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GIURISPRUDENZA

LA SENTENZA COSTITUZIONALE

subordinando la cessione di attivit commerciali su aree pubbliche al decorso di un triennio dalla data del rilascio del titolo
abilitativo, ostacola laccesso a quelle attivit e condiziona,
restringendolo, il libero esplicarsi dellattivit imprenditoriale,
con conseguente violazione dellart. 117, secondo comma,
lettera e), Cost.
4. Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.

dinario procedimento amministrativo che deve essere seguito


al fine dellapertura di unimpresa commerciale (procedimento che prevede la richiesta dellinteressato e la verifica dei suoi
requisiti). Tali fini di utilit sociale - gi adeguatamente
tutelati, in caso di trasferimento dellattivit, mediante laccertamento del possesso dei requisiti soggettivi effettuato dallamministrazione ex art. 15-bis, comma 2, della medesima legge
regionale n. 5 del 2006 - non rientrano tra le ragioni di
pubblico interesse che, secondo lart. 16 della direttiva
2006/123/CE, possono giustificare limposizione di una restrizione al principio della libera circolazione dei servizi.
3.3. Inoltre, lattinenza della norma impugnata alla materia del
commercio, riservata alla potest legislativa residuale delle
Regioni, non di per s sufficiente ad escludere eventuali
profili di illegittimit costituzionale. Infatti, illegittima una
disciplina che, se pure in astratto riconducibile alla materia
commercio di competenza legislativa delle Regioni, produca,
in concreto, effetti che ostacolino la concorrenza, introducendo nuovi o ulteriori limiti o barriere allaccesso al mercato e
alla libera esplicazione della capacit imprenditoriale (sentenza n. 150 del 2011). Lart. 15-bis, comma 4, della legge
regionale della Regione autonoma Sardegna n. 5 del 2006,
*

P.Q.M.
dichiara lillegittimit costituzionale dellart. 15-bis, comma
4, della legge della Regione autonoma Sardegna 18 maggio
2006, n. 5 (Disciplina generale delle attivit commerciali),
introdotto dallart. 3 della legge della Regione autonoma
Sardegna 7 febbraio 2011, n. 6 recante Modifiche allarticolo 2 della legge regionale 21 maggio 2002, n. 9 (Agevolazioni
contributive alle imprese nel comparto del commercio), interpretazione autentica dellarticolo 15, comma 12 della legge
regionale 18 maggio 2006, n. 5 (Disciplina generale delle
attivit commerciali) e norme sul trasferimento dellattivit,
nella parte in cui prevede che la cessione dellattivit non
pu essere effettuata, ad eccezione dei casi di cui al comma 5,
prima che siano decorsi tre anni dalla data del rilascio del
titolo abilitativo allesercizio dellattivit stessa.
*

La riserva di legge non esclude lincostituzionalit


di Giampiero Buonomo

articolo 1, comma 4 del Dl 24 gennaio


2012, n. 1, pone lobbligo di adeguamento delle Regioni, delle Province e
dei Comuni - entro il 31 dicembre 2012 - ai
principi indicati al comma 1 della stessa disposizione: sopravvivenza delle norme che
prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso
dellamministrazione - per lavvio di unattivit economica - solo limitatamente a quelle
il cui contenuto sia giustificato da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e
compatibile con lordinamento comunitario
nel rispetto del principio di proporzionalit.
In tal senso, invero, deponeva anche la circolare 6 maggio 2010 n. 3635/C del ministero
dello Sviluppo economico, che - nellillustrare limpatto della clausola di cedevolezza
contenuta nellarticolo 84, comma 1 del Dlgs n. 59 del 2010 - riconosceva che le liberalizzazioni recate dal decreto stesso (in attuazione della direttiva 123/2006/Cc, cosiddetta
Bolkenstein) si applicavano alle Regioni
nella misura in cui incidono su materie di
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competenza esclusiva regionale e su materie


