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La caratterizzazione geotecnica per la progettazione in

zona sismica

S. Foti
Dip. di Ingegneria Strutturale e Geotecnica, Politecnico di Torino, Italy

1 Introduzione
La caratterizzazione geotecnica rappresenta un elemento chiave per lo studio della risposta
sismica locale e per la valutazione del rischio associato a fenomeni di instabilit indotti dal sisma.
La presente relazione tratta in particolare gli aspetti relativi alla costruzione di un modello
geotecnico di riferimento per lo studio della risposta sismica. Tale studio viene esplicitamente
richiesto nelle recenti normative nazionali ed internazionali per la valutazione dellazione sismica di
riferimento da utilizzare per la progettazione e verifica di sistemi geotecnici e strutturali. Non viene
invece trattato il problema della liquefazione ciclica; lonere per il prelievo di campioni indisturbati
nei terreni a grana grossa, interessati dal fenomeno, limita infatti, notevolmente, lutilizzo di prove
di laboratorio. Ci restringe, di fatto, le verifiche a liquefazione allapplicazione di procedure basate
su correlazioni empiriche con i risultati di prove in sito ampiamente consolidate nella pratica
ingegneristica quali le prove penetrometriche dinamiche (SPT) o statiche (CPT) (Youd et al.,
2001).
La risposta sismica locale pu essere definita come linsieme di modifiche del moto sismico indotte
dalla conformazione topografica e litostratigrafica del sito (si veda la relazione di Lai e Paolucci in
questo stesso volume). In particolare, nel seguito, si far riferimento principalmente al fenomeno
dellamplificazione stratigrafica, legata alle propriet meccaniche dei depositi di terreno superficiali.
Nello studio della risposta sismica locale si considera usualmente la propagazione delle onde di
taglio. Infatti, tenuto conto dei fenomeni di rifrazione delle onde sismiche e del decremento di
impedenza che caratterizza la successione dei materiali della crosta terrestre avvicinandosi alla
superficie, le componenti orizzontali di moto associate alla scossa sismica (che inducono le azioni
pi severe sulle costruzioni e sui sistemi geotecnici) sono principalmente dovute ad onde di taglio
che si propagano in direzione verticale (Kramer, 1996).
La costruzione del modello geotecnico richiede innanzitutto la scelta di un quadro di riferimento per
la modellazione del comportamento meccanico del terreno. La risposta meccanica dei terreni ai
carichi ciclici alquanto complessa e caratterizzata da marcata non-linearit, accumulo di
deformazioni permanenti, dissipazione di energia e decadimento progressivo dei parametri
meccanici per effetto del numero dei cicli di carico applicati. In presenza di fluido interstiziale, alle
suddette problematiche, si aggiunge laccumulo di sovrappressioni interstiziali, qualora i terreni
vengano a trovarsi in condizioni di drenaggio impedito o parziale, che sono le pi frequenti in
considerazione della velocit di applicazione del carico. La modellazione accurata di tali fenomeni
richiede lutilizzo di legami costitutivi complessi, che, oltretutto, difficilmente riescono a riprodurre
simultaneamente tutte le specificit del comportamento dei terreni. Per tale ragione spesso si
preferisce fare riferimento a modelli costitutivi semplificati, i quali, pur non essendo rigorosi,
riescono a riprodurre in modo adeguato la risposta del terreno in riferimento a specifiche
applicazioni.
Per quanto riguarda la risposta sismica dei depositi di terreno, lapproccio visco-elastico lineare
equivalente rappresenta un valido compromesso tra semplificazione delle analisi ed accuratezza
dei risultati. Tale approccio fa sostanzialmente riferimento alle soluzioni visco-elastiche lineari per
la propagazione delle onde sismiche, che possono essere facilmente implementate in un codice
numerico, adeguando in modo iterativo i parametri costitutivi in funzione del livello deformativo
indotto dal moto sismico nel terreno (Schnabel, 1972).
In tale contesto le necessit di caratterizzazione si concretizzano sostanzialmente in:
geometria della stratificazione e posizione del tetto del substrato roccioso;
modulo di taglio e rapporto di smorzamento a piccole deformazioni;
curve di decadimento del modulo di taglio e del rapporto di smorzamento al variare del
livello deformativo.
Le stesse informazioni possono inoltre essere utilizzate per analisi non lineari di tipo incrementale
con modelli costitutivi semplificati (e.g. codice NERA; Bardet e Tobita, 2001).
Verranno quindi presentate le prove in sito e di laboratorio comunemente utilizzate per la
valutazione dei parametri geotecnici, cercando di mettere principalmente in evidenza potenzialit e
limitazioni, mentre verranno tralasciati i dettagli tecnici relativi allesecuzione ed allinterpretazione
delle prove stesse.
Particolare attenzione viene dedicata alle prove geofisiche sismiche di tipo non invasivo, dato il
loro crescente utilizzo negli studi di risposta sismica locale. Tali prove presentano un buon
rapporto costi benefici, soprattutto in relazione alla valutazione della velocit di propagazione
media VS,30 utilizzata nelle moderne normative sismiche per classificare i depositi. Tali categorie
sismiche di suolo vengono poi utilizzate per una valutazione approssimata degli effetti di sito nei
casi in cui non venga condotto uno specifico studio di dettaglio della risposta sismica locale (NTC,
2008).
Il capitolo si chiude con la presentazione di due casi di studio che mettono a confronto i risultati di
diverse prove in sito e di laboratorio e mostrano lintegrazione di diverse prove geofisiche per la
definizione del modello geotecnico di riferimento per lo studio della risposta sismica locale.

2 Comportamento meccanico del terreno


Il comportamento sforzi-deformazioni marcatamente non lineare dei terreni pu essere
convenientemente descritto introducendo moduli elastici equivalenti secanti o tangenti variabili in
funzione del livello deformativo. La variazione del modulo secante (o tangente) in funzione della
deformazione viene usualmente indicata come curva di decadimento o degradazione del modulo.
Spesso tali curve vengono riportate con una normalizzazione del modulo secante rispetto al valore
del modulo tangente a piccolissime deformazioni G0, che rappresenta anche il valore massimo del
modulo di taglio (Figura 1).

Gsec

G0

G0 1.0

Gsec
G0
Gsec

(a) c (b) c

Figura 1. Definizione a) del modulo tangente iniziale (Modulo a piccole deformazioni G0) e del
modulo secante b) della curva di decadimento del modulo di taglio
G0
1
a
1 W
D=
4 W

Figura 2. Definizione del rapporto di smorzamento

La descrizione del comportamento meccanico dei terreni nei confronti dei carichi ciclici, non pu
peraltro prescindere dalla dissipazione intrinseca di energia che si verifica durante i cicli di carico-
scarico. Il parametro di riferimento a tal riguardo costituito dal rapporto di smorzamento D
definito sulla base del rapporto tra la dissipazione di energia nel singolo ciclo di carico W e
lenergia di deformazione massima accumulata W (Figura 2):
1 W (1)
D=
4 W
Anche il rapporto di smorzamento dipendente dal livello deformativo, in quanto possibile
osservare sperimentalmente un allargamento dei cicli di isteresi al crescere della deformazione di
picco del carico ciclico.

1.20
1.00 (a)

0.80 PI=
10
0
0.60 ' = 100kPa 50
G/G0

N = 10 cicli 30
0.40
f = 1 Hz 15
0.20 OCR = 1 0

0.00

25

20 0
Pl=
15
15
30
D (%)

10 50
0
10
5
(b)
0
-6 -5 -4 -3 -2
10 10 10 10 10
Deformazione ciclica a taglio, c

Figura 3. Dipendenza delle curve di decadimento del modulo di taglio e del rapporto di
smorzamento dallindice di plasticit (Darendeli, 2001).
1.20
1.00 (a)

0.80
0 ' =1600 kPa
0.60 PI = 0% 400
G/G0
N = 10 cicli
0.40 100
f = 1 Hz
25
0.20 OCR = 1

0.00

25

20
25
15
100
D (%)

10 400
0 ' =1600 kPa
5
(b)
0
-6 -5 -4 -3 -2
10 10 10 10 10
Deformazione ciclica a taglio, c

Figura 4. Dipendenza delle curve di decadimento del modulo di taglio e del rapporto di
smorzamento dalla tensione di confinamento per terreni non plastici (Darendeli, 2001)

E possibile osservare sperimentalmente come le curve di decadimento dipendano dai parametri di


stato e dalle propriet fisiche del terreno, oltre che dalle caratteristiche del carico ciclico applicato.
In particolare tale dipendenza risulta marcata in relazione alle variazioni di indice di plasticit
(Figura 3) e di stato tensionale (Figura 4). Il grado di sovraconsolidazione, la frequenza del carico
ed il numero di cicli influenzano in modo meno significativo le curve di degradazione.
E possibile osservare nelle curve di degradazione, lesistenza di un intervallo a piccole
deformazioni in cui il modulo elastico secante rimane praticamente costante, permettendo in
termini ingegneristici la definizione di una soglia di linearit al di sotto della quale il comportamento
meccanico del terreno non si discosta significativamente da quello di un mezzo visco-elastico
lineare (Vucetic, 1994). In tale intervallo di deformazioni la dissipazione di energia nei cicli di
isteresi tipicamente molto contenuta, con valori del rapporto di smorzamento che raramente
superano l1%. La soglia di linearit ciclica si incrementa al crescere della tensione di
confinamento (Figura 4) e dellindice di plasticit del terreno (Figura 3).

