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Il teologo di Giotto

Sulla controfacciata, al di sopra della sommit ricurva dellarchitrave del portale, sotto il grandioso affresco del Giudizio Universale, Giotto ritrae Enrico Scrovegni, la gamba
sinistra genuflessa, nellatto di offrire alla Madonna un
modellino della Cappella: con la destra stringe la bianca
piattaforma semicircolare in pietra dIstria con quattro
scalini, mentre la sinistra si protende verso la mano di Maria e arriva quasi a sfiorarla. ritratto di profilo, con le sue
vere sembianze. Due sculture presenti nella Cappella lo
confermano. La prima la statua orante che lo mostra in
et ancora giovane ed con buona probabilit coeva alla
realizzazione della Cappella: scolpita a tutto tondo, colpisce per il realismo, la semplicit dellimpostazione, la composta sobriet del panneggio. Oggi si trova in un posto
non suo, nella nicchia allinterno della sacrestia, dove il
pubblico non pu accedere, ma un tempo doveva essere
collocata allinterno della Cappella, in un punto non ancora individuato.1 La seconda la maschera funebre utilizzata per il sepolcro dello Scrovegni e databile al mese di agosto del 1336, quando Enrico mor, esule, nellisola veneziana di Murano.
Giotto ritrae il padrone di casa con un elegante copricapo e una veste viola, simbolo liturgico di umiliazione e
penitenza ( tuttora il colore dei paramenti sacerdotali nei
riti funebri, comprese le cerimonie e messe in commemorazione dei defunti, e in tempo dAvvento e di Quaresima).
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Monumento funebre di Enrico Scrovegni, particolare. Statua di Enrico Scrovegni,


particolare. Giudizio Universale, particolare.

Anche questo particolare ha contribuito alla nascita dellipotesi che la Cappella sia stata commissionata per impetrare dal Cielo il perdono per le colpe del padre Rinaldo,
che Dante, labbiamo ricordato pi volte, pone tra gli usurai (Inferno XVII, 64-75). Abbiamo ampiamente dimostrato che ben altri erano gli intenti di Enrico. Al momento delluscita dalla Cappella, lo sguardo dei visitatori si posava sulla scena che lo vedeva dialogare con la Madonna e giungere quasi a toccarla, ricevendone in cambio
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un dolce sorriso. Oggi si definirebbe una brillante operazione di marketing, cui non erano estranee, come sappiamo, personali ambizioni politiche.
I padovani del tempo riconoscevano benissimo anche il
religioso in ginocchio, che regge sulla spalla il modellino
della Cappella. Nessun documento ufficiale, nessuna fonte ci aiutano oggi a identificarlo. Di lui non sappiamo nulla, tranne che questo il suo preciso ritratto. Quanto al suo
ruolo, potrebbe trattarsi o di unautorit ecclesiastica locale, la cui presenza sottolineerebbe lapprovazione della
Chiesa alloperato di Enrico Scrovegni, oppure del teologo che ha collaborato con Giotto allimpaginazione della
Cappella. Non c spazio, a nostro avviso, per altre ipotesi, che pure sono state formulate dalla critica giottesca.2
La prima ipotesi poco credibile, perch sarebbe logico aspettarci il ritratto della massima autorit religiosa cittadina, e cio del vescovo Ottobono de Razzi, che aveva

Giudizio Universale, particolare.

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dato la sua approvazione al progetto prima di essere nominato patriarca di Aquileia (29 aprile 1302), o del vescovo Pagano della Torre, che gli subentr e che era in carica
nellarco di tempo in cui furono eseguiti gli affreschi. Ultimamente stata proposta lidentificazione con Altegrado
de Cattanei, arciprete del collegio dei canonici del Capitolo della cattedrale di Padova nel marzo del 1303, quando vi fu la prima dedicazione della Cappella. Le motivazioni poggiano essenzialmente sul fatto che i paramenti sacri dipinti da Giotto presenterebbero analogie tipologiche
con quelli presenti in una miniatura degli Statuti del Capitolo della cattedrale patavina e che i canonici indossavano
in occasione di particolari solennit o durante il divino ufficio, e cio una cotta bianca usque ad tallos (lunga fino ai
talloni), zucchetto e cappuccio (almucia) foderato internamente dazzurro.3 Questa argomentazione, per, non decisiva. Il religioso indossa una veste liturgica solenne, come prova la cotta, che per la Chiesa comunque esclusivamente bianca (perch il bianco il colore di Dio, del
Cristo risorto e degli eletti Apocalisse di Giovanni 7, 1314) e fin dalla sua introduzione, nel corso del XIII secolo,
si presenta maestosamente ampia e lunga fino a terra
(manterr tali caratteristiche fino al XVII secolo, quando,
soprattutto per esigenze pratiche, fu progressivamente accorciata e arricchita con merletti e trine). Dalla cotta spuntano le tracce, appena visibili, di un cappuccio nero-blu,
particolare che collega il religioso alla regola di santAgostino.4 La sua presunta appartenenza al collegio dei canonici della cattedrale non aggiunge invece granch: osservando la processione degli eletti (martiri, santi, notabili,
religiosi e popolo) nel lato sinistro della controfacciata, si
distinguono altri personaggi vestiti nello stesso modo: in
particolare uno, il secondo da sinistra in primo piano, indossa anche lui lampia cotta bianca sopra una veste di colore azzurro e porta sul capo lo zucchetto (anche questo
religioso ha un volto vero e la sua importanza rilevata
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da un altro personaggio, alla sua destra in secondo piano,


che lo sta fissando). Di altri religiosi si intravedono le teste,
anchesse con lo zucchetto.
Lidentificazione con Altegrado smentita anche dalle
notizie che conosciamo sulla sua vita. Nato a Lendinara in
un anno imprecisato intorno alla met del secolo XIII, forse da una famiglia di origini veronesi, aveva studiato a Bologna, ove fu poi docente di diritto canonico. Alcuni documenti attestano che era canonico di Ravenna nel 1294 e
del Capitolo padovano nel 1296; eletto protonotario apostolico da Bonifacio VIII, era rimasto a Roma almeno fino
al 1301, quando ricevette la nomina di arciprete della cattedrale patavina. Nel dicembre del 1303 papa Benedetto
XI lo nomin vescovo di Vicenza, anche se la consacrazione fu ritardata almeno di qualche mese. La citt berica era
allora soggetta a Padova e la designazione di Altegrado rispondeva a evidenti fini politici, tant che nel 1311, quando Vicenza, con laiuto di Cangrande della Scala, si ribell
con successo al giogo patavino, il vescovo fu costretto a
fuggire travestito in preda al terrore (metu profugus, sub
ignoto celatus habitu): evidentemente, nonostante tutto il
suo zelo, non sera mostrato il vescovo di tutti, bens soltanto degli odiati Padovani.5 Tornato a Padova, vi mor
tre anni dopo, il primo ottobre del 1314 e fu sepolto nella
chiesa domenicana, oggi scomparsa, di SantAgostino.6
Di Altegrado, giurista esperto e stimato, non si conoscono n opere n titoli: nota soltanto una sua opinione
in materia di adulterio.7 Sono invece documentati i suoi
rapporti con la potente famiglia Scrovegni, ampiamente
giustificati anche dal suo ruolo politico. Altegrado
non un teologo ed difficile pensare che potesse esercitare un influsso sulla definizione del programma della
Cappella di Giotto. Ma c un altro elemento decisivo per
escludere tale identificazione.
Il religioso che regge sulla spalla destra il modellino della Cappella un personaggio vero, che i contemporanei ri198

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conoscevano, ma di cui si persa la memoria. Che et ha


questuomo, di cui si vedono soltanto il profilo e la mano sinistra? Gli elementi a nostra disposizione sono i capelli castani, con lievi sfumature verso il biondo, e il volto solcato
da rughe sia sulla fronte, sia ai lati dellocchio (le cosiddette zampe di gallina). Non si tratta di rughe det: lo si pu
escludere sia per il contrasto con i capelli sia per lassenza
del solco labio-mentale. Linsieme fa propendere per un
uomo giovane, tra i trenta e i quarantanni, ma Altegrado,
la cui nascita posta intorno alla met del secolo XIII,
avrebbe avuto nel 1303 almeno cinquantanni (o addirittura sessanta, se valesse lipotesi che la anticipa al 1242).8
Con quelle rughe despressione, che evocano quelle dipinte sul volto del maestro di tavola nel riquadro delle
Nozze di Cana, Giotto intende evidenziare, con il consueto realismo e forse anche con un pizzico di sorridente ironia, la trepidazione con cui il religioso attende il giudizio
della Madonna, di san Giovanni e di santa Caterina dAlessandria sul contenuto della Cappella, di cui ha lonere metaforico di reggere tutto il peso.
lipotesi pi credibile: il religioso sulle cui spalle
Giotto pone il modellino della Cappella colui al quale
Enrico Scrovegni ha affidato il compito di ideare il programma teologico della cappella degli Scrovegni, colui che
ha suddiviso lo spazio e impaginato il tutto, operando in
stretta collaborazione con Giotto. La valenza simbolica
dellimmagine inequivoca: quel religioso, ci sta dicendo
Giotto, lideatore del suo capolavoro. Lartista toscano, allapice della fama e consapevole del proprio talento
e della radicale innovazione che sta apportando allarte del
suo tempo, sta rendendo omaggio a chi ha impostato, anche nei minimi dettagli, quel programma sacro, la cui realizzazione ha comportato quasi due anni di lavoro a lui e
alla sua numerosa e qualificata bottega. Giotto ha tra i
trentasei e i trentotto anni, pressappoco la stessa et dellignoto, cui tributa gli onori dovuti a un maestro.
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Ma chi costui? Il tempo e loblio ne hanno oscurato lidentit, ma i dati in nostro possesso ci consentono di tracciarne un identikit abbastanza preciso: un religioso; indossa paramenti liturgici solenni; ha tra i trenta e i quarantanni; un teologo raffinato, che mostra di padroneggiare non
solo lAntico e il Nuovo Testamento, i vangeli apocrifi e gli
scritti dei Padri della Chiesa, ma anche commenti e testi antichi, tardo antichi o della tradizione medievale, antica o recente (come il Fisiologo, le Meditationes dello Pseudo-Bonaventura, la Legenda aurea). uno studioso di rigorosa formazione agostiniana, che si muove con disinvoltura anche in
un ambito filosofico classico (Cicerone, Seneca).
Il contesto in cui agisce tra i pi colti e stimolanti
dEuropa. Padova in questi anni un centro culturale
deccellenza, dove si studia e si dibatte, talora con spregiudicatezza, il pensiero degli antichi. Luniversit, fondata nel 1222, vanta ottantanni di vita. il momento glorioso del preumanesimo padovano, che vede la compresenza
di personalit come Lovato de Lovati, Albertino Mussato,
Pietro dAbano e Marsilio da Padova.9
In citt erano da tempo attive anche alcune importanti
scuole teologiche (la pi antica era ovviamente legata alla
cattedrale) e non si pu neppure escludere lesistenza di
una facolt teologica coeva alla nascita delluniversit.10 I
primi maestri operarono probabilmente nel monastero
domenicano di santAgostino, dove avrebbe insegnato nel
1228-29 anche Alberto Magno, ma centri altrettanto importanti furono la scuola dei frati minori conventuali di
santAntonio nel convento di S. Maria Mater Domini o S.
Marie Dei Genitricis ubi quiescit s. Antonius (dove operava il beato Luca Belludi, che risulta essere ancora vivo nel
1285) e il monastero dei frati eremitani di santAgostino,
con la chiesa dedicata ai santi Filippo e Giacomo, dove, a
un passo dal palazzo dello Scrovegni e dallannessa cappella, sullo scorcio del Trecento ricordata la presenza di
teologi illustri.11
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verosimile che Enrico Scrovegni, ottenute le dovute


autorizzazioni, abbia richiesto a unautorit o a una comunit religiosa che gli fosse indicato un ecclesiastico in grado di concepire il programma sacro che aveva deciso di affidare allesecuzione di Giotto e della sua bottega. In citt,
dicevamo, cerano scuole teologiche importanti e maestri
di reputata dottrina. Una di queste era proprio a un passo
dallerigenda cappella, nel confinante monastero dei frati
eremitani. Niente di pi facile dunque, se non altro per ragioni di buon vicinato, che Enrico Scrovegni si rivolgesse
a loro e che un agostiniano eremitano fosse incaricato di
elaborare il programma. La fama degli Eremitani era gi
prestigiosa allepoca e tale rimase anche nei secoli successivi, tanto che il Portenari, nel 1623, scriveva:
Non cede il monastero de gli Heremitani ad alcun altro
della citt di Padova in haver prodotto huomini chiarissimi, e dottissimi in tutte le scienze che sono stati, e sono lo
splendore, e lornamento della patria. Imperoche ha havuto Cardinali, Vescovi, Generali, & altri prelati dellOrdine, Teologi, Filosofi, Predicatori, e Lettori famosissimi
nelli Studij publici di Europa.12

LOrdine degli eremitani di SantAgostino era nato ufficialmente nel marzo del 1256 a Roma, quando nella chiesa di Santa Maria del Popolo si riunirono, per volere di papa Alessandro IV, i delegati delle grandi congregazioni
eremitiche agostiniane e di altri istituti di minore consistenza, che approvarono la costituzione di un unico grande ordine. Il 9 aprile successivo, con la bolla Licet Ecclesiae
catholicae il papa sanciva la nascita di una nuova famiglia
religiosa, chiamata Ordine dei frati eremiti di S. Agostino, che fu annoverata tra gli Ordini mendicanti o di
fraternit apostolica, sul modello dei francescani e dei
domenicani, gi sorti da alcuni decenni e approvati dalla
Chiesa.
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La presenza nellarea dellantica Arena romana di Padova di una chiesa dedicata ai santi Filippo e Giacomo
attestata in alcuni documenti della prima met del Duecento. Altri informano dellesistenza di un monastero di
Santa Maria della Carit dellArena. Pochi anni dopo lemanazione della Licet Ecclesiae, una lapide murata sullabside della chiesa attuale di San Filippo e Giacomo, ancor
oggi visibile, fissa la data del primo maggio 1264 come momento fondante del nuovo edificio religioso: Hec capella
fundata fuit anno Domini millesimo CC LXIIII die prima
Madii. Nel 1275 la chiesa e lannesso monastero presero
ufficialmente il nome dei santi Filippo e Giacomo, perdendo quello di Santa Maria della Carit (che fu poi trasferito alla vicina Cappella degli Scrovegni).13
Nello studio teologico degli eremitani operava in quegli
anni un religioso di grande carisma, passato alla storia come Alberto da Padova o Alberto eremitano, che il primo
citato dal Portenari tra i grandi maestri eremitani (riprendiamo la testimonianza da dove lavevamo lasciata):
[] e Lettori famosissimi nelli Studij publici di Europa,
tra li quali li seguenti sono di gran grido. Alberto Padovano dhonorata famiglia prese abito dellOrdine Heremitano di S. Agostino in Padova lanno 1293 il giorno di S.
Marco a di 25 di Aprile [e nella nota a margine scrive di
aver attinto la notizia ex Manuali pergamena antiqua eiusdem monasterii]. Studi a Parigi le humane, e le sacre lettere, hebbe precettore Egidio Colonna Romano Dottore
celebratissimo discepolo di S. Tomaso dAquino, che fu
poi fatto da Bonifacio VIII Arcivescovo Bituricese, e Primate dAquitania, & anco fu designato Cardinale, ma non
publicato per essere stato prevenuto dalla morte. Sotto
dunque la disciplina di tanto Maestro Alberto divenne
dottissimo in Filosofia, Metafisica, e Teologia, quali scienze lesse anco molti anni nello Studio publico di Parigi. Fu
naturalmente inclinato allarte del dire, onde fece profitto
mirabile nelle predicationi, e fu il primo, che ritrovasse la
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bella maniera di predicare, & in questa professione divent tanto eccellente, che papa Bonifacio VIII lo chiam
in Italia per udirlo. Ritornato poi in Francia si diede a scrivere molte opere sacre. Mor in Parigi allet di quarantasei anni il giorno secondo di Aprile [e anche qui fa riferimento nella nota a margine a unantica pergamena a mano del monastero degli eremitani a Padova], e fu sepelito
nella chiesa di S. Agostino di Parigi del suo Ordine, e lasci tanta celebrit di nome s per la sua santa vita, s per
la grandezza del suo sapere, che li Padovani a singolare
ornamento, & immortal decoro della patria loro gli eressero una statua sopra una delle quattro porte del palazzo
del pretorio con quello elogio magnifico, che habbiamo
riferito nel capitolo sesto del libro sesto.14

