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PROSPETTIVE NELL'INSEGNAMENTO DELL'ITALIANO A DISCENTI ANGLOAMERICANIdi Monica

Merli e Fiorenza Quercioli

1. Introduzione
Nel variegato panorama dellinsegnamento dellitaliano a stranieri, i programmi universitari americani in
Italia, dislocati per lo pi a Firenze e Roma, costituiscono un ambito didattico sicuramente rilevante in
quanto presentano caratteristiche del tutto particolari.
Gi a prima vista questa tipologia di studenti si discosta sensibilmente da altre pi note. Le realt di
insegnamento-apprendimento della nostra lingua a cui in genere ci si riferisce riguardano in massima
parte due sfere ben definite e per molti versi diametralmente opposte. Da un lato possiamo infatti
collocare la tradizione didattica relativamente lunga rappresentata dalle due Universit per Stranieri di
Perugia e Siena, dai Centri Linguistici di altri atenei, e dai numerosi istituti privati di lingua e cultura. Il
pubblico di queste istituzioni, in genere etnicamente eterogeneo, si distingue per una certa disponibilit
economica, per laver fatto una scelta individuale ben precisa (quella appunto di venire nel nostro Paese
per studiarne la lingua per un tempo spesso non superiore ad un mese) e lessersi orientati verso contesti
interculturali nei quali studiare litaliano insieme a persone di madrelingue diverse. Dallaltra parte
troviamo invece i Centri Territoriali Permanenti (C.T.P.) e i laboratori linguistici di cui molte scuole
pubbliche si sono dotate, entrambi sorti in seguito alle recenti ondate immigratorie per affrontare la
questione dellintegrazione degli immigrati e dei loro figli nella societ italiana. Si tratta, in questultimo
caso, di istituzioni nate nella maggior parte dei casi in seno ad enti pubblici, a cui si aggiungono corsi di
lingua attivati da organizzazioni religiose o umanitarie con lo scopo preciso di offrire lopportunit di
imparare litaliano a una fascia di apprendenti economicamente svantaggiati, ma il cui progetto migratorio
nel nostro Paese ha spesso caratteristiche di stabilit.
Le peculiarit degli studenti angloamericani che si iscrivono ai semestri di studio in Italia si distinguono
sensibilmente da quelle dei due gruppi sopra descritti per una serie di ragioni, prima fra tutte
lappartenenza a un gruppo monolingue (e monoculturale) monolitico.
Questo breve saggio nato proprio dalla presa di coscienza di questa diversit e dal conseguente
percorso di ricerca-azione (Cfr: per i principi e gli strumenti della ricerca-azione: C.M. Coonan, La ricercaazione, inhttp://helios.unive.it/~aliasve//moduli/coonan/indice.htm) che abbiamo intrapreso nel tentativo di
trovare delle risposte operative alle problematiche didattiche con cui quotidianamente ci troviamo a
misurarci.

2. Litaliano nei programmi americani in Italia.


Gli studenti che frequentano i programmi universitari americani in Italia sono giovani tra i 19 e i 22 anni,
tutti statunitensi, il cui periodo di permanenza in Italia varia in genere da un minimo di tre ad un massimo
di nove mesi e che, appartenendo ad una fascia socialmente privilegiata, hanno deciso per scelta
personale di trascorrere una vacanza-studio nel nostro Paese. Solo in qualche caso, essi sono alloggiati
in famiglie italiane, ma molto pi comunemente vengono sistemati in appartamenti insieme ad altri