Altro aspetto rilevante per quanto riguarda il comportamento meccanico dei terreni sottoposti a
carichi ciclici costituito dallaccumulo di sovrappressioni interstiziali, che tende a manifestarsi per
livelli deformativi elevati. Conseguenza estrema di tale fenomeno rappresentata dalla
liquefazione ciclica, che si verifica allorquando tali sovrappressioni portano allannullamento delle
tensioni efficaci. La soglia volumetrica ciclica di deformazione a taglio (Vucetic, 1994) definita in
relazione allinsorgere della tendenza del materiale a manifestare variazioni di volume, in
condizioni drenate, per effetto di marcate deformazioni plastiche. Al di sotto di tale soglia (circa
-4
pari a 10 ) il carico ciclico non induce incrementi di pressione interstiziale, in condizioni non-
drenate, indipendentemente dal grado di addensamento del materiale.

3 Prove in laboratorio
La determinazione sperimentale delle curve di decadimento viene effettuata in laboratorio
utilizzando specifiche apparecchiature per lapplicazione di carichi ciclici. Le prove pi diffuse sono
la prova di taglio torsionale ciclico, la prova di colonna risonante e la prova triassiale ciclica. La
sperimentazione in laboratorio, garantendo il controllo sulle condizioni tensionali, di drenaggio e
deformative del campione, consente la valutazione accurata del comportamento sforzo-
deformazioni e pertanto la definizione della curva di degradazione. La prova di taglio torsionale
ciclico e quella di colonna risonante hanno in comune le modalit di applicazione della
sollecitazione esterna e possono spesso essere eseguite utilizzando la medesima apparecchiatura
di prova, opportunamente configurata.
La prova di colonna risonante si basa sullapplicazione del concetto di risonanza ad un campione
cilindrico soggetto ad eccitazione torsionale. Nella modalit di prova pi diffusa, sollecitazioni
cicliche di ampiezza costante e frequenza variabile vengono applicate in corrispondenza della
base superiore di un campione incastrato alla base inferiore. Monitorando le rotazioni indotte si
individua la frequenza di risonanza, dalla quale possibile risalire, attraverso un procedimento
matematico di inversione, al modulo di taglio del campione. Inoltre, dalla forma della risposta in
frequenza (half-power bandwidth method) o dal decadimento temporale delle vibrazioni libere
(free-decay method) possibile risalire al rapporto di smorzamento. In particolare il primo dei due
metodi basato sulla teoria della visco-elasticit lineare e pertanto accurato solo nellintervallo
delle piccole deformazioni. Per livello deformativi maggiori, la non-linearit di comportamento
rende necessaria ladozione del metodo delle vibrazioni libere, per quanto questo sia
maggiormente sensibile al rumore di fondo. Variando lampiezza della sollecitazione e quindi la
deformazione media indotta sul campione possibile ricostruire le curve di degradazione del
modulo e del rapporto di smorzamento.
Nella prova di taglio torsionale ciclico, utilizzando un sistema di sollecitazione analogo a quello
della prova di colonna risonante, il modulo di taglio secante ed il rapporto di smorzamento
vengono determinati direttamente sulla base della curva sforzi-deformazioni ciclica. Anche in
questo caso variando la massima sollecitazione applicata nei cicli possibile valutare il modulo di
taglio ed il rapporto di smorzamento per diversi livelli deformativi.
La prova triassiale ciclica viene eseguita in una cella in cui la pressione di confinamento
mantenuta costante mentre la forza assiale e quindi lo sforzo deviatorico vengono variati in modo
ciclico, mantenendo comunque lo stato tensionale allinterno della superficie di rottura. La prova
triassiale ciclica permette una valutazione del modulo di Young e della relativa curva di
decadimento nonch del corrispondente rapporto di smorzamento. Il confronto con i risultati delle
prove di colonna torsionale e taglio torsionale ciclico non immediato in quanto presuppone
lassunzione di un valore del coefficiente di Poisson nonch della sua costanza al variare del livello
deformativo. Spingendo a rottura la prova triassiale in modalit statica peraltro possibile
ricostruire la curva di decadimento del modulo per alti valori di deformazione, per quanto in questo
caso risulti difficoltoso ottenere i valori corrispondenti alle piccole deformazioni e non sia possibile
stimare il rapporto di smorzamento.

4 Disturbo dei campioni


Lutilizzo di prove sperimentali di laboratorio per la determinazione dei parametri di comportamento
meccanico in realt limitato dalle difficolt connesse al campionamento indisturbato, soprattutto
per i materiali a grana grossa. In Figura 5 riportato, a titolo di esempio, il confronto tra risultati
ottenuti su un campione indisturbato di ghiaia, prelevato con la tecnica del congelamento, e quelli
su un campione ricostituito dello stesso materiale. possibile osservare come la perdita
delloriginaria struttura del campione comporti marcate differenze soprattutto in termini di modulo di
taglio secante, mentre, le stesse appaiono modeste in riferimento ai valori normalizzati rispetto al
modulo di taglio a piccole deformazioni. Anche le differenze in termini di rapporto di smorzamento
non sono particolarmente significative.
La differenza tra campioni indisturbati e campioni ricostituiti maggiore per depositi antichi che
presentano una struttura pi compatta e legami diagenetici pi forti, come confermato dal
confronto tra ghiaie oloceniche e pleistoceniche riportato in Figura 6.
400
320 Ghiaia di Tokyo
indisturbato
240
G (MPa)
ricostituito

160
80 c' = 300 kPa

0
1.0
0.8
G/G0

0.6
0.4
0.2
0.0
30
20
D (%)

10
0
-6 -5 -4 -3 -2 -1
10 10 10 10 10 10
Deformazione ciclica a taglio, c
Figura 5. Influenza del disturbo da campionamento sulle curve di decadimento per le Ghiaie di
Tokyo (Hatanata e Uchida, 1995)

200
180 Ghiaia dell' Olocene
160 indisturbato
ricostituito
140
Ghiaia del Pleistocene
120
G (MPa)

indisturbato
100 ricostituito
80
60
40
20
0
10 -6 10 -5 10 -4 10 -3 10 -2
Deformazione ciclica a taglio, c

Figura 6. Influenza del campionamento sulle curve di decadimento del modulo per depositi ghiaiosi
aventi differente et geologica (Goto et al., 1994)
Anche nei terreni a grana fine il modulo di taglio a piccole deformazioni risulta fortemente
influenzato dalle problematiche legate al campionamento ed al riconsolidamento. Ad esempio, i
dati riportati da Stokoe e Santamarina (2000) in relazione a studi comparativi tra determinazioni in
sito e di laboratorio mostrano marcate differenze, soprattutto per i materiali meno consistenti
(Figura 7), a conferma dellinfluenza della struttura sul modulo elastico a piccole deformazioni. Nel
caso di terreni relativamente rigidi, i processi di campionamento inducono un disturbo ed una
alterazione della struttura che comporta una sottostima in laboratorio; nel caso dei terreni molto
deformabili i processi di riconsolidazione del campione al livello tensionale del sito inducono di
contro la sovrastima del modulo di taglio in laboratorio. Discorso a parte merita il caso delle
formazioni litoidi nelle quali il campione di laboratorio, per via delle sue modeste dimensioni,
scarsamente rappresentativo se confrontato alle propriet dellammasso roccioso rilevate con le
prove in sito.
Alla luce di queste evidenze sperimentali, la strategia ottimale per la caratterizzazione consiste
nella determinazione in sito del modulo di rigidezza a piccole deformazioni (G0) mediante lutilizzo
di prove geofisiche basate sulla propagazione di onde sismiche che presentano il vantaggio di
perturbare il materiale nel suo stato naturale. A questa determinazione va successivamente
associata la curva di decadimento del modulo, normalizzata rispetto al valore di G0, determinata in
laboratorio. Ovviamente lassunzione implicita che il decadimento del modulo normalizzato non
sia sostanzialmente influenzato dalle problematiche relative al campionamento ed alla
rappresentativit del campione. Per quanto riguarda il fattore di smorzamento, le difficolt di
separazione tra attenuazione geometrica ed intrinseca nellinterpretazione dei dati sperimentali da
prove in sito, rendono difficoltosa ladozione di un approccio analogo, pertanto i valori del rapporto
di smorzamento vengono per lo pi stimati sulla base delle prove in laboratorio, anche
nellintervallo delle piccolissime deformazioni.
Nelle situazioni in cui non sia comunque possibile eseguire prove di laboratorio su campioni
disturbati o indisturbati, si fa tipicamente riferimento a curve di decadimento caratteristiche in
funzione del tipo di materiale e delle sue condizioni di stato (Seed et al., 1986; Vucetic e Dobry,
1991). Inoltre sono state proposte diverse leggi di decadimento che sono in grado di riprodurre con
sufficiente accuratezza i dati sperimentali. Gli esempi riportati in Figura 3 ed in Figura 4 sono
relativi alla formula iperbolica modificata proposta da Darendeli (2001).

