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MULTIETNICITA
2. IMMIGRATI E MERCATO DEL LAVORO IN LOMBARDIA
di Francesco Marcaletti
Oltre dieci anni di indagini ORIM hanno consentito di aprire una finestra importante
sul lavoro immigrato e sulle dinamiche di incorporazione dello stesso in un sistema
economico complesso quale quello lombardo. In particolare, oltre a chiarire in via
definitiva la caratterizzazione della presenza straniera quale fenomeno strutturale
delleconomia regionale, le rilevazioni periodiche sono servite per indagare la
condizione lavorativa degli immigrati in rapporto alle principali variabili socio-
demografiche e alle caratteristiche dei mercati del lavoro locali e quindi osservarne
levoluzione nel corso del tempo. Si cos giunti alla individuazione e allanalisi di
alcuni fenomeni certamente rilevanti. La prima tendenza significativa che si colta
il progressivo ampliamento della base occupazionale immigrata, a testimonianza
della forte capacit di assorbimento di manodopera straniera da parte del sistema
lombardo. Nel decennio, la crescita sostanziale cui andata incontro la popolazione
straniera si infatti combinata con una sostanziale costanza dei relativi livelli
occupazionali. La condizione lavorativa poi mutata significativamente anche per
quanto concerne la tipologia oraria e contrattuale. Si ampliata la quota di lavoro
standard, a tempo indeterminato e orario pieno, anche se va ricordato come negli anni
pi recenti si sia assistito soprattutto allo sviluppo di altre tipologie di impiego quali
il part-time e il tempo determinato, il lavoro autonomo e le attivit imprenditoriali.
Stabile risulta, invece, limpiego parasubordinato, che continua a interessare una
parte residuale del campione in esame. Uno scenario segnato, quindi, dalla graduale
stabilizzazione del lavoro immigrato.
Il secondo fenomeno di interesse la diversa rilevanza di variabili strutturali quali il
genere e let sulla condizione occupazionale. Procedendo per punti, forti sono,
innanzitutto, le disparit di genere. Gli uomini presentano elevati tassi di attivit,
sostenuti da livelli di occupazione regolare pi consistenti, da una maggiore
propensione al lavoro autonomo e alla imprenditorialit. Di contro, le donne scontano
un evidente e molteplice svantaggio di genere in quanto, accanto a volumi di
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partecipazione decisamente pi ridotti, rivelano una maggiore esposizione alla
disoccupazione come pure allimpiego irregolare. Per quanto concerne, poi, let, si
nota un nuovo ed evidente parallelo tra gli stranieri e gli autoctoni, se vero che in
entrambi gli aggregati fenomeni quali la partecipazione al mercato del lavoro, la
disoccupazione, lirregolarit del lavoro, loccupazione in proprio risentono allo
stesso modo della fase del corso di vita attraversata. Oltre a incidere sulla condizione
di inattivit, let rivela un forte potere predittivo sulla probabilit di essere alla
ricerca di un impiego. Il tasso di disoccupazione presenta infatti un andamento a U:
si attesta su livelli elevati tra i giovani, si riduce nelle classi centrali per poi
riprendere a crescere tra gli over 45. Evidenziata limportanza delle principali
variabili strutturali, le indagini ORIM hanno inoltre segnalato che i fattori che pi
incidono sulla condizione lavorativa degli stranieri sono, in ogni modo, il periodo di
tempo trascorso in Italia e il titolo di soggiorno. Il potere esplicativo del titolo di
studio non pare, di contro, essere forte. Piuttosto, in tutte le indagini annuali, si
messo in luce come lanzianit migratoria abbia un forte potere predittivo sulla
situazione occupazionale; pi nello specifico, sulla possibilit di essere alla ricerca di
lavoro, di avere unoccupazione regolare oppure di svolgere un lavoro in proprio, ma
anche di percepire una retribuzione pi elevata. Nel complesso, pur in mancanza di
dati longitudinali, da queste informazioni possibile identificare un idealtipo di
carriera lavorativa degli immigrati. Essa si articola in una fase di inserimento per
alcuni preceduta da un iniziale periodo di disoccupazione mediante limpiego
irregolare; seguono dapprima lo stadio della stabilizzazione, di norma concomitante
con lacquisizione del titolo di soggiorno, e quindi il consolidamento, che si sostanzia
in un numero discreto di casi nel passaggio ad attivit autonome o imprenditoriali ma
anche nella mobilit verso le professioni operaie specializzate.
