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Graziano Perillo

La contemplazione, principale
caratteristica dellEvangelista Giovanni
secondo Alberto Magno

Nella tradizione occidentale dellesegesi al IV Vangelo limmagine dellaquila,


utilizzata per rappresentare levangelista Giovanni, sottolinea per lo pi lele-
vazione delluomo al di l delle sue possibilit fino alla luce della verit divina.
Questinterpretazione, la cui origine risale ad Agostino1, stata particolarmente
sviluppata da Scoto Eriugena, per il quale Giovanni rappresenta il modello del
teologo contemplativo che, come unaquila, perviene alle pi alte vette della
teologia, trascendendo, al di l di ogni possibilit umana e angelica, tutto ci
che e ci che non , fino a raggiungere lunit superessenziale e la distinzione
supersostanziale di Dio stesso2.
LEriugena, per, non lunico a considerare centrale lassociazione aqui-
la-Giovanni. Essa dominante anche nel Prologo di Alberto Magno al suo com-
mentario sul Vangelo di Giovanni. Chiaramente il tema dellaquila si ritrova nei
commenti al IV Vangelo coevi a quello albertino: accennato nel Prologo di
Guerrico3; trattato fugacemente nel Prologo di Alessandro di Hales4; riceve
una considerazione pi originale, anche se breve e marginale, nei Prologhi di
Guglielmo dAltona5 e di Bonaventura6; presente nel Prologo di Tommaso7.
Allinterno di questa tradizione, il Prologo di Alberto, costruito su Ezechiele 17,
3, si caratterizza per essere completamente centrato sul tema dellaquila e sulla
sua simbologia. La divisio textus del versetto strutturata in sei punti, dei quali

1 Cf. Augustinus Hipponensis, De consensu evangelistarum libri quattuor, 1, 6, 9, ed. Weihrich, p.10,

ll. 11-14; 4, 11, 10, ed. Weihrich, p. 407, ll. 7-13; Augustinus Hipponensis, In Iohannis Evangelium.
Tractatus CXXIV, 15, 1, ed. Willems, p. l50, ll. 1-3; 19, 5, ed. Willems, p. 190, ll. 37-42; 36, 1, ed.
Willems, p.323, ll. 1-12.
2 Cf. Ioannes Scotus Eriugena, Homilia super In principio erat Verbum et Commentarius in Evange-

lium Iohannis, ed. Jeauneau, pp. 3-5, ll. 1-20.


3 Cf. Guerricus de Sancto Quintino, Postilla super Iohannem, ms. Basel, Univ. Bibl. B IV 21, f. 1ra.
4 Young 1990, pp. 22-23.
5 Bellamah 2011, pp. 221-223.
6 Bonaventura a Bagneorea, Commentarius in Evangelium S. Ioannis, ed. PP. Collegii A. S. Bona-

ventura, p. 241.
7 Thomas de Aquino, Super Evangelium S. Ioannis lectura, ed. Cai, p. 3, n. 11.

Quaestio, 15 (2015), 477-486 10.1484/j.quaestio.5.108622


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il primo, Aquila grandis, a sua volta interpretato secondo sei caratteristiche


dellaquila. Di queste le prime due, la vista acuta e il volo alto, sono connesse
con la contemplazione, che costituisce di fatto la principale caratteristica dellE-
vangelista.
Nellinterpretazione albertina Giovanni, come unaquila che ha rivolto lo
sguardo direttamente alla luce del sole senza esserne accecata, si innalzato
fino alleternit divina ed ha vissuto tutte e tre le forme di visioni corporale,
immmaginativa, intellettuale di cui parla il De Genesi ad litteram di Agostino.
La contemplazione delleternit del Verbo stata resa possibile, per, soltanto
con la visione intellettiva grazie allelevazione dellintelletto di Giovanni da par-
te di Dio. Giovanni ha descritto la realt divina non per mezzo di creature visi-
bili, quindi non per mezzo di uno specchio o in enigmi che nascondono i segreti
divini, ma per mezzo della stessa luce divina, insegnando, cos, a trascendere
tutto: vestigia, specchio, enigma, per giungere per mezzo della contemplazione
alla stessa luce incircoscritta di Dio. Giovanni lunica aquila che si ascolta
volare nel cielo della Trinit e di essa ha descritto le propriet.

