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LEZIONE 11: FORME DIFFERENZIALI

SORIN DRAGOMIR

1. Forme differenziali
Sia A Rn un insieme aperto e : A (Rn ) unapplicazione.
Qui (Rn ) e il duale di Rn i.e. lo spazio di tutte le funzioni lineari
L : Rn R (organizzato come spazio vettoriale reale, con le operazioni
usuali di addizione e moltiplicazione con scalari delle funzioni da Rn in
R). Dunque, data una forma differenziale : A (Rn ) e un punto
x A, limmagine (x) (Rn ) e unapplicazione lineare (x) : Rn
R. Come tale (x) si puo applicare ad un elemento v Rn . Poiche
la scrittura (x)(v) R risulta difficoltosa si conviene di scrivere x
anziche (x).
Sia {e1 , , en } la base canonica di (Rn ) . Si ricorda che ei : Rn R
e lapplicazione lineare definita da
(1) ei (x) = xi , x = (x1 , , xn ) Rn ,
i.e. ei : Rn R e la n-esima proiezione canonica. E noto pure che le
applicazioni ei si possono caratterizzare nella maniera seguente.
Lemma 1. {ei : 1 i n} e lunica base di (Rn ) che soddisfa
ei (ej ) = ji , 1 i, j n,
dove {ei : 1 i n} e la base canonica in Rn .
Poiche x (Rn ) possiamo rappresentare x come una combi-
nazione lineare
n
X
(2) x = 1 (x)e1 + + n (x)en = i (x)ei
i=1

i cui coefficienti i (x) R sono unicamente determinati da tale scrit-


tura. Qui abbiamo scelto una notazione suggestiva per i coefficienti
i (x) della combinazione lineare i.e. una che ricordi che tali coefficienti
dipendono (sono determinati) da e dal punto x. In questa maniera
si ottengono le funzioni i : A R dette i coefficienti, oppure le com-
ponenti, della forma differenziale . Se applichiamo (2) al vettore al
1
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j-esimo vettore ej Rn della base canonica allora (per il Lemma 1)


n
X n
X
i
x (ej ) = i (x)e (ej ) = i (x)ji = j (x)
i=1 i=1

sicche si ottiene la seguente formula per il calcolo dei coefficienti di


(3) j (x) = x (ej ), 1 j n.
Un esempio importante di forma differenziale e quella che si asso-
cia ad una funzione differenziabile f : A R. Infatti si consideri
lapplicazione df : A (Rn ) che ad un punto qualsiasi x A associa
il differenziale dx f : Rn R della funzione f nel punto x. Il differen-
ziale di f nel punto x e unapplicazione lineare sicche dx f (Rn ) .
Dunque df : A (Rn ) e lapplicazione lineare, detta il differenziale
di f , definita da
(df )x = dx f, x A.
Andiamo a calcolare i coefficienti della forma differenziale df . Dal capi-
tolo dedicato allo studio delle funzioni differenziabili di piu variabili
reali e noto che
f
(dx f ) ei = (x), 1 i n,
xi
e quindi (per la formula (3)) i coefficienti della forma differenziale df
sono le derivate parziali di f
f
: A R, 1 i n.
xi
In particolare possiamo considerare il differenziale dei : Rn (Rn )
dellapplicazione ei : Rn R. Dalle lezioni sulla differenziabilita
delle funzioni di piu variabili reali e noto che ogni proiezione canonica
ei : Rn R e unapplicazione differenziabile e il suo differenziale
dx ei : Rn R in un punto qualsiasi x Rn coincide con la stessa
ei : Rn R i.e.
dx ei = ei , x Rn , 1 i n.
Come noto, le proiezioni canoniche ei si denotano anche con xi , che
sono le loro espressioni (cf. (1)). Allora il differenziale dei : Rn (Rn )
si denota pure con dxi : Rn (Rn ) .
Diamo ora una scrittura canonica di una forma differenziale : A
(Rn ) . Partiamo dalla formula (2) dove rimpiazziamo ei con dx ei
n
X n
X n
X
i i
x = i (x) e = i (x) dx e = i (x)(dei )x =
i=1 i=1 i=1
LEZIONE 11: FORME DIFFERENZIALI 3

n
! n
!
X X
= i dei (x) = i dxi (x), x A,
i=1 i=1
e omettiamo x sicche
n
X
(4) = i dxi ,
i=1

