle sue pretese di conoscenza dell'assoluto. La metafisica
tradizionale era suddivisa in tre parti: 1) la cosmologia razionale, che si occupa della conoscenza
mondo (come totalit); 2) la psicologia razionale, che si occupa dell'anima; la teologia razionale,
che si occupa di Dio. In tutti e tre i casi, la ragione umana si imbatte in enunciati contraddittori,
(tesi e antitesi), ognuno dei quali appare tanto legittimo quanto il suo opposto. Ad esempio,
relativamente al mondo (all'universo), possibile affermare sia che il mondo finito nel tempo e
nello spazio, sia che infinito sia che tutto nel mondo necessario, sia che esiste nel mondo un
principio di libert; per quanto riguarda l'anima, possibile affermare sia che essa un'entit
semplice e immortale, sia che composta e mortale; infine, riguardo a Dio, possibile affermare sia
che esiste, sia che non esiste... senza che, in tutti questi casi, si possano esibire con chiarezza delle
prove definitive a favore dell'una o dell'altra tesi. Molto interessante, in questa prospettiva, la
critica di Kant al cosiddetto argomento ontologico per l'esistenza di Dio, che nella sua
formulazione pi nota risale a S. Anselmo d'Aosta. Secondo questo argomento, possibile una
dimostrazione a priori dell'esistenza di Dio, semplicemente analizzando il concetto di essere
perfetto nelle sue componenti logiche: un essere perfetto non pu non esistere, perch, se non
esistesse, sarebbe privo di qualcosa (l'esistenza), e dunque non sarebbe un essere perfetto (quindi
Dio esiste necessariamente). Ma Kant, con gli strumenti della CRP, fa notare che dalla definizione
logica di perfezione all'esistenza di Dio nella realt il passo non cos breve: Cento talleri [la
moneta prussiana dell'epoca] nella mia mente non sono cento talleri nella mia tasca. Pi
precisamente, Kant nega che la categoria di esistenza possa essere applicata al di l della sfera
dell'esperienza (essa valida solo per il mondo fenomenico) e dunque smaschera l'argomento
ontologico come un illegittimo salto logico dalla possibilit alla realt. A conclusione del
lungo ragionamento della Dialettica trascendentale, Kant ha dunque tracciato chiaramente la mappa
delle possibilit e dei limiti della ragione umana, in campo conoscitivo, nella maniera seguente: 1)
l'unica forma di sapere scientifico quella offerta dalla matematica e dalla fisica, con i loro
principi sintetici a priori e le proposizioni empiriche che su di essi si fondano (l'unica forma di
oggettivit conoscitiva - il che per Kant significa conoscenza universale e necessaria, valida per
tutti - quella garantita dai principi puri della scienza); 2) la metafisica, intesa come conoscenza
di Dio, anima e mondo, non una scienza e non potr mai diventarlo, per i limiti strutturali che
caratterizzano le nostre facolt conoscitiva e ci precludono la conoscenza della realt trascendente
(del noumeno); 3) la metafisica rimane per un'esigenza fondamentale e irrinunciabile della
ragione umana, la quale non pu non smettere di farsi domande sull'esistenza di Essere supremo,
di un'anima immortale e di un mondo futuro, anche se le risposte non possono mai acquisire la
forma della conoscenza certa (nella Critica della ragion pratica, l'esistenza di Dio e l'immortalit
dell'anima, che non possono essere dimostrate in campo teoretico, diventano postulati della ragion
pratica, cio oggetti di una fede morale: credere in Dio e nell'immortalit della mia anima
sostiene il mio impegno morale nel mondo presente e mi apre alla speranza di una piena
conciliazione di virt e felicit nel mondo futuro.
Cenni sulla Critica della ragione pratica. Come abbiamo anticipato, il progetto kantiano
prevedeva fin dall'inizio un esame critico anche nel campo della ragione pratica per indagare le
condizioni formali della vita morale. Dopo aver fondato la legittimit del sapere scientifico
(rispondendo alla domanda: Che cosa posso conoscere?), Kant sposta l'asse della ricerca sul piano
pratico, per individuare i fondamenti che rendono moralmente accettabile la condotta dell'uomo (la
domanda, in questo caso, : Che cosa devo fare (affinch la mia condotta sia adeguata ai principi
universali della morale)?. A questa seconda domanda dedicata la Critica della ragion pratica
(1788). Anche qui, non in discussione il fatto che esista una legge morale universale, valida
per tutti gli uomini (cos come, nella CRP, non era in discussione il fatto che esistesse un sapere
scientifico); per Kant, si tratta invece di giustificare l'esistenza di una legge morale alla luce di
principi razionali che regolano il comportamento pratico, l'agire dell'uomo nelle sue diverse forme.
Ora, la facolt della ragion pratica la volont: l'uomo un essere che non semplicemente
(come la pietra o la pianta), n si limita a seguire gli impulsi originari della sua natura (come
l'animale), ma in grado di determinare il suo comportamento, in base a un progetto,
un'intenzione, un principio ecc. Il problema fondamentale della CRPr dunque: in che modo la
volont dell'uomo pu avere un fondamento razionale, pu compiere scelte giustificate
razionalmente (anche nel campo morale, la ragione l'unica guida affidabile e sicura che possa
dirmi che cosa devo fare)? Kant sostiene che il fondamento della morale e del dovere non pu
risiedere in un contenuto particolare, ma deve essere ricercato nella forma stessa della legge.
Solo un comando interiore (presente nella coscienza dell'uomo), che possiede la forza
dell'universalit, pu essere espressione dell'autentico dovere morale. Nell'uomo, la scelta morale
si presenta nella forma del dovere perch l'uomo non ascolta soltanto la voce della ragione, ma
anche soggetto alle inclinazioni sensibili (alle passioni, alle emozioni, agli istinti), e dunque la
ragione pu essere scelta, come movente dell'agire, solo contrastando le inclinazioni o, quanto
meno, subordinandole ai principi razionali. Per Kant, la legge morale si presenta alla coscienza
umana nella forma di un imperativo categorico, che comanda in maniera incondizionata. Infatti,
egli distingue tra imperativi ipotetici e imperativi categorici: ad es., l'imperativo se vuoi una
vecchiaia serena, devi risparmiare in giovent, subordina il comando devi risparmiare all'ipotesi
che si voglia raggiungere un fine particolare, in questo caso la serenit nella vecchiaia. Ma questo
tipo di imperativo ci dice solo che, se si vuole raggiungere b, si deve fare a, ma non ci dice se b sia
un fine da perseguire o no (questo dipende dal punto di vista individuale). La legge morale, invece,
non pu dipendere da fini particolari o da punti di vista soggettivi, ma deve esprimere un'esigenza
incondizionata e valida per tutti. Ma allora, argomenta Kant, per essere veramente universale la
legge dovr riguardare non i singoli contenuti delle azioni, ma l'intenzione con cui vengono
compiute, la forma universale a cui ogni comportamento deve essere ricondotto per potersi
definire morale (buono). Nella morale kantiana ci che fondamentale l'intenzione del
soggetto che si appresta ad agire, non le conseguenze della sua azione (che spesso non dipendono
da lui): ad essere buoni non sono tanto gli oggetti o le azioni, ma la volont che alla loro origine.
Ma allora, ci che realmente conta la forma universale alla quale la mia volont deve
conformarsi, in quanto questa forma comanda in modo incondizionato ( un imperativo non
ipotetico, bens categorico) ed espressione della razionalit pura ( la ragione che comanda la
volont, e nient'altro). In questa prospettiva, Kant offre tre diverse formulazioni della legge morale
universale e dell'imperativo categorico. La prima e pi nota quella riportata nella CRPr:

I formulazione della legge morale universale (imperativo categorico): Agisci in modo che la
massima [la regola] della tua volont possa valere sempre, al tempo stesso, come principio di
una legislazione universale.

Spiegazione: Ogni uomo, in quanto dotato di ragione e di coscienza morale, deve sempre chiedersi
come risulterebbero le azioni umane se il principio che guida la sua volont fosse seguito da tutti gli
altri uomini, in ogni circostanza e in ogni tempo (questo esperimento mentale ci aiuta a
individuare le azioni che hanno un vero valore morale, in quanto prescindono dal mio punto di vista
soggettivo e dal vantaggio che ne posso ricavare).

II formulazione della legge morale universale (imperativo categorico): Agisci in modo da


trattare sempre l'umanit, sia nella tua persona che in quella di ogni altro, sempre anche
come fine e mai soltanto come mezzo.

Spiegazione. Con questa seconda formula Kant mette in risalto la dignit del soggetto umano.
L'uomo, qualsiasi soggetto umano, dotato di un valore assoluto e non confrontabile in alcun modo
con quello delle semplici cose. Strettamente parlando, le cose hanno un prezzo per cui possono
essere scambiate con altre cose; gli uomini hanno invece una dignit il valore di una singola vita
umana infinito e dunque non pu mai essere scambiato con qualcos'altro, neppure con un'altra
vita umana). Allora, la seconda formula dell'imperativo categorico afferma con estrema chiarezza
che occorre rispettare l'umanit presente in ogni uomo: la legge morale ci vieta di compiere
qualsiasi azione in cui la dignit umana viene violata e una persona trattata come un
oggetto o un mezzo per ottenere altri scopi.

III formulazione della legge morale universale (imperativo categorico): Agisci in modo che la
volont, in virt della sua regola, possa considerare s stessa come universalmente
legislatrice.

Spiegazione. La terza formulazione dell'imperativo categorico vuole evidenziare che una volont
che obbedisce unicamente alla legge universale autonoma, perch non si inchina a qualcosa di
estraneo, non obbedisce a un comando esterno, ma solo a ci che costituisce la pi alta espressione
umana. Quando invece la volont si lascia determinare da fattori particolari e soggettivi (il
benessere individuale, il tornaconto personale ecc.), da elementi estranei alla pura razionalit (le
passioni, l'emotivit, gli istinti ecc.), allora essa eteronoma (dal greco eteros = altro, estraneo, e
nomos = legge), ossia riceve la sua legge da qualcosa di diverso da essa. Nella costante
sottolineatura dell'autonomia della ragione umana consiste l'elemento pi innovativo della
concezione kantiana della morale: di fatto, mentre gran parte della filosofia classica fondava la
morale sull'idea di bene e sulle sue varie definizioni, per Kant invece il bene la legge morale
stessa, e la volont buona quella autonoma, che sceglie la legge morale indipendentemente non
solo dalla condizione fisica ed emotiva dell'uomo, ma anche da qualsiasi forma di autorit esterna
(il potere politico, la credenza religiosa, ecc.). Alla domanda che cosa devo fare?, la CRPr non d
dunque risposte concrete sul piano dei contenuti, non ci fornisce un elenco dettagliato ed esaustivo
di comportamenti da seguire, ma ci mostra soltanto la forma generale (universale) che le mie azioni
non devono contraddire per poter essere definite buone. Il bene, per Kant, non altro che la
legge morale universale, espressa nelle tre formule dell'imperativo categorico. Anche sul terreno
della ragione pratica, la rivoluzione copernicana ha dato i suoi frutti pi importanti e duraturi.

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