1. Linterpretazione della contemplazione giovannea


alla luce di alcuni testi di Alberto

Unobiezione a questinterpretazione potrebbe essere contenuta nello stesso


Vangelo, l dove si legge in Gv 1, 18: Deum nemo umquam vidit. Com pos-
sibile che Giovanni abbia potuto volare nel cielo della Trinit, come ha potuto
trascendere tutto per raggiungere la stessa luce incircoscritta della divinit se
nessuno ha mai potuto vedere Dio?
Lopposizione fra visione e inaccessibilit divina ha originato, nel XIII seco-
lo, delle tensioni culminate nel 1241 con la condanna di quanti sostenevano che
Divina essentia in se nec ab homine nec ab angelo videbitur8. Gli elementi
in questione, di provenienza diversa, appartenevano soprattutto alla tradizione
teologica greca, in particolare linterpretazione di Dionigi, attraverso il filtro di
Scoto Eriugena, che conduceva ad una concezione della visione dellessenza
divina mediata da teofanie, e lesegesi di Crisostomo al versetto giovanneo 1, 18,
che negava la possibilit della visione dellessenza divina perfino alle gerarchie
angeliche pi elevate.
Alberto ritorna spesso su questo problema: nel De resurrectione; nella que-
stione dedicata al raptus; nella Quaestio de visione dei in patria. Il tema della

8 Chartularium Universitatis Parisiensis, ed. Denifle / Chatelain, tomus I, n. 128, p. 170. Cf. Dondaine

1952, pp. 60-130; de Contenson 1962, pp. 409-444.


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visione dellessenza divina affrontato anche nel commento alla Mystica Theolo-
gia e alla Epistula quinta dello Ps.-Dionigi. Riferimenti sparsi possono ritrovarsi
in altre opere, come In IV Sententiarum e nella Summa theologiae. A questa
lista si deve aggiungere anche lesegesi di Alberto a Gv 1, 18 nel commentario
su Giovanni.
In tutti questi testi Alberto non ha esitazioni: si deve sostenere che in patria
si avr la visione di Dio senza alcuna realt interposta tra Dio e il beato, per
cui i beati vedranno Dio come egli . Tuttavia questa affermazione di principio
, di volta in volta, chiarita soprattutto in riferimento a due principali esigenze.
La prima la comprensione della visione dellessenza divina da parte del beato
in modo che sia salvaguardata lassoluta trascendenza dellinfinit divina. La
seconda la spiegazione di come sia possibile la visione intellettuale di Dio nel
rispetto del processo conoscitivo umano. Sono in gioco, dunque, una ben pre-
cisa nozione della divinit, considerata in se stessa sempre oltre ogni possibile
comprensione umana, e una teoria della conoscenza che sia coerente con i suoi
assunti fondamentali e, allo stesso tempo, presenti le condizioni teoretiche per
la spiegazione della visione dellessenza divina.
Nel De resurrectione Alberto distingue tra il vedere Dio com (videre
deum, ut est) e vedere che cosa Dio (videre quid est deus). La distinzione
tra lut est e il quid est indica che luomo vedr lessenza di Dio, ma non
potr comprendere i termini della sua definizione, quindi anche se vedr Dio
senza alcuna mediazione, la sua essenza gli rester comunque ignota. Infatti,
soltanto quando possiede la definizione, lintelletto comprende veramente qual-
cosa, perch ne abbraccia i limiti. Questa condizione ovviamente impossibile
per linfinit divina, per cui lintelletto umano non pu comprendere Dio, bench
possa pervenire al suo essere9.
Questa soluzione potrebbe sembrare intellettualistica10, ma a ben vedere il
primato dato allintelletto non esclude il coinvolgimento affettivo. Anzi nel De
resurrectione, Alberto specifica che la verit nella visione non soltanto intel-
lettuale, ma anche affettiva, perch genera affetto quando conosciuta11. Pi
chiaramente questo aspetto emerge nellindagine sulla dilectio che deriva
dalla visione beatifica: la dilectio la pi perfetta delle virt, perch essa
perfeziona la volont che lunica pura potenza libera dellanima, pi libera
anche dellintelletto che dipende in un certo senso dal phantasma12.
Il collegamento con i fantasmi ci introduce direttamente alla questione della
comprensione dei processi conoscitivi coinvolti nella visione beatifica: come