G 0,lab / G 0, sito

0.10 0.25 0.50 0.80 1.00 1.50 2.00


0

150
valori progetto
ROSRINE
300
XX X
X X X
campioni
(m/s)

450
ricostituiti
da sabbie campioni indisturbati
S, sito

600 cementate di sabbie cementate


V

750

900 valori usuali per


campioni di roccia
1050
0.0 0.5 1.0 1.5
V /V
S,lab S,sito

Figura 7. Relazione sperimentale tra determinazioni in sito ed in laboratorio di G0 (modificata da


Stokoe e Santamarina, 2000)
5 Prove Geofisiche
Le prove geofisiche in sito basate sulla propagazione di onde sismiche consentono la stima dei
moduli elastici a piccolissime deformazioni (moduli tangenti iniziali) in quanto le sorgenti utilizzate
per la generazione delle onde rilasciano modeste quantit di energia, che al pi possono causare
localizzati fenomeni di plasticizzazione nellintorno del punto di applicazione. In ragione di ci
lutilizzo delle prove geofisiche nella caratterizzazione geotecnico-sismica dei siti di costruzione
finalizzato principalmente alla determinazione del modulo di taglio G0 ed alla ricostruzione della
geometria di stratificazione dei depositi (Lai et al., 2000). Per quanto riguarda questultima, uno
degli aspetti pi rilevanti in relazione agli studi di risposta sismica locale costituito dalla
definizione della posizione del tetto del substrato roccioso, che pu essere convenientemente
effettuata con diversi metodi geofisici.
Dal punto di vista della caratterizzazione delle propriet meccaniche dei materiali, rivestono
particolare importanza le prove geofisiche finalizzate alla determinazione della velocit di
propagazione delle onde di taglio, mentre quelle basate sulla velocit di propagazione delle onde
di compressione rivestono minore rilevanza in quanto, alla luce della natura particellare e multifase
dei terreni e della teoria della propagazione delle onde sismiche in mezzi porosi saturi, essa risulta
fortemente influenzata dalla compressibilit del fluido interstiziale e pertanto non costituisce un
valido indicatore delle propriet elastiche dello scheletro solido.
La velocit di propagazione delle onde di taglio VS legata al modulo di taglio a piccole
deformazioni G0 tramite la classica formula della teoria della propagazione delle onde in un mezzo
elastico lineare:
G0 = VS2 (2)
in cui la massa volumica del materiale.
La velocit delle onde di taglio pu anche essere stimata utilizzando le correlazioni empiriche
proposte in letteratura, ad esempio quelle relative alle prove penetrometriche dinamiche SPT
(Otha e Goto, 1978) o alle prove penetrometriche statiche CPT (Rix e Stokoe, 1991; Mayne e Rix,
1993). A tale riguardo si osserva comunque che, considerando le incertezze tipicamente associate
alle correlazioni empiriche e la dipendenza delle stesse dai dati sperimentali a partire dai quali
sono state ottenute, appare certamente preferibile fare riferimento alle prove geofisiche che
consentono una valutazione diretta e pi affidabile.
Le prove geofisiche di tipo sismico si differenziano principalmente in relazione al posizionamento
di sorgenti e ricevitori, distinguendo tra prove invasive e prove non invasive. Nelle prove invasive
sorgenti e/o ricevitori sono posizionati nel sottosuolo, utilizzando fori di sondaggi o batterie di aste
opportunamente infisse nel terreno. Nelle prove non invasive invece sorgenti e ricevitori sono
posizionati esclusivamente sul piano campagna. La configurazione di prova prevede tipicamente la
disposizione di un certo di numero di ricevitori allineati rispetto alla posizione della sorgente.

5.1 Prove Cross-Hole (CHT)


Le prove cross-hole (CHT) (Stokoe e Woods, 1972) sono basate su misure dirette dei tempi di
percorrenza di onde di volume lungo percorsi orizzontali utilizzando sorgenti e ricevitori posti alla
stessa profondit allinterno del terreno (Figura 8a) e pertanto consentono grande accuratezza e
bassi margini di incertezza. Spostando la sorgente ed i ricevitori a diverse profondit possibile
ottenere un dettagliato profilo monodimensionale di velocit delle onde S e P. Il grado di dettaglio
relativo molto elevato e la risoluzione raggiungibile con questo metodo non pu essere raggiunta
con altri metodi, soprattutto in relazione alla caratterizzazione di strati sottili. Tuttavia necessario
tenere presente che la prova cross-hole presuppone una geometria del deposito a strati piani e
paralleli, condizione non sempre verificata.
La modalit di esecuzione consigliata prevede 3 fori: nel primo viene collocata la sorgente che
genera la perturbazione mentre negli altri due vengono collocati i ricevitori (Figura 8a). In questa
configurazione la velocit pu essere determinata sulla base della differenza tra gli arrivi in
corrispondenza del secondo e terzo foro (Figura 10), evitando la necessit del sistema di
sincronizzazione (trigger) che segnala listante di attivazione della sorgente e rappresenta una
delle principali fonti di errore nellinterpretazione della prova eseguita con due soli fori (Figura 9).
Per contro la necessit di realizzare tre fori attrezzati fa notevolmente crescere i costi della prova
soprattutto perch i fori devono essere rivestiti e cementati ed inoltre necessario effettuare
misure inclinometriche per avere una stima accurata della distanza tra sorgenti e ricevitori alle
diverse profondit. La cementazione dellintercapedine tra foro e rivestimento costituisce un altro
elemento critico (particolarmente negli strati pi superficiali) e pu essere verificata mediante
lesecuzione di misure soniche (diagrafie). Tipicamente linterasse tra i fori variabile tra i 2 e i 5
m, tuttavia nella scelta della distanza tra i fori importante tenere conto del rischio che si
verifichino fenomeni di rifrazione critica allinterfaccia di separazione tra gli strati, che possono
portare ad una stima erronea dei tempi di percorrenza con conseguente sovrastima delle velocit
di propagazione e quindi dei corrispondenti moduli elastici.
Un aspetto critico della prova CHT, comune anche ad altri metodi sismici invasivi, rappresentato
dallaccoppiamento meccanico tra ricevitori e pareti dei fori di sondaggio, che pu essere garantito
con diversi dispositivi meccanici, pneumatici o idraulici. Per quel che concerne la sorgente, essa
deve essere ripetibile e in grado di generare impulsi che, a seconda del tipo di misurazione, siano
ricchi in onde P oppure in onde S. Tipiche sorgenti sono sistemi di eccitazione di tipo meccanico,
elettromeccanico, pneumatico, e piezoelettrico. Occasionalmente, sono anche usate sorgenti
esplosive, le quali tuttavia non consentono di invertire la polarit del segnale, tecnica questultima
che facilita lidentificazione dellistante di arrivo delle onde S (Figura 9 e Figura 10).
In generale, lidentificazione degli istanti di arrivo delle onde S e P viene fatta manualmente
mediante ispezione visiva dei segnali sismici registrati, anche se talvolta sono utilizzate tecniche
pi raffinate basate su strumenti dellanalisi dei segnali come la cross-correlazione o correlazione
mutua. Gli esempi riportati in Figura 9 e Figura 10 rappresentano segnali di ottima qualit in cui
lindividuazione dei tempi di primo arrivo delle diverse componenti donda non presenta grossi
margini di errore. In presenza di rapporti segnali/rumore pi bassi linterpretazione pu divenire
ambigua, pertanto in termini di controllo di qualit sempre opportuno verificare visivamente i dati
grezzi rappresentati dalle tracce sismiche per valutare lattendibilit del risultato. Questo principio
pu applicarsi a tutti i metodi che si basano sullindividuazione dei tempi di primo arrivo e quindi
oltre che alle prove cross-hole anche alle prove down-hole (paragrafo 5.2) ed alle prove di sismica
a rifrazione (paragrafo 5.3).