La lettura della condizione lavorativa pu essere arricchita grazie
allapprofondimento sulle professioni svolte. A questo proposito va detto che le
informazioni raccolte dallOsservatorio Regionale hanno consentito di individuare le
principali tipologie di impieghi in cui si concentra la manodopera straniera, facendo
cos emergere evidenti situazioni di segregazione professionale che in gran parte
danno esito a probabili fenomeni di etnicizzazione, vale a dire di colonizzazione di
determinate mansioni da parte degli stranieri. Le mansioni maggiormente diffuse tra
gli stranieri sono quelle dequalificate, che non richiedono competenze particolari, e
che sono abbinate a condizioni di lavoro certamente pi svantaggiate. Sul tipo di
lavoro svolto non influisce in modo rilevante il titolo di studio posseduto, con ci
confermando la tendenza diffusa alla dequalificazione e dispersione del capitale
umano in possesso degli immigrati. Da ultimo, il fenomeno forse pi interessante che
le indagini ORIM hanno consentito di chiarire comunque la netta incidenza della
nazionalit sulla condizione lavorativa e professionale; una incidenza che sembra
mantenersi inalterata, se non addirittura fortificarsi, con il passare degli anni. Se
fissiamo il focus di indagine sulle principali nazionalit presenti nella regione, ci
accorgiamo, infatti, dellesistenza di forti disparit nei modelli occupazionali. Il
gruppo caratterizzato dal livello pi elevato di occupabilit sono i filippini.
Viceversa, chi risulta pi esposto alla disoccupazione sono i romeni, i quali si
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segnalano, inoltre, per il forte coinvolgimento nellarea del lavoro irregolare. Sul
versante delle professioni, la messa a tema della variabile cittadinanza rende evidente
quella che stata definita la specializzazione etnica, vale a dire la tendenza in base
alla quale i principali ambiti professionali in cui si concentra loccupazione straniera
sono a loro volta fortemente connotati dalla presenza di nazionalit specifiche. Tra gli
uomini cos per ledilizia, in cui lavorano quasi la met degli albanesi e dei romeni
e un terzo degli egiziani, e per il comparto della ristorazione, a forte presenza
egiziana e cinese.
La prima indagine monografica [cf. Focus 2.1, Sostenere il lavoro] ha preso avvio
sulla scorta delle acquisizioni empiriche in materia di inserimento e progressione
professionale degli stranieri nel sistema economico lombardo.
Focus 2.1: Sostenere il lavoro. Le attivit dei Centri per l'Impiego a favore dei
lavoratori extra-comunitari
Il volume Sostenere il lavoro. Le attivit dei Centri per l'Impiego a favore dei
lavoratori extra-comunitari (Rapporto 2001, Fondazione ISMU ORIM, Milano,
2002) affronta in modo pionieristico il tema dei servizi per limpiego rivolti
allutenza straniera.
I dati di fonte istituzionale e le analisi empiriche riconoscono nella manodopera
dimportazione una risorsa ormai indispensabile per il funzionamento del sistema
produttivo lombardo, sia per controbilanciare fenomeni diffusi di mismatch tra
domanda e offerta di lavoro, sia per ridimensionare gli effetti della riduzione delle
forze di lavoro dovuti agli andamenti demografici. In questo scenario, la Lombardia
si conferma la regione al vertice della graduatoria nazionale per numero di
avviamenti al lavoro e concentra a inizio decennio quasi il 40% del totale nazionale
di assunzioni previste di stranieri da adibire a professioni scientifiche, intellettuali e
di elevata specializzazione. Per altro verso, vi ormai sufficiente consapevolezza di
come linserimento lavorativo della manodopera straniera nel sistema produttivo
lombardo rispecchi, in termini generali, il modello dellinclusione subordinata,
evidenziando processi di discriminazione dei lavoratori stranieri, segregazione in un
numero limitato di settori e professioni, dequalificazione della manodopera straniera
istruita. A questi fenomeni concorrono tanto le rappresentazioni condivise sul ruolo
del lavoro immigrato, quanto le modalit di incontro tra la domanda che proviene
dalle imprese e dalle famiglie lombarde e lofferta straniera, per lo pi informali e
mediate da connazionali e organismi pro-immigrati, con leffetto di alimentare
fenomeni di discriminazione statistica, pre-categorizzazione su base etnica,
stigmatizzazione negativa di talune componenti della popolazione straniera. Si tratta
di fenomeni che non solo pregiudicano le condizioni e le prospettive professionali dei
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lavoratori e delle lavoratrici stranieri, ma che in ultima analisi compromettono
anche il corretto funzionamento del mercato del lavoro. Va da s che i servizi per
limpiego costituiscono, allinterno di questo quadro, un attore cruciale per diverse
ragioni: rappresentano una delle risorse strategiche per prevenire e combattere i
fenomeni di discriminazione degli immigrati; dal loro funzionamento dipende la
possibilit di tenere sotto controllo i rischi di concorrenzialit tra le fasce pi deboli
della manodopera autoctona e straniera; spesso gli operatori dei centri individuano
nellofferta straniera una soluzione per far fronte alle difficolt di reclutamento
denunciate dalle imprese lombarde. Alla luce di questo quadro, nonch dei processi
di riforma e modernizzazione dei servizi per limpiego, la ricerca svolta si posta
lobiettivo di descrivere orientamenti e attivit dei centri per limpiego lombardi in
relazione allutenza extra-comunitara. Lobiettivo stato altres quello di individuare
le esperienze pi interessanti e, a partire da queste, individuare direttrici di azione per
il futuro. Lanalisi condotta conferma come limmigrazione agisca in funzione di
cartina di tornasole nel mettere in luce il grado effettivo di attuazione del nuovo
assetto dei servizi pubblici per limpiego. Va rammentato, innanzitutto, come la
Lombardia sia una delle regioni pi avanzate: sostanzialmente tutti i centri hanno
realizzato una ristrutturazione organizzativa, linformatizzazione e la riallocazione
delle nuove funzioni del personale trasferito dallamministrazione statale. Tuttavia,
anche in questo contesto, permangono alcuni punti di debolezza da colmare.