La testimonianza del Portenari, avvalorata dal rinvio a una


pergamena originale del monastero degli eremitani, da
incrociare con notizie che ci vengono da altre fonti. Ossinger, per esempio, riferisce che Alberto indoss labito agostiniano degli eremitani il 25 aprile del 1285 (coincide
quindi la data 25 aprile citata dal Portenari, che per parla del 1293), allet di sedici anni.15 Di qui si ricava con
buona attendibilit il suo anno di nascita, 1269.16 Concluso il prescritto anno di noviziato, i superiori lo mandarono
a Parigi a frequentarvi quella prestigiosa scuola di teologia,
dove insegnava tra gli altri un celebre maestro, Egidio Colonna, pi noto come Egidio Romano. Qui Alberto prese
il dottorato e mise nel contempo in luce un cos straordinario talento oratorio, che papa Bonifacio VIII particolare importantissimo lo chiam a Roma a predicare alla
presenza sua e del collegio cardinalizio e lo nomin predicatore apostolico.17 La sua vita scorreva tra linsegnamento (in numerose citt italiane, prima fra tutte Padova, e infine a Parigi, sede fissa del suo insegnamento dopo il
1318), la stesura delle sue numerose opere e la predicazione, in cui eccelleva al punto che i contemporanei vedevano in lui un novello san Paolo.18 Un regesto inedito del
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Fondo degli Eremitani, conservato nellArchivio di Stato


di Padova, attesta che il 19 marzo del 1316 Alberto era nella sua citt natale e rivestiva il ruolo di lector fratrum Heremitarum, cio di colui che insegnava e commentava ai
fratelli le Sacre Scritture.19 Un suo allievo, Giordano di
Sassonia (Jordan von Quedlinburg), un religioso tedesco,
nato forse nel 1299, che fu tra i pi insigni esponenti dellOrdine eremitano agostiniano, nonch a sua volta scrittore autorevole (la sua opera principale il Liber Vitasfratrum, ampio trattato sulla vita agostiniana, illustrata con
esempi tratti dalla vita dei religiosi dellOrdine distintisi
per santit), testimonia che Alberto era lettore e baccelliere nello studio generale agostiniano di Bologna tra il 1317
e il 1318: quanti elogi e insieme quanto rimpianto per il
maestro che lanno dopo, 1318-1319, sarebbe andato a insegnare a Parigi e che lo stesso Giordano avrebbe poi deciso di seguire.20 Vasta eco dest linsegnamento di Alberto nellateneo parigino, tant che nel 1668 ancora annoverato tra i docenti pi insigni di quelluniversit.21 Laver
insegnato con tanto plauso a Parigi ci fa ritenere che a Padova non abbia atteso esclusivamente alla predicazione,
ma abbia illustrato anche la cattedra teologica del suo monastero. Era questo del resto lo scopo per cui i religiosi si
portavano alluniversit di Parigi per diventar poi nelle
scuole della loro patria largitori generosi dei saperi di cui
si erano arricchiti.22 Alla sua morte, che le fonti letterarie
fanno oscillare tra laprile del 1323 e il luglio del 1328,23 i
concittadini, che lo salutavano studiorum columna as summus reipublicae Christianae splendor, gli attribuirono solenni onoranze e riconoscimenti, considerandolo una delle loro glorie pi grandi, come attesta il cronista padovano
Michele Savonarola.24 Nel Calendario dei morti per le celebrazioni liturgiche, conservato in un registro inedito del
Fondo degli Eremitani, trova conferma che la scomparsa
di Alberto avvenne nel mese di aprile dellanno 1328 (o
1329). Sotto la sigla APL (Aprilis), si leggono infatti queste
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parole, vergate in unelegante grafia gotica: Obitus Reverendi Magistri Fratris Alberti de Padua Sacre Pagine Dignissimi Professoris.25
Nel 1420, quasi un secolo dopo la sua scomparsa, un incendio disastroso colp il Palazzo della Ragione, cancellando per sempre il ciclo astrologico giottesco. La citt,
che nel 1405 era stata conquistata da Venezia ed era entrata a far parte della Serenissima Repubblica di san Marco,
reag elevandolo ancora pi imponente, nelle dimensioni
attuali. Alle quattro porte che si aprivano sulle due logge
esterne i padovani decisero di porre i bassorilievi di quattro concittadini che incarnavano esemplarmente la grandezza e la tradizione della citt: la scelta cadde su due antichi, Tito Livio, celeberrimo storico di Roma, e Giulio
Paolo, importante giurista dellet dei Severi (I met del
III secolo d.C.), e due moderni, Pietro dAbano e, appunto, Alberto eremitano. Il rilievo collocato sulla porta ovest
della loggia settentrionale, probabilmente opera di uno
scultore di scuola emiliana del primo quarto del XV secolo, ritrae Alberto in uno studiolo con un libro aperto in
mano, su cui a lettere capitali scritto il versetto 3 del Salmo 106 (105): Beati qui custodiunt iudicium et faciunt iusticiam in omni tempore (Beati coloro che osservano il giudizio e praticano la giustizia in ogni tempo). Nelliscrizione posta sotto limmagine si ricordano le sue grandi qualit di uomo e di religioso e come rifulse tra i contemporanei per la sua competenza teologica e le doti di predicatore.26
I suoi numerosi scritti teologici ed esegetici ebbero varie edizioni a stampa in tutta Europa a partire dal 1476,
quando usc a Venezia lExpositio evangeliorum dominicalium et festorum. Dalla lettura dei suoi sermoni si colgono
ancor oggi la vastit delle conoscenze dottrinali e lincisivit delleloquio. Alberto nutriva una devozione particolare per la Santa Vergine. Nel 1648 Pedro de Alva y Astorga
gli rivendica il merito di aver introdotto nella Chiesa cat205

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Fra Alberto eremitano, Padova, Palazzo della Ragione.

tolica luso di iniziare le prediche con lAve Maria, il saluto angelico alla Madonna,27 da Alberto definita oriens
Aurora, ex qua processit Sol iustitiae (aurora nascente, da
cui sorse il Sole della giustizia).28
Nessun documento, nessuna notizia collegano Alberto
alla vicina Cappella degli Scrovegni. Non abbiamo prove
per identificarlo come il teologo ispiratore di Giotto, ma
gli indizi non mancano. Stiamo cercando un agostiniano,
dotato di una grande preparazione dottrinale e di una ric206

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ca cultura generale, attivo verosimilmente nel vicino monastero degli eremitani e di et compresa tra i trenta e i
quarantanni (come si deduce dal ritratto giottesco). Alberto da Padova, principe dei teologi, un frate agostiniano eremitano, nato verosimilmente intorno al 1269 e ha
dunque poco pi di trentacinque anni allepoca in cui
Giotto conclude la decorazione della Cappella. La sua fama era gi consolidata, se vero che Bonifacio VIII (che fu
papa dal 1295 al 1303) lo aveva invitato, ancor giovane, a
predicare alla corte papale. Questultimo particolare, dicevamo, di grande interesse per noi, perch crea un collegamento esplicito con il Giubileo del 1300, e dunque
con quelle istanze di riconciliazione, di giustizia, di nuova
fratellanza tra gli uomini che sono alla base del programma della Cappella. Altro dato significativo la sua devozione per la Madonna, che comune in questa et, ma che
in lui, come testimonia Pedro de Alva, particolarissima.
Nella Cappella intitolata a santa Maria della Carit il culto
mariano testimoniato non solo dal primo registro, dove
si raccontano le storie dei genitori di Maria e la vita della
Vergine fino al matrimonio con Giuseppe, ma anche dagli
affreschi dellabside, in cui un ignoto pittore, il cosiddetto
Maestro del coro Scrovegni (1320 circa.), descrive le vicende della Madonna dopo lAscensione di Cristo fino al
momento della sua Assunzione e Incoronazione.
Se tanti indizi convergenti fanno una prova, il teologo
della Cappella degli Scrovegni potrebbe essere il principe
dei teologi della sua epoca, Alberto da Padova. Tutta limpostazione della Cappella degli Scrovegni, lo abbiamo pi
volte evidenziato, rigorosamente agostiniana, compresa
la preferenza accordata, nella narrazione dei medesimi
episodi delle storie di Ges, al Vangelo di Giovanni rispetto a quelli sinottici (esemplari, in tal senso, il Battesimo di Cristo, lUltima cena e il Noli me tangere). La stessa
scelta degli episodi evangelici risponde a criteri ben individuabili e in sintonia con lo spirito giovanneo (le Nozze di
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Cana, la Resurrezione di Lazzaro, la Lavanda dei piedi sono


solo in Giovanni). Quel Vangelo di Giovanni che per
santAgostino vede la luce della verit immutabile con gli
occhi acutissimi e sicurissimi del cuore e pi di ogni altro
descrive il mistero della divinit di Cristo, attingendolo
dallo stesso petto del Signore sul quale nella cena gli fu
consentito di reclinare il capo.29 Sulla scia di Agostino,
Alberto afferma che Giovanni spicca tra gli evangelisti nella profondit dei divini misteri e lo paragona allaquila che
vola pi in alto di tutti gli uccelli e riesce a reggere la vista
dei raggi del sole.30
Altro significativo elemento la frequenza con cui negli
scritti di Alberto si interpretano in chiave allegorica e di
prefigurazione vari episodi dellAntico Testamento, secondo lo schema, di ascendenza agostiniana, che nella Cappella degli Scrovegni ispira i dieci quadrilobi della parete
nord. Un esempio. Alberto interpreta in chiave prefigurativa la genealogia di Ges nel primo capitolo del Vangelo di
Matteo, e a proposito della nona generazione (Aminabad
gener Naason) scrive che il nome di questultimo, che
guid le trib di Giuda quando lasciarono lEgitto e per
primo fece loro attraversare il mar Rosso, significa serpentino. Di l, prosegue Alberto, derivano limmagine del
serpente salvatore e la sua identificazione con Ges: Serpentino Cristo, perch come un serpente fu appeso al legno, perch chiunque guardi a lui sia salvo. Lui stesso attravers il mar rosso della passione e liber i fedeli dalla
schiavit del diavolo.31 il motivo del quadrilobo del serpente di bronzo, che abbiamo visto posto nella Cappella
degli Scrovegni tra LAscesa al Golgota e la Crocifissione.
C infine luso introdotto da Alberto di recitare lAve
Maria prima di commentare la sacra scrittura, pratica che
fu adottata dagli agostiniani: e sul leggio di santAgostino
particolare che assume ora un significato nuovo e decisivo troviamo scritta proprio unAve Maria.
Un secolo dopo la morte i padovani lo considerano uno
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dei quattro figli illustri della citt e lo affiancano a due antichi, Tito Livio e Giulio Paolo, e a un contemporaneo,
Pietro dAbano, lo studioso laico, la cui vicenda fu segnata anche da accuse di magia. Pietro impost il programma astrologico eseguito da Giotto proprio nel Palazzo della Ragione: un altro padovano, frate Alberto eremitano, fu secondo noi il geniale ideatore di quello della Cappella degli Scrovegni.
lui il religioso ritratto da Giotto con il modellino della Cappella sulla spalla.
lui che trepida in attesa del giudizio di santa Caterina
dAlessandria.
Santa Caterina dAlessandria
Osserviamo il volto della Madonna nella scena in cui Enrico Scrovegni le dedica il modellino della cappella. lo
stesso di quando Gabriele le d lannuncio, di quando, incinta, si reca in visita da Elisabetta, di quando guarda il suo
bambino nella notte di Betlemme. Il tempo delleterno fissa il senso della sua esistenza terrena: essere madre di chi
viene in nome di Dio a riscattare lumanit dal peccato.
Ai lati di Maria ci sono san Giovanni, anche lui eternamente giovane, e santa Caterina dAlessandria. Lidentificazione di questultima certa, perch nella Cappella degli Scrovegni tutto ha un senso perfetto (cfr. fig. 26).
Martirizzata secondo la tradizione il 25 novembre del
305, il culto di santa Caterina ebbe subito grande diffusione
nel mondo cristiano. La sua popolarit si accrebbe ulteriormente in Europa quando, nella prima met del secolo XI, le
sue reliquie furono trasportate nel monastero benedettino
di La-Trinit-au-Mont, vicino a Rouen, divenendo oggetto
di venerazione per i prodigi di cui erano accreditate.32
Caterina apparteneva a una nobile famiglia. Giovane
coltissima e di vivaci qualit intellettuali, sfid Massimino
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Daia, governatore di Egitto e di Siria, rifiutando di partecipare alla celebrazione del sacrificio rituale in onore dellimperatore Massenzio e invitando piuttosto Massimino a
convertirsi. Colpito dalla determinazione della vergine, e
dalla sua straordinaria bellezza, il governatore la fece condurre a palazzo e affid a cinquanta retori e filosofi pagani lincarico di convincerla dellerrore della sua fede. Ma la
sapienza della giovane trionf sugli anziani maestri, che si
convertirono a Cristo e affrontarono il martirio. N valsero a piegarla lusinghe e torture; mandata a supplizio, le
ruote dentate che dovevano straziarla si spezzarono miracolosamente. Gli aguzzini ne spensero la vita decapitandola. Gli angeli trasportarono il corpo di Caterina sul
monte Sinai, dove ancor oggi laltura vicina alla Montagna
di Mos (gebel Musa) porta il suo nome (gebel Katherin)
e sovrasta il cenobio a lei consacrato.33
La sapienza e la fermezza di Caterina divennero la personificazione del trionfo del cristianesimo non solo sui culti pagani, ma anche sul loro retaggio culturale. Fin dal primo Medioevo gli ambienti pi culturalmente elevati della
societ la elessero a loro patrona e la santa fu accolta come
particolare protettrice degli studenti di filosofia e di teologia. Sul sigillo della Sorbona tuttora impressa la sua immagine e il giorno della sua festa, il 25 novembre, era scelto per la discussione delle tesi di laurea, che in suo onore
erano chiamate catherinettes.34 Nelle vicinanze delluniversit parigina cera la chiesa a lei consacrata, frequentata da
maestri e studenti. Venerata dai benedettini, anche gli Ordini mendicanti, che fin dalla loro costituzione mostrarono particolare attenzione agli studi nei pi diversi campi,
la scelsero come patrona dei loro centri di cultura e contribuirono a unulteriore diffusione del suo culto in tutta
Europa. Allinterno degli Ordini mendicanti, la santa fu
oggetto di grande venerazione da parte di domenicani e
agostiniani.35
Molti artisti la ritrassero nei secoli, prevalentemente su
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La scelta

committenza agostiniana:36 gli elementi caratterizzanti della sua iconografia sono la corona regale sul capo, la palma
del martirio, il libro in mano, gli abiti raffinati ed eleganti,
una duplice ruota, generalmente vista nel momento in cui
si spezza, o una sola ruota o una sua parte, posta accanto alla sua figura (particolare cos diffuso che le valso la definizione di santa Caterina della ruota). Quando non ritratta da sola, appare solitamente in un contesto di conversazione tra santi, in atto di adorare Cristo o di venerare la
santa Vergine. Ne testimoniano la popolarit le diverse versioni della sua storia nei dialetti ligure, veronese, franco-veronese, toscano, abruzzese, umbro, e anche tosco-venetolombardo e umbro-senese. Le sue vicende ispirarono una
vasta produzione letteraria e drammatica, con canti, laudari, sacre rappresentazioni. Il 25 novembre, giorno del martirio della santa, assunse in varie regioni europee le caratteristiche di una festa dedicata ai giovani (Caterina era anche
patrona delle nubili, perch solo le ragazze non maritate
potevano coronarne di fiori la statua, in ricordo del suo
sposalizio mistico con Dio). In vari ospedali furono erette
cappelle in suo onore, perch nellultima preghiera prima
di porgere il collo al carnefice aveva chiesto a Dio di allontanare ogni malattia da chi lavesse invocata.37
La presenza di santa Caterina accanto alla Madonna e a
san Giovanni dunque giustificata dal suo ruolo di patrona dei filosofi e dei teologi, e in tal senso anche degli ordini agostiniani. Alla santa dedicato allinterno della Cappella il piccolo altare laterale, che si trova sulla destra della parete dellarco trionfale, guardando in direzione dellabside.38
Ora comprendiamo anche il gesto della santa, che poggia rassicurante la mano sul tetto del modellino della cappella, a significare la sua approvazione al programma teologico della Cappella e a togliere qualunque trepidazione
ad Alberto.