compagni o in veri e propri dormitories allinterno delle sedi pi grandi che in genere funzionano in tutto e
per tutto come Campus. Linglese la lingua ufficiale delle istituzioni che coordinano e gestiscono questi
programmi in ogni loro fase, per cui questa la lingua dominante non solo negli Stati Uniti, ma anche nei
centri italiani: le lezioni di arte e storia, per fare un esempio, sono tenute in inglese, salvo rari casi
di collegese universit con corso di laurea in italianistica oppure in cui il semestre in Italia sia riservato a
chi ha gi raggiunto un dato livello di competenza nella lingua. In generale, dunque, litaliano, quando non
sia addirittura facoltativo, limitato alla classe di lingua, per 4-6 ore settimanali, senza collegamenti
curricolari con le altre discipline, il che si riverbera anche nella disposizione fisica della classe,
tradizionalmente a platea e non in circolo, come si usa invece comunemente nelle classi di lingua.
Questosservazione, che potrebbe sembrare meramente esteriore, ma non per gli insegnanti che
conoscono il valore del rapporto spaziale nella classe, descrive agilmente lo spirito con cui gli studenti si
pongono di fronte alla lezione di lingua: una lecture, cio una lezione frontale, una sorta di conferenza da
ascoltare e che non richiede alcuna partecipazione attiva, se non la puntuale annotazione delle pagine da
studiare e dei compiti da fare a casa.
In questo senso le strutture ospitanti, seppure inconsapevolmente, talora contribuiscono a
deresponsabilizzare i giovani partecipanti in merito allapprendimento della lingua, poich
paradossalmente peccano di eccesso di accoglienza, se cos si pu dire, talvolta accettando
atteggiamenti accademici rilassati. In pratica, si adeguano mimeticamente al modello americano, pronte
ad anticipare i bisogni e le richieste, affinch gli studenti non avvertano alcun disagio, possibilmente
neanche di ordine culturale, come invece inevitabilmente accade quando ci si accosta a una linguacultura diversa da quella madre. Tutto questo, attraverso lottica della cultura dominante, interpretato
come una qualit positiva del servizio, ma produce un innaturale e negativo scollamento tra lingua e
cultura che va a totale discapito dellapprendimento della lingua.
E proprio su questa netta separazione tra apprendimento dellitaliano e vita quotidiana, su questa sorta di
isolamento dal contesto italiano che si verifica allinterno di istituzioni accademiche che pure operano sul
territorio italiano, che ci dobbiamo soffermare a riflettere. Sappiamo per definizione che la differenza tra
L2 e LS consiste in quale lingua si parli fuori dalla classe. Quindi, insegnare italiano a Firenze o a Roma
apparterrebbe di diritto alla prima categoria, quella della L2: le ore di didattica diretta svolta in classe
dallinsegnante sono in interrelazione con la vita extrascolastica dello studente in cui egli esposto alla
lingua viva (Balboni 1994); mentre lo stesso insegnamento a San Francisco o in qualunque altra citt
allestero, si riferisce alla situazione in cui la lingua viene insegnata in un contesto dove essa non
presente se non nella classe e si connota quindi come LS.
Paradossalmente, nei programmi americani in Italia possiamo individuare alcuni punti in comune con le
realt in cui litaliano non sia la lingua a cui gli studenti sono esposti allesterno della scuola, o meglio,
della sola classe. Il fatto che i programmi americani in Italia siano overseas centers di istituzioni
accademiche statunitensi ha come conseguenza che la lingua della scuola la stessa madrelingua degli
studenti che vi si iscriveranno, il che costituisce una differenza significativa gi rispetto ai corsi che si
tengono negli atenei italiani e nelle scuole private, ma ancor di pi in confronto alla situazione in cui
vengono a trovarsi i figli degli immigrati e le loro famiglie, i quali devono spesso confrontarsi con
unistituzione scolastica la cui lingua ufficiale in assoluto litaliano, integrata solo in alcuni casi fortunati
con la lingua madre degli utenti per opera del mediatore culturale.

Nel contesto glottodidattico dei programmi americani in Italia si ricreano dunque inevitabilmente le
condizioni di apprendimento gi collaudate in patria con il risultato che litaliano in tali contesti da
considerarsi pi lingua straniera che lingua seconda, con tutto ci che ne consegue. Per questo uno dei
primi problemi che si presentano allinsegnante di italiano proprio quello di portare lItalia in classe
(questione non a caso nota ai colleghi che insegnano allestero) e contemporaneamente assegnare
dei tasks che spingano i discenti a misurarsi con la realt esterna.
A questo si aggiunga il fatto che i nostri studenti non sono di fatto abituati allo studio delle lingue, spesso
ritenute inutili, dal momento che possiedono come lingua materna quella che va sempre pi
affermandosi quale strumento di comunicazione planetaria, massima espressione di una cultura e di una
economia a torto o a ragione ritenute egemoni e quindi vincenti[1].