Innanzitutto in merito al numero e alla preparazione degli operatori: lorganico
numericamente insufficiente cos come il bagaglio di competenze di cui gli operatori
dispongono. Emerge chiaramente la necessit di attivare percorsi di formazione
specifici per supportarli nel servizio allutenza immigrata. Il fatto che non siano state
individuate iniziative formative su questi temi non significa tuttavia che i centri siano
rimasti indifferenti di fronte ai bisogni dellutenza immigrata. Anzi, non stato raro
osservare atteggiamenti di empatia nei suoi confronti che ha spesso indotto a
sconfinare anche dai compiti istituzionali. Ancora, gli immigrati sembrano approdare
ai centri non come destinatari di interventi specifici ma come utenti di servizi
ordinari. Una questione che resta aperta allora quella relativa alla capacit dei centri
per limpiego di svolgere unazione di contrasto ai fenomeni di discriminazione e
segregazione su base etnica. La ricerca restituisce limmagine di un attore non del
tutto impotente in questo senso, ma certamente non pienamente consapevole del
proprio ruolo. Lesercizio della funzione di intermediazione finisce spesso col
riprodurre le specializzazioni etniche e anche i percorsi di mobilit affidati agli
investimenti in formazione avvalorano la tesi che gli immigrati siano adatti a svolgere
soprattutto alcuni mestieri. Per concludere, lindagine non ha consentito di
individuare vere e proprie buone pratiche, e tuttavia ha permesso di formulare alcune
indicazioni operative per rafforzare il ruolo dei centri per limpiego. In particolare,
possono evidenziarsi una serie di priorit di azione, tra le quali: a) ricollegare la loro
azione al complesso delle politiche per limpiego; b) coniugare universalismo e
specificit dellintervento; c) investire nelle risorse umane; d) promuovere i centri per
limpiego; e) rafforzare i rapporti con le imprese; f) rafforzare i rapporti con le
istituzioni e con gli attori del privato-sociale; g) migliorare le metodologie nel campo
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del bilancio di competenze; h) realizzare unindagine sugli stranieri disoccupati; i)
realizzare uno studio fattibilit sul tema dei servizi alle famiglie; l) capitalizzare le
migliori prassi internazionali.
Focus 2.2: L'occupazione possibile. Percorsi tra lavoro e non lavoro e servizi per
linserimento lavorativo dei cittadini non comunitari
La seconda indagine [cf. Focus 2.3] condotta nel corso del 2004 ha invece ripreso e
approfondito specificamente i percorsi di inserimento professionale dei lavoratori
immigrati e il loro rapporto con la forza lavoro autoctona.
