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3.

LA RIVOLUZIONE EUROPEA

La propagazione dei moti nell’impero austriaco e nella Confederazione germanica


Il processo rivoluzionario messo in moto dagli avvenimenti di Parigi dilagò nell’impero austriaco e
nella Confederazione germanica. Le cause, oltre che la crisi economica, erano le aspirazioni
indipendentistiche delle diverse nazionalità dell’impero e le tensioni nazionalistiche dei liberali
tedeschi. Inoltre in Europa rivestirono un gran peso le rivoluzioni patriottiche dei popoli oppressi.
Il 13 marzo, a Vienna, una rivolta di elementi borghesi, lavoratori e studenti mise fine al potere di
Metternich, e l’imperatore Ferdinando concesse la costituzione. Pochi giorni dopo la rivolta toccò
anche le altre regioni dell’impero. La rivoluzione esplose anche in Germania, dove a Berlino ci fu
una battaglia di quattro giorni, dopo di che Federico Guglielmo IV , re di Prussia, accettò la
convocazione di un’assemblea costituente. Il moto rivoluzionario impose il problema dell’unità
nazionale, così si riunì l’assemblea nazionale tedesca per decidere l’organizzazione e l’assetto del
futuro dello stato, ma emersero contrasti insanabili tra diversi e contrapposti orientamenti politici.
Si contrapponevano così due tesi a proposito dell’assetto del nuovo stato tedesco: un gruppo voleva
che esso comprendesse anche l’Austria, l’altro era contrario a questo disegno. Quest’insieme di
contrasti portarono a una situazione di crisi.

Contrasti politici nell’Europa della rivoluzione


Esplosa la rivoluzione, si crearono tre orientamenti politici:
 Orientamento liberal-costituzionale: chiedeva a Vienna e Berlino istituzioni parlamentari
rappresentative, governi fondati sulla sovranità popolare, libertà civili e politiche;
 Tendenze nazionalistiche: chiedevano, in Germania, l’unificazione delle realtà politiche
esistenti, e in Boemia e Ungheria, l’indipendenza dalla monarchia asburgica;
 Correnti più radicalmente democratiche e socialiste: chiedevano, a Parigi, interventi in
difesa dell’occupazione e dei livelli di vita degli operai di fabbrica.

4. IL QUARANTOTTO IN ITALIA

L’idea dell’unità nazionale


In Italia, il movimento liberale, si pose il problema dell’unità nazionale. Questo problema fu
animato da classi medie borghesi, che si resero conto che la possibilità di accumulare nuove
ricchezze dipendeva dalla costruzione di un mercato nazionale, sempre più vasto. Fu proprio
all’interno di queste classi sociali che si formò la schiera di intellettuali che adottò e propagandò
l’idea di unità nazionale.
Cominciarono così ad apparire scritti che proponevano programmi per realizzare il processo
unitario. Tra questi ebbe successo il libro pubblicato da Vincenzo Gioberti, nel quale si auspicava la
formazione di una confederazione di stati italiani sotto la guida del papa. Altro libro di successo fu
quello del conte Cesare Balbo, che considerava l’indipendenza d’Italia più importante dell’unità e
concordava con Gioberti, ma proponeva che alla guida degli stati italiani vi fosse la dinastia
piemontese dei Savoia.
Gioberti e Balbo erano dunque promotori di una politica moderata, che vedeva la realizzazione
dell’unità italiana come opera progressiva e pacifica. A questi si contrapponevano gli intellettuali
radicali; per costoro l’unità si poteva realizzare solo mediante il capovolgimento totale dei rapporti
di potere esistenti.
Selis Giulia IV F
Giuseppe Mazzini e la Giovine Italia
Tra i radicali troviamo Giuseppe Mazzini, uomo che dedicò tutta la sua vita all’organizzazione di
movimenti rivoluzionari, che per lui avevano come obbiettivo la libertà di tutto il popolo e di tutti i
popoli.
Il “popolo” per Mazzini era rappresentato dalla piccola borghesia urbana, dagli artigiani e dai ceti
medi operanti nell’industria e nei commerci.
Egli fondò nel 1831 un’organizzazione chiamata Giovine Italia, che si diffuse in tutta la penisola.
Quest’organizzazione si caratterizzò come primo tentativo di dare vita a un moderno partito politico
capace di intervenire nella vita politica italiana.

Il fallimento dei moti insurrezionali


Il primo tentativo di insurrezione della Giovine Italia fu attuato da Mazzini nel 1833 in Piemonte e
in Liguria, ma la rete mazziniana nell’esercito piemontese fu scoperta e repressa. Mazzini organizzò
un’altra azione: partendo dalla Svizzera si doveva raggiungere la Savoia; contemporaneamente a
Genova doveva scoppiare un moto insurrezionale, organizzato anche da Giuseppe Garibaldi. La
polizia riuscì a sventare la spedizione. La rivolta fallì anche a Genova.
Il nuovo esilio a Londra pose Mazzini a diretto contatto con la classe operaia. Qui, l’organizzazione
degli operai, divenne in centro del pensiero del genovese.
Nel 1840, Mazzini, si diede alla realizzazione dell’”unione degli operai italiani”, primo concreto
avvio del movimento dei lavoratori in Italia.
Protagonisti del moti insurrezionali furono anche i fratelli Bandiera, fucilati per aver tentato di far
insorgere i contadini della Calabria.
Questo pesante insuccesso diede ulteriore spazio ai gruppi liberali moderati che avevano sempre
criticato il radicalismo.
Agli inizi degli anni quaranta, quindi, il movimento patriottico era diviso tra i democratici, facenti
capo a Mazzini, e i liberali moderati, favorevoli alla formazione di una compagine nazionale retta
da una monarchia costituzionale.

Selis Giulia IV F

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