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Il Giudizio Universale

Il Giudizio Universale occupa tutta la controfacciata (cfr.


fig. 10). Al centro esatto c la mandorla iridata con Cristo
Giudice. Ai due lati i dodici apostoli, seduti in trono, creano un piano che taglia la scena in orizzontale: nella parte
superiore Giotto dipinge le schiere angeliche, in quella inferiore, a destra, lorrore dellInferno e, a sinistra, due processioni di eletti disposte in parallelo su piani sovrapposti.
La grande croce crea una linea verticale che prosegue
idealmente fino alla vetrata centrale della grande finestra
trilobata, simbolo della trinit divina. In alto due angeli
stanno arrotolando il cielo, come fosse un tappeto, mostrando in tutto il loro splendore le porte della Gerusalemme celeste.
Sulla croce una tabella porta questa iscrizione a caratteri doro: Hic est Jesus Nazarenus rex Iudeorum, Costui
Ges Cristo Nazareno, re dei Giudei, formula attestata
solo in opere di Cimabue e che appare anche sulla croce lignea che Giotto realizz per la Cappella e che si trova ora
nel vicino Museo Civico agli Eremitani.
Ai piedi della croce, come abbiamo visto, Enrico Scrovegni porge alla Madonna, accompagnata da san Giovanni
e santa Caterina dAlessandria, il modellino della Cappella,
poggiato sulla spalla di un religioso in cotta bianca, il teologo ispiratore di Giotto, frate Alberto da Padova.
In basso si aprono le tombe e fuoriescono i defunti, nudi,
gi in carne e ossa, destati dallo squillo delle lunghe trombe
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con cui quattro angeli, ai quattro punti estremi della mandorla di Cristo, annunciano lora solenne del giudizio.
Il riferimento evangelico alla fine del mondo e al Giudizio Universale nei capitoli 24 e 25 del Vangelo di Matteo. Gli apostoli sono appena usciti dal tempio di Gerusalemme quando Ges annuncia loro che non ne sarebbe rimasta pietra su pietra. Poco dopo, sul Monte degli Ulivi,
rivela loro lininterrotta catena di catastrofi e di lutti che
un giorno sabbatter sulla terra e porter alla catastrofe finale.
Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurer, la luna non dar pi la sua luce, gli astri cadranno dal
cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte.
Allora comparir nel cielo il segno del Figlio delluomo e
allora si batteranno il petto tutte le trib della terra, e vedranno il Figlio delluomo venire sopra le nubi del cielo
con grande potenza e gloria. Egli mander i suoi angeli
con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai
quattro venti, da un estremo allaltro dei cieli (24, 29-31).

In quel momento Cristo si manifester in tutta la sua potenza:


Quando il Figlio delluomo verr nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si sieder sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti ed egli separer
gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porr le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
Allora il re dir a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredit il regno
preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perch
io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto
sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete
ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli
risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto
affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti ab216

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biamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero


e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E
quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo
venuti a visitarti?. Rispondendo, il re dir loro: In verit vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno
solo di questi miei fratelli pi piccoli, lavete fatto a me.
Poi dir a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i
suoi angeli. Perch ho avuto fame e non mi avete dato da
mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero
forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete
vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anchessi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?. Ma egli risponder: In verit vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli pi piccoli, non
lavete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio
eterno, e i giusti alla vita eterna (25, 31-46).

In Matteo c lessenziale per la creazione di un codice di


immagini: il tribunale celeste con gli angeli e il giudice supremo, Cristo in trono, che accoglie gli eletti alla sua destra premiandoli con il regno preparato per loro fin dalla
creazione del mondo, e allontana da s i reprobi facendoli
scorrere alla sua sinistra e precipitandoli nelle pene eterne
di quel fuoco che gi era predisposto per tormentare il diavolo e gli angeli ribelli. Un apporto marginale per la storia
figurativa del Giudizio Universale ha invece lApocalisse
di Giovanni (20, 11-15):
Vidi poi un grande trono bianco e Colui che sedeva su di
esso. Dalla sua presenza erano scomparsi la terra e il cielo senza lasciar traccia di s. Poi vidi i morti, grandi e piccoli, ritti davanti al trono. Furono aperti dei libri. Fu
aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati in base a ci che era scritto in quei libri,
ciascuno secondo le sue opere. Il mare restitu i morti che
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esso custodiva e la morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue
opere. Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno
di fuoco. Questa la seconda morte, lo stagno di fuoco.
E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello
stagno di fuoco.

La percezione stessa dellApocalisse in epoca medievale


diversa dalla nostra, perch allora vi si leggeva la rivelazione simbolica del millennio, larco temporale che inizia con
la fondazione della Chiesa e si conclude escatologicamente con il ritorno di Cristo e la fine del mondo. Nellalto Medioevo il Giudizio Universale coincideva con la resurrezione e la gioia della vita eterna, e il cristiano vi si preparava praticando una fede attenta e continuamente rinnovata,
per evitare che la morte lo cogliesse nel peccato e gli fosse
pregiudicata la possibilit della salvezza. La paura di rimanere esclusi dalla Chiesa era cos forte, che lespiazione
stessa dei peccati non aveva nulla di simbolico, ma avveniva attraverso penitenze umilianti e talora gravose, non di
rado scontate in pubblico, come pubbliche erano spesso
anche le confessioni. La morte era sentita come liberazione dai travagli dellesistenza e la fine del mondo come trepida attesa del premio assegnato ai fedeli dalla giustizia divina. Per questo le rappresentazioni del Cristo Giudice e
del Giudizio Universale furono in Occidente relativamente tarde (IX secolo) e assai meno ricorrenti rispetto a quelle del Cristo Trionfante, la cosiddetta Maiestas Domini, il
soggetto pi ampiamente frequentato dagli artisti medievali.
Un cambiamento epocale di mentalit e di rapporto
con il divino si verific intorno allanno Mille e assunse
proporzioni sempre pi evidenti nei secoli successivi, fino
a tutto il Trecento. Il fenomeno molto complesso e va di
pari passo con la trasformazione del cristianesimo in una
religione popolare, pi ingenua e pi rozza, facile preda di
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suggestioni e presenze miracolistiche. Si aveva la sensazione che le forze del male si stessero imponendo nel mondo
e lumanit si dibattesse in un oscuro deragliamento morale. I giusti ora erano ben pochi e lunica speranza era
limperscrutabile misericordia divina. La societ del basso
Medioevo guarda alla morte con paura, teme il giorno del
Giudizio e le parole di Cristo: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi
angeli!.
Le rappresentazioni del Giudizio Universale si intensificarono intorno al Mille, specie nelle miniature e nelle
decorazioni di testi liturgici. Nelle chiese furono inizialmente collocate sulla controfacciata, per fungere da monito (o da intimidazione) ai fedeli alluscita dal tempio,
ma con lavvento dellarte gotica (XII e XIII secolo) si
spostarono di norma sulle facciate: Notre-Dame a Parigi
o la cattedrale di Amiens ne danno ancor oggi mirabile testimonianza.
Il Giudizio Universale di Giotto sulla controfacciata
della Cappella degli Scrovegni la pi straordinaria rappresentazione di questa umanit e di questa sensibilit.
LInferno
La croce separa in verticale lo spazio dei giusti da quello
dei reprobi. Un fiume di fuoco, diviso in quattro braccia
che squarciano duna luce sinistra il regno di Satana, si
stacca dalla mandorla iridata del Cristo e trascina allingi,
con la violenza di un vortice, i dannati, nudi, abbrancati e
straziati da diavoli irsuti e orrendi. Un gigantesco, osceno
Lucifero domina la scena: dalla bocca gli pende la parte
posteriore di un uomo che sta ingurgitando, un altro gli
fuoriesce dallano. lorco disgustoso delle favole! Il suo
colore, come quello di tutti i diavoli, il blu ciano, il blu
nerastro della morte (lo ritroviamo anche nel Satana del
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Giudizio Universale della basilica dellisola veneziana di


Torcello). Siede su due draghi che addentano e ingoiano
altri corpi. Dalle orecchie gli fuoriescono serpenti che a loro volta afferrano e addentano i dannati, uno dei quali
ma la scena si legge a malapena per i danni subiti dallaffresco pare avere in testa una tiara papale. Tuttintorno
unorgia di orrori, con uomini e donne sottoposti a torture cos efferate che indurrebbero gli inesperti a supporre
nel pittore componenti sadiche, mentre in realt si tratta di
tormenti e modalit di esecuzione ampiamente praticati in
quellepoca. Le nudit maschili e femminili sono rappresentate con un realismo crudo e unevidenziazione inusuale degli organi sessuali. Impressionante labilit con cui
Giotto dipinge i corpi di scorcio, a testa in gi, di sbieco o
piegati in avanti, in un fluire inesausto e inesauribile.
Alcuni peccati sono chiaramente indicati, altri invece
sono suggeriti dalle pene attraverso allusioni simboliche o
per contrappasso: nello spazio tra le prime due lingue di
fuoco ci sono dannati con al collo un sacchetto bianco, a
sottolinearne lavidit e lattaccamento al denaro (cfr. In
drammatica solitudine, poco sotto un gruppo di impiccati, Giuda Iscariota appeso per il collo, le braccia abbandonate penzoloni, come se il suicidio della disperazione lo
marchiasse per leternit: unico fra i dannati indossa una
veste bianca che si apre sul davanti e scopre il ventre
squarciato e gli intestini penzolanti.
Colpevoli di lussuria sono probabilmente il monaco cui
un diavolo sta strappando i genitali con una tenaglia, o il
religioso addentato al pene da un lucertolone, o quello che
sta pattuendo una prestazione con una prostituta (il suo
peccato terreno, che pare continuare anche allInferno cfr.
fig. 14) mentre un diavolo lo afferra per i capelli e un altro
gli strazia la schiena con uno strumento irto di lunghe punte metalliche. La medesima colpa pare riguardare la donna e il religioso appesi a testa in gi, con ganci che li artigliano nei genitali. Accanto a loro una donna e un uomo
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Giudizio Universale,
Inferno, particolare.

sono ugualmente appesi, lei per i capelli, lui per la lingua.


La gola potrebbe essere il peccato della donna cui un
diavolo versa nella bocca un liquido o delluomo infilato in
uno spiedo che gli penetra dalla bocca e gli fuoriesce dallano, mentre un diavolo gira la manovella del girarrosto
(cfr. fig. 12). L accanto, le braccia legate in alto a due pali,
un dannato tranciato in due da una sega da falegname che
gli ha squarciato in verticale la testa ed arrivata a intaccare il petto (cfr. fig. 13). Una donna si aggrappa disperatamente al bordo esterno della fossa infernale, ma arpionata da un raffio, mentre un altro diavolo la strattona tirandola gi per una gamba. Le vicino un uomo, ancora vestito e incappucciato, riverso supino a terra e trascinato per
un braccio, mentre altri due diavoli, sul ciglio roccioso
esterno, sfilano il camiciotto a un dannato e ne mettono a
nudo i genitali. Avvinghiato alla croce un uomo, di cui si intravedono soltanto mani, piedi e capelli, pare implorare un
ormai impossibile perdono.
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Giotto dipinge la concezione medievale dellInferno, luogo di pene e tormenti strazianti e indicibili. la coeva visione di Dante. Il primo maggio dellanno 1304, proprio
mentre il pittore impegnato ad affrescare la Cappella degli Scrovegni, il borgo fiorentino di San Friano organizz
una carnevalesca rappresentazione dei tormenti dellInferno, allo scopo, evidentemente, di esorcizzare le paure. Ma
la farsa si mut in tragedia per il crollo del ponte della Carraia e molti fiorentini annegarono o rimasero feriti.1
Potenti della terra, sovrani con la corona in testa, vescovi con la tiara, sacerdoti e ricchi signori, giudici e popolani, mugnai imbroglioni con il sacco di farina sulle
spalle, tutti savviano in fila verso le meritate pene percorrendo la sommit ricurva dellarchitrave del portale, che
pare trasformarsi in una sorta di ponte per lInferno.
La corruzione della Chiesa e le sue pratiche lussuriose e
simoniache sono messe in evidenza pi volte, secondo un
topos ricorrente nelle rappresentazioni dei dannati in ma-

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noscritti religiosi del tempo. Incurante di essere seduto


sulla schiena di un diavolo, un vescovo alza la mano in un
gesto di benedizione, mentre con laltra si fa consegnare
un sacchetto di denaro da un ecclesiastico in ginocchio. E
volti di religiosi con la chierica spuntano anche in due delle quattro bolge che stanno inghiottendo i dannati, in un
groviglio scomposto di corpi.
La composizione straordinariamente nuova, audace,
impressionante. Giotto mostra debiti iconografici con i mosaici della cupola del Battistero di San Giovanni a Firenze
(databili al 1270 circa), in particolare nella composizione
della figura di Lucifero: anche il modello fiorentino lo mostra seduto su due draghi, con due corna in testa e orecchie
di capro da cui fuoriescono serpenti, mentre afferra, ingurgita ed evacua dannati. Ma Giotto conferisce anatomia, carnalit, peso, alla Bestia, la fa, se cos si pu dire, pi realistica, pi orrendamente credibile.
Le processioni degli eletti
Dallaltro lato della croce, vero spartiacque delleternit,
ecco il mondo degli eletti. Una doppia processione di beati, disposta in parallelo in verticale, muove scortata dagli
angeli con dolce ritmo ascensionale.
La processione superiore, purtroppo gravemente compromessa dalle infiltrazioni dumidit conseguenti al crollo del protiro e soprattutto alla incauta rimozione dellintonaco dalla facciata esterna operata nel restauro del 1881,
aperta dalla Madonna, avvolta in un grande mantello
bianco e in una mandorla doro, che porge la mano a una
donna anziana e laiuta a rialzarsi da terra. Eva, la prima
donna, colei che per superbia disobbed a Dio e commise
il peccato originale, risollevata dallumile ancella del Signore, la prima e unica donna concepita senza la macchia
di quel peccato. Maria lantitesi di Eva, cos come la pa223