La formula (4) e la rappresentazione canonica della forma differenziale


. In particolare la rappresentazione canonica del differenziale df di
una funzione differenziabile f : A R e
n
X f
df = i
dxi .
i=1
x
Esaminiamo ora alcuni casi particolari. Se n = 3 e le coordinate Carte-
siane si denotano con (x1 , x2 , x3 ) = (x, y, z) allora, dato un insieme

aperto A R3 e una forma differenziale : A (R3 ) , la rappresen-
tazione canonica di e
X3
= i dxi = 1 dx1 + 2 dx2 + 3 dx3
i=1
ossia
= P dx + Q dy + R dz
dove abbiamo denotato le componenti di anche con
P = 1 , Q = 2 , R = 3 .
In particolare se f : A R e una funzione differenziabile di tre
variabili reali allora
f f f
df = dx + dy + dz.
x y z
Sia ora n = 2 e si denotino le coordinate Cartesiane di R2 con (x1 , x2 ) =

(x, y). Se A R2 e un insieme aperto e : A (R2 ) una forma
differenziale allora la rappresentazione canonica di e
2
X
= i dxi = 1 dx1 + 2 dx2
i=1
ossia
= M dx + N dy
dove abbiamo posto M = 1 e N = 2 . In particolare se f : A R e
una funzione differenziabile di due variabili reali allora
df = fx dx + fy dy
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dove fx = f /x e fy = f /y. Infine esaminiamo il caso n = 1. La


coordinata Cartesiana di R1 = R si denota comunemente con x1 = x e
dato un insieme aperto A R e una forma differenziale : A R la
rappresentazione canonica di e
1
X
= i dxi = 1 dx1
i=1
ossia
= F dx
dove abbiamo posto F = 1 . In particolare se f : A R e una
funzione differenziabile di una variabile reale (equivalentemente una
funzione derivabile) allora
f
df = dx
x
ossia
(5) df = f 0 dx
(giacche la derivata parziale di f rispetto allunica variabile x1 =
x e la derivata usuale di f come funzione di una variabile reale).
La quantita dx che comparre nella formula (5) ha un senso preciso
(dx e il differenziale della proiezione canonica e1 : R1 R, ossia
dellapplicazione identica e1 = x) diversamente dallapproccio adot-
tato nella teoria dellintegrazione (definita e indefinita) trattata nelle
lezioni di Analisi Matematica Uno. In tale teoria dx era soltanto un
promemoria, una notazione che indicava rispetto a quale variabile si
doveva compiere lintegrazione. Il legame con la teoria dellintegrazione
secondo Riemann verra chiarito maggiormente una volta introdotto il
concetto di integrale di una forma differenziale continua lungo un cam-
mino regolare.
Definizione 1. Una forma differenziale : A (Rn ) si dice esatta
se esiste una funzione differenziabile f : A R tale che = df . Tale
funzione f si dice una primitiva di . 
Lemma 2. Una forma differenziale : A (Rn ) e esatta se e solo
se esiste una funzione differenziabile f : A R tale che
f
(6) = i , 1 i n.
xi

