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COLLETTIVISMO
E TOTALITARISMO
NEL PENSIERO
DI FRIEDRICH
A. VON HAYEK
(1930-1950)

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APERS

Monica Quirico

ORKING

UNIVERSIT DEGLI STUDI DI TORINO


DIPARTIMENTO DI STUDI POLITICI

Monica Quirico

COLLETTIVISMO E TOTALITARISMO
NEL PENSIERO DI FRIEDRICH A. von HAYEK
(1930-1950)

Working Papers Anno 2003 n. 2


DIPARTIMENTO DI STUDI POLITICI
Torino, Italy

La presente ricerca stata effettuata grazie a


una borsa di studio concessami dalla
Fondazione Filippo Burzio di Torino, cui va la
mia pi sentita riconoscenza.
Parimenti ringrazio il Dipartimento di Studi
Politici che sostiene i costi di pubblicazione.
Monica Quirico

DSP - (Dipartimento di Studi Politici)


Universit di Torino
Via Giolitti, 33
10123 Torino - Italy
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Stampa Viva, Torino

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DI STUDI POLITICI
Universit degli Studi di Torino

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Il Dipartimento di Studi Politici ha carattere interdisciplinare e nasce dal


progetto di studiare in modo integrato il mondo della politica in tutti i suoi
aspetti: dalla riflessione teorica e storica sulla formazione delle idee e delle
dottrine politiche, allanalisi comparata dei sistemi politici e delle forme di
democrazia nelle societ contemporanee, sullo sfondo dei processi di globalizzazione e di trasformazione delle relazioni internazionali.
Il Dipartimento si costituito l8 novembre del 1982, per iniziativa di un
gruppo di studiosi che intendevano raccogliere e sviluppare la tradizione di
studi e ricerche fondata da maestri come Norberto Bobbio, Luigi Firpo e
Alessandro Passerin dEntrves, che dalla met degli anni cinquanta aveva trovato sede nellIstituto di Scienze Politiche Gioele Solari, nucleo della futura
Facolt di Scienze Politiche e successivamente disciolto in conseguenza della
legge istitutiva dei dipartimenti universitari. In esso sono confluiti filosofi, storici, politologi e sociologi, che al di l del proprio ambito specialistico sono
accomunati dallinteresse unitario per lapprofondimento della politica.
Allinterno del Dipartimento si possono distinguere varie aree di ricerca. La
prima di esse concerne lo studio del pensiero politico in prospettiva storica, dai
classici del pensiero antico e medioevale alle ideologie e dottrine politiche contemporanee. Una seconda area, di carattere politologico e sociologico, riguarda lo studio delle forme di stato e di governo, il funzionamento dei regimi politici, le trasformazioni della democrazia, la comunicazione politica e i media.
Una terza area dedicata allo studio delle relazioni internazionali e ai problemi della pace. Una quarta area si occupa dei problemi connessi allintegrazione europea e allo studio del pensiero e dei movimenti federalisti. Una
quinta area si occupa dei problemi dello sviluppo e della storia dei paesi non
europei, dallAmerica Latina allAsia e allAfrica.
Il Dipartimento di Studi politici cura la pubblicazione di una collana di
working papers. Lo scopo della collana di far conoscere tempestivamente
alla comunit scientifica ipotesi di lavoro, interventi, materiali di ricerca, in
attesa di pubblicazione o giunti ad una fase finale di elaborazione.

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Collettivismo e totalitarismo
nel pensiero di Friedrich von Hayek
(1930-1950)
di Monica Quirico
Sommario
Nei circa ventanni trascorsi in Inghilterra, Hayek, pur proseguendo gli
studi di teoria monetaria, sviluppa un interesse crescente per la filosofia
politica, che lo induce a focalizzare la sua attenzione sul rapporto tra lorganizzazione economica della societ e la sua forma di governo. A partire dal 1935, matura la sua condanna del collettivismo come anticamera
della dittatura: la pianificazione (anche quella circoscritta) e la libert
sono inconciliabili. Il suo bersaglio costituito tanto dai sostenitori dei
regimi autoritari, che in quegli anni si vanno consolidando, quanto dai
socialisti democratici. Con lo scoppio della guerra, nella sua opera assume unimportanza decisiva la denuncia della ferita mortale inflitta dal
totalitarismo (di destra e di sinistra) alla civilt occidentale. Alle origini di
tale involuzione lAutore pone lhybris del costruttivismo, che attribuisce
alluomo la capacit di plasmare il mondo a suo piacimento, misconoscendo il ruolo centrale esercitato nella societ dai processi spontanei.

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Collectivism and Totalitarianism


in Hayeks thought
(1930-1950)
by Monica Quirico
Abstract
During the about twenty years spent in England, though carrying on
his studies of monetary theory, Hayek developed an increasing interest in
political philosophy and focused his analysis on the relation between the
economical system of a society and its kind of government. His condemnation of collectivism as prelude of dictatorship started in 1935: planning
(included the limited one) and freedom are incompatible. Hayeks targets
were both supporters of authoritarianism, which at that time got stronger,
and democratic socialists. After the outbreak of the war, in his work the
charge of the mortal wound inflicted by totalitarianism (both right-wing
and left-wing) on Western civilization gained more and more importance.
At the origin of such a decline the Author put the constructivistic hybris,
which judges man able to mould the world as he likes, denying the crucial
role played in society by spontaneous processes.

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MONICA QUIRICO COLLETTIVISMO E TOTALITARISMO NEL PENSIERO DI FRIEDRICH VON HAYEK (1930-1950)

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Nato l8 marzo 1899 a Vienna da una famiglia di studiosi (il nonno zoologo, il padre privatdozent di botanica) al termine della grande
guerra Friedrich August von Hayek reduce dal
fronte italiano si iscrive alla facolt di Giurisprudenza1, dove allievo di
Hans Kelsen, Othmar Spann e Friedrich von Wieser. Nel 1921, appena
laureato (un paio di anni dopo conseguir anche la laurea in Scienze
Politiche), conosce Ludwig von Mises, del quale seguir i seminari privati,
frequentati da studiosi in erba, ma gi molto promettenti, tra i quali Fritz
Machlup. Lincontro con Mises fondatore, insieme a Carl Menger, di
quella scuola economica austriaca di cui Hayek pu essere reputato epigono segna una svolta nel suo percorso intellettuale e politico: egli, infatti, in seguito allinfluenza esercitata su di lui dal grande economista,
abbandona loriginario socialismo fabiano2. Nellautobiografia, Hayek si
soffermer sul suo curioso rapporto con Ludwig von Mises, dal quale, pi
avanti, ho imparato probabilmente pi che da ogni altra persona anche
se egli non fu mai un mio insegnante nel senso convenzionale del termine. Quando ero uno studente, credo di essere andato solo ad una delle
sue lezioni e il Mises che vidi non mi piacque affatto. [] Una volta che
presi a lavorare nellufficio diretto da Mises, i nostri contatti divennero
immediatamente stretti e per i successivi otto anni quello con Mises fu,
senza ombra di dubbio, un contatto personale da cui io trassi enormi
benefici3.

1. DA VIENNA
A LONDRA

Nel 1929 esce la prima opera importante, Teoria monetaria e teoria


della congiuntura4, dedicata a unanalisi del ciclo economico sulla base
1
Bench ricordato soprattutto come economista e filosofo politico, Hayek, nel corso della
sua vita, si occupato anche di epistemologia, etica, metodologia, scienza politica, storia
delle idee, psicologia e diritto. Cfr. N.P. BARRY, The Road to Freedom. Hayeks Social and
Economic Philosophy, in Hayek. Coordination and Evolution. His Legacy in Philosophy,
Politics, Economics and the History of Ideas, edited by J. Birner and R. van Zijp, London-New
York, Routledge, 1993, p. 141.
2
Cfr. R. CUBEDDU, Friedrich A. von Hayek, Roma, Borla, 1995, pp. 13-22.
3
F.A. HAYEK, Hayek su Hayek. Lautobiografia del pi grande pensatore liberale del
Novecento. Il premio Nobel delleconomia racconta la vita, la storia e la cultura di un secolo, a cura di S. Kresge e L. Wenar, Firenze, Ponte alle Grazie, 1996 (ed. orig. Hayek on
Hayek. An Autobiographical Dialogue, 1994), p. 100.
4
Si veda: ID., Geldtheorie und Konjunkturtheorie, Wien-Leipzig, Hlder-Pichler-Tempsky,
1929.

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delle acquisizioni della scuola austriaca. Nello stesso anno esce il saggio:
C un controsenso del risparmio?5, che cattura lattenzione di Lionel
Robbins, il nuovo direttore ad appena trentanni del dipartimento di
Economia della London School of Economics; la prestigiosa istituzione fondata dai coniugi Webb6 nel 1895 costituisce, negli anni Trenta e
Quaranta, unimportante fucina tanto del revival del liberalismo, con
Hayek e Popper (chiamato a insegnarvi alla met degli anni Quaranta),
quanto delle politiche del Welfare State (William Beveridge dirige la scuola dal 1919 al 19377), cos come del socialismo democratico, grazie al
contributo di studiosi come Laski, Tawney, Wallas8.
Agli occhi di Robbins, il merito del saggio hayekiano sul risparmio sta
soprattutto nellattacco sferrato allemergente teoria keynesiana (bench
Si veda: F.A. HAYEK, Gibt es einen Widersinn des Sparens? Eine Kritik der
Krisentheorie von W.T. Foster und W. Catchings mit einigen Bemerkungen zur Lehre von den
Beziehungen zwischen Geld und Kapital, Zeitschrift fr Nationalkonomie, I, 1929, 3, pp.
387-429.
6
Recensendo Our Partnership, di Beatrice Webb, Hayek si esprime in modo piuttosto caustico sui fondatori della LSE: E una curiosa ironia che le circostanze che diedero a queste
due persone il potere di contribuire in cos larga misura alla distruzione della civilt capitalista da loro odiata potessero esistere soltanto nel contesto di quella civilt e che nel tipo di
societ da loro agognata nessun privato cittadino potrebbe esercitare uninfluenza analoga
sul mutamento sociale: F.A. HAYEK, recensione di B. WEBB, Our Partnership, London,
Longmans, 1948 e E. REICHEL, Der Sozialismus der Fabier, Heidelberg, Verlag, 1947,
Economica, XV (n.s.), 1948, 59, p. 228. Diversi anni dopo scriver: Sebbene Beatrice
fosse, per molti aspetti, la personalit pi pittoresca e noi sappiamo molte pi cose di lei che
non di lui, per parte mia non ho dubbi che fosse lui la mente salda della celebre associazione, un maestro nellordinare i fatti, nellorganizzazione e nella tattica. Era fermamente
convinto che lo studio imparziale dei fenomeni sociali avrebbe ineluttabilmente condotto a
una riorganizzazione razionale della societ su basi socialiste e, di conseguenza, che qualsiasi contributo a una comprensione migliore della vita della societ fosse a sua volta un
passo verso il socialismo. Credeva che la necessit principale fosse quella di una pi ampia
conoscenza dei fatti e non era seriamente interessato alla teoria. Tuttavia, nel creare la
Scuola si preoccup semplicemente di trovare gli uomini migliori in ciascun campo, che fossero disponibili per tutto il tempo in cui avessero dimostrato un qualche realismo, a prescindere dallopinione politica. ID., The Economics of the 1930s as Seen from London, in The
Collected Works of F.A. Hayek, vol. IX, Contra Keynes and Cambridge, ed. by B. Caldwell,
Chicago, The University of Chicago Press, 1995 (si tratta di una conferenza tenuta da Hayek
allUniversit di Chicago nellottobre del 1963 e pubblicata per la prima volta in questa raccolta), pp. 49-50.
7
Tranchant il giudizio di Hayek sullautore dei due Rapporti destinati a influire moltissimo
sul dibattito e sulle politiche sociali degli anni Quaranta (Report on Social Insurance and
Allied Services, London, His Majestys Stationery Office, 1942 e Full Employment in a Free
Society, London, Allen & Unwin, 1944): I suoi grandi talenti non comprendevano la comprensione delleconomia. [] Avrebbe potuto diventare un grande avvocato o un grande
giornalista (le due professioni in cui aveva cominciato) e il suo dono per la definizione di
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Keynes non venga nominato) secondo cui la Gran Bretagna sarebbe


penalizzata da un risparmio eccessivo, che va a scapito del consumo9.
Cos, nel 1931, convinto che Hayek possa diventare la testa dariete della
battaglia contro la scuola economica di Cambridge10, Robbins invita il collega austriaco a tenere alcuni seminari alla LSE; Hayek vi si trattiene nellanno accademico 1931-32 come visiting professor, finch, nel 1933,
sempre grazie allintervento di Robbins (del quale, nel frattempo, diventato amico), non gli viene conferita la cattedra di economia politica. La
Gran Bretagna diventa cos la sua patria adottiva11: nel 1938 ottiene la
cittadinanza e, sei anni pi tardi, eletto membro della prestigiosa British
Academy12.

grandi piani di sviluppo fu di notevole giovamento alla scuola con le grosse fondazioni. Ma
il suo temperamento non era quello di uno scienziato []. Non penso abbia mai compreso
che linflazione da lui tanto deplorata durante gli ultimi anni della sua vita era un esito inevitabile della politica di piena occupazione che egli aveva concepito. F.A. HAYEK, The
Economics of the 1930s cit., p. 52. Rincara la dose nellautobiografia, dove scrive che:
Beveridge era davvero un caso limite. Non ho mai conosciuto nessuno cos bravo a scrivere di cose su cui non aveva alcuna conoscenza. ID., Hayek su Hayek cit., p. 120.
8
Cfr. A. EBENSTEIN, Friedrich Hayek: A Biography, New York, Palgrave, 2001, pp. 4950. Hayek e Laski sono entrambi appassionati collezionisti di libri e, grazie a questo comune interesse, si frequentano regolarmente, almeno sino al 1944, quando la pubblicazione di
The Road to Serfdom incrina fatalmente il loro rapporto: Laski, infatti, intende lopera
hayekiana innanzitutto come un attacco contro di lui. Cfr. ibidem, p. 56. Molti anni dopo,
Hayek ricorder un episodio che segn per sempre in negativo la sua opinione dello studioso socialista: Era lagosto del 1939. Dopo cena, Laski si era dilungato per pi di unora sulle meraviglie del bolscevismo russo. [] Poi dovette interrompersi per lasciarci sentire
il notiziario delle 9 della BBC. Apprendemmo che era stato siglato il patto tra Hitler e Stalin.
Il risultato fu unimpressionante esplosione da parte di Laski, che non solo prese di mira il
tradimento che quel particolare atto rappresentava, ma denunci incondizionatamente, nella
sua interezza, quello stesso sistema cui aveva tributato unammirazione senza riserva venti
minuti prima. [] Dopo quelloccasione, non potei pi guardare a lui come a una persona
sana di mente. F.A. HAYEK, Hayek on Laski, Encounter, XXXII, 1984, June, p. 80.
9
Cfr. A. EBENSTEIN, op. cit., p. 59.
10
Robbins leggeva il tedesco. Una circostanza davvero rara: un professore inglese che
era in grado di leggere il tedesco. Fu una fortuna che egli si interessasse al mio tema: la cosa
che dovevamo fare in quel momento era combattere Keynes. Quindi mi chiamarono a
Londra a questo scopo. F.A. HAYEK, Hayek su Hayek cit., pp. 111-112. In effetti, la
chiamata di Hayek alla LSE viene percepita, dai contemporanei, come una contromossa per
arginare il prestigio di Keynes. Cfr. G.R. STEELE, Hayek and Keynes on Capital, in Hayek:
Economist and Social Philosopher. A Critical Retrospect, ed. by S.F. Frowen, London,
MacMillan, 1997, p. 237.
11
Lo stile di vita inglese sembrava cos naturalmente adatto ai miei istinti e alla mia
disposizione naturale che, se non fosse stato a causa di circostanze davvero speciali, non
avrei mai pi voluto lasciare lInghilterra. F.A. HAYEK, Hayek su Hayek cit., p. 136.
12
Cfr. R. CUBEDDU, op. cit., p. 24 e p. 28.

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Il trasferimento di Hayek in Inghilterra coincide con un periodo molto


fecondo per il dibattito economico: Quando ripenso ai primi anni Trenta,
essi mi appaiono il periodo pi stimolante di questo secolo per ci che
riguarda lo sviluppo della teoria economica. [] gli anni tra il 1931,
quando arrivai a Londra, e diciamo il 1936 o 1937 mi sembra rappresentino un importante passaggio, con la fine di unera nella storia della
teoria economica e linizio di una nuova (e molto diversa). E aggiungo
subito che non sono del tutto sicuro che il cambiamento di approccio che
si consolid alla fine di quel periodo sia stato esclusivamente un bene13.
La frecciata polemica rivolta, ovviamente, allascesa della macroeconomia keynesiana.
Nel 1931 ha inizio la querelle tra Hayek e
Keynes. In realt, i due si sono incontrati gi nel
1928 prima ancora che laustriaco abbia rapporti formali con la LSE durante un seminario sui
cicli di commercio, che, allepoca, costituiscono il focus delle analisi
hayekiane. Gli studiosi si confrontano, in modo amichevole, sui tassi di
interesse; nel ricordo di Hayek, leconomista di Cambridge cerca, nelloccasione, di annientare il giovane collega con la sua autorevolezza di
intellettuale affermato, ma, vedendo che laltro non si lascia impressionare,
anzi, argomenta con forza le sue posizioni, comincia a trattarlo con rispetto, atteggiamento che manterr successivamente14. La polemica divampa
quando Hayek pubblica, sulla rivista della LSE, Economica (nella quale
ha assunto, ancora grazie a Robbins, un posto di primo piano15), una
recensione non liquidatoria, ma certo caustica, del Trattato sulla moneta di
Keynes. Dopo aver riconosciuto che si tratta di unopera stimolante,
lAutore attacca: La maggior parte delle conclusioni pratiche sembra
armonizzarsi con quelli che alluomo della strada appaiono i dettati del
senso comune; parrebbe quasi un complimento; tuttavia, per Hayek sembra rappresentare un vanto il fatto che, nella sua epoca, vi sia una distanza abissale tra le analisi degli economisti quelli liberali e le idee del-

2. IL CONFRONTO
CON KEYNES

F.A. HAYEK, The Economics of the 1930s cit., p. 49.


Cfr. ID., Hayek su Hayek cit., p. 127. LAutore, subito dopo la rievocazione di quellepisodio, aggiunge, riferendosi sempre a Keynes: So bene come parlava di me, in generale: Naturalmente un pazzo, ma le sue idee sono anche piuttosto interessanti. Ecco cosa
pensava di me.
15
Cfr. A. EBENSTEIN, op. cit., p. 55. La rivista pubblica con risalto la versione inglese
(modificata) dellarticolo che tanto aveva colpito Robbins, The Paradox of Saving, nel n. 1
del 1931, XI, pp. 125-169.
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luomo comune; da qui lisolamento dei primi16; riferendosi poi ai libri III e
IV, che giudica il cuore dellopera, sentenzia che sfortunatamente, lesposizione cos difficile, asistematica e oscura che estremamente difficile
per leconomista in disaccordo con le conclusioni dimostrare lesatto punto
di disaccordo e sostenere le sue obiezioni. [] E solo con grandissima
cautela e con tutte le riserve che uno pu tentare di criticare, perch non
pu mai essere sicuro di aver capito il signor Keynes correttamente17.
Sorge immediata una domanda: perch, ancora prima di assumere il
nuovo incarico alla LSE (la recensione del Trattato keynesiano precede di
circa un mese linizio delle lezioni) lo studioso viennese, allora sconosciuto ai pi, parte lancia in resta contro uno dei giganti della scienza economica? La spiegazione pu essere che si reso conto di quanto potrebbe giovare alla sua fama e quindi alla sua carriera in terra britannica
sfidare il maggior economista inglese dellepoca; inoltre, non si pu
escludere che Hayek si sia esaltato per il successo riscosso dai suoi seminari, per limminente pubblicazione di Prezzi e produzione e per lo spazio accordatogli su Economica18.
Quanto allopera successiva di Keynes, la pi influente (che Hayek, in
seguito, sosterr di non aver recensito perch temeva che nel frattempo
Keynes modificasse il suo approccio, cos come, a suo dire, era avvenuto
poco tempo dopo la pubblicazione della seconda parte della recensione
del Trattato), lAutore, ripensando a quegli anni, la inquadrer cos: Pi
ci penso, pi mi convinco che la svolta cruciale della met degli anni
Trenta non fu il successo della controversa teoria esposta nella Teoria
Generale. Il successo di questo lavoro fu meramente sintomatico della o
16
Le opinioni in voga tra il pubblico possono essere chiaramente ascritte agli economisti
di una generazione fa allincirca. Dunque, non che leconomista non abbia alcuna influenza; al contrario, pu essere molto potente. Tuttavia, occorre un lungo tempo prima che la sua
influenza si faccia sentire, cosicch, se si verifica un cambiamento, le nuove idee tendono ad
essere sommerse dalla supremazia di idee che, nei fatti, sono diventate obsolete. Da qui il
ricorrente isolamento intellettuale delleconomista. F.A. HAYEK, The Trend of Economic
Thinking, Economica, XIII, 1933, 40, p. 121. Si veda anche: ID., On Being an Economist,
ora in The Collected Works of F.A. Hayek cit., vol. III, The Trend of Economic Thinking. Essays
on Political Economists and Economic History, ed. by W.W. Bartley III and S. Kresge,
Chicago, The University of Chicago Press, 1991, pp. 35-48, passim (si tratta di una conferenza tenuta allUnione degli studenti della LSE il 23 febbraio 1944).
17
F. A. HAYEK, Reflections on the Pure Theory of Money of Mr. J.M. Keynes, Economica,
XI, 1931, 33, p. 271. Si veda anche ID., The Pure Theory of Money. A Rejoinder,
Economica, XI, 1931, 34, pp. 398-403; ID., Reflections on the Pure Theory of Money of
Mr. J.M. Keynes. Part II, Economica, XII, 1932, 35, pp. 22-44; J.M. KEYNES, The Pure
Theory of Money. A Reply to Dr. Hayek, Economica; XI, 1931, 34, pp. 387-397.
18
Cfr. A. EBENSTEIN, F.A. Hayek cit., pp. 70-71.

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forse aiut decisivamente la sostituzione di ci che designato come


microeconomia da parte della macroeconomia19. A ben vedere, dopo il
botta e risposta sul Trattato (e dopo la graffiante recensione di Sraffa,
incitato da Keynes, di Prezzi e Produzione, pubblicato da Hayek nel
193120), il confronto tra i due economisti cessa, per sorprendente che
possa sembrare; n la spiegazione addotta da Hayek per la mancata
attenzione alla Teoria Generale suona convincente21. Nonostante la quasi
totale assenza di un dibattito sistematico con Keynes, si pu dire che
buona parte degli studi economici hayekiani degli anni Trenta sono rivolti alla confutazione delle teorie sviluppate dalleconomista di Cambridge,
attraverso una riformulazione della teoria del capitale22. Quel che certo
che, al termine del decennio, pressoch tutti coloro che erano stati affascinati da Hayek sono diventati keynesiani23. Nel giro di pochissimi anni
dal suo arrivo a Londra, la teoria del capitale elaborata dalla scuola
austriaca come parte integrante della teoria dei cicli di commercio viene
sottoposta alla sferzante critica non solo di Sraffa, ma anche dello statunitense Frank Knight24; la stessa teoria del ciclo spazzata via dallentusiasmo suscitato dallopera keynesiana del 193625.

F.A. HAYEK, The Economics of the 1930s cit., p. 60.


