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MARTIN BUBER

Io e Tu
(1923)

Parte Prima

Il mondo ha per luomo due volti, secondo il suo duplice


atteggiamento.
Latteggiamento delluomo duplice per la duplicit delle parole
fondamentali che egli dice.
Le parole fondamentali non sono singole, ma coppie di parole.
Una di queste parole fondamentali la coppia io-tu.
Laltra parola fondamentale la coppia io-esso; dove, al posto
dellesso, si possono sostituire le parole lui o lei, senza che la
parola fondamentale cambi.
E cos anche lio delluomo duplice.
Perch lio della prola fondamentale io-tu diverso da quello della
parola fondamentale io-esso.

Le parole fondamentali non attestano qualcosa che esista al di


fuori di esse, ma, una volta dette, fondano unentit.
Le parole fondamentali sono dette insieme allessere.
Quando si dice tu, si dice insieme lio della coppia io-tu.
Quando si dice esso, si dice insieme lio della coppia io-esso.
La parola fondamentale io-tu si pu dire solo con lintero essere.
La parola fondamentale io-esso non pu mai essere detta con
lintero essere.
Essere io e dire io sono la stessa cosa. Dire io e dire una delle
parole fondamentali sono la stessa cosa.
Chi dice una parola fondamentale entra nella parola e la abita.

La vita dellessere umano non consiste soltanto nellambito dei


verbi transitivi. Non consiste soltanto in attivit che hanno un
qualcosa per oggetto. Percepisco qualcosa. Provo qualcosa. Mi
rappresento qualcosa. Voglio qualcosa. Sento qualcosa. Penso
qualcosa. La vita dellessere umano non consiste solo in questo e in
cose del genere.
Tutto questo e cose di questo genere insieme, fondano il regno
dellesso.
Ma il regno del tu ha altro fondamento.

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Chi dice tu non ha alcun qualcosa per oggetto. Poich dove
qualcosa, un altro qualcosa; ogni esso confina con un altro esso;
lesso tale, solo in quanto confina con un altro. Ma dove si dice
tu, non c alcun qualcosa. Il tu non confina.
Chi dice tu non ha alcun qualcosa, non ha nulla. Ma sta nella
relazione.
Il mondo come esperienza appartiene alla parola fondamentale io-
esso. La parola fondamentale io-tu fonda il mondo della relazione.

Allinizio la relazione.

Parte terza

Le linee delle relazioni, nei loro prolungamenti, sintersecano nel


Tu eterno.
Ogni singolo tu una breccia aperta sul tu eterno. Per mezzo di
ogni singolo tu la parola fondamentale interpella il Tu eterno. Il tu
trova esclusivamente compimento solo nella relazione immediata
con quel Tu, che per essenza non pu diventare esso.

Quando andiamo per una strada e incontriamo un uomo che ci


venuto incontro e che andava anche lui per quella strada,
conosciamo solo il nostro tratto di strada, non il suo; del suo infatti
veniamo a conoscenza solo nellincontro.

Non aiuta, per giungere a Dio, distogliere lo sguardo dal mondo, e


neppure fissarlo ostinatamente su di esso; ma alla presenza di
Dio colui che vede il mondo in Lui. Qui il mondo, l Dio un
discorso dellesso; e Dio nel mondo un altro discorso dellesso.
Ma la relazione perfetta non escludere nulla, non trascurare
nulla, abbracciare nel tu ogni cosa, tutto il mondo, riconoscere il
diritto e la verit del mondo, in modo che nulla sia vicino a Dio, ma
anche in modo che tutto sia in Lui.
Non si trova Dio restando nel mondo, e non si trova Dio
allontanandosene Chi, con lintero essere, va verso il suo Tu e gli
porta ogni essere del mondo, trova Colui che non si pu cercare.
Certamente Dio il totalmente Altro, ma anche il totalmente
Medesimo: il totalmente Presente. Certamente il mysterium
tremendum, che appare e atterra; ma anche il mistero di ci che
ovvio, che mi pi vicino del mio io.
Se indaghi a fondo nella vita delle cose e del relativo, giungi a ci
che non si pu scomporre; se neghi la vita delle cose e del relativo,

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ti ritrovi di fronte al nulla; se santifichi la vita, incontri il Dio
vivente.

