Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Testo di riferimento:
Bertsch - Dal Passo - Giacomelli, Analisi Matematica, McGraw-Hill.
Testo consigliato per le nozioni basilari (in caso di difficolt`a nel comprendere le spiegazioni):
Boieri - Chiti, Precorso di Matematica, Zanichelli.
Avvertenza. Sono riportati nei dettagli tutti gli argomenti svolti a lezione la cui impo-
stazione differisce in modo sostanziale da quella del testo di riferimento. Negli altri casi, il
pi`
u delle volte, ci limitiamo semplicemente ad elencare gli argomenti trattati in aula.
Gli studenti sono invitati a segnalare eventuali errori riscontrati nel registro delle lezioni
scrivendo a massimo.furi@unifi.it e indicando il tipo di errore e il numero della lezione.
` sufficiente scrivere la formula (o frase) errata e il numero della lezione (non la pagina,
E
perche nel file sorgente, in LaTeX, non `e indicata). Ogni errore segnalato comporter`a un
bonus di un voto nel primo compito scritto, successivo alla segnalazione, che lo studente
consegner`a per la correzione (comunicare nome, cognome e numero di matricola).
Per un rapido riscontro con precedenti versioni del registro, le modifiche apportate alle
lezioni svolte da pi`
u di una settimana risulteranno colorate come segue:
- in blu se sono integrazioni di testo;
- in rosso se sono correzioni di errori o modifiche del testo preesistente.
25/04/09 1
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Sia a un numero reale non negativo. Supponiamo che per ogni > 0 si abbia
a . Provare che a = 0.
In seguito proveremo che, dato un numero naturale n ed assegnato un numero reale non
negativo a, esiste ununica soluzione non negativa dellequazione xn = a. Tale soluzione
si chiama radice n-esima aritmetica di a e si denota col simbolo n a (se n = 2 si scrive
25/04/09 2
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
campo reale), denotata n a anche quando a < 0 (tale notazione, data lunicit`a della radice
reale del polinomio xn = a, non d` a luogo a equivoci). Vedremo in seguito che (per evitare
pedanti distinguo) `e conveniente definire le potenze ad esponente reale soltanto quando la
base `e positiva (a meno che lesponente non sia un intero). Pertanto n a coincide con a1/n
soltanto per a > 0 (se a < 0 ed n `e dispari si ha n a = |a|1/n ).
Esercizio. Provare che se un intervallo contiene due punti (distinti), allora ne contiene
infiniti.
25/04/09 3
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Mostrare che, in base alla suddetta definizione, linsieme vuoto e i singoletti
(cio`e i sottoinsiemi di R costituiti da un sol punto) sono intervalli.
Suggerimento. Ricordarsi che una proposizione del tipo A = B `e falsa solo in un caso:
quando A `e vera e B `e falsa.
Esercizio. Provare che (in base alla suddetta definizione) i seguenti sottoinsiemi di R sono
intervalli (a e b sono due numeri reali assegnati):
(a, b) := x R : a < x < b ;
[a, b] := x R : a x b ;
(a, b] := x R : a < x b ;
(, a] := x R : x a ;
(a, +) := x R : a < x .
Ogni intervallo pu` o essere rappresentato in uno dei seguenti modi: , {a}, (a, b), (a, b],
[a, b), [a, b], (a, +), [a, +), (, a), (, a], R. Gli intervalli (a, +) e [a, +) si
dicono semirette destre (di estremo a), mentre (, a) e (, a] sono semirette sinistre.
Un intervallo costituito da infiniti punti si dice non banale, mentre linsieme vuoto e i
singoletti (delluniverso R) sono intervalli banali.
Ogni sottoinsieme di R pu` o possedere alcune propriet`a che verranno introdotte pi` u avanti.
Come vedremo, pu` o essere (o non essere) chiuso, aperto, limitato superiormente, limitato
inferiormente, limitato. Per ora ci limitiamo ad affermare, come se fosse una definizione,
che gli intervalli , {a}, (a, b), (a, b], [a, b) e [a, b] sono limitati, mentre (a, +), [a, +),
(, a), (, a] e R non lo sono; che (a, b), (, a) e (a, +) sono aperti, e che {a},
[a, b], (, a] e [a, +) sono chiusi; mentre lintervallo (a, b] non `e ne aperto ne chiuso (si
dice che `e aperto a sinistra e chiuso a destra, ma `e unaffermazione che ha senso solo per
gli intervalli e non per gli arbitrari sottoinsiemi di R).
Esercizio. Mostrare con un esempio che lunione di due intervalli pu`o non essere un
intervallo.
Esercizio. Provare che se due intervalli hanno intersezione non vuota, allora la loro unione
`e un intervallo.
3 - Mercoled` 24/09/08
Definizione (di maggiorante e di minorante). Sia X un sottoinsieme di R. Un numero
reale b si dice un maggiorante (o una limitazione superiore) per X se x b per ogni x X.
Analogamente, a `e un minorante (per X) se a x, x X.
Ad esempio, i numeri 5, 6, 4 e 1+ sono dei maggioranti per linsieme X = [1, 0) (2, 4),
25/04/09 4
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Per esempio, linsieme X = [1, 0) (2, 4) `e limitato sia superiormente sia inferiormente,
e quindi `e limitato (si osservi che ogni x X verifica la condizione 1 x 4, ma X
non `e un intervallo). Il sottoinsieme N di R `e limitato inferiormente ma non superior-
mente, e quindi non `e limitato. Il sottoinsieme Z di R non `e limitato ne inferiormente ne
superiormente, e quindi . . . (completare il discorso)
Si osservi che se b `e un maggiorante per X, allora lo `e anche ogni c > b. Perci`o i maggioranti
di un insieme, se esistono, sono infiniti.
Esercizio. Provare che se un insieme non vuoto ammette un maggiorante, allora linsieme
dei suoi maggioranti `e una semiretta destra (vedremo che tale semiretta `e sempre chiusa).
4 - Venerd` 26/09/08
Si osservi che non tutti gli insiemi limitati superiormente ammettono massimo (si pensi ad
un intervallo aperto). Ci`o giustifica lintroduzione di un concetto sostitutivo: la nozione di
estremo superiore.
Esercizio. Mostrare che il massimo di un insieme, quando esiste, coincide con lestre-
mo superiore. Provare inoltre che lestremo superiore di un insieme, quando appartiene
allinsieme, coincide col massimo.
25/04/09 5
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
In altre parole, se `e vero, come si `e visto, che non tutti gli insiemi limitati inferiormente
ammettono minimo, `e invece vero che ammette sempre minimo la semiretta dei maggioranti
di un qualsiasi insieme limitato superiormente.
` noto che linsieme Q dei razionali non gode della propriet`a di Dedekind. Ad esempio, si
E
potrebbe provare (ma non lo facciamo) che, nelluniverso dei razionali, linsieme
dei numeri razionali positivi il cui quadrato `e minore di 2 non ammette estremo superiore.
Esercizio. Provare che linsieme C sopra definito ammette estremo inferiore sia nelluni-
verso dei razionali sia in quello dei reali.
Esercizio. Provare che se A B allora supA supB. Osservare inoltre che, in virt`
u
della convenzione sup = , tale relazione `e verificata anche quando A = .
Esercizio. Determinare gli estremi superiore e inferiore dei seguenti insiemi (stabilire
anche se ammettono
massimo e minimo):
S n n
1) n+2 , n+1 ;
n1
25/04/09 6
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
1 1
S
2) 2n ,1 n .
n2
5 - Venerd` 26/09/08
Richiami sulle potenze ad esponente intero (la base `e arbitraria, tranne il caso 00 , che non
conviene definire). Richiami sulle potenze ad esponente reale (la base `e positiva).
Esercizio. Dedurre, dalle tre propriet`a fondamentali delle potenze, le seguenti ulteriori
propriet`a:
4) ax /ay = axy ;
5) (a/b)x = ax /bx .
Tre definizioni
alternative di valore assoluto:
2
|x| = x , |x| = (sign x) x, |x| = max{x, x}.
Esercizio. Provare che |x| < c se e solo se c < x < c (e, analogamente, |x| c se e solo
se c x c).
25/04/09 7
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
costituito dai punti x che distano da x0 meno di r. Pertanto, I(x0 , r) coincide con
lintervallo aperto (x0 r, x0 + r) di centro x0 e ampiezza 2r.
6 - Mercoled` 01/10/08
Dal punto di vista informale, una funzione (o applicazione) f da un insieme X in un
insieme Y (si scrive f : X Y ) `e una legge che ad ogni elemento x X fa corrispondere
un unico elemento y Y , detto immagine di x e denotato col simbolo f (x). Gli insiemi X
e Y si chiamano, rispettivamente, dominio e codominio di f (questultimo non va confuso
con limmagine di f , che definiremo pi` u avanti). La relazione y = f (x) che lega ogni
elemento del dominio col corrispondente elemento del codominio si chiama equazione del
grafico di f . La lettera che si usa per rappresentare un generico elemento del dominio si
chiama variabile indipendente mentre quella che rappresenta gli elementi del codominio `e
detta variabile dipendente. E ` di uso frequente denotare con x la prima e con y la seconda
ma, ovviamente, si possono usare altre lettere. Limportante, quando `e data lequazione
del grafico, `e che risulti chiaro (almeno dal contesto) quale delle lettere rappresenta gli
elementi del dominio e quale gli elementi del codominio.
Un esempio di funzione `e la legge che ad ogni studente dellaula associa la prima lettera
del suo cognome. Il dominio, in questo caso, `e linsieme degli studenti presenti in aula.
Riguardo alla scelta del codominio, `e prudente considerare linsieme di tutte le lettere
dellalfabeto. Limmagine della funzione, come vedremo, `e linsieme costituito dalle lettere
che corrispondono ad almeno uno studente presente in aula (`e molto probabile che sia un
sottoinsieme proprio del codominio, e in tal caso diremo che la funzione non `e suriettiva).
Ad esempio, la funzione che ad ogni studente presente in aula associa il suo codice fiscale `e
ovviamente iniettiva, mentre non lo `e quella che ad ogni studente in aula fa corrispondere
liniziale del suo cognome (possiamo affermarlo con certezza, dato che gli studenti presenti
sono pi` u di 26).
25/04/09 8
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
oppure n o
f (A) = y Y : x A tale che y = f (x) .
Limmagine f (X) di tutto il dominio si chiama anche immagine di f e si denota col simbolo
Imf (oltre che con f (X)).
25/04/09 9
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
(una negativa e una positiva) se c > 0 (vedremo in seguito come provare tali affermazioni).
Ovviamente la precedente disequazione non `e verificata se y < 0, non ha senso se y = 0,
mentre, quando y > 0 `e verificata se e solo se y 1. Pertanto Imf = (0, 1].
7 - Mercoled` 01/10/08
Definizione (di retroimmagine). Data una funzione f : X Y e dato un sottoinsieme B
del suo codominio Y , la retroimmagine (o controimmagine o immagine inversa o preim-
magine.) di B (tramite f ) `e il sottoinsieme f 1 (B) di X costituito dagli elementi la cui
immagine sta in B. In simboli:
n o
f 1 (B) = x X : f (x) B .
Definizione (di funzione suriettiva). Una funzione f : X Y si dice suriettiva se per ogni
y Y esiste almeno un x X tale che f (x) = y; ossia, se Imf = Y .
Definizione (di funzione inversa). Data una funzione iniettiva f : X Y , la sua funzione
inversa, denotata f 1 , `e quella legge che ad ogni y dellimmagine Imf di f associa lunico
elemento x X tale che f (x) = y (in questo caso la lettera y rappresenta la variabile
indipendente e la x `e la variabile dipendente).
` bene precisare che in alcuni testi di Analisi Matematica vengono dette invertibili soltanto
E
le funzioni biiettive (cio`e iniettive e suriettive). Noi preferiamo chiamare invertibili tutte
le funzioni iniettive (senza richiedere la suriettivit`a). In tal caso il dominio della funzione
inversa coincide con limmagine della funzione che si inverte.
25/04/09 10
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Osservazione. Limmagine (risp. il dominio) di una funzione inversa coincide col dominio
(risp. limmagine) della funzione che viene invertita.
` immediato verificare che se f : X Y `e iniettiva, allora
E
8 - Mercoled` 01/10/08
Il prodotto cartesiano di due insiemi X e Y `e linsieme, denotato col simbolo X Y ,
costituito dalle coppie ordinate (x, y) con x X e y Y . Il prodotto X X si denota
anche X 2 . Analogamente, X 3 `e linsieme delle terne ordinate degli elementi di X. Pi`
u in
n
generale, dato n N, X rappresenta linsieme delle n-ple ordinate di numeri reali.
Fino ad ora ci siamo accontentati soltanto della nozione intuitiva di funzione, senza preci-
sare il significato dellespressione legge che ad ogni elemento del dominio associa un unico
elemento del codominio. La definizione che segue introduce il concetto di funzione in
modo rigoroso (la riportiamo soltanto per le esigenze degli studenti desiderosi di una pi` u
profonda comprensione dei concetti astratti).
Convenzione. Per semplicit` a, a meno che non venga diversamente specificato, suppor-
remo sempre che il codominio di ogni funzione reale sia tutto R. Ci`o ci permetter`a di
combinare tra loro le funzioni reali, mediante operazioni di somma, prodotto, quoziente e
composizione, concentrando la nostra attenzione esclusivamente sulla eventuale determina-
zione del dominio delle funzioni cos` ottenute (chiamato anche campo di esistenza), senza
lobbligo di calcolarne il codominio.
Un modo diretto per rappresentare una funzione reale di variabile reale f `e quello di
scriverne lequazione del grafico. Tale equazione, infatti, individua univocamente il terzo
insieme della terna f = (dominio, codominio, grafico), e una volta noto il grafico G di f
(che in questo caso `e un sottoinsieme di R2 ), il dominio non `e altro che linsieme degli x R
25/04/09 11
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
per cui la retta parallela allasse y e passante per il punto (x, 0) interseca G (ovviamente
in un sol punto, altrimenti G non sarebbe un grafico). Il codominio di f , per convenzione,
`e tutto R (a meno che non venga diversamente specificato). Ad esempio, invece di scrivere
Consideriamo la funzione da R\{0} in R definita da x 7 1/x oppure Consideriamo
la funzione f : R\{0} R definita da f (x) = 1/x, si pu`o pi` u semplicemente scrivere
Consideriamo la funzione y = 1/x. In questo caso si sottintende che il dominio `e linsieme
dei numeri x per cui ha senso (nei reali) il rapporto 1/x (cio`e R\{0}) e il codominio (per
tacita e prudente convenzione) `e tutto R.
e determinarne il dominio.
9 - Venerd` 03/10/08
Consideriamo f : R R, f (x) = x2 . Limmagine `e lintervallo [0, +). Se prendiamo due
numeri opposti, osserviamo che f (a) = f (a) = a2 . Il fatto che, data una funzione, due o
pi`
u elementi (eventualmente tutti) abbiano la stessa immagine `e una possibile caratteristica
della funzione in esame e non `e in contrasto con la definizione.
25/04/09 12
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
o, pi`
u semplicemente, con inf f e supf , coincidono, per definizione, con gli estremi della
sua immagine. Se B `e un sottoinsieme del dominio A di f : A R,
Notazione. Da ora in avanti il dominio di una funzione f verr`a denotato col simbolo D(f ).
In realt`a per definire la composizione g f di due funzioni f e g, non c`e bisogno che il
dominio di g coincida col codominio di f : la g pu`o essere definita anche in un sottoinsieme
del codominio di f . In tal caso il dominio della composizione gf `e dato da tutti gli x per
cui ha senso scrivere g(f (x)), ovvero dagli x D(f ) tali che f (x) D(g). In simboli:
n o
D(gf ) = f 1 (D(g)) = x D(f ) : f (x) D(g) .
Si osservi che una funzione f `e monotona se e solo se il prodotto (x2 x1 )(f (x2 ) f (x1 )),
con x1 e x2 nel dominio, non cambia mai segno.
` ovvio che se una funzione reale di variabile reale f : A R `e strettamente monotona,
E
allora `e anche iniettiva (provarlo per esercizio). Pertanto, in tal caso, `e ben definita la sua
25/04/09 13
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Si osservi che una funzione strettamente crescente `e anche crescente. Mostrare
con un esempio che non vale limplicazione inversa.
10 - Venerd` 03/10/08
Attenzione. Da ora in avanti, a meno che non venga esplicitamente dichiarato diversa-
mente, le funzioni che considereremo avranno dominio contenuto in R e codominio uguale
ad R (da non confondere con limmagine). Pertanto, con una notazione del tipo f : A R
intenderemo D(f ) = A R.
Si fa presente che, data f : A R, col simbolo f (x) si dovrebbe intendere il valore che
la funzione f assume nel punto x (punto che si sottintende appartenente al dominio di
f , altrimenti non ha senso scrivere f (x)). In altre parole, a rigore, f (x) rappresenta un
numero e non una funzione. Talvolta, per`o, per abuso di linguaggio e in conformit`a con
una tradizione dura a morire, spesso con f (x) intenderemo la funzione f , e la lettera x
(detta variabile indipendente) rappresenter`a un generico elemento del dominio, e non un
punto fissato. Comunque, se f (x) rappresenta un numero o una funzione si capisce dal
contesto. Ad esempio, f (2) rappresenta inequivocabilmente un numero (il valore assunto
da f nel punto 2), cos` come la notazione f (x0 ) denota presumibilmente il valore assunto
da f in un punto x0 fissato. Per indicare la funzione coseno non scriveremo cos (come a
rigore si dovrebbe fare) ma cos x o cos t o cos , ecc. (la lettera usata per rappresentare la
variabile indipendente `e spesso suggerita dal suo significato fisico o geometrico).
Definizione (di funzione combinata). Date due funzioni reali di variabile reale f e g, la
loro somma f + g, il loro prodotto f g, il loro quoziente f /g e la loro composizione gf si
25/04/09 14
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Definizione (di funzione pari, dispari, periodica). Una funzione f : A R si dice pari se
xA = x A e f (x) = f (x),
si dice dispari se
xA = x A e f (x) = f (x),
si dice periodica (in futuro) di periodo T > 0 se
xA = x + T A e f (x) = f (x + T ).
Si osservi che la somma, il prodotto e il quoziente di funzioni periodiche, tutte dello stesso
periodo T , `e ancora una funzione periodica di periodo T . La minimalit`a del periodo,
tuttavia, non si conserva con dette operazioni. Ad esempio, sen x e cos x sono periodiche
di periodo 2, e quindi, per quanto detto, `e periodica di periodo 2 anche la funzione
tang x := sen x/ cos x; ma mentre 2 `e il periodo minimo per le prime due funzioni, non lo
`e per la terza (il periodo minimo di tang x `e ).
Esempi di funzioni pari: le costanti, x2 , 1/x2 , x4 , x2k (con k Z), cos x, cos 3x, 1/ cos x,
2
1 x2 cos x, x tang x, |x|ex x2 cos x.
2
Esempi di funzioni dispari: sen x, sen 3x, 1/ sen x, sen x cos x, tang x, xex x2 sen x.
Esempi di funzioni periodiche: le costanti, sen x, sen 3x, 1/ sen x, tang x, sen x cos x,
sen 2x + 3 cos 5x.
25/04/09 15
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Si osservi che il massimo di una funzione (se esiste) `e unico ed appartiene al codominio (pi`
u
precisamente, appartiene allimmagine), mentre i punti di massimo possono essere anche
pi`
u di uno e stanno nel dominio.
Esempio. Il massimo di cos x `e 1, mentre i punti di massimo sono infiniti (sono i numeri
x = 2k, con k Z). Il minimo di cos x `e 1 ed `e assunto nei punti . . . (quali?).
Esempio. Il massimo di
3
f (x) =
1 + |x + 2|
vale 3 ed `e assunto nel punto in cui `e minima la funzione |x + 2|. Pertanto f ha come unico
punto di massimo x = 2. Poiche f (x) > 0 per ogni x R, 0 `e un minorante per f ma
non `e un minimo. Dato che il denominatore di f (x) si pu`o rendere arbitrariamente grande,
`e lecito supporre che 0 sia lestremo inferiore di f . Per provare che effettivamente 0 = inf f
(cio`e, ricordiamo, che 0 `e il massimo dei minoranti per i numeri f (x)) occorre mostrare
che se a > 0, allora a non `e un minorante; ossia esiste un x per il quale si ha f (
x) < a (`e
la negazione della proposizione per ogni x R si ha f (x) a). In altre parole, occorre
provare che, dato un arbitrario a > 0, la disequazione
3
<a
1 + |x + 2|
Esercizio. Provare che se una funzione f : (a, b) R `e strettamente monotona, allora non
ammette ne massimo ne minimo.
25/04/09 16
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
11 - Mercoled` 8/10/08
Definizione (topologica di funzione continua). Una funzione (reale di variabile reale) f
si dice continua in un punto x0 del dominio D(f ) se fissato un arbitrario > 0 esiste un
numero > 0 con la propriet` a che da |x x0 | < e x D(f ) segue |f (x) f (x0 )| < .
In caso contrario si dice che f `e discontinua in x0 o che ha una discontinuit`a in x0 . Se f
`e continua in ogni punto del suo dominio, allora si dice semplicemente che `e una funzione
continua, altrimenti si dice che `e discontinua.
In base alla suddetta definizione, f `e discontinua se non `e vero che `e continua in ogni punto
del suo dominio; cio`e se esiste (almeno) un punto del dominio in cui f `e discontinua
(ricordarsi di come si nega la proposizione tutte le pecore sono bianche). Quindi, a
differenza di ci`
o che si legge in alcuni libri, non ha senso laffermazione la funzione 1/x
non `e continua perche ha una discontinuit`a nel punto x0 = 0, dato che detto punto non
appartiene al dominio di 1/x (sarebbe come dire che non `e vero che tutte le pecore sono
bianche perche c`e una capra che non lo `e).
Esercizio. Provare che se una funzione `e continua in un insieme A, allora `e continua anche
la sua restrizione ad un qualunque sottoinsieme di A.
Intuitivamente, affermare che una funzione f `e continua in un punto x0 significa che lim-
magine f (x) di un punto x del dominio di f si pu`o rendere vicina quanto si vuole a f (x0 )
purche si prenda x sufficientemente vicino a x0 . In altre parole, se ci viene dato un arbitra-
rio margine di errore > 0 e ci viene chiesto di far s` che la distanza |f (x) f (x0 )| tra f (x)
e f (x0 ) risulti minore dellerrore assegnato, deve essere possibile (almeno teoricamente)
determinare un intorno I(x0 , ) del punto x0 con la propriet`a che per tutti i punti x di tale
intorno (che appartengono anche al dominio di f ) il valore f (x) approssimi f (x0 ) con un
errore inferiore ad .
Esempio. La funzione sign x non `e continua nel punto x0 = 0. Infatti in ogni intorno di
x0 ci sono punti che vengono mandati lontano dal valore sign x0 = 0. Pi` u precisamente,
se si fissa lintorno V di sign x0 di raggio = 1/2, non `e possibile trovare un intorno U di
x0 che viene (interamente) mandato in V (cio`e in ogni intorno di x0 ci sono punti x tali
che sign x 6 V ).
Teoremasd (di continuit`a delle funzioni combinate). Ogni funzione ottenuta combinan-
do funzioni continue tramite operazioni di somma, prodotto, quoziente e composizione `e
25/04/09 17
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
continua.
Nel suddetto teorema si `e supposto, per semplicit`a, che le funzioni siano continue in tutti
i punti del loro dominio. In realt` a vale un risultato pi` u generale (anche se lenunciato `e
meno elegante). Non `e infatti difficile dimostrare (ma non lo facciamo per mancanza di
tempo) che se f `e continua in un punto x0 e g `e continua in y0 = f (x0 ), allora (anche
senza ulteriori ipotesi di continuit`
a di f e g negli altri punti del loro dominio) gf risulta
continua in x0 . Analoghe considerazioni valgono per le funzioni combinate f + g, f g e f /g:
per la continuit`a in un punto x0 del loro dominio `e sufficiente che f e g siano entrambe
continue in x0 .
