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Un quadro d’insieme sul concetto di ruolo e sugli strumenti e sulle leve a disposizione delle organizzazioni nell’era contemporanea
Il 10 dicembre scorso ricorreva l’83° anniversario della morte di uno dei più grandi personaggi della storia della letteratura italiana, Luigi
Pirandello. Con sguardo acuto e profondo, con stile ironico e spietato, a volte cinico, il grande scrittore siciliano ci ha regalato personaggi e
storie magnifiche, svelando la complessità e le contraddizioni dell’uomo moderno: dalla crisi dell’io di fronte alla nascita della cultura di
massa, all’incrinatura tra il mondo a lui contemporaneo, frutto già allora del progresso tecnologico e industriale, ed il mondo naturale.
In effetti la lettura pirandelliana della società era giustificata in un periodo storico (siamo agli inizi del ‘900) caratterizzato dallo sviluppo
progressivo del pensiero scientifico, che aveva messo in crisi il positivismo classico, il quale assicurava di poter spiegare i fenomeni secondo
relazioni di causa-effetto e verità oggettive.
Solo per fare qualche esempio in proposito, nel 1905 Freud pubblicava i tre saggi sulla teoria sessuale scoprendo l’inconscio; nel 1915 Einstein
scriveva la teoria della relatività; nel 1907 con Les demoiselles d’Avignon, Picasso dava avvio al Cubismo (con cui si annullava anche nell’arte
l’unicità del punto di vista). Contemporaneamente nasceva la catena di montaggio (e milioni di persone cominciavano a spostarsi dalle
campagne alle fabbriche), si diffondeva la radio (e di li a poco la propaganda) …. L’era moderna insomma era solo agli inizi e diversi
intellettuali si facevano interpreti degli enormi cambiamenti in atto: da Nietzsche a Duchamp, sostanzialmente in modo trasversale ai diversi
ambiti filosofico, scientifico, letterario e artistico.
In questo contesto Pirandello ha descritto l’uomo nella variopinta ricchezza della sua umanità come anche della sua solitudine, rendendo
molto simili i suoi personaggi sia a quelli di Kafka che all’Ulisse di Joyce. Egli si scagliava contro il conformismo (in particolare quello
borghese) affermando che ogni ruolo sociale lega l’individuo (la
persona) al proprio ruolo fittizio (personaggio) e che a volte
l’individuo aderisce consapevolmente e completamente alla sua ““….tempo, spazio, necessità. Sorte, fortuna, casi: trappole tutte
forma sociale, che è proprio quella in cui si sente chiuso come in una della vita. Volete essere? C'è questo. In astratto non si è. Bisogna
gabbia. che s’intrappoli l'essere in una forma, e per alcun tempo si finisca
Oggi siamo in un periodo storico per certi versi non molto in essa, qua o là, cosí o cosí”
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dissimile da quello dei primi del ‘900. Come sostiene Baumann
agli inizi del secolo XXI°, l’uomo è immerso in una società Luigi Pirandello, “Uno, nessuno e centomila”, 1926
complessa e globalizzata, in una cultura frammentata (soprattutto
quella occidentale), in cui hanno perso valore e peso i grandi sistemi
filosofici e religiosi, in una comunità resa instabile da legami interpersonali sempre più “liquidi”. Contemporaneamente l’organizzazione del
lavoro è sempre più flessibile, cambiano le forme ed i mezzi di comunicazione, mutano gli ambiti di aggregazione sociale,si alleggerisce
sempre più il welfare state e si comincia a parlare finalmente di responsabilità sociale d’impresa…
Così come la società anche l’uomo post-moderno non è poi così diverso da quello pirandelliano: è indubbiamente più solo, più narcisista,
più vuoto. Tuttavia ci sono degli elementi di diversità: se l’uomo pirandelliano soffriva il disagio prodotto da una civiltà che lo costringeva in un
determinato ruolo, imponendogli di rinunciare al soddisfacimento delle proprie pulsioni, l’uomo post-moderno si ritrova invece quasi schiavo di
queste stesse pulsioni (ad esempio quelle d’acquisto), incapace di stabilire un legame duraturo con gli altri, orfano di qualcuno che lo possa
riconoscere, svuotato di quel minimo di identità che i vecchi ruoli assicuravano.