Sorgente onde P
o onde S
Acquisitore Acquisitore

Sorgente
onde P o Geofoni
onde S 3D
Geofono
3D

Figura 8. Schemi di acquisizione per prove a) Cross-Hole e b) Down-Hole


trigger

Sorgente alto
Sorgente basso

ricevitore 1

tempo, ms

Figura 9. Prova CHT: esempio di tracce sismiche per la determinazione del tempo diretto tra
sorgente e primo ricevitore (modificata da Stokoe e Santamarina, 2000)

ricevitore 1

Sorgente alto
Sorgente basso
ricevitore 2

tempo, ms

Figura 10. Prova CHT: esempio di tracce sismiche per la determinazione del tempo di intervallo tra
due ricevitori (modificata da Stokoe e Santamarina, 2000)

5.2 Prove Down-Hole


Le prove down-hole (DHT) rappresentano un compromesso in termini di accuratezza e costi di
esecuzione in quanto lutilizzo di un solo foro consente un notevole risparmio. La perturbazione
meccanica avviene in questo caso sulla superficie del piano campagna nelle immediate vicinanze
del foro e londa viene rilevata da uno o pi ricevitori posizionati allinterno del foro stesso (Figura
8b). La misura viene quindi ripetuta variando la profondit alla quale sono collocati i ricevitori.
Linterpretazione pu essere effettuata seguendo almeno due diversi approcci. Una possibilit
quella di riferirsi allintervallo temporale tra i primi arrivi delle onde P ed S a due ricevitori
posizionati a diverse profondit (distanza tipicamente compresa tra 1m e 2m) assegnando la
velocit stimata al punto intermedio. Tale approccio consente una elevata risoluzione spaziale ed
una stima locale alle diverse profondit. Purtroppo per risente molto delle incertezze nella
determinazione dellistante di primo arrivo ai due ricevitori, soprattutto quando il rapporto
segnale/rumore delle registrazioni basso. Infatti la determinazione locale della velocit di
propagazione equivalente, dal punto di vista numerico, alla instabile operazione di
differenziazione. Per tale ragione sono da evitare interpretazioni di intervallo con lutilizzo di un
singolo ricevitore posizionato a diverse profondit in due diverse acquisizioni (metodo del pseudo-
intervallo). Una strategia alternativa basata sullinterpretazione dei tempi diretti con la
costruzione di una dromocrona che rappresenta la variazione dei tempi di primo arrivo con la
profondit. Le pendenze medie individuate per diversi strati sulla base delle indicazioni
stratigrafiche ottenute durante lesecuzione dei fori e dei punti di discontinuit individuati nella
dromocrona stessa consentono la stima delle velocit di propagazione medie per ciascuno strato.
Alla minore risoluzione e sensibilit alle piccole variazioni, si accompagna, in tale interpretazione,
una maggiore robustezza. In presenza di marcate eterogeneit del deposito di terreno, lusuale
assunzione di percorsi di propagazione rettilinei delle onde pu comportare errori consistenti
nellinterpretazione ed pertanto necessario utilizzare metodi di inversione che tengano conto
della curvatura dei raggi sismici (Stokoe et al., 1989).
Le prove down-hole possono anche essere eseguite congiuntamente a prove penetrometriche
statiche (SCPT) (Campanella, 1994) o prove dilatometriche (SDMT) (Marchetti et al., 2007)
posizionando i ricevitori allinterno delle aste utilizzate per infiggere in profondit il cono o il
dilatometro. Oltre ad evitare i costi ed i tempi per lapprontamento del foro rivestito e cementato,
tale modalit consente anche un buon accoppiamento tra i ricevitori ed il terreno circostante.
Oltretutto, nel caso del dilatometro piatto, la misura sismica si integra con la misura del modulo
dilatometrico, consentendo una sommaria identificazione della curva di decadimento del modulo
direttamente sulla base dei risultati ottenuti in sito (Mayne et al., 1999). Lutilizzo di tecniche di
digitalizzazione dei segnali sismici in profondit consente inoltre di ottenere segnali di ottima
qualit e misure molto ripetibili (Marchetti et al., 2007). A causa dellattenuazione del segnale
sismico e dei problemi di verticalit del foro, le prove down-hole portano a risultati di buona qualit
fino a profondit nellordine di circa 30m e risultati accettabili fino a circa 50m dal piano campagna.

Misure in foro eseguite con una stringa di ricevitori e diverse posizioni della sorgente sul piano
campagna possono essere utilizzate per una tecnica di interpretazione detta del Vertical Seismic
Profiling (VSP) (Jarvis & Knight, 2000) in cui vengono identificate ed analizzate le diverse
componenti donda (arrivi diretti e riflessioni multiple delle onde di volume). Uno dei vantaggi
costituito dalla possibilit di localizzare interfacce tra strati aventi differente impedenza meccanica
anche se posizionate a profondit maggiore del fondo foro. Inoltre dallanalisi delle onde che si
propagano lungo le pareti del foro possibile ottenere informazioni relative ai moduli di taglio e alle
condizioni di fratturazione nelle formazioni rocciose (Takahashi, 2006).

5.3 Sismica a rifrazione


Per quanto riguarda le prove non invasive, le tecniche basate sulla propagazione delle onde di
volume, quali la sismica a rifrazione ed a riflessione, sono principalmente utilizzate per la
mappatura del tetto del substrato roccioso; il contrasto di impedenza tra questultimo ed i materiali
sovrastanti in termini di onde di compressione risulta infatti marcato, anche in presenza di falda
acquifera. La sismica a rifrazione si basa sul fenomeno della rifrazione critica che comporta la
nascita di unonda di testa che ad una certa distanza dalla sorgente arriva prima dellonda diretta.
La determinazione di tale distanza e la pendenza degli arrivi relativi ad onde dirette ed onde rifratte
in un diagramma tempi di primo arrivo distanze (dromocrona), consente la caratterizzazione dei
depositi di terreno in presenza di un sufficiente contrasto di impedenza tra i diversi strati
(Reynolds, 1997). Per quanto riguarda la misura della velocit delle onde di taglio, le prove basate
sulla sismica a rifrazione possono essere efficacemente utilizzate con sorgenti e ricevitori
polarizzati orizzontalmente. Le limitazioni principali sono legate proprio alle difficolt di
generazione delle onde SH ed alle limitazioni intrinseche dei metodi a rifrazione, dovute alla
eventuale presenza di strati nascosti ed inversioni di velocit. Per quanto riguarda queste ultime,
nel caso di strati caratterizzati da velocit di propagazione inferiore rispetto a quella degli strati
sovrastanti, non possono verificarsi le condizioni di rifrazione critica (Figura 11a) e pertanto lo
strato pi lento non viene identificato con conseguenti errori nella stima dei parametri degli altri
strati (Reynolds, 1997). Il problema degli strati nascosti si verifica invece in mezzi stratificati che,
pur presentando valori di velocit sempre crescenti con la profondit, sono caratterizzati da
contrasti di velocit e spessori degli strati tali per cui le onde rifratte da un orizzonte veloce
giungono in superficie e vengono rilevate prima delle onde rifratte dallo strato sovrastante che non
viene dunque identificato (Figura 11b). Le conseguenze non si limitano alla mancata
identificazione di uno strato ma si concretizzano in errori, talvolta macroscopici, sulla stima dello
spessore dello stato sovrastante e delle profondit degli orizzonti rifrattori sottostanti lo strato
nascosto. Per contro uno dei vantaggi delle prove di sismica a rifrazione dato dalla possibilit di
ottenere un modello bidimensionale utilizzando metodi di interpretazione GRM (Generalized
Reciprocal Method) o tomografici (Reynolds, 1997).
(V3 )
o strato 3
1 V1 arrivi dall

Tempo t
2 V2 <V1

(V ette
dir
1)
3 V3 Distanza x
)
(V2
to 2
stra
lo
dal
rriv i
a (V3)
o strato 3
arrivi dall

Tempo t
1 V1

(V ette
2 V2

dir
1)
3 V3
Distanza x
Figura 11. Esempi di limitazioni intrinseche nelle prove di sismica a rifrazione: a) strato lento; b)
strato nascosto (Reynolds, 1997)
Tempo (s)

Superficie libera
Quota relativa (m)

Deposito alluvionale

Substrato roccioso

Figura 12 Sezione di sismica a riflessione (a) e corrispondente sezione geotecnica interpretata


(modificata da NRC, 2000)
5.4 Sismica a riflessione
Le prove di sismica a riflessione si basano sullindividuazione delle componenti donda riflesse all
interfaccia tra mezzi aventi differenti propriet meccaniche. Il loro ampio utilizzo nella prospezione
geofisica per lindustria del petrolio ha portato ad un notevole sviluppo di metodi avanzati di
interpretazione del dato sismico che vengono sfruttati, a scala pi ridotta, per la caratterizzazione
nellambito di applicazioni ingegneristiche.
In particolare le tecniche di sismica a riflessione trovano largo utilizzo per la localizzazione del tetto
del substrato roccioso (Figura 12), soprattutto quando la sua profondit comporti difficolt
nellutilizzo della tecnica a rifrazione che richiede, a parit di profondit di indagine, stendimenti di
ricevitori lunghi e quindi spazi di prova pi estesi. Daltro canto bisogna osservare che le prove di
sismica a riflessione comportano oneri elevati per la necessit di acquisizioni ed interpretazioni
dati molto complesse.

5.5 Prove SASW & co.


Le prove non invasive basate sulla propagazione di onde di superficie per la stima del profilo di VS
hanno trovato negli ultimi anni grande diffusione grazie ai ridotti tempi di acquisizione in sito. Lidea
di base trova spunto nelle applicazioni sviluppate in campo sismologico per la caratterizzazione
degli strati della crosta terreste utilizzando registrazioni di eventi sismici (Romanowicz, 2002). La
prima applicazione in campo geotecnico risale alla fine degli anni Cinquanta con lo Steady State
Rayleigh Method (Jones, 1958), che venne per abbandonato a causa della lunga e complessa
modalit di prova. La diffusione del metodo in ambito ingegneristico avviene con lintroduzione del
metodo SASW (Spectral Analysis of Surface Waves, Nazarian e Stokoe, 1983), che migliora
notevolmente lapplicabilit, proponendo modalit di acquisizione pi rapide e tecniche di
interpretazione pi accurate grazie alla maggiore disponibilit di strumenti elettronici ed informatici.
Correntemente, le prove vengono effettuate utilizzando prevalentemente approcci multistazione,
che risultano pi robusti ed efficienti (Foti, 2002).
Il numero di acronimi utilizzati per individuare le prove basate sulla propagazione di onde
superficiali (SASW, MASW, SWM, ReMi, SSRM, CSW, etc.) porta talvolta confusione nel settore,
nonostante i principi di base siano sostanzialmente gli stessi ed i vari metodi si differenzino solo
per le modalit di acquisizione e le tecniche di elaborazione dei dati sperimentali. Nella presente
relazione, i metodi basati sulla propagazione delle onde superficiali vengono indicati con
lacronimo generico di SWM (Surface wave methods).

