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Premessa
1
I Presocratici 2
1.1 Talete
Di Talete tanto poco si sa e gi tanto poco si sapeva nellantichit che alcuni
ritennero pi giusto o comunque pi documentabile far cominciare la filosofia con
Anassimandro; noi ci atteniamo qui alla visione tradizionale, suffragata da un certo
numero di testimonianze affidabili.
piedi.
Siccome, povero comera [Talete], gli rinfacciavano linutilit della filosofia, 6
3
I Presocratici 4
uninvenzione narrativa. Ma in questo voler non sono forse gli stessi dossografi a narrarci
ricondurre a ogni costo la figura del filosofo dellattivit politica di Talete (DK 11 A 1 e A
a una vita esclusivamente teoretica, assai 4) e dellazione di Anassimandro, che fonda
distaccata dalla quotidianit, noi rinvenia- una colonia sul Ponto (DK 12 A 4)? Per contro
mo la successiva deformazione operata dal- in essi, davvero intellettuali e uomini comple-
la mentalit platonica e aristotelica una ti, la riflessione teoretica e lattivit pratica si
deformazione, sintende, che questi pensa- sposano felicemente. daltro canto assai
tori intendevano come una difesa e una nota quella testimonianza di Proclo ove si
celebrazione della filosofia. asserisce che Talete fece molte scoperte in
Appare invece pi plausibile che questi tal campo [la geometria] e di molte guid
primi filosofi, data anche la loro stimolante gli inizi a quanti vennero dopo di lui, dedi-
collocazione geografica (erano tutti abitan- candovisi ora con intenti pi generali, ora
ti delle colonie, lontani dalla madrepatria e pi empirici (A 11). Il passo fa riferimento al
perci abbastanza svincolati dalle sue tradi- carattere aperto e pubblico, socialmente
zioni religiose e culturali), siano stati davvero utile e rilevante, non iniziatico n misterico
organicamente inseriti nel loro tempo e in del sapere come inteso dagli Ionici.
possesso di importanti funzioni pubbliche:
forma di tale principio non dicono tutti lo stesso: Talete, il fondatore di tale
forma di filosofia, dice che lacqua (e perci sosteneva che anche la terra 4
ci da cui le cose derivano il loro principio): di qui dunque egli ha tratto forse
tale supposizione e dal fatto che i semi di tutte le cose hanno natura umida e 8
lacqua il principio naturale delle cose umide. Ci sono alcuni secondo i quali
anche gli antichissimi, molto anteriori allattuale generazione e che per primi 10
teologizzarono, ebbero le stesse idee sulla natura: infatti cantarono che Oceano
e Tetide siano gli autori della generazione [delle cose]. . . 12
miti cosmogonici, attestato in Omero, Iliade, Non a caso questa filosofia apparsa
XIV, 201) ci mostra come esso non venga un tentativo di razionalizzare il mito laicizzan-
reputato una forma ormai superata di sape- dolo e aggiornandolo, per cos dire, alla mu-
re e, al contrario, contribuisca a indirizzare tata sensibilit religiosa e alla rinnovata situa-
rettamente il pensiero: quello che caduto zione culturale. Il fine non salvare a ogni
il suo carattere autoritativo. Il mito non vie- costo il mito n affossarlo, ma creare un nuo-
ne pi creduto in forma piena e indiscutibile vo sapere che non necessariamente rigetta
in ragione della sua antichit, ma soprav- il passato, bens lo accetta solo nei modi e
vive nella misura in cui il vaglio critico da nella misura in cui esso viene ammesso dal
parte della ragione laica e dellesperien- vaglio critico della nuova cultura. Tra il mito
za lo conferma e autorizza; al contempo la antico e la nuova filosofia ormai si tratta di
filosofia non costituisce una radicale alter- una differenza di grado, che il sapere pu
nativa allo spirito religioso della tradizione far scomparire, non pi di una differenza di
antica e mitica e continua a riferirsi al divi- principio ovvero di natura. La religione am-
no, bench questo abbia ormai perso ogni bito non ancora guadagnato dalla ragione,
carattere personale e si presenti come esito ma se la natura del numinoso permane, il
di riflessione piuttosto che come oggetto di suo spazio andr fatalmente restringendosi
fede. col progresso della conoscenza.
1.2 Anassimandro
Mai citato da Platone (come pure Anassimene), Anassimandro pare una scoperta
della storiografia aristotelica. Eppure con lui ci troviamo di fronte al primo testo
filosofico della tradizione occidentale, cos fascinoso e oscuro da aver suscitato disparate
letture sia da parte di storici che di teoreti (celebre a questo proposito il saggio di
Heidegger che reputa ancora modernissima quella problematica). Qui ne tenteremo
naturalmente una comprensione la pi letterale possibile.
detto che principio ed elemento degli esseri linfinito, avendo introdotto per
primo questo nome del principio. E dice che il principio non n lacqua n 4
un altro dei cosiddetti elementi, ma unaltra natura infinita, dalla quale tutti
i cieli provengono e i mondi che in essi esistono [. . .]. chiaro che, avendo 6
1-8. Questa testimonianza, dovuta al degli elementi fisici (i quali hanno contrarie-
pensatore sincretistico Simplicio (vissuto nel t ovvero, pi semplicemente, sono distinti)
sesto secolo e intenzionato a produrre una distruggerebbe tutti gli altri: questi ultimi so-
sintesi di platonismo e aristotelismo) e che no infatti finiti, laddove esso risulta infinito);
deriva abbastanza chiaramente dalla di- ma se i contrari non hanno buone ragioni
scussione aristotelica sulla contrariet pre- per porsi come princpi, nessuno di essi po-
sente in vari luoghi della Fisica, dedicato tendo assurgere a un ruolo predominante, il
alla natura del principio. Se esso fosse uno principio devessere altro rispetto a loro.
I Presocratici 6
me unico principio, presente una con- la parte ancora da spiegare sar la finale,
cezione dualistica dellesistenza delle cose, col celebre quanto oscuro concetto di in-
insorgenti dalla dinamica di infinito e finito. giustizia: la presenza nel testo di quel lun
1-3. La presenza dei contrari discende laltro ci mostra, contrariamente alle inter-
ad Anassimandro sia dalla tradizione sia dal- pretazioni pi vecchie, che lingiustizia non
lesperienza: gi in Omero certi accadimen- pagata allinfinito, bens agli esseri. Si trat-
ti naturali quali le tempeste e la bonaccia ta naturalmente di una ingiustizia cosmica,
in cui si risolvono appaiono governati dal che non coinvolge affatto il concetto mora-
contrasto; cos anche per le vicende che le di responsabilit, limputazione persona-
hanno luogo allinterno dellanimo umano le tipica del Cristianesimo, tanto pi che le
e cos sar anche nella difficile visione della cose non commettono questingiustizia per
giustizia di Esiodo. In tal senso possiamo leg- loro volere, ma per necessaria obbedienza
gere pure le affermazioni di Anassimandro: alle leggi dellinfinito stesso. Vi chi ha ritenu-
ce lo testimoniano i richiami allopposizione to addirittura che doppia fosse lingiustizia:
fra umidit e sole in DK 12 A 11, ai contrasti prima lindividuazione delle cose singole ri-
che nel vento conducono alle tempeste in A spetto allinfinito, quindi il tentativo tra esse di
23, a quelli fra le cose presenti e quelle future sopraffazione per prolungare indefinitamen-
in A 27. Il contrasto messo esplicitamente te la propria esistenza. La vita stessa delle
a tema in questo frammento, come scontro cose particolari costitutivamente lotta e
fra le cose che ne fa universale legge del contrasto e dunque lingiustizia condizio-
loro comportamento. ne fisiologica dellessere; la necessit che lo
Ma linfinito scaturigine, disponibilit governa equivale alla naturale disposizione
illimitata da cui fuoriescono (come sappia- del tutto.
mo per separazione e quindi in ragione del- Lordine del tempo fa riferimento alla
le opposizioni che vi germinano) i contrari; collocazione, per lappunto temporale, del-
sebbene lidea di un abisso infinito da cui le le cose, che si oppongono per questa loro
cose derivano sia presente gi in Esiodo e natura al carattere eterno dellinfinito. Dun-
nellOrfismo, la sintesi di Anassimandro in- que il senso complessivo del frammento sta
dubbiamente originale. Sussiste un processo nel muovere dalla constatazione che tut-
di individuazione e di distacco per cui una te le cose particolari hanno vita limitata e,
parte dellinfinito il quale giace in eterni in- in quanto partecipi dellordine del tempo,
distinzione e disordine ( infatti il della sono soggette alla distruzione. La seconda
tradizione) si finitizza in individualit limitate parte, la pi importante, spiega le ragioni di
e precisamente connotate (il della tale dinamica: ogni elemento un contra-
tradizione), al di sotto delle quali tuttavia rio, ma esso sussiste proprio in virt del suo
linfinito persiste come perenne fonte da cui contrario, dalla relazione col quale trae vita
le cose escono e a cui ritornano. Teniamo e senso. Lalternanza allora essenziale per-
presente che linfinito pu esser detto princi- ch se un contrario si assolutizzasse soppri-
pio, ma non elemento (come gi Aristotele mendo laltro, esso pure verrebbe soppresso,
aveva inteso: cfr. DK 12 A 15) e che esso non trovando il contraltare che lo definisce.
ha la funzione di abbracciare tutto, il che Il tempo, che stabilisce lalternanza dei con-
significa non solo sostenere materialmente, trari, lo strumento di cui linfinito si serve per
ma anche regolare e guidare: esso dunque governare le cose e per porre fine al tentati-
insieme materia e causa, per usare una vo di una cosa di assolutizzarsi impedendo
concettualit posteriore. alle altre di sussistere; esso non divino co-
3-4. Dopo quanto si detto sopra sulla me linfinito, ma lo indirettamente perch
dinamica cosmogonica di Anassimandro, suo strumento.
1.3 Anassimene
Anassimene sembra pensatore meno innovativo e interessante rispetto agli altri due
Milesii; nondimeno ha una sua importanza, sia pure tutta interna alle problematiche
della scuola, per il fatto che cerca di affinarle in senso tecnico. Ma anche in lui vediamo
I Presocratici 8
I Pitagorici
impresa affatto ardua confrontare scienza e filosofia nellet arcaica dei Presocratici
e non solo per lenormit in s del compito, ma anche perch luna non in questo
periodo ancora distinta dallaltra e tutti i saperi sono affatto solidali; in tale processo
che vengono generati i presupposti della loro successiva separazione e ha luogo il
disordinato proliferare delle innumerevoli discipline che, prese dallindagine dei loro
rispettivi oggetti, non sono in grado di effettuare una verifica del loro proprio statuto,
n della loro rispettiva metodologia n del loro afferire al medesimo grande genere:
quello scientifico, appunto.