3. Le caratteristiche degli studenti angloamericani: unanalisi didattica e culturale


Il fatto, a nostro avviso significativo ma spesso trascurato o sottovalutato, che questi discenti arrivano
nei centri italiani e nelle nostre classi con unimpostazione di studio delle lingue ben precisa e che deriva
in massima parte dalla loro cultura di origine.
Dobbiamo tener presente che questi studenti provengono dal Paese dove impera lideale del fast and
easy, per dirla con Henry Ford, ideatore di un sistema di produzione che a suo tempo rivoluzion
leconomia: ci di cui si ha bisogno deve essere, almeno apparentemente, facile e rapido da ottenere,
mentre le conseguenze negative di questa filosofia di vita vengono sovente messe in secondo ordine (Cfr.
per le teorie dellistruzione tra fordismo e post-fordismo: U. Margiotta,Pedagogia 2000, lezioni online,
in http://helios.unive.it/~pe2000/lezioni/lezioni.htm). Naturalmente quanto appena affermato costituisce
una necessaria generalizzazione rispetto alla situazione reale, di per s molto pi sfaccettata, ma ci aiuta
a capire perch i discenti americani hanno bisogno di ma forse sarebbe pi giusto dire si aspettano - un
prodotto didattico preconfezionato su cui studiare, in cui il materiale sia gi organizzato secondo
categorie riconoscibili come grammatica e lessico e che richiede come unico contributo personale la
memorizzazione.
I principi di una cultura essenzialmente industriale come quella statunitense si possono rilevare anche nel
modo in cui i nostri studenti percepiscono il tempo, compreso quello da dedicare allo studio. Secondo
Benjamin Franklin il tempo denaro (Balboni 1999) e in effetti lo studente angloamericano ha un estremo
bisogno di capitalizzare il suo studio e quindi molto spesso misura il valore di un corso pi dal numero di
argomenti (grammaticali) trattati, che in base alla propria capacit di poter effettivamente ed
efficacemente reimpiegare quelle nozioni fuori dalla classe e al di l dei tests.Non meraviglier infatti
scoprire che il primo accorgimento a cui si ricorre, particolarmente, ma non solo, per i corsi attivati negli
Stati Uniti, riguarda ladozione dei libri di testo. In genere infatti vengono utilizzati quasi esclusivamente
libri di testo appositamente studiati per discenti americani, con ampie sezioni, soprattutto in quelli
destinati ai primi livelli di apprendimento della lingua, dedicate alla traduzione in lingua madre. Il motivo
dichiarato per cui si preferisce ricorrere a questi testi piuttosto che ad altri concepiti per apprendenti di
italiano L2/LS tout court non risiede, come si potrebbe a prima vista pensare, nella difficolt di reperire
libri di testo editi allestero, ma nel fatto che comunemente si ritiene che altri libri non siano adatti a questi
studenti, che non sono molto propensi a fare lo sforzo di cercare di capire una spiegazione veicolata in