5.5.1 Principi di base


Le onde di Rayleigh vengono generate, per effetto della presenza di una superficie libera, dalla
sovrapposizione delle componenti di moto legate alle onde di compressione ed alle onde di taglio
polarizzate verticalmente. Propagandosi in una zona confinata in prossimit della superficie libera
e non su un fronte sferico come le onde di volume, esse si attenuano meno rispetto a queste
ultime. Infatti, lampiezza delle componenti di moto associate alle onde di Rayleigh decresce con la
radice quadrata della distanza dalla sorgente mentre quella delle onde di volume decresce con la
distanza dalla sorgente. Nel caso di un semispazio elastico omogeneo ed isotropo possibile
dimostrare che la loro velocit di propagazione delle onde superficiali indipendente dalla
frequenza e che il moto indotto dalla propagazione si smorza rapidamente con la profondit sino
ad estinguersi ad una profondit circa pari ad una lunghezza donda (Richart et al., 1970).
In un mezzo eterogeneo avente rigidezza variabile con la profondit si manifesta il fenomeno della
dispersione geometrica, per cui la velocit di fase con cui le onde si propagano diviene funzione
della frequenza. Da un punto di vista fisico questo fenomeno pu essere spiegato considerando
che onde armoniche di diversa frequenza sono caratterizzate da una diversa lunghezza donda e
conseguentemente interessano strati superficiali di diversa profondit e pertanto volumi di terreno
aventi diverse caratteristiche meccaniche e, dunque, diversa velocit di propagazione (Figura 13).
Moto verticale delle particelle Velocit di fase VR
VR

Lunghezza donda
VS1
VR = f
VS2> VS1

VS3> VS2
Z Z Frequenza f

Profilo di Lunghezza Lunghezza


donda donda Curva di dispersione
rigidezza
piccola grande

Figura 13. Dispersione geometrica delle onde di Rayleigh in mezzi verticalmente eterogenei

Da un punto di vista matematico la modellazione del fenomeno di propagazione in mezzi


verticalmente eterogenei porta alla necessit di introdurre diversi modi di propagazione che, in
presenza di una sorgente puntuale, si combinano per formare la risposta dinamica (Aki e Richards,
1980). La relazione che lega la velocit di fase delle onde di Rayleigh (VR) alla frequenza f (Figura
13) viene usualmente definita curva di dispersione e rappresenta lelemento centrale nellutilizzo
delle onde di Rayleigh ai fini della caratterizzazione dei terreni. Infatti la curva di dispersione
funzione delle propriet fisico-meccaniche e geometriche del mezzo e, posto di riuscire a stimarla
sperimentalmente, pu essere utilizzata per la soluzione di un problema inverso avente come
obiettivo la stima dei parametri di modello per il terreno.
Il processo di caratterizzazione pu essere schematicamente sintetizzato nel diagramma di flusso
riportato in Figura 14. Utilizzando un insieme di ricevitori posti sul piano campagna vengono
acquisiti dei segnali sismici relativi ad una perturbazione che si propaga lungo la superficie libera.
Lanalisi dei segnali acquisiti consente una stima della curva di dispersione caratteristica del sito in
oggetto, che viene successivamente utilizzata per un processo di inversione fornendo come
risultato finale il profilo verticale della velocit delle onde di taglio nel terreno e quindi una stima del
modulo di taglio a piccole deformazioni in funzione della profondit.

Prove Passive Prove Attive


Acquisizione dati

Curva di dispersione Elaborazione


Elaborazione sperimentale
dati VR dati


prove prove attive
passive
VS

Processo di
inversione

Figura 14 Diagramma di flusso delle prove basate sulla propagazione di onde superficiali
5.5.2 Prove Attive
La curva di dispersione sperimentale pu essere ottenuta utilizzando diversi approcci che si
differenziano per modalit di acquisizione del dato sperimentale e per tecniche di analisi dello
stesso. La prima metodologia ingegneristica, proposta da Jones (1958), prevedeva luso di una
sorgente armonica e di un solo ricevitore che veniva spostato radialmente rispetto alla sorgente
stessa, ricercando le posizioni tali per cui sorgente e ricevitore fossero in fase per determinare, alle
singole frequenze, la corrispondente lunghezza donda e quindi la velocit di fase. Ovviamente i
tempi di prova venivano fortemente condizionati dalla complessit della procedura.
La prova SASW proposta dai ricercatori dellUniversit del Texas (Nazarian e Stokoe, 1983)
prevede invece lutilizzo di una sorgente impulsiva e di una coppia di ricevitori. Sorgenti leggere
(es. mazze) vengono utilizzate con i ricevitori disposti a piccola distanza per ottenere informazioni
relative alle alte frequenze che si attenuano rapidamente nel terreno, mentre sorgenti pi pesanti
(es. impatto di un grave) e spaziature maggiori tra i ricevitori consentono di indagare le basse
frequenze. Per ogni configurazione di prova la velocit di propagazione per un dato un intervallo di
frequenza viene ottenuta dallanalisi della fase dello spettro mutuo di potenza per ciascuna coppia
di segnali. Assemblando le informazioni ottenute usando diverse configurazioni possibile
ottenere una stima della curva di dispersione per un campo di frequenze sufficientemente ampio in
relazione al successivo processo di inversione. Tale metodologia di prova, eventualmente con
qualche modifica non sostanziale (es. utilizzo di sorgenti armoniche con sweep in frequenza), si
ampiamente diffusa in ambito geotecnico. I problemi principali sono legati allinterpretazione della
fase dello spettro di potenza mutuo (Poggiagliolmi et al., 1982), che, in presenza di bassi rapporti
segnale su rumore alle basse frequenze, pu portare ad ambiguit interpretative ed errori
sistematici.
Lutilizzo di tecniche basate sullanalisi di pi segnali relativi ad una stesa di ricevitori allineati con
la sorgente (Nolet e Panza, 1976; Gabriels et al., 1987; McMechan e Yedlin, 1981), consente una
stima pi rapida e pi stabile della curva di dispersione (Foti, 2002). Questa rappresenta
attualmente la modalit di prova pi diffusa e viene spesso indicata con lacronimo MASW
(Multistation Analysis of Surface Waves; Park et al., 1999). La perturbazione, generata a mezzo di
una sorgente impulsiva, viene rilevata secondo uno schema di acquisizione a pi ricevitori con
spaziatura costante. Lanalisi viene effettuata trasformando i segnali dal dominio spazio-tempo in
cui sono stati acquisiti in un dominio alternativo, in cui sia possibile ottenere informazioni
riguardanti la natura dispersiva del deposito in oggetto. Due metodologie, differenti da un punto di
vista formale, ma equivalenti ai fini del risultato finale, possono essere utilizzate: una nel dominio
frequenza-numero donda (Nolet e Panza, 1976; Gabriels et al., 1987), laltra nel dominio
frequenza-lentezza (McMechan e Yedlin, 1981; Park et al., 1999). In entrambi i casi possibile
dimostrare che le curve di dispersione sono associate ai massimi degli spettri nei rispettivi domini.
In virt della presenza di diversi modi di propagazione (Aki e Richards, 1980), le informazioni
ottenute dallanalisi spettrale sono differenti a seconda dei parametri meccanici e geometrici del
deposito. Per determinate condizioni stratigrafiche (es. rigidezza crescente con la profondit in
assenza di forti contrasti) si ha il predominio del modo fondamentale e quindi le informazioni
ottenute riguardano proprio tale modo. In generale per le informazioni ottenute sono invece
relative sia al modo fondamentale sia ai modi superiori (Foti, 2002). Inoltre nelle condizioni di
prova usuali, la risoluzione spettrale non sufficiente per una chiara identificazione dei singoli
modi di propagazione ed pertanto necessario fare riferimento ad una curva di dispersione
apparente (Foti, 2005).

5.5.3 Prove Passive


La curva di dispersione sperimentale pu anche essere ottenuta a partire da misure passive,
sfruttando i microtremori generati da azioni antropiche e fenomeni naturali nelle zone circostanti al
sito di interesse (Horike, 1984; Tokimatsu, 1995; Okada, 2003). Le misure passive sono
tipicamente relative a componenti armoniche a bassa frequenza e consentono pertanto la
caratterizzazione fino a diverse decine e talvolta centinaia di metri di profondit.
Le acquisizioni devono essere preferenzialmente effettuate utilizzando disposizioni bidimensionali
dei ricevitori sulla superficie libera, in modo da poter effettuare anche una identificazione della
direzione di propagazione delle componenti donda rilevate. Le misure passive effettuate
utilizzando stendimenti lineari (come ad esempio la tecnica ReMi (Louie, 2001)), portano ad una
stima corretta delle velocit solo nel caso in cui il rumore di fondo provenga in modo uniforme da
tutte le direzioni. Per tale ragione sempre opportuno accompagnarle con acquisizioni attive sullo
stesso stendimento, in modo da poter avere perlomeno un riscontro, per gli intervalli di frequenza
in cui sia possibile, sulla stima della curva di dispersione sia con il dato passivo sia con il dato
attivo.