Chiediamoci ora se la scienza cos come oggi la conosciamo abbia un qualche debito
nei confronti di questa ancora ingenua analisi del reale. Non sfugga innanzitutto
la collocazione del fare scienza: in quel tempo il sapere tecnico-naturalistico non
poteva andare disgiunto da quello etico (il che evidentissimo nel caso dei Pitagorici,
in cui la matematica era metodo di purificazione); lindividuazione delle strutture
fisiche del mondo era insieme riconoscimento del ruolo che in esso doveva giocare
luomo. Per questo il sapere presocratico non dimentico delluomo (come taluni hanno
osservato rapportandolo a quello successivo dei Sofisti), ma tende ad assorbirlo in una
dimensione che non esclusivamente naturalistica, bens onnicomprensiva: ad esempio
il concetto anassimandreo di giustizia non sappiamo dire se sia esteso alla natura
dallesperienza politica o viceversa. Ma lapprensione di questordine non pu emergere
dallimmediatezza o dalla percezione e richiede unesperienza peculiare: il contatto col
divino recuperato e riproposto da Parmenide come da Empedocle.
Certo, non mancano le differenze con la scienza contemporanea: assenza di una
mentalit sperimentale (lesperienza e non lesperimento lo strumento dei Greci);
limitata matematizzazione della fisica, applicata di norma alla descrizione di particolari
fenomeni di statica, ottica e soprattutto astronomia; infine scopo puramente conoscitivo
e non tecnologicamente rilevante. Eppure non possibile liquidare lo spirito indagatore
che mosse i Presocratici e resta da vedere se non sia ancora attuale la lezione di questi
antichi, che non ebbero bisogno di porre rigide barriere tra filosofia e scienza.
Essendo velleitario qualsiasi tentativo di operare una netta distinzione tra le diverse
fasi del pitagorismo antico, trattiamo qui il movimento come un tuttuno, adeguandoci
al costume aristotelico: il filosofo infatti parla, com noto, de i cosiddetti pitagorici
nel primo libro della Metafisica (A 5, 985 b 23) per indicare il comune lavoro di ricerca
svolto dalla fine del sesto allinizio del quarto secolo da un gruppo solidale nellattivit
di ricerca come nella fede religiosa e morale.
9
I Presocratici 10
ch gi nei tempi pi antichi gli Egizi si dedicarono allo studio della geometria,
i Fenici allo studio dellaritmetica e della logistica, i Caldei allosservazione 4
degli astri. I riti intorno agli di e quanto riguarda i costumi dicono che invece
li apprese dai Magi. Questo, dicono, molti gi lo sanno perch ne stata lasciata 6
1-7. Un intero filone di studiosi che si so- medio Pitagorismo. Inoltre appare possibile
no occupati domandati perch la filosofia ma ancora una volta non preciso discrimina-
nacque proprio in Grecia, proprio in quel- re, allinterno della scuola, fra acusmatici e
lepoca e proprio in quella forma ha identi- matematici, ovvero coloro nei quali lo spirito
ficato una delle sue matrici nella sapienza religioso era maggiormente accentuato e
orientale; la tesi viene formulata per la prima quanti si sentivano pi vicini a una genuina
volta gi nellantichit in brani come questo, ricerca scientifica.
di Porfirio. Ma, senza affrontare qui il proble- Non dimentichiamo che le matemati-
ma delle dipendenze e delloriginalit che che non avevano conosciuto presso le ci-
la filosofia greca presenta e riferendoci sol- vilt antiche progressi paragonabili a quel-
tanto a Pitagora, vi chi lo ritiene davvero li che conobbero presso i Greci, forse pro-
scienziato e iniziatore della corrente che da prio per il loro carattere pratico: dove il nu-
lui prende il nome, chi invece attribuisce mero era usato con una immediata finalit
verosimiglianza alle testimonianze solo dal concreta, il conseguimento di tale obiettivo
pitagorismo medio e rigetta nelloscurit del esauriva linteresse nei confronti del nume-
mito la figura di Pitagora, facendone uno ro stesso: cos per esempio in Egitto, ove
sciamano. le conoscenze geometriche servivano so-
Da un lato, la quantit e lunanimit del- prattutto a ristabilire i confini dei campi do-
le testimonianze in proposito ci inducono ad po le piene del Nilo. In Grecia per contro,
ammettere che Pitagora fu un filosofo origi- ove la matematica praticata in forma per
nale e influente, ma non ci consentono di cos dire disinteressata, cio senza la spinta
ricostruire quale fosse la sua teoria. Impossi- di moventi utilitaristici, non c un successo
bile dunque stabilire non solo il rapporto in pratico che rappresenti la soddisfazione e
lui presente fra filosofia e religione, ma ogni perci stesso la cessazione dellinteresse e
dato biografico e scientifico: ad esempio, lo studio pu proseguire anche oltre; proprio
non affatto sicuro che sua sia la paterni- questo carattere dellindagine fu la spinta
t del teorema che reca il suo nome. Non al progresso continuo degli studi che port
possiamo in conclusione che astenerci dal i Greci a esiti di valore assoluto.
produrre una distinzione chiara fra antico e
Pitagorici. Questi, dediti a tale studio, credettero che i princpi delle matemati-
che fossero anche i princpi di tutte le cose che sono. Or poich princpi delle 4
matematiche sono i numeri, e nei numeri essi credevano di trovare, pi che nel
fuoco e nella terra e nellacqua, somiglianza con le cose che sono e divengono 6
delle cose che sono. Elementi del numero ponevano il pari e il dispari, luno
pensato come infinito e laltro come limitato; lunit la consideravano derivante 4
mondo. Altri Pitagorici dicevano che i princpi sono dieci, quelli che secondo
la serie son detti: limite e illimitato, dispari e pari, uno e molteplice, destro 8
1-3. La prima parte del passo aristoteli- modo che vi sono numeri originati per inte-
co risulta di difficile interpretazione, perch ro dallillimitato (come 16=44, derivando il
oscuro il senso delle espressioni qualit totale da numeri tutti pari), numeri originati
accidentale e condizione e anche il lo- per intero dal limitato (come 15=35), de-
ro rapporto con principio (gli stessi esege- rivando in questo caso il totale da numeri
ti antichi propongono letture congetturali tutti dispari), infine numeri originati dal limite
affatto diverse). Probabilmente, operando e dallillimitato (come 6=23).
una semplificazione notevole, possiamo sug- 3-10. La seconda parte spiega la ce-
gerire che la prima espressione indichi le lebre differenziazione del pari e del dispari
propriet delle cose e la seconda il loro sta- e la loro derivazione dellunit o parimpari.
to: in ogni caso il numero risulta sia causa Qui Aristotele sta riferendo di una fase relati-
materiale che causa formale della totalit. vamente recente del Pitagorismo: la tavola
Nonostante innumerevoli testimonianze delle opposizioni sotto riportata (rr. 7-10)
(a cominciare da un frammento certamen- attribuita, se non a Filolao, comunque a pen-
te inautentico di Archita) riconducano il prin- satori della sua generazione (siamo nella se-
cipio, nei Pitagorici, al dualismo fra lUno e la conda met del quinto secolo). Tutti i Pitago-
Diade, tale opposizione prende piede solo rici comunque concordavano nel derivare
in epoca platonica e non da confondere la totalit dei fenomeni da unopposizione
con la dottrina, genuinamente pitagorica, fondamentale che si partiva quindi in serie
dellillimitato e del limite: insomma, solo il pa- derivate di contrari: le dieci coppie qui enun-
rimpari davvero il punto di partenza e lop- ciate, sebbene si susseguano casualmente
posizione, che assume qui valenza cosmo- e senza un filo rosso nella loro deduzione,
gonica, fra illimite e limitato sembra derivare ci mostrano che il numero era caricato di
da Anassimandro. Il frammento di difficile connotati qualitativi e che anzi assumeva
comprensione, ma possiamo affermare con una serie di significati determinati, riflettendo
sicurezza che, almeno nel campo dei nume- in certi casi pregiudizi o convinzioni tipiche
ri, lillimitato il pari e il limitante il dispari, di della mentalit arcaica.
di contro a questa, dicono che c una seconda terra, chessi chiamano antiterra;
e questo affermano non gi ricercando le cause e le ragioni dei fenomeni, ma 4
Molte delle loro teorie astronomiche, al- speculative sulla natura dei corpi celesti e
cune assolutamente in contrasto con quel- dei numeri e non a osservazioni astronomi-
le posteriori, altre che quelle moderne in che: il rapporto fra ragione ed esperienza
qualche modo anticipano, furono prodotte ancora difficile da definire.
per in prevalenza in base a considerazioni
Capitolo 3
Eraclito
i suoi concittadini pregato di dar loro le leggi, rifiut per la ragione che la
citt era ormai dominata da una cattiva costituzione. Ritiratosi nel tempio di 4
Artemide, si mise a giocare a dadi con i fanciulli: agli Efesi che gli si facevano
attorno, disse: Perch vi meravigliate, o malvagi? non forse meglio far questo 6
che occuparsi della citt in mezzo a voi?. Alla fine, per insofferenza verso
gli uomini, ritirandosi dalla vita civile visse sui monti, cibandosi di erbe e di 8
piante.
DK 22 A 1; trad. it. cit. pp. 179-80
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I Presocratici 15
1. Il filosofo non si propone qui come por- come individuale, privata; ha invece peso
tavoce della divinit, non presenta le pro- allorch riporta quanto il logos ad aver
prie convinzioni (a differenza di quanto far stabilito. Se, come abbiamo detto sopra, il
Parmenide) come dovute a una rivelazione filosofo propone anche un metodo (cio,
divina, bens direttamente al logos; in altre proprio nel senso etimologico, un cammi-
parole propone unesperienza che lui ha no) per avvicinarsi a questa conoscenza,
realizzato, ma che anche altri possono at- evidente che il sapere non sar oggetto
tuare se in possesso dellatteggiamento e di una mistica rivelazione, ma il risultato del
del metodo adeguato, cio, secondo la for- razionale procedere della ricerca umana,
mulazione di B 1, provandosi nelle parole la conquista da parte del graduale lavo-
e nelle cose corrette. La stessa parola del ro dellintelletto: questo ci sembra deporre
filosofo non ha alcun valore se appartiene a a favore della laicit dellimpostazione di
lui in quanto uomo, cio allorch si presenta Eraclito come dei Milesii.
