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IL MATTINO SABATO 25 APRILE 2015

1945
2015

di FRANCESCO JORI

un avvertimento di quelli che non si possono


ignorare, la pioggia di
bombe che intorno alle 10 di
venerd 20 aprile 1945 si abbatte sul quartier generale tedesco di Recoaro, e lascia dietro
di s 28 tra morti e feriti: gli
americani stanno mandando a
dire al nemico che tempo di
chiudere le trattative per la resa. Messaggio pervenuto: la domenica successiva nella localit vicentina si siedono attorno
a un tavolo il generale von Vietinghoff con il suo stato maggiore, il generale Wolff, lambasciatore presso la Repubblica
sociale italiana Rahn, e il gauleiter del Tirolo Hofer. Si decide di far partire immediatamente, alla volta di Caserta dove ha sede il quartier generale
alleato, il colonnello von Swienitz e il gruppenfuhrer SS Wener, con la credenziali firmate
per la resa. Ma in quelle circostanze il viaggio tuttaltro che
semplice, oltretutto bisogna
passare per la Svizzera: i due
messaggeri arriveranno a destinazione soltanto sei giorni dopo. Il documento che sancisce
la capitolazione nemica viene
sottoscritto alle due di pomeriggio di domenica 29 aprile:
prevede la cessazione delle
ostilit il 2 maggio successivo,
sempre alle due di pomeriggio.
Sembra chiusa, ma non lo .
Il comandante delle armate tedesche del sud, generale Kesselring, quando viene a conoscenza delle condizioni destituisce sia von Vietinghoff che il
suo capo di stato maggiore Rottinger. Nel quartier generale di
Bolzano, dove si sono trasferiti
i comandi, si discute animatamente; a dirimere la controversia, alle 11 di sera di marted 1
maggio, arriva la notizia del
suicidio di Hitler. A quel punto
von Vietinghoff viene reintegrato, e finalmente la resa diventa operativa. Dal bombardamento di Recoaro sono trascorsi dieci drammatici giorni:
li ricostruisce con grande abbondanza di particolari Luca
Valente nel suo libro Dieci
giorni di guerra, visti dal basso, con molte testimonianze di
soldati e di civili.
La Resistenza intanto non
certo rimasta ferma. Un messaggio in codice trasmesso via
radio, Aldo dice 26 per 1, segna linizio delloffensiva finale, in cui il Veneto diventa lo
scacchiere pi strategico: attraverso di esso passano di fatto le
principali vie di fuga tedesche,
verso le direttrici di Tarvisio a
est e del Brennero a ovest. Gi
il 4 aprile stato diffuso il proclama Arrendersi o perire!, rivolto alle forze nazifasciste. il
preludio dellinsurrezione, come fa notare Ernesto Brunetta
nel suo libro Dal fascismo alla
Resistenza.
Tra Veneto e Friuli, la Resistenza pu contare su 12 mila
uomini, concentrati principalmente in tre zone: il Polesine,
la Bassa veneziana e la pianura
veronese, dove lobiettivo ritardare e compromettere il pi
possibile la ritirata delle truppe nemiche; la montagna veronese, le province di Padova e
Vicenza, lalto Veneziano e il
Trevigiano in destra Piave, per
bloccare le colonne tedesche
dirette verso casa; il Trevigiano
in sinistra Piave e il Bellunese,
che diventano lestremo ba-

25Aprile

Gli ultimi giorni


di bombe e di morte
Poi fu libert
Alla vigilia della resa dei nazifascisti la Resistenza trova
nel Veneto lo scacchiere strategico per loffensiva finale

70

della
LIBERAZIONE
Inqueste ore il
mondovi guarda
Dateprova del
vostrovalore
edimostratedi
esseredegni
dellalibert
per laqualeavete
tantosofferto
luardo.
Gi il 12 aprile la divisione
Garemi muove allattacco su
un fronte di una cinquantina
di chilometri, nellalto Vicentino, interrompendo ponti e vie
di comunicazione. Il 23 aprile
lesercito tedesco in rotta arriva sulle sponde del Po, dove in-