di concorrenza concorrente.
Eppure, forti erano le resistenze a configurare anche solo la possibilit di un ambito di
intersezione tra gli ambiti finalistici recati
dallarticolo 117, comma 2, lettera e), secondo inciso, della Costituzione, e la competenza residuale attribuita alle Regioni dal nuovo
Titolo V, per le parti non espressamente contemplate dai commi secondo e terzo. Alla
caducazione della legislazione regionale difforme dalla normativa europea era, solo di
recente, arrivata la Corte costituzionale con
la sentenza 150/2011, sia pur con riferimento
a una Regione a statuto ordinario (Abruzzo).
Proprio mentre il Governo imprime decisamente - con il Dl 1/2012 - un progresso
normativo in tal senso, giunge ora unulteriore, esplicita riconferma a opera della Corte
costituzionale, ancora una volta in ambito di
competenza residuale regionale, stavolta di
una Regione a statuto speciale.
La sentenza della Consulta 23 gennaio-7 febbraio 2012, n. 18 (relatore Cassese) ha infatti

La Consulta boccia
lidea di subordinare
la cessione di attivit
commerciali su aree
pubbliche al decorso di
un triennio dalla data
del rilascio del titolo

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GIURISPRUDENZA
LA SENTENZA COSTITUZIONALE

Se nella lotta alle


normative regionali
non pro-concorrenza
legislatore
e giudice della Corte
costituzionale oramai
si muovono (quasi)
di pari passo,
sempre pi in futuro
si porr
il problema non
del se si adempie,
ma di come
si adempie

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dichiarato lincostituzionalit dellarticolo


15-bis, comma 4, della legge della Regione
autonoma Sardegna n. 5 del 2006 , ove si
stabilisce che la cessione dellattivit commerciale su suolo pubblico non possa essere
effettuata prima che siano decorsi tre anni
dalla data del rilascio del titolo abilitativo
allesercizio dellattivit stessa. Tale norma, imponendo una limitazione temporale
alla cessione di attivit commerciali, restringe la possibilit di accesso di nuovi operatori, con conseguente violazione dellarticolo
117, secondo comma, lettera e), della Costituzione (tutela della concorrenza).
PUBBLICO INTERESSE
La difesa regionale non riuscita a dimostrare che lindubbia valenza anticoncorrenziale
della previsione rispondesse a una delle ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanit pubblica o di tutela dellambiente che sole, per larticolo 16 della direttiva Ce 12 dicembre 2006, n. 123, giustificano la deroga al principio della libera circolazione dei servizi. anzi interessante - e non
solo sotto il profilo semantico - che con tali
ragioni non siano stati ritenuti fungibili i fini
di utilit sociale addotti dalla difesa sarda:
non solo perch a tali fini appresta tutela il
generale riscontro del possesso dei requisiti
soggettivi del subentrante, ma anche perch
la Corte costituzionale non li ha giudicati
sovrapponibili con le ragioni di pubblico
interesse di cui al citato articolo 16 della
direttiva 2006/123/Ce. La distinzione potrebbe avere una ricaduta sulla stessa interpretazione dellarticolo 1 del decreto 1/2012: non
solo il suo comma 2 ammette solo i limiti, i
programmi e i controlli necessari a evitare
() possibili contrasti con lutilit sociale,
ma lo stesso comma 1 (direttamente richiamato dal comma 4) al suo esordio fa salvo
larticolo 3 dellultimo decreto Tremonti:
quel decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138,
convertito dalla legge 14 settembre 2011, n.
148, che obbligava (alla fine della lettera c)
del comma 1 della citata disposizione) Comuni, Province, Regioni e Stato ad adeguare
i rispettivi ordinamenti al principio secondo
cui liniziativa e lattivit economica privata
sono libere ed permesso tutto ci che non
espressamente vietato dalla legge nei soli
casi di () contrasto con lutilit sociale.
Paradossalmente, quindi, leffetto della nuova norma potrebbe essere quello di estendere
lambito derogatorio dellobbligo di adeguamenti normativi pro-concorrenziali delle Re-