1. questo uno dei celebri frammenti del in proposito in nostro possesso e dato che
fiume (in modo del tutto analogo anche DK la dottrina genuinamente eraclitea si con-
22 B 12 e B 91), ove leggiamo ancora una fonde nelle testimonianze con quella degli
volta la tesi della contraddittoriet del reale: eraclitei successivi, Cratilo in testa.
il dinamismo tipico delle cose fa s che ogni Tali frammenti comunque, come abbia-
processo sia ipso facto anche il processo op- mo anticipato, fanno senzaltro riferimento
posto. Questi testi espongono lidea che la non solo alla tesi del mobilismo universale,
realt sia collocata in un eterno fluire e in ef- ma anche a quella della struttura oppositiva
fetti un intendimento dinamico del principio della realt e sottolineano il carattere con-
reperibile in tutti questi primi pensatori, a traddittorio di ogni azione (poich noi nel
cominciare dagli Ionici: non siamo tuttavia fiume scendiamo e al contempo non scen-
in grado di precisare ulteriormente la forma diamo) e di ogni realt (infatti ogni cosa
che questa dottrina assume in Eraclito, data e insieme non ).
la grande scarsit della documentazione
1. Il frammento, consegnatoci da Aristo- 29, 104, 34, 49, 59, 60, 62, 65, 67, 80, 88, 102,
tele, stato assai discusso dai critici, alcuni 103, 111, 117, 118, 126) e tratte dai campi
dei quali ne contestano la genuina matri- pi vari, dalle realt fisiche e astronomiche
ce eraclitea. Ma, al di l della questione a quelle umane in senso lato.
filologica, esso pare ben esprimere una te- Ci stiamo avvicinando al cuore della
si originale del nostro filosofo: i contrari non concezione eraclitea: i contrari, lungi dal lot-
solo lottano fa loro e si escludono reciproca- tare per la reciproca eliminazione, si richie-
mente: da un altro punto di vista possiedo- dono vicendevolmente, si attirano e accor-
no invece una loro segreta unit, che non dano: che cosa mai sarebbe infatti la luce
appare a uon sguardo immediato. Tutto ci senza il buio, o il suono privo del silenzio?
fa credere che i contrari fossero un aspet- solo dallopposizione che ogni realt trae il
to della realt particolarmente significativo suo senso e la sua stessa esistenza: infatti La
per questi primi pensatori, probabilmente malattia rende piacevole e buona la salu-
per la loro forte e diffusa presenza nei pi di- te, la fame la saziet, la fatica il riposo (B
sparati aspetti della natura: lalternarsi delle 111), dove lun contrario a rincorrere e a
stagioni come delle costellazioni, lopporsi valorizzare laltro, e pure Le cose fredde si
del giorno e della notte ovvero della luce scaldano, il caldo si fredda, lumido si secca,
e delloscurit, il ritmico susseguirsi delle co- ci che arido sinumidisce (B 126), dove
stellazioni e delle maree. A qualche decina evidente che sono le medesime cose ad
ammontano infatti le varie coppie di con- attraversare stati opposti.
trari enunciate da Eraclito (cfr. B 8, 10, 51, 72,
3.7 La guerra
Polemos padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come di e gli
altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi. 2
Bisogna per sapere che la guerra comune (a tutte le cose), che la giustizia
contesa e che tutto accade secondo contesa e necessit. 4
I Presocratici 18
1-2. Il logos identificato qui con la con- il contrasto fisiologico allessere. Ogni cosa
tesa: la regola costitutiva delle cose, che ne non solo e non tanto si oppone al proprio
determina il comportamento e ne governa contrario, ma vive grazie a esso. Che tutto
le relazioni con tutte le altre, il conflitto. Il sia e non sia, ovvero si trovi costantemen-
contrasto presente sia tra le cose sia allin- te aperto alla contraddizione, implica una
terno di ogni singola cosa: tale opposizione dinamicit del reale, un continuo divenire,
non tuttavia mera distruzione, ma al con- magari non evidente ma comunque essen-
trario essenza positiva, statuto ontologico. ziale e ineliminabile, pena il toglimento della
Tutto quanto ha luogo, come il prosieguo realt stessa; pertanto non cos strano o
indica, dovuto a . scorretto attribuire allo stesso Eraclito la tesi
3-4. Polemos non prevaricazione, vio- del divenire o flusso universale.
lenza distruttiva, bens la struttura delle cose:
1-2. Questo frammento integra i prece- comprensione del suo significato non ne vie-
denti, poich se in quelli si spiegava la con- ne affatto ridotta. Qui il contrasto riportato
cezione oppositiva della realt ora Eraclito a unit e se ne afferma il carattere solo di su-
mostra la solidariet che soggiace allop- perficie, non essenziale. Perch limmagine
posizione, il carattere dellopposto concor- adottata quella dellarco e della lira? Tra
de ormai letto pi come concorde che co- le innumerevoli spiegazioni, due ci sembra-
me opposto e perci fondamento in modo no pi plausibili e non del tutto incompatibili:
unitario dellintera realt. in primo luogo perch i due oggetti simbo-
3-4. Il frammento (trascurando qui il pro- leggiano dei contrari fondamentali quali la
blema filologico della sua effettiva struttura: guerra e la pace (la lira qui strumento arti-
le due parti ci vengono date di seguito e stico, usato in tempi lieti). Secondariamente
con alcune differenze solo da Platone e perch la forma dei due oggetti, costitui-
da Ippolito, mentre altre citano o solo linizio ti entrambi da due bracci divergenti che
o solo la conclusione) un tentativo, uno tendono delle corde le quali a loro volta li
dei pi importanti, di spiegare il perch della fanno essere pi vicini e cio convergenti,
caratteristica contraddittoriet del reale, fi- affatto simile. Ne risulta un oggetto in cui
nora solo rilevata nellesperienza. Innanzitut- ogni contrasto vien fatto venir meno: esso
to: quale potrebbe essere il soggetto di cui il convivere stesso degli opposti che vertono
si rileva lapparente discordanza e la sostan- sulla medesima entit.
ziale concordanza? Senza considerare le 5. Tralasciando linterpretazione cosmo-
discussioni in proposito (che iniziano proprio logica di questo frammento (che dovrebbe
con lintegrazione operata dallo stesso Pla- in tale lettura descrivere i processi inversi del-
tone in forma differente nel Simposio, 187a, la cosmogonia a opera del fuoco), qui si
dove il soggetto ipotizzato luno, e nel So- ribadisce lidentit degli opposti e la loro
fista, 242d, ove invece lente), possiamo compresenza allinterno di ununica realt,
lasciare il frammento cos com poich la quale la strada. Analoghi, fra i tanti altri, B
I Presocratici 19
1-3. Perch proprio il fuoco la traduzio- meno uomo, ma esiste ab aeterno (sappia-
ne fisica del logos, come dice questo primo mo daltro canto come lidea di una creatio
frammento? I Milesii avevano offerto altre so- ex nihilo sia assente dalla cultura greca co-
luzioni, ma erano stati portati a effettuare le me da tutte le culture orientali antiche) e, se
loro scelte da motivazioni, come abbiamo parliamo della sua origine, non ci riferiamo
visto, di natura prevalentemente fisica. Ci alla sua nascita, bens alla sua conformazio-
sembra invece che sia una ragione specu- ne in base al disegno della ragione (che a
lativa a indurre Eraclito a optare per il fuoco: sua volta fuoco). Il fuoco dunque eterno
esso, pi di ogni altro elemento, sottoposto e ubiquo, intelligente e materiale al contem-
al contrasto e meglio di ogni altro lo incar- po, anche se non affatto chiaro come da
na concretamente, soggetto com ad ac- questa principio tutto sommato determina-
cendersi e spegnersi, a variare di continuo, to (almeno se confrontato con linfinito di
a elevarsi e discendere seguendo il ritmo Anassimandro) derivino gli altri elementi.
alterno della fiamma e vive della morte di 4-5. Clemente cos chiosa la sua citazio-
ci che brucia. Si legga a questo proposito ne di B 31, il nostro secondo frammento: Im-
DK 22 B 67: Il dio [. . .] muta come il fuoco, plicitamente egli [Eraclito] dice, infatti, che
quando si mescola ai profumi e prende no- il fuoco, ad opera del logos e del dio che
me dallaroma di ognuno di essi. Sul piano governa tutte le cose, trasformato, pas-
cosmologico, si alternano il periodo in cui sando per laria, in umido, che come il se-
il fuoco presente nella forma del manca- me dellordine universale e che egli chiama
mento (come suggerisce B 67) e cio si at- mare; da esso poi, a loro volta, nascono la
tua nelle cose innumerevoli del mondo e il terra, il cielo e le cose che vi sono contenute.
periodo in cui esso si realizza come saziet, Che poi di nuovo ripercorra il cammino al-
ovvero allorch tutto soltanto fuoco. lindietro e alla fine sinfiammi, chiaramente
Tra i vari problemi filologici che tale fram- lo mostra con queste parole: <La terra> si
mento ha suscitato, uno devessere qui men- liquefa come mare e si espande fino a quel
zionato: la triplice occorrenza del verbo es- punto a cui era prima di diventare terra.
sere da intendersi in senso esistenziale op- 6-7. In questultimo frammento il fuoco
pure semplicemente il predicato nominale visto in guisa di suprema legge naturale
che regge lapposizione, lespressione fuo- e il giudizio che esso opera devessere ri-
co sempre vivente (presente alla r. 2)? Gli tenuto assai simile alla giustizia dellinfinito
studiosi si dividono equamente fra una tesi di Anassimandro, ovvero dimensione preva-
e laltra e noi, senza la pretesa di optare per lentemente naturalistica: abbiamo forse di
luna o laltra possibilit, possiamo almeno fronte una ingenua e tenue ma gi operan-
riferire quanto c di sicuro: il cosmo non te distinzione fra la materia di cui le cose son
stato prodotto da nessuno, n Dio n tanto fatte e la norma cui obbediscono.
Capitolo 4
LEleatismo
4.1 Senofane
Facciamo iniziare lEleatismo con Senofane per ossequio alla tradizione, poich
sconosciuto il rapporto che egli intrattenne con gli Eleati. Non chiare sono infatti
le sue teorie ontologiche e la sua attenzione alla religione non la ritroveremo per
contro in alcun Eleata; ma anche qui reperibile quelluso autonomo della ragione e
quellindipendenza da qualsiasi tradizione che sono il principio della filosofia.
Ma se i buoi <e i cavalli> e i leoni avesser mani e potessero con le loro mani
disegnare e fare ci appunto che gli uomini fanno, i cavalli disegnerebbero 4
1-2. Questo frammento (insieme ad al- 3-7. I frammenti qui riportati, derivanti in-
cuni altri: cfr. DK 21 B 10 e B 12) una critica sieme a qualche altro (DK 21 B 14) da uno-
alla religione tradizionale: a Senofane pare pera intitolata Silli e citata in un papiro ma
assurdo che le divinit, che dovrebbero co- di cui non sappiamo nulla, esemplificano le
stituire per gli uomini modelli da emulare e celebri affermazioni di Senofane contro lan-
personificazioni dei valori a cui ispirarsi, siano tropomorfismo, ovvero labitudine di raffigu-
invece rappresentate nella poesia tradizio- rare gli di in forma umana, il che dovuto,
nale e vengano di conseguenza reputa- a suo giudizio, alla ingenuit e allignoranza
te nellopinione diffusa dei Greci come in degli uomini.
possesso di tutti i difetti tipici degli uomini.