Nelle vie
enellepiazze
iveicoli
venivano
sommersi
dacivili che
ridevano
piangevano
ecantavano
tanto la Resistenza ha fatto saltare i ponti: mentre gli aerei alleati bombardano le colonne
ammassate sugli argini, i soldati si gettano in acqua per guadare il fiume; molti di loro
muoiono annegati.
Tra il 25 e il 26 aprile le prime
avanguardie alleate, che han-

no attraversato il Po ad Ostiglia
su veicoli anfibi, entrano a Verona; intanto i carri amati neozelandesi attraversano lAdige,
e il 28 entrano a Padova, proseguendo quindi alla volta di Trieste. Sempre il 28 aprile altre
truppe fanno lingresso a Vicenza; il 30 viene liberata Bas-

sano.
Gli uomini della Resistenza
hanno fatto la loro parte. Nella
notte tra il 25 e il 26 aprile, i partigiani dei battaglioni Gian
Della Bona e Perseo sono
scesi dalla montagna veronese
a San Giovanni Ilarione, circondando ledificio delle scuo-

le elementari dove si sono asserragliati i tedeschi: questi ultimi si arrendono verso le 3 del
mattino, il primo presidio nemico ad arrendersi.
Intanto, attraverso Radio Milano, tutte le formazioni partigiane che operano in Veneto
sono state informate che il Corpo Volontari della Libert ha
proclamato linsurrezione nazionale a partire dalle 8 di mattina del 26 aprile: In queste
ore il mondo vi guarda. Nel nome dei nostri martiri date prova del vostro valore, e dimostrate di essere degni della libert per la quale avete tanto
combattuto e sofferto. I giorni
della liberazione sono contrassegnati purtroppo da sanguinose rappresaglie tedesche: in
particolare gli eccidi in Polesine di Villadose e Granzette; nel
Padovano di Ponso, Lozzo, Saonara, Santa Giustina in Colle
e dei paesi dellAlta a partire da
SantAnna Morosina; nel Vicentino di Creazzo, Campedello, Montecrocetta, Dueville,
Tresch Conca e Pedescala.
Lepicentro Padova, dove
dal 25 aprile padre Carlo Messori Roncaglia, gesuita, ha messo il collegio Antonianum a disposizione della Resistenza, la
quale vi ha installato il proprio
quartier generale. qui che i
responsabili della Repubblica
sociale italiana firmano la resa,
a mezzogiorno e un quarto di
sabato 28 aprile; nel pomeriggio, alle 3, lesercito nemico lascia la citt. In mezzo ci sono
state ore di concitata trattativa,
svoltasi in un locale della vicina basilica del Santo, in quanto zona extraterritoriale facendo capo direttamente al Vaticano. Il documento si articola in
una parte militare, che prevede tra laltro lo scioglimento e il
disarmo di tutte le formazioni
militari della Rsi, e la liberazione immediata dei prigionieri
politici; e in una parte politico-amministrativa, che dispone la consegna di beni, fondi e
uffici e il disarmo di tutti gli
agenti di questura; inoltre, la
consegna dei locali delle federazioni venete del fascio, e degli archivi ed elenchi, nonch
dei fondi, del partiti fascista,
compresi i trenta milioni prelevati nella corrente settimana.
Sono passate da poco le 22
di quel sabato quando dal Bassanello entrano in citt i primi
carri armati neozelandesi, accolti dai suoni delle campane e
delle sirene. Una scena che in
quei giorni si ripete in tutto il
Veneto, con manifestazioni
che lasciano stupiti e commossi gli stessi soldati alleati. Ricorda uno dei loro: Nelle vie e nelle piazze millenarie ci accolsero con un entusiasmo quasi imbarazzante. Ad ogni stop momentaneo i veicoli venivano
sommersi da civili che ridevano, piangevano e cantavano.
Una signora anziana, piangendo con gioia, stava cantando
America verso una jeep carica di uomini: non conosceva
altro in inglese. Una scena
particolare si verifica in un paesino della Bassa veronese. La rievoca un sergente Usa: La cosa da ricordare fu la stretta di
mano di una signora anziana
di circa ottantanni, che aveva
la presa di un fabbro, e non voleva lasciarmi andare Un
bambino fece il saluto fascista,
e suo padre gli diede uno scappellotto sulla testa.