9 Cf. Albertus Magnus, De resurrectione tr. 4, q. 1, a. 9, 1, ed. Kbel, p. 328, ll. 47-72.
10 Cf. Trottmann 1995, pp. 283-336.
11 Cf. Albertus Magnus, De resurrectione tr. 4, q. 1, a. 9, 2, ed. Kbel, p. 330, ll. 32-39.
12 Cf. Albertus Magnus, De resurrectione tr. 4, q. 1, a. 10, ad 4, ed. Kbel, p. 332, ll. 21-28.
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possibile avere una visione di una realt di cui non si coglie la definizione
dellessenza?
Nella Quaestio de visione dei in patria Alberto ha modo di sottolineare che
tanto la conoscenza di alcuni intelligibili quanto la visione divina non sono ac-
cessibili con la visione intellettuale naturale, ma soltanto per mezzo del lume
della fede, mentre la visione dellessenza divina possibile soltanto grazie al
lume della gloria. Ci non significa che nella visione dellessenza divina non
ci sar alcuna mediazione. Infatti, nella visione diretta di Dio la stessa luce
divina a costituire una mediazione, la cui funzione non quella della specie,
perch ci sarebbe impossibile, ma quella della luce che sostiene lo stesso
intelletto13.
A livello interpretativo la luce divina corrisponde, per Alberto, alla teofania
dionisiana. La visione di Dio per mezzo della luce divina indica che alluomo
non accessibile la piena conoscenza dellessenza divina, poich Dio si rende
oggetto di conoscenza a se stesso e agli altri nellatto del vedersi, senza che nulla
di creato, neppure lanima di Cristo, possa conoscerlo per quello che .
Unaltra tensione tra affermazioni bibliche su Dio, che coinvolge la rifles-
sione sulla visione dellessenza divina, costituisce il problema iniziale della
Epistula quinta dello Ps.-Dionigi. Alcune affermazioni della Sacra Scrittura,
infatti, sostengono che Dio caligine ed abita in una nube, mentre altre che egli
luce. Tale tensione , per Alberto, soltanto apparente, perch la caligine non
indica Dio, ma il difetto del vedente che, non potendo capire tutto della divinit,
nella nube dellignoranza. Nel commento alla lettera il maestro tedesco chia-
risce questa condizione sulla base della distinzione aristotelica degli Analytica
Posteriora tra conoscenza propter quid e conoscenza quia. Non c alcuna
possibilit per lintelletto creato di pervenire a una perfetta conoscenza di Dio:
non si pu conoscere il quid divino, in quanto Dio non ha un limite che possa
renderlo definibile; non pu essere conosciuto propter quid, perch non ha
causa; neppure pu essere afferrato con una dimostrazione quia determina-
tum, perch non ha una causa remota e gli effetti non gli sono proporzionati.
Tuttavia si d una conoscenza di Dio che definita da Alberto quia confusum.
Questo tipo di conoscenza in via e in patria, bench nei due stati di vita
si dia con differenti visioni14.
Che cosa Alberto abbia inteso con quia confusum nel commento alla Epis-
tula quinta pu essere individuato l dove scrive che il significato della luce,
della bont e di realt simili si riferiscono a Dio soltanto secondo il modum
attribuendi, poich queste in Dio si identificano con la semplicit dellessenza

13 Cf. Albertus Magnus, Quaestio de visione dei in patria, sol., ed. Fries, p. 98, l. 32, p. 99, l. 37.
14 Cf. Albertus Magnus, Super Mysticam Theologiam et Epistulas, Epistula Quinta, ed. Simon, p. 495,

ll. 33-43. Cf. anche Super Mysticam Theologiam, cap. 1, ed. Simon, p. 463, l. 76, p. 464, l. 3.
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divina15. Il quia confusum indicherebbe cos una conoscenza degli attributi