E’ chiaro dunque che il concetto di ruolo in azienda non può che risentire dei profondi cambiamenti che la società contemporanea ha
vissuto negli ultimi anni, anche in seguito allo sviluppo delle New Technologies of Information and Communication (NTIC).
Questi cambiamenti interessano ormai una parte sempre crescente della popolazione (pensiamo alla diffusione dei social network, al tema dei
nativi digitali etc.) tanto da spingere alcuni sociologi a definire un nuovo concetto di società, la società in rete, o network society2,
caratterizzata dalla combinazione di network sociali e da reti di mass-media che plasmano nuovi tessuti strutturali a livello individuale,
organizzativo e sociale.
A fronte di questi cambiamenti cresce oggi il bisogno delle aziende di riorganizzarsi, sia all’interno, agevolando ad esempio i processi di
condivisione delle conoscenze, che all’esterno, attingendo sempre più spesso al concetto di impresa a rete3 (al quale dedicheremo un articolo a
parte in futuro).
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che per certi versi può essere considerata una vera e propria miopia, si veda ad esempio un recente articolo di Al Gore and David Blood sul
Fincial Times: http://www.ft.com/cms/s/0/1b1067b2-dacd-11de-933d-00144feabdc0.html
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http://www.amcservices.it/2009/12/management-agile-e-tecniche-dell%E2%80%99improvvisazione-jazz/
6 Richard Daft, Organizzazione aziendale, Apogeo, 2004, pag 508
7 non abbiamo utilizzato la parola “competenze” perché comunemente viene intesa come un insieme di conoscenze, capacità e attitudini.
8 Osservatorio sul lavoro nelle pubbliche amministrazioni: http://www.adapt.it/acm-on-
line/Home/BollettinoAdapt/Ordinario/8giugno2009n16/documento834.html
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schemi formali. Ed è proprio in questo scollamento che si misura l’inefficienza di un organizzazione, come anche la sua capacità di
autorigenerarsi.
Non a caso nella percezione dei professionisti Hr i temi critici per il futuro sono da ricercare nel Change management, nella Talent retention
& Talent development, nell’Employee Engagement. Assumono cioè sempre più rilevanza i sistemi di Value Chain management, di
Performance management, di Total Reward, di People Value, di Knowledge Management9.
Esistono dunque già temi e strumenti innovativi che si prestano ad interpretare i cambiamenti che impattano oggi sulle organizzazioni. Il fatto
è che solo poche realtà si stanno adeguando ai tempi.
Con la Social Network Analysis ad esempio si possono individuare in un organizzazione i veri portatori interni di conoscenze, così come quelli
dotati di una nuova competenza, denominata da alcuni personal connectivity10, utilizzando strumenti che associano all’analisi organizzativa
elementi propri dell’analisi semantica.
9 Lo dice la survey “4th European HR Barometer” organizzata dall’European Club for Human Resources e dalla Hewett Associates
(http://www.hewittassociates.com/intl/AP/en-AP/KnowledgeCenter/Magazine/HQ_24/emerging-from-the-downturn.html) e la
PricewaterhouseCoopers a nome della World Federation of Personnel Management Associations (WFPMA, in
http://www.wfpma.com/PDFs/hrglobalchallenges.pdf)
10 http://ecorner.stanford.edu/authorMaterialInfo.html?mid=422
11
http://osha.europa.eu/en/publications/reports/TE-81-08-478-EN-C_OSH_in_figures_stress_at_work/view, pag. 22, cap.2
12 in quest’ambito si inserisce ad esempio la Legge n. 53 del 2000 contenente “disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per
il diritto alla cura, alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città”
13 Per approfondimenti si veda http://ec.europa.eu/social/BlobServlet?docId=1474&langId=it
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Come insegna il sociodramma14 nel ruolo sussistono dunque “elementi privati ed elementi collettivi”, elementi auto ed etero-diretti.
Trovare il giusto equilibrio non è affatto semplice: ad esempio se la distanza tra ruolo atteso e ruolo percepito è notevole si rischia di
danneggiare non solo l’efficienza e l’efficacia del lavoro, ma in primo luogo la persona.