Si osservi che dalla definizione di continuit`a segue subito che le costanti e la funzione
f (x) = x sono continue (verificarlo per esercizio). Poiche il prodotto di funzioni continue
`e una funzione continua, ogni monomio f (x) = axn `e una funzione continua. Quindi, in
base al precedente teorema, anche i polinomi sono funzioni continue, dato che si ottengono
sommando monomi. Di conseguenza, anche le funzioni razionali, essendo rapporto di
polinomi, sono continue (compresa la funzione f (x) = 1/x).
Esercizio. Siano f e g due funzioni definite nello stesso dominio. Dedurre, dal teorema di
continuit`a delle funzioni combinate, che se una sola delle due `e discontinua, allora anche
f + g `e discontinua.
12 - Mercoled` 8/10/08
Teorema (della permanenza del segno per funzioni continue). Sia f : A R continua in
un punto x0 A. Se f (x0 ) 6= 0, allora esiste un intorno U di x0 tale che per tutti i punti
x di tale intorno (e appartenenti al dominio di f ) il numero f (x) ha lo stesso segno di
f (x0 ), cio`e f (x)f (x0 ) > 0 per ogni x U A.
Dimostrazione. Senza perdere in generalit`a si pu`o supporre f (x0 ) > 0 (in caso contra-
rio basta considerare la funzione g(x) = f (x)). Fissiamo = f (x0 ). Per lipotesi di
continuit`a esiste un intorno U di x0 tale che
Definizione. Sia f una funzione reale di variabile reale e sia x0 D(f ). Si dice che f ha
la propriet`
a della permanenza in x0 se valgono le seguenti due condizioni:
25/04/09 18
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
1) f (x0 ) < b un intorno U di x0 tale che f (x) < b per ogni x U D(f );
2) f (x0 ) > a un intorno V di x0 tale che f (x) > a per ogni x V D(f ).
Si osservi che, in base allesercizio precedente, ogni funzione continua (in un punto x0 ) ha la
propriet`a della permanenza (in x0 ). Si potrebbe provarefac che `e vera anche laffermazione
inversa: se una funzione in un punto ha la propriet` a della permanenza, allora `e continua
in quel punto.
Esercizio. Mostrare che la funzione sign x non ha la propriet`a della permanenza nel punto
x0 = 0, e dedurre da questo che `e discontinua in tal punto.
Mostriamo che la funzione f (x) = |x| `e continua. Allo scopo occorre fissare un arbitrario
punto x0 R e dimostrare che f (x) `e continua in quel punto. Dalla disuguaglianza
||x| |x0 || |x x0 | segue che, dato > 0, per far s` che |f (x) f (x0 )| risulti minore di
basta che sia minore di la distanza |xx0 | di x da x0 . Quindi, col gergo dellepsilon-delta,
fissato , basta prendere = (o un qualunque altro < , purche positivo).
Si osservi che non vale linverso del teorema delle funzioni combinate. Cio`e combinando tra
loro funzioni non tutte continue si possono ottenere anche funzioni continue. Per esempio
moltiplicando sign x per x si ottiene la funzione |x|, che `e continua.
Esercizio. Dedurre, dalla definizione trigonometrica della funzione seno, la seguente nota
disuguaglianza (valida per ogni valore dellangolo x in radianti):
| sen x| |x|.
Suggerimento. Provarla per x > 0, e dedurre che `e vera anche per x < 0 dato che la
funzione seno `e dispari.
Esercizio. Dedurre, dalle formule di addizione del seno e del coseno, le seguenti formule
di prostaferesi: x + y x y
sen x sen y = 2 cos sen ;
2 2
x + y y x
cos x cos y = 2 sen sen .
2 2
Suggerimento (per la prima formula). Considerare la differenza sen( + ) sen( ) e
25/04/09 19
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
porre + = x e = y.
Mostriamo che la funzione sen x `e continua. Allo scopo fissiamo un arbitrario x0 e consi-
deriamo la seguente formula di prostaferesi:
x + x x x
0 0
sen x sen x0 = 2 cos sen .
2 2
Poiche |cos| 1, si ha
x + x x x x x
0 0 0
| sen x sen x0 | = 2 cos sen 2 sen
2 2 2
| sen x sen x0 | |x x0 | .
La continuit`
a della funzione cos x si prova in maniera analoga (i dettagli sono lasciati agli
studenti).
Dalla continuit`
a di sen x e cos x si deduce che anche la funzione
sen x
tang x :=
cos x
`e continua (ovviamente nei punti in cui `e definita, cio`e negli x in cui cos x 6= 0).
Proveremo in seguito che anche le funzioni ax , loga x e x sono continue. Vedremo anche
che `e continua la funzione n x, dove n `e un qualunque numero naturale. Ci`o, come potrebbe
sembrare, non deriva dalla continuit` a di x1/n , perche n x `e definita nella semiretta chiusa
[0, +) per n pari e in tutto R per n dispari, mentre x1/n `e definita soltanto nella semiretta
aperta (0, +), e solo l` coincide con n x.
13 - Mercoled` 8/10/08
Teorema (di esistenza degli zeri). Sia f : [a, b] R continua e tale che f (a)f (b) 0.
Allora lequazione f (x) = 0 ammette almeno una soluzione in [a, b].
Dimostrazione fac . Se f (a)f (b) = 0, allora almeno uno dei due estremi dellintervallo [a, b]
`e soluzione dellequazione f (x) = 0. Si pu`o quindi supporre f (a)f (b) < 0. Si pu`o anche
supporre f (a) < 0 (e, di conseguenza, f (b) > 0), altrimenti basta sostituire f con f .
Definiamo linsieme X = {x [a, b] : f (x) < 0} e consideriamo il numero c = supX.
Chiaramente c [a, b], dato che a X e b `e un maggiorante per X. Mostriamo che il
numero f (c) non pu`o essere ne minore di zero ne maggiore di zero e, pertanto, non pu`o
che essere zero.
Se fosse f (c) < 0, si avrebbe c 6= b (avendo supposto f (b) > 0) e quindi c < b (dato
che c b). Allora, per il teorema della permanenza del segno (per funzioni continue),
esisterebbe un intervallo (c, c+) contenuto in [a, b] in cui f risulterebbe negativa. Pertanto,
25/04/09 20
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Illustriamo un semplice algoritmo numerico, detto metodo delle bisezioni, per calcolare
(con lapprossimazione desiderata) una soluzione di unequazione del tipo f (x) = 0, dove
f : [a, b] R verifica le ipotesi del teorema di esistenza degli zeri. Si pu`o supporre f (a) 0.
In caso contrario basta cambiare f in f (le equazioni f (x) = 0 e f (x) = 0 sono
infatti equivalenti). Poniamo, per comodit`a, a0 = a e b0 = b, e consideriamo il punto di
mezzo c0 = (b0 + a0 )/2 dellintervallo [a0 , b0 ]. Se f (c0 ) > 0 poniamo a1 = a0 e b1 = c0 ,
altrimenti poniamo a1 = c0 e b1 = b0 . In altre parole, una volta diviso [a0 , b0 ] in due
intervalli uguali, denotiamo con [a1 , b1 ] quello di sinistra o quello di destra a seconda
che f (c0 ) sia maggiore di zero o non lo sia. In ogni caso si ha f (a1 ) 0 e f (b1 ) > 0.
Pertanto, per il teorema di esistenza degli zeri, nellintervallo chiuso [a1 , b1 ] c`e almeno
una soluzione della nostra equazione. Ripetiamo il procedimento considerando il punto di
mezzo c1 = (b1 + a1 )/2 del nuovo intervallo e calcolando f (c1 ). Se f (c1 ) > 0 poniamo
a2 = a1 e b2 = c1 , altrimenti poniamo a2 = c1 e b2 = b1 . Procedendo ricorsivamente si
considera il punto cn1 = (bn1 + an1 )/2 e si calcola f (cn1 ). Se f (cn1 ) > 0 si pone
an = an1 e bn = cn1 , altrimenti si pone an = cn1 e bn = bn1 . Ad ogni passo si ottiene
un intervallo [an , bn ] di ampiezza la met`a del precedente che contiene almeno una soluzione.
Quindi an `e unapprossimazione per difetto di tale soluzione e bn unapprossimazione per
eccesso. Lerrore massimo che si commette considerando una delle due approssimazioni `e
dato dallampiezza bn an dellennesimo intervallo (`e addirittura la met`a di tale ampiezza se
si approssima la soluzione col punto di mezzo di tale intervallo). Dunque, per determinare
una soluzione dellequazione f (x) = 0 con un errore inferiore ad un assegnato > 0 non
occorre eseguire il test bn an < ad ogni passo: `e sufficiente ripetere la procedura di
bisezione (senza eseguire il test) un numero n di volte, dove n N verifica la disequazione
(b a)/2n < . Risolvendo detta disequazione rispetto allincognita n si ottiene
ba 1 ba
n > log2 = log .
log 2
Il pi`
u piccolo n che verifica tale condizione `e
1 ba
n = 1 + int log .
log 2
Ad esempio, se b a = 1, per ottenere una soluzione con un errore inferiore a 103 `e
sufficiente ripetere il procedimento di bisezione dieci volte.
25/04/09 21
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
suddetta equazione ammette una soluzione basta determinare, mediante dei sondaggi, due
punti a e b in cui la funzione f assume segno discorde. Per x = 0 si ottiene f (0) = 2 < 0,
mentre per x = 1 si ha f (1) = 1+e3 = 0, 718 > 0. In base al teorema di esistenza degli
zeri si pu`o dunque concludere che la suddetta equazione ammette una soluzione c (0, 1).
Possiamo anche affermare che tale soluzione `e unica perche f (x) `e strettamente crescente,
essendo somma di due funzioni strettamente crescenti e di una costante. Applicando il
procedimento delle bisezioni dieci volte si ottiene c = 0, 792 . . .
14 - Venerd` 10/10/08
Esempio. Lequazione int x 1/2 = 0 non ha soluzioni (dato che int x assume soltanto
valori interi), eppure agli estremi dellintervallo [0, 1] la funzione f (x) = int x 1/2 ha
segno discorde (spiegare lapparente contraddizione).
Il risultato che segue `e una facile conseguenza del teorema di esistenza degli zeri, nonche
una sua generalizzazione.
Esempio. La funzione f (x) = 1/x, sebbene sia continua, non ha per immagine un
intervallo (perche?).
25/04/09 22
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Dedurre, dal teorema dei valori intermedi, che le funzioni sign x, int x e H(x)
non sono continue.
15 - Venerd` 10/10/08
Osserviamo che la funzione tangente, essendo periodica, non `e iniettiva e, pertanto, non `e
invertibile. Tuttavia, come vedremo in seguito, la sua restrizione allintervallo (/2, /2) `e
strettamente crescente, e quindi invertibile. La funzione inversa di tale restrizione si chiama
arcotangente (larcotangente di un numero y si denota con arctang y o, pi` u brevemente,
con arctg y). Proveremo in seguito che gli estremi inferiore e superiore della restrizione
della tangente allintervallo (/2, /2) sono, rispettivamente, e +. Pertanto, dato
che la tangente `e una funzione continua (essendo rapporto di funzioni continue), in base al
teorema dei valori intermedi, limmagine di tale restrizione `e tutto R. Si pu`o concludere che
la funzione arcotangente `e definita in tutto R ed ha per immagine lintervallo (/2, /2),
cio`e il dominio della funzione di cui `e linversa.
Applichiamo il teorema dei valori intermedi per provare che, dato un numero naturale
n ed assegnato un numero reale non negativo y, esiste ununica soluzione non negativa
dellequazione xn = y (ricordiamo che tale soluzione si chiama radice n-esima aritmetica di
y). Denotiamo con f (x) la restrizione della funzione xn allintervallo [0, +). La funzione
f (x) `e continua, essendo prodotto di funzioni continue. Pertanto, per il teorema dei valori
intermedi, la sua immagine `e un intervallo. Per determinarlo `e sufficiente calcolare gli
estremi di f . Chiaramente inf f = min f = 0, dato che f (0) = 0 e f (x) 0 per ogni
x [0, +). Poiche f (x) x per ogni x 1, la funzione f non `e limitata superiormente
(vale a dire supf = +). Dunque Imf = [0, +), e ci`o significa che per ogni y 0 esiste
almeno un x 0 tale che xn = y. Per provare che un tale x `e unico si osservi che f `e
strettamente crescente. Infatti, dati a e b in [0, +) con a < b, si ha
In seguito vedremo un altro metodo, pi` u semplice (anche se meno elementare), per provare
la stretta crescenza in [0, +) della funzione xn (mediante il calcolo della derivata).
25/04/09 23
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Si osservi che per determinare limmagine della restrizione della funzione 1/x allinter-
vallo (0, +) non occorre scomodare il teorema dei valori intermedi (perche?), mentre `e
necessario per la restrizione a [0, +) della funzione x2 (perche?).
Teorema (di continuit` a per le funzioni monotone). Sia f : A R una funzione monotona.
Se limmagine di f `e un intervallo, allora f `e continua (non occorre che sia definita in un
intervallo).
Dimostrazione fac . Ovviamente si pu`o supporre f crescente, altrimenti basta considerare
la funzione f . Occorre provare che f `e continua in qualunque punto del suo dominio A.
Allo scopo consideriamo un arbitrario x0 A e fissiamo > 0. Si hanno quattro casi:
(1) f (x0 ) /2 f (A) e f (x0 ) + /2 f (A);
(2) f (x0 ) /2 f (A) e f (x0 ) + /2 6 f (A);
(3) f (x0 ) /2 6 f (A) e f (x0 ) + /2 f (A);
(4) f (x0 ) /2 6 f (A) e f (x0 ) + /2 6 f (A).
Nel primo caso esistono x1 e x2 in A tali che f (x1 ) = f (x0 ) /2 e f (x2 ) = f (x0 ) + /2.
Poiche si `e supposto f crescente, si deve avere x1 < x0 < x2 (verificare che in caso contrario
si ha una contraddizione). Sempre per la crescenza di f , fissato un qualunque punto x A
tale che x1 < x < x2 , risulta f (x1 ) f (x) f (x2 ). Dunque, in questo caso, i punti
del dominio di f che appartengono allintervallo [x1 , x2 ] vengono mandati nellintervallo
[f (x1 ), f (x2 )] = [f (x0 ) /2, f (x0 ) + /2] e quindi, a maggior ragione, anche nellintorno
I(f (x0 ), ) = (f (x0 ) , f (x0 ) + ) di f (x0 ). Dunque, nel primo caso, col linguaggio
dellepsilon-delta, basta scegliere un qualunque > 0 in modo che lintorno (x0 , x0 + )
di x0 sia contenuto nellintervallo [x1 , x2 ]. Ad esempio, = min{|x0 x1 |, |x0 x2 |}.
Per inciso si osservi che, in questo primo caso, lipotesi che f (A) sia un intervallo non `e
intervenuta nel nostro ragionamento.
Analizziamo ora il secondo caso. Ragionando come prima si trova un x1 < x0 tale che
f (x1 ) = f (x0 )/2, e tutti i punti x di A che stanno nellintervallo [x1 , x0 ] vengono mandati
da f nellintervallo [f (x0 ) /2, f (x0 )]. Osserviamo ora che i punti di A che appartengono
alla semiretta [x0 , +) vanno a finire nellintervallo [f (x0 ), f (x0 ) + /2]. Infatti, se non
fosse vero, esisterebbe un punto x > x0 tale che x A e f (x) > f (x0 ) + /2 (si osservi
che, per la crescenza di f , f ( x) non pu`o essere minore di f (x0 )), e ci`o contraddirebbe
lipotesi che f (A) sia un intervallo perche ci sarebbero due punti, f (x0 ) e f ( x), in f (A) e
un punto intermedio, f (x0 ) + /2, non appartenente a f (A). Dunque, in questo secondo
caso, tutti i punti della semiretta [x1 , +) che stanno nel dominio A di f vengono mandati
nellintervallo [f (x0 ) /2, f (x0 ) + /2] (e quindi anche nellintorno (f (x0 ) , f (x0 ) + )
di f (x0 )). Pertanto, anche in questo caso esiste un > 0 (trovarlo) tale che se |x x0 | <
25/04/09 24
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
16 - Mercoled` 15/10/08
Il risultato che segue `e unimportante e diretta conseguenza del teorema di continuit`a per
le funzioni monotone.
Teorema (di continuit` a della funzione inversa). Sia f : J R una funzione strettamente
monotona. Se il dominio J di f `e un intervallo, allora f 1 : f (J) R `e una funzione
continua (non occorre che f sia continua).
Dimostrazione. La funzione f 1 `e strettamente crescente o decrescente, a seconda che sia
strettamente crescente o decrescente la f . La sua immagine, inoltre, coincide col dominio
J della f , che per ipotesi `e un intervallo. Pertanto la continuit`a di f 1 `e assicurata dal
teorema di continuit`a per le funzioni monotone.
Esercizio. Dedurre, dal teorema di continuit`a della funzione inversa, che, se n N `e pari,
la funzione g : [0, +) R definita da y 7 n y `e continua.
Esercizio. Dedurre, dal teorema di continuit`a della funzione inversa, che la funzione
arcotangente `e continua.
Si fa presente che nel piano cartesiano i punti di minimo e di massimo stanno nellasse delle
ascisse (dove giace il dominio della funzione) mentre il minimo e il massimo appartengono
allasse delle ordinate (dove sta limmagine).
25/04/09 25
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
In altre parole, fissato s [a, b], il numero reale esteso (s) `e lestremo superiore della
` evidente che `e
restrizione di f allintervallo [a, s]. In particolare risulta (b) = supf . E
crescente (provarlo per esercizio). Pi` u precisamente, tra tutte le funzioni crescenti (a valori
in R), `e la pi`
u piccola tra quelle che maggiorano f . Consideriamo il punto
x0 = inf s [a, b] : (s) = (b)
e proviamo che f (x0 ) `e il massimo valore assunto da f in [a, b]. Ovvero, ricordando che
supf = (b), proviamo che f (x0 ) = (b). Si hanno tre possibilit`a: x0 = a; a < x0 < b;
x0 = b. Analizziamo il secondo caso. Gli altri due, pi`
u facili da trattare, sono lasciati per
eserciziofac agli studenti.
Osserviamo, innanzi tutto, che (s) `e costante nellintervallo (x0 , b], e che tale costante
vale (b) = supf . Ovviamente non pu`o essere f (x0 ) > (b) perche (b) `e un maggiorante
per f (anzi, `e addirittura il pi`
u piccolo dei maggioranti). Supponiamo quindi, per assurdo,
che f (x0 ) sia minore di (b) e fissiamo un numero c compreso tra f (x0 ) e (b). Dal
teorema della permanenza del segno per le funzioni continue segue lesistenza di un intorno,
(x0 , x0 + ), che possiamo supporre interamente contenuto in [a, b], tale che f (x) < c
qualunque sia x in tale intorno. Daltra parte, tenendo conto del fatto che `e una funzione
crescente, dalla definizione di x0 segue che (x0 ) < (b). Quindi il numero
max (x0 ), c ,
che `e minore di (b), maggiora f (x) per tutti gli x [a, x0 + ], e ci`o contrasta col fatto
che (x0 + ), che coincide con (b), `e il pi`
u piccolo maggiorante per f in [a, x0 + ]. La
contraddizione prova che f (x0 ) = (b), e quindi che f (x0 ) f (x) per ogni x [a, b] perche
(b) `e un maggiorante per f (`e addirittura il pi`
u piccolo).
Le ipotesi del Teorema di Weierstrass sono tre: continuit`a della funzione; il dominio `e
un intervallo limitato; il dominio `e un intervallo chiuso. Mostriamo con degli esempi che
nessuna delle tre ipotesi pu`
o essere rimossa (ferme restando le altre due) senza pregiudicare
lesistenza del minimo o del massimo.
25/04/09 26
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Trovare un esempio di funzione che, pur non soddisfacendo una (o due, o
anche tre) delle ipotesi del Teorema di Weierstrass, ammetta massimo e minimo assoluti
(ci`o implica che le tre ipotesi non sono necessarie per lesistenza del massimo e del minimo,
ma sono soltanto sufficienti).
Il numero (x0 ) si chiama derivata di f in x0 e si denota con uno dei seguenti simboli:
df
f 0 (x0 ), Df (x0 ), (x0 ), Dx0 f, Df (x)|x=x0 .
dx
La restrizione r(x) allinsieme A\{x0 } della funzione (x) che appare nella suddetta defi-
nizione si chiama rapporto incrementale di f nel punto x0 . Il motivo `e che per x 6= x0 (e
x A) si ha necessariamente
f (x) f (x0 )
(x) = ,
x x0
25/04/09 27
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Vedremo in seguito che dal fatto che la funzione x `e derivabile segue subito che lo `e anche
x2 , essendo prodotto di due funzioni derivabili. Tuttavia, a titolo di esempio, `e istruttivo
a di f (x) = x2 direttamente dalla definizione. Fissato un x0 R si
dedurre la derivabilit`
ha infatti:
x2 x20 = (x + x0 )(x x0 ) , x R .
Dunque, in questo caso, la funzione della definizione `e data da (x) = x+x0 . Poiche tale
funzione `e continua, x2 `e derivabile in x0 e la sua derivata nel punto `e (x0 ) = 2x0 . Data
larbitrariet`
a del punto x0 si pu`o concludere che x2 `e una funzione derivabile e Dx2 = 2x.
17 - Mercoled` 15/10/08
Eserciziofac . Sia f : A R una funzione derivabile in x0 A A0 . Dedurre, dal teorema
della permanenza del segno (per funzioni continue), che la funzione della precedente
definizione `e unica. In altre parole, mostrare che se 1 e 2 sono due funzioni (da A in R)
continue in x0 che verificano la condizione
allora 1 (x) = 2 (x) per ogni x A (si osservi che `e necessario, ma `e anche sufficiente,
provare che le due funzioni coincidono nel punto x0 ).
dove (x) `e continua in x0 . Di conseguenza f (x) si pu`o esprimere come somma e prodotto
di funzioni continue in x0 .
25/04/09 28
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Dimostrazione.
(Somma) Fissato x0 D(f + g), per ipotesi si ha
(f g)0 (x0 ) = (x0 ) = (x0 )g(x0 ) + f (x0 )(x0 ) = f 0 (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 ).
g 0 (x0 )
(1/g)0 (x0 ) = .
g(x0 )2
25/04/09 29
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
dove : D(f ) R e : D(g) R sono due funzioni continue nei punti x0 e y0 , rispet-
tivamente. Osserviamo ora che se x appartiene al dominio di g f , il numero f (x) sta
necessariamente nel dominio D(g) di g (in base alla definizione di dominio di una com-
posizione). Quindi, la seconda uguaglianza, dato che `e valida per ogni numero y in D(g),
rester`a valida anche sostituendo f (x) al posto di y. Dunque, tenendo conto che f (x0 ) = y0 ,
si ottiene
g(f (x)) g(f (x0 )) = (f (x))(f (x) f (x0 )) = [(f (x))(x)] (x x0 ), x D(gf ).
e la tesi `e dimostrata.
18 - Mercoled` 15/10/08
Definizione (di estensione di una funzione). Data una funzione f : A R ed un insieme
B contenente A, una qualunque funzione g : B R la cui restrizione ad A coincida con f
si dice unestensione di f o un prolungamento di f .
`e continua nel punto x0 = 0 (`e continua anche negli altri punti perche in R\{0} `e rapporto
di funzioni continue).
25/04/09 30
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Dal suddetto lemma discende immediatamente che la funzione sen x `e derivabile nel punto
x0 = 0. Infatti, dalla definizione di (x) si deduce che sen x sen 0 = (x)(x 0), x R
(compreso il punto x0 = 0). Pertanto, dato che (x) `e continua nel punto x0 = 0, si pu`o
affermare (in base alla definizione di derivabilit`a) che sen x `e derivabile in tal punto e la
sua derivata `e (0) = 1.
19 - Venerd` 17/10/08
Esercizio. Usando la regola della derivata del quoziente provare che
Esercizio. Provare che la funzione |x| non `e derivabile nel punto x0 = 0 (esistono quindi
funzioni continue ma non derivabili).