Dimostrazione. Si supponga che sia esatta i.e. = df per qualche


funzione differenziabile f : A R. Allora x = dx f per ogni x A.
Applicando questultima eguaglianza a ei si ottiene x (ei ) = (dx f )ei
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ossia i (x) = (f /xi )(x) per ogni 1 i n. Omettiamo ora il


punto x e otteniamo le formule (6). La dimostrazione dellaffermazione
reciproca, per altro del tutto elementare, si propone come esercizio al
lettore.
Lemma 3. Se f e una primitiva della forma differenziale allora per
ogni costante c R la funzione f + c e una primitiva di . Dunque
se una forma differenziale e esatta allora essa ammette uninfinita di
primitive. Precisamente se f e una primitiva di e A Rn e un
insieme connesso allora linsieme
(7) {f + c : c R}
consiste di tutte e sole le primitive di .
Dimostrazione. Si denoti linsieme (7) con P = {f + c : c R}. Se
g P allora g = f + c per qualche c R e quindi
g f
(8) i
= , 1 i n,
x xi
sicche n n
X g i
X f
dg = i
dx = i
dxi = df =
i=1
x i=1
x
i.e. g e una primitiva di . Viceversa se g e unarbitraria primitiva
di allora da = df e = dg risulta che df = dg ossia che valgono le
identita (8). Questultime si possono scrivere anche come
(g f )
= 0, 1 i n.
xi
Poiche A e connesso la funzione g f deve essere costante su A i.e.
esiste c R tale che g f = c su A ossia g = f + c il che significa che
g P . Dunque P e linsieme delle primitive di . Q.e.d.
Nonostante il Lemma 2 sia molto semplice, le formule (6) sono di
grande interesse. Infatti esse si possono interpretare come un sistema
di equazioni a derivate parziali del primo ordine, con lincognita f ,
sicche dovremo risolvere tale sistema per determinare le primitive di
una data forma differenziale esatta . Ad esempio si consideri la forma
differenziale = sin x dx + cos y dy (qui n = 2 e A = R2 ) e si deter-
minino le sue primitive. A tal proposito si deve risolvere il sistema di
equazioni a derivate parziali
f f
(9) = sin x, = cos y.
x y
Pensiamo alla prima equazione del sistema (9) come una famiglia di
equazioni differenziali dipendente dal parametro y R, unequazione
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per ciascun valore del parametro. Se si integra rispetto a x si ot-


tiene una costante di integrazione. Tale costante di integrazione e
certamente diversa da unequazione della famiglia ad unaltra i.e. essa
dipende da y. Precisamente si ha
Z Z
f
dx = sin x dx + (y)
x
dove (y) e unarbitraria costante di integrazione. Dunque, cal-
colando i due integrali indefiniti
(10) f (x, y) = cos x + (y).
Deriviamo ora nella formula (10) rispetto alla variabile y
f
(11) = 0 (y).
y
Si sostituisca ora f /x nella formula (11) dalla seconda equazione del
sistema (9). Si ottiene
cos y = 0 (y)
e quindi (integrando in entrambi membri rispetto a y)
Z Z
cos y dy + c = 0 (t) dy

dove c R e una costante di integrazione. Infine (calcolando gli


integrali indefiniti)
sin y + c = (y).
Con questa identita si torni alla formula (10) e si sostituisca (y).
Dunque
f (x, y) = cos x + sin y + c, c R,
sono tutte e sole le primitive della forma differenziale sin x dx+cos y dy.
Proviamo ora a determinare le primitive della forma differenziale
= y 2 dx x2 dy. Se f e una primitiva di allora
fx = y 2 , fy = x2 ,
e quindi Z Z
fx dx = y 2 dx + (y)
ossia
f (x, y) = xy 2 + (y).
Deriviamo rispetto a y
fy = 2xy + 0 (y)
e sostituiamo fy dalla seconda equazione del sistema
(12) x2 = 2xy + (y).
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ottenendo una contraddizione. Infatti non vi sono funzioni (y) che


