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In questa prima sezione ci occuperemo della definizione di spazio normato e di come su uno
spazio normato sia possibile introdurre una topologia, compatibile con la struttura algebrica di
spazio vettoriale.
1.1.1
Definizioni e propriet`
a elementari
Definizione 1.1.1 Sia E uno spazio vettoriale (o lineare) sul campo C dei numeri complessi.
Una norma su E `e unapplicazione di E in R che associa a v 7k v k con le seguenti propriet`
a:
(i) kvk 0, v E
(ii) kvk = 0 v = 0
(iii) kvk = ||kvk, C, v E
(iv) kv + wk kvk + kwk v, w E
Uno spazio E su cui `e definita una norma `e detto uno spazio normato. In uno spazio normato
si pu`o introdurre una distanza ponendo
(v, w) = kv wk
cio`e soddisfa le seguenti propriet`
a:
(D1) (v, w) 0, v, w E
(D2) (v, w) = 0 v = w
(D3) (v, w) = (w, v), v, w E
Ogni spazio normato `e dunque uno spazio metrico, ma il viceversa `e falso. Dalle propriet`
a
della distanza, infatti, non discende la (iii) della Def. 1.1.1.
Gli spazi vettoriali normati sono esempi particolari dei cosiddetti spazi localmente convessi.
Limportanza di questi spazi sta nel fatto che, grazie alla struttura lineare, la topologia dello
spazio `e nota quando sia nota una base dintorni di un prefissato punto x0 . In particolare, si
pu`o scegliere x0 = 0. Infatti se U = {U } `e una base dintorni di zero `e facile verificare che
Ux = {x + U } dove
x + U = {x + y : y U }
`e una base dintorni di x.
Esercizio 1.1.3 Dimostrare lasserzione precedente.
In parole povere, in uno spazio localmente convesso, gli intorni di x si ottengono traslando
di x gli intorni di zero.
E utile a questo punto ricordare alcune definizioni e propriet`a relative agli spazi metrici.
Definizione 1.1.4 Sia (E, ) uno spazio metrico. Una successione {xn } di elementi di E `e
detta una successione di Cauchy se > 0 N () tale che se n, m N () (xn , xm ) < .
Proposizione 1.1.5 Ogni successione convergente `e di Cauchy
Dimostrazione Sia xn x e scegliamo > 0 ; allora esiste N () tale che per n > N () (xn , x) < /2.
Se anche m > N () allora (xm , x) < /2 e quindi
(xn , xm ) (xn , x) + (xm , x) < per n, m > N ()
Definizione 1.1.6 Uno spazio metrico (E, ) `e detto completo se ogni successione di Cauchy
converge in E
Esempio 1.1.7
Gli spazi C e R sono completi; lo spazio Q dei numeri razionali non `e completo.
1.1.2
In questa sezione discuteremo due esempi di spazi di funzioni che sono spazi di Banach.
Esempio 1.1.10
` facile
Indichiamo con C[0, 1] linsieme delle funzioni continue nell intervallo chiuso [0,1] a valori in C.E
rendersi conto del fatto che C[0, 1] `e uno spazio vettoriale sul campo dei complessi. Se f C[0, 1] poniamo
kf k = sup |f (x)|
(1.1)
x[0,1]
Si pu`
o dimostrare facilmente (esercizio!) che in questo modo si definisce una norma in C[0, 1]. Per
provare la completezza di questo spazio basta notare che la convergenza di una successione {fn } rispetto
alla norma ( 1.1 ) `e equivalente alla convergenza uniforme ed utilizzare il ben noto risultato che afferma
che se una successione {fn } di funzioni continue converge uniformemente a una funzione f , allora f `e
continua.