lingua straniera o a rielaborare e sistematizzare in modo personale linput ricevuto, che di per s richiede
appunto tempo. I discenti angloamericani comunemente apprezzano un testo e ritengono di imparare
veramente attraverso di esso, solo se questo presenta lunghe liste di vocaboli decontestualizzati da
memorizzare e se propone lo studio di molte strutture grammaticali, le cui spiegazioni vengono fornite in
inglese, magari passando rapidamente da una alla successiva, con rare sezioni di riepilogo o di rinforzo
perch tutto questo risponde ai criteri di efficienza organizzativa tipici della loro cultura di appartenenza.
Questa tipologia di discenti ha poi pi di altre bisogno di certezze e di punti fermi che prevengano
allorigine le frustrazioni e le defaillances perch queste, soprattutto se emergono di fronte al gruppo dei
pari, farebbero perder loro la faccia e in una cultura in cui la competizione e il valore individuale vengono
instillati fin dallinfanzia, questo pi che mai inaccettabile. Unesperienza negativa in questo senso
spinge non di rado a ribellarsi o addirittura ad abbandonare un corso. La spiccata attitudine alla
competitivit e allindividualismo che spesso si notano ha quindi come rovescio della medaglia una forte
resistenza a mettersi in gioco in attivit didattiche come quelle di conversazione in cui le competenze del
singolo sono facilmente misurabili non tanto dal docente, quanto dal resto della classe.
Oltre a queste ragioni di ordine socio-culturale, dobbiamo anche guardare alla posizione delle lingue
straniere in generale e dellitaliano in particolare nel curricolo linguistico angloamericano. Dobbiamo tener
presente che linglese non solo una lingua internazionale, come abbiamo accennato sopra, ma nel
panorama culturale statunitense essenzialmente lidioma la cui totale diffusione sul territorio
statunitense ha a suo tempo sancito il raggiungimento delmelting pot. Tutti i popoli che si sono fusi
inizialmente dando origine al popolo americano hanno ben volentieri rinunciato alle loro lingue madri per
cercare nellinglese una nuova identit culturale che cancellasse quella rappresentata dalla nazione di
provenienza, da cui in genere, per i motivi pi svariati, stavano cercando di fuggire. Lomologazione
linguistica e culturale sottesa allideale del crogiolo, per quanto oggi, a ragion veduta, criticabile,
rispondeva allora alle esigenze di unit del variegato popolo che si andava costituendo su un territorio
ricchissimo, ma di enorme estensione. Questo ha portato in tempi pi recenti ad applicare lo stesso
modello integrativo (o almeno ritenuto tale) agli immigrati che si stabilivano sul territorio statunitense, per
cui le altre lingue-culture non hanno mai rivestito un vero interesse n a livello di ricerca glottodidattica,
n conseguentemente di pratica didattica.
Tutto questo spiega da pi punti di vista perch gli studenti angloamericani amino cos tanto usare la loro
lingua madre anche quando stanno studiando unaltra lingua. Il suo uso non risponde solo ai criteri di
efficacia e rapidit comunicativa di cui abbiamo parlato sopra, ma non li mette neanche psicologicamente
in pericolo, si trincerano dietro la certezza che siano gli altri ad aver bisogno di imparare la loro lingua, e
del resto probabilmente non si sono mai neanche posti veramente il problema di accostarsi ad unaltra
realt linguistica senza la mediazione della loro lingua madre.
Spesso linsegnante stesso, che ha una conoscenza almeno discreta dellinglese o perch vive negli Stati
Uniti o perch la sua assunzione stata subordinata a questo prerequisito, ricorre alla lingua madre dei
suoi allievi per le interazioni in classe, tanto che quando a questi studenti capita di incontrare un docente
che pretende di insegnare italiano parlando quasi esclusivamente italiano, subiscono nel migliore dei casi
un vero e proprio shock che pu indurre i pi fragili a lasciare la classe. Lassunto di partenza riguarda la
percezione che normalmente si ha di questi apprendenti, percezione che in molti casi sfiora il pregiudizio:
si ritiene, non del tutto a torto, che la classe capisca solo se si parla la loro lingua o che per portarli a

capire una spiegazione veicolata in italiano si debba impiegare talmente tanto tempo da scoraggiare
chiunque dal provarci.
E chiaro poi che nel panorama che abbiamo delineato la motivazione dei nostri studenti ad apprendere
unaltra lingua in molti casi prossima allo zero. In effetti, da un questionario somministrato ad un
campione piuttosto ampio di allievi, appartenenti a diversi livelli linguistici, emerso che le ragioni pi
diffuse che hanno spinto al pur breve soggiorno in Italia si concentrano intorno a un generico interesse
per larte e la cultura principalmente umanistica, senza escludere interessi per il modo di vivere, e ci vale
soprattutto per quanti sono stimolati dalla ricerca delle proprie origini e radici familiari.
A questo si aggiunga il fatto che nel panorama linguistico statunitense la nostra lingua gode senza dubbio
di un prestigio culturale, ma talvolta nellimmaginario collettivo viene anche inevitabilmente associata ad
aspetti pi folkloristici e stereotipati, come il romanticismo, la pizza, i mandolini. Oltre a questo, litaliano,
ci piaccia o no, una lingua inutile, molto pi inutile dello spagnolo, che molto pi insegnato e diffuso,
grazie anche a una pi numerosa presenza di immigrati ispanici, che a differenza degli immigrati italiani
del passato ormai alla terza o quarta generazione, mantengono ancora in qualche misura una loro
identit linguistica e culturale. Per tutto questo il docente di italiano spesso avvolto da un alone esotico:
lo si ammira per il suo stile e la sua cultura, ma ci si aspetta che sia simpatico e divertente, prima ancora
che didatticamente competente.