II

25 Aprile 1945-2015

le tappe
le trattative per la resa

I neozelandesi al Bassanello
Il 25 aprile 1945 il Cln ordina
linsurrezione generale contro i
nazifascisti. Il 26, a Padova, cominciano le
trattative per la resa, con la Chiesa che
media. Il 27, gli alleati arrivano allAdige e
i fascisti si arrendono ai delegati della
Resistenza Sabadin, Prevedello e Canilli.
Il Clp assume il potere e designa le cariche
pubbliche. Alle 23,30 del 28 i neozelandsi
entrano in citt dal ponte del Bassanello.

IL MATTINO SABATO 25 APRILE 2015

leroe che cade allalba della vittoria

codevigo, la strage

Il Palinuro-Masaccio del Bo

La vendetta tremenda di Bulow

Sotto larco del portone


del Bo la statua di marmo di
Palinuro, scolpita da Arturo
Martini, si trova ai piedi della
scala che porta in Rettorato.
Palinuro, timoniere di Enea,
viene rapito da unonda
notturna mentre sta per attraccare dopo il
viaggio con Ulisse. Palinuro il partigiano
Primo Visentin, ucciso a Loria il 29 aprile del
1945 mentre procedeva al controllo di un
reparto tedesco che stava trattando la resa,
da una raffica di mitra sparata alle spalle.

C' un volto oscuro della


Resistenza, quello che - a
guerra conclusa - spinse
gruppi di partigiani, specie
comunisti, a fare strage di
prigionieri, talvolta accusati
di atrocit, ma in altri casi
estranei a crimini di guerra. A Codevigo, tra
il 28 aprile e met giugno - furono i
garibaldini del comandante Arrigo Boldrini
"Bulow" , saliti da Ravenna, a massacrare
136 fascisti (nella foto la lapide della
cappella del cimitero che ricorda leccidio).

A destra,
i partigiani
padovani
in parata
quasi militare
manifestano
nel centro
della citt
poco dopo
la liberazione
del Paese

7o della liberazione
o

di ALDO COMELLO

milio Pegoraro, nome di


battaglia Leo, ha compiuto 93 anni e celebra
in questo 25 aprile, il 70 anniversario della Liberazione.
Ha ancora negli occhi la curiosit dellintelligenza e la
propensione al sorriso. Lascia
scorrere un fiume di ricordi, alcuni atroci, altri gioiosi. Come
quando, alle 11,20 del 29 aprile
1945, la colonna davanguardia della V Armata americana
arriv a Fontaniva salutata da
una folla festosa di partigiani e
ausiliari, di donne e bambini:
fiori, frutta, vino, abbracci, offerti a quei soldati giganteschi,
protagonisti e testimoni della
fine di un incubo, anche se
questo momento di trionfo si
incrociava con lultima resistenza feroce, efferata (lo scorpione ha il veleno nella coda),
dellesercito nazista in via di
smobilitazione.
Pegoraro ha partecipato alla
campagna di Russia: Le nostre granate rimbalzavano contro i carri armati sovietici Stalin 41. Eravamo male armati e
peggio equipaggiati, buttati allo sbaraglio come carne da macello, mormora ancora incollerito. Qui ebbe la sensazione
precisa del lato tragico, buffonesco, irresponsabile della dittatura fascista.
Rientrato in patria subito
nelle file della Resistenza. Catturato dai nazisti viene rinchiuso nella prigione di Bassano, da cui evade attraverso
una finestra dei bagni, grazie
anche allofferta di biscotti fatti in casa da parte di Leontine
Parolin, moglie di Emilio, compagna di vita e davventura,
che distrae gli aguzzini.
Nellarea di Fontaniva-Cittadella, Emilio a capo della formazione della Brigata Garibaldi Franco Sabatucci a cui si
affianca la brigata dei partigiani cattolici Damiano Chiesa.
Va ricordato che nel territorio
si svolge lopera critica, polemica, di un grande eretico
della politica del tempo come
Gavino Sabbadin. Con la tecnica della guerriglia, di un mordi
e fuggi fatto di imboscate e sabotaggi, i partigiani riescono a
sabotare lavanzata dellesercito tedesco, armato fino a i denti, fornito di tank e cannoni
che in campo aperto li avrebbe
sopraffatti in pochi giorni.
Come successo? La natura ha dato una mano al nostro
coraggio: il fiume Brenta era in
piena e i nemici non potevano
attraversarlo. Ci ci consent
di organizzarci sulla riva opposta. Nello stesso tempo riuscimmo a blindare Cittadella,
rendendola inespugnabile. Ci
favor lappoggio della popolazione: era a nostra disposizione una rete di staffette, crocerossine, volontari che venivano dalla campagna, segno che
nellarea dopo anni di soprusi
e di oppressione fascista, soprattutto a danno dei fittavoli