20
I Presocratici 21
4.2 Parmenide
Approfondendo le teorie degli Eleati ci renderemo ora conto della grande novit
da essi rappresentata, poich la ricerca presocratica abbandona lo studio immediato
della natura, ovvero il tentativo di identificare il principio, e si volge allanalisi delle
strutture logiche della realt.
Nei pensatori precedenti operava una insaputa sinergia di esperienza e ragione che si
occupava appunto del problema del principio. Con Parmenide invece ci si domanda dello
statuto epistemologico dellesperienza stessa, ovvero in che misura essa sia affidabile
come strumento di conoscenza. Il pensatore fa un passo indietro, pone una questione
preliminare di metodo: prima di affrontare il problema della conoscenza si pone quello
sugli strumenti mediante i quali si conosce.
Tutti i pensatori successivi a Parmenide non potranno esimersi dal confronto con
le sue posizioni, momento imprescindibile per ogni ricerca vuoi naturalistica, vuoi
ontologica.
1-5 e 10-11. Perch Parmenide sente il cui non troviamo in effetti traccia nella loro
bisogno di presentare la sua filosofia in forma speculazione, se esso fosse invece in lui di
di poetica rivelazione divina (la sua poesia primaria importanza. Secondo lesegesi di
ha peraltro sempre incontrato giudizi nega- Sesto Empirico (che tutta questa parte del
tivi da un punto di vista letterario), il che evi- poema ci ha riportato ma che nella sua let-
dentemente assai di pi di retorica o di tura, risentendo del Fedro platonico, legge
mera finzione letteraria? Il filosofo necessita il mito parmenideo del carro e della dea in
del ricorso allaiuto della divinit, anzi non forte analogia con quello della biga alata),
potrebbe neppure arrivare a essa se fin dalli- fuor di metafora le cavalle rappresentano i
nizio non vi fosse la disponibilit della divinit desideri dellanima e lirrazionale tensione
in persona ad aiutarlo: egli, per incontrare la verso la conoscenza, che da sola restereb-
Dea, ha infatti bisogno del cocchio che ella be mera attrazione insoddisfatta; le fanciulle
gli mette a disposizione. Dallaltro lato laiuto che accompagnano il filosofo sono le sen-
divino non conferito a un uomo qualsiasi, sazioni. La giustizia, vista qui come punitrice,
ma a colui che ha dimostrato particolare la ragione e la Dea rivelatrice, che questa
predisposizione e interesse nella ricerca del- giustizia rispetta e a cui in certo modo sot-
la verit: possiamo cos pensare a una situa- tomessa, lindagine filosofica. Parmenide
zione di equilibrio fra la disponibilit del dio insomma muove prendendo in considera-
e liniziativa delluomo: una cooperazione, zione le due fonti della conoscenza, il senso
insomma, come qualcuno ha proposto. e lintelletto.
Non si tratta tuttavia di una forma di mi- 6-9. I sentieri della notte e del giorno de-
sticismo, di uniniziazione irrazionale, di un rivano allora (sempre seguendo Sesto Empi-
atteggiamento puramente religioso o fidei- rico) da queste due fonti: se noi ci affidiamo
stico (o sciamanico, come altri ancora si ai sensi, otteniamo una conoscenza falla-
espresso); il generale senso del divino co- ce, erronea e non percorreremo che la via
me numinoso, ma altres lassenza di un dio dellerrore; se, invece, ci muoviamo secon-
personale e il senso aperto e laico della do ragione, procederemo lungo la via del
ricerca si notano qui al pari che negli altri giorno per raggiungere la verit. Lallusione
testi presocratici analizzati fino a ora. alla Giustizia conferma la credenza di tutti
Sarebbe per di pi assai strano se in tutti i Presocratici nellesistenza di una generale
i maggiori discepoli di Parmenide vi fosse un legalit che governa per intero lessere.
abbandono totale dellaspetto religioso, di
le cose (lontologia) sia il nostro pensare le pra considerate si affianchi una terza, quella
cose (la logica) sia infine il nostro parlare che riguarda le apparenze: queste ultime,
intorno alle cose (il linguaggio) o viviamo pur essendo contraddittorie rispetto alla rigi-
allinterno della contraddizione. Ci signifi- da legge dellessere, non sono neppure un
ca che esistono due soli ambiti, lessere e nihil absolutum, poich noi ne discutiamo
il non essere, questultimo totalmente sva- intelligibilmente. Questa seconda interpreta-
lutato di ogni plausibilit e credibilit; esso zione sostenuta, fra gli altri, da Reale, che
coincide col dominio dei sensi, incerti e sem- cos spiega: Tradizionalmente si inteso il
pre soggetti allimprecisione e allerrore, tali pensiero di Parmenide irrigidito in una po-
da farci credere che le cose insieme siano sizione di assoluta negativit nei confronti
e non siano. della . Sennonch di recente emerso,
4-5. Tuttavia si fatta ormai strada li- abbastanza chiaramente, che alcuni fram-
potesi che, in questo problematico luogo, menti dimostrano che il primo Eleate, pur
il filosofo si riferisca anche a unaltra possi- negando qualsiasi validit alla fallace opi-
bilit, descritta ai due versi successivi, ove nione dei mortali, era tuttavia niente affatto
si parla delle apparenze. Mentre nella tra- alieno dal concedere alle apparenze op-
dizionale lettura queste erano identificate portunamente intese una loro plausibilit e,
con le fallaci opinioni dei mortali, ora sem- quindi, dal riconoscere qualche validit ai
bra che il loro riferimento sia affatto diverso: sensi. Se cos, bisogna concludere, come
infatti, se lessere pu essere oggetto del- abbiamo gi accennato, che Parmenide,
la nostra considerazione ma non coincide, oltre alla Verit e alla Opinione fallace dei
come vedremo, col mondo delle cose mol- mortali, riconosceva la possibilit e la liceit
teplici e divenienti, e il non essere non si pu di un certo tipo di discorso che cercasse di
n pensare n dire, che cosa pensiamo e di dar conto dei fenomeni e delle apparen-
che cosa parliamo quando ci esprimiamo ze senza andar contro al grande principio,
intorno al mondo molteplice e diveniente? cio senza ammettere, insieme, lessere e
Tale considerazione ha suggerito ad al- il non-essere (Storia della filosofia antica,
cuni interpreti che in realt le vie alluse da Vita e Pensiero, Milano 19824, vol. 1, pp.
Parmenide siano tre, ossia che alle due so- 127-128).
1-5. Viene qui formulato il principio di Alcune letture hanno ipotizzato che Parme-
non contraddizione secondo Parmenide, nide si riferisca a due soggetti, sottintesi ma
che governa, come abbiamo detto poco non per questo meno presenti, ovvero les-
sopra, sia il dominio dellessere che quello sere e il non essere, mentre altri hanno obiet-
del pensare. I campi di cui qui parla il filosofo tato che ci non affatto necessario per
sono due, due le vie di ricerca. Ma di che intendere il significato del brano: infatti noi
cosa esse dicono rispettivamente che e ragionevolmente ci esprimeremo a propo-
che non , quale cio possiamo pensare sito di qualsivoglia entit se ne parleremo
sia il soggetto di queste due proposizioni? come di qualcosa che , mentre se le attri-
I Presocratici 24
1-2. Lapertura di questo passo ribadisce diato con lessere e la conoscenza inge-
lidentit del dire e del pensare con lessere: nuamente intesa come lovvio, fisiologico
per la mentalit arcaica non solo quella di processo di adeguazione del pensiero al-
Parmenide, ma della coscienza mitopoieti- lessere; ne risulta rigettato fin dal principio
ca e presocratica tutta il pensiero non pu lerrore. Se infatti sbagliando si pensa qual-
che coincidere in modo integrale e imme- cosa di diverso da come la realt , si pensa
I Presocratici 25
qualcosa che non : ma ci che non non scernere adeguatamente le erronee teorie
pensabile e dunque lerrore impossibi- su di esso prodotte dagli uomini per potersi
le da verificarsi. Il reale e il vero rimangono da queste guardare.
dunque indistinti, la loro identificazione non Secondo una diffusa lettura tale gen-
rappresenta un problema o un obiettivo pro- te va identificata con gli eraclitei, poich
blematico da raggiungere, bens levidente Eraclito, com noto, sosteneva una con-
punto di partenza. A ci si unisce unana- cezione del reale del tutto incompatibile
loga concezione del linguaggio, che de- con la dottrina parmenidea; indipendente-
ve, da parte sua, rispettare e rispecchia- mente da questa identificazione (peraltro
re lunit dellessere e del pensare; cosa e verosimile come la congettura di coloro che
parola coincideranno e assumeranno ruoli antepongono cronologicamente, sia pure
intercambiabili. di poco, Eraclito a Parmenide e che vedono
3. Nel prosieguo la Dea sempre il suo nel poema sacro di questultimo una pole-
discorso che Parmenide sta qui riferendo mica contro le teorie dellaltro), possiamo
ribadisce il divieto di praticare la via del non dire che il passo si rivolge contro tutti quan-
essere. ti ritenevano possibile spiegare lessere fa-
4-9. Ma un problema si ripropone: allor- cendo ricorso anche al non essere e alla
ch essa dice: eppoi inoltre da quella per loro contaminazione il divenire . La loro
la quale mortali che nulla sanno | vanno er- indecisione non ovviamente una carat-
rando, gente dalla doppia testa, sta para- teristica psicologica, bens una categoria
frasando quanto appena detto, alludendo filosofica: si tratta del fondamento sul quale
alla via del non essere, o si sta riferendo a un essi reputano possibile produrre una spiega-
altro tipo di errore? Forse la Dea vuole che il zione della totalit, giudicato assurdo senza
filosofo non solo abbia chiara la natura del remissione da Parmenide.
non essere, ma che sia pure in grado di di-
va una strada per renderlo maggiormente una forma del divenire, che gi abbiamo
comprensibile e a noi noto producendone escluso; inoltre lessere dovrebbe muoversi in
una descrizione, condotta sintende con uno spazio esterno, il che assurdo, poich
strumenti esclusivamente razionali. Lessere al di fuori di esso c il non essere, ovvero
innanzitutto ingenerato (r. 7): infatti, se fos- non c nulla.
se generato, lo sarebbe stato o dallessere o Il verso che afferma che Non mai era
dal non essere: ma dallessere non pu esser n sar (r. 9) di particolare interesse poi-
nato (come si legge poco pi sotto, alle rr. ch contiene il motivo del contrasto con
11-13), o si produrrebbe semplicemente un Melisso che analizzeremo pi sotto: lessere
regresso allinfinito, mentre dal non essere non conosce n il passato n il futuro perch
nulla pu nascere. Esso quindi imperituro essi sono forme della diversit, ossia del non
poich non gli pu accadere di annichilirsi: essere (col che scopriamo che Parmenide
dove infatti andrebbe a finire? quindi inte- nega recisamente anche il tempo, dimen-
ro e unico (r. 8) poich, se fosse distinto al sione propria del mondo dellopinione, ma
suo interno o molteplice, ciascuna delle sue impossibile da attribuire allessere): il passa-
parti non sarebbe le altre e verrebbe cos to infatti non pi e il futuro non ancora.
reintrodotta la molteplicit e perci stesso Lessere vive perci immerso in un eterno
il non essere (dal momento che ogni parte, presente e pu venir tradotto con limma-
in quanto particolare, non sarebbe le altre). gine del punto, con listantaneit che ci fa
Esso quindi immobile perch il movimento dire di esso che in un perenne ora.