Esempio 1.1.11
(Spazi Lp ) Siano f, g due funzioni misurabili (secondo Lebesgue) in R. Si dice che f e g sono equivalenti
se linsieme
{x R : f (x) 6= g(x)}
ha misura nulla ovvero se f (x) = g(x) quasi ovunque (q.o.). Con Lp (R) , 1 p < indichiamo linsieme delle classi di equivalenza (rispetto alla relazione definita sopra) delle funzioni misurabili (secondo
Lebesgue) tali che
Z
1/p
p
kf kp
|f (x)| dx
<
(1.2)
R
k
X
i=1
|fni+1 fni |,
g=
X
i=1
|fni+1 fni |
(1.4)
Poiche vale ( 1.3 ), la disuaglianza di Minkowski implica che kgk kp < 1 per k = 1, 2, 3. . Per il lemma
di Fatou, applicato a gk (x)p , risulta allora kgkp 1 . In particolare g(x) < quasi ovunque (q.o.),
cosicche la serie
X
fn1 +
(fni+1 fni )
(1.5)
i=1
converge assolutamente per quasi ogni x R. Indichiamo la somma di ( 1.5 ) con f (x) per quegli x in
cui ( 1.5 ) converge; poniamo, inoltre, f (x) = 0 sul rimanente insieme di misura nulla. Poiche
fn1 +
k1
X
(1.6)
i=1
si vede che
f (x) = lim fni q.o.
i
(1.7)
Vogliamo provare che f `e anche il limite in Lp di fn . Scegliamo > 0. Allora esiste un N tale che
kfn fm kp < se n > N ed m > N . Per ogni m > N , sempre dal lemma di Fatou segue che
Z
Z
|f fm |p dx lim inf
|fni fm |p dx.
(1.8)
R
Non entriamo in ulteriori dettagli sugli spazi Lp perche andremmo lontano dai nostri scopi.
Ci limitiamo a ricordare, senza dimostrarla, una rilevante propriet`a di approssimazione con
funzioni continue.
Teorema 1.1.13 Per 1 p < lo spazio C0 (R) delle funzioni continue a supporto compatto
in R `e denso in Lp (R).
Per concludere questa breve discussione sugli spazi Lp sottolineamo che si possono anche considerare gli spazi Lp (E) dove E `e un qualsiasi insieme misurabile in R e che, sempre nell ipotesi
1 p < , le propriet`
a stabilite sopra continuano a valere
1.1.3
Anche se ci stiamo occupando di spazi di Banach alcune propriet`a elementari degli operatori
lineari non dipendono dalla completezza dello spazio e verranno perci`o date per spazi normati.
Definizione 1.1.14 Un applicazione T da uno spazio normato (E1 , k k1 ) nello spazio normato
(E2 , k k2 ) `e detta operatore lineare limitato se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
(i) T (v + w) = T v + T w v, w E1 and , C
(ii) Esiste una costante C 0 tale che kT vk2 Ckvk1 v E1
Il pi`
u piccolo C per cui (ii) `e soddisfatta `e detto norma di T e si indica con kT k. Si ha
kT k = sup kT vk2
(1.9)
kvk1 =1
Abbiamo detto che gli spazi normati sono spazi metrici e negli spazi metrici si introduce, nel
modo a tutti noto, il concetto di continuit`a di un applicazione (sia essa lineare o no). In spazi
normati, la nozione di continuit`
a per operatori lineari `e del tutto equivalente alla nozione di
limitatezza introdotta sopra (nel teorema che segue useremo la stessa notazione per norme in
spazi differenti; non vi `e , infatti, pericolo di ambiguit`a).
Teorema 1.1.15 Sia T un operatore lineare dallo spazio normato E nello spazio normato F .
Le seguenti affermazioni sono equivalenti:
(i) T `e continuo in un punto
(ii) T `e continuo in ogni punto
(iii) T `e limitato
Dimostrazione (i) (ii) Sia T continuo in x0 . Allora > 0 esiste un intorno U (x0 ) tale che
x U (x0 ) riesce
kT x T x0 k <
` facile vedere che V = y0 x0 + U (x0 ) `e un intorno di y0 e che per
Sia y0 un qualunque punto di E. E
y V si ha kT y T y0 k < .
(ii) (iii) . Evidentemente T `e continuo in zero. Allora scelto = 1 esiste un > 0 tale che per
x 1
1
1
kxk < si ha kT xk < 1. Sia x 6= 0 e y = kxk
C con 0 < C < allora, evidentemente kyk = C < e
1
kT yk = Ckxk
kT xk < 1 cosicche
kT xk < Ckxk.
(iii) (i). Se kT xk < Ckxkx E per kxk <
C
` facile
Indichiamo con B(E, F ) l insieme degli operatori lineari limitati da E in F . E
dimostrare che la somma di operatori limitati `e un operatore limitato. E lo stesso vale per il
multiplo scalare di un operatore. B(E, F ) `e quindi uno spazio lineare.