divini che non afferra comunque la stessa essenza divina.
In questo modo lapofatismo dello Ps.-Dionigi non spinto fino alle estreme
conseguenze. Anzi per Alberto rimane una fondamentale fiducia nelle possibili-
t della filosofia di pervenire alla conoscenza di Dio, anche se la scienza divina
dei filosofi mescolata con molti errori a causa del limite della ragione umana16.
La filosofia, che non pu provare nulla contro la verit divina trasmessa dalla
fede, pur se non riesce a pervenire a questa stessa verit, tuttavia, consapevole di
non sapere tutto, riesce a provare alcune caratteristiche della divinit come, ad
esempio, che in Dio ci sono le perfezioni di tutti i generi e la somma semplicit,
nonch che Dio la sua azione17.
La condizione di caligine nella quale si trova la conoscenza umana non
dunque un impedimento a conoscere qualcosa della divinit. Dio, infatti, pur se
non comunica con le creature nel genere, nella specie o nellanalogia, tuttavia
comunica con unanalogia di imitazione, con la quale alcune cose lo imitano per
quanto possibile18. In questo senso nei confronti delle cose pi manifeste della
natura, il nostro intelletto come una nottola rivolta verso il sole19. Limmagine
della nottola nel commento alla Mystica Theologia una citazione implicita di
Aristotele20, ripresa da Alberto anche nella sua interpretazione della Metaphys-
ica aristotelica in relazione alla metafora dellaquila, usata per rappresentare
la fiducia nelle possibilit umane di pervenire alle realt divine21: lintelletto,
infatti, con lo studio si eleva attraverso i vari gradi della luce fino alla fonte stes-
sa, dove raggiunge la massima felicit. Nel commentario su Giovanni il discorso
sulla felicit sviluppato nellesegesi di Haec est autem vita aeterna ut cogno-
scant te solum verum Deum, dove Alberto ha modo di dire che la conoscenza
del vero Dio la felicit intesa anche dai filosofi. La visione divina, per quanto
si possa avere nella vita terrena, vita di grazia, mentre causa della gloria in
futuro, quando sar perfetta22. Questa visione, nel commentario su Giovanni,
chiarita dal commento al versetto 1, 18.

15 Albertus Magnus, Super Mysticam Theologiam et Epistulas, Epistula quinta, ed. Simon, p. 496,

ll. 73-80.
16 Cf. Albertus Magnus, Super Mysticam Theologiam et Epistulas, Super Mysticam Theologiam, cap.

1, ed. Simon, p. 457, ll. 7-11.


17 Cf. Albertus Magnus, Super Mysticam Theologiam et Epistulas, Epistula septima, ed. Simon, p.

505, ll. 30-40.


18 Cf. Albertus Magnus, Super Mysticam Theologiam et Epistulas, Super Mysticam Theologiam, cap.

1, ed. Simon, p. 459, ll. 27-31.


19 Cf. Albertus Magnus, Super Mysticam Theologiam et Epistulas, Super Mysticam Theologiam, cap.

1, ed. Simon, p. 456, ll. 56-58.


20 Cf. Arist., Metaphysica, II, 1, 993b9-11.
21 Cf. Steel 2001, pp. 19-26.
22 Albertus Magnus, Enarrationes in Joannem, 17, 3, ed. Borgnet, p. 606a: Vel dicatur: Verum

Deum, quia ipse est veritas ipsa in qua stat viva cognitio intellectus [...] Haec autem cognitio est alta
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2. Giovanni-Aquila nel Commentario

Lesegesi del versetto Gv. 1, 18 riprende i classici argomenti di Crisostomo e


Dionigi, per i quali nessuno pu vedere lessenza di Dio. La risposta chiarisce la
perfezione della visione secondo lintelletto e si articola in tre punti corrispon-
denti alla distinzione della visione: da parte dellintelletto, dalla parte di ci in
cui si vede Dio, e dalla parte del modo di vedere.
Al primo punto Alberto classifica diversi livelli di intelletto da quello puro
del primo uomo, passando per lintelletto ottenebrato dal peccato, a quello illu-
minato con lo studio e la grazia, per giungere a quello elevato alle teofanie divine
con la virt di Dio, come successo a Mos e allintelletto conforme alla luce
della gloria, che si sperimenta nel raptus e nella visione beatifica. A questultimo
livello si vede Dio cos com23.
Il percorso delinea una serie di fasi dalla caduta alla redenzione. Questulti-
ma possibile gi con lo studio che, con labito della grazia, conduce a vedere la
luce divina per mezzo di mediazioni a lei conformi. A questo livello si potrebbe
collocare la filosofia, e ancor pi la teologia, ma verosimilmente il riferimento
allo studio, associato allesercizio della grazia, lascia intendere un cammino spi-
rituale tipicamente domenicano, per il quale lo studio assolve un ruolo orientato
verso la visione divina.
In maniera significativa, Alberto non collega la figura di Mos al raptus24. Gi
nel commento alla Mystica Theologia aveva sottolineato che Mos non aveva vi-
sto Dio, bens sue teofanie, raggiungendo un alto livello di contemplazione senza
vivere un raptus25. Il rapito, invece, posto a un livello superiore: egli ha fatto
esperienza della visione beatifica, ha visto la divinit senza alcuna mediazione
e ha raggiunto la sostanza divina con la mente, anche se non ne comprende il
quid est, perch non pu comprendere linfinit divina26.
Siamo cos condotti a collegare il raptus alla figura di Giovanni. La con-
nessione implicita gi nello stesso Prologo, quando si legge che Giovanni ha
vissuto le tre visioni con le quali Paolo, rapito al terzo cielo, ha visto le realt
divine27. Lattribuzione a Giovanni del raptus in forma implicita si ritrova nel
trentunesimo capitolo del Moralia in Job, quando Gregorio Magno attribuisce le