1-4. Questi versi ribadiscono lidentit ne: la dea ora istruir Parmenide sulle opi-
del pensiero e dellessere che gi abbiamo nioni dei mortali. Resta da capire se queste
incontrato: la necessit di questa identifica- ultime coincidono senza residui col tentativo
zione, che non consapevolmente afferma- degli uomini stolti di parlare del non essere
ta o posta come esito di un ragionamento, e dunque non sono che il capitale errore,
bens accettata subito come un fatto ovvio, il peccato originale della filosofia, ovvero
personificata da una divinit chiamata costituiscono il lecito tentativo (pi o meno
Moira (che in greco significa destino). corretto a seconda che rispetti o no il prin-
4-7. I capitali versi in questione ci riporta- cipio di non contraddizione) di dar conto
no allinterpretazione del mondo dellopinio- delle apparenze.
delle quali una sola non dovevano e in questo sono andati errati ; ne
contrapposero gli aspetti e vi applicarono note
reciprocamente distinte: da un lato il fuoco etereo 6
che dolce, leggerissimo, del tutto identico a se stesso,
ma non identico allaltro, e inoltre anche laltro [lo posero] per s 8
con caratteristiche opposte, la notte senza luce, di aspetto denso e pesante.
Questordinamento cosmico, apparente comesso , io te lo espongo compiuta-
mente, 10
cosicch non mai assolutamente qualche opinione dei mortali potr superarti.
(ma anche le altre letture a nostro parere zione di questa cosmologia delle apparen-
non sono in grado di evitare contraddizio- ze: si tratta per vero, come ormai pi volte
ni): da un lato il filosofo, nellintendimento abbiamo sostenuto, del generale modello
rigido del suo principio di non contraddizio- dualistico a cui si erano ispirati molti dei pen-
ne, vieta di dire alcunch intorno al mon- satori precedenti, da Anassimandro ai Pita-
do dellopinione, ma poi non pu evitare gorici a Eraclito. chiaro che, a seconda
di incontrarsi con quello e di parlarne: tale del modo in cui sintende il passo che pre-
contraddittoriet rimane a nostro giudizio cede, si valuta questa cosmologia come
aperta e irrisolvibile, come dimostrano i suc- semplicemente riferita ovvero sostenuta da
cessivi tentativi, compiuti da Melisso e dai Parmenide: se il filosofo ammette e ricerca
Pluralisti, di riaccordare ragione (e principio una spiegazione plausibile delle apparenze,
di non contraddizione) ed esperienza. Inol- allora i due princpi del fuoco e della notte
tre non bisogna dimenticare che la dea sono effettivamente assunti; per i sostenitori
stessa che divide le cose in appartenenti al della terza lettura sopra esposta invece essi
campo dellessere e dellapparire, ricono- vengono qui riportati non asserendo sed re-
scendo e legittimando questultimo ambito, citando, cio semplicemente raccontando
sia pure in forma indiretta. un punto di vista diverso e avverso rispetto
6-11. Gli ultimi versi ci danno la descri- a quello parmenideo.
4.3 Zenone
Le argomentazioni zenoniane hanno dato filo da torcere non solo ad Aristotele,
che non risparmi a esse critiche aspre ma le cui confutazioni non sono mai apparse
risolutive, ma anche a filosofi della scienza nostri contemporanei come Grnbaum, i
quali hanno affrontato le aporie del discepolo di Parmenide avvertendone la sconcertante
modernit.
disti dallaltra. Lo stesso ragionamento vale anche della parte che sta innanzi:
anche questa infatti avr grandezza e avr una parte che sta innanzi. Questo 6
vale in un caso come in tutti i casi: nessuna infatti di tali parti sar lultima e
non possibile che non ci sia una parte a precedere laltra. Cos, se sono molti, 8
necessario che essi siano piccoli e grandi: piccoli fino a non avere grandezza,
grandi fino ad essere infiniti. 10
1-3. La testimonianza, tratta dalla Fisica 3-10. Se lessere fosse molteplice, esso
di Simplicio, precede logicamente quella risulterebbe insieme infinitamente piccolo e
numerata da Diels come prima e che in- infinitamente grande. Piccolo, perch le uni-
vece la presuppone quanto al gioco del- t componenti, per essere veramente unit
le argomentazioni, come ormai pressoch cio semplici devono essere indivisibili
unanimemente si ritiene. Nel loro complesso, e tutto ci che ha una dimensione divi-
i due passi ci danno alcune delle critiche sibile. Quindi le singole parti di cui il molte-
zenoniane alla molteplicit e mostrano la plice composto devono essere inestese:
necessit che lessere sia uno e indivisibile. ma in questo caso la loro somma non po-
I Presocratici 29
tr che dare un risultato nullo e il molteplice ma tale processo va proseguito allinfinito (il
sar perci inesistente. Ma insieme tali parti corpo separatore sar a sua volta separato
saranno pure infinitamente grandi, poich da quelli che separa da ulteriori corpi e cos
per esistere devono possedere una qualche via), per cui una molteplicit finita di gran-
grandezza ed essere discoste dalle altre. La dezze sar al contempo una molteplicit
separatezza richiede che i corpi separati lo infinita di grandezze.
siano da una qualche entit, un terzo corpo:
alcuna eppure esiste. Dice: Se infatti venisse aggiunto a un altro essere non
lo renderebbe per nulla maggiore. Difatti, non avendo esso grandezza alcuna, 6
sottratto, laltro essere non diventer per nulla minore, e neppure, daltro canto,
quando quello venga aggiunto questo diventer maggiore, chiaro che non 10
provare linesistenza del movimento per il fatto che loggetto spostato deve
giungere alla met prima che al termine finale: ma questo ragionamento noi 4
ma tuttavia esso viene raggiunto, purch si ammetta che viene percorsa una
distanza finita. Questi sono, intanto, i primi due ragionamenti: il terzo quello 14
pocanzi citato, che, cio, la freccia, nellatto in cui spostata, sta ferma. Ma
questa conclusione si ottiene solo se si considera il tempo come composto da 16
altre masse uguali, le une dalla fine dello stadio, le altre dal mezzo, con eguale
velocit. E con questo ragionamento egli crede nel risultato che la met del 20
tempo sia uguale al doppio. Il paralogismo sta nel supporre che una uguale
grandezza venga spostata con uguale velocit in un tempo uguale sia lungo 22
19-23. Il quarto e ultimo argomento sione letta da un altro punto di vista- che
detto dello stadio; vi troviamo due blocchi un tempo semplice sia doppio e viceversa.
che si muovono di moto uguale e contra- Qui per noi pi facile individuare la de-
rio rispetto a un terzo blocco fisso. Il primo bolezza del ragionamento, poich il filosofo
blocco mobile percorrer nella medesima confronta contemporaneamente il primo
unit di tempo uno spazio semplice rispetto blocco mobile con due diversi riferimenti,
al blocco fisso e doppio rispetto a quello mo- uno fisso e laltro a sua volta mobile, anche
bile (per il fatto che esso a sua volta si spo- se qualcuno ha inteso cogliere in questar-
sta in direzione contraria). A Zenone sembra gomentazione una intuizione larvale della
che il medesimo corpo percorra nello stesso relativit dei sistemi di riferimento (il che ci
tempo uno spazio semplice e uno doppio, pare affatto improbabile).
il che assurdo, ovvero - la stessa conclu-
4.4 Melisso
Quanto sia subito risultata difficile da accettare la lezione parmenidea lo si evince da
tutto lo sforzo del suo discepolo Melisso di salvare il molteplice, o meglio di riformare
il presupposto logico-ontologico parmenideo in modo da poter offrire una legittimazione
di quel mondo delle apparenze tanto forte da risultare alla fine irrinunciabile per gli
uomini: la stessa dea infatti non manca di parlarne nel poema. Ha luogo col nostro
autore lavvio del processo di liberazione dal monismo ed egli pu a buon diritto
essere riconosciuto come lanello di congiunzione col naturalismo successivo, quello dei
Pluralisti.
Dallaffermazione delleternit non puntuale ma temporale dellessere discende
una importantissima conseguenza per lontologia: lessere rispetta il principio di
non contraddizione non perch uno, ma solo perch indiveniente. Infatti Melisso,
introducendo una novit del tutto eterodossa rispetto alla dottrina di Parmenide,
consentirebbe lesistenza del molteplice e perci non lo reputerebbe pi contraddittorio
a patto che esso fosse indiveniente, ovvero possedesse la caratteristica immutabilit
dellessere: Se ci fossero molte cose dovrebbero essere cos come appunto io dico che
luno (DK 30 B 8). Ci che Melisso sente come assurdo pi di ogni altra cosa
lalterarsi, poich esso fa sorgere ci che prima non cera (e da dove viene?) ovvero
sparire ci che prima cera (e dove va?), mentre di per s la singola realt particolare non
gli appare pi contraddittoria. Ma quando poi egli effettua la sua ricerca, verificando
se nel mondo delle cose plurali alcune di queste possiedano limmutabilit, non ne
trova alcuna cos qualificata ed costretto a ritornare allesito parmenideo, ovvero ad
affermare lessere come unica realt esistente negando tale predicato a tutte le entit
che i sensi ci forniscono.
Dal punto di vista logico tuttavia tale suo essere non ormai pi quello parmenideo
e apre una strada che i Pluralisti perseguiranno con maggior fortuna in vista della
giustificazione della realt empirica. La soluzione sar pensare il divenire attestatoci
dai sensi come il disporsi in aggregati diversi da parte di una indiveniente realt e non
invece il commercio fra lessere e il nulla, come il modificarsi e non invece il nascere e il
morire.
Dal momento dunque che non nato ed e sempre era e sempre sar cos 4
termine. Non infatti possibile che sempre sia ci che non esiste tuttintiero.