5.5.4 Inversione
Le informazioni sperimentali riguardanti la curva di dispersione sono infine utilizzate per la
caratterizzazione del terreno, risolvendo un problema matematico inverso. Il modello usualmente
considerato quello di mezzo elastico lineare a strati omogenei ed isotropi. I parametri necessari a
descrivere pienamente tale modello sono: due costanti elastiche, lo spessore e la densit di
ciascuno strato. La natura monodimensionale del modello in oggetto rende implicita lipotesi che
gli strati siano piani e tra loro paralleli, ipotesi che deve pertanto essere in linea di massima
soddisfatta dal deposito di terreno per garantire la significativit del risultato finale.
Un interessante alternativa costituita dallutilizzo di un modello di terreno verticalmente
eterogeneo con parametri variabili in modo continuo con la profondit (Rix e Lai, 2006). Tale
approccio presenta notevole interesse ingegneristico per la caratterizzazione di materiali omogenei
a grana grossa in cui la VS varia con la tensione di confinamento e quindi con la profondit
(Santamarina et al., 2005).
Nella soluzione del problema inverso usualmente vengono adottate alcune semplificazioni, al fine
di ridurre il numero di incognite presenti ed alleviare i problemi di non unicit della soluzione. Sulla
base di una serie di analisi parametriche (Nazarian, 1984) stato dimostrato che il numero di
Poisson e la densit dei singoli strati rivestono un ruolo marginale. Pertanto il processo di
inversione viene effettuato considerando come incognite solo la velocit delle onde di taglio e lo
spessore di ciascuno strato ed assegnando a priori i valori di densit e numero di Poisson. Nella
scelta di tali valori per necessario tenere in debito conto la presenza della falda, che comporta
una brusca variazione nel valore del numero di Poisson (Foti e Strobbia, 2002).
Il processo di inversione iterativo: a partire da un profilo di primo tentativo, costruito sulla base di
metodi semplificati, ed eventualmente delle informazioni a priori riguardo la stratigrafia, il problema
diretto viene risolto diverse volte variando i parametri che definiscono il modello fino al
raggiungimento del miglior accordo tra la curva di dispersione simulata e quella sperimentale.
Usualmente algoritmi di minimizzazione ai minimi quadrati vengono utilizzati per automatizzare la
procedura.

5.5.5 Controllo di qualit e verifica dei risultati


Per concludere la trattazione dei metodi basati sullanalisi delle onde superficiali, appare
opportuno evidenziare alcuni aspetti relativi al controllo di qualit sulle misure sismiche. Per le altre
tecniche geofisiche di tipo sismico laspetto principale per le verifiche riguarda lanalisi visiva delle
registrazioni sismiche, che devono presentare un rapporto segnale su rumore sufficientemente
elevato in modo da consentire in modo univoco lindividuazione dei tempi di primo arrivo delle
componenti donda. Per le onde superficiali invece una validazione del risultato pi difficile
perch linterpretazione richiede complesse procedure per lelaborazione dei segnali (processing)
e per la soluzione del problema inverso. Tuttavia possibile segnalare alcuni controlli che possono
essere effettuati per una verifica di massima dei dati e dei risultati del processo di interpretazione:
il dato sperimentale deve essere acquisito con strumentazione adeguata in relazione agli
obiettivi della campagna di indagine. In particolare per le indagini sui terreni, devono essere
utilizzati preferibilmente geofoni a bassa frequenza (frequenza naturale inferiore a 5Hz);
le dimensioni degli stendimenti di misura devono essere adeguati in relazione alle profondit
di indagine obiettivo della campagna di caratterizzazione. In prima approssimazione la
distanza massima tra i ricevitori deve essere pari circa al doppio della profondit di indagine
desiderata;
lesecuzione della prova in pi direzioni o in versi opposti lungo lo stesso allineamento (ossia
con sorgente posizionata ai due estremi opposti) pu consentire una verifica sommaria
dellipotesi di conformazione del sottosuolo a strati piani e paralleli sulla base del confronto
tra le diverse curve di dispersione ottenute;
la corrispondenza tra curva di dispersione sperimentale e curva di dispersione numerica
relativa allultima iterazione del processo di inversione (vedi esempi in Figura 18a ed in
Figura 24a) deve essere buona per tutto il range di frequenza per il quale sono disponibili
informazioni sperimentali;
le profondit di indagine devono essere congruenti con linformazione sperimentale
effettivamente disponibile. In particolare la massima profondit di indagine circa pari alla
met della massima lunghezza donda disponibile (=VR/f) mentre non possibile
differenziare strati superficiali per profondit minore a circa la met della minima lunghezza
donda disponibile.

Per quanto riguarda le condizioni ambientali al contorno due aspetti sono da segnalare: gli effetti
del rumore di fondo e la presenza di pavimentazioni rigide. Per quanto concerne il rumore,
naturalmente esso rappresenta un disturbo nei confronti dellesecuzione della prova (in modalit
attiva). In virt del fatto che tutte le elaborazioni avvengono nel dominio della frequenza
importante sottolineare che la presenza di rumore avente frequenze dominanti in un intervallo
ristretto non compromette completamente la possibilit di ottenere risultati attendibili. Infatti se la
curva di dispersione pu essere ricostruita correttamente in intervalli di frequenza sufficientemente
ampi possibile sfruttare tali informazioni per la soluzione del problema inverso e la stima del
profilo di VS.
Riguardo la presenza di pavimentazioni rigide, queste costituiscono un elemento di complicazione
nella fase di interpretazione della prova. Infatti la presenza di uno strato rigido superficiale nel
modello altera la curva di dispersione sperimentale per effetto della sovrapposizione modale e
deve essere accuratamente tenuta in conto. E pertanto preferibile, ove possibile, effettuare le
prove scegliendo allineamenti esterni a zone pavimentate.
Infine importante ricordare che la caratterizzazione basata sulla propagazione delle onde
superficiali richiede la soluzione di un problema matematico inverso, pertanto la soluzione non
univoca in quanto possono presentarsi diverse combinazioni dei parametri di modello (spessori e
velocit di taglio degli strati) che sono associati a curve di dispersione numeriche simili tra loro e
sostanzialmente equidistanti dalla curva di dispersione sperimentale. Questa problematica, detta
equivalenza, si presenta per tutti i metodi che richiedono la soluzione di problemi inversi. Nel caso
delle prove SWM utilizzate per studi di risposta sismica locale le conseguenze della non unicit
della soluzione sono per relativamente modeste (Foti et al., 2008).

5.6 Prove Invasive vs Prove non Invasive


Il confronto tra i risultati ottenuti con le prove invasive e quelli relativi a prove non invasive deve
essere valutato con attenzione, in relazione alle specificit delle diverse prove. Infatti, mentre i
primi sono relativi a misure locali e quindi volumi limitati di terreno, i secondi costituiscono una
stima delle propriet medie di volumi di terreno molto pi ampi. La scelta della tipologia di prova
deve essere effettuata cercando un compromesso tra livello di dettaglio e costi, soprattutto dal
punto di vista delle applicazioni ingegneristiche di interesse.
Per loro natura le prove non invasive forniscono parametri rappresentativi dellintero deposito e
pertanto si prestano a studi su media scala quali quelli relativi alla risposta sismica del sito.
La risoluzione dei metodi basati sulla propagazione delle onde superficiali, ma anche per gli altri
metodi sismici non invasivi, decresce al crescere delle profondit per cui non possibile
caratterizzare accuratamente strati sottili posizionati in profondit.
Le tecniche sismiche a rifrazione, sicuramente meno onerose sia nella fase di acquisizione che
nella fase di interpretazione, presentano limitazioni intrinseche che possono renderle inapplicabili
in particolari situazioni stratigrafiche (inversioni di velocit e/o strati nascosti) e comunque non
adeguate ove non vi siano marcati contrasti di rigidezza.
Per quanto riguarda il confronto con i risultati di prove basate sulle onde superficiali bisogna tenere
presente che la velocit delle onde di taglio ottenuta dai due metodi relativa a polarizzazioni
differenti (verticale per le onde di Rayleigh, orizzontale per le SH). In determinate condizioni (es.
argille sovraconsolidate), le rispettive velocit possono essere differenti per effetto dellanisotropia.

