Accade in modo silenzioso che un giorno si possa interrompere lequilibrio mentale di una persona. Per esperienza personale ricordo ancora data luogo ora e odori di quando questa cosa accadde. Tra le tante cose che non si possono dimenticare, le nevrosi o gli stati di ansia patologici rientrano a pieno titolo tra i ricordi non delebili. Con la presunzione di essere pi forti degli amori adolescenziali. Il primo bacio della morte che non si ricorda certamente con un sorriso. Sono esperienze devastanti che segnano la vita di una persona in maniera irreversibile ma che possono aprire varchi inattesi. Ho regalato quindici anni della mia vita allarte inventata senza strumento alcuno e alla paura di dovere costruire una cassa da morto con le mie stesse mani con lunica gioia che almeno avrei levigato il legno imparando a battere chiodi da solo. E mi concedo immediatamente una incastro sui chiodi perch tra le arti imparate conosco limprovvisazione : Danny Boodman T.D. Lemon; Novecento (Tim Roth) M'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, gi, cadono. Stanno l attaccati al chiodo e nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto cadono gi come sassi. Nel silenzio pi assoluto con tutto immobile intorno, non una mosca che vola e loro. Non c' una ragione, perch proprio in quell'istante? Non si sa. Cos' che succede ad un chiodo per farlo decidere che non ne pu pi? C'ha una anima anche lui poveretto? Prende anche lui delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere da anni...
Questo passaggio tratto dal film la leggenda del pianista
sulloceano (a su volta tratto da 900 di Baricco) la metafora perfetta della rottura dellequilibrio di cui sopra. Il perch questo accada ha una certa complessit e concorrono fattori di natura sociologica abbastanza evidenti piuttosto che alcune predisposizioni genetiche o entrambe miscelate. Non una societ a misura duomo quella che viviamo anche se luomo stesso lha creata a sua immagine imbruttita. IL male di vivere ha una diffusione tale che non misurabile in unit di misura che non siano quelle matematicostatistiche e un numero non pu rendere lorrore reale. Non si salva nessuno da questo stato di cose e oggi i bambini vangono normalizzati attraverso luso di psicofarmaci. Siamo riusciti a dare un nome anche alliperattivit giocosa di un bambino, liperattivismo. E forse vero che alcune forme sono indicative di stati di nevrosi ma normalizzare inaccettabile. Cito da un articolo apparso su Il manifesto nellAprile 2005: Normalizzare , attualmente, l'obiettivo terapeutico che orienta non solo la prescrizione farmacologica ma pi in generale le procedure delle cosiddette terapie cognitivo-comportamentali. Foucault aveva insistito sul carattere repressivo-disciplinare di questa finalit. Cosa significa dunque normalizzare un bambino? Non si pu normalizzare un bambino. La norma ci che c' di pi antinomico alla particolarit individuale. Tuttavia le terapie cognitivocomportamentali, che pretendono di fare a meno della soggettivit, di ignorarne la storia, hanno come unica mira proprio la modificazione del comportamento, la sua normalizzazione, dunque una deriva repressivodiscilplinare. Forse il fatto che oggi proprio questa prospettiva sia la pi diffusa anche la conseguenza di un declino della clinica, ovvero di quella disposizione terapeutica che fa esperienza della singolarit in quanto tale, che rovescia l'appiattimento universalizzante degli individui sul quale si fonda l'intervento cognitivo-comportamentale. Non si pu incontrare
l'altro sulla base di un prt--porter terapeutico che rigetta l'unicit e
l'inatteso, dimensioni che costituiscono ci che pi proprio dell'essere umano. Noi tutti siamo fondamentalmente caratterizzati dal fatto di non essere comparabili, programmabili, universalizzabili...
Una stoccata alla psicoanalisi di un certo rilievo che lascia
un senso di angoscia su quale possa essere dunque la soluzione. Larte la risposta pi concreta che personalmente ho trovato ma la medesima risposta a cui erano giunti illustri letterati poeti scultori filosofi e pedagoghi. Luigi Pirandello descrisse bene ne Il treno ha fischiato levento fin qua descritto. Non siamo forse tanti Belluca? Mi vedo camminare in un sanatorio blaterando di treni e con un sorriso simile a quello del pastore di Nietzsche dopo avere morso la testa al serpente (associare creativo e mi sia concesso). Non pi pastore,non pi uomo, ma un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva.Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise! Belluca sent il treno e si consol nellimmaginazione, il pastore ebbe il coraggio di farsi semi-dio esortato da Zarathustra. Il comune denominatore per individuabile negli autori cos distanti eppure cos vicini nel puntare il dito contro una societ che incatena e intrappola e mente a se stessa. A dire il vero sono gli stessi autori i portatori del disagio e la loro scrittura filosofica o poetica sono lespressione dellarte come chiave di salvezza. Questo il comune denominatore (cos matematico come termine) che si ritrova in ogni espressione artistica. Anche dove larte risulta gioiosa lesigenza affonda le radici in una volont di riscatto dal quotidiano e dal malessere pi o meno palesato.