admiratione, firma veritate, pura eo quod nullum habet contrarium. Et talis cognitio sive theoria, sive
contemplatio, felicitas est, etiam secundum Philosophos. Haec ergo visio quantum hic haberi potest, est
vita gratiae, et causa gloriae in futuro.
23 Cf. Albertus Magnus, Enarrationes in Joannem, 1, 18, ed. Borgnet, p. 54b-55a.
24 Su questo tema cf. Faes de Mottoni 2007, pp. 17-48.
25 Albertus Magnus, Super Mysticam Theologiam et Epistulas, Super Mysticam Theologiam, cap. 1,

ed. Simon, p. 464, ll. 26-29.


26 Albertus Magnus, Enarrationes in Joannem, 1, 18, ed. Borgnet, p. 55b.
27 Albertus Magnus, Enarrationes in Joannem, Prologus, ed. Borgnet, p. 2.
La contemplazione, principale caratteristica dellEvangelista Giovanni secondo Alberto Magno 483

caratteristiche dellaquila prima a Giovanni e successivamente a Paolo, creando


di fatto una connessione tra laquila, Giovanni, Paolo e unesperienza limite
della divinit28, mentre un collegamento pi stretto si ritrova nel Omelia In
principio di Scoto Eriugena29 e, in dipendenza con lEriugena, nel Tractatus de
sancto Iohanne Evangelista di Vincenzo di Beauvais. In questultimo Giovanni
luomo deificato, luomo oltre luomo, colui che ha visto intimamente la verit
oltre tutti i cieli. Egli, nella causa di tutte le cose, ha ascoltato lunica parola per
la quale tutte le cose sono state fatte e lha comunicata agli uomini per quanto
gli stato consentito dirla30.
Alcuni aspetti della deificazione di Giovanni si ritrovano anche in Alberto,
soprattutto con la citazione di due strofe della sequenza liturgica Verbum dei deo
natum, con la quale Alberto esprime lidea di Giovanni quale uomo oltre luomo:

Tam implenda quam impleta


numqum uidit tot secreta
purus homo purius.

Volat auis sine meta


quo nec uates nec propheta
euolauit altius31.

Ma non soltanto questo aspetto che Alberto condivide con Vincenzo di Beau-
vais: c quello della carit e, in un certo senso, la convinzione che la dottrina
di Giovanni superi ogni filosofia umana32. Tuttavia, tra i due autori c una dif-
ferenza: per spiegare la superiorit della dottrina di Giovanni, Vincenzo sceglie
una serie di testi tratti dalla tradizione esegetica che evidenziano la semplicit
e lignoranza del pescatore, che disorienta i sapienti, mentre per Alberto, Gio-
vanni un maestro reso edotto dal Maestro per eccellenza33.

28 Gregorius Magnus, Moralia in Iob, 31, 47, ed. Adriaen, p. 1615, l. 28, p. 1616, l. 79.
29 Ioannes Scotus Eriugena, Homilia super In principio erat Verbum et Commentarius in Evangelium
Iohannis, ed. Jeauneau, p. 9, ll. 4-11.
30 Cf. Vincentius Bellovacensis, Tractatus de sancto Iohanne evangelista, cap. XIIII, ed. Basel 1481,

f. 246rb.
31 Sulla sequenza in connessione con il culto di san Giovanni nel convento Paradise di Soest, cf.

Hamburger 2008. Hamburger ha posto il testo della sequenza in relazione ad una tradizione che andrebbe
da Giovanni Scoto Eriugena a Meister Eckhart, tuttavia ha trascurato nella sua ricostruzione di prendere
in esame il Prologo di Alberto (cf. Hamburger 2005, pp. 473-537).
32 Cf. Vincentius Bellovacensis, Tractatus de sancto Iohanne evangelista, cap. XVII, ed. Basel 1481,

f. 245ra. Albertus Magnus, Enarrationes in Joannem, Prologus, ed. Borgnet, p. 10.


