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CAPITOLO XIII

LA RECLUSIONE DEL BAB NEL CASTELLO DI MAH-KU

HANNO sentito Siyyid Husayn-ì-Yazdì raccontare quello che segue: « Durante i primi dieci giorni della
reclusione del Bab a Tabriz, nessuno sapeva che cosa sarebbe stato di Lui. In città circolavano le
voci più strane.
Un giorno mi permisi di chiederGli se avrebbe continuato a rimanere dov'era o se sarebbe stato
ancora trasferito altrove. "Hai dimenticato", fu la Sua risposta immediata, "la domanda che Mi hai
fatto a Isfahan. Per un periodo di non meno di nove mesi, rimarremo confinati nel Jabal-Basit, e poi
saremo trasferiti nel Jabal-i-Shadfd. Entrambi questi luoghi sono tra le montagne di Khuy e sono situati
l'uno da una parte l'altro dall'altra della città che porta quel nome". Cinque giorni dopo che il Bàb
aveva fatto questa predizione, fu dato ordine di trasferire Lui e me al castello di Mah-Ku e di affidarci
alla custodia di 'Alì-Khan-i-Mah-Kù'i ».
Il castello, un solido edificio di pietra munito di quattro torri, situato sulla sommità d'una
montagna ai cui piedi si trova la città di Mah-Ku. La sola strada che vi conduce attraversa la città e
termina presso un portone adiacente alla sede del governo, che viene tenuto invariabilmente chiuso e
che è distinto da quello del castello. Situato ai confini degli Imperi Ottomano e Russo, questo
castello è stato usato, per la sua posizione dominante e per i suoi vantaggi strategici, come
centro per scopi di ricognizione. L'ufficiale a cui era affidata la postazione osservava, in tempo di
guerra, i movimenti del nemico, sorvegliava le regioni circostanti e riferiva al governo i casi di
emergenza che giungevano alla sua osservazione. Il castello è delimitato ad ovest dal fiume Arasse,
che segna il confine tra il territorio dello Scià e l’Impero Russo. A sud si estende il territorio del
Sultano Turco; la città di confine di Bàyazìd dista solo quattro farsang dal monte di Màh-Kù.
L’ufficiale di frontiera al quale era affidato il castello era un certo 'Ali Khan. Gli abitanti della città
sono tutti Curdi e appartengono alla setta sunnita dell'Islam. Gli Sciiti, che costituiscono la grande
maggioranza degli abitanti della Persia, sono sempre stati loro dichiarati e accaniti nemici. Questi Curdi
odiano in modo particolare i siyyid di denominazione sciita, che considerano le guide spirituali e i
principali agitatori dei loro avversari. Essendo la madre di 'Alì- Khan curda, il figlio era tenuto in grande
considerazione e la popolazione di Mah-Kù gli obbediva ciecamente. Lo consideravano un membro
della loro comunità e nutrivano per lui la massima fiducia.
Hàjì Mirzà Aqàsì aveva deliberatamente fatto in modo di relegare il Bàb in un angolo così remoto,
inospitale e situato in una posizione così pericolosa del territorio dello Scià, con il solo proposito di
arrestare la marea della Sua crescente influenza e di recidere ogni vincolo che Lo legasse al corpo dei
Suoi discepoli in tutto il paese. Confidando che pochi - e forse nessuno - si sarebbero avventurati a
penetrare in quella regione selvaggia e turbolenta, abitata da un popolo così ribelle, insensatamente
si immaginava che questo forzato allontanamento del Prigioniero dalle ricerche e dagli interessi dei Suoi
seguaci sarebbe servito a soffocare a poco a poco il Movimento sin dalla nascita e avrebbe infine
provocato la sua estinzione.
I fatti gli fecero presto capire, tuttavia, che aveva di gran lunga frainteso la natura della Rivelazione del
Bàb e sottovalutato la forza della sua influenza. I turbolenti spiriti di questo popolo riottoso furono
presto soggiogati dalle maniere gentili del Bàb e il loro cuore fu intenerito dall'influenza nobilitante del
Suo amore. Il loro orgoglio fu umiliato dalla Sua impareggiabile modestia e la loro irragionevole
arroganza fu addolcita dalla saggezza delle Sue parole. Tale era il fervore che il Bàb aveva acceso in quei
cuori che la loro prima azione, ogni mattina, era di cercare un posto da dove potessero dare anche
solo uno sguardo fugace al Suo volto, rivolgere lo spirito a Lui e implorare la Sua benedizione sul loro
lavoro quotidiano. In casi di disputa, istintivamente correvano là e, fissando lo sguardo sulla Sua
prigione, invocavano il Suo nome e si scongiuravano l'un l'altro di dire la verità. Spesso 'Ali Khan tentò
di indurli ad abbandonare questa abitudine, ma si vide incapace di frenare il loro entusiasmo.
Egli svolgeva le sue funzioni con la massima severità e si rifiutava di permettere ai devoti discepoli del
Bàb di soggiornare, anche solo per una notte, nella città di Màh-Ku.
« Per le prime due settimane », Siyyid Husayn raccontò inoltre, « a nessuno fu permesso di far visita
al Bàb. Mio fratello e io solamente eravamo ammessi alla Sua presenza. Siyyid Hasan scendeva ogni
giorno in città, accompagnato da una delle guardie, e acquistava il necessario per la giornata. Shaykh