Suggerimento. Occorre mostrare che la funzione r(x) = |x|/x (che `e definita e continua
in R\{0}) non ammette unestensione continua : R R. Infatti, se una tale esistesse,
per il teorema dei valori intermedi la sua immagine dovrebbe essere un intervallo, e ci`o `e
impossibile perche . . .
Esercizio. Provare che la funzione |x|x `e derivabile anche nel punto x0 = 0 (quindi il
prodotto di una funzione derivabile e di una non derivabile pu`o essere derivabile).
Esercizio. Dedurre, dal teorema di derivabilit`a delle funzioni combinate, che la seguente
funzione non `e derivabile nel punto x0 = 0:
x2 |x| cos x
f (x) = .
2 + x2
25/04/09 31
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Mostrare che la seguente funzione `e derivabile (anche nel punto x0 = 0):
x2 |x| sen x
f (x) = .
2 + x2
Esercizio. Provare che la somma di una funzione derivabile e di una non derivabile non
pu`o essere derivabile. Mostrare con un esempio che la somma di due funzioni non derivabili
pu`o essere derivabile.
` opportuno anticipare alcune nozioni (in parte gi`a incontrate nella scuola secondaria) che
E
avremo modo di approfondire durante il corso. Mediante il concetto di integrale definito
daremo una conveniente definizione di funzione logaritmica (naturale), denotata log x o ln x.
Proveremo che tale funzione `e definita in (0, +), `e strettamente crescente, `e suriettiva
ed `e nulla nel punto x = 1. Di conseguenza, la sua inversa, detta funzione esponenziale
(naturale) e denotata exp y (provvisoriamente `e conveniente indicare con y la variabile),
risulta definita in tutto R (cio`e nellimmagine di log x), `e strettamente crescente, ha per
immagine il dominio di log x (ossia, la semiretta aperta (0, +)) e vale 1 nel punto y = 0.
Vedremo inoltre che le funzioni log x e exp y sono derivabili e risulta: D log x = 1/x,
D exp y = exp y.
Le potenze ad esponente reale si definiscono nel seguente modo: ab = exp(b log a), dove a `e
un numero positivo (altrimenti non ha senso log a) e b `e un qualunque numero reale. Tale
definizione, come vedremo, non `e campata in aria: estende la nozione classica di potenza
ad esponente razionale (i.e. an/m = m an ). Dalla definizione di potenza ad esponente
reale segue facilmente che exp x = (exp 1)x . Il misterioso e importantissimo numero exp 1
si denota (per brevit` a) con la lettera e e si chiama numero di Nepero (`e un irrazionale
compreso tra 2, 7182 e 2, 7183). Pertanto, exp x coincide con la funzione ex , detta funzione
esponenziale in base e (o in base naturale). In generale, ax , dove a `e un qualunque numero
positivo, si dice funzione esponenziale in base a. Se a 6= 1, tale funzione `e invertibile e la
sua inversa si chiama funzione logaritmica in base a e si denota con loga x. Non `e difficile
provare che loge x = log x (e siamo tornati al punto di partenza).
Esercizio. Dedurre, dal teorema di derivabilit`a delle funzioni combinate, che ax e x sono
derivabili e calcolarne le derivate.
ex ex ex + ex
senh x = e cosh x =
2 2
si chiamano, rispettivamente, seno iperbolico e coseno iperbolico. Il rapporto
senh x
tanh x =
cosh x
si dice tangente iperbolica.
25/04/09 32
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Provare che (cosh t)2 (senh t)2 = 1 per ogni t R. In altre parole, per ogni t in
R, il punto (cosh t, senh t) di R2 appartiene alliperbole di equazione y 2 x2 = 1 (per questo
le due funzioni senh t e cosh t si chiamano iperboliche, mentre le funzioni trigonometriche
cos x e sen x si chiamano anche circolari; infatti . . . bla bla).
Definizione (di retta tangente). Data una funzione reale di variabile reale f , consideriamo
un punto (x0 , y0 ) del suo grafico (cio`e tale che x0 D(f ) e y0 = f (x0 )). Se f `e derivabile
in x0 , la retta tangente al grafico di f nel punto corrispondente a x0 `e la retta passante per
(x0 , y0 ) di coefficiente angolare f 0 (x0 ). Ossia, `e la retta di equazione
y y0 = f 0 (x0 )(x x0 ).
20 - Venerd` 17/10/08
Teorema (della derivata di una funzione inversa). Sia f : J R una funzione strettamente
monotona in un intervallo. Se f `e derivabile in un punto x0 J e f 0 (x0 ) 6= 0, allora f 1
`e derivabile in y0 = f (x0 ) e
1 1
(f 1 )0 (y0 ) = = .
f 0 (x 0) f 0 (f 1 (y0 ))
25/04/09 33
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
e la tesi `e dimostrata.
(f 1 )0 (2) = 1/3 .
Come applicazione del teorema della derivata di una funzione inversa, mostriamo che
arctg y `e derivabile e
1
D arctg y = .
1 + y2
Fissato un punto y0 R, dal suddetto teorema segue
1 1
D arctg y0 = = ,
D tang x0 1 + tang2 x0
25/04/09 34
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Dal teorema della derivata di una funzione inversa dedurre che le funzioni
arcsen y e arccos y sono derivabili in (1, 1) e risulta
1 1
D arcsen y = p , y (1, 1) e D arccos y = p , y (1, 1).
1 y2 1 y2
Esercizio. Sapendo che D log x = 1/x (lo vedremo subito dopo aver definito la funzio-
ne logaritmica) provare (mediante il teorema della derivata di una funzione inversa) che
D exp y = exp y.
Esercizio. Provare che linsieme dei punti interni ad un intervallo chiuso [a, b] `e lintervallo
aperto (a, b).
25/04/09 35
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
La nozione di chiuso non `e la negazione di aperto (al massimo si pu`o affermare che `e
lopposto). Esistono infatti insiemi che non sono ne chiusi ne aperti (come, ad esempio,
lintervallo (a, b]). Infatti, se un insieme contiene alcuni punti di frontiera, ma non tutti,
non `e ne aperto ne chiuso.
Esercizio. Provare che un insieme A R `e aperto se e solo se ogni suo punto `e interno.
Si osservi che un punto di minimo assoluto per una funzione `e anche di minimo relativo
ma, in generale, non `e vero il contrario. Tuttavia, un punto di minimo relativo `e di minimo
assoluto per la restrizione della funzione ad un opportuno intorno del punto.
Esempio. Vedremo in seguito (mediante lo studio del segno della derivata) come sia
possibile stabilire con certezza che il punto x = 0 `e di minimo relativo per la funzione
f (x) = 1 + |x| x2 . Per ora, tanto per avere unidea, accontentiamoci del seguente
ragionamento euristico: per valori piccoli di x il numero 1 + |x| x2 `e approssimativamente
uguale a 1 + |x|, dato che x2 `e molto pi` u piccolo di |x|. Pertanto, vicino al punto x = 0,
f (x) `e circa uguale alla funzione g(x) = 1 + |x|, che ha un minimo per x = 0. Ovviamente
x = 0 non `e di minimo assoluto per f (anche se lo `e per g), perche f (x) in alcuni punti
(quali?) assume valori minori di f (0).
Attenzione. I punti di massimo o di minimo relativo di una funzione (cio`e i punti estre-
manti) stanno nel dominio, e non sul grafico. I minimi e i massimi relativi (o assoluti), cio`e i
valori assunti nei punti estremanti, detti estremi della funzione, appartengono allimmagine
(e neppure quelli stanno sul grafico).
23 - Mercoled` 05/11/08
Teorema di Fermat. Sia f : A R una funzione reale di variabile reale e sia x0 A.
Supponiamo che:
(1) x0 sia interno ad A;
(2) f sia derivabile in x0 ;
(3) x0 sia un punto estremante per f in A.
25/04/09 36
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Allora f 0 (x0 ) = 0.
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo f 0 (x0 ) 6= 0. Ad esempio supponiamo f 0 (x0 ) > 0.
Per lipotesi (2) esiste : A R continua in x0 e tale che f (x) f (x0 ) = (x)(x x0 ) per
ogni x A. Essendo (x0 ) = f 0 (x0 ) > 0, esiste un intorno (x0 , x0 + ) di x0 (che per
lipotesi (1) possiamo supporre contenuto in A) in cui (x) > 0. Quindi, in tale intorno,
f (x) < f (x0 ) per x < x0 e f (x) > f (x0 ) per x > x0 . Ne segue che x0 non pu`o essere ne
un punto di minimo ne un punto di massimo, contraddicendo lipotesi (3). Pertanto non
pu`o essere f 0 (x0 ) > 0. In maniera analoga si prova che non pu`o essere f 0 (x0 ) < 0. Dunque
f 0 (x0 ) = 0.
Si osservi che il Teorema di Fermat si pu`o enunciare anche nel modo seguente (versione
garantista): se in un punto interno al dominio di una funzione la derivata `e diversa da
zero, allora tale punto non `e estremante.
I seguenti esempi mostrano che nessuna delle tre ipotesi del Teorema di Rolle pu`o essere
rimossa, ferme restando le altre due.
Esempio. La funzione f (x) = |x| `e continua in [1, 1] e f (1) = f (1), ma la sua derivata
non si annulla mai in (1, 1). Perche non si pu`o applicare il Teorema di Rolle?
Esempio. La funzione f (x) = x[x] `e definita in [0, 1], `e derivabile in (0, 1) e f (0) = f (1).
25/04/09 37
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Tuttavia la sua derivata non si annulla mai in (0, 1). Come mai?
Il seguente risultato `e unimportante estensione del Teorema di Rolle, nonche una sua facile
conseguenza.
Teorema di Lagrange (o del valor medio). Sia f : [a, b] R una funzione soddisfacente
le seguenti condizioni:
(1) f `e continua in [a, b];
(2) f `e derivabile in (a, b).
Allora esiste un punto c (a, b) tale che
f (b) f (a)
f 0 (c) = .
ba
g(x) := f (x) kx ,
determinando la costante k in modo che g soddisfi (in [a, b]) le ipotesi del Teorema di Rolle.
Le prime due sono ovviamente verificate qualunque sia la costante k. E ` facile mostrare che
lunica costante che rende g(a) = g(b) `e
f (b) f (a)
k= .
ba
Per il Teorema di Rolle esiste c (a, b) tale che g 0 (c) = 0, e la tesi segue immediatamente
osservando che g 0 (x) = f 0 (x) k.
24 - Mercoled` 05/11/08
Dati due arbitrari punti a, b R, lintervallo che ha per estremi tali punti si chiama
segmento di estremi a e b e si denota con ab. In altre parole: ab = [a, b] se a < b, ab = {a}
se a = b e ab = [b, a] se a > b.
25/04/09 38
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
f (x) f (x0 )
(x) = 0, x J, x 6= x0 ,
x x0
e quindi non pu` o essere f 0 (x0 ) < 0, altrimenti, per il teorema della permanenza del segno
per le funzioni continue . . .
Corollario. Sia f : J R derivabile in un intervallo J e tale che f 0 (x) > 0 (risp. f 0 (x) <
0) per ogni x J. Allora f `e strettamente crescente (risp. strettamente decrescente) in J.
Dimostrazione. E` analoga a quella del precedente corollario.
Osservazione. Nei tre precedenti corollari, lipotesi che f sia definita in un intervallo
non pu`o essere rimossa. Ad esempio, per quanto riguarda lultimo dei tre, si osservi che
la funzione f (x) = |x|/x `e derivabile nel suo dominio R\{0}, ha derivata nulla, ma non `e
costante (lo `e in ogni sottointervallo del dominio).
Esercizio. Denotiamo con f (x) la restrizione di |x3 + 1| allintervallo [2, 1]. Dopo aver
trovato i punti estremanti di tale restrizione, se ne determini limmagine.
Svolgimento. Innanzitutto osserviamo che f `e continua in un intervallo compatto (cio`e
limitato e chiuso). Pertanto, per il Teorema di Weierstrass, ammette minimo e massimo
assoluti. Inoltre, essendo definita in un intervallo, per il teorema dei valori intermedi, la sua
immagine `e un intervallo (necessariamente limitato e chiuso, dato che f ammette minimo
e massimo). Per trovare i punti estremanti (relativi e assoluti) conviene suddividere il
dominio di f in intervalli in cui risulta monotona. Studiamo perci`o il segno della sua
25/04/09 39
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
derivata. Poiche
x3 1 se 2 x 1
f (x) =
x3 + 1 se 1 x 1 ,
risulta
3x2 se 2 x < 1
f 0 (x) =
3x2 se 1 < x 1 .
Quindi f (x) `e decrescente nellintervallo [2, 1] ed `e crescente in [1, 1]. Da cui si deduce
che x = 2 e x = 1 sono punti di massimo e x = 1 `e un punto di minimo. Calcolando i
valori di f (x) in detti punti si pu`o affermare che il valore massimo di f `e 7 ed `e assunto
in x = 2, mentre il minimo vale 0 ed `e assunto nel punto x = 1. In base al teorema dei
valori intermedi si pu`o concludere che limmagine di f `e lintervallo [0, 7].
Esercizio. Rispondere alla seguente domanda: per quali valori del parametro lequazione
|x3 + 1| + 2 = 0 ammette almeno una soluzione nellintervallo [2, 1]?
Svolgimento. Si osservi che lequazione |x3 + 1| + 2 = 0 ammette almeno una soluzione in
[2, 1] se e solo se il numero 2 appartiene allinsieme dei valori assunti dalla funzione
|x3 + 1| nellintervallo [2, 1], cio`e se e solo se 2 sta nellimmagine della funzione f (x)
definita nel precedente esercizio. Pertanto la suddetta equazione ammette una soluzione in
[2, 1] se e solo se 0 2 7, da cui si ricava (moltiplicando i tre membri della doppia
disequazione per 1/2) che 0 7/2 (ovvero [7/2, 0]).
Esercizio. Determinare i punti estremanti delle seguenti funzioni: xex , |x|ex , |x| x2 .
Suggerimento. Suddividere il dominio di ciascuna funzione in intervalli in cui risulta
monotona.
Esercizio. Determinare i punti estremanti della restrizione di |x|ex allintervallo [1, 2].
Suggerimento. Suddividere il dominio della funzione in intervalli in cui risulta monotona.
25 - Mercoled` 05/11/08
Teorema (della derivata non nulla in un estremo). Sia f : [a, b] R derivabile nellestremo
a del suo dominio [a, b]. Se f 0 (a) > 0 (risp. f 0 (a) < 0), allora a `e un punto di minimo
(risp. massimo) relativo. Analogamente, se f `e derivabile in b e f 0 (b) > 0 (risp. f 0 (b) < 0),
allora b `e un punto di massimo (risp. minimo) relativo.
Dimostrazione. Proviamo il caso f 0 (a) > 0 (gli altri tre si trattano in modo analogo).
Per ipotesi esiste una funzione (x) continua in a e tale che f (x) f (a) = (x)(x a),
x [a, b]. Per il teorema della permanenza del segno (per funzioni continue) esiste un
intorno U = (a , a + ) di a tale che per ogni x U [a, b] si ha (x) > 0. Pertanto, se
25/04/09 40
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Osserviamo che il suddetto teorema rappresenta (soltanto) una condizione sufficiente af-
finche un punto sia estremante, mentre il teorema di Fermat d`a (soltanto) una condizione
necessaria.
Si osservi che se due funzioni f e g coincidono in un intorno sinistro (risp. destro) di x0 (x0
incluso), allora hanno la stessa derivata sinistra (risp. destra) in x0 (ammesso che esista).
Quindi, se g `e addirittura derivabile in x0 , allora esiste la derivata sinistra di f in x0 e
risulta D f (x0 ) = g 0 (x0 ). Ad esempio, per f (x) = |x| x|x| si ha D f (0) = 1, perche
per x 0 la funzione f (x) coincide con la funzione derivabile g(x) = x2 x la cui derivata
nel punto x0 = 0 `e 1.
Definizione (di punto angoloso). Sia f : A R una funzione reale di variabile reale. Un
punto x0 interno ad A si dice angoloso (per f ) se in tal punto f `e derivabile sia a sinistra
sia a destra e le derivate laterali sono diverse. In particolare, una funzione in un punto
25/04/09 41
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
angoloso non `e derivabile (ma non `e difficile provarefac che `e necessariamente continua).
Esercizio. Provare che se un punto x0 `e angoloso per una funzione f e le due derivate
laterali di f in x0 hanno segno discorde, allora x0 `e un punto estremante per f .
Suggerimento. Applicare il teorema della derivata non nulla in un estremo.
Esercizio. Determinare i punti angolosi della funzione f (x) = |x2 1| e provare che tali
punti sono di minimo.
26 - Venerd` 07/11/08
Uno degli assiomi dei numeri naturali `e il cosiddetto Principio di Induzione, formulato per
la prima volta dal matematico italiano Giuseppe Peano (1858-1932).
Esercizio. Facciamo vedere per induzione (cio`e applicando il Principio di Induzione) che
la somma dei primi n numeri naturali `e data dalla formula
Sn = 1 + 2 + + n = n(n + 1)/2.
` immediato verificare che la formula precedente `e vera per n = 1. Supponiamo sia vera
E
per un certo n fissato. Segue
n(n + 1) (n + 1)(n + 2)
Sn+1 = 1 + 2 + + n + (n + 1) = S(n) + n + 1 = +n+1= ,
2 2
e lesercizio `e completato.
25/04/09 42
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
(1 + h)n 1 + nh , con h 1 ,
1 + h 1 + h,
27 - Venerd` 07/11/08
La derivata della derivata di una funzione f si chiama derivata seconda di f e si indica con
f 00 , con D2 f o con
d2 f
d df
= 2.
dx dx dx
In generale, la derivata della derivata (n 1)-esima di f si chiama derivata n-esima e si
denota con f (n) , con Dn f o con
d dn1 f dn f
= n.
dx dx dx
25/04/09 43
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Abbiamo visto che le funzioni derivabili sono anche continue, pertanto, se f `e C 1 , essendo
derivabile, `e anche di classe C 0 . Pi`
u in generale vale il seguente risultato:
25/04/09 44
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
f, g C n = gf C n .
Si osservi che le costanti e la funzione f (x) = x sono di classe C (verificarlo per esercizio).
Poiche il prodotto di funzioni C `e una funzione C , ogni monomio axn `e una funzione
di classe C . Quindi, in base al precedente teorema, anche i polinomi sono di classe C ,
dato che si ottengono sommando monomi. Di conseguenza, anche le funzioni razionali,
essendo rapporto di polinomi, sono C (compresa la funzione f (x) = 1/x).
Eserciziofac . Sia f : (a, b) R di classe C n e tale che f 0 (x) > 0 (oppure f 0 (x) < 0),
x (a, b). Provare che anche f 1 `e di classe C n .
Suggerimento. Denotare con Pn laffermazione f C n = f 1 C n ; mostrare che
P0 `e vera (per un importantissimo teorema); supporre Pn1 vera per ipotesi induttiva
e dedurre che allora `e vera anche Pn tramite la seguente formula della derivata di una
funzione inversa:
1
(f 1 )0 (y) = 0 1 .
f (f (y))
28 - Marted` 11/11/08
Da ora in avanti, col simbolo (x) denoteremo una qualunque funzione continua in x = 0
e nulla in tal punto. Per intenderci, diremo che una tale funzione `e infinitesima in zero.
Ovviamente, la variabile di detta funzione potr`a essere indicata con una qualunque lettera
(e non solo con x).
Riguardo al calcolo con funzioni del tipo (x) facciamo le seguenti osservazioni:
la somma (o la differenza) di due funzioni (x) `e una funzione (x);
il prodotto di una funzione continua (nel punto x = 0) per una funzione (x) `e una
funzione (x);
se f `e continua in un punto x = x0 , allora f (x0 + h) = f (x0 ) + (h) o, equivalente-
mente, f (x) = f (x0 ) + (x x0 );
se f (x) `e una funzione continua e nulla in zero, allora la composizione (f (x)) `e una
funzione (x);
25/04/09 45
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
se f (x) `e una funzione continua e nulla in zero, allora la composizione f ((x)) `e una
funzione (x).
Esercizio. Stabilire quali delle seguenti funzioni sono del tipo (x): x cos x, 1 cos x,
sen x + x2 , x/(1 + x), |x|ex , ex , cos x ex , sen3 (x x2 ), x2 log(cos x), tang x, sen x + (x).
Esercizio. Stabilire quali delle seguenti funzioni possono essere scritte nella forma (x)x:
(x)x2 , x cos x, x3 cos x, x sen x + x2 , x/(1 + x), |x|ex , x2 ex , |x|xex , (3x)x, (sen x).
Esercizio. Stabilire quali delle seguenti funzioni possono essere scritte nella forma (x)x2 :
(x)x, (x)x3 , x cos x, x3 cos x, x/(1 + x), |x|ex , x2 ex , |x|xex , |x|x2 cos x.
Notiamo che (x0 +h) = (x0 )+(h), dove la funzione (h) := (x0 +h)(x0 ) `e continua
e nulla per h = 0. Quindi, tenendo conto che (x0 ) = f 0 (x0 ) si ottiene luguaglianza
valida per ogni h ammissibile. Tale uguaglianza si chiama formula di Taylor del primo
ordine di f in x0 (col resto nella forma di Peano). Dato che h rappresenta lincremento
x x0 della variabile, la stessa uguaglianza pu`o essere scritta anche nel modo seguente:
dove pn (h) `e un polinomio di grado minore o uguale ad n (nella variabile h), detto polinomio
di Taylor di ordine n di f in x0 (o di centro x0 ), e la funzione (h)hn , chiamata resto della
25/04/09 46
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
formula, `e il prodotto di hn per una funzione (h) continua in zero e nulla in zero. La
formula di Taylor di centro x0 = 0 si dice anche di MacLaurin. In tal caso anche il
polinomio e il resto si dicono di MacLaurin (oltre che di Taylor di centro zero).
f (x) = x2
0 se x = 0
`e del tipo (x), unaffermazione vera che non pu`o essere dedotta dalla prima formula (pur
essendo anchessa vera).
29 - Marted` 11/11/08
Si ricorda che, dato un numero naturale n, il simbolo n! (che si legge enne fattoriale)
denota il prodotto di tutti i numeri naturali minori o uguali ad n. Pertanto 1! = 1, 2! = 21,
` inoltre conveniente definire 0! = 1 (ci`o semplifica la scrittura di alcune
3! = 3 2 1, ecc. E
formule).
25/04/09 47
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Uno degli scopi della formula di Taylor `e quello di esprimere il valore di una funzione
f in un punto x tramite informazioni riguardanti il suo comportamento in un punto di
riferimento x0 (si osservi infatti che nella suddetta formula il polinomio di Taylor dipende
esclusivamente dai valori assunti da f e dalle sue derivate in x0 ). In generale non sar`a
possibile valutare con esattezza il valore di f in x conoscendo soltanto ci`o che accade in
x0 . Tuttavia, nella suddetta formula, tutto ci`o che non riguarda il comportamento di f in
x0 `e confinato in un solo termine: il resto della formula. Se nel valutare f (x) si trascura il
resto, si commette un errore, ma tale errore, talvolta, pu`o essere maggiorato facilmente se
si sa maggiorare il resto. Vedremo in seguito come ci`o sia possibile.
30 - Mercoled` 12/11/08
Teorema (di unicit`a della formula di Taylor). Sia f : J R di classe C n in un intervallo
J e sia x0 J. Supponiamo che
f (x0 + h) = a0 + a1 h + a2 h2 + + an hn + (h)hn
25/04/09 48
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
La funzione
c1 + c2 h + + cn hn1 + (h)hn1
`e dunque nulla per tutti gli h 6= 0 tali che x0 + h J e, di conseguenza, poiche `e continua
nel punto per h = 0 (essendo somma e prodotto di funzioni continue), possiamo concludere
che `e nulla anche per h = 0 (altrimenti si contraddirebbe il teorema della permanenza del
segno per funzioni continue). Vale allora luguaglianza
31 - Mercoled` 12/11/08
Esercizio. Applicare il teorema di esistenza della formula di Taylor per determinare la
generica formula di MacLaurin di (1 + x) , detta formula (di MacLaurin) binomiale.