Paradossalmente, proprio nel momento in cui il tema della programmazione dei flussi
sembrava aver fatto un passo indietro nellagenda politica, nonostante il compito
implicitamente securizzante assegnato a essa, la portata sotto il profilo quantitativo
della regolarizzazione prodottasi tra il 2002 e il 2003 con le sue 700mila domande
in tutta lItalia stata la prova a contrario della inadeguatezza della politica dei
flussi e della necessit di un suo ripensamento. A premere nella direzione di tale
ripensamento e a insistere in particolare sulla necessit di una revisione al rialzo delle
quote sono soprattutto le imprese, che ritengono di poter colmare in questo modo lo
shortage di manodopera che le affligge: segno di una interpretazione funzionalistica
del lavoro immigrato, chiamato a rispondere a una domanda altrimenti destinata a
restare insoddisfatta. La riflessione sulla politica dei flussi e sui modelli di
incorporazione che i vincoli normativi e istituzionali inevitabilmente disegnano,
necessita pertanto di essere ulteriormente approfondita. Da qui discende il disegno
della ricerca condotta nellambito degli approfondimenti annuali promossi
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dallORIM e pubblicata nel volume Complementare, sostitutivo, discriminato? Il
lavoro immigrato in Lombardia tra programmazione dei flussi e funzionamento del
mercato del lavoro (a cura di M. Colasanto e R. Lodigiani, Rapporto 2004,
Fondazione ISMU ORIM, Milano, 2005). Unindagine sostenuta dallemergere di
alcune necessit: in primo luogo, affinare gli strumenti previsti al fine di leggere
correttamente la domanda di lavoro delle imprese e pervenire a stime realistiche per
la programmazione delle quote; in secondo luogo, analizzare pi in profondit i
modelli di incorporazione della manodopera straniera nel mercato del lavoro del
territorio, tenendo presente le diversit che lo caratterizzano sotto il profilo
economico-produttivo, al fine di entrare pi in profondit nelle dinamiche di incontro
tra domanda e offerta di lavoro immigrato; infine, approfondire la riflessione in
merito alla questione della complementarit/concorrenzialit tra manodopera
straniera e manodopera autoctona. Dallo studio emerge infatti uno scenario
complesso, nel quale lipotesi della complementarit del lavoro immigrato viene
declinata a seconda dei settori, delle professioni e dei mercati locali del lavoro. Una
complementarit che si struttura grazie al perdurare di alcuni meccanismi di
funzionamento del mercato del lavoro e di incontro tra domanda e offerta che
caratterizzano lincorporazione degli immigrati nella nostra economia, come rilevato
pi volte sulle pagine dei rapporti annuali dellOsservatorio Regionale. Ci riferiamo
in particolare ai fenomeni evidenziati in letteratura: discriminazione dei lavoratori
stranieri, loro segregazione in un numero limitato di settori e professioni (specie per
quel che riguarda la componente femminile dellimmigrazione), dequalificazione
della manodopera pi istruita. A questi fenomeni concorrono, come ormai noto, tanto
le rappresentazioni condivise sul ruolo del lavoro immigrato (la tendenza cio a
ritenere che esso debba servire unicamente a ricoprire i posti di lavoro che gli
autoctoni non vogliono o non sono in numero sufficiente a svolgere), quanto le
modalit di incontro tra la domanda che proviene dalle imprese e dalle famiglie e
lofferta straniera. Queste sono modalit per lo pi informali e mediate dalle reti
etniche o da istituzioni e organismi del privato sociale che si occupano di immigrati
(pur non facendo dellincontro tra domanda e offerta di lavoro la propria mission), le
quali finiscono con lalimentare i fenomeni di discriminazione statistica, pre-
categorizzazione su base etnica, stigmatizzazione di talune componenti della
popolazione straniera. Si tratta di fenomeni che non solo pregiudicano le condizioni e
le prospettive professionali degli immigrati, ma che, in ultima analisi, compromettono
anche il corretto funzionamento del mercato del lavoro, rafforzandone la
segmentazione e alimentando i rischi di concorrenzialit con le fasce pi deboli
dellofferta autoctona. Gli esiti delle analisi condotte hanno consentito di costruire
una matrice che suddivide lorientamento della domanda nei confronti del lavoro
immigrato in quattro modalit, che vanno dalla complementarit alla sostituzione
(quando un elevato orientamento allassunzione di lavoro immigrato si associa a una
difficolt decrescente di reperimento delle figure ricercate dalle imprese), e dalla
selettivit allindifferenza (quando un basso orientamento allassunzione di lavoro
immigrato si associa a una difficolt decrescente di reperimento delle figure ricercate
dalle imprese), secondo le definizioni sopra assegnate a questi termini. Mentre larea
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della complementarit quella in cui si registra la carenza strutturale di manodopera
autoctona e un inserimento funzionale di quella immigrata, nellarea della
sostituzione si registra invece una massiccia richiesta di personale immigrato che,
secondo i noti processi di specializzazione etnica, va a ricoprire le mansioni meno
qualificate e meno socialmente considerate, rispetto alle quali esso si presenta come
adattabile e conveniente, ma anche potenzialmente in concorrenza con le fasce pi
deboli della forza lavoro autoctona. Lanalisi proposta mostra come la
complementarit della forza lavoro immigrata sia pi forte in settori e in professioni
per le quali la domanda di lavoro manifesta elevate difficolt di reperimento, mentre
si declina in termini di sostituzione laddove le difficolt sono minori e quando il
lavoro immigrato, spesso pi duttile e conveniente, si configura come una presenza
sempre pi strutturale. Nelle professioni specializzate, invece, la domanda continua a
manifestare una elevata selettivit che penalizza la forza lavoro straniera. Tuttavia, il
segnale insieme pi interessante e preoccupante che emerge da questa lettura il
progressivo scivolamento della domanda dallarea della complementarit verso quella
della sostituzione. Questo da un lato rende la manodopera sempre pi strutturale e
funzionale (alle imprese) e dallaltro finisce con limpoverire lattrattivit di
determinate professioni: un effetto di svalutazione sociale, connessa
alletnicizzazione, che accresce gli spazi di inserimento dei lavoratori immigrati, ma
accresce anche le dinamiche di discriminazione e segmentazione del mercato del
lavoro. Senza una visione complessiva di tutti i fattori implicati, la programmazione
dei flussi rischia dunque di restare imbrigliata dallinterpretazione funzionalistica
dellimmigrazione, di appiattirsi sulla sola dimensione economica, finendo col
sostenere un modello di incorporazione improntato alla complementarit, ma di fatto
incamminato a rafforzare le dinamiche che tengono la manodopera straniera in una
posizione di subalternit, la quale paradossalmente nuoce alla componente pi debole
della forza lavoro autoctona. In altri termini, improntando la politica delle quote
secondo questa prospettiva si rischia di misconoscere altri suoi importanti obiettivi,
che vanno al di l della sola regolamentazione-controllo degli ingressi, ma che
riguardano il sostegno dellintegrazione sociale degli immigrati, il contenimento dei
processi di etnicizzazione, la riduzione dei rischi di concorrenzialit con le fasce pi
deboli della popolazione autoctona. La necessaria regolamentazione dei flussi non
pu cio prescindere dal mirare a eliminare i fenomeni di disuguaglianza e
discriminazione nellinserimento della manodopera immigrata nel nostro mercato del
lavoro, e semmai esige di affiancarsi a politiche del lavoro di carattere promozionale,
che aiutino i lavoratori stranieri (come gli autoctoni) a non rimanere intrappolati nelle
aree pi marginalizzate della struttura occupazionale.
