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LA RESPONSABILITA’ SOCIALE

INDIVIDUALE

Anno 2009, secolo XXI. Quale è la storia che stiamo


tessendo per le generazioni future? Ve lo siete chiesto
qualche volta? Quale storia hanno tessuto i nostri
predecessori per essere quelli che siamo in questo periodo
storico? A queste domande penso che non ci sia una
risposta, ma molteplici. Non sto qua a cercare una risposta,
ma a fare una semplice riflessione personale, frutto di una
smania che non sembra arrestarsi dentro di me. In una
epoca in cui “la dinamica aggregativa” sembra essere la
pratica dominante, l’individuo svolge un ruolo. Quale? Per
essere chiaro, la dinamica aggregativa si riferisce a
differenti aspetti. Per cominciare quello politico -
istituzionale, vedi l’Unione Europea, la realtà sud
americana con il Mercosur, la lega araba, da cui si riflette
la necessità impellente di un regionalismo competitivo a
livello planetario, per far fronte a grandi mostri quali la Cina
, l’India, la Russia, gli Usa. Il mio pensiero poi passa
all’aspetto economico, in cui la tensione verso l’aggregarsi
non più di piccole imprese, ma di grandi multinazionali
esportatrici, bancarie, di servizio, è diventata sempre più
una realtà più che una teoria riportata su degli assi
cartesiani. Poi penso al sistema partitocratico di una
società civile, in cui il parlamentare non è libero di
esprimersi su certe questioni, ma che deve per forza
aggregarsi alla volontà del partito. Penso ai grandi
movimenti sociali, quali quelli degli omosessuali, le quali
associazioni sembrano incarnare sempre più l’assetto di
gruppo di pressione istituzionalizzato che a volte sembra
andare oltre la semplice conquista di determinati diritti per
cui sono nate. Posso andare anche oltre rivolgendomi ai
sindacati, ai movimenti ambientalisti, alle ONG, alle
istituzioni religiose e ancora altri. Beh, in tutte queste
aggregazioni visibili all’occhio dell’uomo, ognuna con una
sua storia e una sua evoluzione socio culturale, mi chiedo
quale sia la funzione del singolo? Il singolo è partecipe ai
processi decisionali che vengono prese in ognuna di queste
sedi? O dovrebbe aderirvi per il semplice fatto che
condivide i suoi valori generali? E se a volte non è
d’accordo, visto che spesso in queste espressioni
istituzionalizzate prima o poi si arriva a dei compromessi,
che fare? Non è finita qui. L’individuo in questi istituzioni,
quanto dà rispetto a quanto potrebbe dare? All’interno di
esse quanto si lavora affinché ognuno possa tirare fuori il
meglio di sé secondo le proprie peculiarità?
La mia riflessione vuole arrivare al punto in cui, il contrasto
tra alienazione e ricerca di una identità è più forte che mai.
L’alienazione è il frutto di esclusione sociale, di rifiuto da
parte dell’ambiente esterno o frutto di una propria
decisione; la ricerca dell’identità deriva da una necessità
personale per soccombere a delle insicurezze, per una
semplice inclinazione sociale, o anche perché si è costretti
a farlo. Questo contrasto a cui sopra mi riferivo, all’interno
della società attuale potrebbe indurre a una maggior
disgregazione sociale, che induce a non accettare la
diversità, il nuovo, il cambiamento e spinge verso una
spirale quasi di annullamento dell’individuo.
Pensare a un mondo ridotto a 10 grandi Nazioni, a poche
centinaia di grandi multinazionali, a poche grandi
associazioni globali che si occupano di questioni definite
rilevanti per il globo è qualcosa di irrealistico o
potenzialmente fattibile? Eppure pensare che fino a 20 anni
fa sembrava fantascientifico poter comunicare
contemporaneamente sia con un amico in India che in
Brasile. Dove voglio arrivare con ciò?
Non è arrivato forse il momento che ci rendiamo conto che
ognuno di noi sta perdendo la cognizione di ciò che sta
succedendo attorno a sé? che stiamo perdendo la capacità
di creare dei contenuti che possano essere confrontati con
persone diverse, dato che già c’è chi ci dice su cosa
dobbiamo discutere e verso che cosa non dobbiamo
puntare il dito? Abbiamo una responsabilità individuale
verso il nostro vicino, verso i nostri figli che quel che verrà
non è certo semplice, mentre stiamo tutti, ma dico tutti a
lamentarci che le cose vanno di meglio in peggio?
Questioni come l’ambiente, la tutela della diversità, la
biodiversità, l’emancipazione sociale ed individuale, la
salvaguardia dei propri diritti fondamentali, dove vengono
affronatate? Nei salotti dove dopo c’è un bel buffet che
aspetta le “autorità” che vi partecipano? Oramai i grandi
della Terra hanno preso il vizio di firmare questi fogli di
carta che li fanno passare come una vittoria per ciascuno di
noi, senza sapere che la stragrande maggioranza di noi non
sa cosa ci stia scritto lì dentro e forse non potrebbe
neanche capirlo se lo leggesse perché troppo difficile! Ecco
perché ognuno di noi ha una grande responsabilità, ossia
quella di far girare il proprio cervello secondo la propria
“inteligentia”, dovrebbe far nascere dentro si sé quella
curiosità impellente, quasi morbosa per la vita, perché solo
così si può preservare il futuro. Preservare il futuro
significa, mettere in moto una evoluzione
intergenerazionale consapevole, che sia responsabile verso
sé stessi quanto verso gli altri, e questo lo si può fare solo
se ognuno di noi internalizza queste necessità! Io penso
che quanto detto debba divenire un principio comune, non
imposto dall’alto, ma solo attraverso la condivisione del
catalizzatore interiore che sta dentro ciascuno di noi.

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