( 1)( 2) . . . ( k + 1)
k!
che, in base allesercizio precedente, `e il coefficiente di xk nella formula di MacLaurin di
(1 + x) , si chiama coefficiente binomiale (generalizzato) e si denota col simbolo
k
che si legge su k (da non confondere con il rapporto /k). Per poter scrivere la formula
binomiale in modo sintetico (utilizzando il simbolo di sommatoria) `e conveniente definire
su k anche per k = 0, ponendo
= 1.
0
Nel caso particolare in cui sia un numero naturale n e k sia un intero tra 0 e n (estremi
inclusi), il coefficiente n su k `e un numero naturale (verificarlo per eserciziofac ) e, come
vedremo in seguito, comparir` a nello sviluppo di (a + b)n (chiamato Binomio di Newton). I
veri coefficienti binomiali (non generalizzati) sono proprio quelli che si riferiscono a questo
caso speciale. Vedremo in seguito il loro significato combinatorio, utile, tra laltro, in
calcolo delle probabilit` a.
25/04/09 49
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
h h2 h3 hn
= log x0 + 2 + 3 + (1)n+1 n + (h)hn .
x0 2x0 3x0 nx0
Anche la generica formula di Taylor della funzione 1/x pu`o essere facilmente dedotta da
una formula di MacLaurin. Infatti, fissato x0 R, si ha
1 1 1 h h2 hn
= = 2 + 3 + (1)n n+1 + (h)hn .
x0 + h x0 (1 + h/x0 ) x0 x0 x0 x0
Abbiamo visto che il teorema di esistenza della formula di Taylor `e utile per trovare le for-
mule di MacLaurin delle funzioni elementari (cio`e quelle non esprimibili combinandone altre
mediante operazioni di somma, prodotto, quoziente e composizione), per le altre funzioni
`e molto (ma molto) pi` u pratico procedere combinando tra loro le formule di MacLaurin
delle funzioni elementari.
Esempio (di calcolo di una formula di MacLaurin di una funzione combinata). Conside-
riamo la funzione f (x) = x2 sen 2x e determiniamone la formula di MacLaurin del quinto
ordine. Si dovr`
a scrivere unuguaglianza del tipo
dove p5 (x) `e un polinomio di grado minore o uguale a cinque. Grazie alla presenza del
termine x2 , `e sufficiente determinare la formula di MacLaurin del terzo ordine di sen 2x, e
moltiplicarla poi per x2 . Si osservi infatti che il prodotto di x2 per p3 (x) + (x)x3 , dove
p3 (x) `e un polinomio di grado non superiore a tre, diventa p5 (x) + (x)x5 , dove p5 (x) `e di
grado non superiore a cinque. Ricordiamo che per sen x si ha
x3
sen x = x + (x)x3 .
6
Poiche tale uguaglianza `e verificata per ogni numero x, sostituendo il numero 2x al posto
di x si ottiene
4
sen 2x = 2x x3 + 8(2x)x3 ( x R).
3
25/04/09 50
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esempio (di calcolo di una formula di MacLaurin di una funzione combinata). Determi-
niamo la formula di MacLaurin del quinto ordine di
x5 ex cos 2x
f (x) = .
|2 x8 + 3x10 |
Si osservi che f (x) = x5 g(x), dove
ex cos 2x
g(x) =
|2 x8 + 3x10 |
`e una funzione continua. Pertanto g(x) g(0) = (x), e da ci`o si deduce che
x5
f (x) = x5 (g(0) + (x)) = + (x)x5 .
2
Esercizio. Si determini la formula di MacLaurin del nono ordine della funzione f (x) =
x5 cos 3x. Si calcoli successivamente f (6) (0) e f (7) (0).
Svolgimento. Dobbiamo arrivare ad unuguaglianza del tipo
con p4 (x) un polinomio di grado non superiore al quarto, otteniamo luguaglianza cercata.
Ricordiamo la formula di MacLaurin del quarto ordine di cos x:
1 1
cos x = 1 x2 + x4 + (x)x4 .
2 4!
Poiche la suddetta uguaglianza `e verificata per ogni numero x R, sostituendo x con 3x,
e osservando che una funzione del tipo 81(3x) `e anche del tipo (x), si ottiene
9 27
cos 3x = 1 x2 + x4 + (x)x4 .
2 8
25/04/09 51
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Pertanto
9 27
x5 cos 3x = x5 x7 + x9 + (x)x9 ,
2 8
che `e la formula MacLaurin cercata. Poiche, fissato lordine, la formula di MacLaurin `e
unica (teorema di unicit`
a), dal teorema di esistenza si deduce che
f (7) (0) 9
f (6) (0) = 0 e = = f (7) (0) = 22680,
7! 2
che conclude il quesito.
32 - Mercoled` 12/11/08
Esempio (di calcolo di una formula di Taylor di centro x0 6= 0). Calcoliamo la formula di
Taylor del quarto ordine e centro x0 = 1 di
x = x0 + h = 1 + h .
Si ha
f (1 + h) = 2(1 + h) + h2 cos(h )
= 2 + 2h + h2 [cos(h) cos() sen(h) sen()]
2 2
= 2 + 2h h2 cos(h) = 2 + 2h h2 (1 h + (h)h2 )
2
2 4
= 2 + 2h h2 + h + (h)h4 .
2
Supponiamo ora di voler calcolare la derivata quarta nel punto x0 = 1 della funzione
Dato che di f (x) abbiamo gi` a determinato la formula di Taylor del quarto ordine in x0 =
1, `e sufficiente applicare il teorema di unicit`a della formula di Taylor, il quale ci assicura
che f (4) (1)/4! coincide col coefficiente 2 /2 del monomio di quarto grado di detta formula.
Pertanto
2
f (4) (1) = 4! = 12 2 .
2
25/04/09 52
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
dove p4 (h) `e un polinomio di grado non superiore al quarto. In analogia col precedente
esercizio possiamo pensare di dividere per h la formula di MacLaurin del quinto ordine
di sen h per ottenere quella del quarto ordine della funzione g(h). Tale ragionamento `e
corretto solo se (ma non necessariamente se) il termine noto (quello di grado zero) della
formula di MacLaurin per la funzione seno `e nullo. Ricordando che
h3 h5
sen h = h + + (h)h5 ,
3! 5!
si ottiene 2 4
1 h + h + (h)h4 se h 6= 0
g(h) = 3! 5!
1 se h = 0
e poiche la funzione 1 h2 /3! + h4 /5! + (h)h4 (che coincide con g(h) per h 6= 0) `e definita
anche per h = 0 e vale proprio g(0) in tal punto, `e superfluo distinguere i due casi h 6= 0
e h = 0: possiamo pi` u semplicemente scrivere luguaglianza
h2 h4
f ( + h) = g(h) = 1 + + (h)h4 , h R,
3! 5!
che d`a la formula cercata. Quindi
f 00 () 1 1
= = f 00 () = ,
2! 3! 3
che conclude il quesito.
Esempio (di calcolo della derivata n-esima in un punto mediante la formula di Taylor).
Calcoliamo la derivata quinta nel punto x0 = 2 della funzione
25/04/09 53
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Allo scopo `e sufficiente determinare la formula di Taylor di f (x) del quinto ordine in x0 = 2.
Ponendo x = 2 + h e sostituendolo nellespressione di f (x) si ottiene
(2 + h)2 4 4 5
= (h)h5 h5 7
= (h)h5 h5 ( + (h)) = h + (h)h5 .
1 + (2 + h) 129 129
Quindi, per lunicit`
a della formula, risulta
4 480 160
f (5) (2) = 5! = = = 3, 72093 . . .
129 129 43
Esempio (di calcolo di una formula di MacLaurin di una funzione combinata). Determi-
niamo la formula di MacLaurin dellottavo ordine della funzione
Osserviamo che il termine |x|x8 ex cos x `e della forma (x)x8 , con (x) = |x|ex cos x.
Quindi `e sufficiente calcolare la formula di MacLaurin del quinto ordine di cos 2x (la
moltiplicazione per x3 produrr` a infatti un resto del tipo (x)x8 ). Poiche luguaglianza
x2 x4
cos x = 1 + + (x)x5
2! 4!
`e verificata per ogni numero x, sostituendo il numero 2x al posto di x si ottiene
2
cos 2x = 1 2x2 + x4 + (x)x5 .
3
In conclusione, si ha
2
f (x) = 2x x3 + 2x5 x7 + (x)x8 .
3
33 - Venerd` 14/11/08
Teorema (della derivata n-esima per i punti estremanti). Sia f : J R di classe C n in
un intervallo J e sia x0 un punto interno a J. Supponiamo che
25/04/09 54
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
e f (n) (x0 ) 6= 0 (ossia, supponiamo che la prima derivata che non si annulla in x0 sia di
ordine n). Se n `e pari, allora x0 `e un punto estremante per f e, in particolare, `e di minimo
quando f (n) (x0 ) > 0 ed `e di massimo quando f (n) (x0 ) < 0. Se invece n `e dispari, allora
x0 non `e un punto estremante.
Dimostrazione. Dalla formula di Taylor di centro x0 e ordine n si ottiene
f (n) (x0 ) n
f (x0 + h) f (x0 ) = h + (h)hn , h tale che x0 + h J.
n!
Dunque,
f (x0 , h) = g(h)hn ,
dove f (x0 , h) = f (x0 + h) f (x0 ) `e lincremento subito dalla funzione f nel passare dal
punto x0 al punto x0 + h e g(h) = f (n) (x0 )/n! + (h). Supponiamo, per fissare le idee, che
f (n) (x0 ) sia positiva. Allora, g(0) > 0, e quindi, essendo g(h) continua nel punto h = 0,
per il teorema della permanenza del segno (per funzioni continue) esiste un > 0 per cui
risulta g(h) > 0 per ogni h tale che |h| < . Dunque, se n `e pari si ha f (x0 , h) > 0 per
0 < |h| < e, conseguentemente, x0 `e un punto di minimo relativo per f . Se invece n `e
dispari, si ha f (x0 , h) < 0 per < h < 0 e f (x0 , h) > 0 per 0 < h < . Pertanto x0
non `e un punto estremante. Il caso f (n) (x0 ) < 0 si tratta in modo analogo.
Teoremasd (formula di Taylor col resto nella forma di Lagrange). Sia f : J R una
funzione di classe C n+1 in un intervallo J e sia x0 J. Allora, fissato x J, esiste un
punto c appartenente al segmento x0 x per il quale si ha
dove il punto c, anche se (in generale) non `e noto, appartiene al segmento di estremi x0 e
x0 + h. Per questo motivo `e talvolta conveniente denotarlo col simbolo c(h), mettendo cos`
in risalto la sua dipendenza da h.
Esercizio. Dedurre, dalla formula di Taylor col resto nella forma di Lagrange, che se una
funzione f : R R ha derivata (n + 1)-esima nulla, allora `e un polinomio di grado minore
o uguale ad n (in particolare, se la derivata prima `e nulla, allora f `e costante).
25/04/09 55
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Mediante la formula di MacLaurin col resto nella forma di Lagrange, calcolare
il seno di 0, 1 radianti con un errore inferiore a 105 .
Esercizio. Mediante la formula di MacLaurin col resto nella forma di Lagrange, calcolare
il numero e con un errore inferiore a 103 .
34 - Venerd` 14/11/08
Definizione (di limite finito-finito). Sia f : A R una funzione reale di variabile reale e
sia x0 un punto di accumulazione per il dominio A di f (non occorre che x0 appartenga ad
A). Si dice che f (x) tende ad un numero reale l per x che tende ad x0 , e si scrive f (x) l
per x x0 , se per ogni > 0 esiste > 0 tale che da 0 < |x x0 | < e x A segue
|f (x) l| < .
Notazione. Per indicare che f (x) l per x x0 si usa anche dire che il limite per x che
tende ad x0 di f (x) `e uguale a l, e si scrive
lim f (x) = l.
xx0
Lesercizio che segue mostra per quale motivo nel definire il concetto di limite si richiede
che il punto x0 sia di accumulazione.
Si fa notare che il concetto di limite per x x0 di una funzione `e definito soltanto quando
x0 `e un punto di accumulazione per il dominio della funzione ma non occorre che appartenga
al dominio, mentre per la continuit` a il punto deve stare nel dominio ma non occorre che
sia di accumulazione. Lesercizio che segue illustra il legame tra continuit`a e il concetto
di limite nel caso in cui il punto x0 sia contemporaneamente appartenente al dominio e di
accumulazione.
Esercizio (sul legame tra limite e continuit`a). Sia f : A R una funzione reale di variabile
reale e sia x0 A A0 (ricordiamo che A0 denota linsieme dei punti di accumulazione per
A). Provare che f `e continua in x0 se e solo se f (x) f (x0 ) per x x0 .
25/04/09 56
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Provare che se f `e derivabile in un punto x0 , allora esiste il limite del rapporto
incrementale di f in x0 ed `e uguale a f 0 (x0 ). In simboli si ha
f (x) f (x0 )
lim = f 0 (x0 ) .
xx0 x x0
La formula di MacLaurin (o, pi` u in generale, quella di Taylor) `e particolarmente utile per
il calcolo dei limiti. Ad esempio, supponiamo di voler determinare il
sen 2x 2x
lim .
x0 x4 cos x + x3
x3
sen x = x + (x)x3 .
6
Poiche tale uguaglianza `e valida per ogni numero x, sostituendo 2x al posto di x si ottiene
4 3 4
sen 2x = 2x x + 8(2x)x3 = 2x x3 + (x)x3 ,
3 3
che `e ancora unuguaglianza. Daltra parte x4 cos x = (x cos x)x3 = (x)x3 . Quindi
25/04/09 57
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
x sen x + 1 cos(2x)
lim .
x0 x2 + |x|x2 cos(3|x|)
Osserviamo che il denominatore della funzione di cui si vuol calcolare il limite pu`o essere
scritto nella forma x2 g(x), dove g(x) = 1 + |x| cos(3|x|) `e una funzione continua e non
nulla per x0 = 0. Pertanto, per calcolare il limite `e sufficiente determinare la formula di
MacLaurin del secondo ordine del numeratore. Infatti, cos` facendo, lincertezza sulla rap-
presentazione del numeratore `e una funzione del tipo x2 (x). Di conseguenza, lincertezza
sul rapporto coincide, in un intorno forato di x0 = 0, con la funzione continua (x)/g(x),
il cui calcolo del limite per x 0 non ci preoccupa.
Sostituendo il numero 2x al posto del numero x nelluguaglianza
x2
cos x = 1 + (x)x2 ,
2
si ottiene
(2x)2
cos(2x) = 1 + (2x)(2x)2 = 1 2x2 + (x)x2 .
2
Pertanto
Quindi
35 - Marted` 18/11/08
Da ora in avanti, con la notazione R intenderemo linsieme dei numeri reali estesi, ossia
linsieme costituito dai numeri reali con laggiunta dei simboli e +. Per quanto
riguarda la relazione dordine, si fa la convenzione che ogni numero reale sia maggiore di
e minore di +. Si definiscono inoltre le seguenti operazioni (la lettera a rappresenta
un arbitrario numero reale e sta per o +): + a = , + + a = +,
() + () = , (+) + (+) = +, a() = se a > 0 e a() =
se a < 0, a/ = 0, a/0 = se a 6= 0, /0 = . Ogni eventuale definizione delle
espressioni (+) + (), 0/0, 0 e /, chiamate forme indeterminate, porterebbe
a delle incoerenze, e quindi non conviene introdurla.
Esercizio. Mostrare che (in R) il numero reale esteso + non ammette opposto.
25/04/09 58
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Ad esempio, risulta
1
lim = + .
x0 x2
Infatti, fissato un arbitrario k > 0, studiamo la disequazione 1/x2 > k e proviamo che `e
soddisfatta in un intorno forato di x0 = 0 (cio`e un intorno di x0 privato del punto x0 ).
Dato che x2 e k sono positivi (ricordarsi che x 6= 0), tale disequazione `e equivalente a
0 < x2 < 1/k. Quindi 1/x2 > k se (e solo se) 0 < |x| < 1/ k . Di conseguenza, un
qualunque intorno forato di raggio (positivo) 1/ k soddisfa il caso nostro.
Ricordiamo che, dato un punto x0 R e assegnato un numero > 0, lintorno sinistro (risp.
lintorno destro) di x0 di ampiezza (o raggio) `e lintervallo (x0 , x0 ] (risp. [x0 , x0 + ))
costituito dai punti x x0 (risp. x x0 ) che distano da x0 meno di .
Osservazione. I punti interni ad un insieme sono di accumulazione sia sinistri sia destri.
Definizione (di limite laterale nel caso finito). Sia x0 un punto di accumulazione destro
per il dominio di f : A R. Si dice che f (x) tende ad l per x che tende ad x+0 (o per x
che tende ad x0 da destra) se per ogni > 0 esiste > 0 tale che da x0 < x < x0 + e
x A segue |f (x) l| < . Analogamente, se x0 `e un punto di accumulazione sinistro per
A, si dice che f (x) l per x x
0 se . . . (completare per esercizio).
Definizione (di limite laterale nel caso infinito). Sia x0 un punto di accumulazione destro
per il dominio di f : A R. Si dice che f (x) tende a + (risp. ) per x che tende ad
x+0 se per ogni k > 0 esiste > 0 tale che da x0 < x < x0 + e x A segue f (x) > k (risp.
f (x) < k). Analogamente, se x0 `e un punto di accumulazione sinistro per A, si dice che
f (x) + (risp. ) per x x 0 se . . . (completare per esercizio).
Mostriamo ad esempio che la funzione f (x) = 1/x tende a per x 0 . A tale scopo
fissiamo k > 0 e determiniamo > 0 in modo che si abbia 1/x < k per x (0 , 0).
Occorre quindi studiare la disequazione 1/x < k. Poiche x < 0, moltiplicando per x
entrambi i membri della disequazione si ottiene 1 > kx. Moltiplicando ancora entrambi i
membri per 1/k risulta 1/k < x. Tenendo ancora conto che x < 0, possiamo concludere
che la disequazione 1/x < k `e verificata per x (, 0), dove = 1/k.
Teorema. Sia x0 un punto di accumulazione bilatero (cio`e sia sinistro che destro) per il
25/04/09 59
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Come applicazione del precedente teorema mostriamo che il limite di sign x per x 0 non
esiste. Infatti, essendo sign x = 1 per x < 0, si ha
lim sign x = 1.
x0
lim sign x = 1.
x0+
Dunque, i limiti sinistro e destro per x 0 di sign x non coincidono. In base al precedente
teorema si pu`o concludere che sign x non ammette limite per x 0. Di conseguenza la
funzione sign x `e discontinua nel punto x0 = 0 (per convenzione, a differenza del testo
di riferimento, si suppone che la funzione sign x sia definita anche per x = 0 ponendo
sign 0 = 0).
Esercizio. Dedurre dal teorema precedente che la funzione int x non ammette limite per
x x0 se x0 `e un intero. Pertanto nei punti x Z la funzione non `e continua.
Definizione (di limite infinito-finito). Sia f : A R una funzione reale di variabile reale e
supponiamo che ogni semiretta destra (a, +) contenga infiniti punti del dominio A di f
(per brevit`a si dice che + `e un punto di accumulazione per A). La funzione f (x) tende
ad un numero reale l per x che tende a + se per ogni > 0 esiste h R tale che da
x > h e x A segue |f (x) l| < . Analogamente, se `e un punto di accumulazione
per A (ovvero se ogni semiretta (, b) contiene infiniti punti di A), si dice che f (x) tende
ad l R per x che tende a se fissato > 0 esiste h R tale che da x < h e x A
segue |f (x) l| < .
Ad esempio, la funzione 1/x tende a zero per x (anche per x +). Infatti,
fissato > 0, mostriamo che esiste un intorno di (cio`e una semiretta sinistra) in
cui `e soddisfatta la disequazione |1/x 0| < . Poiche x si pu`o supporre che x
sia negativo (infatti per la verifica del limite basta restringere la funzione 1/x allintorno
(, 0) di ). Per x < 0 la disequazione |1/x 0| < `e equivalente a 1/x < .
Moltiplicando per x entrambi i membri di questultima disequazione (e tenendo conto che
x `e negativo) si ottiene 1 > x. Dato che > 0, dalla moltiplicazione di entrambi i
membri dellultima disequazione per 1/ si ottiene 1/ > x. Possiamo quindi concludere
che, fissato > 0, la disuguaglianza |1/x 0| < `e soddisfatta per x < h, dove h = 1/
(o un qualunque altro numero minore di 1/).
25/04/09 60
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
36 - Marted` 18/11/08
Si potrebbe continuare a dare tutte le possibili definizioni di limite nei seguenti venticinque
casi: f (x) tende a l, l , l+ , , + per x che tende a x0 , x + `
0 , x0 , , +. E invece pi` u
semplice dare ununica definizione valida per tutti i casi, mettendo cos` in evidenza come
il concetto di limite, cos` fondamentale in Analisi Matematica, sia in realt`a unico. Per
questo occorre che sia chiaro il concetto di intorno (e di intorno forato) di uno qualunque
dei seguenti simboli: c, c , c+ , , +, dove c `e un qualunque numero reale (spesso
denotato con x0 quando `e il valore a cui tende la variabile indipendente, e con l quando `e
il valore a cui tende la variabile dipendente).
Prima di dare la definizione generale di limite `e utile introdurre una comoda nozione che
aiuta a semplificare il linguaggio: la nozione di intorno forato di uno qualunque dei cinque
simboli c, c , c+ , , +.
25/04/09 61
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Come per i casi particolari precedentemente analizzati, per indicare che f (x) per
x si usa anche dire che il limite per x che tende ad di f (x) `e uguale a , e si scrive
lim f (x) = .
x
37 - Mercoled` 19/11/08
Abbiamo visto con degli esempi che per verificare un limite (cio`e per provare la veridicit`a di
un limite mediante la definizione) occorre studiare una disequazione. Si osservi, per`o, che
non importa trovarne tutte le soluzioni (talvolta `e unimpresa impossibile senza ricorrere
ai metodi numerici): `e sufficiente provare che la disequazione `e soddisfatta in un intorno
forato del punto a cui tende la variabile indipendente. Ad esempio, facciamo la verifica del
seguente limite:
1
lim = 0.
x+ x2 + x3 + 2 + sen x
`e soddisfatta in un intorno di + (ossia in una semiretta del tipo (h, +)). Per far ci`o `e
conveniente maggiorare
1
x2 + x3 + 2 + sen x
con una funzione pi`u semplice g(x) per la quale risulti facile verificare che g(x) 0 per
x +. Innanzi tutto, poiche x +, si pu`o supporre che x > 0 (basta restringere la
funzione alla semiretta (0, +)). Avendo supposto ci`o, si ha
1 1 1 1 1
x2 + x3 + 2 + sen x = x2 + x3 + 2 + sen x x2 + x3 + 2 1 < x2 + 1 < x2 .
Il risultato che segue facilita il calcolo dei limiti evitando di ricorrere ogni volta alla
definizione. Ovviamente per dimostrarlo la definizione `e inevitabile.
Teoremasd (fondamentale per il calcolo dei limiti). Siano f1 ed f2 due funzioni reali di
variabile reale. Supponiamo che per x risulti f1 (x) 1 e f2 (x) 2 . Allora,
quando (nei reali estesi) ha senso, per x si ha:
1) f1 (x) + f2 (x) 1 + 2 ;
25/04/09 62
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
2) f1 (x)f2 (x) 1 2 ;
3) f1 (x)/f2 (x) 1 /2 .