La quarta indagine [cf. Focus 2.5: Letnicizzazione del mercato del lavoro lombardo],
condotta nel 2007, riprende e sviluppa le tematiche gi approfondite negli anni
precedenti; in specie, si sofferma sui fenomeni di sostituzione della manodopera
autoctona con quella immigrata e sui processi di etnicizzazione del mercato del
lavoro che ne conseguono. Si propone, come obiettivo complessivo, quello di
ricostruire il quadro interpretativo della segregazione degli immigrati in particolari
ambiti e filiere professionali che, sulla scia di queste dinamiche, divengono connotati
su base etnica.
Lindagine condotta nel 2008 si addentra in una tematica ancora poco analizzata nel
nostro paese a motivo della mancanza di indagini e dati longitudinali, in grado quindi
di seguire le forze di lavoro straniere nel corso della propria storia lavorativa [cf.
Focus 2.6: I percorsi di mobilit del lavoro immigrato. Primi riscontri per una lettura
del caso lombardo]. Va ricordato, in proposito, che nemmeno lannuale rilevazione
ORIM costruita in modo tale da consentire una tale disamina e dunque, al pari delle
Rcfl condotte dallIstat, non permette di indagare i percorsi e le transizioni che
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prendono forma tra le forze di lavoro straniere. Piuttosto, come commentato in
precedenza, grazie alla disaggregazione delle informazioni raccolte secondo la coorte
migratoria, essa autorizza a ipotizzare lesistenza di traiettorie di mobilit
professionale.
Focus 2.6: I percorsi di mobilit del lavoro immigrato. Primi riscontri per una
lettura del caso lombardo
Lindagine dellarea lavoro dellORIM, svolta nel corso del 2010 stata dedicata al
tema degli scenari emergenti della crisi che ha impattato sul sistema economico
lombardo, ponendo in particolare a fuoco le ripercussioni della fase recessiva sui
livelli di impiego dei lavoratori immigrati [cf. Focus 2.7: Immigrazione e mercati del
lavoro: gli impatti della crisi in Lombardia].
Focus 2.7: Immigrazione e mercati del lavoro: gli impatti della crisi in Lombardia
Lindagine dellarea lavoro dellORIM svolta nel corso del 2010 stata dedicata al
tema degli scenari emergenti della crisi che ha impattato sul sistema economico
lombardo, ponendo in particolare a fuoco le ripercussioni della fase recessiva sui
livelli di impiego dei lavoratori immigrati (Immigrazione e mercati del lavoro: gli
impatti della crisi in Lombardia, a cura di M. Colasanto e F. Marcaletti, Rapporto
2010. Fondazione ISMU, Regione Lombardia, ORIM, Milano, 2011). Ci che
emerge un quadro che va interpretato alla luce di segnali non privi di un certo
carattere di ambivalenza. Le comparazioni in chiave internazionale, in particolare,
continuano a confermare la peculiarit del modello occupazionale italiano rispetto a
quanto emerge considerando le medie a livello di Unione europea o quanto avviene in
alcuni dei maggiori paesi membri in relazione ai processi di incorporazione della
manodopera dimportazione nelle forze di lavoro. Ne esempio, in particolare, il
livello di disoccupazione degli stranieri extracomunitari e comunitari non
appartenenti ai Quindici, residenti nel nostro paese. Il tasso di disoccupazione degli
extracomunitari in Italia, al secondo trimestre del 2010, infatti dell11,9%; due soli
decimi di punto percentuale in meno, l11,7%, quello dei comunitari non appartenenti
ai Quindici. Si tratta di valori che risultano migliori soltanto in altri quattro dei
Ventisette paesi membri dellUnione europea. Ancora, i tassi di disoccupazione degli
stranieri presenti nel nostro paese sono inferiori alle medie europee rispettivamente di
8,0 e 7,1 punti percentuali. Anche il tasso di disoccupazione totale riferito allinsieme
delle forze di lavoro inferiore alle medie, in particolare di quasi un punto
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percentuale (8,0% contro l8,9%). Si noti, infine, che i tassi di disoccupazione degli
stranieri non comunitari o comunitari non appartenenti ai Quindici, a livello medio
europeo, sono doppi rispetto al tasso di disoccupazione totale, sempre in media in
Europa. Ci non avviene nel nostro paese, dove i valori riferiti agli stranieri
presentano valori superiori almeno di 5 punti rispetto al dato sugli autoctoni. Analisi
di questo tipo devono tuttavia essere ulteriormente precisate, calandole a livello
territoriale lombardo: la dinamica che investe i lavoratori immigrati, tanto sul fronte