Esistono anche alcuni che si crogiolano quasi beati
nellautocommiserazione come facile notare quando si osserva il fenomeno dei poeti crepuscolari. Sergio Corazzini rimava : Perch tu mi dici: poeta? Io non sono un poeta. Io non sono che un piccolo fanciullo che piange. Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio. Perch tu mi dici: poeta? Eppure rimava nonostante latteggiamento lamentoso e depresso (si definisce in quella stessa poesia come un dolce fanciullo che dorme con la mani in croce per permettersi di piangere in un angolo oscuro). Il disagio simulato o addirittura cercato con affanno come fonte di ispirazione artistica contraddistingue tutta una corrente letteraria che possiamo ritrovare nel decadentismo nella sua prima fase di rifiuto della societ borghese (in poeti come Pascoli e Dannunzio meno individuabile una vita vissuta alla maniera antisociale se non nelle ultime fasi della vita di Dannunzio che come scelta personale si isol da tutto). E dobbligo anche ricordare Kafka con la sua grottesca mutazione di un uomo in scarafaggio nel suo romanzo metamorfosi. In questo romanzo emerge un elemento per fondamentale, il tempo. Nel messaggio sociale e di denuncia dellalienazione estrema troviamo un ritmo scandito tra le pareti di una stanza che sar tomba e luogo di osservazione limitato e distante (la famiglia lo terr isolato e verr nutrito dalla sorella). E il ritmo io lo conosco bene. Parlare nella propria mente e sentire i giorni e i mesi passaree gli anni (con lamore per la vita e per larte come rimedio).
Non si pu trascurare il tempo quando si parla di malessere
perch esiste un limite per tutto e non tutti sono in grado di dipingere o di suonare o di fruire o produrre arte. Il filosofo Bergson elabora una teoria affascinante che mette a confronto il tempo della scienza e quello della vita. La differenza la si trova nel tempo meccanico che lui definisce quantitativo e in quello della vita che varia qualitativamente. Un esperimento scientifico riproducibile infinite volte proprio per questa differenza mentre il tempo psichico non riproducibile in nessuna maniera (la memoria forse viene in aiuto). Il tempo perduto perduto per sempre ed inoltre percepito in maniera diversa a seconda della situazione. Cinque minuti con la propria amata possono sembrare pochi secondi, gli stessi minuti senza la libert di vivere sono una eternit. Del resto anche Einstein evidenzi il tempo relativo e lo fece non solo in maniera scientifica ma anche con opere divulgative e molto piacevoli da leggere poich non strettamente scientifiche e rigorose . E del resto noto come Einstein fosse un amante della vita e come egli stesso giocasse intorno alla sua figura di scienziato e filosofo. Tornando a Bergson non troviamo soltanto una analisi sul tempo ma anche un forte accento sulla vita spirituale e sulla crescita delluomo nella sua auto-creazione e libert. Un tempo di qualit e non di quantit. Una qualit di che tipo? Quando il male di vivere persiste possiamo immaginare di essere in esilio permanente o momentaneo (non dato saperlo) e questo fu uno dei momenti in cui Seneca scrisse alla propria madre una delle Consolatio : Consolatio ad Helviam matrem. Seneca stoicamente ci dice che il mutamento di luogo non pu togliere alluomo lunico bene; la virt.
Chiaramente il concetto di virt per il filosofo individuabile
nel distacco dai piacere terreni e frivoli a favore dello studio filosofico e della ragione. Vi comunque una proposta importante nel suo pensiero che si ritrova in maniera chiara in De brevitate Vitae dove ,almeno in parte, trovo conforto e concordanza. Dice: vita, si uti scias,longa est. La vita, se sai farne buon uso, lunga. questo decisamente vero. Sono per costretto ad abbandonare Seneca in questo punto perch distante da quello che ritengo essere applicabile alla realt in cui vivo. Parlo di persone comuni come me con sofferenze del ventesimo secolo e con una societ radicalmente cambiata. Le analogie con il passato non mi spaventano e anche se il salto nel tempo della storia umana decisamente ampio (da Seneca alla mia camera in cemento armato) ho osservato come luomo si ripeta variando formalmente ma come resti identico sostanzialmente. Orazio in carpe diem si avvicina in maniera simile al concetto di qualit e dell'uso del tempo ma con una gentilezza e una sensibilit che ritengo superiori e meno fastidiose. Resta lo stoicismo ma proposto con una mano pi paterna e meno aggressiva. La poesia del resto rivolta ad una fanciulla (leuconoe) e le parole sono di esortazione e conforto ed emerge una umanit del poeta che , rivolgendosi a tutta l'umanit, muove corde dello spirito in maniera pi appropriata. Questa mia sottolineatura importante perch associo il suono di una voce ai due componimenti. In Seneca immagino una voce dai toni pi pesanti e con atteggiamenti troppo autoreferenziali, la sensazione che lui si rivolga pi a se stesso che ad un reale interlocutore. Orazio il terapista con il sorriso che mette la sua saggezza al servizio degli altri pur utilizzando imperativi come non chiedere credimi pensaci .