Esempio. Calcoliamo il
lim tang x.
x 2
Daltra parte la funzione cos x `e positiva nellintervallo (/2, /2), e quindi, tenendo conto
che x tende a /2 da sinistra, cos x tende addirittura a 0+ . Dunque, per x (/2) , si
ottiene
sen x 1
tang x = + = +.
cos x 0
Esercizio. Calcolare i seguenti limiti:
1
lim tang x , lim tang x , lim , lim int x , lim int x .
x 2 + x 2 + x0 x x3 x3+
Riportiamo alcuni esempi per mostrare come, nellalgebra dei reali estesi, non sia con-
veniente dare un senso alle espressioni , 0/0, 0 e /, dette anche forme
indeterminate (per motivi di sintesi il simbolo rappresenta + o ). Ogni defini-
zione infatti porterebbe a delle incongruenze. Il significato di forma indeterminata `e il
seguente: se il limite della somma o del prodotto di due funzioni si presenta in uno dei
suddetti quattro casi, senza ulteriori informazioni sulle funzioni non `e possibile concludere
niente. Ad esempio, se per lo studio del limite per x + di f1 (x) + f2 (x) un tizio ci
dice soltanto che f1 (x) + e f2 (x) e ci chiede a cosa tende f1 (x) + f2 (x), la
nostra risposta non pu` o essere che uno sbrigativo boh?! . Ovviamente, se in base ad una
nostra richiesta di ulteriori informazioni il tizio ci precisa che f1 (x) = x2 e f2 (x) = x, la
nostra risposta dovrebbe essere la seguente: caro amico, non ti sei accorto che x2 x si
pu`o scrivere anche x(x 1)? Quindi, in base al teorema fondamentale per il calcolo dei
limiti, si ottiene x(x 1) (+) (+ 1) = +. Ecco quattro esempi di coppie di
forme (apparentemente) indeterminate dal comportamento contrastante:
( ) x x 0 per x +;
( ) x2 x + per x +;
(0 ) x(1/x) 1 per x 0;
(0 ) x2 (1/x) 0 per x 0;
25/04/09 63
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
38 - Mercoled` 19/11/08
Esercizio. Dimostrare in base alla definizione di limite che lim x2 = 4.
x2
Svolgimento. In base alla definizione fissiamo > 0 e scriviamo le disequazioni <
x2 4 < . La prima delle due, < x2 4, `e verificata per ogni x se > 4. Se invece
4, la disequazione `e verificata se x < 4 oppure x > 4 . La condizione
x < 4 non interessa perche stiamo studiando il comportamento di x vicino a 2. La
condizione x > 4 si scrive in modo equivalente come x > 2 (2 4 ). Scelto
allora 1 = 2 4 (si ricordi che siamo nel caso 4), se 2 1 < x, la disequazione
< x2 4 `e soddisfatta.
La seconda disequazione x2 4 < `e soddisfatta se e solo se 4 + < x < 4 + .
La condizione x < 4 + si scrive in modo equivalente come x < 2 + ( 4 + 2). Se
scegliamo 2 = 4 + 2 (tale numero `e positivo), la disequazione x2 4 < `e soddisfatta
se 4 + < x < 2 + 2 .
x3 + x x2 + 1
= .
4x2 2x 4x 2
Questa nuova funzione `e continua nellorigine dove assume valore 1/2.Quindi
x3 + x 1
lim 2
= .
x0 4x 2x 2
esen x 1
Esercizio. Calcolare lim .
x0+ x2
Svolgimento 1. Osserviamo che `e sufficiente determinare la formula di MacLaurin del
secondo ordine della funzione al numeratore (non ci preoccupa, infatti, calcolare il limite
del rapporto tra il resto di detta formula e il denominatore). Ricordando gli sviluppi di
25/04/09 64
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
esen x 1 x + 12 x2 + x2 (x)
1 1 1
lim = lim = lim + + (x) = + + + 0 = +.
x0+ x2 x0+ x2 x0+ x 2 2
Svolgimento 2. Dalluguaglianza
ex = 1 + x + (x)x
si deduce che
esen x = 1 + sen x + (sen x) sen x.
sen x
Quindi, ricordando che x 1 per x 0, si ottiene
39 - Mercoled` 19/11/08
Teorema (della permanenza del segno per i limiti). Sia f : A R una funzione reale di
variabile reale e sia un punto di accumulazione per il dominio A di f . Supponiamo che
f (x) 6= 0 per x . Allora esiste un intorno forato U di in cui f (x), quando ha
senso, ha lo stesso segno di .
Dimostrazione Supponiamo, per fissare le idee, che il limite sia positivo. Fissiamo un
intorno V di non contenente il punto 0. Per la definizione di limite, esiste un intorno
forato U di tale che per x U (e x A) si ha f (x) V . Dato che V `e un intervallo,
ogni numero appartenente a V `e positivo (ricordarsi della definizione di intervallo). Quindi
f (x) > 0 per ogni x U A. Il caso < 0 si tratta in modo analogo.
Teorema (del confronto dei limiti). Siano f1 , f2 : A R due funzioni reali di variabile
reale e sia un punto di accumulazione per A. Supponiamo f1 (x) f2 (x) per ogni x A.
Se, per x , f1 (x) 1 e f2 (x) 2 , allora 1 2 .
Dimostrazione. Supponiamo, per assurdo, 1 > 2 . Dal teorema fondamentale per il
calcolo dei limiti segue che f1 (x) f2 (x) 1 2 > 0 per x . Per il teorema della
25/04/09 65
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
permanenza del segno esiste un intorno forato U di tale che f1 (x) f2 (x) > 0 per ogni
x U A, in contrasto con lipotesi f1 (x) f2 (x) per ogni x A.
lim (x) = R ,
x
Teorema (dei carabinieri). Siano f, g, h : A R tre funzioni reali di variabile reale e sia
un punto di accumulazione per A. Supponiamo f (x) g(x) h(x) per ogni x A. Se
f (x) e h(x) per x , allora anche g(x) (per x ).
Dimostrazione (caso R). Fissiamo > 0. Poiche f (x) , esiste un intorno forato U
di tale che per ogni x U A si ha < f (x) < +. Dato che anche h(x) , esiste
un intorno forato W di tale che x W A = < h(x) < + . Di conseguenza,
se x A appartiene allintorno forato U W di , si ha
Tenendo conto soltanto di ci`o che ci serve, si ottiene < g(x) < + per ogni
x U W A, e la definizione di limite `e verificata.
I due casi = e = + sono lasciati per eserciziofac allo studente. Uno dei carabinieri,
per`o, in ciascuno dei due suddetti casi, `e superfluo (quale?).
Esercizio. Dire perche la seguente dimostrazione del teorema dei carabinieri (nel caso
R) `e errata:
Cavolata madornale. Denotiamo con l il limite (per x ) di g(x). Occorre provare che
l = . Poiche f (x) g(x) e f (x) , dal teorema del confronto dei limiti si deduce l.
Analogamente, tenendo conto che g(x) h(x) e che anche h(x) , si ha l . Pertanto
l = .
40 - Venerd` 21/11/08
Esercizio. Provare che una funzione f (x) tende a zero per x se e solo se tende a zero
|f (x)|.
Suggerimento. Scrivere le definizioni di limite per entrambi i casi e confrontarle tra loro.
25/04/09 66
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Il risultato che segue `e una conseguenza del teorema dei carabinieri e del precedente
esercizio.
Corollario (del teorema dei carabinieri). Siano f e g due funzioni reali di variabile reale.
Supponiamo che f (x) sia limitata e che g(x) 0 per x . Allora (quando ha senso)
f (x)g(x) 0 per x .
Dimostrazione. Supponiamo che il limite abbia senso, cio`e che sia un punto di accu-
mulazione per il dominio D(f ) D(g) della funzione prodotto f (x)g(x). Dato che f (x) `e
limitata, esiste una costante c tale che |f (x)| c per ogni x D(f ). Pertanto (per ogni
x D(f ) D(g)) risulta
La funzione |f (x)g(x)| `e dunque incastrata tra due carabinieri che tendono a zero: il
primo costituito dalla funzione costante uguale a zero (cio`e il carabiniere a sinistra del
prigioniero se ne sta fermo e buono in 0 aspettando che laltro lo raggiunga) e il secondo
rappresentato dalla funzione c|g(x)| (che tende a zero in base allesercizio precedente).
Possiamo dunque concludere che |f (x)g(x)| 0 e quindi (ancora per lesercizio precedente)
anche f (x)g(x) 0.
Per esprimere il fatto che una funzione f (x) tende a zero per x , si usa dire che `e
infinitesima per x o che `e un infinitesimo per x (spesso, quando risulta evidente
dal contesto, la precisazione per x viene omessa). Il precedente corollario pu`o essere
quindi enunciato anche cos`: il prodotto di una funzione limitata per una infinitesima `e una
funzione infinitesima.
e spiegare per quale motivo per ottenere tale risultato non si pu`o applicare il teorema
fondamentale per il calcolo dei limiti.
Definizione. Sia f : A R una funzione reale il cui dominio contenga una semiretta
destra (ossia, un intorno di +). Una retta y = mx + q si dice asintoto destro (o asintoto
per x +) per f , se
lim (f (x) (mx + q)) = 0.
x+
25/04/09 67
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esempio. La funzione f (x) = x2 non ammette asintoto destro. Infatti, la differenza tra
x2 e un polinomio di primo grado (oppure costante) `e un polinomio di secondo grado, e
non pu`o quindi tendere a zero per x +.
Eserciziofac . Provare che lasintoto destro (sinistro) di una funzione, se esiste, `e unico.
Osserviamo che linformazione x = x0 `e un asintoto verticale per f non dice molto sul
comportamento di f (x) in un intorno di x0 . Per disegnare il grafico di f , infatti, occorre
conoscere i due limiti per x x +
0 e per x x0 di f (x). Pertanto se, ad esempio, in uno
studio di funzione, elencando i limiti importanti si `e gi`a affermato che f (x) + per
x x 0 e f (x) per x x0 , `
+
e inutile aggiungere poi che x = x0 `e un asintoto
verticale per f : cos` facendo non si danno ulteriori informazioni.
f (x)
lim =m e lim (f (x) mx) = q .
x+ x x+
f (x)
lim =m e lim (f (x) mx) = q .
x x x
25/04/09 68
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
e
lim (f (x) mx) = lim (mx + q + r(x) mx) = q.
x+ x+
Viceversa, se
f (x)
lim =m e lim (f (x) mx) = q ,
x+ x x+
allora dal secondo limite si ottiene
lim f (x) (mx + q) = lim (f (x) mx) q = q q = 0 .
x+ x+
Attenzione: pu` o capitare che, nonostante esista finito il limite per x + del rapporto
f (x)/x, la funzione f (x) non ammetta asintoto per x +. Ecco un semplice esempio:
f (x) = x + log x.
Si pu`o provare che se una funzione ammette asintoto destro ed esiste il limite per x +
della sua derivata, allora questo coincide col coefficiente angolare dellasintoto. Non `e detto
comunque che se una funzione ammette asintoto per x +, debba necessariamente
esistere il limite per x + della derivata. Ad esempio, lasintoto destro di f (x) =
x + sen(x2 )/x `e la retta y = x, ma non esiste il limite per x + di f 0 (x). Pu`o anche
capitare che una funzione non abbia asintoto destro ma la derivata ammetta limite finito
per x +. Un esempio di questultimo caso `e dato da log x.
Svolgimento. Osserviamo che il termine 4x2 conta pi` u di x, quando x `e grande in valore
assoluto. Ci`
o ci suggerisce che potrebbe essere conveniente raccogliere tale termine dentro
la radice. Risulta s 1
2
1 1 2
f (x) = 4x 1 + = 2|x| 1 + .
4x 4x
Dalluguaglianza
(1 + x) = 1 + x + (x)x
si ottiene 1
1 2 1 1 1
1+ =1+ + ( ) ,
4x 8x 4x 4x
che `e ancora unuguaglianza. Quindi, in un intorno di + (pi`
u precisamente, per x > 0)
risulta
1 1 1 1
f (x) = 2x 1 + + ( ) = 2x + + r(x),
8x 4x 4x 4
1
dove r(x) := 12 ( 4x ) 0 per x +. Se ne deduce che la retta y = 2x + 1
4 `e lasintoto
destro della nostra funzione.
Per x < 0 si ha
1 1 1 1 1 1
f (x) = 2x 1 + + ( ) = 2x ( )
8x 4x 4x 4 2 4x
25/04/09 69
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
1
e, quindi, y = 2x 4 `e lasintoto sinistro per f .
x2 + x
f (x) = .
|x| + 1
41 - Venerd` 21/11/08
Teorema (del passaggio al limite per funzioni continue). Siano f e g due funzioni reali
di variabile reale. Se f (x) l R per x e g `e continua in l, allora quando ha senso
(cio`e quando `e un punto di accumulazione per g f ) si ha
lim g(f (x)) = g lim f (x) = g(l).
x x
Utilizziamo, a titolo di esempio, il teorema del passaggio al limite per funzioni continue (e
la formula di MacLaurin) per calcolare il
x2
p
lim x2 + 2x + .
x 1+x
25/04/09 70
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Quindi, applicando il teorema del passaggio al limite per funzioni continue, per x
si ottiene
f (x) 2 2(0) + (0) = 2.
Consideriamo il limite per x di una funzione del tipo f (x)g(x) , dove f (x) > 0. Sup-
poniamo che, per x , f (x) a R e g(x) b R. Per la definizione di potenza ad
esponente reale si ha
f (x)g(x) = eg(x) log f (x) .
` importante quindi studiare il limite per x della funzione g(x) log f (x). Per semplicit`a
E
o che segue, facciamo le seguenti convenzioni: e = 0, e+ = +,
di linguaggio, in ci`
log 0 = , log(+) = +. Nel caso che b log a sia un numero reale esteso, non sia cio`e
una forma indeterminata, in base a dette convenzioni risulta
lim f (x)g(x) = lim eg(x) log f (x) = elimx g(x) log f (x) = eb log a .
x x
Nei suddetti passaggi, nel caso che b log a sia un numero reale (e non un reale esteso), si
`e tenuto conto del teorema di passaggio al limite per le funzioni continue. Quando invece
b log a = o b log a = +, luguaglianza
Analizziamo ora in quali casi la forma b log a risulta indeterminata. Si hanno solo due
possibilit`a ( sta per + o ):
1) b = 0 e log a = ;
2) b = e log a = 0.
Il primo caso d` a luogo a due sottocasi: a = 0 e a = +. Il caso 2) pu`o capitare solo se
a = 1. La forma b log a risulta quindi indeterminata nelle seguenti tre situazioni:
a) a = 0 e b = 0 (forma indeterminata 00 );
b) a = + e b = 0 (forma indeterminata 0 );
c) a = 1 e b = (forma indeterminata 1 ).
Nei reali estesi, allinfuori dei casi 00 , 0 e 1 (che rappresentano le tre forme in-
determinate delle potenze), `e conveniente estendere la definizione di potenza nel modo
seguente:
ab = eb log a .
Osserviamo che dalla suddetta definizione (tenendo conto delle convenzioni e = 0,
e+ = +, log 0 = , log(+) = +) si deducono i seguenti casi:
a+ = 0 se 0 a < 1 (in particolare 0+ = 0);
a+ = + se 1 < a + (in particolare ++ = +);
a = 1/a+ quando ha senso (cio`e per 0 a +, a 6= 1);
25/04/09 71
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Siano f (x) e g(x) due funzioni infinitesime per x . Provare che se
f (x)
lim = R,
x g(x)
allora 1
g(x)
lim 1 + f (x) = e .
x
Quindi
1
f (x)
g(x)
exp (1 + (0)) = e ,
1 + f (x) = exp 1 + (f (x))
g(x)
e lesercizio `e concluso.
Il risultato che segue `e una facile conseguenza della definizione di limite (provarlo per
eserciziofac ).
Teorema (di cambiamento di variabile nei limiti). Siano f (x) e g(t) due funzioni reali
di variabile reale ottenute una dallaltra mediante i cambiamenti di variabile t = (x) e
x = 1 (t), dove `e una funzione iniettiva. Se t (cio`e (x)) tende a per x e x
(cio`e 1 (t)) tende ad per t , allora
25/04/09 72
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
ossia, se uno dei due limiti esiste, anche laltro esiste, e i limiti coincidono.
42 - Marted` 25/11/08
Ricordiamo che una funzione si dice infinitesima (o che `e un infinitesimo) per x
se tende a zero per x . Analogamente, diremo che una funzione `e infinita (o che `e
un infinito) per x se tende allinfinito per x . I teoremi di De LHopital (o de
LHopital, o LHospital, o LHopital, a seconda dei testi) sono utili strumenti per il calcolo
del limite del rapporto di due funzioni entrambe infinitesime o infinite per x . In altre
parole, rappresentano un artificio (anche se non lunico) per determinare il limite delle
cosiddette forme indeterminate 0/0 e /. Uno dei teoremi di De LHopital riguarda
il rapporto di due infinitesimi per x x0 , un altro il rapporto di due infinitesimi per
x x+ 0 , un altro il rapporto di due infiniti per x x0 , un altro ancora il rapporto di
due infinitesimi per x +, e cos` via fino ad esaurire tutti e dieci i casi. A titolo di
esempio enunciamo quello riguardante il rapporto di due infinitesimi per x x0 . Dopo,
per il gusto della sintesi, daremo un enunciato che li comprende tutti.
25/04/09 73
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Supponiamo che il rapporto f 0 (x)/g 0 (x) sia definito in un intorno forato di e che tale
rapporto tenda ad un limite (finito o infinito) per x . Allora si ha
f (x) f 0 (x)
lim = lim 0 .
x g(x) x g (x)
Il Teorema di De LH
opital si pu`
o applicare anche in alcuni casi in cui il rapporto f (x)/g(x)
non `e immediatamente riconoscibile. Per esempio, il
lim x log x
x0
Osservazione. E ` spesso conveniente trasformare una funzione della forma f (x)g(x) nella
forma eg(x) log f (x) , perche in tal modo abbiamo una potenza con la base costante rispetto
alla x.
Nellapplicare il Teorema di De LHopital si deve fare attenzione che le ipotesi siano rispet-
tate; per esempio che il limite di un rapporto f (x)/g(x) sia una forma indeterminata. Se
infatti lo applicassimo al rapporto x/(x + 1), otterremmo
x
lim = 1,
x0 x + 1
25/04/09 74
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Notiamo che ci sono casi in cui luso del Teorema di De LHopital non porta a nulla. Ad
esempio basta considerare il
x2 + 1
lim .
x+ x
Esempio. Da
log x
lim =0
x+ x
si deduce facilmente che x1/x 1 per x +. Infatti
1 log x
lim x x = lim e x = e0 = 1 .
x+ x+
43 - Marted` 25/11/08
Teorema (di esistenza del limite per le funzioni monotone). Sia f : (, ) R una funzio-
ne monotona definita in un intervallo (, ), dove e sono reali estesi. Allora esistono
(nei reali estesi) i limiti per x e per x di f (x), e risulta
se f `e crescente e
lim f (x) = supf e lim f (x) = inf f
x x
se f `e decrescente.
Dimostrazione. Proviamo il risultato nel caso speciale di f crescente e x = +.
Gli altri casi si provano in modo analogo (i dettagli sono lasciati agli studenti). Si hanno
due possibilit`a: supf < + e supf = +. Supponiamo prima che lestremo superiore di
f (x) sia finito e denotiamolo, per brevit`a, con la lettera . Fissiamo un arbitrario > 0.
Occorre trovare una semiretta (h, +) in cui valga < f (x) < + . Poiche (per
definizione di estremo superiore) `e il minimo maggiorante per f (x), il numero non
pu`o essere un maggiorante per f (x). Non `e vero quindi che tutti i numeri f (x) verificano
la condizione f (x) . Ne esiste quindi (almeno) uno, denotiamolo f ( x) , che non
verifica tale condizione (ripensare alla negazione della proposizione tutte le pecore sono
nere). Esiste cio`e un x x) > . Dato che abbiamo supposto f (x)
per il quale risulta f (
crescente, se x `e un qualunque numero maggiore di x x) f (x) e quindi, a maggior
, si ha f (
ragione, < f (x). Daltra parte `e un maggiorante per f (x) e, di conseguenza, per
25/04/09 75
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
ogni x (e non solo per quelli maggiori di x ) risulta f (x) . In conclusione, possiamo
si ha < f (x) < + , e quindi, per la definizione di
affermare che per gli x > h := x
limite, f (x) = sup f .
Supponiamo ora supf = + e fissiamo un k > 0. Poiche (in base al significato della
notazione supf = +) la funzione non `e limitata superiormente, il numero k non pu`o
essere maggiore o uguale di tutti gli f (x). Esiste quindi un numero x per il quale risulta
f (
x) > k (ricordarsi del discorso sulle pecore, ma se non se ne vede il nesso, belare). Dato
che la funzione `e crescente, quando x > h := x si ha f (x) > k. Dunque, per la definizione
di limite, f (x) + = supf .
Come applicazione del teorema (di esistenza) del limite per le funzioni monotone, mostria-
mo che
lim arctg x = /2.
x+
Allo scopo ricordiamo che la funzione arcotangente `e linversa della restrizione della tan-
gente allintervallo (/2, /2). Essendo la tangente, in tale intervallo, una funzione stret-
tamente crescente, anche larcotangente risulta strettamente crescente. Di conseguenza,
ricordandosi che limmagine di una funzione inversa coincide col dominio della funzione
che viene invertita, si ha
lim f 1 (y)
y2
non `e importante per lo studio di f 1 (y). Per quale motivo? Calcolarlo lo stesso, applican-
do un noto teorema (si tenga conto della definizione di funzione inversa per determinare il
punto x0 corrispondente a y0 = 2).
Esercizio. Dal fatto che la funzione esponenziale (naturale) `e linversa della funzione
logaritmica (naturale), dedurre che
Esercizio. Provare che la funzione f (x) = log x + 2x3 `e invertibile e studiarne la funzione
inversa (si danno per note le propriet`a basilari di log x, che proveremo in seguito). Deter-
minare cio`e il dominio e limmagine della funzione inversa, mostrare che il dominio `e un
intervallo e calcolare i limiti importanti di f 1 (y), ossia i limiti per y che tende agli estremi
dellintervallo di definizione e per y che tende ad un qualunque punto di discontinuit`a (se
esiste).
Definizione (confronto tra infinitesimi). Siano f (x) e g(x) due infinitesimi per x .
Supponiamo g(x) 6= 0 in un intorno forato di . Si dice che f (x) `e un infinitesimo di
25/04/09 76
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Per esempio x2 `e un infinitesimo di ordine superiore a x (in questo caso si pu`o omettere la
precisazione per x 0, perche x2 e x sono infinitesimi soltanto per x 0).
Si osservi che se due infinitesimi sono equivalenti, allora sono anche dello stesso ordine (ma
in generale non `e vero il contrario).
La pi`u semplice funzione infinitesima per x 0 `e g(x) = x. Per questo motivo tale
funzione viene spesso considerata un riferimento per gli altri infinitesimi per x 0. Si usa
dire infatti che f (x) `e un infinitesimo del primo ordine se `e dello stesso ordine di x, che `e
del secondo se `e dello stesso ordine di x2 , che `e di ordine superiore al primo se `e di ordine
superiore ad x, e cos` via.
25/04/09 77
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Definizione (di parte principale di un infinitesimo per x 0). Sia f (x) una funzione reale
definita in un intorno del punto x = 0. Se per qualche k N e c R vale luguaglianza
f (x) = cxk + (x)xk (dove, ricordiamo, (x) denota una qualunque funzione continua e
nulla in zero), allora f (x) `e un infinitesimo per x 0 e il monomio cxk (anchesso un
infinitesimo) si dice la parte principale di f (x). In altre parole (meno precise), la parte
principale di un infinitesimo per x 0 `e, quando ha senso, il monomio di grado minimo
contenuto nella sua formula di MacLaurin.
Esercizio. Determinare la parte principale dei seguenti infinitesimi (ammesso che esista):
sen x, 1 cos x, x sen(2x), x3 , x cos(2x), x2 x3 , 2 4 x.
Esercizio. Sia f (x) = g(x)xk , essendo g(x) una funzione continua per x = 0. Mostrare
che la parte principale di f (x) `e il monomio g(0)xk .
Esercizio. Provare che se cxk `e la parte principale di un infinitesimo f (x), allora f (x)
e cxk sono infinitesimi equivalenti. Mostrare inoltre che in tal caso il resto (x)xk della
formula di MacLaurin di ordine k di f (x) `e un infinitesimo di ordine superiore sia a cxk
che a f (x).
