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Omaggio a Musti

12 APRILE 2008TAGGATO DOMENICO MUSTI, LIBRI, STORIA GRECA


Domenico Musti, insigne storico dellantichit, ha scritto diversi volumi sulla
storia greca e romana; ma spesso ricordato meritatamente per il suo Storia greca.
Linee di sviluppo dallet micenea allet romana (edito da Laterza, prima edizione
nel 1989, ultima edizione ridotta nel 2008). La peculiarit di questo volume
sta nella sua pregnanza come testo critico e metodologico nei confronti della
disciplina storica, nei suoi vincoli alla storia della cultura. La filosofia,
inoltre, sempre presente nei risvolti politici, sociali ed economici degli
episodi storici narrati. Tenter in una sorta di omaggio a Musti, o al Musti di
raccogliere le parti (concentrate soprattutto nellIntroduzione e nel primo
capitolo) pi profonde e, per certi versi, meno storiche del prezioso volume,
quelle che parlano della storia stessa.

Seguir, per le indicazioni testuali (avviso che le marcature in grassetto sono


mie), ledizione della RCS Quotidiani (Milano, 2004), che ha pubblicato il volume
allinterno della collana Storia universale (volume 2: Le Grecia classica) del
Corriere della Sera. Rimanda naturalmente alledizione Laterza del 2003. Tuttavia
nutro il sospetto che le pagine non possano corrispondere. Su Sitosophia
disponibile una mia sintesi del volume allo scopo di agevolarne lo studio.

NellIntroduzione al volume, Musti afferma quanto segue.

Narrare i fatti anche mostrarne le connessioni; gi la successione degli eventi


nellesposizione corrisponde a una scelta, rispetto a quello che si ritiene essere
il senso del movimento storico. ()
Chi scrive convinto che, entro certi limiti, non sia possibile veramente
distinguere una storia politica da una storia culturale nel senso pi ampio; il
linguaggio dei fatti pu avere una sua implicit molteplicit di registri. I fatti
che si succedono al livello del registro politico sono al fondo della storia della
cultura, delle idee e delle forme mentali; essi ne parlano, se si d loro voce, se
se ne opera cio una concettualizzazione costante. ()
Che cosa legittima questa pretesa di lasciar parlare i fatti? Pur nella
consapevolezza del limite obiettivo di ogni scelta e di ogni linguaggio, una
qualche garanzia di dar vita a un linguaggio coerente e plausibile risulta dal
tentativo di vedere i Greci con gli occhi dei Greci: compiere il massimo sforzo di
applicare le loro categorie interpretative e forme mentali. E allora i rischi
appaiono gi pi limitati ().
La parabola greca rivela in ogni suo momento il nesso stretto che storicamente
sussiste fra politica e cultura. ()
Lattitudine dei Greci di fronte al possesso materiale e al denaro quella di chi
ne sente (e ne subisce anche, nel bisogno) tutto il terribile potere (). Cos, un
atteggiamento culturale di fondo costituisce il raccordo (e, per lo storico
moderno, la possibiit di rappresentazione della connessione) tra esperienza
economica d esperienza politica in Grecia. ()
Vista cos, la grecit la coscienza stessa del reale, come si espressa per la
prima volta in altissimo grado nella storia della cultura europea e di ascendenza
europea. Storicamente, questa coscienza appare specificamente applicata alla
costruzione di un tipo di societ, quella cittadina, che sembra poter costituire
lorizzonte in cui implusi e bisogni primordiali, senza rinnegarsi (perch mai cos
fu), si limitano, misurano, compongono. Larmonia greca percorsa dunque da
uninterna tensione. () Una cultura dunque in cui larmonia appare strattamente
intrecciata alla tensione; in cui gli elementi e le caratteristiche della crisi
appaiono gi contenuti, in embrione, nellesperienza che la precede e che sembra
dominata totalmente dalla nota dellarmonia: come, appunto, in ogni sviluppo
organico. () [pp. 3-8]
Tutta limpostazione teorica e di metodo fornita da Musti trova applicazione anche
nellanalisi della contemporaneit e assume caratteri ancor pi propriamente
filosofici non appena si addentra nello spirito greco per confrontarsi con esso e
tentare di descriverlo storicamente.