dellofferta di lavoro quanto in particolare su quello della domanda, risulta in
Lombardia pi rallentata che nel resto dellItalia. Basti, a titolo di esempio, citare un
secondo dato. Sempre nel corso del secondo trimestre 2010, il numero di cittadini
extracomunitari avviati al lavoro in Lombardia calato del 24,6% rispetto al
medesimo trimestre dellanno precedente, ovvero dieci volte tanto rispetto alla
contrazione che ha riguardato il numero di avviati di cittadinanza italiana (-2,4%).
Oltre allanalisi dei trend occupazionali, al fine di indagare il determinarsi di
situazioni di discriminazione nei processi di dismissione forzata dei lavoratori in
alcuni settori occupazionali a forte connotazione etnica e, conseguentemente, di
rilevare le percezioni circa linstaurarsi di pratiche penalizzanti per le componenti
immigrate delle forze di lavoro, nellambito dellapprofondimento sono stati
realizzati dei focus group che hanno coinvolto dirigenti, operatori, delegati e attivisti
sindacali nei settori delle costruzioni, dellindustria metalmeccanica e dei servizi, in
due province lombarde, Milano e Bergamo. Con riferimento alla tematica della crisi
oggetto dei focus va innanzitutto rilevato come limpatto che essa ha esercitato
abbia provocato processi di dismissione delle forze lavoro legati a decisioni
manageriali che nella percezione degli osservatori coinvolti non hanno condotto a
particolari episodi di discriminazione della manodopera straniera, toccando
principalmente i lavoratori meno qualificati, e certo fra questi anche quelli di origine
straniera. Lassenza di qualificazione il fattore che ha condotto molti datori di
lavoro a disfarsi anzitutto di questa componente della forza lavoro nel momento in
cui si sono visti costretti a ridimensionare lorganico delle proprie aziende. Il
fenomeno non pertanto riferibile a possibili condizionamenti sotto il profilo della
discriminazione su base etnica. In alcuni settori occupazionali, come per esempio nel
caso delle costruzioni, la discriminazione avviene a monte piuttosto che a valle,
ovvero nelle procedure di accesso al lavoro che non premiano le esperienze pregresse
e le competenze possedute dai lavoratori stranieri, inquadrandoli ai livelli contrattuali
pi bassi. In generale, proprio il fenomeno della concentrazione del lavoro di
importazione in specifiche nicchie professionali tradizionalmente soggette alla
fluttuazione dei livelli di occupazione a esporre i lavoratori migranti pi che gli
autoctoni ai rischi della disoccupazione. Tuttavia, rispetto a questa logica,
sedimentatasi osservando levoluzione della partecipazione delle forze di lavoro
immigrate ai mercati del lavoro locali, gli eventi provocati dalla crisi economico-
finanziaria hanno contribuito a modificare non di poco gli assetti occupazionali
vigenti, e in particolare hanno spinto a ridefinire, almeno parzialmente, i termini del
rapporto tra manodopera autoctona e manodopera dimportazione. I fronti di nuova
argomentazione che si aprono sono tre. In primo luogo, la crisi ha fatto emergere una
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prospettiva di concorrenzialit del lavoro immigrato rispetto al lavoro autoctono sulle
posizioni occupazionali di medio-basso livello che, al contrario di quelle non
qualificate, sono state risparmiate nei processi di espulsione conseguenti alle
ristrutturazioni aziendali. In altri termini, mentre anche i lavoratori italiani non
qualificati hanno perso loccupazione (insieme a tanti stranieri), ci non avvenuto
per i lavoratori (italiani e stranieri) che occupavano posizioni immediatamente
superiori in termini di qualificazione, generando fenomeni di frustrazione nei primi
(specie se di nazionalit italiana). In secondo luogo, proprio lingresso massiccio di
numerosi lavoratori non qualificati nellarea della disoccupazione ha determinato
inediti fenomeni di concorrenzialit del lavoro autoctono rispetto al lavoro immigrato
sulle posizioni occupazionali di pi basso livello. In terzo luogo, allinterno di
specifici comparti occupazionali, si assiste altres al rafforzarsi di fenomeni di
concorrenzialit tra forze di lavoro straniere comunitarie e non comunitarie. Si tratta
di fenomeni emergenti che, sommati allinnegabile venir meno di migliaia di
posizioni occupazionali e di posti di lavoro, contribuiscono a ridefinire, nel
complesso, le forme e le modalit di incorporazione della manodopera immigrata nel
mercato del lavoro lombardo, anche ma non solo per effetto della recente crisi.