33 Albertus Magnus, Enarrationes in Joannem, 21, 21, ed. Borgnet, p. 717b: Hic ergo est discipulus

ille summi Magistri disciplinis institutus et perfectus [...]. Et sic a Magistro veritatis cognoscens veritatem,
auctoritate Magistri describit.
484 Graziano Perillo

3. La contemplazione, vertice del percorso formativo


del predicatore

Gi nel suo Prologo e nel commento al Prologo di Girolamo, Alberto riconosce


in Giovanni un dottore, un predicatore e uno scrittore34. Linterpretazione si
ritrova anche in altri commentari al IV Vangelo, tuttavia in quello albertino essa
particolarmente rafforzata da alcuni elementi, come ad esempio limportanza
data allo studio, la condizione di predicatore, lo status di maestro, la contempla-
zione, elementi che convergono nel tracciare lidentit dellevangelista, pur se
esegeticamente connessi ad altri personaggi del racconto evangelico.
Le considerazioni pi rilevanti sono desunte dal capitolo finale del Vange-
lo di Giovanni, in cui la narrazione evangelica presenta Pietro, Tommaso detto
Didimo, Natanaele e i figli di Zebedeo intenti a pescare sul mare di Tiberiade.
Loccasione data dalla Glossa interlinearis che specifica la rete della pesca di
Gv. 21, 6 come quella dei predicatori35. Bonaventura nel suo commentario si li-
mita a registrare linterpretazione, Tommaso offre osservazioni pi ampie, mentre
Alberto sviluppa unestesa esegesi mistica di grande intensit. Ad ogni elemento
della pericope corrispondono alcune caratteristiche di coloro che assumono lin-
carico della predicazione: lobbedienza; il chiarimento dei dubbiosi; la conoscen-
za magistrale della sacra parola; lo zelo nellufficio; il dono della grazia e della
virt che rende degni dellufficio; la lotta contro i vizi per la fortezza delle virt;
la purezza della contemplazione; lottemperanza ai due precetti della carit.
Per Alberto questi aspetti, dallobbedienza fino alla contemplazione, sono le
caratteristiche che ogni predicatore deve avere36. In questo modo si tracciano
le linee per una spiritualit tipicamente domenicana, o se si vuole, albertina,
che descrive una figura di frate domenicano obbediente, maestro e dottore nella
sacra parola, zelante nella virt, predicatore, contemplativo, che osserva i due
precetti fondamentali. Le caratteristiche attribuite da Alberto ai singoli prota-
gonisti della pericope possono, per, a ben vedere, ritrovarsi tutte soltanto in
Giovanni. lui, di fatto, il modello di frate predicatore.

Bibliografia
Fonti
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34 Albertus Magnus, Enarrationes in Joannem, In Prol. s. Hieronymi, ed. Borgnet, p. 12a: Evange-

lista hoc est, Doctor, et Praedicator, et Scriptor Evangelii.


35 Cf. Glossa super Iohannem, c. 21, in Biblia latina cum Glossa ordinaria, ed. Rush, p. 269c.
36 Cf. Albertus Magnus, Enarrationes in Joannem, 21, 2, ed. Borgnet, p. 699b.
La contemplazione, principale caratteristica dellEvangelista Giovanni secondo Alberto Magno 485

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486 Graziano Perillo

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Abstract: In the Prologue to the Commentary on St. John, Albert the Great uses the image
of an eagle to describe the main feature of the Evangelist, thats the contemplation. As an
eagle John flew into the sky of Trinity going beyond creatural limitation and living a expe-
rience, that can be interpreted like a raptus. For better understanding the contemplation
of John, some texts are very important: De resurrectione; Quaestio de visione dei in patria;
Quaestio de raptu, in which the german teacher explains in what sense the human intellect
can know the divine infinity. About this problem its significant the distinction between
quid est and ut est in God. The article closes showing how John represents a model
of a dominican friar in some texts of the Commentary.
Key words: Albert the Great; Contemplation; Raptus; Commentary on St. John; Human
knowledge of divine infinity.

Graziano Perillo
Pontificia Universit Salesiana
Piazza dellAteneo Salesiano, 1
00139 Roma
perillo@unisal.it

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