Fu il popolo a vincere
sui tedeschi e i fascisti

La celebrazione
in Comune
con una mostra

Emilio Pegoraro, lultimo partigiano: volevamo cambiare


le ingiustizie nelle campagne, per questo ci aiutarono

L'impiccagione di Flavio Busonera, Ettore Calderoni e Clemente Lampioni il 17 agosto 1944, in via Santa Lucia.
Sotto, alcuni componenti della banda Carit che terrorizz Padova tra il 1944 e il 1945, compiendo torture e omicidi

e dei braccianti trattati come


servi della gleba, si era creato
nellAlta Padovana un humus
ribellistico molto fecondo.
Un altro passo fondamentale verso la vittoria continua
Pegoraro fu la conquista di

due presidi tedeschi. Uno era a


Villa Cittadella-Vigodarzere,
settecentesca, immersa nel
verde del giardino jappelliano.
Ne impedimmo la distruzione. L trovammo unenorme
quantit di generi alimentari,

coperte, sigarette, liquori, armi. I tedeschi si arresero immediatamente. Il 25 aprile linsurrezione generale, con loccupazione della periferia sud
di Fontaniva, e il 27, la battaglia infuria in tutti i comuni

Il Comune di Padova invita la


cittadinanza alla cerimonia
per celebrare lAnniversario
della Liberazione, in
collaborazione con Provincia
di Padova, Universit degli
Studi, Comando Forze di
Difesa Interregionale Nord,
Associazione Nazionale
Partigiani dItalia,
Combattenti della Guerra di
Liberazione Inquadrati nei
Reparti Regolari FF.AA., ex
Combattenti e associazioni
dArma. Il programma di oggi
prevede alle ore 10.30, a
Palazzo Moroni, via VIII
febbraio, lalzabandiera;
onore ai Caduti e deposizione
delle corone di alloro con
accompagnamento musicale
della Fanfara dei Bersaglieri,
intervento del sindaco;
orazione ufficiale del
presidente provinciale Anpi.
Alle ore 11.15, nel cortile
pensile di Palazzo Moroni,
inaugurazione della mostra
"Uomini e Donne nella Guerra
di Liberazione 1943-1945".

dellAlta.
Pegoraro, era diventato un
esperto di esplosivi. E lui che
dirige le azioni coordinate della formazione garibaldina e di
quella cattolica e fa saltare il
ponte sulla linea ferroviaria Vi-

cenza-Treviso in localit Maglio.


Emilio, come tutti i capi partigiani, negli anni torbidi
delloccupazione nazista, disponeva di un falso documento di identit intestato a Rino