Esercizio 1.1.16 Dimostrare lultima asserzione. Provare inoltre che se F `e uno spazio di Banach,
anche B(E, F ) `e uno spazio di Banach rispetto alla norma (1.9).
1.1.4
Fra gli operatori lineari discussi nella sezione precedente rientrano certamente quelli per i quali
in particolare F = C. Gli elementi di B(E, C) prendono il nome di forme o funzionali lineari
continui (o, che `e lo stesso, limitati) su E. Una notazione corrente `e E 0 = B(E, C). Lo spazio
E 0 `e detto spazio duale di E. La norma di un elemento f di E 0 `e definita dalla (1.9) che si pu`
o
anche scrivere nella forma
|f (x)|
kf k = sup
xE kxk
Non `e questa la sede per addentrarci in uno studio dettagliato della teoria della dualit`a. Ci
limitiamo quindi ad alcune osservazioni e a mostrare alcuni esempi.
Esempio 1.1.17
(Spazi Lp ) Sia Lp (R) , 1 p < lo spazio discusso nell Esempio 2. Valgono le seguenti affermazioni:
(i) Siano f Lp (R) e g Lq (R) con p1 + q 1 = 1. Allora f g L1 (R e
kf gk1 kf kp kgkq
(disuguaglianza di H
older)
0
(ii) Sia L un elemento di {Lp (R)} . Allora esiste g Lq (R) , p1 + q 1 = 1 , con kgkq = kLkLp 0 tale
che
Z
L(f ) =
f (x)g(x) dx
R
1.2
1.2.1
Definizione 1.2.1 Sia V uno spazio lineare. Unapplicazione che associa ad una coppia ordinata
{x, y} di elementi di V V un numero complesso (x, y) `e detta un prodotto scalare se sono
soddisfatte le seguenti condizioni:
(i) (x + y, z) = (x, z) + (y, z)
(ii) (x, y) = (y, x)
(iii) (x, x) 0 x V
(iv) (x, x) = 0 x = 0
dove x, y, z sono elementi di V e , numeri complessi.
Esercizio 1.2.2 Dimostrare che valgono le seguenti propriet`a elementari.
(0, y) = 0, y V
y)
(x, y) = (x,
kxk2
,
(y, x)
si perviene a
0 kxk2 kxk2 kxk2 +
kxk4 kyk2
|(x, y)|2
E quindi lasserto.
(ii)
(x + y, x + y) = kxk2 + 2<(x, y) + kyk2
kxk2 + 2|(x, y)| + kyk2
2
Quindi uno spazio con prodotto scalare `e uno spazio normato ed `e perci`o metrizzabile, come
abbiamo visto nella sezione precedente.
Definizione 1.2.4 Due vettori, x e y di uno spazio a prodotto scalare V si dicono ortogonali
se (x, y) = 0. Una famiglia xi di vettori di V `e detta una famiglia ortonormale se (xi , xi ) = 1 e
(xi , xj ) = 0 per i 6= j.
Esercizio 1.2.5 Siano x e y vettori ortogonali di uno spazio a prodotto scalare V e sia z = x + y.
Dimostrare che vale il teorema di Pitagora; cio`e che kzk2 = kxk2 + kyk2 .
Definizione 1.2.6 Uno spazio a prodotto scalare H che sia completo rispetto alla norma definita
sopra `e detto uno spazio di Hilbert.
Esempio 1.2.7
Per n fissato lo spazio Cn di tutte le n-ple di numeri complessi
z = (z1 , z2 , . . . , zn )
`e uno spazio di Hilbert se il prodotto scalare di z e di w = (w1 , w2 , . . . , wn ) `e definito da
(z, w) =
n
X
zj w
j
j=1
Esempio 1.2.8
Lo spazio L2 (R) definito nel capitolo precedente `e uno spazio di Hilbert se il prodotto scalare di due
elementi f, g `e definito da
Z
(1.10)
f (x)g(x) dx
(f, g) =
R
Per rendersi conto del fatto che ( 1.10) `e ben definito, basta ricordare la disuguaglianza di Holder.
La completezza di L2 (R) `e gi`
a stata stabilita col teorema di Riesz-Fisher. Sottolineamo il fatto che la
disuguaglianza triangolare provata in (1.2.3 ), nel caso di L2 (R) `e un caso particolare della disuguaglianza
di Minkowski.