6 Stima di VS,30
Il profilo di velocit delle onde di taglio rappresenta una delle variabili che maggiormente
influenzano i fenomeni di amplificazione stratigrafica e quindi la risposta sismica locale (si veda a
tal proposito la relazione di Lai e Paolucci nel presente volume). Le normative sismiche (ad
esempio le NTC, 2008) prevedono che, in assenza di una valutazione esplicita di tali effetti, si
utilizzi un approccio semplificato nel quale leffetto delle condizioni stratigrafiche di sito viene
introdotto utilizzando coefficienti moltiplicativi dellazione sismica riferita al suolo rigido. Tali
coefficienti vengono determinati riferendosi ad una classificazione sismica del sito basata su un
valore medio pesato della VS, tipicamente valutato nei primi 30m di profondit a partire dal piano
campagna o dal piano di posa delle fondazioni. Il valore di VS,30 quindi definito come la media
pesata rispetto agli spessori dei valori della velocit di propagazione delle onde di taglio:
30
VS ,30 = [m / s] (3)
hi

i =1, N VS ,i
dove hi e VS,i rappresentano rispettivamente lo spessore e la velocit delle onde di taglio delli-
esimo strato compreso nei 30m, mentre N il numero degli strati.
Si osservi che trattandosi di un parametro integrale, le differenze tra le stime ottenute con i diversi
metodi geofisici sono tipicamente abbastanza contenute. Inoltre il livello di dettaglio garantito dai
metodi invasivi diviene in questo contesto meno significativo e pertanto lutilizzo dei metodi non
invasivi, che hanno il vantaggio di essere meno onerosi, si presenta particolarmente vantaggioso.
In particolare per quanto riguarda le prove basate sulla propagazione delle onde superficiali una
stima approssimata della VS,30 pu essere ottenuta prescidendo dalla soluzione del problema
inverso. Infatti la porzione di terreno coinvolta dalla propagazione delle onde superficiali
strettamente correlata alla lunghezza donda. Ad esempio Brown et al. (2000) propongono di
utilizzare come stima speditiva per la VS,30, la velocit di propagazione delle onde di Rayleigh
corrispondente ad una lunghezza donda pari a 36m. Tale valutazione pu essere utilizzata come
ulteriore criterio per una verifica sommaria della soluzione del problema inverso nelle prove SWM
(vedi paragrafo 5.5.5).

7 Casi di studio
I due esempi riportati nel seguito si riferiscono ad ambienti molto differenti dal punto di vista
geologico e geotecnico. Da un lato i depositi alluvionali di pianura del sito della Torre di Pisa, dove
sono presenti importanti strati di materiale a grana fine, campionabili in modo indisturbato per
lesecuzione di prove di laboratorio; dallaltro una conoide alluvionale, situazione geologica molto
comune delle valli alpine, che presenta notevoli difficolt di caratterizzazione per la presenza di
materiali di grossa pezzatura difficili da campionare e da investigare con le prove geotecniche in
sito convenzionali (quali ad esempio le prove penetrometriche).
Per entrambi i siti verranno illustrate applicazioni relative sia a metodi e tecniche di interpretazione
convenzionali, che possono essere considerate parte dello stato della pratica corrente, sia
applicazioni avanzate che mirano ad allargare scopi e potenzialit delle prove geofisiche di tipo
sismico.
7.1 Pisa
Il sito della Torre di Pisa stato in passato oggetto di numerosi studi ed indagini sperimentali in
relazione alle problematiche legate allinclinazione della Torre ed agli interventi di stabilizzazione. I
depositi di terreno presenti sono parte delle serie Oloceniche e Pleistoceniche dei depositi
alluvionali del fiume Arno. Sono presenti alternanze di strati argillosi e sabbiosi. Ai fini della
presente relazione vengono riportati solo i risultati relativi alle tecniche di indagine discusse in
precedenza. La pianta riportata in Figura 15 mostra lubicazione delle prove geofisiche effettuate
nellarea. In particolare sono state eseguite prove SCPT, CHT e SWM.

Figura 15. Sito della Torre di Pisa: ubicazione delle prove

Le prove Cross-Hole sono state eseguite fino a profondit di circa 70m dal piano campagna e nel
corso delle prove sono state misurate le velocit di propagazione delle onde di compressione (P) e
delle onde di taglio (S). Per quanto riguarda queste ultime, la misura stata effettuata sia
utilizzando sorgenti polarizzate nel piano verticale, generando prevalentemente onde di tipo Shv
(direzione di propagazione orizzontale e moto nel piano verticale), sia con sorgenti atte a generare
prevalentemente onde di tipo Shh (direzione di propagazione orizzontale e moto nel piano
orizzontale). Il confronto tra le due misure consente una valutazione del grado di anisotropia del
terreno, che appare significativo per gli strati argillosi (Figura 16).
Un aspetto particolarmente interessante nei risultati delle prove CHT costituito dalla presenza di
un sottile strato cementato (circa 3m) intorno ai 50m dal piano campagna, che associato ad un
brusco salto nei valori di VP e VS. E questo un chiaro esempio delle potenzialit delle prove CHT,
che, prevedendo una misura locale, consentono una elevata risoluzione spaziale anche in
profondit, non ottenibile con le altre tecniche ed in particolare con le tecniche non invasive. Daltro
canto, non sempre tale livello di dettaglio necessario per le applicazioni ingegneristiche.
Velocit di Propagazione (m/s) Velocit di Propagazione (m/s) Differenza (Vs,hv-Vs,hh)/Vs,hv (%)
0 500 1000 1500 2000 2500 0 100 200 300 400 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50
0

10

20
Profondit (m)

30

40

50

Vp
60
Vs,hv Vs,hv
Vs,hh Vs,hh
70

Figura 16. Profilo stratigrafico e risultati della prova CHT a Pisa (dati da ISMES, 2000)

Dalle misure della VP chiaramente identificata la posizione della falda, che comporta, nei terreni
sciolti, un brusco incremento di velocit per effettuo dellinfluenza del fluido interstiziale nella
propagazione delle onde di compressione. Nellinterpretazione convenzionale delle prove
geofisiche il terreno viene considerato come un mezzo continuo con comportamento meccanico
elastico lineare, pertanto la misura della VP nei terreni saturi perde significato perch rappresenta
un valore globale influenzato dalla bassa deformabilit del fluido interstiziale. Tuttavia la misura
della VP pu acquisire un ruolo nella caratterizzazione dei terreni saturi se si prende in
considerazione la teoria della propagazione delle onde sismiche nei mezzi porosi saturi (Biot,
1956). In particolare, sotto opportune ipotesi, possibile utilizzare le misure di velocit di
propagazione delle onde sismiche per valutare la porosit n dei terreni in sito, che costituisce un
elemento critico soprattutto nella caratterizzazione dei terreni a grana grossa, utilizzando la
seguente relazione (Foti et al., 2002):

4 ( S F ) K F
S ( S )2
1 SK 2
VP2 2 VS
SK
1 2 (4)
n=
2 ( S F )

S F F
in cui la densit specifica dei grani, la densit dellacqua, K il modulo volumetrico
SK
dellacqua, il numero di Poisson dello scheletro solido (generalmente compreso tra 0.2 e 0.3).
Lattendibilit di tale stima di porosit stata valutata con riferimento a dati sperimentali da prove
in sito ed in laboratorio (Foti e Lancellota, 2004; Arroyo, 2006). I valori di porosit stimati con
questo approccio per il sito di Pisa sono riportati in Figura 17, insieme con i valori misurati in
laboratorio sui campioni indisturbati recuperati dagli strati argillosi.
porosit
0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8
0

10

20
profondit (m)

30

40

50
Stima da Vp&Vs

60
Laboratorio
Osterberg
Laboratorio Laval
70

Figura 17. Porosit ricavata dalle misure delle velocit sismiche sulla base della teoria di Biot
confrontata con i valori di laboratorio su campioni indisturbati (Foti et al., 2002 - modificata)

Le prove basate sulla propagazione delle onde superficiali sono state eseguite utilizzando 24
ricevitori. Linterpretazione stata effettuata utilizzando il metodo delle funzioni di trasferimento
(Rix et al., 2001), che consente la stima simultanea della curva di dispersione (Figura 18a) e della
della curva di attenuazione (Figura 18b). Queste informazioni possono essere utilizzate per un
processo di inversione congiunto (Lai et al., 2002) che porta alla stima simultanea del profilo di
velocit delle onde di taglio (Figura 19a) e del rapporto di smorzamento a piccole deformazioni
(Figura 19b).
La VS,30 stimata utilizzando i risultati le prove CHT o quelli delle prove per onde superficiali (Figura
19a) risulta poco inferiore a 180m/s portando ad una classificazione sismica del sito in categoria
D.