Esce per i tipi di Routledge & Kegan. Sraffa cos sintetizza la sua opinione sullopera di
Hayek: preso nellinsieme, c questo da dire del volume che decisamente provocatorio.
Il suo contributo decisivo consiste nellenfasi posta sullo studio degli effetti dei cambi monetari sul prezzo relativo delle merci, piuttosto che sui movimenti del livello generale dei prezzi, su cui lattenzione stata focalizzata, in maniera quasi esclusiva, dalla vecchia teoria
quantitativa. Tuttavia, sotto ogni altro aspetto la conclusione inevitabile che esso non fa che
incrementare la confusione prevalente nelle analisi su questa materia. P. SRAFFA, Dr. Hayek
on Money and Capital, Economic Journal, XLII, 1932, 165, p. 42; per la risposta, rimando a F.A. HAYEK, Money and Capital: A Reply, ivi, XLII, 1932, 166, pp. 237-251; nello stesso numero, infine, la replica di P. SRAFFA, A Rejoinder, pp. 249-251.
21
Cfr. M. DESAI, Hayek, Marx and Keynes, in Hayek: Economist cit., p. 1.
22
Per unanalisi comparativa delle loro teorie, rimando a: A. CARABELLI, N. DE VECCHI,
Von Hayek e Keynes: un percorso comune nella critica di metodo alleconomia?, in Il pensiero di Friedrich August von Hayek, vol. II, Societ, istituzioni, Stato, a cura di G. Clerico e
S. Rizzello, Torino, UTET, 2000, pp. 282-308 e G. BECCHIO, R. MARCHIONATTI,
Fondamenti filosofici e teoria economica: sulle differenze tra Keynes e von Hayek in tema di
conoscenza, razionalit e aspettative. Una critica a recenti interpretazioni neoaustriache, ivi,
pp. 309-345..
23
Cfr. A. EBENSTEIN, op. cit., pp. 72-73.
24
A Knight destinato il saggio: F.A. HAYEK, The Mythology of Capital, The Quarterly
Journal of Economics, L, 1936, February, pp. 199-228.
25
Cfr. P.G. KLEIN, Introduction to The Collected Works of F.A. Hayek, vol. IV, The Fortunes
of Liberalism. Essays on Austrian Economics and the Ideal of Freedom, ed. by P.G. Klein,
London, Routledge, 1992, p. 5.
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A dispetto delle divergenze economiche e politiche, i due studiosi sono


destinati a intrattenere rapporti amicali quando cominciano i bombardamenti su Londra Keynes che aiuta il collega a trovare una sistemazione provvisoria a Cambridge e a combattere insieme le politiche inflazionistiche26. Del collega / rivale (ormai scomparso), il filosofo austriaco
traccer, allinizio degli anni Cinquanta, un ritratto non ingeneroso, bench venato di ironia: Qualsiasi opinione uno possa avere di Keynes come
economista, nessuno che lo abbia conosciuto negher che egli fu una
delle pi eminenti personalit inglesi della sua generazione. [] Doveva
il suo successo per lo pi a una rara combinazione di acutezza e rapidit
di ingegno, con una padronanza della lingua inglese che aveva pochi
rivali tra i contemporanei []. Tuttavia, in Keynes era presente anche un
certo malizioso gusto nello schoccare i suoi contemporanei, una tendenza
a esasperare il suo disaccordo rispetto alle opinioni correnti e uninclinazione a enfatizzare la sua comprensione di larghe vedute delle tendenze
pi rivoluzionarie che non sono molto compatibili con la solidit27.
Il trasferimento a Londra segna per Hayek una
svolta significativa per levoluzione dei suoi interessi e delle sue teorizzazioni. Nel 1934 la
London School of Economics gli affida lincarico di
curare la riedizione delle opere di Carl Menger28, sulla cui metodologia
delle scienze sociali ha cos occasione di soffermarsi. Lanno successivo,
Popper pubblica Logica della scoperta scientifica29. I due, bench nati
nella stessa citt (della quale hanno condiviso, sino alla partenza di
Hayek, lambiente intellettuale), non si conoscono ancora, ma la lettura
dellopera del futuro grande amico fornisce allallievo di Mises delle basi
congeniali per lattacco, che egli va perfezionando, ai presupposti delleconomia positivista30.

3. DALLECONOMIA
ALLA FILOSOFIA

Durante il lungo soggiorno inglese si compie anche lincontro / scon26


Cfr. V. OTTONELLI, Lordine senza volont. Il liberalismo di Hayek, Torino, Giappichelli,
1995, pp. 203-205.
27
F.A. HAYEK, rec. di R.F. HARROD, The Life of John Maynard Keynes, New York,
Harcourt Brace, 1951, apparsa in The Journal of Modern History, XXIV, 1952, 2, pp. 195198, ripubblicata in The Collected Works of F.A. Hayek, vol. IX, Contra Keynes and
Cambridge. Essays, Correspondence, cit., pp. 227-229.
28
Si veda: ID., Introduzione a The Collected Works of Carl Menger (1871-1915), 4 voll.,
London, The London School of Economics and Political Science, 1933-1936, pp. V-XXXVIII.
29
Ed. orig. K.R. POPPER, Logik der Forschung, Wien, Springler, 1935.
30
Cfr. S. KRESGE, Introduzione a Hayek su Hayek cit., pp. 27-28.

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tro con lempirismo e lutilitarismo; gli si presenta inoltre lopportunit di


studiare la scuola scozzese di filosofia morale, mettendone in rilievo il filone di teoria sociale e pervenendo cos a una sintesi, per cos dire, fra la
tradizione liberale anglosassone e la scuola austriaca di economia politica. Comincia ad affiorare in lui una certa insofferenza per la specializzazione della scienza economica, che gli appare non priva di responsabilit nel declino intellettuale del liberalismo31.
A partire dalla met degli anni Trenta, Hayek si indirizza principalmente verso tre aree di ricerca: la critica dei postulati delle scienze sociali, nella peculiare configurazione che hanno assunto in virt dellintreccio
fra positivismo, scientismo e marxismo; la disamina delle loro implicazioni politiche; la rifondazione dei presupposti di una filosofia sociale ispirata al liberalismo32. I suoi approfondimenti sfociano in un certo numero di
saggi, scritti tra il 1937 e il 1951, che saranno raccolti in Individualismo
e ordine economico (1948) e in La controrivoluzione della scienza. Studi
sullabuso della ragione (1952). Peraltro, la persistenza del suo interesse
per leconomia testimoniata dalla pubblicazione, nel 1941, di La teoria
pura del capitale, parte iniziale di un ambizioso progetto definire una
compiuta teoria del capitale destinato a rimanere incompiuto33.
Durante la permanenza a Cambridge si consolida, dietro lincalzare
della guerra e dei crimini perpetrati dai regimi totalitari, la svolta verso la
filosofia politica; a spiegare la parziale inversione di rotta di Hayek concorre, nondimeno, il fatto che le sue teorie economiche in senso stretto, in
quanto alternative a quelle, dominanti, di Keynes, sono condannate a non
trovare ascolto. Infine, non si pu tralasciare leffetto che producono sullo
studioso austriaco gli avvenimenti contemporanei (il mito della pianificazione, lavvento del totalitarismo)34.
La testimonianza pi significativa (per la risonanza che ha avuto,
meno per il suo valore scientifico) di tale ampliamento di interessi costi31
Cfr. P.P. PORTINARO, Hayek e la filosofia sociale del liberalismo, Nuovi studi politici,
XII, 1982, 1, pp. 42-43.
32 Cfr. R. CUBEDDU, op. cit., pp. 26-7.
33
Cos ricorda lAutore: Senza far ricorso alle semplificazioni che avevano utilizzato i
miei predecessori trovavo che il compito di riscrivere la teoria del capitale fosse davvero
estremamente difficile. In ogni caso, non mi scoraggiai e continuai a lavorarvi fino al
momento in cui ebbi la sensazione che il mio entusiasmo per quellimpresa stava diminuendo. Alla fine decisi di pubblicare, nel 1941, The Pure Theory of Capital che altro non era se
non una parte del mio progetto iniziale. F.A. HAYEK, Hayek su Hayek cit., p. 114.
34
Cfr. M. BOCCACCIO, Hayek. Teoria della conoscenza e teoria economica, prefazione
di F. Romani, Roma-Bari, Laterza, 1996, pp. 8-9.

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tuita da La via della schiavit, scritta tra il 1940 e il 1943, e pubblicata


lanno successivo35, per confutare lopinione dominante secondo cui fascismo e comunismo sarebbero antagonisti: lAutore vede semmai nel primo
il punto dapprodo estremo del secondo. Il volume, che rischia di non
vedere mai la luce (diversi editori lo rifiutano, convinti che sar un insuccesso), diventa un best-seller in Inghilterra e negli Stati Uniti, rivoluzionando la vita del suo Autore, che, da sconosciuto docente di economia,
diventa un intellettuale di fama internazionale36.
Quando ormai Hayek e Keynes sono gli economisti pi autorevoli a
livello mondiale, intervengono, nel 1946, due accadimenti: Keynes
muore, e va immediatamente incontro alla beatificazione generalizzata;
allopposto Hayek, a mano a mano che il suo saggio polemico si diffonde, cade in disgrazia negli ambienti accademici per aver osato varcare i
confini della sua disciplina37.
Nel 1944, in una conferenza al Kings College di Cambridge, lAutore
auspica la nascita di unassociazione internazionale che, nel mondo della
cultura (in particolare tra gli storici), rimargini le ferite inferte dai totalitarismi. Per chiarire la natura del suo progetto, si richiama ad alcuni personaggi illustri della storia del liberalismo; il primo Lord Acton, poi aggiunge: Potrebbe essere opportuno associare al nome di Acton, se non nella
denominazione, almeno nel programma della societ, non solo il nome di
Burckhardt, ma anche quello del grande storico francese che tanto ha in
comune con entrambi, de Tocqueville. Insieme, questi tre nomi indicano,
probabilmente anche meglio del singolo nome di Acton, il genere di ideali politici fondamentali dietro la cui ispirazione la storia potrebbe fornire
allEuropa del futuro la rieducazione politica di cui essa necessita forse
perch questi tre uomini, quasi pi di ogni altro, continuarono la tradizione del grande filosofo politico che, come disse Acton, al suo meglio
rappresent lInghilterra al suo meglio Edmund Burke38.
Nellaprile del 1947 Hayek organizza, a Mont Plerin sur Vevey, in
Svizzera, una conferenza internazionale per discutere della crisi del libeSi veda: F.A. HAYEK, The Road to Serfdom, London, Routledge, 1944.
Cfr. A. EBENSTEIN, op. cit., pp. 114-116; sulle vicende editoriali dellopera, si veda ibidem, pp. 128-137.
37
Cfr. B.J. MCCORMICK, Hayek and the Keynesian Avalanche, New-York-London,
Harvester-Wheatsheaf, 1992, pp. 235-236.
38
F.A. HAYEK, Historians and the Future of Europe, in Studies in Philosophy, Politics and
Economics, London, Routledge and Kegan, 1967, p. 144 (si tratta di una conferenza tenuta
il 28 febbraio 1944 alla Political Society del Kings College di Cambridge).
35
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ralismo e della sua possibile rinascita nel dopoguerra, nonch per interrogarsi sullutilit di unassociazione fondata sulla condivisione dei principi dellindividualismo, che funzioni come luogo di scambio di idee e centro propulsore di iniziative. Vi prendono parte trentanove studiosi di chiara fama, provenienti da dieci paesi: per lo pi economisti, ma non mancano storici, politologi e giuristi. Spiccano i nomi di Luigi Einaudi, Martin
Friedman, John Jewkes, Fritz Machlup, Ludwig von Mises, Michael
Polanyi, Karl Popper, Lionel Robbins, Wilhelm Rpke. Al termine dei lavori, che si protraggono per dieci giorni, i partecipanti deliberano la creazione della Mont Plerin Society39. Le valutazioni sottostanti alla scelta di
Hayek sono di ordine sia intellettuale sia pratico. La convinzione di fondo
che mi ha guidato nei miei sforzi che, se gli ideali che credo ci uniscono e per designare i quali, a dispetto dellabuso fatto del termine, non c
aggettivo migliore che liberali, sono destinati ad avere qualche possibilit
di revival, un grande compito deve essere intrapreso. Questo compito
implica sia depurare la tradizionale teoria liberale di alcune accidentali
escrescenze che si sono attaccate a essa nel corso del tempo, sia confrontarsi con certi problemi reali che un liberalismo ultra-semplificato ha
trascurato o che sono diventati significativi soltanto da quando esso si
trasformato in un credo statico e rigido40. Nello stesso tempo, Hayek si fa
portavoce di unesigenza diffusa: facilitare contatti e scambi regolari tra
gli studiosi liberali, che soffrono di un certo isolamento, in un clima culturale dominato dalla benevolenza verso linterventismo statale41. A spingere lAutore anche, non secondariamente, la preoccupazione per il ruolo
nefasto e senza precedenti esercitato dagli intellettuali, e dagli economisti pi di altri nellindirizzare i loro concittadini verso laccettazione
del piano e, quindi, del totalitarismo. Il suo esperimento questa sorta di
Internazionale dei liberali antiinterventisti42 si pu considerare riuscito:
Cfr. R.M. HARTWELL, A History of the Mont Pelerin Society, Indianapolis, Liberty Fund,
1995, pp. 26-27. Hayek confessa che avrebbe voluto chiamarla Acton-Tocqueville Society,
ma con una simile proposta ha suscitato lo sdegno di Frank Knight, persuaso che non si
potesse dare a unorganizzazione liberale il nome di due cattolici. Cfr. A. EBENSTEIN, op.
cit., p. 146.
40
F.A. HAYEK, Opening Address to a Conference at Mont Plerin, ora in The Collected
Works of F.A. Hayek, vol. IV, The Fortune of Liberalism cit., pp. 237-238. Si tratta del
discorso tenuto al primo meeting dellassociazione.
41
Cfr. R.M. HARTWELL, op. cit., pp. 333-4.
42
Sempre nellaprile del 1947 viene fondata, a Oxford, lInternazionale liberale, che raccoglie personalit di diciannove paesi, prevalentemente europei, il cui primo presidente
Salvador de Madariaga. I principi espressi nella Dichiarazione costitutiva definiscono, su
base razionalistica, una democrazia liberale che si riallaccia pi alla tradizione comunitaristica che non a quella dellindividualismo. Cfr. V. ZANONE, Il liberalismo moderno, in Storia
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non solo la Mont Plerin sopravvissuta al suo fondatore, ma ha stimolato la nascita di organizzazioni analoghe, soprattutto negli Stati Uniti43.
La Dichiarazione di intenti dellassociazione, approvata il 7 aprile
1947, si connota come un manifesto per il rilancio del liberalismo: la tutela della libert individuale richiede uneconomia di mercato concorrenziale e la propriet privata dei mezzi di produzione, come mezzi per frenare la concentrazione del potere; altres necessario che la libert tanto
del produttore, quanto del consumatore, nonch del lavoratore, sia garantita, per preservare la libert nel senso pi ampio del termine ma anche
per garantire lefficienza; la resa al totalitarismo non inevitabile, bens
consegue da scelte erronee (come laccettazione del fatalismo storico e del
relativismo morale), che vanno scongiurate; il pi saldo baluardo istituzionale della libert costituito dal governo della legge; in linea di massima, i meccanismi spontanei di adattamento della societ vanno preferiti agli interventi pianificati dallalto44.
Nel 1950, in parte per ragioni economiche e familiari45, in parte perch isolato nel mondo accademico britannico per via delle sue posizioni
antikeynesiane (nonch amareggiato per linterventismo del governo
labourista46), Hayek decide di accettare la cattedra offertagli
dallUniversit di Chicago47. Dopo diciannove anni, dunque, lascia
delle idee politiche economiche e sociali, diretta da L. Firpo, vol. VI, Il secolo ventesimo, pp.
240-241. Contemporaneamente, dunque, nascono due associazioni internazionali votate
alla diffusione del liberalismo, ma di ispirazione diversa.
43
Cfr. G.P. KLEIN, op. cit., pp. 13-14.
44
Cfr. R.M. HARTWELL, op. cit.., pp. 49-50.
45
Hayek ha divorziato dalla prima moglie per sposare unaltra donna. Acutamente un suo
biografo nota: strano che Hayek non abbia mai scritto a proposito degli altri aspetti della
tradizione morale, il suo potere di escludere e di isolare, visto il forte disagio che questa situazione gli caus a Londra anche nei rapporti con alcuni dei suoi colleghi, tra quelli a lui pi
vicini. La pubblicazione di The Road to Serfdom lo aveva irrimediabilmente allontanato dalla
maggior parte degli economisti professionali. Lo scandalo relativo al suo divorzio lo tagli
fuori dalla sua vita sociale abituale. Hayek fece la stessa cosa che altri emarginati avevano
fatto prima di lui: si rec in America e lavor ad una costituzione della libert. S. KRESGE,
Introduzione a F.A. HAYEK, Hayek su Hayek cit., pp. 39-40. Il divorzio gli costa la perdita
dellamicizia di Lionel Robbins, indignato a tal punto dal comportamento del collega verso la
moglie da abbandonare la Mont Plerin Society; per Robbins lHayek da lui conosciuto
morto e non ci tiene ad incontrare il successore. Cfr. A. EBENSTEIN, op. cit., p. 155.
46
Cfr. ID., op. cit., p. 153.
47
Hayek trascorre negli Stati Uniti dodici anni, i pi prolifici della sua vita di studioso. Al
1960 data la pubblicazione di The Constitution of Liberty (London, Routledge and Kegan),
secondo alcuni un vero e proprio manifesto della rinascita del liberalismo classico, dopo i
fasti del keynesismo e della pianificazione. Due anni pi tardi, Hayek fa ritorno in Europa,
e precisamente a Friburgo, dove chiamato a insegnare Economia. Nel 1968 accetta la cat-

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lInghilterra, il paese dove ha conquistato la celebrit e dove diventato


il simbolo dellopposizione al keynesismo.
La crescente rilevanza dei fenomeni intellettuali e politici nellattivit scientifica hayekiana pu
essere considerata la prosecuzione della linea
dindagine adottata dai suoi maestri. La scuola
austriaca, infatti, non ha mai ristretto il terreno
della ricerca economica ai soli processi di produzione e distribuzione, ma al contrario ha sempre insistito sullimportanza
di ricomprendere, allinterno del proprio campo danalisi, i presupposti di
qualsiasi ordine quindi anche psicologico e culturale dellazione
umana, concepita in una prospettiva unitaria. Come ha puntualizzato
Matteucci, fra gli insegnamenti di Menger e Mises che lAutore accoglie vi
sono, infatti: lindividualismo metodologico, che indica negli aggregati
delle mere astrazioni, in polemica con chi, invece, ne teorizza la preminenza come oggetto dellanalisi; la teoria del valore soggettivo, secondo
cui lindividuo che, sul mercato, assegna un valore a cose che, di per s,
ne sono prive; ancora, la consapevolezza che le azioni degli individui
possono sortire conseguenze non previste e nemmeno ricercate, a causa
del carattere limitato e imperfetto della conoscenza umana48.

4. IL DIBATTITO
SUL CALCOLO
IN UNECONOMIA
SOCIALISTA

Limportanza che le questioni gnoseologiche ricoprono nellapproccio


hayekiano ai fenomeni sociali, economici, giuridici tale da far ruotare
lintera sua produzione teorica intorno alla convinzione che il punto di
tedra offertagli dallUniversit di Salisburgo; si tratta per di unesperienza deludente, che
lo induce, nove anni dopo, a far ritorno a Friburgo. Nel frattempo (1974) gli stato conferito, unitamente a Gunnar Myrdal, il premio Nobel per le Scienze Economiche, e si dedicato a quello che si riveler il suo prodotto pi ambizioso: Law, Legislation and Liberty. A
New Statement of the Liberal Principles of Justice and Political Economy, vol. I, Rules and
Order, 1973; vol. II, The Mirage of Social Justice, 1976, vol. III, The Political Order of a Free
people, 1979, tutti pubblicati a Londra, da Routledge and Kegan. Fra le ultime opere, la pi
significativa risulta The Fatal Conceit The Errors of Socialism, London, Routledge, 1988.
Cfr. Nota bio-bibliografica, in Il realismo politico di Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek,
antologia a cura di G. Vestuti, Milano, Giuffr, 1989, pp. 23-24. Si spegne circondato dalla
fama di estremo (nel duplice significato di: coerente in modo inappuntabile, per i suoi estimatori; intransigente, per i detrattori) paladino dei principi del liberismo, e di ispiratore sia
di Reagan sia della Thatcher, la quale in effetti, nel 1981, durante una sessione della Camera
dei Comuni, si dichiarata una sua grande ammiratrice. Ricorda lepisodio B.J. MCCORMICK, op. cit., p. 246.
48
Cfr. N. MATTEUCCI, Il filosofo Friedrich A. von Hayek, Filosofia politica, VIII, 1994,
1, p. 69.

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partenza nello studio delluomo non pu che essere la limitatezza delle


sue facolt razionali. Ne consegue che anche la sua critica alla pianificazione, temperata o estrema che sia, poggia prima che su posizioni ideali o economiche su unargomentazione gnoseologica, appunto49. Per
contro, sembra che per lAutore la presunzione fatale (per riprendere il
titolo di una delle sue ultime opere) della sua epoca risieda nella determinazione a sfidare non soltanto il proprio tempo, ma la stessa natura
umana50.
Le tappe fondamentali nellattenzione che Hayek viene a rivolgere, in
modo via via pi insistente, alle implicazioni gnoseologiche dei diversi
ordinamenti economico-politici possono essere individuate nellintroduzione e conclusione alla raccolta Pianificazione economica collettivista
(1935) e nel saggio, di due anni successivo, Economia e conoscenza.
Il dibattito sul calcolo in uneconomia socialista acceso nel 1920 da
un articolo di Mises51, che lancia la sfida chiedendosi se sia concepibile
un sistema economico che faccia a meno dei prezzi. La risposta che laddove essi scompaiano perch vengono eliminati la concorrenza, la propriet privata, i profitti, ecc. prendere decisioni che rispettino il criterio
dellefficienza economica diventa impossibile. Molti studiosi socialisti (tra
i quali Oskar Lange52) riconoscono la solidit degli argomenti sviluppati
da Mises53.
49
Bhm osserva che Hayek stato uno dei pochi economisti, se non lunico, ad attribuire
una rilevanza cos spiccata allepistemologia. Cfr. S. BHM, Hayek and Knowledge: Some
Question Marks, in The Economics of F.A. Hayek, vol. II, Capitalism, Socialism and
Knowledge ed. by M. Colonna, H. Hagemann, O.F. Hamouda, Aldershot, Hants; Brookfield,
VT, Elgar, 1994, p. 161.
50
Cfr. R. CUBEDDU, op. cit., pp. 43-6.
51
Si veda: L. MISES, Die Wirtschaftsrechnung im Sozialistischen Gemeinwesen, Archiv
fr Sozialwissenschaften und Sozialpolitik, XLVII, 1920, 1, pp. 86-121; in inglese uscito,
col titolo Economic Calculation in a Socialist Commonwealth, nella raccolta Collectivist
Economic Planning, ed. by F.A. Hayek, London, Routledge, 1935), pp. 87-130.
52
In un saggio del 1938, Lange esordisce cos: I socialisti hanno certamente delle buone
ragioni per essere grati al professor Mises, il grande advocatus diaboli della loro causa.
Perch stata la sua potente sfida che ha forzato i socialisti a riconoscere limportanza di
un adeguato sistema di contabilit economica per disciplinare lallocazione delle risorse in
uneconomia socialista. A dirla tutta, si deve soprattutto alla sfida lanciata dal professor
Mises se molti socialisti sono diventati consapevoli dellesistenza stessa di un simile problema. Si veda: O. LANGE, The Present State of the Debate, in ID., F.M. TAYLOR, On the
Economic Theory of Socialism, Minneapolis, The University of Minnesota Press, 1938, pp.
57-64 (versione ampliata di un saggio apparso sulla Review of Economic Studies, IV,
1936, 1, pp. 53-71).
53
Cfr. A. EBENSTEIN, op. cit., pp. 89-90.

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Sino al 1920 circa le argomentazioni contro la fattibilit di un sistema


pianificato hanno fatto leva sugli effetti deleteri che provocherebbe labolizione degli incentivi, intesi come un fattore decisivo dello sviluppo economico. I socialisti, per, hanno buon gioco a replicare che lessere
umano necessita di stimoli materiali per dare il meglio di s soltanto in una
societ corrotta, come quella capitalista, ma che, una volta spezzate le
catene delloppressione, legoismo, costitutivo del modo di produzione
vigente, sar rimpiazzato dalla solidariet. Cos Hayek ricostruisce quella fase del dibattito: Ci che si metteva in discussione era esclusivamente se le autorit del nuovo Stato sarebbero state in grado di indurre le persone ad attenersi correttamente ai piani da loro predisposti. Soltanto la
possibilit pratica dellesecuzione dei piani era messa in dubbio, non se
la pianificazione, anche nel caso ideale in cui tali difficolt fossero state
assenti, avrebbe conseguito il fine agognato. Il problema appariva, perci, solo di psicologia o di educazione, intendendosi con solo che, dopo
le difficolt iniziali, simili ostacoli sarebbero stati superati54.
Il filone di critica centrato sugli incentivi, dunque, si rivela piuttosto
debole, soprattutto in assenza di un sistema socialista reale, che fornisca
dati sulle difficolt incontrate e sulle soluzioni individuate da un modo di
produzione organizzato secondo criteri collettivistici. Anche negli anni
immediatamente successivi al 1917, il fervore con cui i bolscevichi si dedicano alla costruzione di una societ nuova impedisce di valutare se e come
possano essere affrontati adeguatamente, nel medio-lungo termine, i problemi sollevati dallabolizione del mercato. Ecco che, allora, il focus della
polemica si sposta sul terreno gnoseologico, vale a dire sulla quantit di
informazioni richiesta da un sistema pianificato. A compiere questo passaggio Mises55. Cos il suo allievo ne sintetizza il merito: Il punto essenziale su cui il professor Mises and ben oltre quello che era stato detto dai
suoi predecessori consistette nella dettagliata dimostrazione che un uso
economico delle risorse disponibili era possibile solo se si applicava il sistema dei prezzi non soltanto al prodotto finale, ma anche a tutti i prodotti e
fattori di produzione intermedi, non essendo concepibile nessun altro pro54
F.A. HAYEK, Socialist Calculation I: The Nature and History of the Problem, in
Individualism and Economic Order, London, Routledge, 1948 (reprinted from Collectivist
Economic Planning cit.), p. 120.
55
Cfr. E. W. STREISSLER, Hayek on Information and Socialism, in The Economics of F.A.
Hayek, vol. II, Capitalism, Socialism and Knowledge cit., pp. 59-60. Lautore mette in dubbio loriginalit del contributo di Hayek sul rapporto tra conoscenza ed economia (contributo che, peraltro, gli valso il Nobel), ricordando che il tema stato sviluppato, ben prima
di lui, da Smith e, successivamente, da Menger, Wieser e, naturalmente, Mises. Cfr. ibidem,
p. 49.