Lindagine pi recente si concentrata sul tema della conciliazione tra i tempi di vita
e di lavoro letta a partire dallesperienza delle famiglie immigrate in Lombardia [cf.
Focus 2.8: Famiglie immigrate, tempi di vita e tempi di lavoro].
Nellambito delle indagini dedicate agli approfondimenti specifici sul tema del lavoro
degli immigrati, un campo di attenzione costantemente mantenuto stato quello
dedicato allanalisi dei principali indicatori di tipo istituzionale e amministrativo che
fotografano le evoluzioni del mercato del lavoro nel nostro paese e nella regione
Lombardia in particolare.
La peculiarit dellassetto occupazionale italiano rispetto a quanto emerge a livello
medio europeo data dal peso rilevante che in esso assume la componente straniera,
e in particolare quella di origine esterna ai paesi dellUE. Si tratta di unincidenza in
ragione della quale si sottolinea come lincorporazione della componente immigrata
delle forze di lavoro sia ormai da considerare una presenza strutturale nel mercato del
lavoro nazionale.
La partecipazione al mercato del lavoro degli immigrati risulta quantomeno nel
settentrione connotata in senso maschile, su livelli ancora pi accentuati di quanto
non accada per gli autoctoni. Nel complesso, i tassi di attivit dei maschi stranieri
sono molto elevati, collocandosi su quote che nel periodo sono giunte sino a superare
la soglia del 90%. Al tempo stesso, la partecipazione femminile straniera al mercato
del lavoro si posiziona su quote inferiori ai corrispettivi tassi di attivit delle femmine
autoctone. Va dunque precisato che il paradigma che interpreta come strutturale la
presenza di manodopera immigrata nelle forze di lavoro delle regioni del Nord fa
riferimento in particolare al carattere organico che tale presenza orami ha assunto a
livello maschile. Sul piano femminile, stante un possibile persistere dei modelli
incentrati su ruoli breadwinner maschili, specie a seguito dei ricongiungimenti
familiari, possibile ipotizzare, dato il tipo di occupazioni femminili prevalenti,
anche una maggiore incidenza del sommerso occupazionale e del non dichiarato in
sede di rilevazione.
Sul piano strettamente occupazionale, possibile riscontrare una distanza pi ridotta
tra i tassi maschili degli stranieri e quelli degli italiani, un divario che si andato
assottigliando in particolare a partire dagli ultimi due trimestri della serie, mentre la
distanza tra il tasso femminile delle italiane e quello delle straniere risulta pi
accentuato. Entrambe queste tendenze suggeriscono dunque come si avr modo di
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considerare una maggiore incidenza della disoccupazione sui contingenti sia
maschile sia femminile degli stranieri.
La crisi economica e occupazionale ha avuto un impatto significativo sui livelli di
disoccupazione nel Nord Italia a eccezione del contingente femminile straniero, a
indicare che questo gruppo di popolazione immigrata vive di una dinamica a s stante
nel mercato del lavoro, caratteristica che lo differenzia da tutti gli altri gruppi e che
risulta confermata col trascorrere degli anni.
Spostandosi dallesame dellofferta di lavoro nel Nord del paese a quello dei
fabbisogni professionali, ambito rispetto al quale possibile effettuare letture
specifiche riferite al caso lombardo, occorre anzitutto osservare che per tutto lultimo
decennio lanalisi della domanda di lavoro nel nostro paese ha trovato il suo fulcro
nel Sistema informativo Excelsior, e dunque in un modello di stima previsionale
incentrato sulla rilevazione della propensione a realizzare assunzioni da parte dei
datori di lavoro delle imprese del settore privato. Si tratta di un modello che enfatizza
perci le tendenze di comportamento espresse dalla domanda di lavoro in un
momento antecedente a quello in cui si andranno effettivamente a realizzare le
assunzioni. Analizzare dunque tali tendenze significa in qualche modo rilevare le
dimensioni di sentiment espresse delle imprese, ovvero unoperazione differente da
quella che potrebbe essere compiuta a partire dalla rilevazione dei posti di lavoro
effettivamente vacanti.