Esempio 1.2.9
Lo spazio C[0, 1] delle funzioni complesse continue in [0, 1] `e uno spazio a prodotto scalare se si pone
Z 1
(f, g) =
f (x)g(x) dx
0
0
se 0 x 12 n1
1
1
n
x 2 + 2 se 21 n1 x 12 + n1
fn (x) =
2
1
se 21 + n1 x 1
per n > 2.
facile verificare che se f `e la funzione discontinua
E
0 se 0 x 12
f (x) =
1 se 21 < x 1
si ha
Z
lim
} Osservazione 1.2.10 In uno spazio a prodotto scalare V o, in particolare, in uno spazio di Hilbert,
si possono introdurre due nozioni di convergenza per una successione xn di vettori. La prima `e la convergenza rispetto alla norma definita dal prodotto scalare, detta talvolta convergenza forte: la successione
xn converge fortemente a x se kxn xk converge a zero; la seconda `e la cosiddetta convergenza debole:
la successione xn converge debolmente a x se (xn , y) (x, y) y V . Dalla disuguaglianza di Schwarz
segue immediatamente che la convergenza forte implica la debole; ma il viceversa non `e vero. Per rendercene conto, consideriamo la successione fn (x) = sin nx, n = 1, 2, . . . in L2 (0, ). Un facile calcolo mostra
che kfn fm k22 = e quindi la successione {fn } non converge fortemente. Daltra parte se g L2 (0, 2)
allora (fn , g) 0 e quindi fn converge debolmente a zero (questo fatto deriva dalla disuguaglianza di
Bessel che proveremo in seguito).
Prima di concludere questa sezione diamo, sotto forma di lemma, due identit`a che ci saranno
utili nel seguito.
Lemma 1.2.11 In uno spazio a prodotto scalare V valgono le seguenti identit`
a:
kx + yk2 + kx yk2 = 2kxk2 + 2kyk2 ,
x, y V
(x, y) =
1X k
i kx + ik yk2 ,
4
x, y V.
k=0
1.2.2
Di particolare interesse `e il caso dei sottospazi. Il seguente teorema mostra che esistono
vettori perpendicolari ad ogni sottospazio chiuso e, inoltre, che essi sono abbastanza numerosi
da far s` che
H = M + M = {x + y|x M, y M }
Lemma 1.2.16 Sia H uno spazio di Hilbert e M un suo sottospazio chiuso. Per ogni x H
esiste un elemento z M che realizza la minima distanza di x da M.
10
Dimostrazione Sia d = inf yM kxyk. Allora esiste una successione {yn } M tale che kxyn k d.
Ma allora, utilizzando il Lemma 1.2.11, si ha
kyn ym k2
(1.11)
e questultimo termine tende a zero per n, m . Quindi {yn } `e una successione di Cauchy che, dunque,
` facile verificare che kxzk = d. Per dimostrare l unicit`a , supponiamo
converge ad un elemento z M.E
che z 0 sia un altro elemento di M soddisfacente le stesse propriet`a. Con calcoli simili ai precedenti si
trova:
kz z 0 k2
(1.12)
Teorema 1.2.17 Sia H uno spazio di Hilbert ed M un suo sottospazio chiuso. Ogni x H
pu`
o essere decomposto, in unico modo, nella somma
x = z + w con z M w M .
Dimostrazione Sia x H e z lelemento determinato in base al lemma precedente. Posto w = x z,
la sola cosa che occorre dimostrare `e che w M . Sia y M e t R; si ha:
d2 kx (z + ty)k2 = kw tyk2 = d2 2t<(w, y) + t2 kyk2
2
(1.13)
Questo implica che 2t<(w, y) + t kyk 0 t R ; perche ci`o accada `e necessario e sufficiente che
il discriminante di questo polinomio sia non positivo. Ma /4 = <(w, y)2 ; quindi, necessariamente,
<(w, y) = 0. Un calcolo analogo, con it al posto di t, mostra che anche =(w, y) = 0.
Il seguente teorema, noto come Lemma di Riesz o anche come Teorema di rappresentazione
di Riesz, `e uno dei risultati fondamentali della teoria degli spazi di Hilbert di cui caratterizza i
funzionali lineari continui. Esso `e dovuto a Riesz e a Frechet.