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cesso che desse conto nella stessa misura di tutti i fatti rilevanti come era in
grado di fare il sistema dei prezzi di un mercato competitivo56.
Quando Hayek arriva in Inghilterra, constata che del dibattito sul calcolo socialista il suo paese di adozione, in cui comincia a diffondersi lentusiasmo per il piano, ha recepito poco o nulla; cos concepisce lidea di
raccogliere in un volume i contributi pi significativi apparsi sino ad allora nella discussione, per cercare di riparare a un grave limite dei ragionamenti allora in voga: molte teorie che per lui sono assodate non godono, nella comunit scientifica, del consenso che meriterebbero; tra queste,
la pi feconda, secondo Hayek, senza dubbio la persuasione che per
raggiungere la massima efficienza produttiva la societ deve affidarsi a
un insieme di regole e leggi tali da consentire a ciascun individuo di mettere a frutto le sue conoscenze e le sue capacit per inseguire i suoi obiettivi, anzich delegare tutte le decisioni a unautorit centrale, preposta alla
definizione di un piano globale a cui ognuno deve sottomettersi57.
Gi in una lezione inaugurale tenuta nel 1933 Hayek propone una
ricostruzione della storia delle teorie economiche volta a mettere in luce
alcuni dei concetti che diventeranno determinanti nella sua produzione
successiva: Dallepoca di Hume e Adam Smith, leffetto di ogni tentativo
di comprendere i fenomeni economici [] consistito nel mostrare che, in
gran parte, il coordinamento a livello sociale degli sforzi individuali non
il prodotto di una pianificazione intenzionale, bens il risultato, e in
molti casi poteva solo essere il risultato, di mezzi che nessuno voleva o
comprendeva, e che, separatamente presi, potrebbero essere reputati
come alcune delle pi discutibili caratteristiche del sistema58.
Leconomista della LSE, tuttavia, non si limita a riprendere gli argomenti esposti da Mises; anzi, mentre questultimo afferma limpossibilit
logica del socialismo (scelta che gli attira gli strali dellintellighencija di
sinistra), Hayek rivolge la sua attenzione allimpossibilit pratica59. Non a
caso scrive: Indubbiamente siamo tanto lontani dal capitalismo nella sua
F.A. HAYEK, The Socialist Calculation I cit., p. 143.
Cfr. A. EBENSTEIN, op. cit., p. 91.
58
F.A. HAYEK, The Trend of Economic Thinking cit., p. 129.
59
Molte delle obiezioni avanzate inizialmente furono, in realt, pi un equivoco sulle
parole, causato dal fatto che Mises aveva talvolta fatto unaffermazione per certi versi
approssimativa, che il socialismo era impossibile, mentre ci che egli voleva dire era che il
socialismo rendeva il calcolo razionale impossibile. Naturalmente qualsiasi corso dazione
proposto, se la proposta ha un qualsivoglia significato, possibile nel senso stretto del termine, vale a dire, pu essere tentato. Linterrogativo pu essere soltanto se esso condurr ai
risultati previsti. ID., Socialist Calculation I cit., pp. 145-146.
56
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forma pura quanto da un qualsivoglia sistema di pianificazione centrale.


Il mondo odierno semplicemente caos interventista60. Tale differenziazione stata interpretata come una prova della volont hayekiana di
prendere le distanze dall estremismo di Mises, a favore di una concezione del socialismo pi possibilista, anche se solo dal punto di vista
teorico. La distanza tra i due forse minore di quanto non appaia a prima
vista: entrambi, infatti, credono che qualora i prezzi cio il parametro
delle decisioni economiche vengano aboliti, il sistema economico collasserebbe; in altri termini, la pianificazione sar anche possibile, ma
deve fare a meno del progresso. Perci, non che ogni sforzo di dar vita
a un sistema pianificato sia destinato al fallimento: quello che sicuro, per
Mises come per Hayek, che unimpresa del genere causer un abbassamento del tenore di vita della popolazione, ben al di sotto di quello assicurato dal capitalismo. Definendo il socialismo impossibile, in una fase
storica in cui la rivoluzione bolscevica ha gi avviato lambizioso tentativo di creare uneconomia non di mercato, Mises sarebbe semmai colpevole di una scelta poco accorta dei termini61.
Uninterpretazione del genere, tuttavia, non suffragata dal giudizio
che lo stesso Hayek, nella sua autobiografia, esprime in proposito: Il
postulato di Mises se siamo assolutamente razionali e decidiamo tutte le
basi, possiamo vedere che il socialismo sbaglia un errore. Se rimaniamo razionalisti e utilitaristi, ci implica che noi possiamo sistemare
ogni cosa a nostro piacere. Quindi Mises non mai riuscito a liberarsi da
quella filosofia fondamentale al cui interno siamo cresciuti tutti: la ragione pu fare qualsiasi cosa meglio della pura tradizione. Da questo elemento, in particolare, egli non riusc mai a liberarsi. Anche se ho accettato quasi tutto della critica di Mises al socialismo, in questo senso adesso capisco perch quella critica non produsse molti effetti. Il motivo di ci
da ricercarsi nel fatto che nel caso di Mises la critica al socialismo ha
continuato ad essere basata sullerrore fondamentale del razionalismo e
del socialismo: ovvero che siamo tutti dotati del potere della ragione che
ci permette di sistemare qualsiasi cosa razionalmente62. Il brano, oltre a
essere illuminante del tono decisamente antirazionalista cui approdato
il pensiero di Hayek, lascia pochi equivoci su quanto egli si senta lontano
dallimpostazione del suo antico maestro.
Ci che accoglie, piuttosto, la convinzione che i dati a disposizione
Ibidem, p. 136.
Cfr. D. LAVOIE, Rivalry and Central Planning: the Socialist Calculation Debate
Reconsidered, Cambridge, Cambridge University Press, 1985, pp.151-154.
62
F.A. HAYEK, Hayek su Hayek cit., p. 105.
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dellorganismo incaricato di preparare il piano siano sempre insufficienti,


rispetto alla natura dinamica delleconomia63: Laspetto essenziale dellattuale sistema economico che in qualche modo reagisce a tutti quei
piccoli cambiamenti e varianti che finirebbero deliberatamente ignorati
sotto il sistema che stiamo discutendo, se i calcoli dovessero essere fattibili. Cos una decisione razionale sarebbe impossibile rispetto a tutti questi
dettagli che, nel loro insieme, determinano il successo dello sforzo produttivo64.
Nella seconda met degli anni Trenta, quando
buona parte dellopinione pubblica ripone sempre
pi le sue speranze di risolvere i drammi sociali
dellepoca, acuiti dalla crisi del 1929, nel piano,
visto come unico antidoto agli imprevisti di uneconomia lasciata a se stessa, la denuncia di come la pianificazione delle attivit produttive trascenda le facolt conoscitive di qualsiasi individuo diventa una delle costanti
della riflessione hayekiana. Il saggio che meglio esprime lapprodo
hayekiano alle tematiche epistemologiche Economia e conoscenza, dove
lAutore espone in modo compiuto la tesi della divisione sociale della
conoscenza, destinata a rendere la prospettiva del socialismo almeno
per come stata tradizionalmente definita inaccettabile. Con questo
scritto del 1937 Hayek rompe con la precedente impostazione metodologica, di impronta wieseriana e misesiana, imperniata su una concezione
rigidamente introspettiva della conoscenza, per attestarsi sulla convinzione che esiste una ripartizione sociale della conoscenza, analoga a quella
del lavoro, le cui limitazioni possono essere superate soltanto in virt delleconomia di mercato65. E persuaso che leconomia, per ci che implicito nel suo modo di argomentare, si sia avvicinata pi di ogni altra disciplina a dare una risposta al quesito centrale per tutte le scienze sociali, e
cio in che modo la combinazione di frammenti di conoscenza, di cui
dispongono individui diversi, pu portare a risultati che, per poter essere
ottenuti consapevolmente, richiederebbero un grado di conoscenza e di
informazioni in colui che fosse chiamato a prendere le decisioni che, in
realt, nessuna persona potr mai possedere66.

5. EPISTEMOLOGIA
ED ECONOMIA

Cfr. E.W. STREISSLER, op. cit., pp. 61-63.


F.A. HAYEK, The Socialist Calculation II: The State of the Debate, in Individualism and
Economic Order cit. (reprinted from Collectivist Economic Planning cit.) pp. 156-157.
65
Cfr. A. EBENSTEIN, op. cit., pp. 94-97.
66
F.A. HAYEK, Conoscenza ed economia, in Il realismo politico di Ludwig von Mises e
Friedrich von Hayek cit. (ed. orig. Economics and Knowledge, Economica, IV, 1937, 13,
pp. 33-54, poi in Individualism and Economic Order cit.), p. 454.
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Ci che a Hayek preme enfatizzare che i prezzi rappresentano non,


semplicemente, un condensato di informazioni, ma, piuttosto, strumenti
che ci consentono di fare luso pi proficuo di una conoscenza che altrimenti, pur esistendo, ci rimarrebbe ignota. Poich, stando alla teoria
hayekiana, della suddetta conoscenza, frammentata tra una pluralit di
attori, non pu impadronirsi alcuno, individualmente67, essa pu essere
designata, seguendo Gray, come una conoscenza olistica o sistemica.
Infatti, le informazioni sintetizzate nei prezzi purch risultanti dal gioco
della concorrenza68 e non fissati dallalto sono, singolarmente prese,
senza valore. Il mercato, perci, si configura come un istituzione epistemica, grazie a cui tutti possono ottimizzare la pi scarsa delle risorse: la
conoscenza, appunto, di cui Hayek, analogamente allamico Michael
Polanyi69 e a Michael Oakeshott70, pone in evidenza la componente tacita.
Nel 1940, quando anche in Gran Bretagna gli argomenti a favore
della programmazione ricevono nuova linfa dallo scoppio della guerra,
che, agli occhi di molti, rende lintervento statale pi che mai auspicabile,
lAutore rincara la dose: pensare di sostituire i prezzi con una definizione del valore delle merci a carico del comitato pianificatore semplicemente assurdo, perch e qui Hayek si avvale del contributo offerto da
Pareto nel suo Manuale deconomia politica gi in un ipotetico sistema
costituito da 100 soggetti e 700 merci (un sistema molto semplificato, dunque) ci sarebbero oltre 70.000 equazioni da risolvere contemporaneamente, per determinare il valore delle merci; in altre parole, si oltrepasserebbero di gran lunga le possibilit dellalgebra. In un sistema reale, con
milioni di persone e una quantit innumerevole di merci, i rapporti tra
In realt, puntualizza Parsons, tale conclusione non affatto pacifica, soprattutto alla
luce dello sviluppo della tecnologia informatica e delle stesse analisi economiche. Lo studioso della LSE non fornisce una spiegazione convincente del perch conoscenze disperse non
potrebbero essere aggregate e fatte convergere su un unico centro decisionale. Inoltre, i limiti della conoscenza umana creano difficolt anche nelle economie di libero mercato, che non
possono essere semplicisticamente liquidate appellandosi alle virt taumaturgiche del coordinamento spontaneo. Si veda: S.D. PARSONS, Hayek and the Limitations of Knowledge, in
Hayek: Economist cit., pp. 63-64.
68
In tutti i suoi scritti Hayek non si riferisce mai al modello della concorrenza perfetta, che
giudica anzi irrealistico e per certi versi autocontraddittorio. Si veda F.A. HAYEK, Il significato della concorrenza, in Il realismo politico cit.(ed. orig. The Meaning of Competition, in
Individualism and Economic Order cit.), pp. 493-512.
69
Cfr. M. POLANYI, The Stability of Beliefs, The British Journal for the Philosophy of
Science, III, 1952, 11, pp. 217-232.
70
Si veda: M. OAKESHOTT, Rationalism in Politics and Other Essays, London, Methuen &
Co., 1962, in particolare The Tower of Babel (1948), pp. 59-79 e Political Education (1951),
pp. 111-136.
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matematica e politica economica si capovolgerebbero: non sarebbe pi la


prima a soccorrere, con i calcoli, la seconda, ma dovrebbe essere la politica economica a sopperire (con decisioni arbitrarie) allincapacit della
matematica di fornire le soluzioni attese71.
In Luso della conoscenza nella societ (1945), altro tassello di
Individualismo e ordine economico, Hayek si addentra nella disamina
della natura della conoscenza: La questione si sposta dunque in larga
misura sullimportanza relativa dei vari tipi di conoscenza: la conoscenza
che pi probabilmente si trova a disposizione dei singoli individui, oppure quella che con maggior fiducia possiamo attenderci si trovi in possesso di un ente formato da esperti opportunamente selezionati. Se attualmente, e con cos ampio consenso, si ritiene che questultimo sia in una
situazione pi favorevole, perch un solo tipo di conoscenza la conoscenza scientifica occupa oggi un posto talmente importante nella immaginazione popolare, da far dimenticare che non si tratta dellunica conoscenza che conti. [] una breve riflessione porta a dimostrare, al di l di
ogni dubbio, lesistenza di un insieme di conoscenze molto importanti ma
disorganizzate, che non possono in alcun modo essere definite scientifiche, nel senso che non sono conoscenze di regole generali: mi riferisco
alla conoscenza delle circostanze particolari di tempo e di luogo. A questo proposito, va detto che praticamente ciascun individuo ha qualche
vantaggio su tutti gli altri perch in possesso di informazioni esclusive,
da cui sarebbe possibile trarre beneficio, ma che sono utilizzabili solo se
le decisioni relative vengono lasciate allindividuo stesso, o prese con la
sua collaborazione attiva72.
LAutore, tuttavia, non esplora un crinale essenziale: non forse possibile, se non probabile, che gli attori del mercato siano riluttanti a socializzare la loro conoscenza, soprattutto quella implicita? Esemplare il
caso delle abilit tecniche: la legge del mercato impone di sfruttare il possesso da parte di pochi di certe capacit, per accrescerne il valore com71
Cfr. F.A. HAYEK, Socialist Calculation III: the Competitive Solution, in Individualism and
Economic Order cit. (reprinted from Economica, VII, 1940, 26, pp. 125-149), pp. 181182.
72
ID., Luso della conoscenza nella societ, in Il realismo politico di Ludwig von Mises e
Friedrich von Hayek cit. (ed. orig. The Use of Knowledge in Society, American Economic
Review, XXXV, 1945, 4, pp. 519-30, poi in Individualism and Economic Order cit.), p. 396.
E impossibile sintetizzare una conoscenza siffatta in una serie di statistiche (pure molto in
auge fra gli economisti); non si vede perci, avverte lAutore, come sarebbe possibile trasmetterla a un organo centrale, perch la incorpori nelle premesse dei suoi piani. Cfr. ibidem, p. 400.

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merciale. Pertanto, ammesso che la libera concorrenza costituisca il sistema che meglio mette a frutto informazioni e abilit disperse, il problema
non si arresta qui, rimanendo uno scarto tra ci che viene messo a disposizione di tutti e ci che, al contrario, rimane gelosamente custodito da
pochi, nei vari settori, a detrimento della conoscenza olisticamente intesa73.
Possiamo riassumere cos la concezione, ruotante attorno al rapporto
tra epistemologia ed economia, che, a partire dalla fine degli anni Trenta,
si va radicando nel pensiero di Hayek: lindividuo, nel perseguire i propri
obiettivi, si regola sulla base delle poche e frammentarie conoscenze di
cui dispone. Agendo egli deve, pertanto, mettere in conto dei rischi, che
derivano non soltanto dalla scarsit di informazioni di cui in possesso
(con la relativa incertezza sulla congruit dei mezzi utilizzati rispetto ai
fini prescelti), ma anche dal trovarsi inserito in una rete di azioni, il cui
esito pu non essere quello voluto dal singolo. Lesistenza umana non
dominata dal caos, nondimeno la condotta individuale ha origine e si
compie in un ambito popolato dalle azioni altrui. La vita sociale, dunque,
e pi in generale la storia, sono contraddistinte dalleterogenesi dei fini74;
essa, tuttavia, anzich minacciare la sopravvivenza dellordine sociale,
spiega e legittima la necessit di regole generali di comportamento e
costituisce la sola garanzia di un duraturo accordo fra gli individui75.
Nei saggi scritti tra il 1941 e il 1951 (gli anni
in cui Hayek assiste, prima, a un massiccio intervento statale imposto dalla guerra e, successivamente, allavvento al potere di un governo dichiaratamente collettivista76) e poi raccolti in Labuso della ragione, lAutore
perviene a definire una dicotomia, imperniata sulla valutazione delle
facolt conoscitive dellessere umano; crede, infatti, che si manifestino, al
riguardo, due orientamenti incompatibili: luno, lindividualismo, umilmente ammette che non pu esistere una Ragione separata e superiore
alla ragione dei singoli, e pertanto cerca di individuare i processi sponta-

6. INDIVIDUALISMO
E COLLETTIVISMO /
COSTRUTTIVISMO

Cfr. S. BHM, art. cit., pp. 169-172.


Cfr. N. MATTEUCCI, art. cit., pp. 77-78.
75
Cfr. V. OTTONELLI, op. cit., p. 65.
76
I labouristi trionfano nelle elezioni del 1945. Sui sei anni dellesecutivo Attlee si vedano
almeno: K.O. MORGAN, Labour in Power. 1945-51, Oxford-New York, Oxford University
Press, 1984 e A. THORPE, A History of the British Labour Party, Houndmills, Basingstoke
(Hampshire), Palgrave, 20012 (1a ed. 1997), pp. 104-124.
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nei che hanno reso possibile il coordinamento delle azioni individuali, alla
base della nostra civilt; laltro, il collettivismo, presume, peccando di
hybris, di poter equiparare la variet delle forze sociali (quindi anche
delle conoscenze) a un tutto oggettivamente dato, su cui si pu imporre
una direzione cosciente generalizzata77. Si tratta di unambizione del tutto
illegittima, che Hayek attribuisce non solo ai regimi totalitari, ma anche
alle forze, come i labouristi britannici, che si preoccupano sinceramente
di conciliare controllo statale e libert.
Egli richiama lattenzione su quello che, ai suoi occhi, si configura
come uno stridente paradosso: Normalmente la teoria del collettivista
che esalta la ragione dei singoli e pretende di sottoporre tutte le forze
della societ alla direzione di una sola mente sovrana, mentre la teoria
dellindividualista che riconosce quanto limitati siano i poteri della ragione dei singoli, ed per questo che egli si fa propugnatore della libert,
sapendo che essa lunico mezzo idoneo a garantire lattuazione di tutta
la potenziale ricchezza del processo interindividuale78.
La contrapposizione tra hybris collettivista e umilt individualista79, leitmotiv dellintera produzione hayekiana, ritorna nellopera diventata celebre pi per la sua vis polemica che per la solidit delle sue analisi scientifiche, La via della schiavit, in cui assumono particolare importanza le
implicazioni politiche delluna e dellaltra mentalit. Il collettivismo, che si
presenti nella forma del fascismo o del comunismo80, si contrappone al
liberalismo per il disdegno con cui guarda a ci che spontaneo e per la
sua ambizione di organizzare tutta quanta la vita sociale, in conformit a
un unico fine (quale che sia). Ogni minimo tassello, pertanto, deve essere
rapportato al bene comune, o interesse generale: espressioni quanto
mai vaghe ironizza lAutore che di per s certo non possono costituire uno stimolo allazione. Ne discende la necessit, perch la pianificazione possa funzionare, di attribuire, ai molteplici e spesso confliggenti
bisogni e desideri esprimibili dagli individui, un posto in una gerarchia di
valori il cui criterio di definizione fornito dal fine ultimo della societ
la quale, in linea di principio, dovrebbe essere esaustiva, se si vuole che
77
Cfr. F.A HAYEK, Labuso della ragione, Roma, SEAM, 1997 (ed. orig. The CounterRevolution of Science: Studies on the Abuse of Reason, 1952), pp. 123-124.
78
Ibidem, p. 115.
79
In questi termini si esprime Hayek nellOpening Adsress to a Conference at Mont Plerin
cit., p. 244.
80
Con il termine collettivismo, infatti, Hayek designa un complesso di strumenti che possono essere utilizzati per fini diversi. Il socialismo, perci, una specie del genere collettivismo. Cfr. ID., La via della schiavit, Milano, Rusconi, 1995, pp. 80-81.

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il pianificatore sia in grado di prendere una decisione in mezzo a tutte le


opzioni che gli si presentano. Ora, non solo ladozione di un codice etico
onnicomprensivo segnerebbe un pauroso regresso rispetto allevoluzione
della civilt occidentale (che andata nella direzione di limitare sempre
pi gli ambiti della vita individuale assoggettabili a regole), ma siamo
al punto per Hayek essenziale qualcosa del genere non esiste e non pu
esistere, perch nessun essere umano ha la facolt di conoscere tutti i bisogni e le aspirazioni dei suoi simili (nemmeno su scala ristretta) e di assegnare a ciascuno di essi uno specifico valore. Sebbene lo scopo dichiarato della pianificazione sia quello per cui luomo dovrebbe cessare di
essere semplicemente un mezzo, nella realt dei fatti dato che sarebbe
impossibile tener conto nel piano delle preferenze e delle avversioni individuali lindividuo diventerebbe pi di prima un puro mezzo, usato dallautorit a servizio di astrazioni quali il benessere sociale o il bene
della comunit81. proprio dalla consapevolezza di tale limite che prende le mosse la filosofia individualista, che coerentemente rivendica il diritto del singolo di perseguire i propri fini, senza interferenze esterne (se non
laddove sia indispensabile per garantire lanalogo diritto degli altri). In
una simile concezione, il fine sociale appare semplicemente come lidentico fine di molti individui, o un fine per la cui realizzazione pi persone
sono disposte a cooperare, ricevendo in cambio collaborazione per il perseguimento di altri fini82.
Nel 1945 Hayek tiene una conferenza allUniversity College di
Dublino; il titolo, che anticipa lo spirito battagliero dellAutore, :
Individualismo: vero e falso83. Si tratta della prima tappa di un percorso
che sfocer nella dicotomia: razionalismo critico / razionalismo costruttivista; Hayek ritiene, infatti, che, per procedere a una definizione dei capisaldi della teoria liberale, sia indispensabile prendere coscienza della
netta distinzione, affiorante nella storia del pensiero politico, tra due specie di individualismo, a suo giudizio inconciliabili84.
81 Ibidem, p. 149.
82 Cfr. ibidem, pp. 106-110.
83 Harrod scrive che il dogmatismo insito nel titolo stesso, per poi ironizzare sullattitudine platonica di Hayek, che commisura gli scritti sullindividualismo allIdea, platonicamente intesa appunto, di questo; atteggiamento che Harrod liquida come tipico delluomo
della strada, ma anche del profeta. Cfr. R.F. HARROD, Professor Hayek on Individualism, ora
in Friedrich A. Hayek. Critical Assessments, vol. II, edited by J. Cunningham Wood and R.N.
Woods, London-New York, Routledge, 1991 (ripubblicato da Economic Journal, LVI,
1946, 223, pp. 435-442), pp. 70-71.
84 Con lo scorrere del tempo lAutore diventato consapevole del rischio che il suo rigetto del razionalismo, in nome della tradizione evoluzionista della filosofia occidentale, fosse

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Lindividualismo vero, cos lo definisce, affonda le sue radici nel pensiero di Locke e ancor di pi in quello di Mandeville e Hume, per trovare
una sistematizzazione negli scritti di Tucker, Ferguson, Smith e Burke
(allultimo dei quali va la sua smisurata ammirazione), e un ulteriore perfezionamento nellopera di Tocqueville e Lord Acton (altro riconosciuto
maestro). Lindividualismo falso, per contro, ascrivibile principalmente
a pensatori francesi o comunque continentali, il che, secondo Hayek, si
spiega con linfluenza esercitata in quei paesi dal razionalismo cartesiano. I nomi di spicco sono quelli degli Enciclopedisti, di Rousseau e dei
fisiocrati. Si tratta di un individualismo mendace perch finisce, prima o
poi, per rovesciarsi nellindirizzo che dovrebbe collocarsi agli antipodi,
vale a dire il collettivismo, cui lAutore imputa i mali dellepoca85.
La dicotomia solleva parecchie riserve. Innanzitutto, con buona pace
dellavversione hayekiana per la tradizione continentale, il fatto che egli
utilizzi, per entrambi gli indirizzi di pensiero, la stessa denominazione
(individualismo), pur enfatizzando lautenticit delluno e la falsit dellaltro, suggerisce non a Hayek, per che alla fin fine non esiste una vera
e propria antitesi, o almeno che la trasformazione del primo nel secondo
pu compiersi salvaguardando una sostanziale continuit; infatti, che lordine sociale sia il frutto non ricercato e non previsto dellinterazione fra gli
individui, come auspica il vero individualismo, oppure il risultato di un
progetto, in armonia con il falso individualismo, in un caso e nellaltro lindividuo svolge una funzione di primo piano nella formazione dellordine,
contrariamente a quel che ammesso dalle correnti organicistiche. La differenza, piuttosto, va individuata nel fatto che solo il secondo assume
come punto di partenza non realistico gli individui astratti dello stato
di natura86.
Lascia ancora pi perplessi lequiparazione contestata gi nel 1946
dalleconomista Harrod tra individualismo, liberalismo e tradizionalismo, da un lato, e razionalismo e socialismo, dallaltro, quando invece i
termini pi appropriati per descrivere gli orientamenti richiamati da
Hayek sembrerebbero essere conservatorismo e radicalismo87. Gli interroconfuso con una professione di irrazionalismo e di tradizionalismo fatalistico. Ha pertanto
perfezionato la terminologia, cui ha sempre dedicato una cospicua attenzione, distinguendo
fra un razionalismo evoluzionista, o critico, e un razionalismo costruttivista, o acritico. Cfr.
V. OTTONELLI, op. cit., pp. 5-6.
85
Cfr. F.A. HAYEK, Individualismo: quello vero e quello falso, Soveria Mannelli,
Rubbettino, 1997 (ed. orig. Individualism: True and False, in Individualism and Economic
Order cit.), pp. 42-43.
86
Cfr. P.P. PORTINARO, op. cit., pp. 45-6.
87
Cfr. R.F. HARROD, art. cit., p. 72.