soddisfino lequazione (12). Se vi fosse tale (y) allora derivando
rispetto a x in (12) si otterebe
2x = 2y
per ogni x e ogni y, assurdo. Da dove proviene la contraddizione? Ab-
biamo supposto che la forma differenziale data ammettesse una prim-
itiva f . Tale supposizione si rivela dunque falsa. La ricerca delle
primitive per la forma differenziale y 2 dx x2 dy e stata infruttuosa
perche tale forma differenziale non e esatta. E dunque opportuno,
prima di procedere alla ricerca di primitive per una forma differen-
ziale data , sapere se sia esatta oppure no. Il problema formulato
non e affatto semplice e la caratterizzazione delle forme differenziali
esatte richiedera una certa preparazione e anche una specializzazione
del concetto di forma differenziale esatta che si presti allapplicazione
della teoria della differenziabilita delle funzioni di piu variabili reali.
Incominciamo col dare una condizione necessaria affinche una forma
differenziale : A (Rn ) sia esatta. Se e esatta e f e una sua
primitiva allora f soddisfa le relazioni (6)
f
= i , 1 i n.
xi
Supponiamo inoltre che f C 2 (A) sicche possiamo derivare ancora
nelle formule precedenti, rispetto alla variabile xj . Si ottiene
2f i
(13) = , 1 i, j n.
xj xi xj
Giacche f e di classe C 2 , le derivate parziali seconde sono simmetriche
(il teorema di Schwartz)
2f 2f
=
xj xi xi xj
allora (dalla (13))
i j
(14) j
= , 1 i, j n.
x xi
Le relazioni (14)
Psono dunque una condizione necessaria sulla forma dif-
ferenziale = ni=1 i dxi affinche essa ammetta primitive f C 2 (A).
Definizione 2. Sia : A (Rn ) una forma differenziale le cui com-
ponenti i : A R ammettono derivate parziali del primo ordine. Si
dice che e chiusa se valgono le relazioni (14). 
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Adottiamo da ora in poi una nozione piu restrittiva di forma dif-


ferenziale esatta che ben si presta allapplicarsi delle conosceze di cal-
colo in piu variabili acquisite nelle lezioni precedenti. Precisamente
: A (Rn ) si dice esatta se esiste una funzione f C 2 (A) tale che
= df . I calcoli precedenti hanno mostrato che
Teorema 1. Se una forma differenziale e esatta allora essa e chiusa.

La condizione che una forma differenziale sia chiusa e dunque una


condizione necessaria affinche essa sia esatta. Per n = 2 una forma
differenziale = M dx + N dy e chiusa se (per le (14))
1 2
2
=
x x1
ossia se
(15) My = Nx .
Se si riprende lesempio = y 2 dx x2 dy si osserva che M = y 2 e
N = x2 e quindi
My = 2y, Nx = 2x.
Poiche My 6= Nx si puo concludere che y 2 dx x2 dy non e chiusa e
quindi (per il Teorema 1) essa non e esatta. Non procederemo alla
ricerca di primitive per y 2 dx x2 dy poiche non ve ne sono alcune.

2. Integrazione delle forme differenziali


Sia : A (Rn ) una forma differenziale i cui coefficienti i : A
R sono funzioni continue. Sia inoltre : [a, b] Rn una curva regolare
tale che il suo sostegno sia contenuto in A. Si pone per definizione
Z Z b
(16) = (t) ((t))
dt.
a

Per accertarsi che la funzione integranda


(17) t [a, b] 7 (t) ((t))
R
nel secondo membro della (16) e una funzione integrabile secondo Rie-
mann, e quindi che lintegrale secondo Riemann nel secondo membro
della (16) ha senso, andiamo a calcolare esplicitamente la funzione (17)
sfruttando la rappresentazione canonica di i.e.
n
X
i ((t)) d(t) xi ((t))