Il senso del tu umano, che soggetto alla delusione di divenire


esso dalle relazioni con ogni singolo tu, tende al di l di ognuna di
loro, senza per tendere ad allontanarsi dal suo Tu eterno. Non nel
senso in cui si cerca qualcosa: in verit non c alcuna ricerca di
Dio, perch non c nulla in cui non lo si possa trovare.
un trovare senza cercare; una scoperta di ci che il pi
originario e di ci che lorigine.
Sai sempre nel tuo cuore che hai bisogno di Dio, pi che di ogni
altra cosa; a non sai che Dio ha bisogno di te, proprio di te, nella
pienezza della sua eternit? Come ci sarebbe luomo, se Dio non ne
avesse bisogno, come ci saresti tu? Per essere, hai bisogno di Dio,
e Dio ha bisogno di te, proprio per ci che il senso della tua vita 1.

Le dottrine dellinabissarsi si richiamano alle grandi massime


dellidentificazione; luna soprattutto allespressione giovannea: Io
e il Padre siamo una cosa sola, laltra alla dottrina del ndilya:
Ci che tutto comprende, questo il mio nella profondit del mio
cuore.
Le vie di queste massime si oppongono reciprocamente. Il Cristo
della tradizione giovannea, la Parola che una volta si fatta carne,
conduce al Cristo di Meister Eckhart (1260-1327), genera
eternamente Dio nellanima umana; la formula principe dellio
massima delle Upanishad Questo ci che reale, lio, e questo
sei tu, conduce, in tempi molto pi brevi, alla formula buddhista
della destituzione: In verit e in realt un io e unappartenenza
allio non sono concepibili.
Linizio e il termine di entrambe le vie richiedono unanalisi
separata.
Che il richiamo allessere una cosa sola non sia fondato, sar
chiaro a chiunque legga senza preconcetti il vangelo di Giovanni
passo per passo. Questo invero proprio il vangelo della pura
relazione. Qui c pi verit di quanta sia contenuta nel corrente
versetto mistico: Io sono te e tu sei me. Il Padre e il Figlio,
consustanziali (possiamo dire Dio e luomo, consustanziali) sono
linsopprimibile vero esser due, i due portatori della relazione
1 Altrove Buber racconta: Da bambino, lessi una vecchia leggenda ebraica
che allora non potevo capire. Raccontava: Dinanzi alle porte di Roma sta
seduto un mendicante lebbroso e aspetta. il Messia. Mi recai allora da un
vecchio e gli domandai: Che cosa aspetta?. E il vecchio mi diede la risposta
che io allora non capii e che ho imparato a capire molto pi tardi. Egli mi
disse: Te (M. Buber, Sette discorsi sullebraismo, tr. it., p. 16).
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originaria che da Dio alluomo missione e comando, dalluomo a
Dio visione e intelligenza, tra i due conoscenza e amore; nella
relazione che il Figlio, bench il padre abiti e agisca in lui, si
inchina al pi grande di lui e gli rivolge la sua preghiera. Sono
vani tutti i moderni tentativi di stravolgere il significato di questa
realt originaria del dialogo in un rapporto dallio al s o,
analogamente, in un processo che si svolge nellinteriorit
autosufficiente delluomo; essi appartengono alla storia abissale
della destituzione di realt

Che cos leterno fenomeno originario, presente qui e ora, di ci


che chiamiamo rivelazione? il fatto che luomo che esce dal
momento dellincontro pi alto non lo stesso che vi era entrato. Il
momento dellincontro non unesperienza vissuta che si agita
nellanima che laccoglie e beatamente si placa: qui alluomo
accade qualcosa. A volte come un soffio, a volte come una lotta,
lo stesso: accade. Luomo che proviene dallatto essenziale della
relazione pura ha nel suo essere un di pi, qualcosa che cresciuto
in lui, di cui prima non sapeva nulla e la cui origine non riesce a
descrivere correttamente.

Come si giunge allincontro con il semplice tu sulle labbra, cos,


con il tu sulle labbra, si dallincontro riconsegnati al mondo. Il
mistero rimasto ci che era. Con ci che abbiamo ricevuto
possiamo solo andare e rendere testimonianza.
Questa leterna rivelazione presente nel qui e nellora. Non credo
che Dio si nomini, si definisca al cospetto degli uomini. La parola
della rivelazione Io sono presente cos come sono presente 2.
Ci che rivela ci che rivela; ci che , presente, nullaltro.
Il Tu eterno non pu per natura trasformarsi in esso; perch, per
natura, non pu essere misurato e limitato, neppure con la misura
dellincommensurabile e con il limite dellillimitato.

2 Questa la particolare traduzione ed esegesi della parola di Dio ehyeh


asher ehyeh (Es 3.14), a cui Buber sempre si attiene.
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