gioni: per il decreto di recepimento della


direttiva Bolkenstein le ragioni di utilit sociale non sono sufficienti, per il combinato
disposto Monti-Tremonti il contrasto con esse giustificherebbe la permanenza di limiti
numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta
o preventivi atti di assenso dellamministrazione, per lavvio di unattivit economica.
MATERIE TRASVERSALI
Sotto il profilo scientifico, per, resta pi
intrigante il paragrafo 3.3 della sentenza,
che, come si diceva, ribadisce che la riserva
di una materia (commercio, nella fattispecie), alla potest legislativa residuale delle
Regioni, non di per s sufficiente a escludere eventuali profili di illegittimit costituzionale. La tutela della concorrenza, quindi, alla stessa stregua della tutela dellambiente
- una di quelle materie trasversali che dopo la revisione costituzionale del 2001 la
Corte ha individuato, fra le materie elencate
nel comma secondo dellarticolo 117, idonee
a consentire lintervento della legge statale
in ambiti che sembrerebbero riservati al legislatore regionale (si veda G. Scaccia, Le
competenze legislative sussidiarie e trasversali, in Diritto pubblico, n. 2 del 2004, pagina 461 e seguenti). Infatti non tutti gli ambiti materiali specificati nel secondo comma
dellart. 117 possono, in quanto tali, configurarsi come materie in senso stretto, poich,
in alcuni casi, si tratta pi esattamente di
competenze del legislatore statale idonee a
investire una pluralit di materie (si vedano
le sentenze n. 282 e 407 del 2002); e proprio
la tutela della concorrenza, secondo la Corte, non presenta i caratteri di una materia di
estensione certa, ma quelli di una funzione
esercitabile sui pi diversi oggetti, (...) linclusione di questa competenza statale nella
lettera e) dellart. 117, secondo comma,
Cost., evidenzia lintendimento del legislatore costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica
che (...) esprimono un carattere unitario (...)
Lintervento statale si giustifica, dunque, per
la sua rilevanza macroeconomica (Corte costituzionale, sentenza 14/2004). La citata sentenza sul caso abruzzese, poi, aveva calato
tali principi nel concreto di un sindacato della valenza pro-competitiva di una previsione
regionale (obbligo degli esercizi commerciali che vogliano usufruire della facolt di derogare allobbligo di chiusura domenicale e
festiva, di compensare ogni giornata di
apertura facoltativa domenicale o festiva con
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LA SENTENZA COSTITUZIONALE

una corrispondente giornata di chiusura infrasettimanale): per esso lespressione tutela


della concorrenza di cui allarticolo 117,
secondo comma, Cost. determina la necessit di un esame contenutistico sia per ci che
costituisce il portato dellesercizio della competenza legislativa esclusiva da parte dello
Stato, sia per ci che riguarda lesplicazione
della potest legislativa regionale, sia essa
riferibile al terzo o al quarto comma dellart.
117 Cost. (sentenza 150/2011).
Poich la Regione Sardegna si vale ora della
parificazione tra Regioni a statuto speciale e
Regioni a statuto ordinario, derivante dal
nuovo assetto delle competenze legislative
(in tal senso gi larticolo 10 della legge
costituzionale 3/2001, come interpretato dalla Corte costituzionale in sentenza
274/2003), non le si applica pi il limite
(pure richiamato allarticolo 1 comma 3 del
decreto 59/2010) costituito dallobbligo di
rispettare le norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, relativamente alle aree di potest legislativa
esclusiva delle Regioni coincidenti con aree
ora attribuite alla potest legislativa esclusiva (residuale) delle Regioni ordinarie.
Non si pu per inferirne che essa sia sottratta al nuovo e pi diretto limite che proprio
dal titolo V discende, in ordine al rispetto
della nuova competenza statale trasversale: la sentenza qui analizzata ne fa legittimamente conseguire che larticolo 15-bis, comma 4, della legge regionale della Regione
autonoma Sardegna 5/2006, subordinando la
cessione di attivit commerciali su aree pubbliche al decorso di un triennio dalla data del
rilascio del titolo abilitativo, ostacola laccesso a quelle attivit e condiziona, restringendolo, il libero esplicarsi dellattivit imprenditoriale, con conseguente violazione dellarticolo 117, secondo comma, lettera e), della
Costituzione.
DECLINAZIONI LOCALI
Se nella lotta alle normative regionali non
pro-concorrenziali legislatore e giudice costituzionale oramai si muovono (quasi) di
pari passo, sempre pi in futuro si porr il
problema non del se si adempie, ma di
come lo si fa, visto che sul punto si possono dare declinazioni diverse del medesimo
principio. Non un caso che larticolo 84 del
decreto 59/2010 contenesse, nei confronti
delle leggi regionali, una cosiddetta clausola di cedevolezza: da un lato essa prevede
che la norma nazionale in materie riservate
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alla competenza esclusiva dello Stato (specie