Hasan-i-Zunùzì, che era arrivato a Màh-Kù, passava le notti in un masjid fuori dalle porte della città.
Egli fungeva da intermediario tra quei seguaci del Bàb che facevano occasionalmente visita a Màh-Kù e
Siyyid Hasan, mio fratello, il quale a sua volta presentava le petizioni dei credenti al loro Maestro e
comunicava a Shaykh Hasan la Sua risposta.
« Un giorno il Bàb incaricò mio fratello d'informare Shaykh Hasan che avrebbe chiesto Lui Stesso
ad 'Ali Khan di cambiare atteggiamento verso i credenti che visitavano Màh-Kù e di abbandonare la sua
severità. "Digli", aggiunse, "che domani darò istruzioni al custode di condurlo qui". Fui molto sorpreso
da questo messaggio. Com'era possibile indurre il tirannico e ostinato 'Ali Khan, pensai tra me, a
mitigare la severità della sua disciplina?
Il giorno successivo di buon mattino, quando la porta del castello era ancora chiusa, fummo sorpresi da
un colpo improvviso alla porta, ben sapendo che era stato dato ordine di non lasciare entrare nessuno
prima del levar del sole. Riconoscemmo la voce di 'Ali Khan, che sembrava stesse protestando con le
guardie, una delle quali entrò subito e mi informò che il custode del castello chiedeva con insistenza di
essere ammesso alla presenza del Bàb. Riferii il messaggio e mi fu ordinato di accompagnarlo subito in
Sua presenza. Uscendo dalla porta della Sua anticamera, trovai 'Ali Khan sulla soglia in
atteggiamento di completa sottomissione, mentre il suo volto esprimeva un'insolita umiltà e
meraviglia. La sua arroganza e il suo orgoglio sembravano completamente svaniti: con umiltà ed
estrema cortesia, ricambiò il saluto e mi pregò di permettergli di entrare alla presenza del Bàb. Lo
condussi nella stanza dove stava il Maestro. Gli tremavano le membra mentre mi seguiva. Dal suo
volto traspariva un'intima agitazione ch'egli non riusciva a nascondere. Il Bàb Si alzò e gli dette il
benvenuto. Inchinandosi con riverenza, 'Ali Khan si avvicinò e si gettò ai Suoi piedi. "Liberami",
supplicò, "dalla mia perplessità. In nome del Profeta di Dio, Tuo illustre Avo, Ti scongiuro: dissipa i
miei dubbi, perché il loro peso mi ha quasi spezzato il cuore. Stavo cavalcando in aperta campagna e
mi Stavo avvicinando alla porta della città, quando d'un tratto, era l'alba, Ti vidi coi miei occhi sulla
riva del fiume assorto in preghiera. Le braccia protese e gli occhi rivolti al cielo, stavi invocando il
nome di Dio. Mi fermai a guardarTi. Stavo aspettando che Tu finissi di pregare per avvicinarmi e
rimproverarTi d'aver osato uscire dal castello senza il mio permesso. Nella Tua comunione con Dio,
sembravi cosi rapito in preghiera da esserTi completamente dimenticato di Te Stesso. In silenzio
mi avvicinai; tale era il Tuo rapimento, che non Ti accorgesti affatto della mia presenza. D'un tratto
fui colto da un gran timore e tremai al pensiero di destarTi dalla Tua estasi. Decisi di lasciarTi e di
andare a rimproverare le guardie per la loro negligenza. Ma con grande sorpresa vidi subito che
entrambe le porte, quella esterna e quella interna, erano chiuse. Furono aperte per mia richiesta, fui
introdotto alla Tua presenza e ora Ti trovo, con meraviglia, seduto davanti a me. Sono
completamente confuso. Temo di essere uscito di senno". Il Bàb rispose e disse: "Ciò che hai visto
è vero e innegabile. Hai sottovalutato questa Rivelazione e hai sdegnosamente disprezzato il suo
Autore. Dio, il Misericordiosissimo, non desiderando affliggerti col Suo castigo, ha voluto rivelare ai
tuoi occhi la Verità. Per Sua Divina intercessione, ha instillato nel tuo cuore l'amore per il Suo
Eletto e t'ha fatto riconoscere l'invincibile potenza della Sua Fede" ».
Questa straordinaria esperienza trasformò completamente il cuore di 'Ali Khan. Quelle parole avevano
placato la sua agitazione e domato la violenza della sua animosità. Con ogni mezzo di cui disponeva, egli
decise di fare ammenda per il suo comportamento passato. « Un pover'uomo, uno shaykh », si affrettò
ad informare il Bàb, « desidera giungere in Tua presenza. Abita in un masjid fuori dalle porte di Màh-
Kù. Ti prego di permettermi di condurlo qui perché possa incon-trarTi. Con questo atto spero di essere
perdonato per le mie cattive azioni e di poter cancellare le macchie del mio crudele comportamento
verso i Tuoi amici ». La sua richiesta fu accolta e quindi egli andò direttamente da Shaykh Hasan-i-
Zunuzi e lo condusse alla presenza del suo Maestro.
'Ali Khan incominciò a procurare, entro i limiti che gli erano stati imposti, tutto ciò che potesse servire
ad alleviare il rigore della prigionia del Bàb. Di notte, la porta del castello rimaneva ancora chiusa; ma
durante il giorno, coloro che il Bah desiderava vedere potevano accedere alla Sua presenza,
conversare con Lui e ricevere le Sue istruzioni.

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