Teorema 1.2.19 Sia H uno spazio di Hilbert ed y H. Posto
Ly (x) = (x, y) x H
Ly `e un funzionale lineare e continuo su H e kLy k = kyk
Viceversa se L `e un funzionale lineare continuo su H, allora esiste un unico y H tale che
L Ly .
11
y
y
)=(
, y) = kyk
kyk
kyk
e questo conclude la prova della prima parte. Per dimostrare il viceversa, consideriamo un funzionale
lineare continuo L su H. Posto M = KerL, M `e un sottospazio chiuso (chiuso) di H che non coincide
con H. Allora M 6= {0}. Sia u M con kuk = 1. Si ha:
L(L(u)x L(x)u) = L(u)L(x) L(x)L(u) = 0
e perci`
o L(u)x L(x)u M. Dato che u M si ha:
0 = (L(u)x L(x)u, u) = L(u)(x, u) L(x)
cio`e
L(x) = (x, u)L(u)
Posto y = uL(u) si ha L Ly .
Proviamo lunicit`
a. Sia z H un altro vettore tale che L = Lz . Allora
ky zk = kLyz k = kLy Lz k = kL Lk = 0
e quindi y = z.
(ii) B(x, y + z) =
B(x, y) + B(x,
z)
(iii) Esiste C > 0 tale che |B(x, y)| Ckxkkyk
per ogni x, y, z H , C allora esiste un unico operatore lineare limitato A da H in H tale
che
B(x, y) = (x, Ay) x, y H
e
kAk =
sup
|B(x, y)|
kxk=kyk=1
12
1.2.3
Basi ortonormali
In uno spazio di dimensione finita gioca, come si sa, un ruolo fondamentale il concetto di base.
Lo scopo di quanto faremo in seguito `e di estendere il concetto di base a uno spazio di Hilbert:
la cosa non `e , evidentemente banale essendo uno spazio di Hilbert, in genere, di dimensione
infinita. Abbiamo gi`
a definito cosa intendiamo per sistema ortonormale di vettori. Un insieme
ortonormale S di vettori di H `e detto una base ortonormale di H se S non `e contenuto propriamente in nessun altro insieme di vettori ortonormali di H. Con un semplice argomento che fa
uso del Lemma di Zorn si pu`
o dimostrare il seguente:
Teorema 1.2.21 Ogni spazio di Hilbert ha una base ortonormale
} Osservazione 1.2.22 Il teorema precedente non dice nulla sulla cardinalit`a di una base. Noi non ci
addentreremo nello studio di questo particolare aspetto della teoria. Ci limiteremo ad osservare che, oltre
agli spazi di Hilbert di dimensione finita, che posseggono quindi una base costituita da un numero finito
di vettori, esistono spazi di Hilbert che ammettono una base numerabile di vettori ortonormale e spazi di
Hilbert con base ortonormale non numerabile. Questultimo caso `e per noi di scarso interesse. Gli spazi
di Hilbert che noi considereremo saranno sempre separabili (cio `e ammettono un insieme di vettori denso
e numerabile).
Esercizio 1.2.23 Dimostrare che lo spazio H delle funzioni f : [0, 1] C che sono non nulle al pi`
u
in un sottoinsieme numerabile di [0, 1] `e uno spazio di Hilbert rispetto al prodotto scalare
(f, g) :=
f (t)g(t),
f, g H.
t[0,1]
Dimostrare che il sottospazio F delle funzioni f : [0, 1] R tali che f (t) 6= 0 solo per un numero
finito di punti t [0, 1] costituisce un sottospazio denso di H. Dimostrare che H non `e separabile.
Vale il seguente
Teorema 1.2.24 Uno spazio di Hilbert `e separabile se, e soltanto se, ammette una base ortonormale costituita, al pi`
u, da una infinit`
a numerabile di vettori.
Prima di andare avanti `e opportuno stabilire alcune propriet`a elementari dei sistemi ortonormali di vettori.
Lemma 1.2.25 Sia S = {ei , i I} un sistema di vettori ortonormali. I vettori di S sono
linearmente indipendenti (nel senso che ogni sottoinsieme finito di S `e costituto da vettori linearmente indipendenti). Viceversa, se S = {yn , n Z} `e un insieme numerabile di vettori
linearmente indipendenti, esiste un sistema ortonormale S 0 = {en , n Z} in cui ciascun en `e
combinazione lineare dei primi n yk (Procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt)
Dimostrazione La dimostrazione della prima affermazione `e lasciata come esercizio.