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gativi pi pressanti, tuttavia, sono sollecitati della presunta e rivendicata, dallAutore continuit tra il suo pensiero e la filosofia sociale degli
Illuministi scozzesi del XVIII secolo. In sostanza, la drastica antitesi tra i
due tipi di individualismo non granitica come leconomista della LSE pretende.
Hayek, nei saggi degli anni Quaranta, calca
laccento sul fatto che stato il liberalismo di
matrice britannica a contrastare, in linea di principio, e non meramente su questo o quellaspetto,
il centralismo, il socialismo (e il nazionalismo);
allopposto, il liberalismo continentale li ha incoraggiati88.

7. LE FONTI
DI ISPIRAZIONE
DI HAYEK

Sono stati cos descritti gli assi portanti dellindividualismo autentico


secondo la lettura hayekiana: se si vuole raggiungere la comprensione dei
fenomeni sociali, bisogna partire dalle aspettative individuali e dalle azioni che ne derivano89; parecchie istituzioni su cui si regge la civilt non
traggono origine da un progetto consapevole (anzi, dalla collaborazione
involontaria di individui liberi spesso discendono risultati pi apprezzabili di quelli che le singole menti potrebbero mai definire e perseguire); la
ragione uno strumento limitato e fallibile. Questultimo punto con latteggiamento di umilt che implica sarebbe laspetto pi peculiare dellindividualismo di stampo inglese, insieme con lassunzione della natura
essenzialmente indolente e egoista dellindividuo, arginata soltanto dal
contesto sociale, nel cui ambito il singolo da un lato costretto a moderare il suo particolarismo, dallaltro indotto da meccanismi impersonali a collaborare alla soddisfazione dei bisogni degli altri90.
Evidentemente Hayek non ritiene che gli avvenimenti seguiti alla crisi
del 1929 richiedano una revisione del tradizionale rapporto tra societ e
Stato; eppure, a molti suoi contemporanei, in Inghilterra come altrove, la
grande depressione ha bruscamente svelato linfondatezza della fiducia
nella capacit del capitalismo concorrenziale di autoregolarsi e nel felice
contemperarsi del perseguimento dellinteresse particolare con la realizzazione del benessere collettivo. Se gi da un pezzo tali convinzioni semCfr. F.A. HAYEK, Individualismo: quello vero cit., pp. 75-76.
Su questo punto vale la pena di segnalare un disaccordo tra Hayek e Mises: mentre per
il secondo la teoria del mercato rappresenta un a priori, per il primo lunico a priori ammissibile la logica dellazione individuale. Cfr. N. MATTEUCCI, art. cit., p. 70.
90
Cfr. M.M. WILHELM, The Political Thought of Friedrich A. Hayek, Political Studies, XX,
1972, 2, p.171.
88
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bravano debolmente suffragate dal funzionamento delleconomia occidentale cresciuta grazie alla collaborazione, non sempre facile, tra
iniziativa individuale e intervento statale un dato di fatto che nel periodo dal 1929 al 1937 soltanto limpegno dello Stato nella sfera economica riesce ad attenuare le devastanti ricadute del crollo di Wall Street. Si
tratta di processi che inevitabilmente si ripercuotono anche sul pensiero
politico ed economico91; non su quello di Hayek, per: anzi, ogni forma
di intervento pubblico nelleconomia da lui ricondotta al falso individualismo, espressione che identifica qualunque ordine rinvenibile nella
societ con lesito di un progetto consapevole, e assume che tutte le acquisizioni delluomo siano il frutto dellesercizio della ragione individuale,
concepita come una facolt compiuta e accessibile a chiunque92.
Qual il limite intollerabile dellindividualismo razionalistico?
Potremmo dire che per Hayek sta nel salto logico in cui esso incorrerebbe: dallevidenza che le istituzioni sociali sono opera delluomo conclude,
infatti, che sono state deliberatamente progettate per assolvere a determinati fini e, in modo complementare, che anche qualora i bisogni individuali siano soddisfatti senza unorganizzazione, ci non rappresenti altro
che un esito accidentale (salvo poi addossare responsabilit a singoli o a
unintera classe o razza se certe altre esigenze restano disattese)93. Il grande merito dei pensatori individualisti in particolare di scuola scozzese
consistito, nella ricostruzione di Matteucci, nellinterrogarsi su quali istituzioni possano indurre luomo, senza far ricorso alla coercizione, a dare
il suo contributo alle necessit di tutti, e nellindividuare la soluzione nel
sistema della propriet privata, senza peraltro illudersi che, in assenza di
istituzioni positive, potesse esistere qualcosa di simile a una naturale
armonia degli interessi. Al contrario, il conflitto interindividuale ineludibile, ma pu essere temperato dal mercato stesso, dai valori morali condivisi, nonch da interventi del governo che, tuttavia, abbiano la forma di
leggi generali e astratte94.
Recentemente, per, stata sottoposta a serrata critica la pretesa di
Hayek di collocarsi nella medesima tradizione di pensiero cui appartengono Mandeville, Hume e Smith. La loro interpretazione dellevoluzione
storica, infatti, non calca laccento in modo decisivo sul ruolo dei meccaCfr. F. GAETA, Democrazie e totalitarismi dalla prima alla seconda guerra mondiale,
Bologna, Il Mulino, 19892 (1a ed. 1982) , pp. 170-172.
92
Cfr. F.A. HAYEK, Individualismo cit., pp. 45-9.
93
Cfr. M. BOCCACCIO, op. cit., p. 25-6.
94
Cfr. N. MATTEUCCI, art. cit., p. 73.
91

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nismi impersonali nel processo di selezione, bens sulla preminenza della


comprensione e interpretazione individuale: certe regole si impongono
perch i soggetti che le mettono in pratica ne riconoscono leffetto vantaggioso. Ci che separa Hayek dai pensatori individualisti del XVIII secolo, dunque, non sono semplicemente due secoli di storia, ma la diversa
impostazione filosofica data al problema dellevoluzione sociale. La teoria hayekiana, dunque, non pu essere inquadrata come uno sviluppo
della filosofia di Mandeville, Hume e Smith, i quali, perci, sono illegittimamente presentati come dei precursori95. Hayek coglie un aspetto essenziale, vale a dire che il principale interesse dei grandi scrittori individualisti stato in verit quello di trovare un insieme di istituzioni da cui luomo potesse essere indotto, per sua propria scelta e tramite i motivi che
determinano la sua normale condotta [il corsivo mio], a contribuire il pi
possibile ai bisogni di tutti gli altri; e la loro scoperta fu che il sistema di
propriet privata forniva effettivamente questi incentivi molto pi di quanto si fosse finora capito96. Tuttavia, ci che manca nella filosofia sociale
hayekiana (e lassenza risulter ancora pi evidente nelle opere della vecchiaia, in cui si accentua la dimensione evoluzionistica97) proprio la
componente di adesione individuale alle norme di comportamento che si
rivelano pi idonee a favorire il coordinamento non coercitivo dei diversi
obiettivi98.
A smentire linterpretazione secondo cui lopera di Hayek segnerebbe
un revival del pensiero liberale nella sua forma classica99 concorre poi
unaltra differenza, ancora pi significativa: mentre il liberalismo classico
istituisce un nesso indissolubile tra libert e ragione, negli scritti hayekiani esse cozzano tra loro, giacch libert significa rimozione degli impedimenti allevoluzione sociale; tra questi, la fiducia nella ragione rappresenta il pi insidioso. La svalutazione delle facolt razionali dellessere
95
Cfr. C. PETSOULAS, Hayek Liberalism and its Origins. His Idea of Spontaneous order
and the Scottish Enlightment, London, Routledge, 2001, pp. 7-8. Lautrice argomenta la sua
tesi nei capp. III, Mandevilles Paradox: private Vices, Public Benefits, pp. 78-106; IV,
Artefice and Order in Hume, pp. 107-145; V, Adam Smith: Sympathy, Invisible Hand and
the Man of the Public Spirit, pp. 146-185.
96
F.A. HAYEK, Individualismo cit., pp. 54-55.
97
Si veda: ID., Legge, legislazione e libert. Una nuova enunciazione dei princpi liberali della giustizia e delleconomia politica, Milano, Il Saggiatore, 1994, in particolare il vol.
I, cap. 1, Razionalit ed evoluzione, pp. 13-47. Nella fase pi matura dellattivit intellettuale di Hayek, il soggettivismo e lindividualismo metodologico vengono rimpiazzati da una
prospettiva oggettivistica e funzionalistica. Cfr. S. PARSONS, op. cit., p. 66.
98
Cfr. C. PETSOULAS, op. cit., pp. 16-17.
99
Si veda, tra gli altri, J. GRAY, Hayek on Liberty, Oxford, Robertson, 1986, p. IX.

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umano compiuta da Hayek impedisce di accostare la sua filosofia agli


autori dellet classica del liberalismo, facendone semmai un esempio di
quel liberalismo formale la cui vulnerabilit risultata evidente, negli anni
tra le due guerre mondiali, di fronte allarroganza dellirrazionalismo100.

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Risulta problematico anche un altro aspetto


dellindividualismo, cos come tratteggiato da
Hayek: esso esalta limportanza delle tradizioni e
dei costumi, fenomeni spontanei che implicano
regole non sorrette dalla coercizione e nondimeno largamente seguite, s
da contribuire non poco a rendere prevedibile il comportamento altrui.
La disponibilit a sottomettersi a queste regole [] una condizione
essenziale per levoluzione ed il miglioramento graduali dei rapporti
sociali; e lessere normalmente pronti a sottomettersi al prodotto di un processo sociale che nessuno ha progettato e le cui ragioni nessuno pu capire, pure una condizione indispensabile, se si deve fare in modo di rinunciare alla coercizione101. Lapologia della tradizione costituisce un asse
portante anche della riflessione sviluppata, negli anni Quaranta, da
Michael Oakeshott e Michael Polanyi. Il primo classifica la categoria centrale del proprio pensiero come un idioma di attivit, un flusso di simpatia, in seno al quale possono indubbiamente scoppiare delle crisi (nel
caso estremo, una rivoluzione), che per non nascono mai dal nulla, formandosi anchesse in seno alla tradizione medesima102. Quanto a Michael
Polanyi, egli persuaso che la societ libera, al pari della Repubblica
della Scienza, possa vivere e prosperare solo a patto che i suoi componenti rispettino e valorizzino la continuit, vale a dire le pratiche, le istituzioni, i valori tramandati dalla storia103.

8. LA SUPERIORIT
DELLE FORMAZIONI
SPONTANEE

stato osservato come Hayek riconosca che non tutti i costumi e le credenze appaiono essenziali allevoluzione della societ e alla sua soprav100
Cfr. M. FORSYTH, Hayeks Bizarre Liberalism: A Critique, Political Studies, XXXVI,
1988, 2, pp. 236-237. Lautore riscontra, perci, un paradosso macroscopico: a dispetto di
tutto limpegno profuso dalleconomista di Vienna per delegittimare dalle fondamenta la cultura e la politica totalitaria, alcuni dei suoi assunti non sono affatto lontani da quelli che
hanno ispirato almeno un filone del totalitarismo.
101
F.A. HAYEK, Individualismo cit., p. 69.
102
Si vedano M. OAKESHOTT, Rational Conduct (1950), in Rational Conduct cit., pp.
100-109 e D. SPITZ, A Rationalist Malgr Lui. The perplexities of Being Michael Oakeshott,
Political Theory, IV, 1976, 3, pp. 335-52.
103
Si veda: M. POLANYI,The Logic of Liberty. Reflections and Rejoinders, London,
Routledge & Kegan, 1951, cap. II, Scientific Convictions, pp. 8-31.

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vivenza; ci nonostante, poich si tratta di processi che si svolgono indipendentemente dalle volont individuali, nessuno pu stabilire che cosa
vada mantenuto e che cosa invece cancellato. Lutilit di ciascuna regola
consuetudinaria, inoltre, andrebbe commisurata alla natura dellintero
sistema di regole, perci avr valore solo una critica dallinterno, che non
ha nulla a che vedere con la folle ambizione di ripartire da zero, dopo
aver esaminato le singole componenti della societ dallesterno, in modo
asettico (come se la mente individuale potesse astrarsi dal contesto in cui
si formata)104.
E evidente, per, che la linea di confine tra ci che costituisce un portato della tradizione e ci che, invece, frutto del vizio costruttivista non
affatto netta, prestando il fianco a unampia discrezionalit. Nel 1947,
al convegno della Mont Plerin, Hayek avverte che durante lultimo secolo si sono saldamente radicati certi traguardi morali per la soddisfazione
dei quali, in una societ libera, possono essere trovate delle tecniche adatte. Quandanche non dovessimo condividere pienamente linedita importanza attribuita ad alcuni di questi nuovi valori, dobbiamo in ogni caso
accettare che determineranno lagire per un lungo tempo a venire, e considerare con prudenza che posto possa essere riservato loro in una societ
libera. E soprattutto, ovviamente, la richiesta di maggior sicurezza e
maggior eguaglianza che ho in mente. In entrambi i casi credo si debba
accuratamente distinguere con quale significato sicurezza ed eguaglianza possono o non possono essere fornite in una societ libera105.
LAutore si riferisce alla benevolenza con cui, nel secondo dopoguerra, si
guarda, in Europa e negli Stati Uniti, al sempre pi esteso intervento dello
Stato per tutelare i cittadini dagli imprevisti del sistema economico. In quegli stessi anni, anche Oakeshott constata con allarme che la pianificazione integrale viene calorosamente incoraggiata da tutti coloro che sono
alla disperata ricerca della sicurezza106.
Questa, analogamente alleguaglianza, rappresenta un valore che,
nella sua accezione sostanziale, non appartiene certo alla tradizione liberale e che, tuttavia, come ammette lo stesso Hayek, a partire dagli ultimi
decenni dellOttocento ha attecchito nel dibattito politico occidentale,

Cfr. V. OTTONELLI, op. cit., pp. 18-19.


F.A. HAYEK, Free Enterprise and Competitive Order (substance of paper which served to open a discussion on the subject indicated by its title held at a conference at MontPlerin, Switzerland, in April, 1947), ora in Individualism and Economic Order cit., p. 109.
106
Cfr. M. OAKESHOTT, Contemporary British Politics, Cambridge Journal, I, 1948, 8,
p. 478.
104
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soprattutto dopo la prima guerra mondiale, la rivoluzione bolscevica e la


depressione. Ci che compromette gravemente la solidit del ragionamento hayekiano il fatto che i suddetti valori sono germogliati dal
costruttivismo, cui difficile negare, con buona pace del disprezzo per
esso provato dallAutore, la qualifica di tradizione di pensiero; compiuto
tale passo, non si capisce perch una tradizione quella individualista
debba godere della massima dignit e rispetto, mentre laltra quella
costruttivista appaia solo nelle vesti di minaccia mortale per le pi alte
conquiste della civilt occidentale107. In altri termini, lapologia hayekiana
della tradizione unidirezionale, non affrontando in modo equilibrato il
rapporto fra tradizioni diverse.
Formazioni il termine che, negli anni Quaranta, Hayek utilizza in
antitesi a istituzioni, intendendo con queste ultime le organizzazioni create per assolvere a specifiche finalit108. Il mercato, il linguaggio, non sono
lesito di un progetto cosciente, e la loro stessa sopravvivenza e funzionalit derivano dalle azioni di individui che intenzionalmente non mirano a
mantenerle in vita. Nonostante la popolarit che la richiesta di una direzione consapevole dei fenomeni sociali incontra, lidea che le attivit deliberatamente guidate siano intrinsecamente preferibili ai processi spontanei corrisponde quindi, secondo lAutore, a una sciocchezza priva di fondamento. Egli ha maturato una simile persuasione gi nei primi anni
Trenta: Mentre il movimento dei corpi celesti o i mutamenti del nostro
ambiente materiale suscitavano la nostra meraviglia perch erano chiaramente causati da forze che non conoscevamo, lumanit rimase e la
107
Anche Petsoulas trova sconcertante il manicheismo di Hayek: tra i fenomeni che egli
reputa superiori (lordine spontaneo, il mercato, il razionalismo critico, il liberalismo) e la
loro antitesi, vale a dire il costruttivismo, il socialismo, il totalitarismo, esiste unirriducibilit
senza appello e senza possibilit di mediazione. Cfr. C. PETSOULAS, op. cit., p. 12.
108
Cfr. F.A. HAYEK, Labuso della ragione cit., pp. 110-111. Scrive Ornaghi, riferendosi
alla scelta del termine formazione: Il rinvio al linguaggio geologico non deve sorprendere affatto, giacch, anzi, esso viene ad anticipare la concezione di un lento sedimentarsi
degli elementi cognitivi ed emozionali del comportamento umano. L. ORNAGHI, Ordine
spontaneo e principi di formazione statale. Lidea di istituzione in von Hayek, in Il pensiero
di Friedrich August von Hayek cit., vol. II cit., p. 146. Negli scritti posteriori al periodo londinese, Hayek adotter una terminologia diversa: ordine spontaneo e organizzazione. Si
veda: Legge, legislazione e libert cit., vol. I, cap. 2, Cosmos e taxis, pp. 48-72. La
paternit dellespressione ordine spontaneo viene, tuttavia, ascritta a Michael Polanyi. Cfr.
S. KUHNERT, Private Initiative in Polycentric Orders, Workshop in Political Theory and Policy
Analysis, Indiana University, Bloomington, May 2, 1998, p. 2. Si veda il gi cit. M.
POLANYI, The Logic of Liberty cit., pp. 159-165 (ma il concetto era gi stato sviluppato qualche anno prima; si veda ID., Planning and Spontaneous Order, The Manchester School of
Economic and Social Studies, XVI, 1948, 3, pp. 237-268).

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maggioranza degli uomini tuttora rimane sotto lerronea impressione


che, essendo tutti i fenomeni sociali il frutto delle nostre azioni, tutto ci
che discende da essi un loro deliberato scopo109.
In quanto non coercitivo, il mercato risulta pi efficiente della pianificazione; in tal senso pu assurgere a paradigma di un ordine sociale
spontaneo, categoria fondamentale nellopera hayekiana110. Sia un individuo completamente egoista o il pi perfetto altruista, i bisogni umani che
possono effettivamente interessarlo sono una frazione quasi trascurabile
dei bisogni di tutti i membri della societ. Il vero problema, dunque, non
se luomo sia o debba essere guidato da motivazioni egoistiche, ma se
si possa consentirgli di essere guidato nelle sue azioni da quelle conseguenze immediate che pu conoscere e che lo possono interessare, o se
invece debba essere indotto a fare ci che sembra appropriato a qualcun
altro, ritenuto in possesso di una maggior comprensione del significato di
queste azioni per la societ nel suo insieme111.
Se, grazie allinterazione spontanea, le forze sociali sono talvolta in
grado di superare difficolt che la singola mente non riuscirebbe mai a
risolvere e che forse non potrebbe nemmeno cogliere dando vita cos
a un ordine che potenzia le opportunit degli individui, bench nessuno
di loro abbia deliberato alcunch in proposito, non si pu allora non riconoscere incalza lo studioso viennese una qualche superiorit a siffatto genere di interazione. Il sistema dei prezzi (che tutti danno per scontato, e che invece, a detta dellAutore, dovrebbe essere riguardato con maggior consapevolezza e riconoscenza) in effetti additato da Hayek come
lesempio forse pi significativo della supremazia delle formazioni spontanee. Esso non altro che una cinghia di trasmissione di informazioni,
tanto pi efficace quanto meno viene imbrigliato, che implica un notevole
risparmio di conoscenze: comunica infatti unicamente le informazioni
essenziali (e in forma concisa) ed esclusivamente ai diretti interessati. I
fautori della programmazione a tutti i costi dovrebbero rammentare
polemizza il filosofo che il nodo da sciogliere consiste nellallargare lutilizzazione delle risorse oltre le capacit della singola mente e nel motivare gli attori ad agire in modo da produrre risultati socialmente apprezzabili, senza il ricorso a una guida centrale e senza coercizione. Ebbene,
il meccanismo dei prezzi una delle risposte: si tratta infatti di una delle
F.A. HAYEK, The Trend of Economic Thinking cit., p. 123.
Cfr. J. GRAY, Liberalismo, Milano, Garzanti, 1989 (ed. orig. Liberalism, 1986), pp.
113-114.
111
F.A. HAYEK, Individualismo, cit., pp. 56-57.
109
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formazioni che luomo si abituato a sfruttare, pur senza coglierne n la


genesi n del tutto il funzionamento112. Anche sul terreno prettamente
economico, tuttavia, Hayek, insistendo sulla debolezza della ragione
umana, finisce per riporre una fiducia eccessiva nelle virt della coordinazione spontanea; ne una riprova la sua sottovalutazione dei fattori
che possono compromettere il funzionamento del sistema dei prezzi113. Il
pensatore austriaco, inoltre, assume acriticamente il vantaggio rispetto
alla pianificazione che il mercato, grazie alla valorizzazione della conoscenza dispersa fra molti agenti, potrebbe sfruttare nel far fronte alle continue modificazioni della situazione economica, non tenendo nel debito
conto, nonostante la dura lezione del 1929, lesistenza di problemi che i
pianificatori potrebbero accollarsi, ma di fronte ai quali uneconomia in
cui il processo decisionale frammentato risulterebbe con buona probabilit impotente114.
Se i meriti delle formazioni spontanee sono
cos evidenti, come si spiega la crescente diffusione della mentalit costruttivista? Il primo capitolo
di La via della schiavit dedicato a La strada
abbandonata; poich Hayek non ha dubbi che lEuropa e la stessa Gran
Bretagna abbiano imboccato un sentiero che pu condurre al pi sciagurato dei destini la perdita della libert sente lurgenza di ricordare e
celebrare le conquiste della civilt occidentale, minacciate non soltanto dal
totalitarismo, ma da tutti coloro che ripongono nellintervento pubblico la
speranza di una gestione pi razionale delleconomia. Lopera, pertanto,
offre una ricostruzione dei traguardi morali e politici che lOccidente ha
accumulato nei secoli e del processo storico che ne favorisce la dissipazione.