44 - Mercoled` 26/11/08
Talvolta, per esprimere il fatto che, per x , f (x) `e un infinitesimo di ordine superiore a
g(x) si usa il cosiddetto simbolo o-piccolo di Landau: si scrive f (x) = o(g(x)) per x
e si legge f (x) uguale ad o-piccolo di g(x) per x tendente ad . Ad esempio x2 = o(x)
per x 0 (in questo caso si potrebbe omettere la precisazione per x 0 perche non ci
sono possibilit`a di equivoci).
Osservazione. E ` evidente che se f (x) = (x)xn , allora f (x) = o(xn ). Non `e difficile
provarefac che se f (0) = 0, allora vale anche il contrario e, quindi, in questo caso, le due
25/04/09 78
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
dove pn (h) `e un polinomio di grado non superiore ad n. Ricordiamo inoltre che, per i
teoremi di esistenza e di unicit`
a della formula di Taylor, risulta
n
X f (k) (x0 ) f (x0 ) f 0 (x0 ) f 00 (x0 ) 2 f (n) (x0 ) n
pn (h) = hk = + h+ h + + h .
k! 0! 1! 2! n!
k=0
La (55.1) altro non `e che unaffermazione sul comportamento per h 0 del resto
della formula di Taylor: equivale cio`e ad affermare che il resto rn (h) `e un o(hn ), ovvero che
f (x0 + h) pn (h)
lim = 0.
h0 hn
Quindi, a rigor di logica, la formula di Taylor col resto espresso mediante il simbolo di
Landau non pu` o essere considerata unuguaglianza vera e propria, cio`e verificata per ogni
h ammissibile (ossia tale che x0 + h D(f )). Tuttavia, dato che in questo caso risulta
rn (0) = 0 (com`e facile dedurrefac dal suddetto limite sapendo che f `e definita ed `e continua
nel punto x0 ), da ora in avanti, in base alla precedente osservazione, il simbolo o(hn ) della
formula di Taylor verr` a pensato come un sinonimo di (h)hn . Si fa presente che in altri
contesti tale equivalenza non `e scontata: affermare che una funzione `e un o(hn ) non implica
che questa sia definita per h = 0 e, anche quando lo `e, non `e affatto detto che sia nulla in
tal punto.
45 - Mercoled` 26/11/08
Definizione (di successione). Dato un arbitrario insieme X, una successione in X `e
unapplicazione a : N X. Se il codominio X `e un sottoinsieme di R la successione si dice
reale, se X Q si dice di numeri razionali, se X R2 si dice di punti di R2 , ecc.
25/04/09 79
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Da ora in avanti, a meno che non venga diversamente specificato, col termine successione
intenderemo una successione reale.
Si potrebbe provarefac (sfruttando il Principio di Induzione) che tale successione gode delle
seguenti due propriet`a:
an < an+1 , n N;
an < 2, n N.
Esercizio. Mediante un foglio elettronico (ad esempio Excel) calcolare, con 16 cifre
decimali, i primi 30 termini della suddetta successione.
Esercizio. Calcolare, con lausilio di un foglio elettronico, i primi 50 termini della succes-
sione di Fibonacci.
Attenzione a non fare confusione tra i termini di una successione (che sono sempre infiniti:
il primo, il secondo, il terzo, ecc.) e i valori assunti dalla successione, che possono essere
anche un numero finito. Ad esempio, la successione {an } = {(1)n } assume solo i valori 1
e 1 ma, ciascuno, infinite volte (il primo termine `e 1, il secondo `e 1, il terzo `e 1, . . . ,
ln-esimo `e (1)n , . . . ).
46 - Mercoled` 26/11/08
Definizione. Si dice che una successione {an } tende (o converge) ad ` R, e si scrive
an ` (per n +), se per ogni > 0 esiste un n R tale che per n > n si ha
25/04/09 80
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
|an `| < . In questo caso si dice anche che ` `e il limite di {an } e si scrive
Le ultime tre notazioni (apparentemente incomplete) sono giustificate dal fatto che (nei
reali estesi) lunico punto di accumulazione per il dominio di una successione `e + (un
concetto che vedremo in seguito), e quindi lunica nozione di limite che ha senso `e per
n +.
1
< < .
n
Dato che n1 > 0 per ogni n, la prima delle due precedenti disequazioni `e sempre verificata.
Vediamo la seconda: n1 < . E ` chiaro che `e verificata se e soltanto se n > 1 . Quindi, se
1
scegliamo il numero n
= , per ogni n > n risulta < n1 < .
= 1 (
Riepiloghiamo il procedimento: se si prende un qualsiasi > 0 e poi si sceglie n n `e
1 1
in funzione di ), allora n > n
risulta n < e la convergenza di n a zero `e provata.
Si osservi che n
dipende da , ma non `e univocamente determinato. Se infatti fissiamo un
maggiore o uguale a 1 `e vero che n1 < per ogni n > n
qualsiasi n .
25/04/09 81
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Definizione. Si dice che {an } tende (o diverge) a + (si scrive an +) se per ogni
k > 0 esiste n
tale che per n > n
si ha an > k. In questo caso si dice anche che il limite di
{an } `e + e si scrive
Analogamente, una successione {an } tende (o diverge) a se per ogni k > 0 esiste n
si ha an < k. Per indicare che `e il limite di {an } si pu`o usare una
tale che per n > n
delle seguenti notazioni:
an , lim an = , lim an = .
n
n2 +, n , n3 + 3n + 1 + e n 3n3 .
Definizione. Una successione {an } si dice convergente se ammette limite finito, divergente
se il limite `e o + e indeterminata negli altri casi (cio`e quando non ammette limite
nei reali estesi). Le successioni che ammettono limite (finito o infinito) si dicono regolari.
Non tutte le successioni sono regolari. Ad esempio {(1)n } non ammette limite (ne finito
ne infinito).
Teoremasd (fondamentale dei limiti per le successioni, detto anche Algebra dei limiti).
Siano {an } e {bn } due successioni tali che an e bn (dove , R). Allora,
quando ha senso nei reali estesi (cio`e tranne i casi , 0/0, 0 , /, 1+ , 0 e
00 ), si ha:
1) an + bn + ;
2) an bn ;
3) an /bn /;
4) abnn .
Teorema (di collegamento per i limiti). Sia f una funzione reale di variabile reale. Con-
dizione necessaria e sufficiente affinche f (x) per x `e che per ogni successione
{xn } in D(f )\{} tale che xn si abbia f (xn ) .
Il teorema di collegamento `e particolarmente utile per provare la non esistenza (ma anche
lesistenza) di alcuni limiti. Mostriamo, ad esempio, che la funzione sen x non ammette
25/04/09 82
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
La non esistenza del limite per x 0 di sen(1/x) si pu`o provare in modo analogo. Basta
infatti considerare le successioni
1 1
an = e bn =
2n /2 + 2n
e osservare che lim sen(1/an ) = 0 mentre lim sen(1/bn ) = 1.
n n
Esercizio. Usare il teorema di collegamento per provare che non esiste il limite per x 0
di sign x.
Il risultato che segue `e una facile conseguenza del teorema di collegamento per i limiti.
Teorema (di collegamento per la continuit`a). Sia f una funzione reale di variabile reale e
sia x0 D(f ). Condizione necessaria e sufficiente affinche f sia continua in x0 `e che per
ogni successione {xn } in D(f ) tale che xn x0 si abbia f (xn ) f (x0 ).
47 - Venerd` 28/11/08
La nozione di successione monotona `e un caso particolare di un concetto gi`a introdotto
per le funzioni a valori reali: una successione, infatti, `e una funzione a valori reali definita
in un particolare sottoinsieme dei reali: N. E ` bene ricordarsi che ci stiamo occupando
esclusivamente di successioni reali, a meno che non venga diversamente specificato.
Definizione. Una successione {an } `e detta crescente se an an+1 per ogni n e stretta-
mente crescente se an < an+1 per ogni n. E ` detta decrescente se an an+1 per ogni n e
strettamente decrescente se an > an+1 per ogni n. Una successione `e detta monotona (con
laccento tonico sulla penultima sillaba) se `e crescente o decrescente. Si dice che `e stretta-
mente monotona se `e strettamente crescente oppure strettamente decrescente (ovviamente
ogni successione strettamente monotona `e anche monotona).
Definizione. Una successione `e detta limitata se linsieme dei valori assunti `e un sottoin-
sieme limitato di R.
25/04/09 83
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Teorema (di esistenza del limite per le successioni monotone). Se {an } `e una successione
monotona, allora `e regolare (cio`e ammette limite). Precisamente si ha lim an = sup an se
{an } `e crescente e lim an = inf an se `e decrescente. In particolare se {an }, oltre ad essere
monotona, `e anche limitata, allora `e convergente. Se invece non `e limitata, `e divergente.
Dimostrazione. Assumiamo, per fissare le idee, che la successione {an } sia crescente (il
caso {an } decrescente `e lasciato per esercizio agli studenti).
Supponiamo prima che lestremo superiore di {an } sia finito e denotiamolo, per brevit`a, con
la lettera a. Fissiamo un arbitrario > 0. Poiche (per definizione di estremo superiore) a `e
il minimo maggiorante per {an }, il numero a non pu`o essere un maggiorante (per {an }).
Non `e vero quindi che tutti gli an verificano la condizione an a . Ne esiste quindi
(almeno) uno, denotiamolo an , che non verifica tale condizione (ripensare alla negazione
della proposizione tutte le pecore sono nere). Esiste cio`e un indice n per il quale risulta
an > a. Dato che abbiamo supposto {an } crescente, se n `e un qualunque indice maggiore
, si ha an an e quindi, a maggior ragione, a < an . Daltra parte a `e un maggiorante
di n
per gli an e, di conseguenza, per ogni n (e non solo per quelli maggiori di n ) risulta an a.
In conclusione, possiamo affermare che per gli n > n si ha a < an < a + , e quindi,
per la definizione di limite, an a = sup an .
Supponiamo ora sup an = + e fissiamo un k > 0. Poiche (in base al significato della
notazione sup an = +) la successione non `e limitata superiormente, il numero k non pu`o
essere un maggiorante per tutti gli an . Esiste quindi un indice n
per il quale risulta an > k
(ricordarsi del discorso sulle pecore, ma se non se ne vede il nesso, belare). Dato che la
successione `e crescente, quando n > n si ha an > k. Dunque, per la definizione di limite,
an + = sup an .
Osservazione. Dal suddetto teorema segue immediatamente che una successione mono-
tona converge se (e solo se) `e limitata e diverge se (e solo se) non `e limitata.
25/04/09 84
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Teorema della permanenza del segno (per le successioni). Sia {an } una successione
reale. Se an a > 0, allora esiste un n
N per il quale si ha an > 0 per ogni n > n (ossia
an > 0 definitivamente). Analogamente, se an a < 0, allora an < 0 definitivamente. In
altre parole, se {an } ammette limite non nullo (finito o infinito), allora ha definitivamente
lo stesso segno del limite.
Dimostrazione. Dimostriamo il primo risultato e il secondo viene lasciato per esercizio.
Supponiamo che il limite a sia finito e positivo (gli altri casi sono lasciati per esercizio
agli studenti). Fissato = a, dalla definizione di limite si deduce che a < an < a +
definitivamente. Quindi, essendo a = 0, si ottiene 0 < an definitivamente. Analizziamo
ora il caso a = +. Fissato un qualunque k > 0, si ha (sempre per la definizione di limite)
an > k definitivamente e quindi, a maggior ragione, an > 0 definitivamente.
Il risultato che segue `e una facile conseguenza del teorema della permanenza del segno.
Corollario del confronto del limite (per le successioni). Se {an } `e una successione
reale a termini non negativi (rispettivamente non positivi), e tende ad a, allora risulta
a 0 (risp. a 0).
Esercizio. Dedurre il precedente corollario dal teorema del confronto dei limiti.
Esercizio. Dedurre, dal teorema del confronto dei limiti, che se an a, bn b e an < bn
per ogni n, allora a b. Rispondere alla seguente domanda con una dimostrazione (in
caso di risposta affermativa) o con un esempio (in caso di risposta negativa): le suddette
ipotesi implicano a < b ?
Teorema dei carabinieri (per le successioni). Siano {an }, {bn } e {cn } tre successioni
tali che
an bn cn , n N.
Se an a e cn a, allora anche bn a.
Dimostrazione. Proviamo il risultato nel caso che il limite a sia finito. I casi a = e
a = + sono lasciati per eserciziofac agli studenti (si osservi che se a = il carabiniere
a sinistra del prigioniero non serve, e se a = + non serve quello a destra). Fissiamo un
> 0. Poiche an a, esiste un n1 tale che a < an < a + per tutti gli n > n1 . Per lo
stesso `e possibile determinare un n2 tale che a < cn < a + per n > n2 . Quindi, se
n>n := max{n1 , n2 }, allora a < an bn cn < a + . Tenendo conto soltanto di ci`o
che ci serve, si ottiene a < bn < a + per tutti gli n > n
.
25/04/09 85
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
`e rapporto di due successioni: {sen n} e {n}. Il suo limite non si pu`o determinare applicando
il teorema fondamentale dei limiti perche la successione {sen n}, come vedremo pi` u avanti,
non ha limite per n . Daltra parte si ha
1 sen n 1
,
n n n
e quindi dal teorema dei carabinieri si deduce che
sen n
0.
n
Osserviamo che il teorema dei carabinieri `e ancora valido se si suppone che la condizione
an bn cn (ferme restando le altre ipotesi) valga definitivamente (non occorre sia vera
per ogni n N). Limportante `e che i carabinieri {an } e {cn } prima o poi catturino {bn }
e si dirigano entrambi dalla stessa parte.
Teorema del carabiniere. Date {an } e {bn }, tali che an bn per ogni n, se an +
allora anche bn +, mentre se bn , segue che anche an .
Esercizio. Dire perche la seguente dimostrazione del teorema dei carabinieri `e errata:
Cavolata madornale. Denotiamo con b il limite di {bn }. Poiche an bn (per ogni n) e
an a, dal teorema del confronto dei limiti si deduce a b. Analogamente, tenendo conto
che bn cn e che anche cn a, si ha b a. Pertanto a = b, e quindi bn a.
Esercizio (Corollario del teorema dei carabinieri). Dedurre, dal teorema dei carabinie-
ri, che il prodotto di una successione limitata per una infinitesima `e una successione
infinitesima.
Definizione. Sia data una successione {an }. Sia data anche una successione {kn } a
valori in N e strettamente crescente. La successione {bn } definita come bn = akn `e detta
sottosuccessione di {an } o successione estratta.
Teorema. Se una successione {an } tende a un limite (finito o infinito) allora ogni
sottosuccessione di {an } tende allo stesso limite.
Il precedente teorema trova unutile applicazione per dimostrare che una successione `e
irregolare (cio`e che non ammette limite). Data infatti {an }, se si riesce a determinare due
sottosuccessioni che tendono a due limiti distinti oppure una sottosuccessione che non ha
limite, allora {an } `e irregolare.
25/04/09 86
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
48 - Venerd` 28/11/08
Vediamo una particolare classe di successioni e partiamo con un esempio. Consideriamo le
due successioni {1/n} e {1/n2 }. Esse hanno varie cose in comune: sono entrambe positive,
strettamente decrescenti e tendono a zero.
sono positive e strettamente crescenti. Per il teorema sullesistenza del limite delle succes-
sioni monotone esse ammettono limite, rispettivamente S e T . Per i teoremi di confronto
sui limiti, dato che Sk > Tk per ogni k N, si ha S T . A questo punto si verifica
una differenza sostanziale tra le due successioni {Sk } e {Tk }: T `e un numero reale mentre
S = +. La dimostrazione di questo fatto non viene svolta qui, ma sar`a affrontata pi` u
avanti.
si intende
k
X
lim an .
k+
n=1
La successione {Sk } si dice successione delle somme parziali (o delle ridotte) della serie,
mentre an `e detto il termine generale. Il carattere della serie `e, per definizione, il carattere
della successione {Sk }. In altre parole: se {Sk } converge, si dice che converge la serie; se
25/04/09 87
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
{Sk } diverge, la serie diverge; se il limite di {Sk } non esiste, la serie `e indeterminata. Il
limite S (finito o infinito) di {Sk }, quando esiste, si dice somma della serie e si scrive
X
S= an .
n=1
La definizione pu` o apparire non del tutto chiara. Che significa infatti somma per n che va
da 1 a infinito di an ? Per capirlo si pensi al fatto che lintroduzione del concetto di serie
nasce dal tentativo di sommare infiniti numeri, pi` u precisamente uninfinit`a numerabile
di numeri, cio`e i termini di una successione {an }. In altre parole il tentativo `e quello di
` ovvio che tale operazione
svolgere la somma a1 + a2 + a3 + . . . e cos` via fino allinfinito. E
non `e materialmente possibile. Si pu`o tuttavia osservare che se, per esempio, consideriamo
una successione costante, supponiamo an = 2 per ogni n, a mano a mano che si sommano
i termini della successione, la somma cresce sempre di pi` u e tende allinfinito.
In altri termini: sommare infiniti addendi non `e possibile (richiederebbe un tempo infinito),
per`o `e possibile fare unoperazione che in qualche modo tenta di somigliarle e che `e appunto
il limite della successione delle somme parziali.
Il risultato che segue `e utile per provare la non convergenza di alcune serie (non di tutte).
Afferma infatti che se il termine generale di una serie non tende a zero, allora la serie non
converge o, equivalentemente, se una serie converge, allora (necessariamente) il suo termine
generale tende a zero. E ` bene mettere in guardia gli studenti che tale risultato non pu`o (e
non deve) essere utilizzato per mostrare la convergenza di una serie (`e un errore frequente
nei compiti desame).
Teorema (Criterio di non convergenza per le serie). Condizione necessaria affinche una
serie sia convergente `e che il termine generale tenda a zero.
Dimostrazione. Sia
P
n=n0 an una serie convergente. Ci`o significa, per definizione, che la
successione {Sk } delle somme parziali converge ad un numero finito S. Osserviamo che
an = Sn Sn1 e che anche Sn1 converge ad S (infatti la proposizione |Sn S| < per
n>n implica |Sn1 S| < per n > n + 1). Si ha allora
e quindi an 0.
25/04/09 88
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
La suddetta condizione necessaria per la convergenza di una serie non `e sufficiente. Infatti
vedremo che la serie
P
n=1 1/n dei reciproci dei numeri naturali (detta serie armonica) non
`e convergente, sebbene il suo termine generale sia infinitesimo. Pi`u in generale proveremo
(mediante la teoria degli integrali impropri) che la serie
X 1
,
n
n=1
Esercizio. Provare che ogni serie geometrica pu`o essere scritta nella forma
X
aq n .
n=0
Teorema. Una serie geometrica converge se e solo se la sua ragione `e in valore assoluto
minore di uno. In tal caso, denotato con a il primo termine della serie e con q (1, 1)
la sua ragione, la serie converge e la sua somma `e a/(1 q).
Dimostrazione. Sia n
P
n=0 aq una serie geometrica di ragione q e primo termine a (che
possiamo supporre diverso da zero, altrimenti la serie non esiste). Abbiamo gi`a visto
che, affinche la serie converga, il termine generale aq n deve tendere a zero. Si pu`o quindi
supporre |q| < 1, altrimenti la serie non converge perche aq n 6 0 (infatti |q| 1 =
|aq n | = |a||q|n |a|, e quindi |aq n | non pu`o essere definitivamente minore di = |a| > 0).
Moltiplicando per 1 q entrambi i membri delluguaglianza
Sn = a + aq + aq 2 + + aq n1
si ha
(1 q)Sn = (1 q)(a + aq + aq 2 + + aq n1 ) =
a aq + aq aq 2 + aq 2 aq n1 + aq n1 aq n = a aq n .
Pertanto, essendo q 6= 1, si ottiene
a(1 q n )
Sn = .
1q
Poiche |q| < 1, si ha |q n | = |q|n 0 = q n 0. Pertanto Sn a/(1 q).
25/04/09 89
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Ovvero
31 X 7
3, 17 = + .
10 10n
n=2
P
La serie n=2 7/10n `e geometrica di ragione 1/10 e il suo primo termine `e 7/100. Si ha
pertanto
31 7/100 143
3, 1
7= + = .
10 1 1/10 45
In modo analogo si prova che ogni numero decimale periodico `e razionale e se ne determina
la frazione generatrice.
Esercizio. Provare che se due serie differiscono per un numero finito di termini, allora
hanno lo stesso carattere (entrambe convergenti, divergenti o indeterminate).
Il risultato che segue `e un utile criterio per stabilire il carattere delle serie, purche siano
a termini positivi. Per comprenderne il significato `e indispensabile ricordarsi che le serie
a termini positivi non possono essere indeterminate (`e una conseguenza del teorema di
esistenza del limite delle successioni monotone). Tali serie, pertanto, rappresentano sempre
un numero reale esteso.
Pertanto, se converge la seconda serie (detta maggiorante), converge anche la prima (la
minorante), e se diverge la prima, diverge anche la seconda.
Dimostrazione fac . Consideriamo le somme parziali
k
X k
X
Sk = an e Tk = bn .
n=n0 n=n0
25/04/09 90
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
49 - Marted` 02/12/08
Definizione (di funzione convessa). Una funzione reale definita in un intervallo si dice
convessa [concava ] se la corda (cio`e il segmento) che congiunge due punti qualunque del
suo grafico sta sopra [sotto] il grafico.
Esercizio. Sia f : J R una funzione convessa. Dedurre dal precedente teorema che se
x0 J `e un punto critico per f (cio`e f `e derivabile in x0 e f 0 (x0 ) = 0), allora `e un punto
di minimo assoluto per f .
Definizione (di punto di flesso). Un punto x0 interno al dominio di una funzione f si dice
di flesso (per f ) se f `e derivabile in x0 e se in un suo semi-intorno la funzione `e convessa e
nellaltro semi-intorno `e concava (ossia, se esistono un intorno destro e un intorno sinistro
di x0 con concavit` a discordi: da una parte la funzione `e convessa e dallaltra `e concava).
In base al precedente teorema, se una funzione `e di classe C 2 , una condizione che assicura
che in un punto x0 del dominio si abbia un flesso `e che la derivata seconda cambi segno in x0
(da una parte positiva e dallaltra negativa). In tal caso si ha necessariamente f 00 (x0 ) = 0
(perche?).
25/04/09 91
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esempio. La funzione f (x) = 1/x non ha un flesso in x0 = 0, perche tal punto non
appartiene al dominio di f (anche se f `e concava per x < 0 e convessa per x > 0).
50 - Marted` 02/12/08
1 4
Esercizio. Sia f : R R definita da f (x) = 12 x + 65 x3 3x2 . Determinare gli intervalli
nei quali f `e convessa.
Svolgimento. La funzione f (x) `e derivabile e
1 5
f 0 (x) = x3 + x2 6x .
3 2
Anche f 0 (x) `e derivabile e
f 00 (x) = x2 + 5x 6 .
Sappiamo che, se f `e derivabile due volte in un intervallo J, f `e convessa (in tale intervallo)
se e solo se f 00 (x) 0 per ogni x J. Studiamo quindi linsieme in cui f 00 (x) 0:
x2 + 5x 6 0 x2 5x + 6 0 2 x 3.
lim |x|ex = +
x+
25/04/09 92
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
e
x
lim |x|ex = lim xex = lim ,
x x x ex
lim |x|ex = 0.
x
Quindi f non ha asintoto destro. Inoltre, come abbiamo gi`a visto, risulta
lim |x|ex = 0 ,
x
da cui si deduce facilmente (in base alla definizione di asintoto) che lasse delle x (cio`e la
retta y = 0) `e lasintoto (ovviamente orizzontale) sinistro per f .
La f `e prodotto di due funzioni derivabili in R\{0}, e quindi anchessa `e derivabile in
R\{0}. Non `e derivabile in x = 0, dato che in tal punto la sua derivata destra vale 1
(essendo la derivata in x = 0 di fd (x) = xex ) mentre la derivata sinistra vale 1 (dato
che `e la derivata in x = 0 di fs (x) = xex ). Possiamo quindi affermare che x = 0 `e un
punto angoloso (ed `e un punto di minimo perche la derivata sinistra `e negativa e la derivata
destra `e positiva).