13
n1
X
(yn , ek )ek
i=1
zn
kzn k
X
(x, ei )ei
i=1
i=1
= kxk2 2
= kxk2
n
X
i=1
n
X
|(x, ei )|2 +
i=1
n
X
i,j=1
|(x, ei )|2
(1.14)
i=1
ne segue che
Pn
i=1 |(x, ei )|
i=1
Teorema 1.2.26 Sia {en } una successione di vettori ortonormali di H. {en } `e una base ortonormale se, e soltanto se, lunico vettore di H ortogonale a tutti i vettori di {en } `e il vettore
nullo.
Dimostrazione Se {en } 6= {0}, esiste in H un vettore z non nullo ortogonale a tutti i en . Il sistema
costituito da z e dai vettori en `e , allora, un sistema di vettori ortonormali (se si sceglie kzk = 1) che
contiene propriamente la successione data, che quindi non pu`o essere una base.
Viceversa, se {en } = {0} allora `e chiaro che il sistema dei en non pu`o essere incluso in nessun
altro sistema ortogonale.
14
La seguente proposizione chiarisce il senso del nome base dato a un sistema di vettori
ortonormali massimale.
Proposizione 1.2.27 Sia {en } una successione di vettori ortonormali di H. Le seguenti affermazioni sono equivalenti:
(i) {en } `e una base ortonormale
P
(ii) x =
i=1 (x, ei )ei x H
P
(iii) (x, y) =
i=1 (x, ei )(ei , y) x, y H
P
2 x H (uguaglianza di Parseval)
(iv) kxk2 =
i=1 |(x, ei )|
Dimostrazione
(i) (ii). (x
P
, x i=1 (x, ei )ei = 0.
(ii) (iii). Basta moltiplicare scalarmente x e y dove averli rappresentati come in (ii).
(iii) (iv). Basta porre nella (iii) x = y
(iv) (i). Supponiamo che x sia ortogonale a tutti i ei . Allora, dalla (iv), kxk = 0 e dunque x = 0.
Laffermazione segue quindi dal teorema 1.2.26.
Esempio 1.2.28
Sviluppo in serie di Fourier. Nello spazio di Hilbert L2 (0, 2), le funzioni zn (x) = einx , n Z costituiscono un insieme ortogonale . Poiche kzn k22 = 2, le funzioni en (x) = (2)1/2 einx costituiscono un
insieme ortonormale. Per mostrare che `e una base, occorre far vedere che lunico vettore di L2 (0, 2)
ortogonale a tutte le en `e il vettore nullo. Sia f una funzione continua in (0, 2) tale che
Z 2
f (x)einx dx = 0 n Z
0
T (x)f (x) dx = 0
0
per ogni polinomio trigonometrico T (x). Se f 6= 0 esiste un x0 tale che f (x0 ) 6= 0; si pu`o allora assumere
che f (x0 ) = > 0; per la continuit`
a di f esiste un intorno di x0 , (x0 , x0 + ) (0, 2) tale che
f (x) > /2 > 0. Consideriamo il polinomio trigonometrico T (x) = 1 cos + cos(x x0 ). T (x) gode
delle seguenti propriet`
a:
> 1 |x x0 | <
= 1 x x0 = +
T (x)
< 1 |x x0 | >
e quindi
Z
x0 +
x0
Z
Z 2
Z 2
x0
n
n
T (x)f (x) dx =
T (x)f (x) dx +
T (x)f (x) dx
|f (x)| dx
0
x0 +
0
n
perche T n (x) < 1 per |x x0 | > . Sia = min{T (x), x (x0 /2, x0 + /2). In questintervallo
f (x) > /2. Quindi
Z x0 +
Z x0 +/2
n
T (x)f (x) dx
T n (x)f (x) dx n
2
x0
x0 /2
15
F `e continua e poiche f `e ortogonale a qualunque polinomio trigonometrico, essa `e ortogonale anche alle
funzioni costanti, cosicch`e F (0) = F (2) = 0. Se T (x) `e un polinomio trigonometrico, integrando per
parti, si ha
Z
Z
2
T 0 (x)F (x) dx
T (x)f (x) dx =
0=
0