Ogni civilt () ha i suoi costi: lamentarne certi esiti sar pur legittimo, ma non
quel che compete allo storico (). Prospettare altre esigenze e soluzioni
storiche pu essere una forma di saggezza da far valere per il nostro mondo e la
nostra civilt, cio in tuttaltro quadro di condizioni e relazioni.
Lassoggettamento da parte di grandi potenze territoriali fu certo sentito, temuto,
deprecato e anche a lungo efficacemente ostacolato dai Greci: ma era un esito
storico possibile, intrinseco al loro stesso modo di concepire il rapporto fra le
diverse entit politiche; e questo modo era, a sua volta, strettamente collegato
con il loro sentimento dellesistenza, in cui lesperienza profonda e sofferta del
dato naturale diventava un elemento di cultura e coscienza.
Ora, in natura ci sono pi esseri, che hanno ciascuno un proprio sviluppo organico,
() in cui per il limite segnato dalla stessa ferrea legge del tempo, che () le
piega a un inesorabile declino. Il pessimismo di fondo di una tale concezione
naturalistica si intreccia indissolubilmente con un senso finale, paradossalmente
rasserenante, di equilibrio universale, che concede a ciascuno pur sempre uno
spazio temporale e di possibilit reali, entro il quale esprimersi. Chi si pone
contro questa concezione, nelle sue varie e intrecciate componenti, colpevole di
hybris, il peccato capitale, per i Greci, che la prevaricazione, il disprezzo o
il rifiuto della misura, la prepotenza, che vuole mettere in forse le eterne regole
del gioco e sfidare gli equilibri naturali, che immancabilmente si ricostituiscono.
Luso della categoria del particolarismo, dunque, non certo sbagliato, ma
permette di cogliere solo una parte della verit; se non accompagnato dalla
considerazione di quel tanto di necessit che c in una civilt storica, rischia
di sollecitare lo storico a una sorta di indebito moralismo politico. Meglio far
lo storico ad apprezzare, dellesperienza greca, la variet nellunit culturale di
fondo: che () in ogni caso corrisponde alle loro dichiarate aspirazioni. [pp. 9-
10]
Musti, al termine del suo discorso introduttivo allopera, delinea la figura della
grecit in un modo davvero degno di attenzione.

Lesperienza multilaterale e pluralistica dei Greci [] un patrimonio di ()


straordinarie dimensioni e immenso valore, per i Greci come per lumanit intera:
un patrimonio costituito, quasi guadagnato, a costo di sofferenze indicibili (a
riprova del nesso stabilito una volta per tutte dai Greci tra sapere e soffrire).
un capitale storico, politico e culturale, di grandiose proporzioni ().

Limmagine qui usata, della cultura e della stessa esperienza politica greca come
patrimonio e tradizione, non risulta soltanto dalla sua effettiva trasmissione a
societ e culture distinte e affine; non dunque solo una metafora applicatale
dallesterno; essa trae giustificazione anche dalla intrinseca capacit e
propensione della cultura greca a porsi come paradigma. ()
con questa carica paradigmatica che la cultura greca si trasmette a quelle pi
recenti, fino alla nostra. () Sta di fatto che, nella sua variet e intensit, ma
soprattutto nel grado di coscienza che essa esprime, la cultura greca si presenta
gi al suo interno come un inventario di archetipi, di paradigmi, di modelli, e
perci necessariamente trasmette la nozione stessa di archetipo, di esperienza
iniziale ed esemplare, alle et e alle culture pi tarde; essa si pone come una
specie di laboratorio storico, in cui sono state vissute fino in fondo molte
attitudini ed esperienze fondamentali delluomo. [pp. 10-12]

Nel Capitolo primo, Musti gi premette che

una storia dei Greci non pu non essere preceduta da una storia della Grecia, da
una descrizione della cultura, nel senso pi lato, dellambiente in cui essi
penetrarono. C dunque una Grecia prima dei Greci. [p. 13]
Segue una magnifica lezione di metodologia storica.
Perch dallarcheologia e dalla preistoria () si passi alla storia, occorre poter
delineare meglio il rapporto tra soggetti storici determinati e le culture o
civilit nel loro complesso, perci la presenza, lidentit, lo sviluppo di quei
soggetti, i loro conflitti, insomma tutta la catena degli eventi che risultano
dallinterazione tra soggetti e e ambiente, dallapporto di soggetti storici
individuali alle civilt e alle culture: tutte cose per le quali le maglie della
documentazione archeologica risultano troppo larghe, per consentire anche solo
unipotesi di ricostruzione storica.
E vengono portati alcuni esempi (lo sviluppo delle fortificazioni, diffusione del
meandro e della spirale nella decorazione dei vasi, i movimenti dei popoli etc.)
nei quali si possono formulare quei giudizi di carattere storico (), che
larcheologia non in grado di dimostrare e in cui evidente che i progressi
dellarcheologia sono ormai sempre pi trascrivibili in affermazioni di continuit
culturali (); o, come sarebbe pi giusto dire, questa disciplina, fondamentale
negli studi, coglie un tipo di movimento diverso da quello che oggetto della
storia che ricostruisce gli avvenimenti. Le forme culturalirivelano una loro
fluidit, vischiosit, interconnessione, una lunga durata, che ha solo in parte a
che fare con quel tipo di movimento in cui consiste la successione degli eventi
storici, quelli di cui sono protagonisti i soggetti della storia. [pp. 15-16 (cfr.
p. 45)]
Similmente far pi avanti, ma solo di sfuggita, in riferimento alla filologia:
dir che in certi casi storici viene toccato un terreno nel quale non si
conseguono risultati attraverso argomentazioni di carattere filologico [p. 56].
Fondamentale, da un punto di vista prettamente storiografico, invece lapporto di
Musti nella datazione dellalto arcaismo. Lo spiega ampiamente lo stesso storico.