DK 30 B 1 e B 2; trad. it. cit. p. 316
1-3. Nel passo leggiamo la pi nota con- lessere che viene quasi a coincidere con la
testazione di Melisso al suo maestro: secon- posizione dellex nihilo omne per la sua ac-
do questultimo lessere era sferico e finito, cettazione dellimprevisto, dellincondizio-
ma, a giudizio di Melisso, le caratteristiche nato, dellacausato): sia in Parmenide che
fondamentali che Parmenide stesso attribui- in Melisso in fondo assistiamo allaffermarsi
sce allessere contrastano con queste deter- di una mentalit causale nella spiegazione
minazioni. Se infatti niente pu sussistere al del tutto.
di fuori dellessere, niente pu costituire per 4-9. Queste righe presentano una linea
esso un limite, poich il non essere, non es- di ragionamento criticata fin dallantichit
sendoci, non pu svolgere alcuna funzione: (a cominciare da Aristotele, che vi individu
lessere risulta dunque infinito. In tal modo un vero e proprio errore) poich il filosofo
esso si estende illimitatamente allindietro e inizia attribuendo allessere linfinit nel tem-
in avanti e perci pu possedere un passato po allorch dice che non nato (r. 4), ma
e un futuro: la dimensione temporale, reci- poi slitta al piano spaziale deducendo che
samente negata da Parmenide, adesso non ha n principio n termine (r. 8): in
introdotta allinterno dellessere che assu- realt, per intendere lautentico significato
me la figurazione di una retta che si esten- dellespressione noi dobbiamo collocarci
de allindietro e in avanti. Lera e il sar in quella fase ancora aurorale del pensiero
non sono pi intesi come il prima e il do- quando spazio e tempo non erano cate-
po rispetto allessere, da ci viene dedotta gorie precisamente distinte e dove i termini
limpossibilit di una genesi e si passa co- convivevano in una dimensione unica. Anzi,
s dal presente alleterno. A ben guardare, in un altro luogo non riportato qui, Melisso
il meccanismo affatto parmenideo, dal riesce a dedurre tutti gli attributi dellesse-
momento che gi il maestro aveva asserito re secondo una linea di pensiero assoluta-
limpossibilit di unorigine del tutto dal nulla mente coerente e con una progressione pi
(rovesciando la pacifica, ingenua assunzio- chiara rispetto allo stesso Parmenide, dove
ne arcaica della presenza ab aeterno del- essi erano pi che altro enunciati insieme.
essere cos come appunto io dico che luno. Infatti, se c la terra e lacqua
e laria e il fuoco e il ferro e loro e una cosa viva e laltra morta e nera e 4
bianca e quante altre cose gli uomini dicono essere, se dunque tutto questo
esiste e noi rettamente vediamo e udiamo, bisogna che ciascuna di queste cose 6
sia tale quale precisamente ci parve la prima volta e che non muti n diventi
diversa, ma che ciascuna sempre sia quale precisamente . Ora noi diciamo di 8
vedere udire intendere rettamente. Invece ci sembra che il caldo diventi freddo
e il freddo caldo, il duro molle e il molle duro e che il vivente muoia e venga 10
dal non vivente e che tutte queste cose si trasformino e che ci che era e ci
che ora per nulla siano uguali; anzi che il ferro che pure duro, si logori 12
a contatto col dito, e cos loro e le pietre e ogni altra cosa che sembra essere
I Presocratici 33
eterne e che hanno certi aspetti e resistenza, ci sembra che tutto si trasformi
e si muti da quel che ogni volta locchio ci fa vedere. chiaro dunque che 18
non rettamente vedevamo e che quelle cose non rettamente sembrano essere
molteplici; infatti non si trasformerebbero se fossero reali, ma ciascuna sarebbe 20
I fisici pluralisti
5.1 Empedocle
Filosofo apparentemente meno ricco e nuovo rispetto agli altri esponenti del cosiddet-
to pluralismo e meno stimato nellantichit, Empedocle conosce oggi una rivalutazione
dovuta al riconoscimento dellinfluenza assai vasta che ebbe in ambito non tanto
filosofico in senso stretto, quanto culturale, religioso e letterario nel mondo romano.
1-2. Arduo stabilire le motivazioni per cui tali o, come diremmo oggi, primari (il che
quattro e proprio questi sono gli elementi ri- pare, seppure piuttosto oscuramente, con-
tenuti da Empedocle originari: stata avan- fermato da alcune testimonianze quali DK
zata lipotesi che si tratti di una derivazione 31 A 69a e A 92), n egli adeguatamente
dai quattro colori ritenuti allora fondamen- ne distingue caratteristiche e propriet (cfr.
34
I Presocratici 35
B 21, in cui tuttavia avanza qualche rilievo 2-4. Gli elementi originari rimangono im-
di carattere empirico a sostegno della sua mutati e questo laspetto eleatico di Em-
tesi). Singolarmente presi, questi elementi so- pedocle: anchegli non ammette infatti la
no gi riscontrabili in altri pensatori: lacqua contaminazione dellessere col nulla e dun-
in Talete, laria in Anassimene, il fuoco nei que il divenire va altrimenti spiegato. Esso
Pitagorici e in Eraclito, la terra nellelemento finisce per essere aggregazione e sepa-
freddo (notturno) della cosmologia par- razione di elementi originari in s sempre
menidea, ma certo non possiamo ritenere identici e di cui varia solo lo stato in relazio-
che egli li abbia sincretisticamente raccolti, ne agli altri, mentre non esistono il nascere
troppo diversi essendo il suo metodo e i suoi e il morire in senso assoluto. Come infatti
presupposti. invece sicuro e ampiamente asserisce B 17, ogni cosa mortale si forma
documentato che sia stato il primo a par- da elementi immortali. Scrive Empedocle:
lare di questa serie di quattro come di un Fanciulli! breve volo hanno i loro pensieri
tutto unitario, denominato nel suo insieme | essi credono che possa nascere ci che
: egli cos inaugura prima non era, | o che alcuna cosa perisca
quel gruppo di fisiologi che chiamiamo plu- e si distrugga del tutto (DK 31 B11, ma cfr.
ralisti, come invece sono stati definiti monisti anche B 12). Empedocle, seguendo Parme-
coloro i quali reputavano essere uno solo il nide, non ammette il divenire inteso come
principio. Questi elementi sono ovviamen- sorgere dal nulla o finire nel nulla, ma in base
te da considerarsi primi e non vi deriva- alla logica di Melisso lo riconosce come va-
zione reciproca delluno dallaltro, come ci riare dello stato di realt perenni, le quattro
attesta Aristotele (Gen. et corr., I, 8, 325 b). radici dellessere.
gi stato stabilito: spesso in effetti per lui lamicizia separa, mentre la contesa
unisce. Quando infatti il tutto a causa della Contesa si distingue negli elementi, 4
allora il fuoco si riunisce in ununica massa e cos ciascuno degli altri elementi;
quando poi, a causa dellAmicizia, gli elementi si riuniscono di nuovo nelluno, 6
1-7. Leggiamo qui da un lato la posizio- al modo di Eraclito (cfr. su questo la chia-
ne di Empedocle e dallaltro, indistricabil- ra testimonianza di Platone, Sofista, 242d).
mente connessa, la critica di Aristotele; dob- Il testo ci riferisce brevemente dei due pe-
biamo cercare, in sede interpretativa, di se- riodi estremi della cosmologia, quando la
pararle. Se infatti valutiamo questa testimo- Contesa e lAmicizia dominano.
nianza alla luce di B 17 (v. 1 sgg.) capiamo 7-11. Aristotele ci fa cogliere un aspet-
che per il nostro filosofo le cose risultano sia to che in Empedocle pare effettivamente
dallaggregazione che dalla separazione, presente, ancorch solo in nuce: mentre nei
ma non anche che ogni nascita perci il pensatori precedenti il principio svolgeva
perire di uno stato precedente come il mo- tutti i compiti riguardanti la genesi e la costi-
rire il formarsi contemporaneo di qualco- tuzione strutturale delle cose, ora troviamo
sa di nuovo. Questo non significa pertanto, distinti ci di cui le cose sono fatte, ossia la
come Aristotele scrive fraintendendo, che materia, da ci da cui le cose sono fatte,
Empedocle tenda a identificare i contrari ossia la causa.
I Presocratici 36
in tal modo esse divengono e la loro vita non salva; e come non cessano di
mutare continuamente, cos sempre sono immobili durante il ciclo. [. . .] Tutte 10
queste cose sono eguali e della stessa et, ma ciascuna ha la sua differente
prerogativa e ciascuna il suo carattere, e a vicenda predominano nel volgere del 12
e passando le une attraverso le altre, divengono ora queste ora quelle cose
sempre eternamente uguali. 18
1-9. Il divenire inteso da Empedocle sostanze corporee (in questo momento non
come caratterizzato da un andamento cicli- si distingue ancora fra lastratto e il concre-
co: periodicamente le cose si raccolgono, to), mescolate alle altre cose (tanto poco
con moto progressivo, nellunit di un solo chiaramente il concetto di causa distinto
corpo, lo Sfero, e quindi subiscono un pro- da quello di sostanza); inoltre, entit definite
cesso, analogo e inverso, di disgregazione ma mescolate alle cose, non hanno assunto
raggiungendo la separazione assoluta. Le netta emancipazione rispetto alla concezio-
due forze che operano in questo processo ne del dio personale della mitologia dellet
iterantesi allinfinito sono, com noto, Ami- classica. Queste due figure non rappresen-
cizia e Contesa: non basta riconoscere che tano unallegoria dellaccadere naturale,
il divenire dovuto al rapportarsi in certe ma sono intese come davvero esistenti dal
forme degli elementi materiali, ma si deve filosofo. Il loro operato si svolge secondo una
anche chiarire perch ci avvenga. Lidea legge necessaria, espressa in differenti modi
non del tutto inedita, dal momento che, (la legge e divino decreto di DK 31 B 115, il
ad esempio, anche Anassimandro aveva giuramento o contratto inviolabile di B 30),
reso operante la capacit cosmogonica per cui Empedocle mostra di essere in pos-
dellinfinito attraverso un vortice ecc. Ma sesso di una peraltro non sempre chiara e
qui per la prima volta alla forza causale si adeguatamente generalizzata teoria fisica
riconosce esplicitamente una dignit pari di carattere deterministico.
alla materia che principio. Tuttavia Empe- 9-10. Lo sfondo parmenideo di tutta
docle non riconduce la dinamica della na- questa teoria del divenire viene a questo
scita e della morte a ununica causa, bens punto nuovamente espressa poich le cose
a due, ancora una volta per uno scrupolo di son dette insieme mutare a restare immobili
matrice eleatica: le cause hanno da essere nellintero ciclo delle trasformazioni.