La banda Carit, terrore a palazzo Giusti


Ledificio di via San Francesco trasformato in luogo di tortura, stupri e omicidi

alazzo Giusti, in via San


Francesco, massiccio,
cinquecentesco, severo,
sotto lampio portico ospita
uniscrizione: la Canzone della
Nave (Fame, torture, scariche, sibili di staffili, non ci faranno vili: viva la libert) ricorda un passato nefasto, di eroismo e di sangue perch questa
Villa Triste, una delle pi famigerate dItalia, fra la fine di
ottobre e i primi di novembre
1944 diventa la tana della banda del maggiore Mario Carit.
A Palazzo Giusti scrive Giorgio Bocca nella sua Storia
dellItalia partigiana si fa uso
di droghe, il sangue e le grida

dei prigionieri sono anchessi


drogai picchiatori ebeti bevono e mangiano mentre bastonano. Lalcol e la cocaina
elevano a potenza la ferocia
dei torturatori, alimentata anche dalla consapevolezza che
si avvicina lora della resa dei
conti.
Ma da quale inferno sbuca
questa accozzaglia di informatori, spie, assassini, addetti ai
rastrellamenti e alle spedizioni
punitive? Carit e i suoi vengono da Firenze. La banda si finanziata con una rapina in
banca da 55 milioni di lire e
con i beni strappati agli ebrei.
Da Firenze il gruppo, al diretto

comando dei nazisti, sorta di


Spectre italica, passa a Bergantino e poi a Padova su richiesta
del questore Menna. Finiscono nella rete operai, professori
universitari, madri di famiglia,
artigiani: ognuno portatore
di una memoria in cui spicca la
sospensione di ogni diritto
umano. Tra le vittime delle torture, il professor Egidio Meneghetti, Antonio Zamboni docente al Tito Livio, lavvocato
Sebastiano Giacomelli, il professor Giovanni Apolloni, insegnante al Barbarigo, molto vicino a don Giovanni Nervo, lo
scultore Amleto Sartori. A palazzo Giusti viene portato ago-

nizzante, tra le risate di scherno degli aguzzini, il partigiano


Otello Pighin (Renato). Il capo,
Mario Carit, faccia pesante,
occhi spiritati, un ciuffo di capelli bianchi, uno splendido
campione della galleria lombrosiana. I mezzi di persuasione nel salone del palazzo e nei
cosiddetti uffici (camere di
contenzione) sono calci, pugni, scariche elettriche, unghie
strappate. Un altro soggetto
meritevole di identikit Antonio Corradeschi, un bel tenebroso, un gag, nerovestito
sempre intento ad insidiare le
prigioniere, cercando di strappare loro qualche confidenza.

Corradeschi avrebbe irretito


anche una signora della buona
borghesia padovana che fu per il principale testimone a carico del suo processo. A lei il
bel Tonino avrebbe indirizzato
una lettera, nei giorni del suo

25 Aprile 1945-2015

SABATO 25 APRILE 2015 IL MATTINO

III

Concetto Marchesi: Rifate la storia dItalia e costituite il popolo italiano


Ecco il discorso fatto dal rettore e
grande latinista, Concetto Marchesi
(nella foto), agli studenti padovani
il 1 dicembre 1943.
Studenti dellUniversit di Padova!
Sono rimasto a capo della vostra
Universit finch speravo di
mantenerla immune dall'offesa
fascista e dalla minaccia germanica; fino a che speravo
di difendervi da servit politiche e militari e di
proteggere con la mia fede pubblicamente professata
la vostra fede costretta al silenzio e al segreto. Tale
proposito mi ha fatto resistere, contro il malessere che
sempre pi mi invadeva nel restare a un posto che ai
lontani e agli estranei poteva apparire di pacifica
convivenza mentre era un posto di ininterrotto
combattimento( ). Nel giorno inaugurale dell'anno
accademico avete veduto un manipolo di questi

sciagurati, violatori dell'Aula Magna, travolti sotto la


immensa ondata del vostro irrefrenabile sdegno. Ed io,
o giovani studenti, ho atteso questo giorno in cui
avreste riconsacrato il vostro tempio per pi di
vent'anni profanato; e benedico il destino di avermi
dato la gioia di una cos solenne comunione con l'anima
vostra. Ma quelli, che per un ventennio hanno vilipeso
ogni onorevole cosa e mentito e calunniato, hanno
tramutato in vanteria la disfatta e nei loro annunci
mendaci hanno soffocato il vostro grido e si sono
appropriata la vostra parola. Studenti: non posso
lasciare l'ufficio del Rettore dell'Universit di Padova
senza rivolgervi un ultimo appello. Una generazione di
uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra
patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall'ignavia,
dalla servilit criminosa, voi insieme con la giovent
operaia e contadina, dovete rifare la storia dell'Italia e
costituire il popolo italiano.