In generale, per alto arcaismo si intende il periodo corrispondente, nella storia


della ceramica, allorientalizzante (antico, circa 730-630; e recente, circa 630-
580, con varianti); tardo arcaismo quello che va dal 580 circa alle guerre
persiane. Per ragioni di fatto (le realt politiche greche dellVIII-VII secolo
sembrano a noi avere lunghe radici nei secoli post-micenei, i c.d. secoli bui,
fine XI-met VIII secolo, nellaccezione pi estesa dei Dark Ages: ve ne sono di
pi ristrette, e limitate al sec. X e a parte del IX) e per ragioni di coerenza
lessicale (perch si dovrebbe adottare per tali secoli intermedi la definizione
ceramica di Protogeometrico e Geometrico rispettivamente, circa X secolo e
circa 900-730 a.C. e per le et successive una cronologica?), ci non soddisfa.
Anche la definizione di secoli bui sembra insoddisfacente perch un po
impressionistica, e destinata poi fatalmente a variare da un autore allaltro,
secondo le personali convinzioni e in omaggio alle nuove scoperte, che via via
illuminano quel buio; e quella di Medio Evo pu indurre ad anacronistiche
assimilazioni () o potrebbe (magari ingiustamente) suggerire limmagine di un
periodo di semplice regresso, per unepoca che invece si rivela alla fine
costruttiva, e preparatoria del periodo arcaico nella sua pi piena espressione.
Noi proporremo perci una definizione di alto arcaismo per il periodo che va
dalla fine delXI secolo al 730 circa; di medio arcaismo per quel periodo (730-
580 circa), che oggi convenzionalmente indicato come alto arcaismo; e di tardo
arcaismo, comunque, nellaccezione corrente (fondamentalmente, il VI e gli inizi
del V). [pp. 49-50]
Suggestivo, a mio avviso, il modo in cui Musti tratta i miti. Certo, da ottimo
storico non pu che considerarli fonti primigenie del mondo che segu la
protostoria; tuttavia possibile avvertire una reverenziale ammirazione per quelle
forme culturali umane che dal mito traevano i loro schemi vitali, le loro origini,
le loro tradizioni in questo caso i Greci. Ad esempio, parlando del ghnos la
stirpe antica del soggetto greco (le grandi famiglie o consorterie nobiliari), il
suo manto tradizionale, il suo immaginifico corredo genetico direi in un senso
ampio e riferito alle diverse realt greche, Musti afferma che il mondo miceneo
era l come un arsenale di miti, a disposizione di chi volesse servirsene [p. 58].
Come detto, negli altri capitoli questo tipo di rilievi pi difficile da trovare.
Tuttavia non mancano altri pregi da scoprire. Del Capitolo secondo interessante
rilevare, a parte unappendice su Esiodo (anche in rapporto alla nozione di tempo)
[p. 135], come Musti desideri dare una rilevanza metodologica alle cose sulle
parole. Seppure sia possibile essere in disaccordo con questo assunto in alcuni
ambiti come il mio caso probabile che in un ambito di ricerca storica esso
possa avere i suoi frutti. Lo riporto tuttavia per completezza: premesso che una
tradizione di scuola vuole che si cominci dai nomi (come non seguirla?, non
posso trattenermi dal domandare), Musti ampiamente d prova di attribuire rispetto
a codesta scuola applicandone il precetto su termini e fenomeni come tyrannos
(signore) e mnarchos (chi governa da solo); premesso ci , dunque, conclude
poi che sarebbe comunque davvero rischioso proporre lindagine sulla parola
tyrannos (o tyranns) a quella sulle cose: il buon ordine logico e storico sempre
quello che fa precedere, o almeno prevalere, le cose rispetto alle parole [pp. 99-
100]. Il buon ordine logico, appunto.
Spostiamoci al Capitolo quinto, solo per apprezzare il livello a cui Musti cerca di
descrivere le realt storiche. Prendo ad esempio un confronto tra Sparta e Atene,
descritto come segue.

