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de Rome
Riassunto
La crisi economica dell'Italia imperiale, che attualmente vede contrapposte opinioni storiografiche antitetiche, risente di
una tradizione di studi che tende a divaricare Principato e Dominato. Un periodo cruciale, oppure trascurato, appare quello
compreso tra tarda et antonina e Tetrarchia, in cui si realizzano profonde trasformazioni strutturali del sistema agrario.
L'esito tardoantico di queste trasformazioni invita a guardare pi ottimisticamente alle fasi anteriori di fine II e III sec. e a
interpretarle non solo e non tanto in termini di declino, quanto in termini di una ristrutturazione riuscita del sistema agrario
ereditato dalla tarda repubblica e dall'et augustea; un sistema non pi rispondente alla nuova situazione politica ed
economica dell'Italia nel contesto dell'impero.
Vera Domenico. L'Italia agraria nell'et imperiale : fra crisi e trasformazione. In: L'Italie d'Auguste Diocltien. Actes du
colloque international de Rome (25-28 mars 1992) Rome : cole Franaise de Rome, 1994. pp. 239-248. (Publications
de l'cole franaise de Rome, 198);
http://www.persee.fr/doc/efr_0000-0000_1994_act_198_1_4406
dezza della economia agricola in Italia fino a tutto il IV secolo e, per diverse
regioni, anche oltre. Ma questa constatazione dovr costituire solo il punto
di partenza di una riflessione su modifiche importanti del sistema agrario (e
pi in generale produttivo ed economico) nella seconda fase del Principato
che ancora male conosciamo.
II
condizioni economiche della Puglia dal IV al VII secolo d.C. : alcune note quaran-
t'anni dopo, in ASP, 45, 1992, p. 65-135.
12 Economia e societ nell'Italia annonaria, Milano, 1961.
13 A. Giardina, Lavoro e storia sociale : antagonismi e alleanze dall'ellenismo
al tardoantico, in OPUS, 1, 1982, p. 134-135.
14 Da ultimo B. Sirks, Food for Rome, Amsterdam, 1991.
15 Giustamente S.L. Dyson, Community and Society in Roman Italy, Baltirno-
ra, 1992, p. 226 sq.
L'ITALIA AGRARIA NELL'ET IMPERIALE 243
1(1 D. Vera, Forme e funzioni della rendita fondiaria nella tarda antichit, in
A. Giardina (ed.), Societ romana e impero tardoantico , I, Roma-Bari, 1983,
p. 406 sq.
17 Una struttura nascosta. La grammatica dell'economia romana, in
Momigliano e Schiavone, Storia di Roma, cit., (. 1), p. 38 sq.
18 Cfr. . Hopkins, Taxes and Trade in the Roman Empire (200 B.C. - A.D.
400), in JRS, 70, 1980, p. 101-125, e C, Wickham, L'Italia e l'alto Medioevo, in Arch.
Med'., 15, 1988, p. 105-24.
>Q D. Vera, Aristocrazia romana ed economie provinciali nell'Italia tardoanti-
ca : il caso siciliano, in OC, 10, 1988, p, 115 sq
244 DOMENICO VERA
Ili
L'intervento congiunto di Tina Panella e Andr Tchernia20 indica che
ambedue, pur rimanendo su posizioni distanti circa l'esistenza di un declino
della viticoltura italica - su come, cio, si debbano interpretare il I secolo e
la prima met del II - aprono prospettive meno oscure di quelle prevalenti
solo pochi anni or sono per la fase successiva fino all'et severiana. Certo, ci
fu un calo fortissimo delle esportazioni, un aumento delle importazioni
provinciali e la circolazione vinaria acquist una dimensione regionale; ma
pur vero che ci fu uno spostamento di produzioni verso l'alta valle del
Tevere, la costa adriatica, il Piceno, la Romagna; n pare dubbio che la
viticoltura rimase un settore importante per l'economia italica, capace di far fronte
ai bisogni dei centri urbani, se si esclude il caso particolarissimo di Roma,
ove comunque le presenze italiche rimasero sempre notevoli. A tutto ci va
aggiunto che conosciamo in maniera inadeguata i tipi anforici successivi al
II secolo - per cui molte produzioni ci sfuggono - e che la progressiva
diffusione della botte implica una quantit enorme di produzione che non lascia
alcuna traccia.