il 29 aprile 1945

Domenica di sangue, lultima strage


Da SantAnna Morosina alla Cazzadora, 136 innocenti fucilati
di FRANCESCO JORI

Costantini di Bertrando e Maria Breda, studente, residente


a San Pietro in Gu. Emilio Pegoraro, per il Pci, stato parlamentare in tre legislature, senatore per due volte, per una
deputato. E considerato il pa-

dre delle riforme agrarie assieme al senatore Dc, De Marzi,


esponente della Coldiretti.
Emilio cancella antichi privilegi feudali come il livello, la decima e il quartese che i mezzadri dovevano pagare.

Arrivarono nel 44
da Firenze, con loro
rubato agli ebrei
Sotto i loro colpi morirono
Sabatucci e Pighin

arresto, piena di amarezza e di


risentimento.
Corradeschi,
con Chiarotto e Falugiani, costituisce il gruppo di fuoco, un
trio di assassini. Una delazione
permette loro di tendere un agguato mortale, vicino a palaz-

zo Esedra, a Francesco Sabatucci, comandante della Brigata Padova, eroe del Ponte della
Priula. Cercano di prenderlo
ma Francesco si mette a correre veloce; Corradeschi gli spara
con la pistola, gli altri due
esplodono raffiche di mitra: Sabatucci si abbatte raggiunto da
una trentina di proiettili. Vicino al Santo, vittima di tradimento, viene ucciso Corrado
Lubian che ha appena sostituito nel comando Otello Pighin.
La storia della banda Carit
un po come lIliade di Omero, non c una documentazione scritta. Carit e i suoi uomi-

Il documento falso di Pegoraro

ni scrive Tana Dogo hanno


distrutto ogni prova dei loro
misfatti. Difficile anche rintracciare gli atti del processo del
settembre 1945. Quando la linea di resistenza tedesca
sullAppennino mostra i segni
di profonda usura, Mario Carit si rifugia in un paesino
dellAlpe di Siusi a 30 chilometri da Bolzano. Viene sorpreso
da soldati americani mentre fa
lamore in una baita. Prende la
pistola, spara, ma viene falciato da raffiche di mitra e la donna che con lui viene ferita.
Corradeschi fucilato alla
schiena al poligono di tiro di
Padova; per Chiarotto e Falugiani, la sentenza lergastolo;
viene condannata a 16 anni anche la figlia maggiore di Carit.
A palazzo Giusti tornato il silenzio, mentre gli alberi rinsecchiti in giardino hanno ripreso
a fiorire.
Aldo Comello

a Liberazione in Veneto
conosce nellAlta Padovana giorni tra i pi sanguinosi. Che iniziano proprio il
25 aprile, quando la brigata
partigiana Damiano Chiesa occupa il centro dellabitato di
Santa Giustina in Colle, uccidendo alcuni soldati nemici,
costringendo alla ritirata il presidio tedesco e sequestrandone le armi. La notizia arriva rapidamente alle brigate nere
della vicina Camposampiero,
che la rilanciano a loro volta alle forze tedesche delle Waffen-SS di stanza a Castelfranco. Da qui, nella notte tra il 26 e
il 27, si muove una colonna di
duecento soldati appoggiati da
autoblindo, che raggiungono
Santa Giustina iniziando un
pesante fuoco di sbarramento.
I partigiani si asserragliano nei
locali della parrocchia, mentre
gli abitanti fuggono: cinque di
loro vengono catturati e ammazzati sul posto, altri 23 sono
fatti prigionieri e tenuti come
ostaggi. I tedeschi avanzano, e
fanno irruzione nella canonica, dando fuoco al campanile.
Il parroco don Giuseppe Longo, 65 anni, si fa avanti, offrendosi di essere scambiato con
gli ostaggi, tra i quali figurano
tra laltro due sedicenni. Ma il
suo gesto viene respinto: i prigionieri vengono allineati lungo il muro a fianco della chiesa,
e giustiziati a colpi di fucile. Subito dopo, un soldato prende
di mira il cappellano don Giacomelli, trentenne, sferrandogli un pugno che lo fa crollare a
terra, dove viene ucciso con
quattro colpi di pistola. La stessa sorte tocca al parroco, freddato con un colpo di pistola
sulla bocca. Dopo la guerra gli
verr assegnata una medaglia
doro alla memoria.
Purtroppo, soltanto una
sanguinosa anticipazione di
quel che accade qualche giorno dopo, domenica 29 aprile, a
partire l vicino, da SantAnna
Morosina, teatro di uno dei pi
efferati eccidi nazisti. Reparti
tedeschi della divisione Falck,
che si stanno ritirando dal fronte, in risposta ad un attacco nemico, iniziano un vasto rastrellamento che parte la mattina
del 29 proprio da SantAnna,
prelevando dalle loro abitazioni i maschi senza alcuna distinzione di et e usandoli come
scudi umani nel corso di un ripiegamento verso nord. In tutto, 39 persone. Lungo il percorso, la stessa sorte tocca alle persone degli altri paesi di volta in
volta attraversati: via via, San
Giorgio in Bosco, Abbazia Pisani, Villa del Conte, San Martino