Risulta: (
0 ex (x + 1) se x > 0
f (x) =
ex (x + 1) se x < 0
Da cui segue che f 0 (x) = 0 x = 1. Inoltre
25/04/09 93
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Rispondere alla seguente domanda: si pu`o affermare che la funzione che
abbiamo appena studiato (i.e. f (x) = |x|ex ) `e convessa nellinsieme (, 2) (0, +)?
51 - Mercoled` 03/12/08
Esercizio. Dire in quali punti `e derivabile la funzione
(
x2 cos x1 se x 6= 0,
f (x) =
0 se x = 0.
x2 cos x1 1
lim = lim x cos = 0
x0 x x0 x
(si tratta del prodotto di una funzione che tende a zero per una limitata). Quindi f (x) `e
derivabile in tutto il suo dominio con
(
2x cos x1 + sen x1 se x 6= 0,
f 0 (x) =
0 se x = 0.
non esiste. Un tipico errore che si rischia di commettere nellaffrontare questo esercizio (e
altri simili) `e quello di affermare che la funzione non `e derivabile in zero perche la derivata
2x cos x1 + sen x1 non `e calcolabile in x = 0 (in quanto si annulla un denominatore). Tale
ragionamento `e sbagliato per il seguente motivo: la funzione 2x cos x1 + sen x1 `e la derivata
di g(x) = x2 cos x1 che non `e definita in zero ed `e unaltra funzione rispetto alla nostra f (x)
25/04/09 94
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
iniziale. Quindi anche 2x cos x1 + sen x1 deve essere considerata esclusivamente per x 6= 0.
In altre parole non c`e nessun motivo per dire che la possibile derivata della funzione f (x)
di partenza debba essere 2x cos x1 + sen x1 calcolata in x = 0.
log |x|
Esercizio. Studiare i punti di massimo e di minimo relativo di f (x) = .
x
Svolgimento. La funzione `e definita e derivabile in tutto il suo dominio (, 0) (0, +).
Tale insieme `e aperto e allora conviene cercare i punti di massimo e di minimo relativo
usando il Teorema di Fermat. Si ha f 0 (x) = 1log(|x|)
x2
, che si annulla in e e +e, `e positiva
in (e, 0) e in (0, e), e negativa in (, e) e in (e, +).
Per il Teorema di Fermat e il teorema visto a lezione riguardante la derivata agli estremi
del dominio, e `e punto di minimo assoluto e il minimo di f `e 1/e e 3 `e punto di
massimo relativo, mentre il massimo assoluto non esiste perche lim f (x) = +.
x0
52 - Mercoled` 03/12/08
Esercizio. Tra tutti i rettangoli di perimetro assegnato determinare quello di area massi-
ma. Si riesce a determinare quello di area minima?
25/04/09 95
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
La funzione A(h), essendo continua in [0, c], tende a zero sia per h 0+ che per h c e
non esiste il rettangolo di area minima tra quelli di perimetro fissato 2c (se non si desidera
accogliere, nella famiglia dei rettangoli, il caso degenere con area zero).
Esercizio. Tra tutti i rettangoli di area assegnata determinare quello di perimetro minimo.
Si riesce a determinare quello di perimetro massimo?
Esercizio. Facciamo finta che il disegno in figura rappresenti una spiaggia dove nel punto
B abbiamo il nostro ombrellone. Vogliamo andare al bar che si trova nel punto C. Dal
punto O parte una passerella di legno che raggiunge il bar e sulla quale si cammina pi` u
velocemente che sulla sabbia. Precisamente: supponiamo che sulla sabbia si cammini alla
velocit`a di 1 metro al secondo, mentre sulla passerella alla velocit`a di 2 m/s. Supponiamo
anche che i segmenti OB e OC siano tra loro perpendicolari. Inoltre la passerella `e lunga
10 metri, mentre il tratto OB `e 15 m. Partendo da B, determinare in quale punto della
passerella conviene salire, per poi raggiungere il bar continuando a camminare su di essa,
al fine di rendere minimo il tempo per arrivare dallombrellone al bar.
. C
B O
. .
. C
. P
B
. . O
Studiando la funzione t si ricava che 5 3 `e il punto di minimo assoluto. Pertanto conviene
salire sulla passerella nel punto P che dista 5 3 metri da O. Quale sarebbe stata la
conclusione dellesercizio se la distanza OB fosse stata 18 metri? (si interpretino i calcoli
con attenzione).
1
Esercizio. Calcolare lim x2 sin .
x+ ex
25/04/09 96
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Svolgimento. Si osserva che e1x tende a zero per x tendente a +. Essendo sin x continua
e nulla in zero segue subito che lim sin e1x = 0. Daltra parte x2 tende a + e quindi il
x+
limite iniziale si presenta in una forma indeterminata.
Tra i risultati noti che coinvolgono il seno c`e il limite notevole lim sinx x = 1. Applicando il
x0
teorema sul cambiamento di variabile per i limiti, visto in una delle lezioni precedenti, si
ottiene
sin e1x
lim 1 = 1.
x+
ex
A questo punto lesercizio `e risolto osservando che
1 sin e1x x2
x2 sin = 1 .
ex ex
ex
1 sin e1x x2
lim x2 sin = lim lim = 1 0 = 0,
x+ ex x+ e1x x+ ex
25/04/09 97
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
53 - Mercoled` 03/12/08
Una partizione di un intervallo limitato e chiuso [a, b] `e un insieme finito
P = {a0 , a1 , . . . , an }
Gli intervalli
J1 = [a0 , a1 ], J2 = [a1 , a2 ], . . . , Jn = [an1 , an ]
si dicono intervalli (parziali) della partizione. Una scelta di punti nella partizione P `e un
insieme finito S = {x1 , x2 , . . . , xn } tale che
x1 J1 , x2 J2 , . . . , xn Jn .
Una coppia = (P, S) costituita da una partizione P di [a, b] e da una scelta S di punti
in P si dice una partizione puntata.
Sia ora assegnata una funzione f : [a, b] R (per convenzione, se una funzione non `e
definita in alcuni punti di [a, b], la estendiamo considerandola nulla in tali punti, purche
questi siano un numero finito). Ad ogni partizione puntata = (P, S) di [a, b] possiamo
associare il numero
Xn
() = f (xi )(x)i ,
i=1
dove i numeri (x)i = ai ai1 denotano le ampiezze degli intervalli Ji della partizione
P = {a0 , a1 , . . . , an } e gli xi sono i punti della scelta S = {x1 , x2 , . . . , xn }. Si ha cos` una
funzione reale (di variabile non reale) : P R definita nellinsieme P delle partizioni
puntate di [a, b].
Intuitivamente lintegrale (classico) in [a, b] della funzione f `e, quando esiste, il valore
limite che si ottiene facendo tendere a zero le ampiezze (x)i degli intervalli delle possibili
partizioni puntate. Diremo infatti che un numero I `e lintegrale di f in [a, b] se, fissato un
errore > 0, esiste un > 0 tale che, comunque si assegni una partizione puntata con
intervalli parziali tutti di ampiezza minore di , la somma () sopra definita dista da I
meno di . In altre parole, denotando con || la massima ampiezza degli intervalli della
partizione puntata (|| si legge parametro di finezza di e non valore assoluto di
), lintegrale I di f in [a, b] `e il limite per || 0 della sommatoria (). In simboli
lim () = I
||0
significa che per ogni > 0 esiste > 0 tale che se || < allora |() I| < . Diremo
che la funzione f `e integrabile (in [a, b]) secondo Cauchy-Riemann quando tale limite esiste
25/04/09 98
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
finito (si invita lo studente a verificarne lunicit`a). Detto limite si denota (provvisoriamente)
con uno dei seguenti simboli:
Z Z
f, f (x) dx ,
[a,b] [a,b]
Talvolta per`o la variabile di integrazione, per evitare ambiguit`a, non potr`a essere omessa.
`
E il caso, ad esempio, di un integrale del tipo
Z
f (x, y) dx ,
[a,b]
dove f : R2 R `e una funzione di due variabili, che in questo caso viene pensata funzione
della sola variabile x fissando un qualunque valore della y (si dice funzione parziale). In
tale integrale il simbolo dx sta ad indicare che, delle due funzioni parziali, lintegranda `e
quella di variabile x (pensando y come un parametro assegnato). Riguardo a tale integrale,
si osservi che Z
f (x, y) dx ,
[a,b]
essendo un numero per ogni valore della y, rappresenta una funzione g(y) di una sola
variabile.
lim () ,
||0
Eserciziofac . Sia f una funzione integrabile in [a, b]. Provare che se g : [a, b] R differisce
da f in un sol punto (o in un numero finito di punti), allora
Z Z
g(x) dx = f (x) dx .
[a,b] [a,b]
25/04/09 99
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Suggerimento. Provare che, fissato > 0, `e possibile trovare una partizione puntata (P, S)
con parametro di finezza minore di e tale che f (xi ) = g(xi ) per ogni xi S.
Il risultato che segue `e una facile conseguenza del teorema fondamentale per il calcolo dei
limiti (valido anche in questo contesto).
Il seguente risultato `e unimmediata conseguenza del teorema del confronto per i limiti
(valido anche in questo contesto).
Esercizio. Provare che (analogamente alla ben nota disuguaglianza che afferma che il
valore assoluto di una sommatoria `e minore o uguale alla sommatoria dei valori assoluti)
per lintegrale si ha Z Z
f (x) dx |f (x)| dx .
[a,b] [a,b]
54 - Venerd` 05/12/08
Si dice che due insiemi A e B hanno la stessa cardinalit` a (o la stessa potenza), e si scrive
card A = card B, se esiste unapplicazione biiettiva f : A B. In altre parole, due insiemi
hanno la stessa cardinalit`
a se si possono mettere in corrispondenza biunivoca. Ovviamente,
in caso contrario, si dice che i due insiemi hanno cardinalit`a diversa, e si scrive card A 6=
card B.
25/04/09 100
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Dedurre dai due precedenti teoremi che linsieme dei numeri irrazionali non `e
numerabile.
Il seguente risultato, dovuto a Cantor, mostra che esistono infiniti tipi di infinito.
Teoremasd . Dato un qualunque insieme A, esiste un insieme B tale che card A < card B.
Ovviamente gli insiemi finiti sono trascurabili. Infatti, se si considerano n punti e si fissa
> 0, basta coprire ciascun punto con un intervallo di ampiezza /n.
Anche gli insiemi numerabili (cio`e quelli che possono essere messi in corrispondenza biu-
nivoca con i numeri naturali) sono trascurabili. Infatti, se A = {a1 , a2 , . . . , an , . . . } `e un
insieme numerabile, allora, fissato , per ricoprire A con intervalli di ampiezza complessiva
minore o uguale ad `e sufficiente coprire il primo punto con un intervallo di ampiezza /2,
il secondo con un intervallo di ampiezza /4, e cos` via dividendo per due, ad ogni passo,
lampiezza del precedente intervallo. In base alla teoria delle serie geometriche, lampiezza
totale di tali intervalli `e data da
X /2
n
= = .
2 1 1/2
n=1
Esercizio. Provare che se A `e trascurabile e B A, allora anche B `e trascurabile.
25/04/09 101
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
trascurabile.
Definizione (di polo di una funzione). Un punto a0 si dice un polo di una funzione f se
lim |f (x)| = + .
xa0
Esercizio. Provare che una funzione limitata non pu`o avere poli.
Non `e detto che una funzione f : [a, b] R priva di poli sia limitata. Esistono cio`e funzioni
non limitate, definite in un intervallo limitato e chiuso, prive di poli. Una di queste `e
f : [0, 1] R cos` definita:
sen(1/x)
se x (0, 1]
f (x) = x
0 se x = 0 .
Osservazione. Se una funzione f ha un polo in [a, b], allora, in base allesercizio prece-
dente, non `e limitata in [a, b]. Pertanto, per il teorema di integrabilit`a, non `e integrabile
in tale intervallo. In altre parole Z
f (x) dx
[a,b]
Esercizio. Provare che se due funzioni sono limitate, allora anche la loro somma, il loro
prodotto e la loro composizione sono funzioni limitate (non `e cos` per il quoziente).
Una facile conseguenza del teorema di integrabilit`a `e che la somma, il prodotto e la compo-
sizione di funzioni integrabili `e ancora integrabile (il quoziente potrebbe essere una funzione
non limitata, e quindi non integrabile). Facciamo notare, inoltre, che se una funzione `e
continua in un intervallo limitato e chiuso [a, b], allora `e anche integrabile (in tale inter-
vallo), essendo limitata per il Teorema di Weierstrass, ed avendo un insieme vuoto (quindi
trascurabile) di punti di discontinuit` a. Pi`
u in generale, se una funzione ha un numero finito
(o uninfinit`
a numerabile) di punti di discontinuit`a, allora, purche sia limitata, `e integrabile
(la limitatezza, questa volta, non `e assicurata). Si potrebbe dimostrare che le funzioni mo-
notone in un intervallo limitato e chiuso [a, b] hanno al massimo uninfinit`a numerabile di
punti di discontinuit` a. Quindi anchesse, essendo limitate (visto che ammettono massimo
e minimo agli estremi dellintervallo [a, b]), sono integrabili.
In pratica possiamo affermare che tutte le funzioni che uno studente di ingegneria pu`o in-
contrare nello svolgere gli esercizi hanno un insieme trascurabile di punti di discontinuit`a.
Il motivo `e dovuto al fatto che ogni ragionevole funzione pu`o essere ottenuta combinando
(con un numero finito di operazioni di somma, prodotto, quoziente, composizione, restri-
zione ad un intervallo e inversione) le seguenti funzioni (dette fondamentali ), che hanno
un insieme trascurabile di punti di discontinuit`a (c `e una costante):
25/04/09 102
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Diremo che f `e una funzione dedotta o deducibile (dalle sei funzioni fondamentali) se si pu`o
ottenere dalle suddette funzioni con un numero finito di operazioni di somma, prodotto,
quoziente, composizione, restrizione ad un intervallo e inversione. Ecco alcuni esempi di
funzioni deducibili:
cos x si ottiene componendo x + /2 con sen x (ossia cos x = sen(x + /2));
tang x `e il rapporto tra sen x e cos x;
arctg x si ottiene invertendo la restrizione di tang x allintervallo (/2, /2);
|x| = x sign x;
exp x si ottiene invertendo ln x;
ax = exp(x ln a);
x2 `e il prodotto di x per x;
x `e linversa della restrizione di x2 allintervallo [0, +);
3 x `e linversa di x3 ;
la funzione di Heaviside `e H(x) = (1 + sign x)/2.
Tenendo conto del suddetto risultato e del teorema di integrabilit`a, data una funzione
dedotta f e dato un intervallo compatto [a, b] (cio`e limitato e chiuso), per controllare se
Z
f (x) dx
[a,b]
rappresenta un numero, ossia se f `e integrabile in [a, b], `e necessario (ed `e anche sufficiente)
verificare che f sia definita in [a, b] tranne al pi`
u un numero finito di punti (possiamo infatti
estenderla supponendo che valga zero nei punti in cui non `e definita) e che sia limitata in
tale intervallo.
Ad esempio
ex
Z Z
sen x
dx e dx
[0,2] x2 9 [1,1] x
sono numeri reali (si calcolano con metodi numerici), mentre non lo sono
ex
Z Z
cos x
29
dx e dx .
[2,4] x [1,1] x
Si osservi che, in base al teorema di integrabilit`a, le funzioni continue sono localmente inte-
grabili, dato che in ogni intervallo compatto sono limitate (per il Teorema di Weierstrass)
e linsieme dei punti di discontinuit`a `e trascurabile (essendo vuoto).
25/04/09 103
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
55 - Venerd` 05/12/08
Il concetto di integrale fornisce un utile strumento per introdurre nuove funzioni, dette
funzioni integrali. Ad esempio, definiamo
Z x
cos t
F (x) = dt .
0 1t
25/04/09 104
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Suggerimento. La funzione integranda tende allinfinito, in valore assoluto, per t che tende
a 0 e per t che tende a 1. Pertanto, in base al teorema di integrabilit`a (parte necessaria),
affinche F (x) rappresenti un numero occorre che lintervallo di integrazione non contenga
nessuno dei due punti 0 e 1 (in caso contrario la funzione integranda non `e limitata in
tale intervallo). Daltra parte, sempre per il teorema di integrabilit`a (parte sufficiente), se
lintervallo di integrazione non contiene nessuno dei due punti 0 e 1, allora la funzione
integranda risulta integrabile in tale intervallo. Infatti . . . (completare il discorso).
56 - Mercoled` 10/12/08
Prima di dare un importante strumento analitico per il calcolo degli integrali defini-
ti (la formula fondamentale del calcolo integrale) occorrono alcuni risultati preliminari.
Cominciamo con unutile propriet`a degli integrali (vedere lesercizio che segue).
25/04/09 105
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Primo teorema della media per gli integrali (Teorema della media semplice). Sia
f : [a, b] R una funzione integrabile. Allora la media di f in [a, b], ossia
Rb
a f (x) dx
,
ba
`e un numero compreso tra lestremo inferiore e lestremo superiore di f . In particolare, se
f `e continua, allora (per il teorema dei valori intermedi) esiste un punto c [a, b] per il
quale si ha
Z b
f (x) dx = f (c)(b a) .
a
Dividendo i tre membri della suddetta disuguaglianza per b a (e tenendo conto delleser-
cizio precedente) si ottiene la tesi.
Secondo teorema della media per gli integrali (Teorema della media ponderata).
Siano f, g : [a, b] R due funzioni integrabili. Supponiamo che g(x) non cambi segno in
[a, b]. Allora (quando ha senso) la media ponderata di f in [a, b] (con peso g), ossia
Rb
a f (x)g(x) dx
Rb ,
a g(x) dx
m f (x) M , x [a, b]
25/04/09 106
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
57 - Mercoled` 10/12/08
Il seguente importantissimo risultato mostra che ogni funzione continua su un intervallo
`e la derivata di unaltra funzione (detta primitiva), anche se per calcolare tale funzione `e
spesso necessario ricorrere a metodi di integrazione numerica.
25/04/09 107
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
a di {xn }.
e la tesi segue dallarbitrariet`
Con riferimento al suddetto teorema, si osservi che la funzione integranda f (t), essendo
(per ipotesi) continua, risulta localmente integrabile, e quindi la funzione integrale F (x) `e
ben definita per tutti gli x J.
non dipende da a (il risultato `e vero anche se f non `e continua, ma meno semplice da
provare).
Suggerimento. Mostrare che la funzione : R R definita da
Z a+T
(a) = f (x) dx
a
25/04/09 108
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
58 - Mercoled` 10/12/08
La pi`
u conveniente definizione della funzione logaritmica (naturale) `e la seguente:
Z x
1
ln x = dt.
1 t
Il dominio della funzione esponenziale coincide (per definizione di funzione inversa) con
limmagine della funzione logaritmica, che `e necessariamente un intervallo in base al teo-
rema dei valori intermedi (si osservi che la funzione logaritmica `e continua, dato che `e
derivabile). Mostriamo che tale intervallo `e R (cio`e la funzione logaritmica `e suriettiva).
A tale scopo `e utile la seguente importantissima propriet` a fondamentale della funzione
logaritmica:
ln ab = ln a + ln b, a, b > 0,
la cui dimostrazione `e basata sul fatto che, fissato b > 0, la funzione g : (0, +) R
definita da
g(a) = ln ab ln a ln b
`e costante (come si vede facilmente derivando rispetto alla variabile a) e quindi identica-
mente nulla (essendo g(1) = 0). Da tale propriet`a si deduce che, fissati a > 0 e n Z,
risulta ln an = n ln a. Dunque, essendo ln 2 > 0, si ha
sup ln 2n = + e inf ln 2n = .
nN nN
25/04/09 109
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Osservazione. Dal teorema del limite per le funzioni monotone segue che
Esercizio. Provare che la funzione esponenziale `e derivabile e risulta D exp y = exp y per
ogni y R.
Suggerimento. Applicare il teorema della derivata di una funzione inversa.
lim ln x = e lim ln x = +.
x0+ x+
ab = exp(b ln a).
Esercizio (propriet`a fondamentale della funzione esponenziale). Provare che, dati due
arbitrari numeri reali x e y, si ha exp(x + y) = exp x exp y.
Suggerimento. Poiche la funzione logaritmica `e iniettiva, basta verificare che
25/04/09 110
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Provare le seguenti propriet`a delle potenze (valide per ogni a > 0 e per ogni
x, y R):
1) ax+y = ax ay ;
2) (ax )y = axy ;
3) ax bx = (ab)x ;
4) a0 = 1;
5) ax = 1/ax .
Definizione (di logaritmo con base arbitraria). Dato un numero a > 0, a 6= 1, la funzione
logaritmica in base a, denotata con loga y, `e la funzione inversa di ax . In altre parole,
fissato y > 0, il numero loga y `e lunica soluzione dellequazione ax = y. In particolare, la
funzione loge y si chiama funzione logaritmica in base naturale (per convenzione, quando
la base `e naturale, si pu`
o semplicemente scrivere log y al posto di loge y).
Osserviamo che dalla definizione di logaritmo in base a segue subito che loga x `e decrescente
se a (0, 1) ed `e crescente se a > 1.
Eserciziofac . Mostrare che log x = ln x (per questo motivo il numero e si dice anche base
dei logaritmi naturali, o neperiani).
59 - Venerd` 12/12/08
Definizione (di primitiva). Sia f : A R una funzione reale di variabile reale. Si dice che
una funzione derivabile F : A R `e una primitiva di f se F 0 (x) = f (x) per ogni x A.
` evidente che se f (x) ammette una primitiva F (x), allora ogni funzione della forma
E
F (x) + c, dove c `e una costante reale, `e ancora una primitiva di f (x). Ad esempio, ogni
funzione del tipo log |x| + c `e una primitiva di 1/x, come si verifica facilmente derivando.
Tuttavia, non tutte le primitive di 1/x si possono esprimere nella forma log |x| + c. Si
osservi infatti che anche log |x| + x/|x| `e una primitiva di 1/x, ma non si ottiene da log |x|
aggiungendo una costante. Ci` o `e dovuto al fatto che il dominio di 1/x non `e un intervallo.
25/04/09 111
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Il risultato che segue mostra che, data una funzione f (x) definita in un intervallo e
data una sua primitiva F (x), ogni altra primitiva di f (x) si ottiene da F (x) aggiungendo
unopportuna costante. Ossia, linsieme delle primitive di f (x) si esprime nella forma
` bene ricordarsi che tale affermazione `e falsa se viene
F (x) + c, con c costante arbitraria. E
rimossa lipotesi che il dominio di f sia un intervallo.
Quindi, per un noto corollario del Teorema di Lagrange (valido per le funzioni definite in
un intervallo), F (x) G(x) `e una funzione costante.
La seguente importante conseguenza del teorema fondamentale del calcolo integrale fornisce
un utilissimo strumento per il calcolo di alcuni integrali. Tuttavia, come vedremo, non
sempre `e possibile utilizzare tale strumento: in alcuni casi non rimane che rivolgersi ai
metodi numerici (pi`u aderenti alla definizione di integrale).
25/04/09 112
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
60 - Venerd` 12/12/08
Supponiamo, per esempio, di voler calcolare
Z /2
sen x dx.
0
Sempre a titolo di esempio, vediamo se `e possibile calcolare, con carta e penna, la seguente
funzione integrale: Z x
F (x) = et dt.
0
Una primitiva di et `e et .Quindi
Z x h ix
F (x) = et dt = et = 1 ex .
0 0
Non tutte le funzioni integrali si possono calcolare con carta e penna: alcune di queste
non sono deducibili dalle sei funzioni fondamentali (che, ricordiamo, sono c, x, sen x, ln x,
sign x e int x). Un importante esempio di funzione non deducibile `e dato da
Z x
2
F (x) = et dt,
0
Pertanto la funzione Z x
2 2
erf x = et dt ,
0
detta funzione degli errori (error-function in inglese), particolarmente utile in statistica e
calcolo della probabilit`
a, ha la seguente propriet`a:
lim erf x = 1 .
x+
25/04/09 113
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Possiamo ora tentare di dare una risposta alla domanda sulla possibilit`a di ottenere stru-
Rb
menti di calcolo degli integrali definiti. Se vogliamo calcolare a f (x) dx ed f `e continua
in [a, b], possiamo tentare di ricavare una primitiva di f . Questa ricerca non `e sempre
facile; anzi, in molti casi si rivela assai complessa. Esistono, come vedremo, tecniche per
la determinazione di primitive per alcune funzioni continue, ma in molti casi il calcolo di
Rb
a f (x) dx `
e affidato ad algoritmi numerici (che forniscono accurate approssimazioni del
valore cercato).