9. IL PATRIMONIO
DELLA CIVILT
OCCIDENTALE

La lentezza (cos viene percepita, almeno) con cui si evolve la civilt


fondata sullindividualismo e la riprovazione per coloro che si servono
della fraseologia liberale per giustificare interessi di parte fanno s che, a
cavallo fra il XIX e il XX secolo, la fiducia nei principi delliniziativa privata e della concorrenza si incrini sempre pi115. Largomento allordine
Cfr. ID., Luso della conoscenza cit., pp. 404-406.
Cfr. B.J. MACCORMICK, op. cit., p. 252.
114
Cfr. J. SHEARMUR, Hayek and After cit., p. 51.
115
Hayek, a proposito della civilt da lui idealizzata e che sente in pericolo si abbandona, sin dallinizio degli anni Trenta, a considerazioni sorprendenti: E convinzione comune
che, verso la met del secolo scorso, forse sotto linflusso delle idee socialiste, la nascita di
112
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del giorno non pi il potenziamento e il perfezionamento della macchina esistente, bens la sua sostituzione integrale con qualcosa di radicalmente nuovo. Si assiste, dunque, a una vera e propria mutazione genetica rispetto alla tradizione individualistica: la preoccupazione ora quella di istituire una direzione collettiva e intenzionale di tutte le energie della
societ verso mete consapevolmente stabilite, anzi, predefinite, e non di
assecondare nel modo pi idoneo i processi spontanei, previa unadeguata comprensione di come funziona la societ esistente. Soltanto il
secondo atteggiamento, sentenzia Hayek, conforme allindividualismo:
il rapporto che un liberale intrattiene con la societ, infatti, ricorda quello di un giardiniere con la pianta che coltiva; per favorirne la crescita,
deve conoscere approfonditamente come fatta e di che cosa ha bisogno116.
Il patrimonio che le democrazie rischiano di dilapidare, se non saranno capaci di contrastare efficacemente linclinazione verso il controllo
integrale dellesistenza del singolo, non dallAutore identificato, peraltro, in un illusorio e nemmeno auspicabile laissez faire. Forse niente
ha arrecato pi danno alla causa liberale quanto lottusa insistenza di
alcuni liberali su certe rozze regole empiriche, soprattutto sul principio del
laissez faire. E, tuttavia, in un certo senso, questo era necessario ed inevitabile117. Pochi anni dopo, ribadisce la sua distanza da quel modello:
Anche se sarebbe unesagerazione, non sarebbe del tutto sbagliato
sostenere che linterpretazione del principio fondamentale del liberalismo
come assenza di attivit da parte dello Stato, anzich come una politica
che deliberatamente adotta la competizione, il mercato e i prezzi come
suo criterio ordinatore e utilizza la struttura giuridica imposta dallo Stato
per rendere la competizione la pi efficace e benefica possibile e per
integrarla laddove, e soltanto laddove, essa non riesca ad essere efficace
responsabile del declino della concorrenza tanto quanto il sostegno
attivo che i governi hanno fornito, direttamente o indirettamente, alla crescita dei monopoli. E la prima tesi di valenza generale che dobbiamo
prendere in considerazione, quella secondo cui la concorrenza pu esseuna coscienza sociale fu sollecitata dallesistenza della povert, che fino ad allora non era
stata presa in considerazione, e che si decise di non tollerare pi. [] Nessun serio tentativo stato fatto per dimostrare che i grandi economisti liberali erano meno preoccupati del
benessere delle classi pi umili della societ di quanto non lo siano stati i loro successori. E
non penso che un tentativo di questa sorta potrebbe andare a buon segno. F.A. HAYEK, The
Trend of Economic Thinking cit., p. 122.
116
Cfr. ID., La via della schiavit cit., pp. 64-66.
117
Ibidem, p. 63.

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re pi efficace e pi benefica grazie a certe attivit governative di quanto non sarebbe senza di esse118.
La concorrenza, purch possa funzionare senza interferenze, si connota, quindi, come il meccanismo pi efficace per valorizzare e coordinare le energie dei singoli, senza ricorrere a misure coercitive; ci non
significa che essa non necessiti di una cornice legislativa predisposta con
cura, n che, laddove non sussistano le condizioni per la sua efficacia,
non si possa ricorrere ad altri strumenti per indirizzare lattivit economica119. Proprio nella consapevolezza della natura artificiale del potere e
della sua strumentalit rispetto ai bisogni della societ civile pu essere
colto il nocciolo pi genuinamente liberale del pensiero di Hayek120. Se la
ragion dessere di un ordinamento consiste nel lasciare allindividuo la
massima opportunit di sfruttare le sue conoscenze e i suoi talenti, la delimitazione dei compiti dellautorit non pu caratterizzarsi come attribuzione di finalit specifiche, n come assegnazione di determinate risorse
a particolari soggetti (i programmi dei governi socialdemocratici risultano
cos completamente delegittimati). La soluzione viene individuata dal filosofo viennese nella definizione e nellaccettazione di principi formali, che
consentano a chiunque di comprendere dove finisce la sua sfera dazione
e comincia quella altrui. In virt del rapporto strettissimo che istituisce fra
lastrattezza della legge e la libert individuale121, Hayek non avverte la
necessit di circoscrivere rigidamente la sfera privata, n di appellarsi a
giustificazioni indipendenti; la libert del singolo, semplicemente, consiste
in tutte quelle azioni che non gli sono proibite dalle leggi (generali)122.
LAutore, in Individualismo: vero e falso, chiarisce la sua posizione:
egli non invoca un qualche principio guida che dovrebbe ispirare lazione del governo, ma auspica che tale organo si limiti a far rispettare le
regole che gli individui conoscono, e che possono di conseguenza costituire un complesso di parametri di cui, nelle loro decisioni, essi dovranno
tener conto. Si tratta di regole generali, non finalizzate a un qualche
scopo prestabilito, e destinate a rimanere in vigore per un arco di tempo
ID., Free Enterprise cit., p. 110.
Cfr. ID., La via della schiavit cit., pp. 83-84.
120
Cfr. M. BARBERIS, Hayek e il diritto: precauzioni per luso, Rivista internazionale di
filosofia del diritto, LXIV, 1987, 4, p. 535.
121
Il tema sar approfondito in F.A. HAYEK, The Constitution of Liberty cit., cap. X, Law,
Commands and Order, pp. 148-161 e in ID., Legge, legislazione e libert, cit., vol. I, cap.
5, Nomos: la legge della libert, pp. 120-153 e cap. 6, Thesis: il sistema giuridico creato
dalla legislazione, pp. 154-180.
122
Cfr. V. OTTONELLI, op. cit., p. 149.
118
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significativo: la politica liberale, infatti, per sua natura una politica a


lungo termine123. Tuttavia, macroscopica la difficolt di conciliare lenfasi sulla superiorit degli ordinamenti spontanei con il riconoscimento che
il mercato necessita di una struttura legale, da far rispettare coercitivamente, e che la concorrenza stessa, per funzionare, pu richiedere lintervento dello Stato124. Hayek non ignora il problema e precisa che lordine pu (anzi, deve!) essere spontaneo, nondimeno, per la sua sopravvivenza, pu reggersi su norme che tali non sono125. E che, bisogna aggiungere, non sono automaticamente condivise da tutti e, perci, se si vuole
che lordinamento regga, richiedono un intervento coercitivo per essere
rispettate (beninteso, questa lunica forma di coercizione ammessa126).
Il riconoscimento del paradosso, tuttavia, non basta a mitigarlo127. Per
gli scritti del periodo londinese, si pu accogliere linterpretazione secondo cui lAutore, consapevole del fatto che un sistema profondamente inegualitario non pu essere gestito, se non con mille rischi, da uno Stato
minimo, si affida alla coesione garantita dai valori e dalle istituzioni tramandatisi spontaneamente (alla debolezza ovviamente voluta dellordinamento politico sopperisce la presunta solidit dellordinamento sociale)128. Con il passare degli anni, tuttavia, lAutore, evidentemente meno
fiducioso nelle virt dei meccanismi spontanei, finisce per disegnare assetti costituzionali che garantiscano il corretto funzionamento della societ
liberale e che nulla hanno da invidiare ai modelli di societ perfetta dei
razionalisti settecenteschi129. Non semplice capire che cosa sopravviva
della spontaneit delle formazioni sociali, se bisogna individuare e attiCfr. F.A HAYEK, Individualismo cit., pp. 60-64.
Cfr. J. SHEARMUR, Hayek and After. Hayek Liberalism as a Research Programme,
London and New York, Routledge, 1996, p. 5.
125
Cfr. R. VERNON, Unintended Consequences, Political Theory, VII, 1979, 1, p.67.
126
Cfr. C. PETSOULAS, op. cit., p. 28.
127
Rimando a: C. LANFRANCHI, Per una teoria (pessimistica) della mano invisibile e dellordine spontaneo, in Il pensiero di Friedrich August von Hayek cit., vol. II, cit., pp. 238-281
(in particolare il par. 12.5, Le fallacie di von Hayek (ossia von Hayek contro von Hayek, pp.
250-255).
128
Si veda: A.E. GALEOTTI, Individualism, social Rules, Tradition: the Case of Friedrich A.
Hayek, ora in Friedrich A. Hayek. Critical Assessments, vol. IV, ed. by J. Cunningham Wood
and R.N. Woods, London, Routledge, 1991, pp. 285-289.
129
La contraddizione, palese gi negli scritti degli anni Trenta e Quaranta, diventer ancora pi eclatante nelle opere mature, in particolare in F.A. HAYEK, Legge, legislazione e
libert cit., vol. III, cap. 17, Un modello di costituzione, pp. 479-500 (ma unanticipazione
la si trova in The Constitution of a Liberal State, Il Politico, XXXII, 1967, 1, pp. 455-461.
Rimando a: P.P. PORTINARO, Hayek e la riforma della Costituzione, Nuovi studi politici;
XII, 1982, 4, pp. 21-38.
123
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vare dei meccanismi che le puntellino130. Daltronde, se Hayek prevede


lintervento dello Stato in soccorso dei pi deboli (inclusi i disoccupati)131,
perch sa di non poter eludere lincapacit del mercato di soddisfare
decorosamente i bisogni di tutti; la societ, pertanto, non pu affidarsi
esclusivamente a processi spontanei per convincere coloro che rimangono
esclusi dai benefici del capitalismo e quindi non sono integrati che
anche nel loro interesse assoggettarsi ai dettati e ai risvolti sgradevoli delleconomia di mercato132.
La ricchezza che lEuropa sta sperperando consiste, nella visione
hayekiana, non nel laissez faire, ma piuttosto in una civilt i cui germogli
sono sbocciati ben prima del liberalismo di Smith e Hume, o anche di
Locke e Milton, e precisamente nellindividualismo trasmessoci gi da
Cicerone e Tacito, Pericle e Tucidide. Siffatta civilt entrata in crisi nel
momento in cui, a partire dagli albori del XX secolo, lOccidente si progressivamente allontanato dalla tutela di quella libert economica senza
la quale come stato enfatizzato da alcuni dei pi alti intelletti
dellOttocento, come Tocqueville e Lord Acton non pu sussistere la
libert politica n quella personale133. La fortuna che, con sgomento di
Hayek, negli anni Trenta e Quaranta arride anche in Gran Bretagna al
socialismo, nonostante la sua natura intrinsecamente autoritaria, da lui
spiegata attraverso lo stravolgimento proprio del concetto di libert134.
Cfr. M. FORSYTH, Hayeks Bizarre Liberalism: A Critique, Political Studies; XXXVI,
1988, 2, pp. 248-250.
131
Nella societ moderna dobbiamo dare per scontato che sar preso qualche provvedimento a favore dei disoccupati e degli inabili. Tutto quello che possiamo valutare, a questo proposito, non se tali provvedimenti siano desiderabili o no, ma semplicemente in quale
forma interferiranno il meno possibile con il funzionamento del mercato. F.A. HAYEK,
Free Enterprise cit., p. 112. Il che implica che lo Stato non pu rivendicare un monopolio
esclusivo nelladozione di tali misure, esonerando i privati, e che le politiche assistenziali non
devono coincidere con interventi diretti sulleconomia. Cfr. V. OTTONELLI, op. cit., pp. 155156.
132
Cfr. C. PETSOULAS, op. cit., pp. 58-60. Il filosofo austriaco mette in luce come essa sia
indispensabile non soltanto per massimizzare la soddisfazione delle preferenze (della societ
nel suo insieme, cos come del singolo), ma anche per la scoperta delle preferenze stesse.
Cfr. V. OTTONELLI, op. cit., p. 96.
133
Cfr. F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., pp. 57-9.
134
Molteplici e confliggenti le interpretazioni del concetto hayekiano di libert. Mi limito a dare alcune indicazioni: N.P. BARRY, op. cit., in particolare p. 147; J. GRAY, Hayek on
Liberty, Rights and Justice, in ID., Liberalism. Essays in Political Philosophy, London-New
York, Routledge, 1989, pp. 89-102; E. MANGANARO FAVARETTO, Due opposti modi di
intendere la libert: quello di Von Hayek e quello di Geymonat, Esercizi filosofici,
2/5/1996, pp. 47-48; A.E. GALEOTTI, op. cit., pp. 282-283; J. SHEARMUR, Hayek and
the Case for Markets, in Hayek. Coordination and Evolution cit., pp. 192-193.
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Grazie al socialismo gli esseri umani dovrebbero lasciarsi alle spalle il


regno della necessit, per approdare alfine al regno della vera libert,
intesa come libert dal bisogno135. Dunque, se per i padri del liberalismo
libert significava assenza di coercizione, per gli apostoli del socialismo
essa acquista, invece, il carattere di superamento della necessit. In
sostanza, una simile, nuova accezione rimanda al vecchio ideale di unequa distribuzione della ricchezza. Il punto insiste lAutore che i socialisti si sono appropriati del termine e hanno sfruttato lequivoco sino in
fondo; innegabile che una delle armi pi efficaci della loro propaganda sia la promessa di una pi ampia e pi autentica libert. Non a caso,
daltronde, molti intellettuali hanno entusiasticamente aderito al socialismo
scorgendovi il vero erede del patrimonio liberale136. A conferma dellanalisi di Hayek si possono citare le parole di un brillante economista del
Labour, Evan Durbin, che nel 1944 scrive: La maggior parte di noi
socialista in economia perch liberale in filosofia, e crediamo che sia
il professor Hayek ad aver smarrito la via verso la libert che tutti i liberali umanitari desiderano trovare137. Hayek ribatte che i socialisti per
libert economica intendono un sistema in cui lindividuo sar esonerato
dal compito di trovare una soluzione per i suoi problemi economici, perch le scelte, spesso ardue, che ci implica saranno compiute da altri, al
posto suo. Tuttavia, lungi dal rappresentare una liberazione, il trasferimento della potest decisionale comporter lasservimento completo alla
volont dellente pianificatore138.
Lallarme di Hayek per le tendenze collettivistiche della sua epoca
tale che, gi nel 1933 quando in Gran Bretagna si comincia appena a
parlare di nazionalizzazioni139 egli precisa: Sfortunatamente, nel
nostro tempo [] gli effetti di unestesa attivit statale, basata su una comprensione inadeguata della coerenza dei fenomeni economici, sono cos
pesantemente pi nocivi rispetto allassenza di ogni forma di intervento
dello Stato quale quella che egli potrebbe suggerire, che leconomista, in
pratica, quasi inevitabilmente condotto a una posizione prevalentemen135
Cfr. K. MARX, Il capitale, libro III, Il processo complessivo di produzione capitalistica,
VII sezione, I redditi e le loro fonti, cap. 48, La formula trinitaria, par. 3, pp. 1102-1103 (ed.
orig. 1894).
136
Cfr. F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., pp. 70-73.
137
E.F.M. DURBIN, Professor Hayek on Economic Planning and Political Liberty, Economic
Journal, LV, 1945, 220, p. 357.
138
Cfr. F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., p.144.
139
In quellanno, il governo di coalizione nazionalizza il trasporto passeggeri di Londra.
Cfr. M. FFORDE, Storia della Gran Bretagna 1832-1992, Roma-Bari, Laterza, 1994, pp.
251252.

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te negativa. Ma bisogna indubbiamente sperare che una simile necessit


pratica non impedir di nuovo agli economisti di dedicare una maggiore
attenzione al compito positivo di delimitare il campo di unutile attivit statale140.
La civilt che lAutore vuole salvaguardare valorizza, in antitesi alle
tendenze accentratrici, i corpi intermedi la famiglia, le autonomie locali, le associazioni volontarie delegittimate, invece, dal razionalismo
astratto, in quanto manifestazioni casuali o comunque irrazionali della
storia; secondo Matteucci, uno dei meriti di Hayek consiste nellaver
ammonito che una siffatta visione, astraendo lindividuo dal contesto storico e sociale, costituisce la premessa teorica della societ di massa, dove
i soggetti sono intercambiabili e plasmabili a piacimento da chi stabilisce
i fini della societ141.
Durante la seconda guerra mondiale, quando
ormai maturata la svolta verso i fenomeni
sociali e storici, lo studioso austriaco accetta di
confrontarsi (soprattutto nellopera del 1944142)
con uno dei dilemmi classici della filosofia politica: se sia pi auspicabile un governo degli uomini o un governo delle leggi; la sua risposta, naturalmente, privilegia il secondo corno del dilemma (da qui il monito alle
democrazie). Le teorie hayekiane trovano, pertanto, una pi che degna
collocazione nel solco della riflessione filosofico-politica sulla migliore
forma di governo143.

10. SOVRANIT
DELLA LEGGE
E GIUSTIZIA SOCIALE:
DUE VALORI
INCONCILIABILI

Sviluppatasi nellet liberale, di cui rappresenta una delle pi grandi


conquiste, la sovranit della legge obbliga il governo, al pari dei cittadini, allosservanza di norme formali, strumentali, che, essendo stabili e
conosciute, permettono allindividuo di calcolare con ragionevole sicurezza come il potere coercitivo agir o non agir in determinate circostanze, e di gestire quindi le proprie faccende in virt di siffatto calcolo.
La sovranit della legge esclude, dunque, limpiego di regole ad hoc
(regole, cio, i cui effetti particolari su persone, cose e attivit sono preF.A. HAYEK, The Trend cit., p. 134.
Cfr. N. MATTEUCCI, art. cit., p. 72.
142
Cfr. F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., pp. 123-139 (il cap. intitolato: La pianificazione e la sovranit della legge).
143
Cfr. R. CUBEDDU, Hayek e il costituzionalismo liberale, in Il pensiero politico europeo.
1945-1989, a cura di S. Mastellone, Firenze, Centro Editoriale Toscano, 1994, pp. 56-57.
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vedibili), che non a caso sono invece inevitabili in una societ pianificata
e conducono direttamente allarbitrio144, nonch allimpossibilit, per i cittadini, di programmare la propria azione con un minimo di sicurezza.
Se gli effetti particolari sono previsti allorch una legge stata formulata, questa legge cessa immediatamente di essere un semplice strumento
che la gente pu usare, e diventa, invece, uno strumento usato per i suoi
propri scopi dal legislatore nei confronti degli individui. Lo Stato cessa di
essere un pezzo di un meccanismo utilitario destinato ad aiutare gli individui a sviluppare pi pienamente possibile la loro personalit e diventa
una istituzione morale; [] impone ai suoi membri le proprie idee su
tutte le questioni morali, opinioni che possono essere morali o altamente
immorali145. Lesperienza del governo labourista, con le sue numerose
misure ad hoc (si pensi soltanto alle nazionalizzazioni), che la Gran
Bretagna compie di l a poco, rappresenta una secca smentita di questa
fosca previsione; come sottolinea Hannah Arendt, in Le origini del totalitarismo: la scossa subita dalla stabilit politica inglese subito dopo la fine
del conflitto a causa delle riforme economiche del governo labourista e
della liquidazione del dominio imperiale in India fu estremamente violenta. [] la base economica del suo sistema sociale stata notevolmente
modificata dal governo socialista senza un sostanziale mutamento delle
istituzioni politiche146.
Hayek, in La via della schiavit, non si limita a una prospettiva prettamente filosofica (la riflessione sulla miglior forma di governo), ma si
addentra nel merito delle politiche contemporanee, in particolare di quelle che riflettono la svolta collettivista compiuta dalle societ europee a partire dalla fine dellOttocento e, in modo sempre pi marcato, dopo la
depressione del 1929. A essere preso di mira legualitarismo o, pi correttamente, qualsiasi misura finalizzata ad attenuare le sperequazioni
sociali.
Le politiche di redistribuzione del reddito finiscono con il minare alle
fondamenta quelleguaglianza formale che risulta essenziale alla sopravvivenza della sovranit della legge: poich le persone non sono uguali,
per renderle tali bisogna trattarle in modo diverso. Hayek non pu sottrarsi, tuttavia, allobiezione che il rule of law produce a sua volta una
144
Jossa si chiede perch mai non potrebbe esistere un governo interventista che rispetti
la sovranit delle leggi; esattamente ci che prospetta Lange. Cfr. B. JOSSA, Hayek and
Market Socialism, in The Economics of Hayek, vol. II cit., p. 84.
145
Cfr. F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., p. 128.
146
H. ARENDT, Le origini del totalitarismo, Torino, Edizioni di Comunit, 1999 (ed. orig.
The Origins of Totalitarianism, 1951; questa trad. it. condotta sulled. del 1966), p. 351.