Per quanto concerne la Lombardia, sono due i picchi che ha toccato, a partire dal
1999, la domanda di lavoro che coinvolge gli immigrati. Significativamente, entrambi
sono stati registrati in corrispondenza con lassunzione dei principali provvedimenti
in materia di regolarizzazione delle situazioni lavorative e di regolazione dei flussi in
ingresso del decennio, ovvero:
nel 2003, allorch la domanda di lavoro immigrato ha toccato il suo massimo
storico con quasi 47mila unit, la grande regolarizzazione;
nel 2007, con previsioni di assunzione che sono arrivate a sfiorare le 41mila unit,
in concomitanza con lampliamento delle quote di ingresso a tutte le istanze
presentate da parte dei datori di lavoro a valere sul decreto flussi dellanno
precedente.
Il fabbisogno nel decennio, nonostante il dato in calo a partire dal 2009 e la
fluttuazione che la domanda di lavoro ha in ogni caso manifestato, ha continuato a
mantenersi sostenuto, con una media che comunque si attestata su circa 30mila
unit allanno. Tenendo presente che si tratta di previsioni relative ai soli settori
dellindustria e dei servizi privati, si tratta di un dato particolarmente significativo.
Del resto, in Lombardia si sempre concentrata una quota di domanda di lavoro
immigrato mediamente superiore al 20% del totale del fabbisogno espresso in Italia,
con una quota milanese sul totale regionale che nel medesimo arco di tempo ha
oscillato tra un minimo del 40,7% nel 2007 e un massimo del 50,0% nel 2001.
Lanalisi della serie storica dei dati Excelsior ha condotto altres a rilevare quello che
forse il dato pi significativo nel periodo, e che contrasta con quanto riferito
analizzando le risultanze delle survey ORIM: il tendenziale qualificarsi del
fabbisogno di manodopera immigrata sotto il profilo delle professionalit ricercate
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dai datori di lavoro. A partire dal 2008, infatti, non pi il personale non qualificato a
costituire il gruppo professionale immigrato pi richiesto sul mercato del lavoro
lombardo, bens quello delle professioni relative alle vendite e ai servizi per le
famiglie. Lup-grading dei livelli di qualificazione della domanda di lavoro
immigrato, quantomeno sotto il profilo delle tipologie professionali ricercate, un
dato che per quanto controverso merita di essere monitorato, anche in futuro, con
particolare attenzione. Per molti aspetti esso rappresenta un indicatore del procedere
dei processi di integrazione degli immigrati a livello occupazionale ed economico. A
riprova di questo dato, sempre nellambito del Sistema informativo Excelsior, sta il
procedere dellinnalzamento delle credenziali formative formalmente richieste dai
datori di lavoro per lassunzione di manodopera immigrata. Nel corso del decennio si
ridotta in misura significativa la domanda di lavoratori in possesso della sola
licenza dellobbligo; allo stesso modo si contratto il fabbisogno di qualificati
dellistruzione professionale e tecnica di stato. invece cresciuta nel periodo la
propensione a ricercare qualificati della formazione professionale e soprattutto
diplomati, con un rimbalzo in avanti fatto registrare anche dai possessori di titoli di
laurea.
Peraltro, nel corso del tempo andata altres crescendo la richiesta da parte dei datori
di lavoro del possesso di esperienza pregressa specifica o maturata nella medesima
posizione, anche per quanto riguarda i lavoratori immigrati.
Fonti:
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Zanfrini, L., La partecipazione al mercato del lavoro, in Blangiardo, G.C. (a cura di),
Limmigrazione straniera in Lombardia. La settima indagine regionale. Rapporto
2007, ORIM, Regione Lombardia Fondazione ISMU, Milano, 2008, pp. 73-121.
Zanfrini, L., La partecipazione al mercato del lavoro, in Blangiardo, G.C. (a cura di),
Limmigrazione straniera in Lombardia. Lottava indagine regionale. Rapporto
2008, ORIM, Regione Lombardia Fondazione ISMU, Milano, 2009, pp. 71-118.
Zanfrini, L., La partecipazione al mercato del lavoro, in Blangiardo, G.C. (a cura di),
Dieci anni di immigrazione straniera in Lombardia. Rapporto 2009, ORIM, Regione
Lombardia Fondazione ISMU, Milano, 2010, pp. 69-112.
Zanfrini, L., La partecipazione al mercato del lavoro, in Blangiardo, G.C. (a cura di),
Limmigrazione straniera in Lombardia. La decima indagine regionale. Rapporto
2010, ORIM, Regione Lombardia Fondazione ISMU, Milano, 2011, pp. 83-125.
Zanfrini, L., La partecipazione al mercato del lavoro e la condizione economico-
reddituale delle famiglie, in Blangiardo, G.C. (a cura di), Limmigrazione straniera in
Lombardia. Lundicesima indagine regionale. Rapporto 2011, ORIM, Regione
Lombardia Fondazione ISMU, Milano, 2012, pp. 97-114.
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