Dal punto di vista di un disperato che cerca conforto nella
poesia dunque pi consigliabile la lettura del secondo. Wikipedia (la fonte blasfema dello studente) dice: Si tratta di una filosofia che pone in primo piano la libert dell'uomo nel gestire la propria vita e invita a essere responsabili del proprio tempo, perch, come dice il Poeta stesso nel verso precedente, "Dum loquimur, fugerit invida aetas" ("Mentre parliamo, il tempo invidioso sar gi passato"). Nel binomio s'intrecciano due concetti profondi, la qualit (carpe) e la temporalit (diem) del vivere. Questa responsabilit che l'uomo deve assumersi ricorda molto da vicino Nietzsche e i suoi concetti di superamento degli espedienti consolatori tipicamente umani che lui individua nel pi grande inganno della storia, il cristianesimo. Abbiamo delegato ad un ente supremo la soluzione della sofferenza e siamo rimasti intrappolati nell'attesa di un mondo promesso non ORA ma DOPO questa vita. L'invito di Nietzsche a vivere secondo spirito dionisiaco (con i significati che lui attribuisce a questo modo di vivere) sono sostanzialmente identici a quelli di Orazio. Quando annuncia che dio morto sembrerebbe distante dal Giove a cui il poeta-filosofo latino attribuisce la conoscenza del futuro ma la convergenza avviene nella proposta di vita. Accettare che questo mondo e questo istante sono gli unici veri e vivibili e che dobbiamo elevarci dalla posizione china e cominciare a sollevare un po' la testa. Punta il dito verso il concetto di peccato a cui attribuisce tutta una serie di problemi derivanti. Arriva a dire che la religione nasce dall'invidia verso chi ha uno spirito vitale e che gli ultimi saranno i primi la sintesi di questa incapacit propria degli invidiosi. Presi i concetti di peccato e di promessa di un premio afterlife per gli ultimi e sparsa in giro la voce,hai
regalato la prospettiva pi disastrosa che un uomo possa
abbracciare. Nei miei anni di solitudine sentivo gravare il peso di un peccato commesso verso la mia famiglia e la societ. Sentivo di avere disatteso le aspettative degli altri e avevo perso di vista quali fossero le mie, ammesso che ne avessi mai avute (parliamo dell'adolescenza e del passaggio ad una fase pi matura ma traumatica per definizione). Solo quando ho inziato a guardare i miei personali significati ho trovato la chiave della mia gabbia e ho cominciato a costruire i miei personali valori come individuo. Il percorso stato ispirato dall'arte e dalla natura vissuta in silenzio, avevo del resto sprecato fin troppa voce a lamentarmi per continuare a parlare. Ho poi iniziato a relazionarmi con il mondo in modo diverso e l'ho fatto entrare lentamente in me alla mia maniera cercando meno conflitto possibile (in realt sono ancora lontano dalla meta ma non resto fermo). Ho cercato di guardare gli altri individui e a sorridere accogliendo nella mia intimit la prospettiva di una condivisione. Ho aiutato altri a sorridere e ho tentato la via proposta da Maritain quando identificava l'equilibro e l'armonia dell'uomo soltanto nell'atto di diventare finalmente persona tra le persone. Ho fallito diverse volte ma ho anche ottenuto risultati. Si procede cos, credo sia inevitabile. Per me questa stata ed la migliore via proponibile. Quando goffamente mi avventuravo con la mia immagine (i miei vestiti e le mie espressioni) improponibile a visitare luoghi dove non avrei mai immaginato di potere mettere piede ero ancora a disagio. Ero per spinto da una curiosit positiva e provai a frequentare mostre e musei.
Probabilmente apparivo come la signora proposta da
Pirandello quando spiegava la differenza tra la comicit e l'umorismo. La signora attempata con abiti da ragazzina che suscitava ilarit ma che nel raccontare la sua tragedia trasformava i sorrisi in momenti di riflessione (voleva essere amata dal marito che invece amava una donna pi giovane e bella). E quindi osservai questi quadri simulando interesse e sentendomi pi osservato che osservatore. Non avevo strumenti per capire cosa ci fosse di bello davanti a me. Nello studio dell'arte mi sono stati forniti questi strumenti e sono riuscito a distinguere le tecniche pittoriche e i loro perch. Ho scoperto che dietro un quadro c' un altro quadro che corrisponde all'autore e alla sua vita personale oltre che al periodo in cui esso vissuto. Ho conservato qualche strumento fornitomi e ho costruito i miei per poi miscelarli sulla mia tela personale, il mio modo di guardare fuori. Van Gogh
Vedeva il cielo in questa maniera
e a me appare nella stessa. La mia chiave ha sbloccato la serratura e sono uscito a vedere il cielo.