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particolare e grave forma di ineguaglianza: la disparit economica. Lungi


dal negare o minimizzare levidenza, lAutore argomenta che le diseguaglianze non possono essere imputate al governo della legge, perch non
sono un risultato intenzionale. Analogamente, la propriet privata non
pu essere liquidata come un privilegio: il fatto che solo alcuni ne godano, mentre altri ne rimangono privi, non dipende da un progetto deliberato, ma dalle capacit e dalla sorte, allinterno di un quadro legislativo
che offre a tutti lopportunit di accedervi147. La scelta che dobbiamo
fronteggiare non tra un sistema in cui ciascuno ottiene quel che merita
secondo un qualche standard assoluto e universale di giustizia e un sistema nel quale le quote individuali sono determinate in parte per caso, o
dalla buona o dalla cattiva fortuna; ma fra un sistema in cui la volont
di poche persone a decidere chi deve avere e che cosa deve avere e un
sistema in cui ci dipende almeno in parte dallabilit e dallintraprendenza delle persone interessate e in parte da circostanze imprevedibili148.
Durante la guerra, Hayek abbozza la sua critica al concetto di giustizia sociale (cui si ispirano non solo i comunisti, ma anche i socialisti democratici), che sar sviluppato pienamente nelle opere pi tarde, suscitando
polemiche roventi. Si potrebbe sintetizzare il suo argomento in una duplice negazione: non vero che il mercato premia lindividualismo nella sua
accezione biecamente egoistica, cos come falso che il collettivismo rappresenta il coronamento dellaltruismo; anzi, molte volte esso si connota
come la manifestazione di un egoismo di gruppo149. Disdegnando le concezioni oggettivistiche della giustizia, Hayek interpreta questa non come
una qualit intrinseca, bens come una sorta di attestato da rilasciarsi se
il comportamento dei soggetti conforme alle regole generali di mera
condotta150. Egli si prefigge, dunque, di ricondurre il nodo della giustizia
sociale (ai cui ideologi andrebbe a suo avviso ascritto un vero e proprio
errore categoriale) a una questione di giustizia legale.
Matteucci ha chiarito come sia semplicemente illogico, secondo Hayek,
applicare le categorie di giusto/ingiusto alla societ o al mercato; nel
Cfr. F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., pp. 123-132.
Ibidem, pp. 155-156. Con tale argomento lAutore cerca forse di rimediare allingenuit dimostrata poche pagine prima (p. 142), quando osserva che il denaro uno dei pi
grandi strumenti di libert mai inventati dalluomo. Kelsen avr buon gioco nel replicare,
con una punta di sarcasmo, che lasserzione di Hayek inconfutabile, a patto che il povero
possegga denaro, il che sembrerebbe una contraddizione in termini. Si veda H. KELSEN, I
fondamenti della democrazia e altri saggi, Bologna, Il Mulino, 1966 (il saggio Foundations
of Democracy, da cui tratta la cit., usc su Ethics, LXVI, 1955, 1), p. 289 (nota).
149
Cfr. E. MANGANARO FAVARETTO, art. cit., pp. 50-1.
150
Cfr. M. BOCCACCIO, op. cit., p. 54.
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primo caso, perch non disponiamo di criteri oggettivi per determinare le


caratteristiche di una societ giusta; nel secondo, per la ragione che, trattandosi di un ordinamento spontaneo perci moralmente neutrale non
gli si possono attribuire delle colpe151. Indubbiamente si sopporta molto
meglio lineguaglianza se essa dovuta al caso, o almeno a forze impersonali, rispetto a quando essa il frutto di un progetto. Le persone si sottometteranno a una sfortuna che pu colpire chiunque, ma non altrettanto facilmente a un disagio che deriva da una decisione arbitraria dellautorit. Linsoddisfazione per il proprio destino inevitabilmente aumenter
con la consapevolezza che esso il risultato di una decisione umana152.
A buon diritto, perci, la sua filosofia stata definita una sociodicea,
dal momento che legittima acriticamente qualsiasi ordinamento, purch
non sia stato contaminato dalla pianificazione, assumendo che nessuno
pu essere chiamato a rispondere di ci che non stato deliberatamente
perseguito; lasserita spontaneit di una formazione (smentita, peraltro,
dalla necessit di una struttura legale e coercitiva) sufficiente per sospendere il giudizio e rendere superflua la giustificazione dellesistente153.
A parte le ovvie implicazioni politiche di un tentativo del genere, ci
che lascia perplessi largomento in base a cui non sarebbe legittimo, dal
punto di vista teorico, disquisire della societ in termini di giusto / ingiusto. Ammesso che sia insensato applicare tale criterio definitorio a un
ordine spontaneo, tuttaltro discorso sostenere che non sarebbe lecito
interrogarsi sulla giustizia (o ingiustizia) della societ contemporanea, a
meno di non dichiarare che siffatta societ costituisce un ordine spontaneo. Asserzione che naturalmente Hayek si guarda bene dal fare, coerentemente con la vigorosa denuncia che compie del crescente influsso, su
di essa, del costruttivismo. In tale materia egli sembra dunque peccare di
fallacia evoluzionistica154.
Cfr. N. MATTEUCCI, art. cit., p. 87.
F.A. HAYEK, Freedom and Economic System, in The Collected Works of F.A. Hayek, vol.
X, Socialism and War. Essays, Documents, Reviews, ed. by B. Caldwell, Chicago, The
University of Chicago Press, 1997 (originariamente pubblicato come Public Policy Pamphlet
n. 29, Chicago, University of Chiacago Press, 1939), p. 200. Dickinson, dopo aver definito
il pamphlet un manifesto, a un tempo sintetico, persuasivo ed eloquente, del liberalismo
individualistico, osserva che il professor Hayek non affronta specificamente la concezione
secondo cui la sicurezza e un qualche grado di eguaglianza sono condizioni necessarie
della libert personale. Ci che fa lanciare un attacco a tutto campo allidea che ogni
forma di collettivismo economico compatibile con la libert individuale o con la democrazia politica. H.D. DICKINSON, recensione di Freedom and Economic System, ora in
Friedrich A. Hayek. Critical Assessments, vol. II, cit., p. 251.
153
Cfr. V. OTTONELLI, op. cit., p. 198.
154
Cfr. M. BARBERIS, art. cit., pp. 526-8.
151
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Tuttavia, la tesi stessa secondo cui ci che inintenzionale non pu


essere ingiusto a suonare poco convincente. Innanzitutto, anche ammesso
che in un sistema di libero mercato gli esiti dellattivit economica siano
imprevedibili, essi nondimeno possono essere, almeno a grandi linee,
anticipati. Daltronde, nella vita quotidiana lindividuo ritenuto responsabile non solo delle conseguenze attese delle sue azioni, ma anche di
quelle ragionevolmente prevedibili. Non si vede perch lo stesso non
debba valere per il mercato. In secondo luogo, non esiste una buona
ragione per non estendere ai processi impersonali il criterio della giustizia, dal momento che il punto cruciale non come si sviluppa il processo,
bens come i soggetti reagiscono a esso155.
Hayek, peraltro, mette in rilievo qui largomentazione si sposta dal
terreno etico a quello dellefficienza come in una societ individualista
sia imprescindibile commisurare le retribuzioni non ai meriti soggettivi (le
capacit o le buone intenzioni dei singoli), ma ai risultati oggettivi (il valore relativo che viene attribuito dagli altri alle varie attivit). Non v dubbio Hayek va sino in fondo nel suo argomentare che un criterio simile non soddisfi il comune senso di giustizia; daltronde, se lindividuo
rivendica la libert di scelta, deve anche essere pronto ad assumersi i
rischi che ne derivano156. Altrimenti prevale il bisogno di una sicurezza
da caserma, ossia a scapito della libert; purtroppo constata Hayek
proprio questa la direzione seguita dalle democrazie europee157.
Qualora il criterio della giustizia distributiva sia applicato come correttivo allesito spontaneo del funzionamento del mercato, come predica il
partito labourista, inevitabilmente si introduce un elemento di arbitrio,
perch diminuisce la possibilit di formulare aspettative sulla base delle
regole generali; allorch invece esso assurga a parametro esclusivo, la
determinazione delle retribuzioni non pu che essere compiuta al prezzo
di una limitazione della libert di scelta. Dal punto di vista epistemologico, la contrapposizione fra mercato e giustizia distributiva si pu sintetizzare nellalternativa fra lopportunit di utilizzare un ampio bagaglio di
informazioni, accettando la scarsa influenza sulla loro origine e sul loro
contenuto, e la riduzione delle scelte effettuabili a un numero prestabilito158.
155
Cfr. R. PLANT, Hayek on Social Justice. A critique, in Hayek. Coordination and
Evolution cit., pp. 169-170, ma si veda tutto il saggio, pp. 164-177, per una rivendicazione della libert positiva in antitesi alla concezione hayekiana.
156
Cfr. F.A. HAYEK, Individualismo cit., pp. 66-67.
157
Cfr. ID., La via della schiavit cit., pp. 176-177.
158
Cfr. M. BOCCACCIO, op. cit., pp. 55-56.

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La crescente enfasi, nel dibattito politico e intellettuale degli anni fra le due guerre, sulle virt del
piano, condivisa da politici, intellettuali ed esponenti del mondo degli affari, tanto labouristi quanto conservatori159, interpretata da Hayek come un grave arretramento
rispetto a uno dei capisaldi della civilt europea: lidea che la propriet
rappresenta, non esclusivamente per coloro che la detengono, il pi sicuro baluardo contro larbitrio e la coercizione; grazie alla suddivisione tra
numerosi individui (indipendenti gli uni dagli altri) della propriet dei
mezzi di produzione, infatti, nessuno pu esercitare un potere sconfinato
sul singolo. In un sistema in cui, allopposto, le decisioni sono concentrate nelle mani di poche persone, a ritrovarsi minacciata la sopravvivenza stessa dellordinamento democratico: E il prezzo della democrazia
che le possibilit di controllo deliberato siano limitate a campi dove esiste
un effettivo accordo e che in certi ambiti le cose debbano essere lasciate
al caso. Ma in una societ che, per il suo funzionamento, dipenda dalla
pianificazione centralizzata, questo controllo non pu discendere dalla
capacit di una maggioranza di trovare laccordo; sar spesso necessario che la volont di una ristretta minoranza venga imposta al popolo,
poich questa minoranza sar il gruppo pi ampio in grado di essere
daccordo sulla questione in discussione160. Uno dei grandi meriti della

11. DEMOCRAZIA
E LIBERT

159
E inevitabile, infatti, che il senso di insicurezza diffusosi anche tra i ceti medi per gli
effetti del collasso economico del 1929 - con lamara scoperta che uno dei paesi pi ricchi
del mondo non in grado di assicurare a molti suoi cittadini gli standard minimi di sopravvivenza solleciti una viva attenzione per gli esperimenti che stanno conducendo, da un lato,
gli Stati Uniti, con il New Deal, dallaltro lURSS, con i piani quinquennali, e renda la prospettiva di uneconomia pianificata piuttosto allettante. Cfr. N. BRANSON, M. HEINEMANN,
Britain in the Nineteenth Thirties, London, Weidenfeld and Nicolson, 1971, p. 5. Sar la
seconda guerra mondiale a imprimere la spinta decisiva verso una larga accettazione dellintervento pubblico nelleconomia e nella vita sociale. Le due guerre alimentano lespansione del collettivismo e orientano molti a credere che gli obiettivi nazionali, e in primo luogo
la giustizia sociale, siano perseguibili esclusivamente ricorrendo a un disegno su larga scala,
preparato con cura dal governo. Per quanto possa sembrare paradossale, la guerra fornisce, cos, il modello di come potrebbero essere, in tempo di pace, lo Stato sociale e leconomia regolata. Cfr. W.H. GREENLEAF, The British Political Tradition, 3 voll., London,
Metuen, 1983-1987, vol. I, The Rise of Collectivism, p. 76. Si vedano anche: J. STEVENSON, Planners Moon? The Second World War and the Planning Movement, in War and
Social Change. British Society in the Second World War, edited by H.L. Smith, Manchester,
Manchester University Press, 1986, pp. 58-77; J. STEVENSON, C. COOK, The Slump.
Society and Politics during the Depression, London, Cape, 1977; A. MARWICK, Middle
Opinion in the Thirties: Planning, Progress and Political Agreement, The English Historical
Review, LXXIX, 1964, 311, pp. 285-298; C.L. MOWAT, Britain Between the Wars, Chicago,
The University of Chicago Press, 1955.
160
Cfr. F.A. HAYEK, La via della schiavit, p. 120.

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filosofia liberale, per contro, quello di aver circoscritto il pi possibile il


numero di questioni su cui occorre un accordo, o su cui probabile che
laccordo esista. La democrazia si dimostrata un meccanismo prezioso
e perci da difendere per tutelare la pace interna e la libert individuale: Il pericolo che la nostra generazione ha di fronte non semplicemente che la sperimentazione a cui dobbiamo ogni progresso nella
sfera sociale come in qualsiasi altra potrebbe condurci a un errore. Il
rischio, piuttosto, che lerrore faccia s che noi decidiamo di porre fine
alla sperimentazione stessa. Se lesperimento della pianificazione porta
alla scomparsa delle libere istituzioni, non sar possibile correggere lerrore. Una volta che il solo metodo di cambiamento pacifico a tuttoggi
inventato, la democrazia (quellammirevole convenzione in base a cui si
contano le teste per evitare la seccatura di romperle), scomparsa, la
strada per una correzione pacifica dellerrore commesso bloccata161.
Dopo tale puntualizzazione, lAutore si affretta ad aggiungere che la
democrazia, proprio in quanto metodo, non va idolatrata; riceve la sua
legittimazione soltanto dalla salvaguardia del valore sommo, la libert, che
pu trovare un temibile nemico anche nel potere illimitato della maggioranza. In altri termini, pu ben darsi un potere che emanazione del parlamento (quindi conforme al criterio della sovranit popolare), e ci nonostante arbitrario, perch non soggetto alla sovranit della legge. Il discrimine fra legittimit e arbitrio non la fonte del potere, bens la sua limitazione o meno162. La legalit, insomma, non una condizione sufficiente.
E stato scritto che La via della schiavit una pietra miliare della filosofia politica novecentesca proprio per lappassionata denuncia delle possibili involuzioni della democrazia, qualora assuma le sembianze del
governo illimitato163. Gi i filosofi antichi, formulando una tipologia delle
forme di governo, ammonivano sul rischio che la democrazia degeneri in
anarchia, o demagogia, a seconda della terminologia scelta: lascia perplessi che lo spettro degli eccessi democratici sia da Hayek agitato in anni
in cui il paese che lo ospita non ha ancora raggiunto una piena democrazia formale. Sino al 1948, infatti, nel sistema elettorale britannico
sopravvivono residui di una concezione premoderna della rappresentanza, ben lontana dal principio: una testa, un voto164.
ID., Freedom and the Economic System cit., p. 211.
Cfr. ID., La via della servit cit., pp. 121-122.
163
Cfr. R. CUBEDDU, Friedrich A. von Hayek cit., p. 97.
164
Principio sancito, peraltro, solo con la riforma del 1918; si veda A.J.P. TAYLOR, English
History 1914-1945, Oxford, Clarendon Press, 1965, pp. 115-116. Tuttavia, sino al 1948 i
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Molto controverso poi un altro caposaldo hayekiano, vale a dire che


lindividualismo autentico non solo difende la democrazia, ma la fa altres derivare dai principi fondativi del liberalismo165. Partendo dallassunto
che un uso poco accorto (cio poco funzionale alle esigenze delleconomia di mercato) delle istituzioni democratiche provoca disastri immani,
lAutore propone, coerentemente, una definizione minimalista della
democrazia. Poich essa un metodo e non un valore in s, non bisogna
nutrire una fiducia illimitata nella liceit delle decisioni della maggioranza: anche in un ordinamento democratico il potere va sottoposto a vincoli; il che per Hayek significa che le scelte della maggioranza non devono
risultare vincolanti n, al presente, per tutte le questioni, n per il futuro:
la democrazia trova la sua ragion dessere nel tenere nella giusta considerazione il fatto che quella che, in dunque un dato momento, lopinione di una minoranza, pu un domani diventare maggioritaria. In tale
analisi, lAutore introduce una riflessione che suona indubbiamente provocatoria. Egli reputa infatti che, in tempi non lontani, la teoria politica
sar costretta a confrontarsi con il problema della delimitazione della
sfera decisionale della maggioranza, giacch occorre a suo avviso distinguere fra ambiti in cui la decisione maggioritaria sic et simpliciter vincolante per tutti, e ambiti in cui, allopposto, dovrebbe prevalere la posizione della minoranza, se pi rispondente alle esigenze della popolazione. LAutore ha in mente, in primo luogo, la sfera economica: qualora si
tratti di effettuare delle scelte che attengono a un particolare ramo produttivo, egli non ha dubbi che il parere della maggioranza sar sempre
reazionario166.
collegi elettorali delle universit e dei centri daffari hanno diritto a un secondo voto. Vedi A.
THORPE, op. cit., p. 114. Daltronde, lo stesso John Stuart Mill, pur ritenendo che il suffragio universale fosse la meta ultima a cui tendere, rifiutava leguaglianza politica perch
avrebbe ingiustamente misconosciuto il dislivello intellettuale esistente tra le persone.
Auspicava, pertanto, che i pi preparati e i pi capaci disponessero di pi voti (voto plurimo). Si trattava, perci, di una discriminazione non pi in base al censo, bens secondo criteri culturali. Cfr. J.S. MILL, Thoughts on Parliamentary Reform, London, Parker, 1859, pp.
323-325 e ID., Considerazioni sul governo rappresentativo, a cura di P. Crespi, Milano,
Bompiani, 1946 (ed. orig. Considerations on Representative Government, 1861), pp. 157158 e 160, nonch M.T. PICHETTO, Verso un nuovo liberalismo. Le proposte politiche di John
Stuart Mill, Milano, Angeli, 1996, pp. 50-52.
165
Sul rapporto tuttaltro che di filiazione tra liberalismo e democrazia, rimando a: D.
LOSURDO, Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del suffragio universale,
Torino, Bollati Boringhieri, 1993.
166
Cfr. F.A. HAYEK, Individualismo cit., pp. 76-77. Non stupisce che in Law, Legislation
and Liberty lAutore abbia compiutamente definito un sistema istituzionale in cui i principi
elementari della democrazia vengono messi in discussione. Mi riferisco in particolare, per
led. italiana, al vol. III, i capp. 12, Principio maggioritario e democrazia contemporanea,

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Non solo legualitarismo dei socialisti, ma qualsiasi politica di intervento statale e lo stesso Welfare State sono chiamati sul banco degli imputati. Hayek d una sua spiegazione del successo incontrato dal Rapporto
Beveridge, che dello Stato sociale pone le premesse: E un grande merito della democrazia che la richiesta della cura di un male largamente sentito possa trovare espressione in un movimento organizzato. Che la pressione popolare possa incanalarsi a sostegno di particolari teorie che suonano convincenti alluomo medio uno dei suoi pericoli. Era quasi inevitabile, per, che qualche uomo di talento dovesse cogliere lopportunit e
cavalcare la tigre del sostegno creatosi a favore di alcuni schemi del genere per intraprendere la scalata alla politica. E esattamente ci che sta
facendo William Beveridge167. Al di l del giudizio personale sullautore
del Rapporto, il dato significativo latteggiamento sprezzante verso un
complesso di misure che sono proposte non da un economista filosovietico, ma da uno studioso liberale e che, una volta realizzate, negli anni
della ricostruzione, dal governo labourista, risulteranno bene accette
anche ai conservatori. Hayek, insomma, sembra non voler accettare lidea
che la richiesta dellassunzione da parte del governo di responsabilit
sociali non discende da un astratto progetto costruttivista, bens coglie un
bisogno e un orientamento largamente diffusi, spontanei.
La polemica hayekiana non risparmia neppure il Welfare State, perch esso, nella visione dellAutore, incarna una forma di pianificazione
solo apparentemente moderata; nella realt si tratta, infatti, di una tappa
intermedia verso la direzione integrale dei processi sociali. Una volta che
si intrapresa la strada della pianificazione mette in guardia Hayek
difficile tornare indietro, perch il processo si autoalimenta: linsoddisfazione per i risultati iniziali sollecita la richiesta di una pianificazione
pi estesa e pi minuziosa. Non concepibile, nella sua prospettiva,
eccessivamente pessimista, unapplicazione parziale dei metodi collettivistici; o si va sino in fondo, o non si ottiene nemmeno una minima parte
dei risultati agognati168.
Gi nel 1935, addentrandosi nel dibattito sul calcolo in uneconomia
socialista, lAutore prende di mira i tentativi di conciliare socialismo e

pp. 371-392; 13, La separazione dei poteri democratici, pp. 393-414; oltre al gi cit. cap.
17, Un modello di costituzione.
167
ID., recensione di Sir W. BEVERIDGE, Full Employment in a Free Society, London, Allen
& Unwin, 1944; Fortune, XXXI, 1945, 3, pp. 204-206; raccolta in The Collected Works of
F.A. Hayek, vol. IX cit., pp. 233-236.
168
Cfr. M. BOCCACCIO, op. cit., pp. 33-34.

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mercato e quindi di mantenere in qualche misura il decentramento delle


decisioni: Anche se la propriet collettiva delle risorse produttive dovesse risultare compatibile con una definizione di tipo competitivo degli scopi
per cui le unit individuali di risorse devono essere utilizzate e del loro
metodo di utilizzo, dobbiamo assumere che la risposta alle domande: Chi
deve esercitare il comando su una data quantit di risorse per la comunit? o: Quale ammontare di risorse deve essere destinato ai diversi
imprenditori? saranno date da unautorit centrale. Questa appare il
postulato minimo compatibile con lidea della propriet collettiva169. Per
Hayek, infatti, cercare di coniugare pianificazione e concorrenza un
controsenso: se si reintroducono elementi di mercato in uneconomia che
originariamente si pretendeva collettivista, il dubbio che un sistema del
genere non abbia pi nulla a che fare con il socialismo del tutto lecito170.
I tentativi in tal senso vengono perci liquidati come utopistici: Bisogna
dire che, nella loro attuale forma, anche considerando il loro carattere
provvisorio e sperimentale, tali proposte appaiono pi impraticabili rispetto alle pi vecchie proposte socialiste di un sistema economico pianificato
centralmente171. Le teorie di economisti vicini al Labour come Oskar
Lange, Fred M. Taylor. H.D. Dickinson con le cui opere Hayek si confronta direttamente, a partire dalla met degli anni Trenta sono, perci,
da lui apprezzate perch, implicitamente o esplicitamente, prendono atto
dellimpossibilit di approdare alla pianificazione integrale; nello stesso
tempo, non hanno il coraggio di andare sino in fondo, cio di reintrodurre incondizionatamente la concorrenza, rimanendo cos sospese in un
limbo dove i problemi derivanti da una definizione dei prezzi non completamente libera rimarrebbero in massima parte insoluti172. Nel decennio
successivo, a essere presi di mira non sono soltanto gli economisti di sinistra; uno dei bersagli polemici ricorrenti di La via della schiavit il sociologo della conoscenza Karl Mannheim, che, nel 1940, d alle stampe ledizione inglese di Uomo e societ in unet di ricostruzione, pubblicato nel
1935173. Lo studioso tedesco non si limita a perorare la causa della compatibilit tra il piano e un ordinamento libero, ma va oltre, asserendo che
F.A. HAYEK, Socialist Calculation I cit., pp. 133-134.
Si veda la discussione in: ID., The Socialist Calculation II cit., pp. 160-175, nonch
in ID., The Economics of Planning, ora in The Collected Works of F.A. Hayek , vol. X,
Socialism and War cit. (pubblicato originariamente in The Liberal Review, I, 1941, pp. 511), pp. 143-144.
171
Ibidem, p. 176.
172
Cfr. ID., The Socialist Calculation III cit., pp. 181-208.
173
Si tratta di: K. MANNHEIM, Man and Society in an Age of Reconstruction. Studies in
Modern Social Structures, London, Routledge & Kegan, 1940.
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la libert pu sussistere soltanto laddove sia garantita dalla pianificazione174. Le tesi contenute nellopera mannheimiana appaiono a Hayek una
minacciosa conferma della mutazione genetica subita dalla cultura occidentale175; il giudizio sul sociologo tedesco molto severo: Luso che egli
fa della parola libert altrettanto mistificante quanto lo nella bocca
dei politici totalitari. Al pari della loro libert, la libert collettiva che egli
ci offre non la libert dei membri della societ ma la illimitata libert dei
pianificatori di fare della societ ci che pi gli aggrada176.
Una delle repliche pi energiche allidentit hayekiana tra pianificazione e dittatura arriva da uneconomista labourista, Barbara Wootton,
che scrive La libert in un sistema pianificato per smontare tesi come quelle espresse in La via della schiavit. Poich un piano senza uno scopo
una contraddizione in termini, nessun gruppo pu pianificare senza che
vi siano degli obiettivi su cui i membri di quel gruppo sono daccordo e
che il piano sia coerentemente finalizzato a realizzare. Il professor Hayek
ha asserito che, nelle moderne unit politiche, un accordo del genere non
possibile. [] Ne segue che solo un governo tirannico tenter di promuovere un progetto economico o piano di qualunque sorta. [] La pianificazione, quindi, porta allabolizione definitiva della libert politica,
cos come di una buona fetta delle libert culturali e civili. E una dottrina
deprimente e pessimista in modo sconcertante177. Sulla scia dei colleghi e
compagni di partito attaccati da Hayek negli anni Trenta, anche la
Wootton rimarca che la pianificazione non deve essere necessariamente
onnicomprensiva e che possono permanere elementi concorrenziali178.
Hayek, tuttavia, rimane refrattario a una riflessione articolata sul socialismo e sul collettivismo in genere; il rispetto e linsistenza con cui guarda
al liberalismo anglosassone il vero individualismo non trovano riscontro in una considerazione altrettanto benevola, o per lo meno equa, delle
peculiarit del socialismo britannico, che gi da tempo ha abbandonato
qualsiasi propensione autoritaria179. Non ci sono gradazioni, il piano da
chiunque sia proposto, per qualsiasi finalit lanticamera del totalitarismo. Non possono esserci dubbi sul fatto che, nella storia, spesso c
Cfr. ID., Uomo e societ in unet di ricostruzione. Studi sulla struttura sociale moderna, Roma, Newton Compton, 1972, p. 343. Si veda: A. CASTELLI, Pianificazione e libert.
Il dibattito tra Hayek e Barbara Wootton, Il Politico; LXVI, 2001, 3, pp. 402-405.
175
Si veda: F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., pp. 66-67.
176
Ibidem, p. 213.
177
B. WOOTTON, Freedom under Planning, London, Allen & Unwin, 1945, pp. 122-123.
178
Si veda, sul dibattito tra i due economisti, A. CASTELLI, op. cit., pp. 405-430.
179
Si veda: A. EBENSTEIN, op. cit., p. 109.
174

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stata pi libert intellettuale e politica sotto un governo autocratico che in


alcune democrazie ed almeno concepibile che sotto la direzione di
una maggioranza molto omogenea e dottrinaria la democrazia possa
essere oppressiva quanto la peggior dittatura. Il punto non che qualsiasi dittatura deve inevitabilmente sradicare la libert, ma che la pianificazione conduce alla dittatura perch essa costituisce lo strumento pi efficace di coercizione e imposizione degli ideali, e, in quanto tale, determinante per procedere alla pianificazione su scala la pi larga possibile180. Retrospettivamente, lAutore dovr riconoscere che il governo
labourista della ricostruzione postbellica, pur contraddistinto dalle nazionalizzazioni e dal Welfare State, ha smentito qualsiasi profezia del genere: la democrazia ha resistito; lautomatismo stabilito da Hayek tra pianificazione, di qualsiasi grado, e soffocamento della libert si dimostrato
del tutto infondato. Anzich prenderne atto, egli si accontenta di rilevare
in termini generici, peraltro le trasformazioni psicologiche che lo Stato
del benessere, con il suo paternalismo (vi un esplicito richiamo a
Tocqueville) avrebbe indotto181.
Come potuto accadere che lEuropa si sia
lentamente ma inesorabilmente arresa al germe
del costruttivismo, foriero della pianificazione e,
quindi, secondo linterpretazione hayekiana, di
regimi sotto i quali lindividuo ridotto a semplice
pedina? La spiegazione che, eludendo il confronto con i drammi collettivi
che hanno incrinato la fiducia nel paradigma liberale classico (guerra,
rivoluzione, crisi economica), Hayek adduce, ruota intorno alla storia
delle idee, cui egli attribuisce una notevole importanza; soprattutto nella
produzione successiva al soggiorno londinese, lAutore individuer nei
processi intellettuali una componente fondamentale di quel meccanismo
evoluzionista che il cuore della sua Weltanschauung. Si tratta di un
punto di partenza ineludibile per qualsiasi indagine storica e qualsivoglia
riflessione sulla condizione umana182.