Ma l’attenzione agli elementi sociali (o collettivi) rende necessario considerare ulteriori fattori: la legittimazione (il livello di empowerment
esercitato sul soggetto), la responsabilità (la definizione di materie/settori/strutture sulle quali quel ruolo esercita una competenza riconosciuta e
protetta dai superiori, come anche la delicatezza e la strategicità degli incarichi a lui assegnati), il potere (da chi riceve ordini e a chi li
impartisce), l’autorità (data spesso, ma non sempre, dalle competenze tecnico-professionali, dalle conoscenze, dalle abilità, dalle capacità di far
produrre risultati al proprio gruppo di lavoro) e la fitta rete di relazioni (gli ambiti di comunicazione privilegiata raggiunti all’interno
dell’organizzazione, collaborazioni, reti di conoscenze intra-inter ed extra aziendali), che rendono l’adattamento al ruolo una questione molto
delicata da progettare e gestire, in particolare oggi, se pensiamo ai molteplici contesti, anche virtuali (pensiamo ad esempio a linkedin e alle
community aziendali) in cui le persone possono interfacciarsi, ben oltre il contesto organizzativo “fisico” o reale.
Come possono far fronte a questa complessità/poliedricità del ruolo le aziende e i singoli dipendenti?
b) Gli atteggiamenti influenzano le azioni, ossia gli atteggiamenti modificano la percezione, per cui un atteggiamento collaborativo
verso il capo lo fa apparire come una persona con cui si può lavorare bene insieme, e questo fa essere la persona più collaborativa.
14 A. Cocchi, La vita in gioco - psicodramma e sociodramma nel teatro pubblico, Franco Angeli, Milano, 2003
15 Seymour Lieberman,“The effects of changes in role on the attitudes of role occupants”; In “human Relations”, n°9, pp 385-402, 1956
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mansione lavorativa, secondo le logiche proprie del work life and balance.
In questo senso dunque le percezioni degli HR professional viste pocanzi e le tendenze espresse dal mercato16 sono esemplificatrici e predittive.
Conclusioni
I ruolo è il mattone19, e come tale rappresenta la base dell’infrastruttura aziendale.
Così come ogni mattone può essere composto di materiali più o meno resistenti, allo stesso modo le aziende possono interpretare i ruoli della
propria infrastruttura da semplici mansioni associate ad una determinata posizione o nel senso più complesso che è stato definito in
questo articolo.
Abbiamo volutamente trascurato gli elementi di natura “tecnica”, che avrebbero necessariamente richiesto un approfondimento sulle nuove
professioni (digitali ad esempio) e sui nuovi processi e metodologie di gestione (il business process management appunto).
Evidenziamo quindi:
1) l’importanza di puntare sulle competenze trasversali, e tra queste soprattutto sulla flessibilità, sulla creatività e sull’innovazione;
2) l’esigenza di rivalutare, oggi più che mai, sia gli elementi di natura sociale (clima, cultura,relazioni o connessioni) che gli
elementi soggettivi (essenzialmente aspettative, motivazioni, attitudini) associati ad ogni singolo ruolo, anche rispetto a quelli
professionali (conoscenze, capacità) che oggettivi (mansioni, compiti etc);
3) la necessità di ridefinire in chiave contemporanea la comunicazione interna, per valorizzare efficacemente ruoli e
professionalità aziendali, anche attraverso metodologie innovative quali lo storytelling o la gestione di community interne;
4) l’importanza di un intervento prima di tutto da parte delle organizzazioni (con strumenti propri del work life balance,
certificando la responsabilità sociale, investendo sulla sicurezza etc.) ma anche dello Stato (con gli ammortizzatori sociali ad esempio)
che tutelino soprattutto la salute ed il benessere dei lavoratori.
Questa visione è ormai essenziale per governare i cambiamenti in atto: abbiamo in sostanza delineato degli aspetti che se da un lato rendono il
mattone o ruolo più complesso da gestire, dall’altro contribuiscono a rendere giustizia ad “una visione più umana” e contemporanea del
ruolo stess6, non solo pirandellianamente parlando, nel passaggio epocale verso la società in rete.
16 http://www.aifonline.it/archivioLearningNews/articoli/2008_n03_06_RaffaellaVerga.pdf
17
http://europa.eu/pol/infso/index_it.htm
18
per una disamina delle aziende che hanno utilizzato fin’ora questa metodologia si v. Manuale di Storytelling, Andrea Fontana, 2009, Etas
19 Modelli di psicologia del lavoro e delle organizzazioni, Pedon A. e Sprega F., Armando Editore, 2008, pag. 51
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