Mogli e madri disperate accorse sul luogo della strage dei loro uomini

Le Ss, dopo averli


fucilati, infierirono
sui volti dei padovani
con bastoni e calci di fucile
rendendoli irriconoscibili

La benedizione delle vittime

di Lupari. A questo punto la colonna attraversa i confini tra le


province di Padova e Treviso,
dirigendosi verso Castello di
Godego. La barbarie inizia gi
durante il percorso: diversi
ostaggi vengono ammazzati
durante la marcia di ripiegamento, gettando i loro cadaveri ai bordi della strada.
La sanguinosa odissea si protrae per lintera giornata, fino a
che verso sera la colonna si ferma
allincrocio
della
Cazzadora, sulla strada per
Bassano, in territorio di Castello di Godego. Qui i superstiti
del rastrellamento vengono
chiamati a gruppi di quindici,
e passati per le armi. Non paghi, secondo una testimonianza, i nazisti urlando come forsennati, squarciarono il cranio
alle vittime con il calcio del fucile o sparando pallottole
esplosive. Su questa strage c
anche una documentazione di
chi si trov costretto a recarsi
sul posto poco dopo leccidio:
il dottor Giannino De Sandre,
medico condotto. Le sue testuali parole: Fui dolorosamente testimone dello scempio di tante povere creature.
Orribile era lo stato di una ventina di giovani col capo e le fac-

ce deformati, pi che dai proiettili di arma da fuoco, da colpi di corpo contundente (calcio di fucile, mazza). Posso affermare che tutte le vittime,
quando le vidi io, avevano ancora le braccia sollevate in alto,
parecchi con le dita della mano chiuse e con serrate nel palmo terra ed erba. In alcuni lo
stato danimo di terrore ed angoscia
traspariva
ancora
dallespressione degli occhi
spalancati e fissi in atteggiamento di massima sofferenza. Alla fine, la drammatica
contabilit di questa tragica
domenica di sangue dovr annoverare ben 136 vittime.
Va ricordato che nei mesi
scorsi il Comune di San Giorgio in Bosco (nella cui giurisdizione
territoriale
rientra
SantAnna Morosina) ha chiesto al governo tedesco un risarcimento per queste esecuzioni
sommarie, che avevano toccato quasi tutte le famiglie della
frazione. Le due vicende ricordate si inseriscono, in ogni caso, allinterno di un quadro pi
complessivo, che vide la provincia di Padova al centro di
violenti combattimenti e sanguinose rappresaglie. Tra il 25
e il 29 aprile, sempre nellAlta
Padovana, furono quindici i
partigiani
della
brigata
Damiano Chiesa caduti in
combattimento. E anche altre
localit della provincia dovettero pagare un loro tributo di
sangue, come dimostrano le 44
vittime civili di Saonara trucidate il 28 aprile. Ultimi focolai
di barbarie, prima della definitiva liberazione.

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