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rola Ave, il saluto che le rivolge langelo, era interpretata


dalla Chiesa come il rovescio del nome Eva. La progenitrice dellumanit madre della vita naturale degli uomini
decaduti, come Maria lo della vita spirituale degli uomini redenti, lei che fu la sola donna a essere insieme, nello
spirito e nel corpo, madre e vergine. Nello spirito non fu
madre del nostro capo, vale a dire del nostro Salvatore, da
cui anche lei ebbe vita spirituale, come tutti coloro che credono in lui e lei tra loro e sono giustamente chiamati
figli dello sposo; ma senza dubbio madre delle sue membra, che siamo noi, perch cooper mediante lamore a generare nella Chiesa i fedeli, che sono le membra di quel capo; nel corpo, invece, realmente madre del nostro capo.
Egli doveva infatti, con un insigne miracolo, nascere secondo carne da una vergine, per significare che le sue
membra sarebbero nate secondo spirito da una vergine,
cio dalla Chiesa.2
Eva ha laureola, come tutti i componenti di questo corteo. suddiviso in due gruppi distinti, il primo formato da
patriarchi e profeti dellAntico Testamento, il secondo da
santi e padri della Chiesa. Laureola li accomuna tutti nella santit e ne indica lappartenenza al Regno dei Cieli.
Nessuno di loro in attesa del Giudizio finale, ma godono
gi delle gioie del Paradiso. Patriarchi e profeti furono liberati da Cristo dal Limbo e ascesero in cielo insieme a lui,
tema che Giotto, sulla scorta del Vangelo di Nicodemo, ha
gi illustrato nel riquadro dellAscensione. Lunico riconoscibile con sicurezza, in primo piano in seconda fila, Mos: lo rivela il particolare delle piccole corna, che costituisce la sua iconografia pi tradizionale (si pensi, per esempio, alla solenne statua michelangiolesca della chiesa romana di San Pietro in Vincoli). Curiosamente, questo attributo gli deriva da una svista di san Girolamo: nel tradurre in latino il testo di Esodo 34, 29-35, dove si descrive
Mos che scende dal Sinai con le tavole della Legge e il volto raggiante di luce dopo lincontro con la parola di Dio, il
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Giudizio Universale, particolare.

termine ebraico qeren che significa corno o raggio


reso per tre volte nel contesto con lespressione, variamente declinata, cornuta facies.
Il secondo gruppo aperto da san Paolo, lapostolo delle genti, lunico che si riesca a identificare con precisione.
Pi articolata la schiera sottostante, anchessa scortata
da angeli. Qui nessuno ha laureola, nemmeno coloro che
la Chiesa aveva gi proclamato santi. In prima fila il protomartire Stefano, un giovane con la chierica da diacono e
la dalmatica, e due vergini che levano la palma del martirio, antico simbolo pagano della vittoria, con il quale il testimone della fede indica il suo trionfo sulla morte. Il giusto fiorir come palma dice il Salmo 92 (91), 13.
Accanto a Stefano vediamo un centurione romano:
Cornelio, centurione della coorte Italica di stanza a Cesarea, protagonista di un significativo passo degli Atti degli
Apostoli (10, 1-43). Uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutto il popolo dei Giudei, animato da spirito di
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carit per i bisognosi, ricevette la visita di un angelo, che lo


invit a incontrarsi con Pietro. Cornelio il simbolo dellumanit altra rispetto al mondo ebraico, quella che Cristo illumina e guida sulla strada della salvezza, a qualunque popolo appartenga, purch abbia timore di Dio e
pratichi la giustizia. Questo il nuovo patto, la buona novella della pace, la missione stessa del cristianesimo come
religione di salvezza universale. Con Cornelio inizia di fatto levangelizzazione dei Gentili e la loro accoglienza nella
famiglia di Dio. Frate Alberto ha in mente una pagina di
santAgostino, dove Cornelio accostato proprio a san
Paolo.3
Altri, meno opportunamente, pensano che si tratti di
Costantino, limperatore che con leditto di Milano del
313 legittim la religione cristiana e ricevette lui stesso il
battesimo in punto di morte.
Il secondo gruppo, formato da ecclesiastici, aperto da
san Domenico (1170-1221), con il saio bianco e il mantello nero, fondatore dellordine dei frati Predicatori (1216),
e da san Francesco (circa 1182-1226), che mostra nella destra i segni delle stimmate. Li seguono san Benedetto (480547), patriarca del monachesimo occidentale, ritratto con
il libro della Regula in mano, che richiama la celebre formula Ora, lege et labora, la preghiera e la lettura meditata
della parola di Dio alternata con il lavoro al servizio della
comunit e dei fratelli, e san Romualdo da Ravenna, morto intorno al 1027, fondatore dellOrdine dei monaci camaldolesi. Accanto e intorno a loro altri santi, vescovi con
la tiara e uomini di chiesa.
Il terzo gruppo vede in prima fila una giovane martire,
elegantissima nella sua veste rossa con ricami in oro, con
corona e velo trasparente che le avvolge il capo, seguita da
fanciulle in abito bianco ricamato in oro, alcune coronate,
altre con una fascetta bianca: potrebbero essere santOrsola, bellissima principessa bretone, e le vergini che con
lei, secondo la leggenda, subirono il martirio a Colonia ad
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opera degli Unni di Attila. La santa fu oggetto di grande


devozione nel Medioevo come simbolo di castit muliebre. Abbiamo gi ricordato come Enrico Scrovegni avesse
finanziato nel 1294 la costruzione di un monastero cistercense dedicato a santOrsola. Altri la identificano invece
con santa Giustina, giovanissima e nobile fanciulla padovana, martirizzata nella sua citt durante la persecuzione
del 304.
Il quarto e ultimo gruppo costituito da nobili, ricchi
borghesi ed ecclesiastici, cui si accompagnano esponenti
del mondo delle arti e delle professioni. Non ci sono donne tra loro, dato il ruolo marginale che ricoprivano nella
societ del tempo. Le fisionomie appaiono meno stereotipate, pi vere, e si supposto che in qualche caso possano
essere ritratti autentici di personalit illustri della Padova
del tempo o quanto meno della cerchia di Enrico Scrovegni. Anche le vesti e i copricapi costituiscono un repertorio della moda di quegli anni. Chiudono la schiera semplici popolani, maschi e femmine. Lultimo personaggio bastone da viaggio, copricapo a larghe falde e pellicciotto
grezzo di pecora da qualcuno identificato con il beato
Pellegrino, al secolo Antonio Manzoni, un padovano che
fu cos soprannominato per il viaggio felicemente compiuto in Terrasanta; morto nel 1266, i concittadini lo onorarono nel 1275 erigendo in suo onore una chiesetta che ne
accolse le spoglie, con annesso monastero di monache benedettine, in una via che ancor oggi porta il suo nome.
Una tradizione vuole che Giotto si sia autoritratto in
prima fila in un lungo abito rosa, cappello giallo e collare
di pelliccia di vaio. Tale identificazione stata recentemente rilanciata dalle indagini scientifiche condotte da un
gruppo di ricercatori guidati da Francesco Mallegni, docente di paleontologia umana e antropologia nelle universit di Pisa e Palermo: lesame dei resti umani ritrovati negli anni Settanta in Santa Maria del Fiore a Firenze ha portato a una ricostruzione in gesso del volto, che mostrereb227

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be notevoli affinit con il presunto autoritratto degli Scrovegni (testa sproporzionata per grandezza rispetto a un fisico di modesta altezza, fronte sfuggente, occhi bovini, naso piccolo e alto, collo taurino e mascella possente). Lipotesi, pur suggestiva, pare smentita dal collare di pelliccia,
che rimanda piuttosto a un notabile o a un professore dello Studio patavino.
I dodici apostoli
Simmetricamente disposti alla sinistra e alla destra di Cristo ci sono i dodici apostoli (cfr. figg. 15-16). Li abbiamo visti pi volte nei riquadri con le storie evangeliche, a partire
dallapparizione del primo apostolo, Andrea, nella scena
del Battesimo di Cristo. In due riquadri sono presentati tutti insieme: nellUltima cena, quando ancora era tra loro
Giuda Iscariota, e nella Pentecoste, dove Mattia ha appena
preso il posto del traditore suicida. Fedele al principio del
realismo, Giotto li ritrae sempre con gli stessi tratti somatici e le stesse vesti, tunica e manto, con gli stessi colori e gli
stessi decori, sicch si possono individuare facilmente.4
Il primo alla nostra sinistra Tommaso, giovane, vestito di bianco. Gli accanto Matteo, anziano, stempiato,
barba bianca, completamente vestito di rosa; tra le mani
ha un rotolo di papiro. Terzo Giacomo Minore, manto
blu su tunica verde, di mezza et, capelli e barba fluenti di
colore castano. Segue lapostolo Filippo, volto giovane e
veste che il degrado dellaffresco ha scolorito, ma che in
origine era rosso mattone (tracce del colore sono ancora
visibili). Nella scena della Pentecoste sedeva di fronte, al
centro, tra Giacomo Minore e Giacomo Maggiore, come
qui, perch Giacomo Maggiore, simile nellaspetto e nelle vesti a Cristo (tunica rossa e manto blu) il penultimo
della fila di sinistra. Ultimo della fila di sinistra, e quindi
primo alla destra di Cristo (la nostra sinistra), Pietro, an228

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ziano, barba e capelli bianchi, tunica azzurra e manto giallo scuro.


Osserviamo ora la fila alla nostra destra, procedendo da
destra verso sinistra.
Il primo Mattia, lapostolo che ha preso il posto di
Giuda: giovane, barba rada e capelli castani, completamente vestito di giallo. Ha accanto Giuda Taddeo, un giovane con i capelli castano chiaro, in abiti blu; anche nella
scena della Pentecoste sedeva, come qui, vicino a Mattia.
Terzo da destra un uomo anziano, barba e capelli bianchi, vestito di rosa, con in mano uno stilo bianco: Simone, detto il Cananeo o lo Zelota (appellativi che in realt
hanno lo stesso significato di osservante, ligio alla legge,
senza che il secondo lo ponga necessariamente in rapporto con il ribellismo degli zeloti) per distinguerlo dallaltro
Simone, Cefa o Pietro. Quarto da destra, capelli e barba
castani, tunica bianca e il manto elegantemente ricamato
che abbiamo avuto modo di ammirare pi volte, anche se
qui si intravede appena per le deteriorate condizioni dellaffresco, Bartolomeo. In mano ha anche lui, come Matteo, un rotolo di papiro. Andrea, fratello di Pietro e primo
apostolo di Ges secondo il Vangelo di Giovanni, il penultimo da destra; riconoscibile per la tunica rossa, il manto verde, i capelli fluenti e lunga barba grigia; anche nellUltima cena e nella Pentecoste sedeva vicino a Bartolomeo. Ultimo, alla sinistra di Ges (la nostra destra) Giovanni evangelista, tunica blu e manto rosa, lapostolo pi
frequentemente ritratto nella Cappella (anche perch fu
lunico a non abbandonare Cristo sul Golgota); qui per
non ha il solito aspetto di giovane senza barba e con i capelli castano chiari (come peraltro appare poco sotto nella
scena in cui Enrico Scrovegni offre alla Madonna il modellino della Cappella). Giovanni ha il volto di un anziano,
stempiato e con la barba bianca, una novit iconografica
che si collega alla Legenda aurea, che, sulla scorta di Isidoro di Siviglia, lo fa morire a novantanove anni e diretta229

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mente accolto in cielo da Ges (unimmagine che lo stesso


Giotto tratter una quindicina danni pi tardi nellAscensione di san Giovanni, allinterno del ciclo dedicato a Giovanni evangelista e a Giovanni Battista nella Cappella Peruzzi della basilica fiorentina di Santa Croce).5
Le gerarchie angeliche
Al di sopra, Giotto dipinge la meravigliosa sinfonia cromatica delle gerarchie angeliche (cfr. figg. 17-18). Specchio e prisma della luce di Dio, emanazioni radiose dello
splendore dellUno, creature di puro spirito, esse godono
della contemplazione del Signore. Vedono sempre il volto del Padre mio che nei cieli dice Ges in Matteo 18,
10. Pronti alla sua voce, potenti esecutori dei suoi comandi, gli angeli muovono incessantemente lungo linvisibile
scala del sogno di Giacobbe, ponte tra cielo e terra. Angeli il nome che tutti li accomuna, ma lAntico e il Nuovo
Testamento, pur senza entrare in particolari, parlano anche di Arcangeli e Serafini, di Cherubini e Troni, di Dominazioni e Principati, di Potest e Virt.6 Nel Manuale
sulla fede, la speranza e la carit, santAgostino confessa la
difficolt di districarsi in una materia tanto complessa:
Quale sia la struttura di quella societ beatissima e superna, come si configurino le differenze gerarchiche, tanto
che tutti sono definiti con il nome collettivo di Angeli
come leggiamo nella Lettera agli Ebrei (1, 13): A quale
degli Angeli poi ha detto: Siedi alla mia destra? (in questo modo signific che tutti indistintamente sono chiamati angeli) ma ci sono anche gli Arcangeli; e questi
stessi Arcangeli sono chiamati Virt e infatti usando lespressione: Lodatelo, voi tutti, suoi Angeli; lodatelo, voi
tutte sue Virt (Salmo 148, 2), come se fosse detto: Lodatelo, Angeli tutti; lodatelo Arcangeli tutti. E alla domanda su come si differenzino quei quattro titoli, con cui
lApostolo sembra aver abbracciato tutta quanta la so230

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ciet celeste dicendo: E Troni, e Dominazioni, e Principati, e Potest (Colossesi 1, 16), rispondano quelli che
ne sono capaci, purch possano provare le loro affermazioni: quanto a me, confesso la mia ignoranza.7

La tradizione ebraica menziona dieci gerarchie angeliche,


ridotte a nove dalla speculazione cristiana nel corso del V
secolo. Allinizio del VI secolo Dionigi, detto lAeropagita, scrisse La gerarchia celeste, un trattato destinato a grande fortuna, fissando la suddivisione delle schiere angeliche
in tre triadi, tra loro strettamente collegate: la prima, la pi
vicina a Dio, formata da Serafini, Cherubini e Troni; la
seconda da Dominazioni, Potenze e Potest; la terza da
Principati, Arcangeli e Angeli. La prima triade riceve lilluminazione direttamente da Dio, la seconda svolge una
funzione intermedia tra la prima e lultima, cui in particolare compete di comunicare agli uomini la volont divina.
Il testo di Dionigi fu conosciuto in Occidente dopo le traduzioni dal greco e i commentari di Ilduino di Saint Denis
e di Giovanni Scoto Eriugena (IX secolo), ma la fama gli
fu assicurata soprattutto dal commento di Ugo di san Vittore (XII secolo). A sancirne lattendibilit cera, tra laltro, lerronea identificazione del suo autore con lesponente dellAreopago ateniese di cui gli Atti degli Apostoli (17,
34) dicono che si fece discepolo di san Paolo dopo averne
ascoltata la parola. Chi meglio di lui poteva dunque conoscere quellarcana realt, se il suo maestro era stato rapito
fino al terzo cielo, come afferma lui stesso nella Seconda lettera ai Corinzi (12, 3-4), e aveva goduto della visione
del Paradiso?
Allinizio del VII secolo anche papa Gregorio Magno
aveva proposto una diversa successione ascendente delle
nove schiere, e cio Angeli, Arcangeli, Virt (le Potenze di
Dionigi), Potest, Principati, Dominazioni, Troni, Cherubini e Serafini, delineandone anche le caratteristiche e le
diverse funzioni.8 I ranghi pi bassi (Angeli, Arcangeli,
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Virt) si prendono cura dellumanit, quelli intermedi


(Dominazioni, Principati e Potest) governano il mondo
angelico, mentre Troni, Cherubini e Serafini sono al diretto servizio di Dio.
Dante segue Gregorio nel Convivio,9 ma poi considera
Dionigi colui che pi a dentro vide / langelica natura e l
ministero (Paradiso X, 116-7) e il suo schema triadico illustrato da Beatrice nel XXVIII canto del Paradiso (97105):
E quella che vedea i pensier dubi
ne la mia mente, disse: I cerchi primi
thanno mostrato Serafi e Cherubi.
Cos veloci seguono i suoi vimi,
per somigliarsi al punto quanto ponno;
e posson quanto a veder son soblimi.
Quelli altri amori che ntorno li vonno,
si chiaman Troni del divino aspetto,
per che l primo ternaro terminonno.