originariamente diverse e ciascuna in pos- 10-18. La conclusione insiste sul carat-
sesso di una sua immutabile e non ambigua tere eterno e immutabile della totalit, che
natura (al pari dellessere parmenideo). Tali non ammette alcun rapporto fra essere e
forze vengono personificate come due enti- non essere, come abbiamo visto sopra.
t divine, ma sono quindi intese al modo di
I Presocratici 37
5.2 Anassagora
Grosse novit speculative sono presenti in questo pensatore che rovescia la tradi-
zionale impostazione della fisica sino a questo momento seguita da tutta la filosofia
presocraticica.
infatti che tutto viene dal tutto, anche se non immediatamente ma secondo
un ordine (in realt dal fuoco laria, dallaria lacqua, dallacqua la terra, dalla 10
terra la pietra e dalla pietra di nuovo il fuoco e anche dando lo stesso cibo, ad
esempio il pane, molte cose e dissimili si producono, la carne, le ossa, le vene, i 12
che anche nellacqua, se di questa si nutrono gli alberi, ci fosse legno, corteccia,
frutta. Quindi diceva che ogni cosa mescolata in ogni cosa e che la nascita 16
pane la carne, lossa e il resto, quasi che in esso pane tutte le cose si trovino
nello stesso tempo e mescolate insieme, da ci egli supponeva che tutte le cose 20
1-7. Anassagora non si accontenta del- zioni, linfinita variet delle realt empiriche
lunico principio dei monisti, ma neppure (avrebbe in questo caso potuto porne dieci,
della quadruplice radice dellessere di Em- venti, cento anzich infiniti), quanto per una
pedocle, come con chiarezza ci indica Sim- motivazione logica che ha Parmenide alla
plicio, autore di questa testimonianza; in un base. Il filosofo sente come contraddittorio
altro luogo della Fisica questi aveva infatti che qualcosa possa derivare da qualche
scritto: i princpi corporei [Anassagora] fe- cosa daltro: se cio una entit, poniamo
ce infiniti: infatti tutti gli omeomeri, come ac- della carne, derivasse come composto dal
qua o fuoco o oro, sono ingenerati e incor- combinarsi di altre sostanze che non sono
ruttibili, ma appaiono prodursi e distruggersi carne, deriverebbe da cose che non sono
solo mediante composizione e separazio- essa, cio dal suo non essere, il che vie-
ne, giacch tutti si trovano in tutte le cose tato dal principio parmenideo di non con-
e ogni cosa caratterizzata da ci che in traddizione; ogni cosa invece non pu che
essa predomina. Cos oro appare ci in cui derivare dalla sua stessa natura, deve ave-
c molto oro, anche se vi si trovano tutti re un principio distinto e a essa congenere
(DK 59 A 41). La ragione di natura con- come origine.
cettuale, non empirica. Infatti Anassagora Per conseguenza non soltanto nella ma-
non richiede un maggior numero di princ- teria originaria e unica c tutto, come nel-
pi perch reputa i quattro di Empedocle linfinito di Anassimandro ecc., ma anche
insufficienti a costituire, in differenti composi- in ogni singolo elemento delle materie che
I Presocratici 38
noi constatiamo nella nostra esperienza: co- e separazione di elementi eterni che, di per
me ci suggerisce il celebre frammento DK s, rimangono immutabili, essendo nel suo
59 B 6, in ogni [cosa] ci potranno essere intendimento (ancora una volta di chiara
tutte [le cose]. Tale singolo elemento, chia- matrice eleatica) vietato ogni rapporto tra
mato omeomeria per quanto vi siano lessere e il nulla.
seri dubbi sul fatto che tale espressione si 17-21. Il processo di formazione delle co-
possa far risalire allo stesso Anassagora, che se ha luogo come separazione dallorigi-
usa in suo luogo semi () oppu- naria unit detta migma (cfr. DK 59 B 13),
re lancor pi generico sostanze o cose secondo un principio nuovo rispetto a tutti
(), e non invece ad Aristotele gli altri pensatori che abbiamo fino a ora
perci dotato di una precisa connotazione incontrato. il filosofo stesso a esprimere il
qualitativa che rispecchia in pieno le carat- suo punto di vista su ci con queste parole:
teristiche che noi riscontriamo nella nostra Del nascere e del perire i Greci non hanno
esperienza quotidiana. una giusta concezione, perch nessuna co-
7-17. Lo spunto per questa considerazio- sa nasce n perisce, ma da cose esistenti
ne viene ad Anassagora dalla nutrizione: [ogni cosa] si compone e si separa. E cos
facilmente rilevabile che a noi, mangiando dovrebbero propriamente chiamare il na-
carne, crescono unghie e capelli, e dal mo- scere comporsi, il perire separarsi (DK 59 B
mento che tali nature non possono derivare 17). Ci consente ad Anassagora di salvare
dalla carne, che rispetto a loro altro, sia- il molteplice attribuendogli un tipo partico-
mo costretti a pensare che nella carne siano lare di divenire (che non contamina lessere
nascosti, cio contenuti in piccole quanti- col nulla) e al contempo di non violare il
t non percepibili, anche unghie e capelli. principio parmenideo, almeno nella sua pi
Come tutti gli altri pluralisti il filosofo intende liberale versione melissiana.
la nascita e la morte come aggregazione
grandezza.
Tutte le altre [cose] hanno parte a tutto, mentre lintelletto alcunch di 6
tutte le cose, se fosse mescolato a una qualunque. Perch in ogni [cosa] c parte
di ogni [cosa], come ho detto in quel che precede: le [cose] commiste ad esso 10
limpedirebbero di modo che non avrebbe potere su nessuna cosa come lha
quand solo in se stesso. Poich la pi sottile di tutte le cose e la pi pura: ha 12
qualunque fu che ora non , e quante adesso sono e qualunque altra sar, tutte
lintelletto ha ordinato, anche questa rotazione in cui si rivolgono adesso gli 20
astri, il sole, la luna, laria, letere che si vengono separando. Proprio questa
rivoluzione li ha fatti separare e dal raro per separazione si forma il denso, 22
non essere: essi, infatti, considerando gli atomi come materia dei corpi, fanno
derivare tutte le altre cose dalle differenze degli atomi stessi. Le differenze 4
sono: misura, direzione, contatto reciproco, che quanto dire forma, posizione
e ordine. Essi ritengono infatti che per natura il simile posto in movimento 6
dal simile e che le cose congeneri sono portate le une verso le altre e che
ciascuna delle forme, andando a disporsi in un altro complesso, produce un 8
altro ordinamento; di modo che essi, partendo dallipotesi che i princpi sono
infiniti di numero, promettevano di spiegare in modo razionale le modificazioni 10
e le sostanze e da che cosa e come si generano i corpi; perci essi anche dicono
che soltanto per coloro che considerano infiniti gli elementi tutto si svolge in 12
questaltra: tale infatti la causa che essi adducono della loro infinit.
DK 68 A 38; trad. it. cit. p. 684
1-4. Scrive Aristotele in un fondamenta- 4-13. Come per Anassagora, anche per
le passo (da cui deriva questo di Simplicio): gli Atomisti lessere composto da unin-
Leucippo e il suo discepolo Democrito pon- finit di elementi: ma questi, a differenza
gono come evidenti elementi il pieno e il delle omeomerie, sono indivisibili e qualitati-
vuoto, chiamando luno essere e laltro non vamente indeterminati. Il moto degli atomi
essere, e precisamente chiamando essere il richiede il vuoto quale fondamentale condi-
pieno e il solido, non essere il vuoto e il raro zione e poich gli atomi, in quanto effettivi
(onde essi affermano che lessere non af- costituenti della realt, sono lessere, il vuo-
fatto pi reale del non essere, perch nean- to non pu che definirsi come il non essere;
che il vuoto <meno reale> del corpo), e ma entrambi, atomi e vuoto, sono condizio-
pongono questi [elementi] come cause ma- ni necessarie di quanto c e dunque tutti e
teriali degli esseri (DK 67 A 6). Qui alle novit due, a loro modo, sono essere. Il vuoto deve
per cos dire tecniche nellidentificazione di esistere alla luce del movimento, impossibile
un nuovo principio si affianca una posizione nel pieno dal momento che un corpo non
ontologica di assoluto rilievo: nonostante lo pu accoglierne un altro (impossibili sareb-
sfondo eleatico (gi constatato sia in Em- bero anche la rarefazione e la condensa-
pedocle sia in Anassagora), ha luogo con zione, la crescita). Lessere divisibile, pre-
la filosofia atomistica laffrancamento dal sentando lalternanza fra spazi pieni e spazi
divieto parmenideo del non essere, che si ri- vuoti, ma non allinfinito: se si potesse proce-
conosce dotato di una sua esistenza. Infatti il dere senza limite alla divisione, alla fine le
vuoto da un lato chiamato non essere, ma grandezze sarebbero nulle e si produrrebbe
dallaltro esiste come condizione del movi- cos lannientamento dellintero campo del-
mento (e precisamente dellinfinita caduta) lessere (esso, composto di grandezze nulle,
degli atomi. diverrebbe nullo).
I Presocratici 41
13-15. Non solo infiniti sono gli atomi: in- essi pi adatta di unaltra e in questo modo
finite sono anche le loro forme (tesi conte- risulta pi agevole spiegare linfinita variet
stata in seguito da Epicuro). Non c infatti delle cose composte dagli atomi stessi.
alcun motivo per cui una certa forma risulti a
1-8. Cadendo gli infiniti atomi nello spa- turale e non a caso (Aristotele gli attribuisce
zio infinito a differente velocit, il moto vor- questultima opinione, ma sbaglia); analo-
ticoso che li contraddistingue li conduce gamente pensava Leucippo, lunico testo
a incontri e scontri che stanno allorigine compiuto del quale in nostro possesso ci di-
dellinsorgenza dei vari mondi. Atomi simili ce che Nulla si produce senza motivo, ma
avranno un comportamento simile e tende- tutto con una ragione e necessariamente.
ranno ad associarsi fra loro (come abbiamo Il suo meccanicismo in questo senso de-
letto sopra, in 6.1, rr. 6-8), ma laleatoriet terministico e lo conferma il frammento DK
degli urti produrr anche aggregati non per- 68 B 118, secondo il quale Democrito pre-
fettamente omogenei. I mondi in tal modo feriva trovare una sola spiegazione causale
sorti risulteranno del pari infiniti. che divenir padrone del regno dei Persiani.