Sparta [intorno alla fine delle guerre persiane] la citt che psicologicamente si
configura come il mondo della conservazione, dellavversione al nuovo, del timore
di ci che diverso, distante, in movimento; Atene la citt del coraggio,
dellaudacia, delliniziativa, dellintraprendenza che sconfina nel gusto del
rischio, dellavventura, del nuovo e del grande, spesso del troppo grande. [pp.
217-218]

Nello stesso capitolo compare unimportante critica al metodo storiografico


adottato nei manuali, sullespressione prima guerra del Peloponneso. Musti,
preferendo dire la guerra portata dai Peloponnesiaci contro Atene, afferma che
essa impropria e fuorviante per il semplice fatto che

parlare di una prima guerra del Peloponneso, per una serie di conflitti tra Atene e
Sparta (459-446), che per la massima parte ebbero come teatro il Peloponneso,
significa dunque pregiudicare e in senso improprio il significato autentico
dellespressione Peloponnesiaks plemos. Questultima definzione, per la guerra
scoppiata nel 431 a.C., largamente diffusa nei testi antichi, che trae per la sua
origine dallimpostazione stessa di Tucidide: infatti, a parte il complesso
problema delle responsabilit ultime, per Tucidide non sussiste dubbio sul fatto
che, ad aprire le ostilit nellimmediato, fu appunto la Lega peloponnesiaca,
capeggiata da Sparta. La guerra del Peloponneso insomma per lui una guerra che
viene portata dal Peloponneso contro lAttica. [p. 240]
Tucidide, insieme ad Aristotele (il cui pensiero viene spesso contrapposto a e
fatto dialogare con quello tucidideo), credo sia una delle fonti pi citate e
usate come criterio risolutivo in questo imponente manuale storico-metodologico
di Musti.
Attraversa diversi momenti della storia dei Greci il concetto di democrazia. Musti
non perde occasione, nei vari momenti, di soffermarsi sugli aspetti culturali e
definitori della questione. Un esempio su tutti, la distinzione che viene fatta
con accortezza e senza badare al numero delle pagine (per la fortuna del lettore
che vuole capire davvero qualcosa di storia greca, quindi di storia) di eleuthera
e demokrata. Dove il secondo termine segnala un rapporto interstatale che nel
primo non si d, essendo pi un termine costituzionale [pp. 544 (per Pericle e il
suo concetto di democrazia, cfr. pp. 230 e segg.; mentre per il rapporto tra
democrazia e libert, cfr. pp. 350-351)].
Elemento centrale dellintero volume per chi fosse interessato ad un
approfondimento filosofico della storia greca il caso Socrate. Su questa
emblematica figura Musti si sofferma ampiamente nelle pagine centrali dellopera.
Sarebbe per me soddisfacentedavvero riportare tutto quello che vienescritto dallo
storico in proposito. Tuttavia, limitandomi ad esortarne la lettura, per brevit
riassumo e riporto solo degli stralci di testo.

La singolare vicenda delluomo condannato a morte dalla citt che egli rispetta pi
di ogni altro, merita risposta solo dopo lesame del rapporto Socrate-citt; la
posizione distaccata del filosofo di fronte alla morte lesito ultimo dun
rapporto complesso. [p. 327]
Difatti Musti parla di portata e limiti della separatezza dellintellettuale,
dicendo che la filosofia di Socrate avvicina sebbene con sofismi degni di
intellettuali molto separati e distanti dal comune cittadino lintellettuale
alla citt. Con Socrate

ora si resa autonoma la funzione intellettuale, che comincia a rappresentare un


momento distinto nella vita dellindividuo. E qui prevale il privato; ()
limportanza delleducazione dei giovani, e la evoca a s e a quelli come lui, come
uno spazio di mediazione tra lindividuo, il privato e la plis. ()
lintellettuale in un rapporto privato con la citt. [p. 329]
A questo punto la domanda di Musti diventa la seguente: perch Socrate venne
condannato soltanto nel 399 e non gi nel 403 quando era stata restaurata la
democrazia? Vengono offerte diverse risposte al problema e lo storico le espone
schematicamente, per poi dare la sua interpretazione a mio avviso esemplare.