Serafini e Cherubini, cerchi primi del primo ternaro, seguono con moto velocissimo i vincoli (vimi) damore
che li legano a Dio e li spingono a identificarsi con lui (il
punto); il terzo cerchio formato dai Troni, cui spetta il
compito di promulgare i decreti divini (onde refulge a noi
Dio giudicante, di Paradiso IX, 62). Il secondo ternaro
dato da Dominazioni, e poi Virtudi; lordine terzo di
Podestadi.
Poscia ne due penultimi tripudi
Principati e Arcangeli si girano;
lultimo tutto dAngelici ludi.

Gli angeli hanno tra loro diversit di funzione, non di natura, e ci dipende dalla maggiore o minore vicinanza a
Dio. La tradizione iconografica medievale li distingue soprattutto attraverso il cromatismo delle ali, delle vesti e
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delle armature. Un passo di Ezechiele (28, 12-13), che la


tradizione cristiana interpretava come la descrizione di Lucifero anche se in realt si riferiva al principe di Tiro , fu
collegato nel IX secolo dal vescovo Rabano Mauro Magnenzio ai nove ordini angelici:
Tu eri un modello di perfezione,
pieno di sapienza,
perfetto in bellezza;
in Eden, giardino di Dio,
tu eri coperto dogni pietra preziosa:
sardnica, topazio, diaspro, crislito, nice,
berillo, zaffro, carbonchio e smeraldo;
e doro era il lavoro dei tuoi castoni e delle tue legature,
preparato nel giorno in cui fosti creato.

Nel Medioevo si attribuivano poteri magici alle pietre preziose, perch si pensava che la loro luce racchiudesse in s
quella delle stelle, e alle diverse tonalit cromatiche si associavano precisi valori simbolici.
I Serafini, la schiera angelica pi vicina a Dio, sono caratterizzati dal rosso scarlatto, simbolo di amore acceso
(saraph in ebraico significa ardere). Sono i fuochi pii di
Dante (Paradiso IX, 77). La loro pietra la sardonica rossa, unagata che il Medioevo vedeva come simbolo del sangue di Cristo. Lazzurro intenso (o blu-azzurro) costantemente associato ai Cherubini, gli angeli della Sapienza,
estatici contemplatori di Dio, fonte inesausta di illuminazione e conoscenza, mentre il verde solitamente il colore
dei Troni, che rappresentano la Giustizia e la Potenza del
trono del Signore e sovrintendono alla corretta collocazione nello spazio e nel tempo dellelemento creato (e il verde il colore della creazione, perch frutto della fusione
tra il giallo, loro spirituale, riflesso diretto della luce del
Verbo, e il blu della Sapienza divina). Il diaspro verde la
loro pietra preziosa, mentre ai Cherubini blu-azzurri corrisponde il topazio giallo, simbolo della mitezza.
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Dominazioni, Virt e Potest sono le intelligenze mediane. Le Dominazioni, caratterizzate dal giallo del crisolito, gemma che risplende come oro e infiamma come fuoco, rappresentano la pienezza del dominio di s, lelevazione libera e consapevole al di sopra di ogni servit umiliante, il rifiuto di qualunque desiderio vano, la totale adesione intellettuale allEssere sovrano. Hanno il compito di
garantire lordine cosmico vigilando sullesecuzione delle
disposizioni loro trasmesse dalla triade superiore e che a
loro volta comunicano a quella inferiore. Sfera e scettro sono gli elementi con cui li identifica la tradizione iconografica medievale. Le Virt (o Potenze), riflesso e immagine
della Somma Virt, ne attuano con costanza e determinazione i benefici impulsi, definendo le caratteristiche proprie di ogni elemento del creato e governando i grandi mutamenti storici. Il loro colore il blu zaffiro, simbolo della
purezza. Le Potest conferiscono agli elementi del creato
lenergia vitale pi adatta alla loro natura e sono direttamente impegnati nella lotta tra il bene e il male. Giotto li
ritrae con il colore azzurro tenue del berillo acquamarina.
Lultima triade formata dai Principati, cui compete il
compito di guidare le potenze terrene, facendo da ponte
tra Spirito e manifestazione materiale. La loro pietra lonice giallo o alabastro egizio. Gli Arcangeli sovrintendono
direttamente lattivit degli Angeli, che sono a loro volta i
custodi di ogni singola entit esistente, sia essa umana, animale, vegetale o minerale, per garantire in ogni momento
il rispetto della volont divina. Il verde smeraldo il colore degli Angeli, larancione acceso del carbonchio, simbolo della vita, quello degli Arcangeli.
Guardiamo ora a Giotto. Dobbiamo immaginare che le
schiere angeliche siano disposte in cerchio attorno a Dio.
Sono ovviamente nove, tutte riconoscibili dai colori e da
altri elementi. Partendo dal basso, a sinistra, e risalendo verso lalto, abbiamo le Virt (blu zaffiro), le Dominazioni
(giallo crisolito), i Troni (verde diaspro delle armature e
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bandiera con effigiato un trono) e i Serafini (piumaggio rosso e fiaccola ardente). Ai due lati della finestra appaiono i
Cherubini (azzurro-blu, simbolo della Sapienza, con scudi
tondi umbonati o con motivi a croce), mentre scendendo
dallaltro lato ecco gli Angeli (verde smeraldo, con scudi
tondi ornati con eleganti e variegati motivi vegetali), gli Arcangeli (vestiti di arancione tenue con scudi esagonali di
arancione acceso variamente ornati con motivi vegetali, leoni rampanti e una strana figura umana incappucciata, che
tiene in mano una fiaccola, dotata di ali e ha corpo di quadrupede, forse di cavallo, cfr. fig. 19), i Principati (in giallo
onice, muniti di scudo tondo, umbonato o con grifo rampante, cinti di una corona dalloro sul capo) e infine le Potest, con manti del colore del berillo acquamarina, spade,
elmi e scudi, che si intravedono appena allestremo limite
della parete.
Ecco lo schema giottesco: Partendo dai Serafini (i pi
vicini a Dio e centro della prima triade) si procede in senso antiorario: troviamo subito i Troni, quindi la seconda
triade (Dominazioni, Virt e Potest) e di seguito la terza
(Principati, Arcangeli, Angeli), per arrivare in alto ai Cherubini (prima triade). In tal modo i Serafini sono al centro
della prima triade, la punta pi alta.
Cherubini

Cherubini
Angeli

Serafini
Troni

Arcangeli

Dominazioni

Principati
Potest

Virt

Cristo
Giudice
Cristo
Giudice

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Cristo Giudice
Al centro esatto della controfacciata, apice e sintesi della
storia umana, Giotto dipinge lovale perfetto di una mandorla con i colori delliride, dentro cui si staglia solenne la
figura di Cristo Giudice, seduto su un trono di cielo (cfr.
fig. 20). Le schiere angeliche gli fanno corona, mentre
quattro angeli suonano le lunghe trombe dellannuncio supremo. Cristo raffigurato con estrema precisione nella
sua duplice natura di uomo e di Dio. La sua umanit evidenziata dalla tunica rossa con ricami in oro, la stessa che
indossava quando era in vita: il rosso simboleggia il sangue, loro rappresenta la regalit. Nel momento supremo
del Giudizio Universale il dramma della sofferenza e della
morte sulla croce eternamente presente: lo evoca la lacerazione della veste allaltezza del costato, sotto cui si coglie
la cicatrice prodotta dalla lancia del centurione romano,
mentre sul dorso della mano sinistra (con la quale respinge con gesto perentorio i reprobi) e nel palmo della destra
(aperta ad accogliere i giusti), e infine su ambo i piedi si distinguono chiare le stimmate, i segni dei chiodi che lavevano infisso alla croce.
La natura divina di Cristo simboleggiata dallaureola doro e dal mantello blu, colore del cielo, drappeggiato sulle
sue ginocchia. Laureola presenta allinterno tre incavi circolari in cui erano posti degli specchietti (sono state trovate tracce di stagno) che dovevano evidentemente produrre qualche effetto spettacolare, facendo rimbalzare la luce
del sole attraverso un gioco complesso, verosimilmente
collegato con lapertura dello sportello di legno di pioppo,
su cui dipinta limmagine dellEterno Padre, che si trova
sopra larco trionfale. Sotto il trono di cielo, si intravedono delle figure simmetricamente disposte, a destra e a sinistra di Cristo, generalmente identificate con i simboli dei
quattro evangelisti. Il passo di riferimento lApocalisse di
Giovanni (4, 1-7):
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Ed ecco cera un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nellaspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono. Attorno al trono, poi, cerano ventiquattro
seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro vegliardi avvolti in candide vesti con corone doro sul capo. Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; sette lampade accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio.
Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a
cristallo. In mezzo al trono e intorno al trono vi erano
quattro esseri viventi pieni docchi davanti e di dietro. Il
primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva laspetto di un vitello, il terzo vivente aveva
laspetto duomo, il quarto vivente era simile a unaquila
mentre vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei
ali, intorno e dentro sono costellati di occhi.

Levangelista riprende a sua volta la visione del carro del


Signore in un passo di Ezechiele (1, 1-28), dove Dio appare al profeta su un carro con quattro esseri animati, ciascuno dotato di quattro ali e quattro facce: ognuno dei
quattro aveva fattezze duomo, poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze daquila.10
I quattro viventi dellApocalisse furono associati ai
quattro evangelisti da santIreneo,11 morto intorno allanno 200, e poi dai Padri della Chiesa. La codificazione definitiva risale a san Girolamo (IV-V secolo), che nel prologo del suo commento al Vangelo di Matteo identifica in
Matteo luomo alato (perch allinizio del suo vangelo pone la genealogia umana di Cristo), in Marco il leone alato
(perch il suo vangelo inizia con la predicazione di Giovanni Battista nel deserto e presenta Ges tra le fiere), in
Luca il bue, o toro, o vitello (perch il suo vangelo comincia con la visione di Zaccaria, che si prepara ad entrare nel
tempio per offrire lincenso prima del sacrificio del mattino, e il toro lanimale sacrificale per eccellenza) e in Gio237

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vanni laquila (perch, indossate le penne dellaquila, discute della Parola di Dio levandosi in volo verso la luce e
le sommit celesti, librandosi nelle regioni pi alte della
conoscenza).12 SantAgostino non concord con san Girolamo, sostenendo una diversa identificazione di Matteo
con il leone e di Marco con luomo.13 Il dibattito rimase vivo, ma alla fine la tesi di Girolamo prevalse e divenne universalmente condivisa.
Giotto ritrae i quattro evangelisti allinizio e alla fine
delle due pareti laterali, dove si narrano gli episodi della vita di Ges. Non li presenta con i loro simboli, che si trovano invece sul retro della grande croce che un tempo pendeva dallalto in un punto imprecisato della Cappella (forse al centro esatto della navata, in corrispondenza dei monocromi della Giustizia e dellIngiustizia) e che oggi conservata nel vicino Museo Civico agli Eremitani. In mancanza dei simboli, si possono individuare con certezza solo gli evangelisti che furono anche apostoli, e cio Giovanni (comunque riconoscibile, perch pi giovane degli altri)
e Matteo (per analogia con altri suoi ritratti allinterno della Cappella), mentre non si hanno elementi per distinguere Luca e Marco.
Sotto il trono di Cristo Giudice opinione tradizionale
e consolidata sono dunque dipinti i simboli dei quattro
evangelisti, o tetramorfo dellApocalisse, e cio, da sinistra
a destra, laquila di Giovanni, il bue di Luca, luomo alato
di Matteo, il leone alato di Marco.
Osservando le immagini riprodotte sui libri non riuscivo tuttavia a vedere il bue di Luca. Mi sembrava a tutti gli
effetti un centauro. Incuriosito, presi a scorrere la bibliografia. Prima sorpresa. Nel 1921 lo storico dellarte Aldo
Foratti parla espressamente della presenza di un centauro:
La presenza de corpi mostruosi, che sostengono laereo
sedile, chiede qualche chiarimento. Ammesso che sia un
cherubino, o piuttosto il simbolo evangelico dellangelo la
prima figura a destra, andiamo circospetti nel definire le
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restanti. Dopo il presunto angelo, ne pochi tratti del muso dun felino simmagina il simbolo del leone; vedesi, invece, a riscontro e nettamente, una specie di centauro, ovvero dippocampo. Il leone ed il bove stanno sulla cattedra
del Redentore anche nel ricordato Giudizio di Nicola dApulia a Pisa; pi vari sono, peraltro, gli esempi plastici di
animali immaginari, come il basilisco della porta di mezzo
nella cattedrale dAmiens ed il grottesco centauro del portale di Rouen con la testa di profeta o di mago. Dovremo,
forse, riconoscere nel mostro giottesco il pallido cavallo
della morte unificato col suo cavaliere?.14
Nel 2005 ricorreva il settimo centenario dalla realizzazione della Cappella degli Scrovegni e uscirono pregevoli
edizioni e accurati studi. In due di questi si ribadiva la presenza di un centauro. Il firmamento letteralmente sulle
teste dei quattro esseri viventi dei quali tre corrispondono
ai simboli degli evangelisti, ma invece del toro di san Luca
vediamo un centauro. Si tratta forse di uno dei misteriosi
daemonia onocentauris del Giudizio contro Edom? (Isaia
34, 14). Cos Irene Hueck, mentre Chiara Frugoni osserva che Cristo siede su di un trono di nubi sostenuto dai
simboli dei quattro evangelisti, laquila, Giovanni, il bue,
Luca, ma rappresentato nellibrido aspetto di una specie
di centauro; Matteo, un angelo tutto chiuso nelle sue ali;
Marco, un leone alato.15
Giotto ha dipinto un centauro insieme ai simboli degli
altri tre evangelisti. Nessun dubbio possibile: esaminando
le immagini, si vede chiaramente un essere dalla doppia
natura, umana fino alla cintola ed equina nella parte inferiore, con busto slanciato, loricato, brache rosse, mano destra aperta e piegata sul petto, volto di profilo sinistro (la
nuca coperta dalla gamba destra di Cristo e la parte superiore del capo nascosta dal cielo che funge da trono),
barba bionda e zampe anteriori sollevate. Le zampe presentano conformazione e ginocchia equine, mentre il solo
elemento non equino dato dagli zoccoli a unghia fessa.16
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Ma se non c il bue (o toro o vitello), non c pi san