4. Possibili interventi didattici


Questa, in maniera molto sintetica, la situazione che abbiamo rilevato e su cui abbiamo cominciato a
riflettere. Non condividiamo nessuno dei punti che abbiamo sopra descritto, essenzialmente perch in
ognuno di essi ci sembra sia contenuta una implicita resa incondizionata, unaccettazione passiva di una
situazione di fatto che prima di tutto non rende giustizia proprio agli studenti stessi. Da un punto di vista
strettamente pedagogico non ci sembra infatti appropriato non prendere neanche in considerazione la
possibilit di provare ad impostare il lavoro in armonia con i principi glottodidattici pi consolidati, che per
lappunto sconsigliano quasi tutto quello che abbiamo appena riportato. Linsegnante che si adatta in
qualche modo ha gi gettato la spugna: gli studenti lo percepiscono e non si responsabilizzano come
dovrebbero. Del resto questi discenti possono essere sui generis, ma certo non presentano nessuna
menomazione o deficit intellettivo che gli impedisca di imparare a studiare le lingue in modo diverso
rispetto a quello che sono abituati a fare.
Lintento del nostro lavoro non vuole per essere polemico o di critica fine a s stessa: lo studio che
abbiamo iniziato e di cui vogliamo per sommi capi rendere conto, ha lambizione di trovare strade
alternative che rendano il lavoro di docenti e discenti pi gratificante e proficuo. Tuttavia, come vedremo
in seguito, non ci sentiamo di gettare alle ortiche il lavoro portato avanti fino a questo punto; al contrario
riteniamo che certe tecniche possano senzaltro essere in parte utili. Non esiste, come si sa, una tecnica
giusta o sbagliata: la validit di una tecnica si giudica in base alla sua efficacia e noi riteniamo che, nel
campo didattico in esame, sia pi utile migliorare e adattare le tecniche anzich rifiutarle tout court.
Sarebbe controproducente imporre brutalmente ai nostri studenti un metodo che non tenga conto delle
loro specifiche caratteristiche culturali e dei loro bisogni di apprendimento: nella migliore delle ipotesi, non
produrrebbe niente di meglio di quello che abbiamo descritto. Riteniamo invece che la flessibilit sia una