Taylor si posto il problema, e lo risolve, supponendo () che la rivoluzione e la


controrivoluzione (404/403) avessero portato il caos nel lavoro ordinario dei
tribunali: tutto il corpo delle leggi attiche dovette essere sottoposto a
revisione, e codificato, ad opera dei 500 nomothtai, che conclusero i lavori solo
nellanno 401 (). Ecco perch il procedimento contro Socrate non pot essere
avviato nel 403; () linterpretazione pi soddisfacente, ma che va resa un po pi
esplicita, quella di De Sanctis: lintegrale unit della plis, che si voleva
ricostruire al prezzo della rinuncia alle vendette, sarebbe stata frantumata dal
lgos di Socrate e dal suo dimon; in sostanza, la riconquistata unit esigeva che
si eliminassero gli autori di azioni dissolvitrici, come Socrate. () Mi pare
comunque da escludere () la posizione di Finley, per il quale () Anito, Meleto e
Licone si sarebbero coalizzati contro il filosofo per ragioni personali, su cui
possiamo fare soltanto congetture. () Sociologicamente legato allesperienza della
cultura democratica e urbana, certamente Socrate non rappresenta lala democratica;
() era convinto che si dovesse riformare il sistema elettorale ateniese () nel
senso della scelta non con il sorteggio, ma con un voto di designazione che
premiasse le competenze reali nel campo politico. Egli vuole trasformare (e proprio
in questo la genesi del suo tendenziale distacco dalla democrazia) la politica in
una tchne, cio in unattivit di competenti. ()
Le accuse a Socrate furono fondamentalmente due nella formluazione definitiva ().
La prima era () il non onorare gli di (); laltra accusa quella di avere
guastato i giovani. () [A]ppare comunque evidente il peso che ebbe il richiamo
alle responsabilit di Socrate come maestro di Crizia e Alcibiade. ()
Socrate, in realt, mette sotto accusa il concetto stesso di tradizione, pi
esplicitamente sul terreno della insegnabilit della virt politica (). Nel Menone
Socrate ammette che ciascuno dei grandi del passato (Temistocle, Aristide e Pericle
in primo luogo, e poi anche Tucidide di Melesia) siano degli agatho; ma nega che i
figli ne abbiano ereditato la virt politica. ()
Anito e Meleto possono rappresentare due linee politiche convergenti contro
Socrate. Luno lesule democratico, anche se fra i democratici un
tradizionalista (); laltro () rappresenterebbe, se non il gruppo oligarchico
estremo dei Trenta, un gruppo che con i Trenta ha cooperato in certa misura. () I
nostri mali sono stati uomini come Crizia, pu dire la parte oligarchica, che
Meleto rappresenta da posizioni moderate; e Alcibiade stato la rovina, per la
parte democratica che Anito rappresenta. Va eliminato Socrate che stato maestro
di entrambi: () si condanna luomo che potrebbe continuare a produrre uomini come
Crizia e Alcibiade; Anito e Meleto rappresentano la gente di mezzo (); Socrate
diventa la vittima designata, la sua morte il suggello della nuova concordia
(homnoia). [pp. 340-344; ladozione della procedura del sorteggio (in luogo
proprio dellelezione per designazione) degli arconti era avvenuta nel 487/486,
circa ottantanni prima (cfr. p. 189)]
Hans Georg Gadamer ha espresso delle riflessioni sulla figura di Socrate,
condannato da Atene. Le conclusioni cui giunge sono diverse da quelle di Musti.
Platone, degno seguace di Socrate, amava Sparta ma abitava ad Atene. Probabilmente
volle fondere le due citt rifondandone una in Sicilia: Siracusa. Impossibile.
Terra di desideri, la Sicilia rappresentava per i Greci della madrepatria
leldorado delle possibilit, ampio spazio per costruire sogni. Ancora oggi questa
terra pi un possibile che un reale.
Non un caso, tornando a Musti e alla sua pregevole opera, che la fine della
storia dei Greci (e dellEllenismo) venga sancita dalla chiusura (ad opera di
Giustiniano, nel 529 d.C.) di quella scuola filosofica fondata da quel sognatore.
Viene giustamente detto su Giovanni Filopono che quando la scuola di Atene
scomparir, chiusa nel 529 da Giustiniano perch non cristiana, la scuola di
Alessandria assumer il ruolo guida per il passaggo della cultura dallantichit al
Medioevo, grazie alla svolta avviata da Ammonio e proseguita da Filopono, per cui
sar lanello di trasmissione, dopo linvasione musulmana, dellaristotelismo alla
cultura araba, dalla quale sar nuovamente re-introdotto in Occidente nel secolo
XIII [sui tentativi di Platone in Sicilia, cfr. pp. 406-408].

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