Rimane comunque il dubbio di fondo se sia corretto centrare l'analisi
sui destini di una sola merc21 e non considerare il complesso delle capacit
produttive di un sistema agrario, il cui compito primario rimaneva la
sussistenza dell'Italia e che, gi in et tardorepubblicana aveva esteso settori
basilari come la cerealicoltura e l'allevamento, per i quali non sono rilevabili
segni di grave flessione22. La nozione di prosperit agricola dell'Italia non va
pertanto legata esclusivamente al surplus esportabile, n alla diminuzione
delle unit agrarie specificamente volte a produrre vino. Il commercio
mediterraneo importante, ma pi importante, ai fini della definizione di
parametri di crescita declino, appare la capacit del sistema agricolo di
provvedere alle esigenze interne, vale a dire il rapporto tra popolazione e risorse.
Senza neanche entrare nella discussione sul capitalismo romano, il
modello generale di riferimento rimane la peasant economy nella
formulazione di E. Thorner23 : il compito del sistema agricolo di produrre rendite
per i proprietari, tasse per il governo e, soprattutto, risorse alimentari per la
IV
Probabilmente, diverse aporie e non poche lacune potrebbero essere
superate se i fenomeni agrari fossero seguiti senza soluzioni dal Principato al
tardoantico, la cui documentazione, notevolmente ricca, consente di verifi-
care la fondatezza di alcune ipotesi circa l'evoluzione delle strutture agrarie
nel II e III secolo : che, in realt, dopo l'et traianea (epistolario pliniano, la
cui testimonianza ha peraltro una valenza circoscritta, tabulae veleiate e dei
Ligures Baebian) il quadro delle fonti antiche appare alquanto carente :
come stato sconsolatamente rilevato, plus de potes, plus d'agronomes'4.
Rimangono, si, preziosissimi, i Gromatici e il Digesto, ambedue ancora
sottoutilizzati; ma la vaghezza geografica delle situazioni concrete che questi
corpora illustrano costituisce un limite invalicabile. La soluzione sarebbe
quella di integrare questi realia indeterminati, che pure forniscono
informazioni importanti, con l'indagine archeologica e topografica. In particolare,
sarebbe necessario analizzare le fasi di ville tardorepubblicane
protoimperiali che continuarono a funzionare fino alla tarda antichit, studiare pi da
vicino le ville minori e le fattorie; soprattutto, bisognerebbe anche studiare
vici e pagi, che nell'organizzazione agraria dei territori dovevano avere un
peso non inferiore e, probabilmente, anche superiore, alle ville
medio-grandi. Eppure, anche la scoraggiarne documentazione scritta contiene qualche
suggerimento di tendenza che l'archeologia rurale dovrebbe considerare. I
giuristi di inizio III secolo fanno riferimento alla suddivisione dei funi
maggiori, a parti a conduzione diretta tramite schiavi e salariati e parti a
conduzione indiretta mediante grandi conductores e piccoli contadini-coloni (Dig.
13, 7, 25; 20, 1, 32; 31, 86, 1; 33, 1, 21 pr.; 33, 7, 12, 3; 40, 7, 40, 3). Gi prima i
gromatici di et traianea (Hyg. 93 Th.) indicano l'uso dei possessores di un
gran numero di fondi di abbandonare le villae e di mantenerne solo alcune.
Plinio il Giovane conferma appieno la notizia quando medita, in caso di
acquisto a Tifernum Tiberinum di una tenuta confinante con la sua, imam
villani colere et ho mare, alterarti tantum tueri (Ep. 3, 12, 9). Ulpiano dice che
spesso Yinstrumentum di un fondo come prestato ai numerosissimi
(plurimi) altri fondi del medesimo propietario, sottintendendo quindi che questi
ultimi ne sono sprovvisti (Dig. 33, 7, 12, 4).
Ora, considerando che i fenomeni strutturali dell'economia agraria
antica si muovono secondo i tempi lenti della lunga durata e che gi fra l'et
traianea e severiana le fonti prospettano evoluzioni che si delineano pi
chiaramente col tardoantico, sarebbe fruttuoso e lecito - sia pure con tutte
le cautele e i distinguo necessari - proiettare all'indietro, nella fase fra
Antonini e Tetrarchia, situazioni che vediamo gi ben consolidate verso il 310-
320 : se non altro per intenderne la genesi. Cos, i dati estraibili sulla
distribuzione della propriet terriera secondo il catasto di Volcei (323 d.C.) sono
collegabili alla concentrazione emergente dai catasti traianei di Veleia e dei
Ligures Baebianiv\ e la massa fundorum, cos frequentemente attestata nelle
Domenico Vera