Luca. Resterebbero invece gli altri tre evangelisti, Matteo,
Marco e Giovanni, e i loro simboli, un uomo, un leone e
unaquila.
Mi chiedevo il perch della rimozione di san Luca, e per
di pi sostituito da un centauro. E non in un punto qualsiasi, ma sotto il trono di Cristo Giudice, nel momento del
Giudizio Universale! Che cosa voleva dire frate Alberto?
Che cosa rappresentano i centauri?
Il centauro di Cristo
Narra il mito che Issione, re dei Lpiti, una popolazione
della Tessaglia, bramasse a tutti i costi di congiungersi carnalmente con la sposa di Zeus, Era. Deciso a vedere fin dove avrebbe osato spingersi, Zeus plasm una donna fatta di
nebbia, cui diede nome Nefle (Nuvola), in tutto identica
alla moglie, e lo invit a banchetto sullOlimpo. Tradendo
i suoi doveri di ospite, Issione ne approfitt per stuprare la
finta Era. Lira di Zeus lo fulmin e lo scaravent nellAde,
dove sconta in eterno la pena, legato a una ruota circondata da serpenti e in perenne movimento. Da quello stupro nacquero i centauri, esseri dalla doppia natura, umana
dalla cintola in su, equina nella parte inferiore del corpo,
caratterizzati da unindole selvaggia e violenta, evocata in
gran parte dei miti che li riguardano. Il pi famoso dei
quali la centauromachia, la lotta mortale sostenuta con i
Lpiti durante il banchetto nuziale in onore di Piritoo e
Laodamia, che il Maestro di Olimpia scolp sul frontone
occidentale del tempio di Zeus e Fidia nelle metope del lato meridionale del Partenone.
Analogo il comportamento di un altro celebre centauro,
Nesso. Quando Eracle gli affid la sua sposa, Deianira, perch la portasse in groppa al di l di un fiume, tent di rapirla per usarle violenza. Leroe lo abbatt con una freccia, ma
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Nesso, poco prima di spirare, don alla donna la sua tunica


intrisa di sangue, facendole credere che fosse un potente filtro damore. Invece era un tossico mortale, che caus la
morte di Eracle, quando Deianira, gelosa di Iole, gliela fece
indossare nellingenua speranza di riconquistarne lamore.
Accanto a questa versione dei centauri come esseri
deformi, lascivi, ubriaconi, rissosi e violenti, i Greci ne elaborarono una di tenore opposto, di cui protagonista il
centauro Chirone. Nato dallo stupro perpetrato dal dio
Crono ai danni di unoceanina, Filira, Chirone era immortale e dotato di perfetta saggezza e sapienza. Esperto di erbe medicamentose e di portentosi rimedi, nonch delle arti della caccia e della musica, gli fu affidata la tutela di
Asclepio, il dio della medicina, figlio di Apollo, e di eroi e
semidei come Giasone, Achille, Eracle. Colpito accidentalmente da una freccia scagliata da questultimo, freccia
che era stata intinta nel sangue avvelenato dellIdra di Lerna e che gli provoc un irrimediabile e atroce dolore, Chirone chiese a Zeus, suo fratellastro, di poter trovare pace,
lui immortale, nella morte. Zeus accett a patto che Chirone scambiasse la sua immortalit con Prometeo, rendendolo immortale al suo posto.17 Il padre degli di colloc allora Chirone in cielo come costellazione del Centauro.
Per il mito greco i centauri rappresentano dunque, nella loro natura ibrida, due simboli antitetici, barbarie e saggezza. Lambiguit continu anche in epoca cristiana. Da
un lato erano considerati manifestazioni del demonio per
la loro lussuria e sfrenatezza, e per la loro violenza cieca e
bestiale: nella Basilica Inferiore di Assisi, per esempio,
lAllegoria dellObbedienza rappresenta un angelo che impedisce lingresso a un centauro, simbolo di violenza, mentre nellAllegoria della Castit un centauro tra le rappresentazioni delle passioni tentatrici vinte da san Francesco.
Della vitalit di questa tradizione testimone Dante, che
pone i centauri, capeggiati da Chirone (il gran Chiron, il
qual nodr Achille), a guardia dei dannati nel primo giro241

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ne del settimo cerchio, dove sono puniti i violenti contro il


prossimo, soprattutto gli omicidi (Inferno XII, 71).
Dallaltro lato, invece, a partire dallanno Mille, larte romanica cominci a rappresentare i centauri in ambienti monastici ed ecclesiastici, intravedendo nella loro doppia natura, umana ed equina, lallegoria della doppia natura, umana
e divina, di Cristo. Il centauro-sagittario, nono segno dello
zodiaco, divent a sua volta un simbolo cristiano e nellatto
di scagliare la freccia era allegoricamente identificato con
Cristo, il divino cacciatore di anime. Gi gli antichi Greci
avevano associato il centauro-sagittario ad Apollo, il divino
arciere, identificandolo con il sole, e questi valori allegorici
erano stati fin dallinizio trasferiti a Cristo, fonte di luce, di
vita, di conoscenza. Perfino laspetto astrologico del sagittario si prestava a essere collegato al battesimo: come linfluenza astrale del sagittario conduce gli spiriti dal piano
materiale inferiore alle regioni poste su in alto, dove regna
leterno, cos, mediante il battesimo, Cristo, sagittario e centauro, diviene psicopompo, guida delle anime, liberandole
dallo stato inferiore in cui erano prima di ricevere il sacramento ed elevandole alla luce del mondo superiore. Il centauro-sagittario era allegoricamente interpretato anche come simbolo della lotta delluomo per liberarsi dalla sfera
passionale e istintiva, che lo avvince al mondo inferiore, e librarsi in alto con lo slancio dellaltra sua componente, la sfera spirituale, verso lincontro con il divino. Questa lotta interiore talora evidenziata anche dallimmagine del centauro che punta larco contro la sua stessa coda.18
Il centauro rappresenta insomma valori simbolici precisi, collegati con la doppia natura di Cristo e con la sua funzione di redenzione e salvezza: Cristo centauro rinuncia alla sua immortalit donandola allumanit e rinasce dalla
morte salendo in cielo, come Chirone aveva scambiato la
sua immortalit con la mortalit di Prometeo, ricevendo il
permesso di morire e ottenendo in cambio la collocazione
in cielo come costellazione.
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Questo poteva giustificare la presenza di un centauro


sotto il trono di Cristo Giudice nel momento del Giudizio
Universale, ma non risolveva il fatto che fosse accostato ai
simboli di tre evangelisti, Matteo, Marco e Giovanni. Il rigore della concezione teologica di Alberto non lo consentiva.
Tentai diverse strade, ma tutte infruttuose. Un giorno
decisi di rovesciare la prospettiva, chiedendomi non che
cosa ci facesse un centauro insieme ai simboli dei tre evangelisti, ma chi rappresentassero le creature che Alberto
aveva fatto dipingere accanto a un centauro. Davo ancora
per scontato che fossero un leone, un uomo e unaquila.
Presi ad esaminarle con molta attenzione, anche con lausilio di una lente di ingrandimento.
Sulla destra si vede un essere in posizione eretta con muso di leone: si distinguono chiaramente il naso, locchio destro, la bocca, la criniera; il corpo sfumato, ma caratterizzato dagli stessi elementi angelici della figura che gli sta accanto, che una creatura con corpo duccello, penne e ali
di vari colori, e un viso di giovane uomo, i cui capelli, come
la parte superiore del leone, sono nascosti dal cielo che funge da trono a Cristo. Possibile dunque la loro identificazione con Marco (il leone alato) e Matteo (luomo alato).
Dallaltra parte, alla sinistra del centauro, doveva esserci il simbolo del terzo evangelista, e cio laquila di san
Giovanni.
Ma nelle riproduzioni cartacee non riuscivo a vederla.
Non che vedessi dellaltro: non vedevo laquila, ma solo
qualcosa di confuso. N mi aiutava losservazione dal vivo,
allinterno della Cappella. Chiesi allora al Gabinetto fotografico del Museo di poter analizzare le immagini con lausilio di un computer. Quando loperatore ingrand la figura di quella che doveva essere unaquila, sullo schermo apparve la testa di un pesce, con la bocca spalancata. Pensieri tumultuosi in una frazione di secondo. Un pesce nella
Cappella degli Scrovegni? Impossibile. Stavo per dire che
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cera un errore, quando leffetto zoom svan e le immagini


si rimpicciolirono: il punto inquadrato era giusto, ma laquila non cera! Al suo posto si vedevano invece due creature.
Della pi grande, in posizione eretta, con corpo umano
e veste che gli arrivava fino al collo, era visibile la parte inferiore del volto: si trattava inequivocabilmente del muso
di un orso (la parte superiore, invece, era completamente
celata dal trono-cielo). Lorso teneva davanti a s, come avvolto in un mantello, il pesce che mera apparso un istante
prima e di cui si scorgeva in primo piano la testa con la
bocca spalancata. A sinistra si distingueva ancora qualcosa, forse gli unghioni dellorso.
Laquila dunque non cera, non cera mai stata!
Lunica spiegazione possibile che qualcuno ha creduto di averla vista e ha indotto in inganno tutti gli altri, che,
per inerzia, si sono fidati. Non centra il recente restauro
della Cappella: ora che sappiamo che cosa Giotto ha dipinto, lo si distingue chiaramente anche nelle pi antiche
immagini in bianco e nero.
un caso esemplare di psicologia della forma: si vede
quello che si pensa di dover vedere. Si vede il desiderio.
Cos, allinterno di uno dei pi noti capolavori dellarte
universale, la Cappella degli Scrovegni, capitava a me di
vedere per la prima volta, dopo settecento anni, ci che
Giotto aveva veramente dipinto. E non in un punto marginale, ma nel cuore pulsante dellintero ciclo, nella mandorla di Cristo Giudice!
Era il primo pomeriggio del 1 marzo 2007. Fu unemozione difficile da spiegare, un autentico brivido.
Sotto il trono di cielo di Cristo Giudice, nellatto supremo del Giudizio Universale, sintesi e culmine della storia del mondo e dellumanit, l dove si riteneva ci fossero
i simboli degli evangelisti, Giotto ha dipinto un centauro,
un orso con un pesce, un uomo con muso di leone e un uccello con volto di uomo.
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La scomparsa dellaquila comportava luscita di scena


di un altro evangelista, san Giovanni.
Esclusi Luca e Giovanni, era difficile pensare che potessero rimanere Marco e Matteo.
Per capire chi fossero e che cosa rappresentassero queste immagini bisognava pensare a unaltra chiave di interpretazione.
Bisognava entrare nella mente di frate Alberto da Padova.
La doppia natura di Cristo
Giotto raffigura Cristo Giudice nella sua duplice natura,
umana e divina: in quanto Dio sta giudicando, ma la veste
rossa e lacerata, le stimmate, la ferita al costato, lo identificano nella sua umanit. Si segue ancora una volta santAgostino, e precisamente un luogo del Commento al Salmo
46 (47): Dio siede sul suo trono santo. Qual il suo trono
santo? Forse i cieli; ed interpretazione corretta. Cristo
asceso al cielo, come sappiamo, con il corpo in cui stato
crocifisso, e siede alla destra del Padre; di l aspettiamo
che venga per giudicare i vivi e i morti. Siede sul suo santo
trono. I cieli sono dunque il suo trono santo? Vuoi anche
tu essere il suo trono? Non credere di non poterlo essere;
prepara per lui un posto nel tuo cuore; egli viene, e volentieri vi si stabilisce.19
Cristo si fatto uomo per riscattare lumanit attraverso il sacrificio della croce. Morendo ha vinto la morte e ridato la speranza della vita eterna, che era stata perduta dopo la disobbedienza di Adamo. Quel perdono che lumanit invocava nel Salmo 85 (84) si realizzato. La missione
che Dio Padre affida allarcangelo Gabriele nella grande
scena in alto sullarco trionfale della Cappella degli Scrovegni e da cui tutto ha inizio definitivamente conclusa.
La riconciliazione tra Dio e luomo compiuta. Il Giudi245

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zio Universale avvenuto, premi e castighi sono stati assegnati: lumanit sar accolta nella Gerusalemme celeste o
tra le torture dellInferno. Nella parte superiore della controfacciata, a lato della grande finestra trilobata, due angeli stanno richiudendo il sipario del tempo, come fosse un
tappeto che si arrotola.
Dobbiamo essere in questo spirito per capire che cosa
rappresentino le quattro creature che stanno sotto il trono
di cielo.
Lorso e il pesce
Che il pesce sia simbolo di Cristo acquisizione notissima,
collegata allacronimo della parola greca che significa pesce, che veniva interpretato come I(ess) X(rists)
Th(eo) Y(is) S(otr), cio Ges Cristo, figlio di Dio,
Salvatore. Il pesce dunque simbolo del Salvatore, perch
annota santAgostino ebbe il potere di rimanere vivo,
cio senza peccato, nellabisso della nostra mortalit, simile al profondo delle acque.20 Il pesce dipinto da Giotto
(cfr. fig. 21) sembra un luccio, il lucius dei latini, il pesce-luce, cui gi i primi cristiani attribuivano simbolici accostamenti al Signore, luce del mondo (Giovanni 13, 47).
Ma il pesce anche simbolo dellumanit, pescata
dagli inviati del Signore, i pescatori di anime di Matteo 4,
19: Seguitemi, vi far pescatori di uomini, dice Cristo ai
discepoli. E la Chiesa pescatrice di anime con la rete del
vangelo: In questo mondo malvagio scrive santAgostino in questi giorni tremendi, in cui attraverso lavvilimento presente la Chiesa si procura lelevazione futura ed
istruita dallo sprone dei timori, dai tormenti delle sofferenze, dalle pene dei travagli e dai pericoli delle tentazioni, gioendo della sola speranza, quando gioisce sano, molti malvagi sono mescolati ai buoni ed entrambi sono, per
cos dire, raccolti nella pescagione del Vangelo e chiusi
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nelle reti nuotano, senza distinzione, in questo mondo come in un mare, fino a che si giunga alla riva, dove i cattivi
sono separati dai buoni.21
Ma se il mare il mondo e gli uomini sono i pesci, Dio,
che scese sulla terra per loro, deve trarli fuori da questo
mondo per salvarli. Cristo pescatore di anime qui simboleggiato dallorso, che a sua volta simbolo della Chiesa e della Provvidenza divina.
In questa funzione liconografia giottesca sostituisce
quella ben altrimenti attestata dellaquila-pescatrice, simbolo di Cristo redentore e pescatore di anime.
Laquila significa
il figlio di Santa Maria,
che un re di tutti gli uomini
senza alcun dubbio, sta in alto e vede lontano,
sa bene che cosa deve fare.
Il mare significa questo mondo,
i pesci gli uomini che ci vivono;
Dio venne in terra per noi,
per redimere le nostre anime;
accorse a noi volando,
e in questo modo
ci trascin fuori del mondo,
come fa laquila con i pesci.
Il fatto che laquila guardi
cos fissamente il sole
quando pi luminoso
senza socchiudere gli occhi
significa dunque, prestatevi attenzione,
che allo stesso modo Cristo vede
il Padre suo apertamente;
e che tutti gli uomini del mondo
che sono veri cristiani, quando moriranno,
egualmente vedranno Iddio.