12. LA CRITICA
DELLO SCIENTISMO.
IL DEBITO VERSO
POPPER

Lattenzione si concentra, soprattutto in Labuso della ragione,


sullIlluminismo: Hayek convinto che dalla venerazione per le scienze
naturali maturata in quellepoca siano fiorite concezioni destinate, a
F.A. HAYEK, Freedom and Economic System cit., p. 209.
Cfr. ID., Prefazione a La via della schiavit cit., pp. 24-25.
Si veda: D.P. OBRIEN, Hayek as an Intellectual Historian, in Hayek. Coordination and
Evolution cit., p. 345.
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dispetto dellindividualismo dei filosofi illuministi, a infliggere una sconfitta pesantissima alla civilt liberale; Comte e, al di fuori della Francia,
Hegel, che egli giudica progenitori del totalitarismo, gli appaiono come il
perverso approdo del culto della scienza.
Hayek colloca nella seconda met del Settecento gli albori della mentalit ingegneristica183, che egli vede ancora molto radicata: lo testimoniano espressioni quali ingegneria sociale e ingegneria politica, per non
parlare della qualifica di ingegneri delle anime attribuita da Stalin agli
artisti. Una mentalit foriera, nella sua lettura, degli aberranti sviluppi che
hanno dissolto la libert in Germania e minacciano egli ne persuaso
di fare altrettanto nei paesi di pi radicata tradizione liberale. La pianificazione consiste nella coerente applicazione di una simile mentalit al
complesso dellesistenza umana184.
Le necessit legate alle guerre rivoluzionarie e la passione quasi morbosa per le macchine, con il conseguente impulso allo studio della tecnologia, sono alla base della fondazione, nel 1794, di unistituzione destinata a diventare centro propulsore dello sviluppo scientifico e fucina di
talenti che, secondo Hayek, contribuiscono a diffondere un atteggiamento propizio al futuro avvento dei movimenti totalitari. Si tratta dellEcole
Polytechnique, i cui insegnanti della prima e seconda generazione (molti
dei quali scienziati di chiara fama) riescono a trasmettere, grazie al loro
entusiasmo e alle loro scoperte, una fiducia generale nel potere illimitato
della ragione umana, e nella conseguente possibilit di assoggettare completamente la natura, che fino a quel momento ha rappresentato unincognita, quando non una minaccia. Tali studiosi, pur nella loro esaltazione,
non sconfinano in ambiti impropri: non pretendono di applicare la loro
metodologia alle scienze delluomo e della societ, di cui, anzi, si occupano poco. Il pugno di ferro di Napoleone cui i docenti dellEcole
Polytechnique dellepoca guardano con ammirazione segna una svolta
nel rapporto fra scienze della natura e scienze sociali; per le seconde, e
per la libera discussione, limperatore non si trattiene dal manifestare il
massimo disprezzo, giudicando soltanto le prime degne di essere insegnate. Lobiettivo di azzerare tutto, spazzando via la memoria del passato, per ricominciare ab ovo. Muta, coerentemente, il modo di rappor183
NellIlluminismo francese ritorna in forme nuove lantico mito di un Prometeo liberatore: N. MATTEUCCI, art. cit., p. 76.
184
A proposito dellinfluenza esercitata dai tecnici e, nella fattispecie, dagli ingegneri, sullopinione pubblica, si veda il cap. X, Ingegneri e pianificatori, della parte prima di F.A
HAYEK, Labuso della ragione cit., pp. 127-141.

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tarsi ai problemi sociali, che, si comincia a sostenere, vanno affrontati con


uno spirito radicalmente nuovo. Sono poste le premesse per lestensione
dei metodi delle scienze naturali allo studio della societ185.
Una tappa imprescindibile per seguire linvoluzione culturale e politica da cui hanno tratto alimento i regimi totalitari identificata proprio
nello scientismo, aborrito, oltre che da Hayek, dagli amici Karl Popper e
Michael Polanyi, nonch da Oakeshott. Il ragionamento dellAutore scende allora sul terreno della metodologia186 (suo interesse costante, conformemente allindirizzo della scuola austriaca): occorre chiarire la natura
delle scienze naturali e delle scienze sociali e, quel che pi interessa, il
loro rapporto. Compito cui lallievo di Mises si dedica prevalentemente nei
saggi raccolti in Labuso della ragione, bench non manchino riferimenti
a tale problematica anche in La via della schiavit e in altri saggi minori.
Hayek si concentra sul passaggio dal legittimo orgoglio per i traguardi raggiunti dalle scienze naturali tra la fine del XVIII secolo e linizio del
XIX e l arbitraria estensione del loro linguaggio e del loro metodo ad
altri campi del sapere. In studiosi come dAlembert, Turgot, Lagrange,
Condorcet si trovano gi abbozzati i princpi fondamentali del positivismo; pur essendo convinti individualisti, essi hanno incoraggiato una mentalit da cui sono poi germogliate concezioni della vita sociale completamente diverse dalle loro. Ad attrarre lattenzione e il rimprovero
dellAutore in particolare Condorcet, reo di aver posto le basi della fede
nellesistenza di leggi naturali, individuabili grazie allindagine scientifica,
del divenire storico187.
Hayek rileva come lostinazione a ricalcare, nelle scienze umane, le
orme delle scienze naturali si sia trasmessa al Novecento. Tutti i progressi fatti nella comprensione dei fenomeni sono ascrivibili a economisti che
hanno pazientemente sviluppato la tecnica suggerita dai loro peculiari
problemi. Nella loro impresa, tuttavia, sono stati costantemente messi in
difficolt da famosi fisici o biologi favorevoli, in nome della scienza, a
schemi e proposte che non meritano una seria considerazione188. Si tratCfr. ibidem, pp. 145-165.
Si veda, per una discussione degli aspetti metodologici di Scientism and the Study of
Society (poi raccolto in The Counter Revolution of Science), A.H. MURRAY, Professor Hayeks
Philosophy, Economica, XII, 1945, 47, pp. 149-162.
187
Si veda: F.A. HAYEK, Labuso della ragione cit., pp. 145-151.
188
ID., Planning, Science and Freedom, in The Collected Works of F.A. Hayek, vol. X,
Socialism and War cit. (pubblicato per la prima volta su Nature, CXLIII, 1941, pp. 580584), p. 217.
185
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ta, dunque, di un fenomeno di lunga durata, che non pu non destare


sottolinea Hayek una certa sorpresa. Per ironia della sorte, infatti, la pi
strenua difesa dellomologia fra luno e laltro campo del sapere opera,
storicamente, di personaggi che non possedevano i titoli per disquisire dei
massimi sistemi, a cominciare da Francis Bacon (che meriterebbe lappellativo di demagogo della scienza), per arrivare a Comte e ai suoi epigoni. Lobiettivo polemico di Hayek non la scienza in s, ma la sua caricatura: lo scientismo, infatti, consiste nellapplicazione pedissequa e dogmatica dei metodi scientifici ad ambiti impropri, tra i quali rientrano le
scienze sociali189. Ci che egli contesta alla radice sarebbe, nello specifico, la volont di trasporre procedimenti e concetti induttivisti alla metodologia delle scienze sociali190. Non si tratta di mettere in questione i traguardi cui sono pervenute le singole discipline, ma piuttosto la pretesa illegittima di trasformare tali acquisizioni nei pilastri di un disegno di ristrutturazione integrale della societ191.
Per sintetizzare la differenza fra scienze della natura e scienze della
societ si potrebbe ricorrere alla dicotomia oggettivo/soggettivo, ma,
obbietta Hayek, si tratterebbe di un espediente ambiguo: nelle scienze
sociali, infatti, i due concetti parzialmente si sovrappongono, giacch i
fatti di cui esse trattano sono anche opinioni. Da un lato, dunque, ci di
cui lo studioso della societ si occupa oggettivo, se con ci intendiamo
a lui esterno e da lui indipendente, non un parto della sua fantasia,
insomma; dallaltro, per, i fatti cui egli si dedica coincidono con le opinioni degli individui le cui azioni costituiscono loggetto della sua analisi,
opinioni che lo studioso in grado di ricostruire di spiegare (riecheggia
il verstehen weberiano) grazie alla struttura mentale comune a tutti gli
esseri umani192. Nella scienza economica sono stati soprattutto Menger e
Mises a sviluppare lindirizzo soggettivistico, mettendo in evidenza come
anche le nozioni di moneta o di bene economico, per fare solo alcuni
esempi, non possano essere interpretate in termini fisici, bens soltanto in
relazione allidea che se ne formano gli individui193. E importante osservare che, in tutto ci, non sono affatto i vari tipi di credenze e atteggiaCfr. ID., Labuso della ragione cit., pp. 4-7.
Cfr. K. MILFORD, A Note on Hayeks Analysis of Scientism, in Hayek: Economist cit.,
p. 107.
191
Cfr. P.P. PORTINARO, Hayek e la filosofia sociale cit., p. 44.
192
La critica del concetto di dato nel suo significato oggettivistico alla base della confutazione hayekiana della categoria di equilibrio, cos come era utilizzata dai macroeconomisti. Si veda F.A. HAYEK, Conoscenza ed economia cit., pp. 436-445.
193
Si veda: R. CUBEDDU, Friedrich A. von Hayek cit., pp. 39-42.
189
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menti individuali loggetto della nostra spiegazione: essi sono semplicemente gli elementi a partire dai quali noi ricostruiamo le possibili strutture relazionali inter-individuali194. Il procedimento caldeggiato da Hayek
antitetico a quello seguito dalla metodologia collettivistica, che attribuisce un carattere di oggettivit agli insiemi come societ, Stato, nazione, ecc., assumendo che essi godono di vita propria, rispetto agli individui che li compongono e che pertanto devono costituire il punto davvio
dellanalisi195. In termini economici, la distanza fra le due impostazioni
pu essere sintetizzata cos: mentre la microeconomia sa di non poter
andar oltre lanalisi delle relazioni fra gli atomi del sistema, rilevando le
conseguenze inattese e inintenzionali del loro agire, la macroeconomia
cade nellerrore di guardare allaggregato come alla componente esaustiva delle dinamiche sociali196.
Hayek fissa i limiti dellindagine nelle scienze umane: poich, di
norma, il numero di variabili che intervengono nel determinare landamento di un fenomeno troppo ampio per poter essere padroneggiato da
una mente umana, il ricercatore sociale deve accontentarsi di individuare le condizioni responsabili dellaccadimento dei fenomeni, escludendo
che, date quelle condizioni, possano verificarsi certi altri fenomeni, senza
poter tuttavia prevedere con rigore lesito finale. Si tratta, pertanto, di una
conoscenza di natura negativa, in quanto consente di escludere certi risultati, ma non di restringere il novero di possibilit a una soltanto197.
Si manifesta qui linflusso dellepistemologia popperiana. Scrive Hayek
nellautobiografia: Le opinioni che Popper espresse in The Logic of
Scientific Discovery nel 1935, quando il libro venne pubblicato, mi risultarono del tutto naturali. Aggiunge poi: La prova per dimostrare che una
scienza empirica consiste nel fatto che la scienza stessa possa risultare
confutata dalla prova; inoltre, da questo si ricava che qualsiasi sistema
che abbia la pretesa di costituirsi a scienza inconfutabile, per definizione,
da considerarsi una non-scienza. Io non ero un filosofo che potesse contare su una formazione sistematica in quel senso: non avevo gli strumenti
per elaborare questo pensiero di Popper. Per me, per, era sufficiente lessere riuscito a percepire la stessa cosa; ovviamente, quando la trovai spiegata e discussa in Popper accettai la filosofia popperiana e, in un certo
senso, fui sempre grato a Popper per aver chiaramente espresso quanto
io avevo sempre percepito e pensato. A partire da allora, le idee poppe194
195
196
197

F.A. HAYEK, Labuso della ragione cit., p. 42.


Sul collettivismo metodologico si veda anche ibidem, cap. VI, pp. 65-79.
Cfr. M. BOCCACCIO, op. cit., pp. 18.
Cfr. ibidem, pp. 47-48.

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riane mi hanno sempre accompagnato. Popper ed io, poi, diventammo


ottimi amici, anche se non ci conoscevamo ai tempi di Vienna198. In
realt, il rapporto intellettuale tra i due filosofi liberali pi complesso di
quanto non traspaia dalle parole di Hayek. Entrambi gli autori mettono in
correlazione lo scientismo e lo storicismo, colpevoli di aver favorito lascesa della mentalit totalitaria, di cui costituirebbero parte integrante. Per
Hayek la complessit della materia e il continuo intrecciarsi di conseguenze intenzionali ed esiti inattesi spiazza qualsiasi pretesa di mettere a
frutto anche nelle scienze sociali il metodo che, nello studio dei fenomeni
naturali, ha assicurato successi tanto brillanti. Tale differenza qualitativa
nega alla radice la praticabilit della pianificazione. Popper matura una
posizione diversa; innanzitutto accetta anzi, invoca lingegneria sociale, purch gradualistica: Il termine tecnologia sociale [] probabilmente dester un senso di ostilit e ad alcuni riuscir antipatico, poich ricorder loro i grafici sociali dei pianificatori collettivisti o magari anche dei
tecnocrati. Mi rendo conto di questo pericolo, e per ovviare a eventuali
associazioni di idee poco desiderabili ho aggiunto lespressione a spizzico; anche per esprimere la mia convinzione che il lavorare sulle cose
saltuariamente o a spizzico (piecemeal tinkering, come talvolta lo si definisce), purch sia unito allanalisi critica, il modo principale di raggiungere risultati pratici nelle scienze sociali oltre che in quelle naturali199. Per
giunta, Popper giudica debole linterpretazione hayekiana delle scienze
naturali, viziata da una distorsione induttivista. Puntualizza, infatti, che il
professor Hayek si serve del termine scientismo per indicare limitazione servile del metodo e del linguaggio della scienza. Qui il termine indica piuttosto limitazione di ci che certe persone confondono grossolanamente con il linguaggio della scienza200. Ancora, mentre a Popper sta a
cuore innanzitutto la crescita della conoscenza, Hayek insiste sui suoi limiti. Per quanto riguarda la metodologia, poi, nonostante Popper affermi
che in Labuso della ragione lamico si pronuncia a favore dellunit di
metodo tra le scienze201, sembra pi fondata la tesi che sottolinea il peso
delleredit weberiana sulla concezione di Hayek, attento a mettere in
risalto la sostanziale alterit fra scienze naturali e scienze sociali202. Ci
F.A. HAYEK, Hayek su Hayek cit., p. 78.
K.R. POPPER, La miseria dello storicismo, Milano, Feltrinelli, 19975 (ed. orig. The
Poverty of Historicism, pubblicato su Economica in tre parti, tra il 1944-45, poi raccolte in
volume nel 1957), p. 63.
200
Ibidem, p. 99 (nota 1).
201
Cfr. ibidem, p. 122.
202
Cfr. P.M. RATTANSI, Comment: Hayek, Popper and Scientism, in Hayek: Economist cit.,
pp. 119.
198
199

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nonostante, non vi dubbio che i punti di contatto tra i due autori siano
molteplici e decisivi, come riconosce pi volte lo stesso Popper203. Le affinit sono emerse gi in La societ aperta e i suoi nemici, bench non vi
siano riferimenti diretti a Hayek: Siamo cos arrivati alla distinzione di
due metodi diversissimi per mezzo dei quali pu realizzarsi lintervento
economico dello Stato. Il primo quello di realizzare una struttura legale di istituzioni protettive []. Il secondo quello di conferire agli organi
dello Stato il potere di agire entro certi limiti come ritengono necessario per il perseguimento dei fini fissati dai governanti del momento. []
Dal punto di vista dellingegneria sociale gradualistica, la differenza tra i
due metodi della massima importanza. Solo il primo, il metodo istituzionale, permette di procedere ad aggiustamenti alla luce dei risultati dei
dibattiti e delle esperienze. Esso solo rende possibile lapplicazione alle
nostre azioni politiche del metodo dei tentativi e degli errori. Esso a
lungo termine; quindi la struttura legale permanente pu essere lentamente modificata, al fine di tenere il debito conto di conseguenze impreviste e
indesiderate, di mutamenti in altre parti della struttura, ecc.204.
Un contributo sostanziale, secondo Hayek,
fornito dai due pi famosi allievi dellEcole
Polytecnique, Saint-Simon e il suo discepolo
Comte: allievi sino a un certo punto, non manca di
ricordare lAutore; il primo acquisisce una certa
istruzione scientifica conversando a tavola con docenti e discenti
dellIstituto; il secondo ne espulso per indisciplina, prima di poter concludere il corso di studi. Il ritratto che Hayek, nei saggi raccolti in Labuso
della ragione, fornisce di entrambi, in particolare di Saint-Simon, impietoso anche sul piano personale205.

13. DALLO
SCIENTISMO
ALLO STORICISMO

Interessa qui laccusa da lui mossa ai fondatori della sociologia e ai


loro seguaci la cui entit numerica e la cui influenza nelle societ europee sembra sopravvalutare che si pu cos riassumere: con laberrante
teorizzazione della fisica sociale, con lesaltazione sfrenata dellorganizzazione e della direzione accentrata, con la superiorit ontologica asseCfr. K.R. POPPER, op. cit., p. 67 (nota 10), p. 87 (nota 43).
ID., La societ aperta e i suoi nemici, vol. II, Hegel e Marx falsi profeti, nuova ed. italiana, Roma, Armando, 1996 (ed. orig. 1945), pp. 154-155.
205
Alla loro vita e alle loro opere sono dedicati due capitoli della seconda parte dellopera: il cap. II, intitolato La maieutica ideale di Henry de Saint-Simon, pp. 167-84, e il cap. III,
La fisica sociale: Saint-Simon e Comte, pp. 185-206.
203
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gnata al tutto rispetto allindividuo e, ancora, con ladozione della categoria della necessit storica, essi avrebbero posto le basi del socialismo,
della pianificazione, del totalitarismo206. Laspetto sorprendente, come egli
stesso riconosce, della sua argomentazione la tesi secondo cui nel
campo della sociologia, certi orientamenti, caratteristici non solo della
seconda met del XIX secolo, ma anche del nostro, sono stati in larga
misura leffetto di una convergenza di fondo dei due pensatori i cui indirizzi di pensiero vengono di norma considerati come assolutamente antitetici: l idealista tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel e il positivista
francese Auguste Comte207.
Egli non ha dubbi che le analogie da lui rilevate fra i due autori (dei
quali ammette di non avere una conoscenza approfondita, ammettendo di
non amarli affatto, in specie Hegel) non siano estemporanee, bens sistematiche, e non derivino, come talvolta si afferma, dallinflusso esercitato
da Hegel su Comte, ma al contrario dalla ricezione hegeliana delle idee
comtiane, che trovano in Germania, cos come in tutta Europa, larga risonanza. Le affinit riscontrabili fra i due autori sarebbero confermate, oltre
che dai loro stessi scritti, dalla nutrita schiera di intellettuali e studiosi di
varie discipline che, stando allinterpretazione dellAutore, hanno subto la
Cfr. D.P. OBRIEN, Hayek as an Intellectual Historian cit., pp. 355-8. Larizza Lolli
inserisce la denuncia di Hayek in un ben preciso filone interpretativo: coloro che nel materialismo e nel determinismo marxista scorgevano un attentato alla libert e alla creativit del
singolo segnalarono infatti nel pensiero sansimoniano un precedente sintomatico della reversione autoritaria dogni forma di socialismo. Gli aspetti manifestamene illiberali del modello sociale delineato da Saint-Simon e dalla sua scuola, la subordinazione del singolo agli
imperativi di unlite investita di un potere assoluto, la logica produttivistica cui doveva ispirarsi la rifondazione sociale, prefiguravano ad avviso di alcuni interpreti gli esiti inevitabili
del socialismo di marca tedesca. M. LARIZZA LOLLI, Introduzione a Scienza, industria,
societ. Saint-Simon e i suoi primi seguaci, a cura di M. Larizza Lolli, Milano, Il Saggiatore,
1980, p. 10. Lautrice si riferisce a Stendhal e Constant, tra i contemporanei, per arrivare
sino a Croce, Omodeo, Talmon e, appunto, Hayek. Pi avanti chiarisce: La critica sansimoniana, per incisiva che fosse, era ben lungi dal preludere al socialismo: si collocava piuttosto nella tradizione della polemica antifeudale del terzo stato e riecheggiava motivi che
avevano ispirato ampiamente la pamphlettistica rivoluzionaria. Ibidem, p. 47. Sul rapporto tra sansimonismo e Ecole Polytecnique, Larizza ricorda che sin dagli inizi del 1826,
Enfantin aveva messo a punto il proprio programma operativo, additando nellEcole
Polytecnique il canale ideale per la diffusione della dottrina di Saint-Simon. La prospettiva
dellintegrazione delle forze intellettuali e scientifiche nella gestione della vita associeta e la
rivalutazione della scienza nel suo aspetto tecnico-applicativo erano elementi di quella dottrina cui i giovani dellEcole avrebbero dovuto rivelarsi particolarmente sensibili. Le aspettative di Enfantin non andarono deluse. LEcole Polytecnique offr infatti al sansimonismo molti
dei suoi quadri dirigenti. Ibidem, pp. 74-75.
207
F.A. HAYEK, Labuso della ragione cit., p. 290.
206

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loro convergente influenza. Fra gli altri, Hayek annovera Feuerbach,


Marx ed Engels, Renan, Taine, Durkheim, Mazzini, Croce, Dewey.
Tali analogie, che sarebbero riconducibili alla comune eredit cartesiana, riguardano: la ricerca empirica ( vero che Comte la identifica con
la scienza stessa, mentre Hegel le separa nettamente, ma entrambi le attribuiscono una natura puramente descrittiva, mai esplicativa); lorganicismo, con relativa preminenza dellinsieme oggettivisticamente concepito sulle parti che lo compongono; il determinismo storico (anche se il
fondatore del positivismo parla di leggi naturali, mentre il filosofo idealista di principi metafisici) e il suo risvolto, il relativismo morale; lintellettualismo / razionalismo ( possibile studiare la Ragione umana come una
totalit data e compiuta)208. Breve era il passo che portava allancor pi
presuntuosa idea che la Ragione fosse ormai in grado di sollevarsi, con le
sue stesse forze, fino alle condizioni di definitivit e assolutezza del proprio stato. In ultima analisi, proprio questa hybris intellettuale, di cui gett
i semi Cartesio, o forse gi lo stesso Platone, costituisce la caratteristica
comune a Hegel e a Comte. Linteresse per il movimento della Ragione
come totalit compiuta [] gli imped anche di vedere che ogni tentativo
della Ragione cosciente di controllare il suo proprio sviluppo non pu aver
altro effetto che quello di contenerne la crescita entro i limiti di capacit di
previsione della mente direttiva individuale209.
Lo storicismo, altra fonte del moderno totalitarismo, costituisce, nella
visuale hayekiana, un sottoprodotto dello scientismo. Consapevole dello
scandalo che pu suscitare lassimilazione tra le due correnti di pensiero,
egli ritiene, nondimeno, che unanalisi approfondita dimostri come
entrambe condividano gli stessi pregiudizi, se con storicismo termine
che, Hayek lo ammette, pu dar luogo a qualche confusione si intende
una concezione della storia quale studio empirico della societ, che deve
sfociare in generalizzazioni aventi per oggetto gli aggregati storici210.
Bisogna puntualizzare che dallo storicismo di pensatori come Marx,
Werner Sombart e Gustav von Schmoller, lAutore distingue la scuola storica di Ranke. Sul primo, si gi pronunciato autorevolmente Popper: ci
non toglie che a Hayek prema integrare le argomentazioni dellamico
accentuando linflusso su esso esercitato da Comte e dai suoi seguaci,
forse ancor pi che da Platone e Hegel211.
208
209
210
211

Cfr. ibidem, pp. 297-306.