delle doti fondamentali dellinsegnante, per cui abbiamo capito che sarebbe sterile arroccarsi su certe
posizioni teoriche senza provare a calarle nella pratica e senza cercare una mediazione fra questi due
aspetti, ugualmente importanti, del nostro lavoro.
Vedremo che ognuno dei punti che abbiamo analizzato nei paragrafi precedenti pu essere ripreso e
riprogettato secondo criteri glottodidattici pi pertinenti, senza per trascurare le ragioni di ordine pratico e
culturale che hanno condotto alla situazione attuale.
Il docente che, prendendo atto del profilo umano e didattico appena tracciato, voglia condurre un
insegnamento volto a scardinare le resistenze di questo sistema, deve evitare di riprodurre il modello di
insegnamento delle lingue straniere in uso negli Stati Uniti per due motivi principali che sono il non
andare incontro a frustrazione (e ad un conseguente adagiarsi nella stessa didattica demotivante e
scarsamente proficua che ha determinato la frustrazione iniziale), e la volont di non disperdere la
potenzialit di risultati che lo studio di una lingua in loco pu offrire, il che significa creare le condizioni per
un reale contatto con la L2.
Tuttavia, dato che la nostra formazione ci porta a centrare lazione didattica sul discente come vero
protagonista del processo di insegnamento-apprendimento, non ci sentiamo di invitare alladozione
intransigente di metodologie estranee allimpostazione culturale degli studenti in quanto ci sembrerebbe
di venir meno al principio di rispetto dellaffettivit dellindividuo e della collaborazione nella realizzazione
del processo stesso. Dobbiamo, invece, impegnarci a cogliere i diversi aspetti della motivazione di
ciascuno, le esperienze passate e la realt presente, per offrire loccasione di percorsi individuali che
per siano indirizzati verso lo stesso obiettivo.
A questo scopo vale anche la pena di non disperdere la carica delle motivazioni pi diffuse, cio
linteresse per la cultura nella sua duplice accezione e la ricerca delle radici familiari, che possono offrire
spunti di riflessione a partire dallesperienza e dalle conoscenze degli studenti, perfino dai loro stereotipi,
per spronarli a usare inizialmente la lingua in un territorio che sia, almeno concettualmente, familiare e
guidarli poi a confrontarsi con lautenticit della lingua e della societ, in un graduale ma concreto
processo di depaysement, di apprezzamento della diversit tra le due culture e, perch no, fra le
tradizioni didattiche.
Riteniamo, infatti, che certe caratteristiche tipiche della cultura angloamericana come la competitivit e
lindividualismo a cui accennavamo sopra possano tornare utili per mettere a fuoco gli strumenti da
adottare nella didattica e per queste ragioni, appunto, pi che mai appropriato mettere i nostri discenti di
fronte a delle sfide positive che mantengono viva la motivazione e li responsabilizzano in ordine alle
scelte che compiranno: labbandono quanto prima della L1, il ricorso alla traduzione solo per approfondire
lanalisi e la comparazione e non come semplificazione di un processo, il compimento del proprio ruolo
individuale nellottica del risultato del gruppo e quindi della partecipazione diretta al successo di tutti i
membri.
Il docente che annuncia alla classe che parler quasi esclusivamente italiano perch sicuro che la
classe lo capir, se non alla prima alla seconda spiegazione, innesca negli studenti il desiderio di
misurarsi con la lingua per uscirne vincenti e quindi li chiama a farsi protagonisti della situazione. Inoltre
abbiamo notato che dare la possibilit di fare domande in inglese negli ultimi quindici minuti della lezione,