Questi versi sono tratti dal Bestiario di Philippe de Than


(2067ss), che risale allinizio del XII secolo, ma lidentifi247

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cazione di Cristo con laquila pescatrice gi presente in


Isidoro di Siviglia (VI-VII secolo d.C.).22
Lorso rappresenta, specie in area centro-europea, unidea di forza, di coraggio, di spirito guerriero (coprendo in
parte gli attributi altrove ascritti al leone), ma in et cristiana diventa simbolo della resurrezione, perch risorge
dopo la morte apparente del lungo letargo invernale.
Particolare fortuna nei bestiari medievali ha anche limmagine, gi in Plinio il Vecchio e giunta forse attraverso la
mediazione di Isidoro di Siviglia,23 dellorsa che plasma
leccandoli amorevolmente i suoi orsacchiotti, che alla nascita sarebbero solo un ammasso informe di carne. Ecco il
testo di Plinio:
Si accoppiano allinizio dellinverno, e non nel modo abituale dei quadrupedi, ma tutti e due coricati e abbracciati; poi si separano e si ritirano ciascuno in una caverna,
dove la femmina partorisce, al trentesimo giorno, al massimo cinque cuccioli. Questi sono una massa di carne
bianca e informe, poco pi grossi di un topo, senza occhi
e senza peli; si distinguono solo le unghie. Leccando questa massa a poco a poco le danno forma. Non c evento
pi raro di vedere unorsa che partorisce. Cos mentre i
maschi restano nascosti quaranta giorni, le femmine quattro mesi.24

Lanimale diventa cos simbolo della Provvidenza divina


e della stessa Chiesa, che plasma mediante la forza vivificante del battesimo il popolo di Cristo e con amore materno lo alleva. Lo conferma lanonimo Bestiario moralizzato di Gubbio, datato tra la fine del Duecento e i primi
anni del Trecento, che cos descrive lorsa (sonetto 18):
Tanto fa lorsa el parto divisato
ka nulla creatura resimillia;
vedendolo cus dissemegliato,
mantenente a la bocca lo ripiglia,
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tanto lo mena enfin ke l formato.


Amico, ne lexemplo tasutiglia:
ki [nasce] con original peccato
di lunga da la forma mille miglia;
la eclesia la madre ke riface
lo suo filiolo co lo sacramento
de lo santo batismo virtuoso,
ove safina kome auro in fornace
e piglia forma e resimigliamento
de lo suo dolze padre pretioso.

Lorsa con il pesce rappresenta dunque la Chiesa, pescatrice di anime, strumento di redenzione e di salvezza dellumanit, che toglie luomo, il pesce, dal mare dellignoranza e del peccato e lo eleva, attraverso il battesimo di
Cristo, a nuova vita.
Questa concezione convive tranquillamente con unaltra, pure attestata in et medievale, che vede nellorso un
simbolo di violenza e una rappresentazione del demonio.
Entrambe sono presenti, per esempio, nel De rerum naturis del vescovo Rabano Mauro Magnenzio (IX secolo), che
prima trascrive il passo di Isidoro di derivazione pliniana
e poi di seguito aggiunge che lorso il diavolo, che insidia
il gregge di Dio.25
Il leone alato
Prendiamo ora in esame la figura alata con corpo umano e
muso di leone (il corpo, in verit, si intuisce pi che vedersi, perch la veste si intreccia e confonde con quella delluomo alato che le sta accanto, cfr. fig. 22). Nella simbologia antica il leone rappresenta la regalit, la forza, il coraggio. Posto frequentemente sulle porte principali delle citt,
anche in funzione apotropaica (notissimi gli esempi di Micene e della capitale ittita, Hattusas), in et cristiana lo si ritrova a guardia dei portali di molte chiese. Leroe della for249

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za, Eracle, ha come simbolo la pelle di leone, la leont, che


appare anche nella rappresentazione giottesca della Fortitudo. Il leone era spesso associato alla divinit (la dea egizia
Sekhmet, moglie di Ptah e divinit della guerra, ha corpo di
donna e testa di leone; Mitra, il dio solare siriaco, raffigurato anchesso con una testa di leone su corpo umano).
Lo si considerava anche simbolo di giustizia, perch
animale che uccide solo per sfamarsi, mai per puro gusto di
farlo: questa idea di giustizia, collegata alla sua regalit, pass poi nella concezione cristiana, che vide nel leone anche
i simboli della misericordia e della resurrezione di Cristo.
Abbiamo gi evidenziato come sia stato utilizzato, nellimmagine del quadrilobo che sta tra i due riquadri del
Compianto sul Cristo morto e del Noli me tangere, un testo
di et protocristiana, il Fisiologo, da cui derivarono nel
Medioevo cristiano numerosi bestiari, manuali utili a interpretare gli elementi naturali inquadrandoli come manifestazione di Dio o come segni del male. la scena del leone che alita sui suoi cuccioli destandoli alla vita.
Per il Fisiologo il leone ha tre nature, che lo identificano con il Salvatore. Ricordiamolo. Prima natura: quando
vaga sui monti ed inseguito dai cacciatori, cancella con la
coda le impronte che lascia sul terreno, ingannando gli inseguitori; cos fece anche il Salvatore, leone spirituale della trib di Giuda, radice di Jesse, figlio di David, che nascose le impronte della sua divinit per salvare il genere
umano che si era smarrito. Seconda natura: come il leone,
quando dorme, non chiude mai gli occhi, cos il Signore
dormiva sulla Croce e nel sepolcro, ma la sua natura divina vegliava. Terza natura: il cucciolo di una leonessa nasce
morto e la madre lo veglia morto per tre giorni, finch arriva il padre, soffia sul volto del figlio e gli dona la vita; cos Dio padre onnipotente il terzo giorno resuscit dai morti nostro Signore Ges Cristo suo figlio, come dice Giacobbe: Dormir come un leone e come un giovane leone.
Chi lo dester? (Genesi 49, 9).
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Il leone, infine, presentato anche come simbolo di clemenza e di giustizia: E si dice che luomo ha parte della
natura del leone poich, se non ferito, non si adira facilmente. La loro clemenza si manifesta in effetti attraverso
numerosi esempi: risparmiano infatti chi si prostra davanti a loro, permettono ai prigionieri che incontrano di tornare al luogo di provenienza, non uccidono luomo se non
per grande fame.26
Cristo, Leone di Giuda, figlio di David, risorto come
il cucciolo del leone dalla morte, vivificato dallo spirito del
Padre: il leone diventa cos anche la Parola vivente, che alita lo Spirito Santo e richiama alla vita.
La figura alata con muso di leone posta sotto il trono di
cielo rappresenta simbolicamente la doppia natura di Cristo, la sua resurrezione, e i valori della forza, della clemenza e della giustizia. Nulla a che vedere con la simbologia
dellevangelista Marco.
Anche il terzo evangelista esce dunque di scena.
Il ritorno dellaquila
A fianco del leone alato c una figura di uccello con volto
duomo. Siamo ancora una volta davanti a un essere dalla
doppia natura, come nel caso del centauro, dellorso e del
leone alato. Ma rispetto a questultimo siamo in una posizione rovesciata: il corpo di uccello, la testa di uomo. Il viso
giovane e aggraziato, con labbra carnose, espressione enigmatica, occhi leggermente strabici. Il corpo una sinfonia di
penne con tonalit rosse, blu e gialle, di cui si intravedono
ampie tracce, e ali dei medesimi colori. Linsieme trasmette
unidea di compostezza e di serenit. Quale simbologia si nasconde dietro questo splendido uccello, che ha ali compatibili con quelle di un grosso rapace, ma viso di uomo?
Nei bestiari medievali ci sono molte simbologie legate
al mondo degli uccelli e connesse con il cristianesimo. Tra
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queste ha un ruolo di assoluto rilievo laquila. Limmagine


dellaquila come simbolo del Cristo risorto e asceso al cielo appare gi nei primi testi cristiani, e viene ripresa dai Padri della Chiesa, specie in collegamento con la credenza,
gi attestata nelle tradizioni pagane, del rigenerarsi dellaquila nellacqua viva di una fontana.
SantAmbrogio dice che lumanit deposte le spoglie
dellantico errore, rinnovata nella giovinezza dellaquila, si
affretta a raggiungere quel celeste convivio.27
Accanto allaquila mistica, il cristianesimo si appropria
anche dellimmagine dellaquila psicopompa, conduttrice e guida delle anime, gi presente nelle antiche culture mediterranee e mediorientali.
A sua volta lAquila Christus sostituisce limmagine dellaquila associata nel mondo greco a Zeus e in quello romano a Giove, con forza sempre maggiore dopo leditto di
Costantino e il definitivo trionfo del cristianesimo operato
sul finire del IV secolo dallimperatore Teodosio (380
d.C.), che lo eleva a religione ufficiale dellimpero.
Unaltra credenza, che Isidoro di Siviglia riprende da
Plinio il Vecchio, sosteneva che laquila fosse lunico volatile in grado di fissare a lungo il disco del sole e che esponesse i suoi piccoli ai raggi solari, riconoscendo quelli che
erano in grado di reggerli e rinnegando quelli che non ci
riuscivano.28 Di qui Onorio di Autun ricava, nello Speculum Ecclesiae, limmagine di Cristo-Aquila che scaccia via
dal nido del Paradiso i reprobi.29 In questa rivisitazione
perfino il mito greco del giovane Ganimede, rapito da
Zeus-Aquila, viene interpretato allegoricamente come un
simbolo dellascensione dellanima rapita in cielo da Cristo-Aquila fin dai primi tempi cristiani.
Laquila ha anche un altro importante valore simbolico,
mirabilmente rappresentato da Dante (Paradiso, XVIIIXX), che nel settimo cielo del Paradiso, il cielo di Giove,
rappresenta laquila, simbolo di Roma e dellimpero, come
immagine della Giustizia.
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Al sacramento del battesimo e alla resurrezione rimanda invece la leggenda popolare ripresa dal Fisiologo:
Dellaquila dice Davide nel Salmo 102: Si rinnover la
tua giovinezza come quella dellaquila. Il Fisiologo dice
dellaquila che ha questa natura: quando invecchiata, le
sue ali si appesantiscono e le si offusca la vista. Allora cerca una fonte e vola in alto fino al cielo del Sole e l incendia le sue ali e con i raggi del sole brucia loffuscamento
della vista; allora scende di nuovo alla fonte e vi si immerge tre volte, e immediatamente si rinnova del tutto,
tanto che rinasce molto migliorata nel vigore delle ali e
nella chiarezza della vista. Perci anche tu, uomo, che tu
sia ebreo o gentile, che indossi un abito vecchio e hai offuscati gli occhi del tuo cuore, cerca la fonte spirituale del
Signore, che disse: Se uno non rinato dallacqua e dallo Spirito Santo, non pu entrare nel Regno dei Cieli
(Giovanni 3, 5). Pertanto se non sarai stato battezzato
nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e
non leverai gli occhi del tuo cuore al Signore, che sole
di giustizia, non sar la tua giovinezza rinnovata come
quella dellaquila.30

Come laquila invecchiata cerca la sorgente che rinnova la


vita e la trova nellacqua (il battesimo) e nel volo fino al cielo del Sole (Cristo), recuperando in misura superiore a
quella originaria la pienezza della vista e il vigore delle ali,
cos luomo, ebreo o pagano che sia, se non dismette labito vecchio (vale a dire le vecchie credenze) e non elimina il velo che gli impedisce di vedere, levando i suoi occhi a contemplare Cristo, sole di giustizia, non potr rinascere a nuova vita (rinnovare la giovinezza).
Giotto dipinge come sempre con grande realismo, e il
corpo e le ali di questo uccello sono verosimilmente quelli di unaquila. I simboli rappresentati dallaquila sono
coerenti con la scena del Giudizio Universale: redenzione,
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resurrezione, ascensione, rinascita spirituale delluomo,


ringiovanimento ed eterna giovinezza dovuti al battesimo e alla luce di Cristo, sole di giustizia. Proprio questo tema della giovinezza potrebbe spiegare il volto di uomo
giovane, posto da Giotto nellintento di evidenziare la
doppia natura simbolica delle creature poste sotto il trono
di Cristo Giudice. Comunque sia, per noi ci sono pochi
dubbi che la figura in esame rappresenti unaquila con il
volto di un giovane uomo, simbolo della resurrezione e
della rinascita (ringiovanimento) dellanima in Cristo.31
In questa azione del rigenerarsi e rinascere la simbologia dellaquila richiama quella della fenice, il leggendario
uccello che muore bruciando del suo stesso fuoco e che rinasce piccolissimo dalle sue stesse ceneri, recuperando in
tre giorni le fattezze e laspetto di prima. Presente in molte antiche culture, la leggenda della fenice fu trasmessa al
mondo occidentale da Erodoto (II, 73), che la apprese in
ambito egizio (il bennu egizio), e fu poi ripresa anche da
molti scrittori e poeti latini,32 prima di essere adottata dal
mondo cristiano, che vi vide il simbolo della resurrezione
di Cristo. Nel corso del IV secolo la cristianizzazione della leggenda della fenice era definitivamente compiuta, come testimoniano il poemetto De ave phoenice, 85 distici
elegiaci che la tradizione attribuisce a Lattanzio, e moltissimi luoghi dei Padri della Chiesa. La fenice-Cristo divent il simbolo vivente della resurrezione, del rinnovamento delluomo attraverso il battesimo, della felicit recuperata, della vita eterna. La sua immagine appare su sepolcri, mosaici, monete, accanto a quelle di Cristo e dei
santi e successivamente anche da sola. Spesso luccello fenice viene rappresentato con testa daquila, a dimostrazione di come venissero colte le affinit tra i simboli rappresentati da questi due uccelli. I bestiari medievali ne danno
accurate descrizioni: i suoi colori, come gi in Erodoto, sono il rosso (phoenix la porpora) e il giallo oro, cui si
unisce il blu, il colore del cielo, simbolo di Cristo. Rosso,
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giallo e blu sono i colori qui usati da Giotto. La leggenda


della fenice riportata anche dal Fisiologo, subito dopo la
descrizione dellaquila:
C un altro volatile, che detto fenice, la cui figura assume
Nostro Signore Ges Cristo, che nel suo Vangelo dice:
Posso lasciare la mia vita e poi riprenderla di nuovo. Per
queste parole i Giudei si adirarono e volevano lapidarlo.
C dunque un uccello, che vive in alcune zone dellIndia,
detto fenice. Di lui il Fisiologo dice che, trascorsi cinquecento anni della sua vita, raggiunge gli alberi del Libano e
riempie entrambe le ali con diversi aromi; e con determinati segni lo annuncia al sacerdote di Eliopoli, cio nel nono
mese, nisan o adar, vale a dire sarmath o famenoth, che il
mese di marzo o di aprile. Una volta dato questo segnale al
sacerdote, egli entra e riempie laltare di legna secca. Appena giunto, luccello entra nella citt di Eliopoli pieno di tutti gli aromi su entrambe le ali; e subito, vedendo la fascina
di legna secca sullaltare, vi si posa; e spargendo aromi
tuttintorno accende il fuoco e si lascia completamente bruciare. Il giorno dopo viene il sacerdote, vede arsa la legna
che aveva posto sullaltare e, osservando attentamente, vi
rinviene un piccolo vermiciattolo, che emana un profumo
meraviglioso. Il secondo giorno trova ormai la figura di un
uccellino. Ritornando il terzo giorno, il sacerdote trova che
ormai luccello fenice ha recuperato perfettamente e compiutamente il suo aspetto e, salutando il sacerdote, spicca di
nuovo il volo e fa ritorno al suo luogo di prima. Cos dunque questo uccello ha il potere di darsi la morte e di ridare
nuovamente vita a se stesso, allo stesso modo in cui gli uomini stolti si adirano alla parola di nostro Signore Ges Cristo, il quale, come vero uomo e vero figlio di Dio, ha il potere di deporre la sua vita e di riprenderla di nuovo. Come
abbiamo detto prima, assume dunque la personalit del nostro Salvatore, che scendendo dal cielo riemp entrambe le
sue ali di soavissimi profumi, e cio i discorsi del Nuovo e
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dellAntico Testamento, dicendo: Non sono venuto a distruggere la legge, ma ad adempierla. E di nuovo: Cos
sar ogni scrittore dotto nel regno dei cieli, che offre cose
nuove e antiche dal suo tesoro.33

il momento di trarre le conclusioni.