180 0.14
sperimentale s perimentale
170 0.12
velocit di fase, m/s

numerica numerica
attenuation, 1/m

0.10
160
0.08
150
0.06
140
0.04
130 0.02
120 0.00
0 10 20 30 40 0 10 20 30 40
frequenza, Hz frequenza, Hz

Figura 18. Prove basate sulla propagazione di onde superficiali: a) curva di dispersione
sperimentale e curva numerica relativa allultima iterazione del processo di inversione; b) curva di
attenuazione sperimentale e curva numerica relativa allultima iterazione del processo di
inversione (Foti, 2003)
Velocit delle onde di taglio, m/s Rapporto di smorzamento

100 150 200 250 300 0.00 0.02 0.04 0.06 0.08
0 0

5 5

10 10
Profondit, m

Profondit, m
15 15

20 20

25 25 SWM
SWM
Cross-Hole Lab
30 30

Figura 19. Profili di velocit di propagazione delle onde di taglio (a) e del rapporto di smorzamento
a piccole deformazioni (b) ottenuti dallanalisi delle onde superficiali (confrontati rispettivamente
con i valori ottenuti con prove cross-hole in sito e con prove di colonna risonante in laboratorio)
(Foti, 2003)

1.0

0.8
PI=53; 58kPa
PI=34; 109kPa
0.6 PI=37; 91kPa
G/G0

PI=25; 99kPa
PI=33; 137kPa
0.4 PI=14; 160kPa
PI=30; 210kPa
PI=18; 113kPa
0.2 PI=35; 181kPa
PI=39; 131kPa
0.0
20
PI=53; 58kPa
PI=34; 109kPa
16 PI=37; 91kPa
PI=25; 99kPa
PI=33; 137kPa
12 PI=14; 160kPa
D (%)

PI=30; 210kPa
PI=18; 113kPa
8 PI=35; 181kPa
PI=39; 131kPa
4

0
1.E-06 1.E-05 1.E-04 1.E-03 1.E-02
deformazione ciclica a taglio,

Figura 20. Prove di colonna risonante sullargilla di Pisa (dati da Impavido et al., 1993)
Per quanto riguarda le prove in laboratorio, in Figura 20 sono riportati i risultati di prove di colonna
risonante eseguiti sui campioni prelevati dagli orizzonti argillosi (Impavido et al., 1993). Tali risultati
confermano le indicazioni reperibili in letteratura riguardo linfluenza dellindice di plasticit e della
tensione di confinamento sulle curve di decadimento (vedi sezione 4).
Infine la Figura 21 riporta il confronto tra i valori del modulo di taglio a piccole deformazioni stimati
con diverse prove in sito ed in laboratorio. Si osservi la generale tendenza delle prove di
laboratorio a sottostimare i valori misurati in sito (Figura 22), nonostante il fatto che per i prelievi
dei campioni indisturbati siano stati utilizzati campionatori di ottima qualit.

G0 (MPa)
0 50 100 150 200 250
3

6 CHT
SCPT
9 SASW
RC (Lab)
12

15
Profondit (m)

18

21

24

27

30

33

36
Figura 21. Confronto dei valori di G0 da prove in sito e di laboratorio (modificata da Jamiolkowski
e Pepe, 2001 e Foti, 2003)

120

90
G0 lab (MPa)

60

30

0
0 30 60 90 120
G0 sito (MPa)

Figura 22 Confronto tra stime del modulo di taglio a piccole deformazioni da prove in laboratorio
(colonna risonante) ed in sito (Cross-Hole) per largilla di Pisa
7.2 La Salle
Il secondo sito si trova in La Salle (Val dAosta) su una vasta conoide alluvionale a forma
triangolare sul lato sinistro della Dora Baltea (per una lunghezza di circa 1.5 Km ed una larghezza
massima di circa 2.5 Km). Lo spessore massimo del deposito quaternario atteso nellordine dei
200m e la conoide principalmente composta da depositi alluvionali (sabbie e ghiaie con ciottoli).
Questi terreni sono in generale molto difficili da investigare con metodi geotecnici convenzionali e
le prove geofisiche rappresentano uno dei pochi strumenti effettivamente disponibili per la
caratterizzazione anche in relazione ad applicazioni diverse dallo studio della risposta sismica
locale. Il piano delle indagini prevedeva lesecuzione di due linee incrociate di sismica di superficie
per onde P, da utilizzare per una interpretazione congiunta di sismica a rifrazione e riflessione,
finalizzata prevalentemente alla localizzazione del tetto del substrato roccioso. Inoltre per la
valutazione del modulo di taglio per le analisi di risposta sismica locale erano previste prove per
onde superficiali di tipo attivo e passivo in 5 siti localizzati lungo le linee sismiche. Infine sono stati
eseguiti due fori di sondaggio allinterno dei quali si sono effettuate prove down-hole (DH) per onde
P ed SH.
Le prove basate sulla propagazione delle onde superficiali sono state realizzate utilizzando
rispettivamente uno stendimento lineare di 48 geofoni, per le prove attive, e 2 stendimenti circolari
per le prove passive. Per quanto riguarda queste ultime, le analisi riportate in Figura 23 mostrano
chiaramente che le vibrazioni registrate nel corso delle acquisizioni passive sono causate da
attivit antropiche fortemente localizzate. E importante sottolineare che questo esempio
costituisce chiaramente una situazione in cui il metodo ReMi (Louie, 2001) avrebbe potuto
comportare una forte sovrastima delle velocit di propagazione in quanto viene violata
palesemente lipotesi di distribuzione uniforme nello spazio delle sorgenti sismiche sulla quale
esso si basa.

Figura 23. Esempi di spettri f-k a diverse frequenze per prove passive (Foti et al., 2007)

La combinazione dei dati relativi alle acquisizioni attive e passive delle onde superficiali consente
la ricostruzione della curva di dispersione sperimentale in un intervallo di frequenza molto ampio
(Figura 24a), permettendo la stima del profilo di velocit delle onde di taglio (Figura 24b) sino a
profondit elevate e con una buona risoluzione in prossimit del piano campagna. Il confronto con
i risultati di prove down-hole permette una validazione del risultato per i primi 50m a partire dal
piano campagna, profondit raggiunta dal foro di sondaggio. I risultati ottenuti mostrano una
crescita progressiva della velocit di propagazione delle onde di taglio con la profondit,
abbastanza comune nei depositi alluvionali in cui la velocit di propagazione fortemente
influenzata dal livello tensionale. In realt, in casi come questo, la stratificazione evidenziata dal
profilo di velocit non costituisce una effettiva caratteristica del deposito di terreno ma
strettamente legata alle tecniche di analisi dei dati sperimentali. Infatti la soluzione del problema
inverso nel metodo per onde superficiali presuppone lassunzione di un modello ed in questo caso
il modello a strati piani e paralleli non rappresenta in maniera accurata le effettive condizioni di
sito.
Le prove per onde superficiali attive e passive realizzate nei 5 siti, mostrano una brusca variazione
di velocit a profondit di circa 100m a partire dal piano campagna, che si colloca in ragionevole
accordo con i risultati della sismica a riflessione per onde P, realizzata allo scopo di individuare il
tetto del bedrock (Figura 25). In particolare lelaborazione della linea di sismica a riflessione
mostra la presenza di due orizzonti principali: uno a circa 50m dal p.c. indicativo della quota di
falda, che, come evidenziato in precedenza, comporta il passaggio da VP dei materiali non saturi a
quella dei terreni saturi (>1480m/s); il secondo orizzonte a profondit di circa 100-120m dal p.c.
rappresenta invece il tetto del substrato roccioso.
Il dato sismico acquisito per le prove di sismica a riflessione stato inoltre re-interpretato per
estrarne le informazioni relative alla propagazione delle onde superficiali per finestre spaziali
affiancate; tale dato stato invertito con una tecnica di inversione lateralmente vincolata per
valutare le variazioni laterali e ricostruire un sezione pseudo 2-D della variazione della velocit
delle onde di taglio (Socco et al., 2008).
Per quanto riguarda le curve di decadimento del modulo di taglio e del rapporto di smorzamento, in
depositi alluvionali caratterizzati da granulometrie quali quelle del sito in esame con presenza di
ghiaie grossolane, ciottoli e numerosi trovanti, non possibile recuperare campioni indisturbati per
cui necessario fare riferimento a risultati di letteratura per materiali analoghi. A titolo di esempio
si riportano le curve di decadimento suggerite da Seed et al. (1986), che riscontrano valori della
soglia elastica di deformazione inferiori per le ghiaie rispetto a quelli delle sabbie (Figura 26a). Per
quanto riguarda invece le curve di decadimento del rapporto di smorzamento i valori per le ghiaie
sono sostanzialmente analoghi a quelli per le sabbie, come confermato anche dai risultati
sperimentali riportati in Figura 26b.

Figura 24. Esempio di risultati di prove per onde superficiali attive+passive: a) curva di dispersione
sperimentale e curva numerica relativa allultima iterazione del processo di inversione; b) confronto
dei risultati delle prove basate sulle onde superficiali e quelli delle prove Down-Hole (Foti et al.,
2007)
VS [m/s]
Quota [m]

1100 DHT
SW
1050
SW
1000
950 SW
900
850

800
750
700

Figura 25. Confronto dei profili di VS ottenuti da prove per onde superficiali e prove Down-hole con
il risultato di una linea di sismica a riflessione (Socco et al., 2008)

1.2
Sabbia
1.0 - media

0.8 - intervallo di
variazione
G/G0

0.6
Ghiaia
- media
0.4
- intervallo di
0.2 variazione

0.0
-6 -5 -4 -3 -2
24

20
Ghiaia
- dati sperimentali
16

12
D (%)

Sabbia
8 - media
- intervallo di
variazione
4

0
10 -6 10 -5 10 -4 10 -3 10 -2
Deformazione ciclica a taglio, c

Figura 26. Curve di decadimento del modulo di taglio e del rapporto di smorzamento per sabbie e
ghiaie (Seed et al., 1986)
8 Ringraziamenti
Un sincero ringraziamento a Carlo Lai e Cesare Comina per i preziosi suggerimenti e la revisione
del testo ed a Lucia Gallone per la preparazione di parte delle figure.

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