se applicativa di principi e norme comunitarie) sia destinata a prevalere, per cos dire
per espansione, sulle eventuali disposizioni regionali contrastanti (Consiglio di Stato,
decisione 2808/09).
Dallaltro lato la Regione potr adeguare le
proprie disposizioni in materia commerciale
a quanto disposto dalla L. 248/06 ed al
D.Lg. 59/10; in difetto dovendo dare immediata e diretta applicazione alle disposizioni
ivi contenute: lo notava Tar Friuli Venezia
Giulia (Trieste), sentenza 11 marzo 2011, n.
145, secondo cui la questione, in realt
un po pi complessa, in quanto bisognerebbe distinguere i casi in cui le Regioni erano
gi dotate di norme ad hoc, da quelle che
non ne possedevano di proprie: in questo
secondo caso, la normativa statale deve ritenersi immediatamente applicabile, almeno
sino a quando la Regione non disciplini autonomamente la materia (in conformit alle
regole dettate dallo Stato); nel primo caso,
invece, va ancora distinta la situazione in
cui le norme preesistenti siano in linea con
le disposizioni statali sopravvenute (nel qual
caso, nulla quaestio), da quelle in cui siano
con le stesse contrastanti.
In ordine alla possibilit di normazioni regionali che declinino diversamente il principio
di liberalizzazione, senza violarlo, la pronuncia del Tar Trieste sosteneva che le leggi
sopravvenute hanno liberalizzato il mercato
lasciando alle Regioni e agli Enti locali la
possibilit di porre limiti ai nuovi insediamenti commerciali solo se giustificati da ragioni estranee alla limitazione della concorrenza, in altre parole: geografiche, storicoculturali, urbanistiche, architettoniche e ()
anche di salvaguardia del tessuto commerciale esistente (), ma non potr puramente e
semplicemente denegare unautorizzazione
richiamandosi ai non pi consentiti contingentamenti. Ricondurre lintervento di adeguamento regionale entro gli ambiti finalistici recati dallarticolo 117, comma 2, lettera
e), della Costituzione, quindi, significa anche non dare per scontato che dalla liberalizzazione procedimentale discenda automaticamente una migliore disciplina della concorrenza: se questo linteresse giuridico da
conseguire, esso pu trovare varie forme di
contemperamento, non necessariamente facendo retrocedere sullo sfondo il ruolo regolatorio delle pubbliche amministrazioni ma piuttosto - accertando caso per caso il punto
di caduta che soddisfa meglio linteresse pubblico.
l

La riserva di una
materia quale
il commercio
alla potest regionale
non di per s
sufficiente a escludere
eventuali profili
di illegittimit. La tutela
della concorrenza
infatti una
materia trasversale
che la Corte considera
idonea a consentire
anche norme statali

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