Sebbene ogni funzione continua definita in un intervallo ammetta una primitiva (ce las-
sicura il teorema fondamentale del calcolo integrale), dal punto di vista pratico ricavarla
mediante carta e penna, in molti casi, `e praticamente impossibile. Ecco il senso di tale af-
fermazione: esistono (e sono molte) delle funzioni deducibili dalle sei funzioni fondamentali
la cui primitiva non `e deducibile da dette funzioni.
Concludiamo con unosservazione che cerca di fare chiarezza sul rapporto fra integrazione
e derivazione. Spesso, purtroppo, alle scuole medie superiori, si insegna che lintegrale `e
il contrario della derivata e viceversa. In matematica lespressione `e il contrario di vuol
dire ben poco. E ` bene pensare che la teoria dellintegrazione (che risale ad Archimede)
nasce come tentativo di risolvere il problema del calcolo delle aree (siamo nel III secolo
a. C.), mentre la pi`
u recente teoria della derivazione, basata sui contributi fondamentali di
Newton e Leibniz (siamo nella seconda met`a del secolo XVII), affronta il problema della
determinazione delle tangenti: due problemi assai diversi tra loro.
Il legame che si instaura tra integrazione e derivazione `e dovuto al teorema fondamentale del
calcolo integrale, perche, se f `e continua in un intervallo, allora la funzione integrale F (x) =
Rx
x0 f (t) dt `
e una primitiva della funzione integranda. Di conseguenza, come abbiamo visto,
Rb
il calcolo di a f (x) dx `e riconducibile a quello della differenza G(b) G(a), dove G(x) `e
una qualsiasi primitiva di f (x).
61 - Mercoled` 17/12/08
Data una funzione f di classe C 1 , il prodotto f 0 (x)dx della derivata di f (in x) per il simbolo
dx si chiama differenziale di f (in x) e si denota df (x). In seguito daremo una definizione
25/04/09 114
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Unespressione del tipo A(x)dx, dove A(x) `e una funzione continua, si dice una forma
differenziale (in R). Una primitiva di una forma differenziale `e una funzione F (x), di
classe C 1 , tale che dF (x) = . Quindi, se = A(x)dx, F (x) `e una primitiva della forma
differenziale A(x)dx se e solo se F 0 (x) = A(x), cio`e se e solo se F (x) `e una primitiva della
funzione A(x). In altre parole: se F 0 (x) = A(x), allora F (x) `e una primitiva sia della
funzione A(x) sia della forma differenziale A(x)dx.
Osservazione. Il prodotto di una funzione continua per una forma differenziale `e una
forma differenziale.
Esercizio. Dedurre dallesercizio precedente (prima propriet`a) che se F (x) `e una primi-
tiva di f (x) e g(x) `e classe C 1 , allora F (g(x)) `e una primitiva della forma differenziale
f (g(x))dg(x).
Formula di integrazione per parti per gli integrali definiti. Siano f e g due funzioni
C 1 in un intervallo J. Allora, fissati a, b J, vale la seguente formula:
Z b h ib Z b
0
f (t)g (t) dt = f (t)g(t) g(t)f 0 (t) dt,
a a a
che pu`
o essere scritta anche nella forma
Z b h ib Z b
f (t) dg(t) = f (t)g(t) g(t) df (t).
a a a
Dimostrazione. Posto
Z x h ix Z x
0
(x) = f (t)g (t) dt f (t)g(t) + g(t)f 0 (t) dt,
a a a
25/04/09 115
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Risulta
Z 2 h i2 Z 2 Z 2
log x dx = (log x) x x d log x = 2 log 2 dx = 2 log 2 1 .
1 1 1 1
Si ha Z h i Z Z
cos x d sen x = cos x sen x sen x d cos x = sen2 x dx .
0 0 0 0
Quindi
Z Z Z Z
2 2 2
cos x dx = sen x dx = (1 cos x) dx = cos2 x dx .
0 0 0 0
62 - Mercoled` 17/12/08
Osservazione (utile per comprendere le ipotesi della seguente formula di integrazione
per sostituzione). Supponiamo che la composizione f ((t)) di due funzioni sia definita
per ogni t appartenente ad un segmento di estremi , R. Allora, se `e continua, la
funzione f (x) `e necessariamente definita per ogni x appartenente al segmento di estremi
() e (). Tale segmento, infatti, per il teorema dei valori intermedi, `e contenuto
25/04/09 116
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Occorre provare che g() = 0. Dalla definizione di g(s) si ricava immediatamente g() = 0.
Derivando si ha
25/04/09 117
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esercizio. Siano f , , e come formula di integrazione per sostituzione per gli integrali
definiti. Provare, ad esempio deducendolo dalla suddetta formula, che se F (x) `e una
primitiva di f (x), allora
Z
f ((t)) d(t) = F ((t)) .
Svolgimento. Risulta
Z /2 Z /2 Z /2
3 2
cos t dt = cos t d sen t = (1 sen2 t) d sen t .
0 0 0
A questo punto si pu` o procedere in due modi: operare la sostituzione x = sen t, ricor-
dandosi per` o di cambiare gli estremi di integrazione (in base alla formula di cambiamento
di variabile per gli integrali definiti), oppure utilizzare la formula del precedente esercizio.
Procediamo nel secondo modo:
Z /2 /2
sen3 t
2 2
(1 sen t) d sen t = sen t = .
0 3 0 3
63 - Mercoled` 17/12/08
Definizione (di integrale indefinito). Sia f : J R una funzione definita in un intervallo
J R. Col simbolo Z
f (x) dx ,
detto integrale indefinito di f (x) in dx, si denota linsieme delle primitive della funzione
integranda f (x) o, equivalentemente, della forma differenziale integranda = f (x)dx.
Poiche nella suddetta definizione abbiamo supposto che il dominio di f sia un intervallo,
se F `e una primitiva di f , si ha
Z
f (x) dx = F (x) + c ,
25/04/09 118
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
si intender`
a (tacitamente) linsieme delle primitive della restrizione di f ad un qualunque
sottointervallo del dominio e, di conseguenza, se F `e una di queste primitive, sar`a ancora
valido scrivere Z
f (x) dx = F (x) + c .
Analogamente si ha Z
1
dx = tang x + c ,
cos2 x
sottintendendo di avere scelto uno degli infiniti intervalli che compongono il dominio della
funzione integranda (o, equivalentemente, di tang x).
Esercizio. Verificare che lintegrale indefinito gode delle seguenti due propriet`a:
Z Z Z
(f (x) + g(x)) dx = f (x) dx + g(x) dx ;
Z Z
cf (x) dx = c f (x) dx (dove c R) .
Vediamo alcune tecniche standard per la ricerca delle primitive di alcune classi di funzioni
continue.
Calcoliamo
x2
Z
dx.
(x2 + 1)
Si ha
x2 (x2 + 1) 1
Z Z Z Z
1
dx = dx = dx dx = x arctg x + c.
x2 + 1 x2 + 1 x2 +1
25/04/09 119
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
` utile, nella ricerca della primitiva di una funzione, imparare a riconoscere quando la
E
funzione integranda `e la derivata di una funzione composta (o, equivalentemente, quando
la forma differenziale integranda `e il differenziale di una funzione composta).
Nel secondo esempio si ricorda che la derivata di 1/x `e 1/x2 . Posto f (x) = 1/(1 + x2 ), si
vede che
3x 3
= f 0 (x).
(x2 + 1)2 2
Allora si ha Z
3x 3 1
2 2
dx = +c
(x + 1) 2 x2 + 1
oppure, se si vuole,
Z Z
3x 3 3
dx = (x2 + 1)2 d(x2 + 1) = (x2 + 1)1 + c
(x2 + 1)2 2 2
Consideriamo ora Z
sen x
dx.
cos2 x
Si ha Z Z
sen x 1
dx = (cos x)2 d cos x = + c.
cos2 x cos x
64 - Venerd` 19/12/08
Repetita iuvant. Ricordiamo che, data una funzione derivabile f , il prodotto f 0 (x) dx
della derivata di f (in x) per il simbolo dx (che rappresenta il differenziale della funzione
x) `e il differenziale di f (in x) e si denota col simbolo df (x).
25/04/09 120
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Ad esempio, scrivere Z
sen2 x dx
oppure Z
sen x d cos x
il cui significato `e il seguente: ogni funzione del secondo insieme si ottiene da una del
primo con la sostituzione x = (t).
Dimostrazione. Data una primitiva F di f , per il teorema di derivazione di una funzione
composta si ha
d
F ((t)) = F 0 ((t))0 (t) = f ((t))0 (t) .
dt
Pertanto F ((t)) `e una primitiva di f ((t))0 (t).
mettendo cos` in risalto come si possa ricondurre il calcolo di un integrale del secondo tipo
ad uno del primo: in pratica, per calcolare il secondo integrale, basta trovare una primitiva
F (x) di f (x) e sostituire poi (t) al posto della variabile x, e per far ci`o linvertibilit`a di
non `e necessaria. Pi` u problematico `e invece il calcolo di un integrale del primo tipo
riconducendolo ad uno del secondo. Il motivo `e che, dopo aver effettuato la sostituzione
x = (t) ed aver calcolato una primitiva G(t) di f ((t))0 (t), per trovarne una di f (x)
occorre ricavare t in funzione di x dalla relazione x = (t), che costituisce lequazione del
grafico di . Ci` o `e possibile (almeno teoricamente) se si suppone : J I strettamente
monotona. Ad ogni modo, se lo scopo `e il calcolo di un integrale definito, tra a e b di f (x)
in dx, e si effettua la sostituzione x = (t), non occorre trovare una primitiva di f (x),
Esempio. Calcoliamo x cos(x2 ) dx. Si ha, per i ragionamenti fatti sopra, x dx = 21 dx2 .
R
R
Esempio. Calcoliamo tang x dx. Si ha
Z Z Z
sen x 1
tang x dx = dx = d cos x = log | cos x| + c.
cos x cos x
25/04/09 121
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
65 - Venerd` 19/12/08
Torniamo ora alle tecniche per la ricerca delle primitive e vediamo lintegrazione per
parti. E` una conseguenza della formula di derivazione del prodotto e si usa spesso, ma
non solo, in presenza di funzioni scritte in forma di prodotto.
Per ladditivit`
a dellintegrale indefinito (vedere esercizio a pag. 119), si ottiene
Z Z
f (x)g(x) dx + f (x)g 0 (x) dx = f (x)g(x) + c
0
Formula di integrazione per parti per gli integrali indefiniti. Siano f (x) e g(x)
due funzioni derivabili in un intervallo. Allora risulta
Z Z
f (x)g 0 (x) dx = f (x)g(x) f 0 (x)g(x) dx
o, equivalentemente,
Z Z
f (x) dg(x) = f (x)g(x) g(x) df (x).
si pu`o determinare una primitiva di una delle due funzioni h(x) e k(x), per esempio H(x)
primitiva di h(x), e poi scrivere
Z Z
h(x)k(x) dx = H(x)k(x) H(x)k 0 (x) dx.
Affinche il procedimento sia possibile (con carta e penna), h(x) deve avere una primitiva
deducibile dalle sei funzioni fondamentali (pag. 102) e k(x) deve essere derivabile. La scelta
25/04/09 122
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Esempio. Z Z
(x + 1)ex dx = (x + 1)ex ex dx = xex + c.
Se si preferisce, la forma differenziale integranda log x dx, `e gi`a scritta come prodotto di
una funzione per il differenziale di unaltra: la prima funzione `e f (x) = log x e la seconda
`e g(x) = x. Quindi
Z Z Z
log x dx = x log x x d log x = x log x dx = x log x x + c.
Esempio.
Z Z Z
sen2 x dx = sen x d cos x = sen x cos x cos x d sen x
Z
= sen x cos x + (1 sen2 x) dx.
Quindi Z
1
sen2 x dx = (x sen x cos x) + c.
2
66 - Mercoled` 25/02/09
Integrazione di funzioni razionali. Per trovare una primitiva di una funzione della
forma
A(x)
(1) f (x) = ,
B(x)
dove A(x) e B(x) sono due polinomi, per prima cosa si confrontano i gradi. Se il grado di
A(x) `e maggiore o uguale a quello di B(x), allora si esegue la divisione tra il dividendo A(x)
e il divisore B(x). Ci`o ci permette di esprimere la funzione razionale f (x) come somma di
un polinomio (il quoziente della divisione) e di un rapporto tra polinomi in cui il grado del
numeratore (il resto della divisione) `e minore del grado del denominatore (costituito dal
divisore). Infatti, eseguita la divisione, si ha luguaglianza
25/04/09 123
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
dove Q(x) `e il quoziente ed R(x) il resto, il cui grado `e minore di quello del divisore B(x).
Pertanto
R(x)
f (x) = Q(x) + .
B(x)
Supponiamo allora che nella (1) il grado di A(x) sia minore di quello di B(x). Vediamo
alcuni semplici esempi.
Esempio. Z
2x + 1
dx.
x2 + x 2
Il denominatore `e di secondo grado con due radici reali distinte: 1 e 2. Si scrive allora
2x + 1 A B
(2) = + ,
x2 + x 2 x1 x+2
dove A e B sono due costanti da determinare in modo che luguaglianza sia verificata per
ogni x (esclusi ovviamente 2 e 1). Quindi si ha
2x + 1 A(x + 2) + B(x 1) (A + B)x + 2A B
= = .
x2 +x2 (x 1)(x + 2) (x 1)(x + 2)
La (2) `e verificata se (A + B)x = 2x e 2A B = 1, cio`e se A e B verificano il sistema
(
A+B =2
2A B = 1
In questo caso speciale c`e un modo quasi immediato per svolgere lintegrale (ma non
sempre e cos`): si osservi che (2x + 1)dx `e il differenziale della funzione x2 + x 2, e
pertanto
d(x2 + x 2)
Z Z
2x + 1
dx = = log(x2 + x 2) + c.
x2 + x 2 x2 + x 2
Esempio.
x2
Z
dx.
(x + 3)2
Il denominatore `e, come nellesempio precedente, di secondo grado, ma in questo caso ha
una radice reale doppia. Si studia luguaglianza
x2 A B
(3) = +
(x + 3)2 (x + 3)2 x + 3
25/04/09 124
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
67 - Mercoled` 25/02/09
Esempio. Consideriamo lintegrale
Z
1
dx,
x2 + a2
dove a `e una costante positiva. Quando a = 1 lintegrale `e immediato: si osservi che la
funzione integranda `e la derivata di arctg x. Se a 6= 1 procediamo come segue:
Z Z Z
1 1 1 1 1 1 x
dx = dx = d(x/a) = arctg +c
x2 + a2 a2 (x/a)2 + 1 a (x/a)2 + 1 a a
Esempio. Z
1
dx.
x2
+x+2
Notiamo che il denominatore `e sempre positivo. In questo caso `e possibile ricondursi
allesempio precedente. Si ha infatti
Z Z Z
1 1 1
dx = dx = dx.
x2 + x + 2 x2 + x + 1/4 + 2 1/4 (x + 1/2)2 + 7/4
Si ottiene quindi
Z Z
1 1 2 2x + 1
dx = 2 2 dx = arctg + c.
x2 + x + 2
p
x + 1/2 + 7/4 7 7
Esempio. Z
x
dx.
x2
+x+2
Lintegrale differisce dal precedente soltanto per il fatto che al numeratore c`e un polino-
mio di primo grado (invece che di grado zero). Ecco com`e possibile ricondursi al caso
precedente:
(2x + 1) 1
Z Z Z
x 1 2x 1
2
dx = 2
dx = dx
x +x+2 2 x +x+2 2 x2 + x + 2
25/04/09 125
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
d(x2 + x + 2) 1
Z Z
1 1 1 2x + 1
= dx = log(x2 + x + 2) arctg + c.
2 x2 + x + 2 2 2
x +x+2 7 7
68 - Mercoled` 25/02/09
Abbiamo visto che se una funzione `e integrabile (secondo Cauchy-Riemann) in un intervallo
compatto [a, b], allora (per il teorema di integrabilit`a) deve essere necessariamente limitata
in tale intervallo. Supponiamo ora che una funzione f sia definita in un intervallo non
compatto (a, b] e che in tale intervallo risulti localmente integrabile, cio`e supponiamo che
sia integrabile in ogni intervallo compatto [c, b] con a < c < b (ad esempio, f potrebbe
essere continua in (a, b], ma non definita in a). Il fatto che f possa non essere definita in
a non costituisce un problema: `e sempre possibile estenderla assegnandole un arbitrario
valore f (a) (ad esempio, si pu` o porre f (a) = 0). Comunque, che si estenda o no, i casi sono
due: o f `e limitata o non lo `e. Nel primo caso non ci sono problemi: ogni sua estensione
`e integrabile (secondo Cauchy-Riemann), ed `e facile provarefac che lintegrale non dipende
dal valore f (a) scelto. Se invece f `e non limitata (in questo caso si dice che f ha una
singolarit`a in a), nessuna sua estensione ad [a, b] potr`a eliminare tale difetto (per fissare
le idee si pensi ad una f continua in (a, b] e tale che |f (x)| + per x a+ ). In questo
secondo caso lintegrale
Z b
f (x) dx
a
non ha senso secondo la teoria di Cauchy-Riemann e per questo viene detto improprio.
Tuttavia, usando il fatto che f `e integrabile (nel senso di Cauchy-Riemann) in ogni sot-
tointervallo compatto di (a, b], `e possibile attribuirgli un significato. Il suo valore (quando
esiste nei reali estesi) `e cos` definito:
Z b Z b
f (x) dx = lim f (x) dx .
a ca+ c
Se tale limite `e finito, diremo che lintegrale (di f in [a, b]) `e convergente, se vale + o
diremo che `e divergente (a + o a , rispettivamente). Se il limite non esiste,
lintegrale improprio si dir`a indeterminato.
25/04/09 126
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
Ovviamente si possono presentare casi di funzioni con pi` u di una singolarit`a in [a, b]. Se
queste sono in numero finito, `e sufficiente spezzare lintegrale nella somma di integrali con
singolarit`a in uno solo dei due estremi di integrazione, riconducendosi cos` ai due casi gi`a
trattati.
69 - Venerd` 27/02/09
Sia f : [a, +) R una funzione localmente integrabile. Poiche lintervallo [a, +) non `e
limitato, lintegrale Z +
f (x) dx
a
non ha senso secondo Cauchy-Riemann (si osservi infatti che ogni partizione dellintervallo
di integrazione non pu`o avere parametro di finezza finito). Tale integrale si dice improprio
e il suo valore (quando esiste, finito o infinito) si definisce nel modo seguente:
Z + Z c
f (x) dx = lim f (x) dx .
a c+ a
In altre parole, lintegrale tra a e + di f non `e altro che il limite per c + della
funzione integrale Z c
F (c) := f (x) dx .
a
Se tale limite `e finito, diremo che lintegrale `e convergente, se vale + o diremo che `e
divergente (a + o a , rispettivamente). Se il limite non esiste, lintegrale improprio
si dir`a indeterminato.
25/04/09 127
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
`e crescente. Pertanto, per il teorema del limite per le funzioni monotone, lintegrale di f in
[a, +) converge o diverge a + (non pu`o essere indeterminato). Rappresenta quindi un
ben definito numero reale esteso diverso da (per quale ragione non pu`o essere ?).
Criterio del confronto (per gli integrali impropri su una semiretta destra). Siano
f, g : [a, +) R due funzioni positive e localmente integrabili. Se f (x) g(x) per ogni
x a, allora risulta Z + Z +
f (x) dx g(x) dx .
a a
Pertanto, se converge (in [a, +)) lintegrale della funzione g (detta maggiorante), con-
verge anche lintegrale della f (detta minorante), e se diverge lintegrale della f , diverge
anche lintegrale della g.
Dimostrazione. Consideriamo le funzioni integrali
Z c Z c
F (c) = f (x) dx e G(c) = g(x) dx
a a
e osserviamo che, per la propriet`a di monotonia dellintegrale, risulta F (c) G(c) per ogni
c a. La tesi segue immediatamente facendo tendere c a + e applicando il teorema del
o applicare perche, nei reali estesi, i limiti per c +
confronto dei limiti (il teorema si pu`
delle funzioni monotone F (c) e G(c) esistono).
25/04/09 128
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
funzione integranda sia approssimativamente uguale a 1/ x ci fa nascere il sospetto
che lintegrale assegnato sia divergente (come lo `e, infatti, lintegrale di 1/ x). Proviamo
a vedere se si pu` o minorare la funzione integranda con una funzione il cui integrale sia
divergente. Dato che (nellintervallo di integrazione) x 1, risulta anche x cos x.
Quindi
1 1
( x 1)
2 x x + cos x
e, di conseguenza, lintegrale assegnato `e divergente.
70 - Venerd` 27/02/09
Esercizio. Sia f : [a, +) R una funzione localmente integrabile e positiva (o negativa).
Dalla propriet`
a di additivit`
a dellintegrale (classico) rispetto allintervallo e dal teorema
fondamentale per il calcolo dei limiti dedurre che (nei reali estesi) si ha
Z + Z b Z +
f (x) dx = f (x) dx + f (x) dx , b a.
a a b
Criterio del confronto asintotico (per gli integrali impropri su una semiretta destra).
Siano f, g : [a, +) R due funzioni localmente integrabili e positive. Se
f (x)
lim = ` < +,
x+ g(x)
Il risultato segue dal fatto che, nei reali estesi, lintegrale (sia di f che di g) esteso alla
semiretta [a, +) `e uguale allintegrale tra a e x pi`u lintegrale tra x
e +.
25/04/09 129
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
` noto che
E Z +
2
ex dx = /2 .
0
Pertanto la funzione integrale
Z x Z x
2 t2 1 2
erf x = e dt = et dt ,
0 x
lim erf x = 1 .
x+
Il risultato che segue `e importante per provare la convergenza (e mai la non convergenza)
di integrali impropri di funzioni di segno non costante (si osservi che lo studio dellintegrale
di una funzione negativa si riconduce a quello di una funzione positiva portando 1 fuori
dallintegrale).
Criterio della convergenza assolutasd (per gli integrali impropri su una semiretta
destra). Sia f : [a, +) R una funzione localmente integrabile. Se converge (in [a, +))
lintegrale di |f (x)|, allora converge anche lintegrale di f (x), e risulta
Z + Z +
f (x) dx |f (x)| dx .
a a
Si fa notare che la suddetta disuguaglianza ha senso in virt` u del fatto che lintegrale di
f `e convergente (in questo caso si dice che lintegrale di f `e assolutamente convergente).
Infatti, detto integrale rappresenta un numero reale, e quindi ha senso il suo valore assoluto.
Analogamente a come si `e definito lintegrale improprio su una semiretta destra, data una
funzione localmente integrabile f : (, b] R, il suo integrale improprio, che denoteremo
col simbolo Z b
f (x) dx ,
`e il limite per c della funzione
Z b
F (c) = f (x) dx.
c
25/04/09 130
Registro di Analisi Matematica c.l. IART a.a. 2008/2009 M. Furi
` evidente che per gli integrali impropri su una semiretta sinistra valgono ancora, con ovvie
E
modifiche, i criteri del confronto, del confronto asintotico e della convergenza assoluta (si
invitano gli studenti a formularne gli enunciati). Criteri analoghi valgono anche per gli
integrali impropri di funzioni non limitate in intervalli limitati.
71 - Mercoled` 04/03/09
Criterio integrale (per le serie numeriche). Sia n0 Z e sia f : [n0 , +) R una
funzione positiva e decrescente. Allora
X Z +
f (n) e f (x)dx
n=n0 n0
Esercizio. Dal criterio integrale per le serie numeriche dedurre che la serie
X 1
n
n=1
25/04/09 131