Tutto il processo cosmogonico, pur non Questo assunto fallisce non tanto nei suoi
obbedendo ad alcuna logica intelligente o princpi, quanto nella sua concreta realiz-
teleologica come quella messa in campo zazione, perch di moltissimi accadimenti il
da Anassagora, non per questo casuale. filosofo non era poi in grado di identificare
Democrito ritiene che tutto abbia una cau- ed esibire la causa, cosicch sembra porli
sa e che perci si produca per necessit na- a caso.
gregazione degli atomi, ma che per natura non esistano affatto bianco, nero,
giallo, rosso, dolce, amaro: infatti lespressione per convenzione equivale, 4
secondo verit [. . .]. Cos tutti quanti gli atomi, essendo corpi piccolissimi,
non posseggono qualit sensibili, ed il vuoto uno spazio nel quale tali corpu- 8
ni. Suppongono, poi, che i corpi primi siano inalterabili [. . .], anzi che neppure
possano subire per qualche forza esterna quelle modificazioni a cui tutti gli 14
I Presocratici 42
atomi di figura grande con asperit e con molti angoli e senza rotondit,
lacido o acuto come dice il nome stesso dagli atomi cauti, angolosi, a 22
curve, sottili e non tondeggianti; lagro invece dagli atomi tondeggianti, sottili,
angolosi e a curve; il salato, da quelli angolosi e di discreta grandezza, obliqui 24
1-18. Il primo passo (che pure presen- mazione atomica: sono il peso, la durezza,
ta considerazioni di varia natura) ci impone la densit, che pure variano perch sono
due quesiti: 1) perch gli atomi non han- percepite come diverse a seconda del mo-
no qualit?; 2) perch noi percepiamo gli mento e della persona che le percepisce.
atomi come qualitativamente determinati? Altre qualit dipendono invece dallintera-
1) In virt delle note premesse parmeni- zione fra loggetto percepito e il soggetto
dee gli atomi devono risultare eterni, indivisi- percipiente e derivano dalla diversa confi-
bili, incorruttibili, immutabili, assolutamente gurazione dellapparato sensibile. In questo
semplici. Dal momento che essi incarnano caso gli Atomisti si trovano davanti al me-
semplicemente lessere, lo possono fare in ro fatto delle sensazioni e si rendono con-
un solo modo, o si arriverebbe allassurdit to che necessario giustificarlo in modo
di una molteplicit di esseri diversi (perci consequenziale rispetto alle loro premesse,
reciprocamente negantisi). Di conseguen- ma non riescono a dedurlo con rigore dalla
za latomo deve portare con s solo quelle struttura e dal comportamento degli atomi
caratteristiche per cui un corpo e non in- stessi. Questo ci mostra come gli Atomisti ab-
vece un determinato corpo: se un atomo biano cercato, pi di tutti gli altri pensatori
fosse bianco e un altro nero, luno non sareb- successivi a Parmenide, di accordare al me-
be laltro e verrebbero cos reintrodotte nel glio esperienza e ragione, esigenza che del
campo degli atomi (dellessere) la diversit resto esprimono in forma esplicita in alcuni
e la negazione (il non essere). Questo princi- luoghi.
pio daltro canto non va inteso in modo cos 19-26. Il secondo passo spiega come gli
radicale che davvero escluda la bench Atomisti cercassero di dedurre, scendendo
minima variazione: se per i motivi appena vi- fin nei minimi particolari, le singole sensazio-
sti le differenze qualitative sono negate, non ni dalla conformazione atomica. Le moti-
lo sono quelle quantitative, ovvero forma vazioni sono decisamente ovvie: atomi lisci
ordine e disposizione. produrranno effetti piacevoli sugli organi del
2) Se cos si caratterizzano gli atomi presi gusto e pertanto sapori gradevoli, laddove
di per s, come possiamo spiegare le diffe- atomi che, per la loro conformazione, pun-
renti caratteristiche qualitative con cui noi gono e graffiano avranno risultati negativi e
percepiamo i loro composti? Alcune delle cio sapori sgradevoli.
qualit dei corpi derivano dalla loro confor-
1-5. Le caratteristiche che lanima de- riali dellanima, pur essa materiale. Dallaltro
ve presentare sono due: lincorporeit e la lato egli attribuisce al pensiero valore assai
mobilit. Quanto alla prima, chiaro che, maggiore, poich la percezione sensibile
in conseguenza del suo generale presup- da lui detta oscura e il pensiero per con-
posto materialistico, la filosofia atomistica ri- tro autentico; gli anche chiaro che i sensi
tiene anche lanima materiale e composta si fermano alla superficie e che solo lintel-
di atomi; nondimeno essa devessere quan- letto pu adeguatamente indagare su ci
to di pi lieve esiste. La mobilit altro non che per i nostri sensi troppo sottile, ovvero
che la sua forza vivificatrice e il pensiero lessenza atomica della realt. Democrito
rientra in questo ambito. Mescolati agli ato- coglie la continuit, ma anche evidenzia lo
mi materiali vi sono gli atomi dellanima, stacco fra lopinione e la scienza. Si legga
che pongono i primi in movimento secondo ad esempio il frammento DK 68 B 11: Vi so-
le diverse facolt e le loro rispettive sedi: il no due forme di conoscenza, luna genuina
cervello per il pensiero, il cuore per lira, il e laltra oscura; e a quella oscura apparten-
fegato per il desiderio ecc. Democrito mo- gono tutti quanti questi oggetti: vista, udi-
stra di considerare la differenza fra corpo e to, odorato, odorato, gusto e tatto. Laltra
anima, privilegiando la prima e deducen- forma la genuina e gli oggetti di questa
done una serie di insegnamenti morali: non sono nascosti [alla conoscenza sensibile od
si tratta di unassoluta eterogeneit di natu- oscura]. [. . .] Quando la conoscenza oscura
ra, ma semplicemente di una pur cospicua non pu spingersi ad oggetto pi piccolo
diversit di composizione atomica; ha ben n col vedere n colludire n collodorato
scritto Zeller che Lo spirito per lui, come n col gusto n con la sensazione del tatto,
per altri materialisti, il corpo pi perfetto (La ma <si deve indirizzar la ricerca> a ci che
filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, ancor pi sottile, <allora soccorre la cono-
Parte I, Vol. V, La Nuova Italia, Firenze 1969, scenza genuina, come quella che possiede
p. 234). appunto un organo pi fine, appropriato al
5-8. Democrito non ha distinto netta- pensare>.
mente la percezione dal pensiero, tenden- 9-12. Il termine idolo () da in-
do a ricondurre il secondo alla prima: per tendersi qui nel senso etimologico di imma-
questo che tende a riportare lintelletto al- gine. Nel passo chiaramente affermata
lanima, poich sia la percezione che il pen- la matrice sensibile di ogni conoscenza.
siero non sarebbero che modificazioni mate-
nazioni. Quei primi uomini, dunque, vivevano in mezzo ai disagi, perch nulla
si era ancora trovato di quanto utile alla vita: erano ignudi di ogni vestimento, 16
loro vitto agreste, non facevano punto provviste di frutti per leventualit del
bisogno: per cui, durante linverno, molti di essi morivano, e per il freddo, e per 20
esser conservati. Conosciuto poi il fuoco e le altre cose utili alla vita, poco dopo
si trovarono anche le arti e tutti gli altri mezzi che possono recar giovamento 24
alla vita in societ. Cos, in generale, maestro di ogni cosa agli uomini fu luso
stesso, rendendo familiare lapprendimento di ciascuna abilit a questo essere 26
ben dotato e che ha come cooperatrici per ogni occorrenza le mani e la ragione
e la versatilit della mente. 28
45
I Presocratici 46
e perci sovente inesatte, per non parlare di non infrequenti casi di erronea
attribuzione da parte di chi cita; infine il significato originale veniva spesso
deformato dallinserimento in un contesto affatto estraneo.
A causa della difficolt di identificare testimonianze su e frammenti di
pensatori presocratici, stato necessario un vasto lavoro di ricerca: il filologo
tedesco Hermann Diels (1848-1922) riuscito in unopera grandiosa di raccolta
e ordinamento che aveva conosciuto in precedenza solo parziali e insoddisfa-
centi tentativi. Egli pubblic a Berlino nel 1903 la prima edizione de I frammenti
dei Presocratici (includente anche i Sofisti), seguita da svariate altre: la quarta
edizione, datata 1922, ricevette anche da Walther Kranz (1884-1960) un essen-
ziale contributo, cosicch oggi lopera di cui sono uscite diverse altre edizioni
porta entrambi i nomi (il DK del nostro modo di indicare i frammenti). Il
lavoro di preparazione consistette nella raccolta delle testimonianze antiche,
nellindividuazione dei frammenti e nella selezione di quelli autentici, nella
scelta delle lezioni pi attendibili. Lordinamento, in quellopera, venne attuato
meccanicamente: dapprima le testimonianze sui Presocratici (contrassegnate
con la lettera A), quindi i frammenti (indicati dalla lettera B), infine le imitazioni
(collocate sotto la lettera C), in alcuni casi per organizzazione tematica, in altri
secondo lordine alfabetico dei dossografi. Loperazione non cos automatica
quanto pu sembrare, poich in certi casi opinabile la distinzione nel testo
stabilita fra testimonianza e frammento, ma in questa sede non possibile
entrare nella discussione dei meriti e dei limiti dellopera di Diels.
In italiano quella raccolta stata tradotta quasi per intero, a eccezione dei
passi di interesse puramente stilistico ove una versione non aveva alcun senso,
da studiosi diversi presso leditore Laterza di Bari nel 1969 (quindi ristampata)
col titolo I Presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G. Giannantoni. Due
sillogi parziali sono: I presocratici. Frammenti e testimonianze, vol. I, a cura di
A. Pasquinelli, Einaudi, Torino 1958 (ristampata in seguito), bloccatasi al solo
primo volume per la morte del curatore; tale edizione, arricchita da intelligenti
note, pur fondata quanto al testo sul Diels-Kranz con taluni aggiornamenti, se
ne distacca perch propone un ordinamento tematico dei frammenti. Quindi: I
Presocratici. Testimonianze e frammenti da Talete a Empedocle, a cura di A. Lami,
sempre basata sul Diels-Kranz ma con svariati aggiornamenti, limitata nella
scelta delle testimonianze ma col testo greco a fronte. I tre volumi de La sapienza
greca curati da G. Colli, pubblicati da Adelphi, Milano rispettivamente nel 1977,
1978 e 1980, presentano solo pochi pensatori (di quelli da noi considerati,
gli Ionici ed Eraclito) e si basano su unimpostazione del tutto peculiare,
teoreticamente impegnata ma non rigorosa sotto il profilo filologico. Infine I
Presocratici, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano 2006, versione integrale del
Diels-Kranz dovuta a diversi collaboratori con testo greco a fronte. Per quanto
riguarda le edizioni di autori singoli sono da seguire i testi della Fondazione
Lorenzo Valla, pubblicata da Mondadori di Milano (dove sono finora usciti
due volumi rispettivamente dedicati a Eraclito e a Empedocle) e soprattutto la
Biblioteca di Studi Superiori de La Nuova Italia di Firenze, dove troviamo tutti
i Presocratici maggiori in edizioni esemplari dal punto di vista della cura del
testo e rilevantissime per le introduzioni e il commento.