(t) ((t))
= =
i=1
LEZIONE 11: FORME DIFFERENZIALI 9

n
X
(18) = i ((t))i0 (t).
i=1
Poiche e differenziabile, essa e continua. Dunque i e una fun-
zione continua (come composizione di due funzioni continue). Inoltre,
poiche e regolare le sue componenti i sono funzioni di classe C 1 e
quindi le loro derivate i0 sono funzioni continue. Infine nella (18) si
fanno operazioni algebriche con funzioni continue sicche il risultato e
una funzione continua. Per un teorema di Analisi Matematica Uno,
ogni funzione continua su [a, b] e integrabile secondo Riemann su [a, b]
e lintegrale in questione e bene definito.
R
Definizione 3. Il numero reale R si chiama lintegrale della
forma differenziale : A (Rn ) lungo il (oppure esteso al) cammino
regolare : [a, b] A. 
Lintegrale di lungo si scrive anche
Z Z bX n
= i ((t)) i0 (t) dt.
a i=1
Se = P dx + Q dy + R dz e una forma differenziale in tre variabili
reali (con P , Q ed R funzioni continue nel dominio A R3 di ) e
: [a, b] A e una curva regolare sghemba di equazioni parametriche
scalari
x = x(t),

: y = y(t), a t b,

z = z(t),
allora
Z Z b
= {P ((t)) x0 (t) + Q((t)) y 0 (t) + R((t)) z 0 (t)} dt.
a

Se = M dx+N dy e una forma differenziale in due variabili reali (con


M ed N funzioni continue nel dominio A R2 di ) e : [a, b] A e
una curva regolare piana di equazioni parametriche scalari
(
x = x(t),
: a t b,
y = y(t),
allora Z Z b
= {M ((t)) x0 (t) + N ((t)) y 0 (t)} dt.
a
Infine andiamo ad esaminare il caso n = 1, il quale ci dara anche
il legame fra la teoria dellintegrazione delle forme differenziali e la
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teoria dellintegrazione secondo Riemann. Sia = f dx una forma


differenziale in una variabile reale il cui coefficiente 1 = f e una
funzione continua nellinsieme aperto A R. Sia : [c, d] A una
curva regolare i.e. unapplicazione di classe C 1 tale che (s)
= 0 (s)
non si annulla nellintervallo [c, d]. Allora, per conoscenze acquisite
nel corso Analisi Matematica Uno, e un cambio di parametro e in
particolare muta lintervallo [c, d] nellintervallo
(
[(c) , (d)] se 0 > 0,
(19) [a, b]
[(d) , (c)] se 0 < 0.
La scrittura (19) puo sembrare ambigua. Tuttavia e noto che dato un
cambio di parametro : [c, d] [a, b] si ha 0 (s) > 0 per ogni s [c, d]
oppure 0 (s) < 0 per ogni s [c, d].
Infine Z Z d
f dx = f ((s)) 0 (s) ds =
c
(per un cambio di parametro x = (s) sotto il segno integrale)
Z (d) Z b
= f (x) dx = f (x) dx
(c) a
0 0
col segno + se > 0 e col segno se < 0.
Teorema 2. Sia : A (Rn ) una forma i differenziale i cui coef-
ficienti i : A R sono funzioni continue. Siano : [a, b] A e
: [c, d] A due curve regolari equivalenti i.e. ((t)) = (t) per
qualche cambio di parametro : [a, b] [c, d] e per ogni a t b.
Allora
Z Z
(20) = m()

dove m() {1} e definito da


(
+1 se 0 > 0,
m() =
1 se 0 < 0.

Dimostrazione. Poiche ((t)) = (t) si ha



((t))0
(t) = (t).

Dunque
Z Z b Z b  
= (t) ((t))
dt =
((t)) ((t)) 0 (t) =
a a
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(per la linearita di ((t)) (Rn ) )


Z b  
=
((t)) ((t)) 0 (t) dt =
a
(per un cambio di parametro s = (t) sotto il segno integrale, e quindi
con ds = 0 (t) dt)
Z (b)   Z d Z
=
(s) (s) ds = m()
(s) ((s)) ds = m() .
(a) c

Q.e.d.

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