da un punto di vista psicologico, li tranquillizza ed abbassa il filtro affettivo, ma al tempo stesso la lingua
madre viene relegata in uno spazio ben definito, che non a caso si colloca ai margini della lezione. Il
docente ha cos raggiunto alcuni importanti obiettivi: ha esposto molto di pi i suoi apprendenti alla lingua
seconda, la classe ha capito di poter superare la sfida che lentrare in contatto con un altro mondo
linguistico e culturale rappresenta e che per raggiungere questo traguardo dovr, per quanto possibile,
spingere ai limiti estremi la propria lingua-cultura. Ci preme precisare che sebbene non raccomandiamo
luso della lingua madre allinterno del gruppo monolingue, e tanto meno il continuo passaggio tra i due
codici, non ci sembra il caso nemmeno di osteggiarla rigidamente, ma crediamo che la L1 debba trovare
una sua specifica collocazione nellambito di una didattica motivante e veramente centrata sui discenti
quando sia funzionale a scopi pedagogici. La lingua madre rappresenta per i nostri studenti unoasi nel
panorama spesso spaventoso dellapprendimento dellitaliano e, per quanto linsegnante si sforzi di
trasmettere loro che luso della L2 pi proficuo, continuano a preferire un progresso lento, ma pi
familiare: sta, dunque, allinsegnante monitorare incessantemente i progressi e lacquisizione della
sicurezza necessari per affrontare obiettivi gradatamente pi ambiziosi fino al superamento di questa fase
di transizione e alladozione spontanea della L2 in classe. [John Eldridge, Code-switching in a Turkish
secondary school, ELT Journal, Volume 50/4 ottobre 1996, citato in Marina Ota Che motivo c che uno
studente parli nella lingua bersaglio in classe?, www.dilit.it/formazione/Articoli]
Lo stesso vale anche per il ricorso alla traduzione, attivit molto apprezzata da questa tipologia di
discenti, e che a noi pare superflua e assurda se svolta dal docente, ma che pu assumere un significato
didattico rilevante quando affrontata dagli studenti. In alcuni casi, soprattutto quando stiamo
analizzando strutture grammaticali che non trovano unimmediata corrispondenza nella lingua madre, la
traduzione di brevi testi scelti ad hoc, fatta dagli studenti stessi, magari in coppia o in gruppo, permette
loro di entrare pi intimamente nel significato comunicativo che ogni elemento morfosintattico veicola, e di
verificare direttamente che quanto il ricorso allimperfetto, per esempio, trasmette per un italofono, trova
in inglese altre realizzazioni. Spesso al centro di contese teoriche ed accese prese di posizione
contrastanti, la traduzione, svolta in determinate forme e contesti e senza volerne recuperare lapproccio
formalistico, obbliga i discenti a impegnarsi e a discutere per raggiungere la consapevolezza della
problematicit o addirittura della impossibilit di tradurre. Ne consegue un importante lavoro di analisi
comparativa, nellaccezione in cui questo termine viene usato in luogo di analisi contrastivain Arcaini et
alii 1989 (Balboni 1998), tra le strutture della lingua di partenza e quelle della lingua darrivo, cos come
tra le due culture corrispondenti.
Proprio in questo senso pu esserci daiuto lanalisi comparativa: sapere in anticipo quali saranno i punti
maggiormente problematici, piuttosto che prevenire gli errori, ci permette di selezionare in modo pi
immediato e appropriato le tecniche didattiche che favoriscono la riflessione e la scoperta delle regole,
gettando le basi per un apprendimento pi consapevole. Trattandosi di gruppi monolingui, gli errori degli
studenti e la loro analisi, sono per noi un terreno fertile di implicazioni didattiche. E chiaro che molti errori
sono comuni a tutta la classe, quindi alla fine di ogni attivit, sia essa di produzione orale o scritta,
selezioniamo le parti pi rappresentative di un certo errore ed invitiamo tutta la classe alla correzione. In
questo modo nessuno studente entra direttamente in causa correndo il rischio di perdere la faccia di
fronte ai compagni e linesattezza viene corretta in genere attraverso una serie di ipotesi successive che
vengono dal gruppo e non dallinsegnante, il quale si limita a guidare e a promuovere la discussione.

In effetti le metodologie didattiche che prevedono di impostare le lezioni sul lavoro di gruppo sia dentro
che fuori dalla classe sono, secondo la nostra esperienza, le pi adatte a risolvere le problematiche che
gli studenti angloamericani pongono al docente di lingua. In esse infatti la competitivit e lindividualismo
insiti nella cultura di appartenenza degli studenti, vengono risolte e valorizzate. Pensiamo in particolar
modo al Cooperative Learning secondo il quale i gruppi devono essere formati cercando di sfruttare le
competenze dei singoli, per cui, poniamo, allo studente linguisticamente pi fragile pu essere dato il
ruolo di esperto di un certo argomento. Sempre nellambito del lavoro di gruppo si possono poi ideare
attivit basate sul problem solving, le quali scaturendo da unazione cooperativa, vengono percepite
come una sfida da vincere in quanto gruppo: possono essere prove di vario genere, attivit ludiche a
tempo, cruciverba, stesura di una lista di vocabolario desunta da un testo e altro, ma sempre finalizzate a
tenere alto linteresse dello studente.
Unaltra metodologia che abbiamo sperimentato in classe con un certo successo di risultati quella
del Project Workperch ci permette di coinvolgere gli studenti in attivit di gruppo da svolgersi anche fuori
dallaula, il che fra laltro li obbliga o trovare autonomamente spazi, tempi e strumenti di apprendimento.
Si tratta di solito di un modulo che parte dalla classe verso la realt esterna e riapproda alla classe con
una presentazione orale/scritta a cui ciascuno deve aver contribuito secondo le proprie possibilit e i
propri interessi, con un conseguente passo in avanti nella dinamica del rapporto di gruppo e nel
superamento del timore di mettere in discussione la propria immagine.
Facciamo di seguito alcuni esempi pratici che possono descrivere per sommi capi la struttura di un
progetto modulare che impegni il gruppo classe e il singolo nel raggiungimento di un obiettivo comune e
di autopromozione:

1)
Riscontrato in un gruppo linteresse per la cultura dello sport, si suggerisce di approfondire
che cosa significhi il calcio per gli italiani, al di l dello stereotipo, attraverso input che partono
dalla cinematografia italiana degli ultimi anni (Mediterraneo, Marrakech Express, Tre uomini e
una gamba), passano per la musica contemporanea tramite le canzoni di due tra gli autori pi
interessanti (De Gregori e Ligabue), arrivano alla letteratura giornalistica e perfino ai siti web delle
societ di calcio, a quelli personali dei campioni o dei fans club. Lo studente, in collaborazione
con i compagni, deve svolgere ricerche, progettare e realizzare interviste, recuperare immagini,
elaborare un confronto con gli stessi aspetti della propria cultura. A conclusione di questo
progetto la classe pu andare allo stadio per assistere ad una partita di calcio e verificare dal
vivo le ipotesi riguardanti certi atteggiamenti sportivi.
2)
Gi adatto ad un livello elementare il progetto che verte sulla concezione del tempo nella
nostra cultura. Anche in questo caso, partendo dalla visione di una scena di Mediterraneo (in cui
Noventa, il disertore recidivo, sputa il caff greco polveroso, perch non ha avuto la pazienza di
farlo decantare), si pu suggerire un percorso che porti gli studenti a fare una mappa degli orari
degli italiani - lorario di lavoro degli esercizi del quartiere dove abitano, dei grandi magazzini del
centro, delle scuole elementari e superiori, delle banche e dei musei e a capire i tempi che
regolano le interazioni personali - a che ora si pranza o si cena, quanto ci si intrattiene in una
certa situazione, quanto si rimane in un bar, il margine di tolleranza per un ritardo, lelasticit nei
termini di un intervento, e cos via. Infine, pu essere suggerita unindagine su come gli italiani

concepiscono lo scorrere del tempo, attraverso i modi di dire e i proverbi, le fasi della vita, la cura
del corpo, lidea di futuro, etc. Scattando foto e intervistando persone di et diverse, visitando
alcuni siti segnalati e non trascurando di fare continui paragoni con le proprie abitudini e con
quelle dei connazionali di aree diverse, il discente si pu rendere conto che non sempre esistono
modelli estendibili a tutto un Paese e che non facile dire gli italiani, cos come non lo dire
gli americani, e sar libero, quindi, anche in questo caso, di aprire percorsi che erano sfuggiti
allinsegnante e di arricchire il gruppo di nuovi apporti. Il progetto pu terminare con
unaperformance teatrale scritta e recitata dagli studenti in cui vengono rappresentati in maniera
umoristica alcuni incidenti culturali che si possono verificare a causa della diversa concezione del
tempo e di cui gli studenti sono stati protagonisti. Lo staff del centro e le altre classi saranno
invitati ad assistere.

Alla fine dunque, non estranea alla realizzazione di questi progetti lidea di avviare attraverso
leducazione linguistica una riflessione interculturale.
Inoltre, essendo trasversale a tutto il corso, lo sviluppo e lapprofondimento del progetto costituisce gi di
per s unottima molla per la motivazione, conduce ad unacquisizione stabile proprio perch
creata agendo, e fa sentire lo studente parte attiva nella creazione di un sillabo in progress che soddisfa
le esigenze del gruppo e dei singoli. Un impegno di questo tipo dovrebbe condurre a quella
responsabilizzazione dello studente che auspicavamo precedentemente, sia per la necessit di
escogitare strategie utili a recuperare rapidamente informazioni (tramite linterazione con italiani o con
strumenti in italiano), sia perch lallievo sente che la qualit del suo lavoro contribuisce al successo del
gruppo e che il risultato del corso non pi solo una sua questione personale, ma investe anche gli
interessi di altri.
Il gruppo monolingue, quindi, non pi lento o pi problematico del gruppo plurilingue: richiede
semplicemente unazione didattica diversa a cui spesso non siamo preparati.

[1] Al punto che, soprattutto nelle grandi citt, spesso gli studenti che si avventurano a comunicare in
italiano fuori dalla scuola, riferiscono, con una certa frustrazione, che negli esercizi pubblici i loro
interlocutori, riconoscendone laccento, rispondono in inglese.

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