Ibidem, pp. 308-309.
Cfr. ibidem, pp. 81-3.
Cfr. D. ANTISERI, Premessa a F.A. HAYEK, Labuso della ragione cit., pp. XV.

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Lo storicismo si configura come una concezione scientista della storia


perch, dando per scontato che i fenomeni storici siano equiparabili ad
aggregati, conclude che, attraverso losservazione, possibile coglierne le
leggi di sviluppo. Loperazione tentata dallo storicismo, in altre parole,
consiste nel tentativo di fornire una legittimazione empirica a quella che
in realt si presenta come una filosofia della storia. E illusorio, ammonisce lAutore, sperare di ricavare delle leggi proprio da un ambito il
corso storico che sfugge alluniformit e alla generalizzazione, trattandosi di una successione di eventi unici. Eppure nella storiografia ha finito
per prevalere tale indirizzo, col risultato che le filosofie della storia (da
Hegel a Comte e Marx, fino a Spengler e Sombart), sfruttando la loro artificiale somiglianza con le leggi naturali, si sono imposte come il vizio
caratteristico dellepoca contemporanea: la loro pretesa di anticipare lo
sviluppo successivo degli eventi stata scambiata con la dimostrazione
della loro scientificit a tutti gli effetti212.
Di Marx lAutore si era gi occupato negli interventi sul calcolo in
uneconomia socialista, dando risalto al fatto che il pensatore di Treviri ha
invero recuperato spunti forniti dagli economisti classici, ma senza valorizzare il loro lascito pi prezioso: la disamina della concorrenza; Marx,
infatti, si appropria del nucleo dello storicismo non esistono leggi generali; tutto va contestualizzato favorendo unattitudine mentale che disconosce lopportunit di unindagine seria sui problemi sociali, quelli presenti e quelli con cui, verosimilmente, si dovranno fare i conti in futuro.
Anzi, qualsiasi tentativo di prefigurare lordinamento comunista da
Marx bollato come non scientifico, lepiteto pi offensivo per chiunque si
riconosca nel suo insegnamento213.E soprattutto con lautore del Manifesto
del partito comunista che la perversione prodotta dal diffondersi della
mentalit ingegneristica, tradottasi nello scientismo e nello storicismo, si
dilata dal campo strettamente culturale a quello politico. Allinsegna di
questo storicismo di marca tedesca, nella seconda met del XIX secolo
venne lanciato il grande attacco contro la teoria sociale dellindividualismo; cominciarono ad essere oggetto di contestazione le fondamenta stesse della societ individualistica e liberale; e trionfarono nella cultura le
correnti del fatalismo storico e del relativismo etico214.
Secondo lAutore, sbaglia, perci, chi guarda al totalitarismo come
allesito di una rivolta irrazionalista, priva di sostanza intellettuale. Al con212
213
214

Cfr. F.A. HAYEK, ibidem, pp. 94-96.


Cfr. ID., The Socialist Calculation I cit., pp. 127-129.
ID., Labuso della ragione cit., p. 313.

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trario, le dottrine che lo caratterizzano rappresentano il punto darrivo di


una lungo percorso215.
Le tesi di La via della schiavit rappresentano
lo sviluppo, sul terreno morale e politico, degli
argomenti esposti nel dibattito sul calcolo in uneconomia socialista. Il focus dellanalisi, infatti, si
ormai spostato, a partire dal 1937, dalla praticabilit e dallefficienza di
un sistema socialista alla progressiva corrosione della libert in uneconomia pianificata216. LAutore sa che lopera gli attirer lostracismo di buona
parte dellintellighencija britannica (orientata a sinistra e poco propensa
a tollerare invasioni di campo: Hayek un economista, non un filosofo217),
ma crede sia suo dovere mettere in guardia lopinione pubblica: la Gran
Bretagna non pu considerarsi immune dai mali che hanno compromesso la libert di altri popoli; se lintervento dello Stato nella societ civile
continuer a dilatarsi, della gloriosa tradizione individualista non rimarr
che un pallido ricordo218.

14. LAVVENTO
DEI TOTALITARISMI

Ci che sconcerta lAutore , in primo luogo, latteggiamento dei suoi


colleghi: gli intellettuali; ai loro compiti scientifici, ma anche alle implicazioni politiche del loro ruolo, egli ha sempre rivolto la pi viva attenzione.
Nel 1941 rileva che, negli anni Trenta, si assistito, anche in Gran
Bretagna, al consolidarsi di un movimento favorevole al piano, che annovera, tra i suoi esponenti di spicco, molti uomini di cultura e di scienza e,
tra i suoi oppositori, uno sparuto drappello di economisti. Se argomenta Hayek i moniti lanciati da questi ultimi sono fondati, si pu concludere che molti intellettuali si battono per un sistema di cui essi farebbero le
spese in prima persona, perch la pianificazione non risparmia alcun
215
A proposito delle opere di Popper e Hayek dedicate al totalitarismo, Forti commenta:
Lascia perplessi, di queste interpretazioni, non soltanto il dualismo senza sfumature tra
societ liberale e di mercato e societ totalitaria, non solo la contrapposizione tra ragione
individuale sana e ratio collettiva malata, ma ancor pi la mancata problematizzazione del
passaggio dallidea alla realt delle tendenze totalitarie contenute nelle dottrine filosofiche.
Come se davvero La Repubblica avesse a che fare direttamente col Terzo Reich. S. FORTI,
Il totalitarismo, Roma-Bari, Laterza, 2001, p. 84.
216
Cfr. A. EBENSTEIN, op. cit., p. 115.
217
Non manca di farlo notare lanonimo autore di una recensione critica da destra (in
nome del conservatorismo) dellopera: CINCINNATUS, The Road to Serfdom, The
Nineteenth Century and After, 1944, May, pp. 221-226.
218
Si veda: F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., p. 42 (si tratta della Prefazione alla
prima ed.) .

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ambito, nemmeno la cultura219. LAutore condivide, quindi, lallarme dellamico Michael Polanyi per lautonomia della scienza. Mette in guardia i
suoi colleghi: Non pu esserci alcuna libert di pensiero, alcuna libert
di stampa, dove necessario che ogni cosa sia governata da un unico
sistema di pensiero. Pu anche essere che, nella teoria, il socialismo voglia
accrescere la libert, ma, in pratica, ogni genere di collettivismo coerentemente perseguito destinato a produrre i tratti caratteristici che fascismo, nazismo e comunismo hanno in comune. Il totalitarismo altro non
che sistematico collettivismo, lesecuzione spietata del principio secondo
cui il tutto viene prima dellindividuo e la direzione di tutti i componenti
la societ da parte di una volont singola, che si presume rappresenti il
tutto 220.
Per dare una parvenza di legittimit al loro dominio, i regimi totalitari devono indottrinare le masse e uniformarle al presunto interesse comune; lo strumento principe individuato nella propaganda, condotta in
modo da intervenire ad esempio attraverso la creazione di appositi
miti tanto sui valori quanto sui fatti: ora sono i secondi a giustificare i
primi. La verit viene cos svuotata di ogni significato, anche per la perversione operata ai danni di alcune parole-chiave, come libert, giustizia,
legge, eguaglianza. Il linguaggio stesso risulta snaturato e le parole scadono a puri contenitori, privi di qualsiasi contenuto attendibile. In una
simile temperie, al dissenso o anche solo al dubbio non pu pi essere
riconosciuto alcuno spazio. Le scienze non costituiscono uneccezione:
tutte, persino le pi astratte, possono giustificare la loro esistenza soltanto
piegandosi allo scopo sociale ultimo. Lo stesso dicasi per larte221.
Il timore che anche in Gran Bretagna possa ripetersi qualcosa di analogo al processo che ha azzerato la civilt in Germania alimentato, in
Hayek, dalla constatazione delle affinit tra il ceto intellettuale dei due
paesi: si tratta di una somiglianza che dovrebbe rendere i suoi colleghi
britannici un po pi cauti verso il collettivismo. Gli scienziati tedeschi,
dopo aver invocato gi a partire dalla met dellOttocento unorganizzazione della societ che ricalcasse i rigorosi principi della scienza,
una volta che il nazismo ha conquistato il potere, prontamente, con scarse eccezioni, si sono messi al servizio del vincitore, incuranti della sua
barbarie, fornendo cos uno degli spettacoli pi sconsolanti della storia
recente della Germania. Ebbene, l intolleranza della ragione, cos
219
220
221

Cfr. ID., Planning, Science, and Freedom cit., p. 213.


Ibidem, p. 218.
Cfr. ID., La via della schiavit cit., pp. 208-221.

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grave e frequente negli specialisti di scienza, limpazienza verso i modi


delluomo comune, cos caratteristica nellesperto, e lavversione contro
qualunque cosa non sia volutamente organizzata da menti superiori
secondo schemi scientifici, furono fenomeni assai diffusi nella vita pubblica in Germania per diverse generazioni prima di assumere importanza
anche in Inghilterra222.
La colpa che egli imputa a chi incline a vedere nellintervento dello
Stato la soluzione di tutti i problemi sta nellerrata comprensione del rapporto tra mezzi e fini; nellillusione, cio che strumenti collettivistici possano essere impiegati per la realizzazione di scopi rispettosi della libert e
della dignit individuali223. Non si deve ignorare, infatti, leventualit (per
Hayek una certezza) che un regime collettivistico possa scivolare in atti
del tutto incompatibili con i valori morali che lo hanno ispirato allinizio e
che in parte continuano a ispirarlo. Gli orrori del totalitarismo un
punto cruciale per Hayek non sono delle degenerazioni di un modello
in se stesso sano, attribuibili ad esempio alla particolare malvagit di un
popolo (ipotesi che viene talvolta avanzata per spiegare la genesi del
nazismo), bens la conseguenza necessaria della folle presunzione di
poter trattare la societ alla stregua di un macchinario. Piuttosto, se allinterno di un movimento totalitario finiscono per emergere, come gruppo
maggioritario, gli elementi pi abietti, le cause vanno ricercate nei criteri
di selezione operanti allinterno del suddetto movimento: scarse capacit
critiche, quindi passivit e basso livello culturale; rozzezza intellettuale e
conseguente dogmatismo; predisposizione a sfogare i propri risentimenti
su un capro espiatorio preconfezionato dallautorit (da qui xenofobia,
antisemitismo, nazionalismo)224; per tacere della disponibilit a compiere
atti addirittura brutali, in nome dellinteresse generale o bene comune che
dir si voglia. Una volta ammesso che lindividuo un semplice mezzo al
servizio dei fini perseguiti da unentit pi alta chiamata societ o nazione, la gran parte di quegli aspetti del regime totalitario che ci fanno orrore diventano una conseguenza inevitabile225.

Ibidem, p. 246.
Cfr. ID., Nazi Order, recensione di P. ENZIG, Hitlers New Order in Europe (London,
MacMillan, 1941) e C.W. GUILLEBAUD, The Social Policy of Nazi Germany (Cambridge,
Cambridge University Press, 1941), ora in The Collected Works of F.A. Hayek, vol. X,
Socialism and War cit. (originariamente pubblicato in The Spectator, April 14, 1941), pp.
173-174.
224
Cfr. ID., La via della schiavit cit., pp. 190-5. Altrove lAutore sostiene che il nazionalismo intellettualmente non altro che il gemello del socialismo. Individualismo cit., p. 75.
225
ID., La via della schiavit cit., p. 204.
222
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Il nazismo, stando allinterpretazione hayekiana, ha trovato un terreno


propizio non soltanto nel rigurgito nazionalista seguito alla sconfitta in
guerra, ma anche, e non secondariamente, nel lavoro preparatorio svolto dai socialisti. Laffermazione, risalente al 1939, che sono riscontrabili
affinit fra il totalitarismo hitleriano, da un lato, e la dittatura staliniana,
ma anche, per certi aspetti, lo stesso socialismo democratico, dallaltro,
una delle tesi pi provocatorie degli scritti hayekiani: La somiglianza di
molti dei pi caratteristici tratti dei regimi fascisti e comunisti sta diventando sempre pi evidente. Non pochi tra i pi eminenti leader intellettuali
del socialismo hanno apertamente ammesso che il raggiungimento dei
loro fini non possibile senza una drastica restrizione della libert individuale. I trascorsi intellettuali dei leaders autoritari, cos come il fatto che
negli Stati fascisti al socialista spesso si guarda come a una potenziale
recluta, mentre il liberale della vecchia scuola considerato il sommo
nemico, marcano una filiazione di idee che molto diversa rispetto a
quella comunemente assunta226.
LAutore concede che i due movimenti, in Germania come in Italia, si
sono ferocemente combattuti tra loro, ma ci che pi di tutto entrambi
detestano il liberalismo. Il socialismo scrive Hayek ha indebolito mortalmente la borghesia; la sua assenza ha spianato la strada allaffermazione di Hitler227.
Loggetto di La via della schiavit, perci, rappresentato dal totalitarismo nelle sue due forme, di destra e di sinistra228, le cui fondamenta sono
dallAutore collocate: nel mito della pianificazione economica; nellaffer-

ID., Freedom and the Economic System cit., p. 190.


Cfr. ID., La via della schiavit cit., pp. 222-32. In una conferenza degli anni Sessanta,
torner sulle valutazioni che lo dividevano dallintellighencija britannica: Davo uninterpretazione molto diversa degli eventi politici in Germania rispetto a quella in voga in Inghilterra
e particolarmente tra la maggioranza dei miei colleghi degli altri dipartimenti della London
School of Economics orientati verso il socialismo. Tutti loro tendevano a interpretare il regime
nazionalsocialista di Hitler come una specie di reazione capitalista ai movimenti socialisti
dellimmediato dopoguerra, mentre io lo consideravo piuttosto come la vittoria di una sorta
di socialismo della classe medio-bassa, senzaltro del tutto anticapitalista e antiliberale, ma
che faceva suoi i metodi del socialismo. ID., The Economics of the 1930s cit., p. 62.
228
LAutore, tuttavia, a causa del difficile momento storico in cui scrive (la Gran Bretagna
in guerra, alleata dellURSS), si scaglia soprattutto contro il nazismo. Per una ricostruzione del dibattito sul totalitarismo, si vedano almeno: S. FORTI, op. cit., in particolare pp. 1540 del cap. I (il par. 3, Il laboratorio di Parigi: il dibattito degli anni Trenta; 4, Da sponda a
sponda: il dibattito degli anni Quaranta; 5, Le prospettive aperte da Le origini del totalitarismo) e PP. PORTINARO, Il totalitarismo rivisitato, Teoria politica, XVIII, 2002, 1, pp.
107-122.
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marsi del partito organizzativo di massa, un partito militarizzato; nellatmosfera intellettuale improntata allanticapitalismo e, quindi, allantiindividualismo.
Hayek indotto a scrivere tale opera, dedicata ai socialisti di tutti i
partiti, dal timore che la disumana gravit dei crimini compiuti dai regimi totalitari, anzich mettere in allarme i cittadini delle democrazie, alimenti la loro sicurezza che qualcosa di simile non potr mai toccarli: si
sentono al sicuro. Daltra parte, nella stessa Germania nessuno, ancora
allinizio degli anni Trenta, avrebbe preso seriamente in considerazione
leventualit che le vicende politiche potessero assumere una piega cos
terrificante229. Quello che preoccupa Hayek sono appunto gli elementi
comuni riscontrabili fra la situazione della Germania del primo dopoguerra e lo stato danimo che i paesi occidentali palesano, nella fase
decisiva della guerra: il discredito in cui caduto il liberalismo (un tempo
principio ispiratore della politica inglese); la popolarit delle teorie economiche improntate al collettivismo; la statolatria, con la venerazione per
il potere in quanto tale; leuforia per la pianificazione di ogni cosa230. Sar
pur vero che Hayek non intende minimamente ricadere in quel determinismo storico che aborre: la Gran Bretagna non , secondo le sue previsioni, condannata a percorrere la via della servit; egli, semmai, esorta i
britannici a manovrare con cura la pianificazione, se non vogliono fare la
fine dei tedeschi e dei russi231. Pure, tutto il filo del suo ragionamento porta
a una sola conclusione, di cui impossibile ignorare il sottofondo di ineluttabilit: una volta che la societ imbocca la strada dellinterventismo, o
torna immediatamente sui propri passi, oppure lattende la dittatura.
La via della schiavit contiene un giudizio molto severo sul programma del partito labourista, la cui ricetta per risollevare il paese dalle devastazioni arrecate dalla guerra punta sulla pianificazione: esso sconvolgente, per i non pochi punti di contatto che rivela con le idee circolate nel
dibattito tedesco un quarto di secolo prima, e che, alla luce degli sviluppi
successivi, non possono non essere considerate espressione di un movimento reazionario. Per una beffa della sorte, commenta, a tali concezioni ora aderisce, in Gran Bretagna, la formazione che dovrebbe essere lerede dei partiti progressisti del passato232.
Lopera hayekiana del 1944 viene tirata in ballo nella campagna elet229
230
231
232

Cfr. F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., pp. 45-54.


Cfr. ibidem, p. 238.
la tesi di S. KRESGE, Introduzione a F.A. HAYEK, Hayek su Hayek cit., p. 32.
Cfr. F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., pp. 257-259.

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torale dellanno successivo; lAutore, nelle sue memorie, cos rievoca lepisodio : Il discorso Gestapo era il discorso di Churchill per cui egli []
venne successivamente accusato di essersi ispirato a La via della schiavit.
Fu il discorso in cui si sosteneva che un governo socialista avrebbe portato alla Gestapo. E successivamente Attlee, nella sua risposta, accus
Churchill affermando: Mr. Churchill stato ispirato da Friedrich August
von Hayek233.
Lapprensione di Hayek nasce dal constatare che la Gran Bretagna
corre seriamente il rischio di ripercorrere laberrante strada che ha condotto la Germania al totalitarismo. Durbin, economista del Labour, replica maliziosamente: Mi sempre sembrato strano che uomini e donne
arrivati su questisola dalle infelici lande dellEuropa centrale, dove, certo
non per colpa loro, la pratica della democrazia stata prima oggetto di
parodia e poi calpestata [] abbiano la certezza che ci troviamo sulla
strada sbagliata e che ci stiamo dirigendo verso i disastri con cui essi
hanno anche troppa familiarit. [] Ma senzaltro linsegnamento della
comparazione storica esattamente lopposto di quello che il professor
Hayek cerca di trarre. Esso mostra che le idee nel significato di dottrine politiche e politiche sociali non sono le uniche, n, forse, le principali cause dello sviluppo storico e della formazione del carattere nazionale234.
A conferma del giudizio di Durbin si pu citare la seguente frase dello
stesso Hayek: Se, nel lungo periodo, siamo noi i creatori del nostro destino, nel breve periodo noi siamo i prigionieri delle idee che abbiamo creato235. Le idee che, secondo lAutore, minacciano di intrappolare anche i
Cfr. ID., Hayek su Hayek cit., p. 150. Poco dopo (p. 151) lAutore ricorda il suo unico
incontro con Churchill, nel 1947: Durante la cena, lo vedevo sorseggiare grandi quantit
di brandy; quando gli venni presentato, riusciva a malapena a parlare, ma nonostante ci
mi identific immediatamente come lautore di The Road to Serfdom. Era completamente
ubriaco. Mi disse solo una frase: Lei ha assolutamente ragione, ma quello che dice non
accadr mai in Gran Bretagna. Mezzora dopo, fece uno dei discorsi pi brillanti che io
abbia mai ascoltato. Sullepisodio del discorso Gestapo, che, secondo alcuni, cost la vittoria ai conservatori, si veda Churchill and Attlee, The Economist, CXLVIII, 1945, June 9,
pp. 757-758.
234
E.F.M. DURBIN, Professor Hayek on Economic Planning and Political Liberty, Economic
Journal, LV, 1945, 220 (poi raccolto in F.A. Hayek, Critical Assessments, vol. II, edited by
J. Cunningham Wood and R.N. Woods, London-New York, Routledge, 1991, pp. 51-64), p.
369. Analoghe le considerazioni di J.J. SPENGLER, recensione di The Road to Serfdom, ora
in Friedrich A. Hayek. Critical Assessments, vol. II. cit. (originariamente in Southern
Economic Journal, XII, 1945, July, pp. 48-55), p. 46.
235
F.A. HAYEK, La via della schiavit cit., p. 46.
233

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britannici sono: il disprezzo del liberalismo, una sorta di cinico realismo,


la fatalistica sottomissione allinevitabilit di certi fenomeni, nonch linsidiosa convinzione che la macchina organizzativa allestita per fronteggiare il conflitto debba essere mantenuta, anche in tempo di pace236.
Certo colpisce la sua pressoch totale indifferenza per la situazione
storica e sociale del paese in cui vive e di quelli di cui si occupa. Lo nota
bene Schumpeter: LAutore tratta le idee e i principi come se fluttuassero
nellaria. Se si fosse addentrato nelle condizioni storiche da cui hanno
avuto origine le idee che tanto gli ripugnano, forse non avrebbe contribuito a mettere in luce che esse sono il prodotto del sistema sociale che
egli caldeggia. [] Tolti gli intellettuali e i politici, nessuno ha cambiato
idea. Sono le persone le cui idee contano politicamente che sono cambiate. Ecco perch la vecchia strada stata abbandonata237.
Viene alla luce, leggendo la disamina delle analogie tra la Gran
Bretagna degli anni Trenta e Quaranta e la Germania del primo dopoguerra, unaltra incongruenza del pensiero hayekiano: lavvento del totalitarismo pu essere il punto darrivo di un processo spontaneo238, un esito
non voluto dalla maggioranza della societ, ma nemmeno riconducibile
solamente al disegno malvagio di un gruppo di cospiratori. Se una societ
libera si regge su meccanismi impersonali di coordinamento delle azioni
individuali, bench con la copertura di una minima struttura legale, niente pu garantire che, in situazioni di crisi, la spontaneit prenda una direzione opposta a quella invocata da Hayek. Non affatto sicuro che un
ordinamento spontaneamente formatosi coincida sempre e comunque con
una societ liberale. Una volta che un regime totalitario si imposto, come
sperare di combatterlo, se le sole armi a disposizione sono i processi
spontanei della societ? Hayek sembra rimanere prigioniero del dilemma
che attanaglia la sua elaborazione: una societ che fosse coerente con i
suoi postulati, si ritroverebbe disarmata al cospetto dellautoritarismo;
daltra parte, per contrastare i regimi liberticidi, occorre introdurre elementi che non si armonizzano con la sua impostazione originaria, centrata sulla spontaneit e, in una fase successiva, sullevoluzionismo239.

Cfr. ibidem, p. 47.


J. A. SCHUMPETER, recensione di The Road to Serfdom, in Friedrich A. Hayek. Critical
Assessments, vol. II, cit. (originariamente in Journal of Political Economy, LIV, 1946, 3, pp.
269-270), p. 67.
238
Cfr. B. JOSSA, op. cit., p. 82.
239
Si veda: E. FRANKEL PAUL, Liberalism, Unintended Orders and Evolutionism, Political
Studies, XXXVI, 1988, 2, p. 259.
236
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Un dato certo: quando la guerra ormai alle spalle, lAutore sente


che il compito di rivitalizzare il liberalismo, sempre in chiave antiinterventista, ormai improcrastinabile; lo testimonia la decisione di fondare
la Mont Plerin Society. Illuminante lappello che lancia nel 1949:
Dobbiamo essere in grado di offrire un nuovo programma liberale che
faccia leva sullimmaginazione. Dobbiamo ancora una volta rendere la
costruzione di una societ libera unavventura intellettuale, un atto di
coraggio. Quello che ci manca unUtopia liberale, un programma che
non sembri n una mera difesa dellesistente, n un genere diluito di socialismo, ma un autentico radicalismo liberale, che non si arresti davanti alla
suscettibilit dei potenti (inclusi i sindacati), che non sia troppo rigidamente pratico e che non si restringa a ci che attualmente appare realizzabile240.
Lo slancio utopico, tuttavia, non cancella le aporie della riflessione
hayekiana sul rapporto tra costruttivismo e libert, che ignora le ambivalenze (pericolose per la sopravvivenza degli stessi princpi liberali) degli
ordinamenti spontanei e sottovaluta i problemi sociali (la disoccupazione,
in primis) che unEuropa flagellata dalla guerra deve affrontare.

240
F.A. HAYEK, The Intellettuals and Socialism, ora in Studies cit. (ripubblicato da The
University of Chicago Law Review, XVI, 1949, 3), p. 194.

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2002 n.1 Luigi Bobbio, Smaltimento dei rifiuti e democrazia deliberativa

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