La prima, certa e inequivocabile, che le quattro figure
che si intravedono sotto il trono di Cristo Giudice non rappresentano gli evangelisti. Giotto li ritrae nelle fasce esterne
delle due pareti, in modo da farli risultare allinizio e alla fine delle storie evangeliche. Nessun simbolo li distingue. Si riconoscono facilmente sulla parete nord i due evangelisti che
furono anche apostoli di Ges, e cio Giovanni (per la giovane et e i tratti gi noti, anche se qui Giotto lo raffigura con
un filo di barba) e Matteo, che allaltro capo della parete.
Sulla parete sud, invece, Marco e Luca non sono individuabili con esattezza: Giotto li ritrae anziani, con il calamo in
mano, nellatto di scrivere su un foglio posto sullo scrittoio.
Le quattro figure situate sotto il trono di Cristo Giudice presentano tutte una doppia natura, umana e animale,
con una disposizione chiastica: quelle esterne presentano
corpo umano e testa danimale (leone e orso), mentre quelle interne hanno corpo di animale e testa oppure busto e
testa di uomo (aquila e centauro). Questa doppia natura
evoca simbolicamente la doppia natura, umana e divina, di
Cristo, sottolineata dallimmagine stessa del Cristo Giudice, con levidenza della tunica rossa, delle stimmate e della cicatrice al costato. La mortalit del divino, non va mai
dimenticato, lessenza stessa del cristianesimo: tramite
Cristo, la beata speranza, fattosi uomo e morto sulla croce
per poi rinascere e assurgere in cielo, lumanit dei credenti redenta e definitivamente salvata dalla morte.
Non regge invece lipotesi di vedere celate in queste figure una valenza astrologica (come potrebbe suggerire il
fatto che pesce, centauro-sagittario e leone richiamano tre
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segni dello zodiaco e lorso possa alludere allOrsa maggiore o minore) perch siamo nel momento del Giudizio
Universale, mentre la possibile influenza degli astri (secondo la nota definizione astra inclinant, non necessitant)
concerne semmai il libero agire delluomo.
Leone, aquila, centauro, orso (orsa) e pesce, sono simboli di Cristo che la cultura medievale, specie dopo il Mille, in epoca romanica, riprende dalla pi antica tradizione
cristiana: rappresentano allegoricamente la vittoria sulla
morte, la redenzione dellumanit, la resurrezione, lascensione, la seconda e definitiva nascita dopo la fine del mondo e il Giudizio Universale, e insieme hanno anche la caratteristica di guida delle anime in cielo e di loro elevazione dal mondo del peccato alla sfera del bene.
Liconologia del Cristo Giudice del resto assai diversa
da quella del Cristo Trionfante, la Maiestas Domini. Questultima, derivando da Apocalisse 4, 1-7, solitamente accompagnata dallimmagine dei quattro Viventi e dei ventiquattro Vegliardi, mentre il riferimento al Cristo Giudice
nel capitolo 20, 11-15: lesegesi medievale non confonde,
come purtroppo facciamo noi, Apocalisse (che la Rivelazione, lavvio del settimo giorno, il millennio della Chiesa)
e fine del mondo.34 E non li confondeva certo un teologo
di cos ampia dottrina come Alberto da Padova.
Ancora una volta la Cappella degli Scrovegni ci sorprende con immagini e allegorie che costituiscono un unicum assoluto nella storia dellarte e della simbologia cristologica medievale.
La Gerusalemme celeste
In alto due angeli stanno arrotolando il cielo, simbolo del
mondo e del tempo del mondo, come fosse un sipario o una
pergamena (cfr. figg. 24-25) . limmagine di Apocalisse di
Giovanni 6, 14,
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Il cielo si ritir come un volume che si arrotola e tutti i


monti e le isole furono smossi dal loro posto,

che riprende il libro del profeta Isaia (34, 4, la cosiddetta


Piccola Apocalisse):
Tutta la milizia celeste si dissolve,
i cieli si arrotolano come un libro,
tutti i loro astri cadono
come cade il pampino della vite,
come le foglie avvizzite del fico.

Il cielo blu stellato, che permea di s tutto il ciclo pittorico e simboleggia la presenza di Dio nel creato e nella storia, lascia per sempre il regno delleffimero. Alle spalle dei
due angeli, vestiti di verde, il loro colore paradisiaco, appaiono le splendide porte della Gerusalemme celeste, regno della Luce di Dio, di cui le pietre preziose sono emanazione e riflesso, e le dodici porte son dodici perle:
Le mura sono costruite con diaspro e la citt di oro puro, simile a terso cristallo. Le fondamenta delle mura della citt sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il
primo fondamento di diaspro, il secondo di zaffro, il
terzo di calcednio, il quarto di smeraldo, il quinto di
sardnice, il sesto di cornalina, il settimo di crislito, lottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio,
lundecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta formata da
una sola perla. E la piazza della citt di oro puro, come
cristallo trasparente. Non vidi alcun tempio in essa perch il Signore Dio, lOnnipotente, e lAgnello sono il suo
tempio (Apocalisse di Giovanni 21, 18-22).

Il sole e la luna, che ancora si vedono a sinistra e a destra


della grande finestra centrale, trilobata come la Trinit divina, stanno per scomparire anche loro:
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Lottavo giorno

la citt non ha bisogno della luce del sole, n della luce


della luna perch la gloria di Dio la illumina e la sua lampada lAgnello (Apocalisse di Giovanni 21, 23).

Spariranno anche le stelle a otto punte che costellano il


cielo con la luce del loro colore giallo oro. Lottagono, antico simbolo esoterico dellincontro tra il quadrato e il cerchio, raffigurazioni simboliche della terra e del cielo, rappresenta nellarte cristiana e islamica il concetto di ordine
cosmico e di rigenerazione spirituale, e il percorso dal
mondo terreno alla salvezza eterna, a quellottavo giorno
che il tempo di Dio. Per questo i fonti battesimali delle
nostre chiese sono quasi sempre di forma ottagonale e il
numero otto, coricato, indica tuttora linfinito.
Con il Giudizio Universale e la visione della Gerusalemme celeste il viaggio allinterno della Cappella degli
Scrovegni ci riporta al Paradiso, da cui tutto era iniziato.
In una conchiusa, esatta specularit, dallalto dellarco
trionfale abbiamo seguito la via discendente a spirale fino
al percorso, terreno, del quarto registro e seguendo laereo
slancio della Speranza siamo risaliti in alto fino allapice
della controfacciata.
Ci attende ora il messaggio finale.

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Il messaggio finale

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Un monito a Enrico Scrovegni

Ogni 25 marzo, festa dellAnnunciazione a Maria, Enrico


Scrovegni accoglieva nellArena la rituale processione cittadina e apriva al pubblico la cappella annessa al palazzo.
Alluscita, lultimo sguardo degli ospiti si posava sulla
grandiosa scena del Giudizio Universale. Un monito per
tutti, un forte richiamo a seguire i precetti evangelici e gli
insegnamenti della Chiesa.
Enrico, invece, rientrava in casa passando attraverso la
porta di comunicazione interna, quella stessa da cui entrano ed escono gli odierni visitatori.1
Sopra questa porta, dal lato interno, Giotto ha dipinto
due tondi, avvolti da eleganti motivi fitomorfi.
In quello di sinistra c una giovane dallespressione
sorridente e cordiale, che porta sul capo una corona, simbolo di elezione e di nobilt. Le chiome compostamente
raccolte a incorniciare il viso, stringe nella sinistra un libro

Sovrapporta con figure allegoriche.

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I volti segreti di Giotto

Sovrapporta, particolare.

chiuso, mentre la destra presenta tre dita, pollice, indice e


medio, aperte in un gesto che accenna alla figura delluomo ritratto nellaltro tondo. La corona, laspetto sorridente, il libro e il gesto cordiale della mano trasmettono unidea positiva di serenit, di equilibrio, di saggezza. In apparente contrasto con questa atmosfera distesa le fuoriescono dagli occhi due nodose clave, che si allargano nello
spazio in direzione opposta, formando un angolo di 180
gradi.
La figura maschile sulla destra presenta i tratti tipici
delluomo culturalmente e civilmente arretrato: il corpetto
di pelliccia annodato in vita, le braccia nude, la bocca spalancata, lo sguardo stupito, la testa calva, un lungo nodoso
bastone brandito con la destra e appoggiato sulla spalla. Il
volto, di profilo, guarda verso la giovane donna coronata
dallaltro lato della sovrapporta.
Qual il significato di queste immagini? Che cosa vogliono dire?
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Il messaggio finale

Sovrapporta, particolare.

Pochi studiosi se ne sono occupati. La prima interpretazione di un americano, Andrew Ladis, che nel 1986 vi
individua i tratti della Stultitia (erroneamente tradotta con
folly, follia), del grottesco e della deformit operata dai
vizi: in entrambe le figure Giotto renderebbe chiaro il difetto caratteristico della folly: lignoranza cieca (the blind
ignorance). La donna rappresenterebbe la Stultitia che
stringe tra le mani il sapere (il libro), ma non in grado di
leggerlo per via delle clave che le escono dagli occhi, mentre luomo altro non sarebbe che un selvaggio, o addirittura il re dei selvaggi, come dimostrano la sua veste e la presenza della clava.2
Sven Georg Mieth, lo studioso tedesco autore di una
teoria che vede nella Cappella degli Scrovegni una casa
della memoria (domus mnemotecnica) e la realizzazione di
un programma mnemotecnico, interpreta queste figure
partendo da Jacopone da Todi e dal pensiero francescano
minorita collegato con il passo paolino della Prima lettera
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I volti segreti di Giotto

ai Corinzi in cui si parla della stultitia crucis. Mieth identifica nella coppia i custodi posti allingresso della casa, dove la donna, le cui eleganti sembianze appaiono, per,
stranamente sfigurate dalle due nodose mazze che prorompono dagli occhi, rappresenta la cieca sapienza umana che, additando luomo, vuol significare che solo lui, lo
stolto servitore dellamore, in grado di concedere lingresso: Forse la donna rammenta che lo stolto inviato
da Dio, e non lei stessa, a decidere chi pu entrare.3
Un altro studioso tedesco, Gosbert Schler, identifica
nella donna la sapientia saeculi di cui parla san Paolo nella
Prima Lettera ai Corinzi (3, 18) Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente; [3, 19] perch la sapienza di questo mondo
stoltezza davanti a Dio, e nelluomo lo stolto, linsipiens dei
Salmi 52 (53), 2 e 13 (14), 1, che pensa che Dio non esista.4
Irene Hueck, infine, ipotizza che la donna, se non fosse
incapace di vedere e di distinguere, potrebbe essere la sorella della Prudencia sulla parete opposta, e prosegue:
Forse dobbiamo intendere la coppia di ignoranti sopra la
porta come linizio del ciclo delle personificazioni, dove
ancora aperta la scelta. Il selvaggio guarda in direzione dei
Vizi e probabilmente seguir la strada della Stoltezza. La
donna ha laspetto troppo sereno per essere ferita da queste orrende clave. Se riuscisse a toglierle dagli occhi, potrebbe ancora incamminarsi verso la Virt.5
Nessuna di queste ipotesi appare soddisfacente. Per interpretare un simbolo necessario contestualizzarlo. Per
comprendere il significato di queste due figure dobbiamo
chiederci in che rapporto stiano con il programma teologico che alla base della concezione della Cappella degli
Scrovegni.
Il che esclude, per esempio, qualunque relazione con la
sequenza vizi-virt, che in s perfettamente e logicamente conchiusa, o con il noto luogo del Vangelo di Matteo (7,
3-5):
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Il messaggio finale

Perch osservi la pagliuzza nellocchio di tuo fratello e


non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come
potrai dire a tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza
dal tuo occhio, mentre nellocchio tuo c la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dallocchio di tuo fratello.

Limmagine evangelica rimanda infatti al tema non giudicare per non essere giudicati, che estraneo al nostro contesto.
La funzione di queste immagini legata alla loro collocazione: la porta duscita privata dalla Cappella. Di l
passava il padrone di casa per fare rientro nel suo palazzo
e dunque a lui che si rivolgono, a lui che rivolgono il loro messaggio.
La chiave di volta capire il significato allegorico delle
clave che fuoriescono dagli occhi della giovane. Non c
dubbio che stiano indicando qualcosa, che vogliano richiamare la nostra attenzione su qualcosa. Sono figurazioni simboliche della vista, la vista complessiva, a 180 gradi,
della Cappella degli Scrovegni.
Per indicare a gesti loggetto su cui si desidera richiamare lattenzione, normalmente si accostano agli occhi lindice
e il medio della mano uniti a forma di V (oppure lindice a
un occhio e/o in successione a entrambi gli occhi) e li si puntano poi in direzione delloggetto. Cos facendo, in realt, si
simula una doppia proiezione conica, la cui base costituita dalloggetto e i cui vertici sono costituiti dagli occhi.
Come si pu rappresentare latto del vedere? Come
pu indicare loggetto di una visione?
I bastoni della visione
Il meccanismo della visione poggia su tre elementi: lorgano della vista, loggetto da vedere e il tramite tra luno e laltro (laria). I Greci spiegavano il meccanismo di percezione
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I volti segreti di Giotto

del mondo esterno con la teoria dei sensi, organi periferici


collegati da una fitta rete di nervi con il cervello, sede dellanima o psiche, che elabora i segnali pervenuti ai sensi (gli
occhi, le orecchie, il naso, a seconda che si tratti di immagini, di suoni o di odori) e da questi vengono trasmessi al
cervello attraverso i nervi. Luce e colore erano entit soggettive create dal cervello per rappresentare i segnali provenienti dallesterno. La vista, come le altre percezioni, era
considerata di natura tattile, basata cio sul contatto con
loggetto, con la differenza che mentre negli altri sensi ogni
percezione sostanzialmente singola, nella visione si contemporaneamente in contatto con uninfinit di oggetti e di
colori, tutti nitidamente percepiti. Ci si chiedeva se la luce
muovesse dallocchio e andasse a colpire loggetto, o se al
contrario fosse loggetto a emettere raggi luminosi in direzione dellocchio. Nacquero due scuole di pensiero e diverse teorie. Empedocle riteneva che i raggi luminosi fossero emessi dagli occhi e raggiungessero gli oggetti secondo
una velocit finita (la cosiddetta teoria degli effluvi).6 Gli
atomisti, Democrito e Leucippo, ipotizzando che dai singoli oggetti emanasse un qualcosa di ben definito, che non
era loggetto in s, ma una sua rappresentazione, elaborarono la cosiddetta teoria delle scorze, immagini che rivestirebbero i corpi e se ne distaccherebbero nel momento della visione, raggiungendo locchio in un progressivo processo di riduzione che consente allimmagine di penetrare nella pupilla. Questa teoria lasciava di fatto irrisolti molti problemi (non forniva alcuna spiegazione, per esempio, su come avvenisse la percezione della distanza e delle dimensioni degli oggetti, o su come locchio posto in posizioni diverse potesse vedere lo stesso oggetto, il che implicava che
le scorze partenti da una stessa posizione si contraessero in
modo diverso a seconda dellangolazione e della distanza
dallocchio, per non parlare delle immagini riflesse in uno
specchio, e cos via). Platone, nel tentativo di conciliare le
posizioni di Empedocle con quelle degli atomisti, formul
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Il messaggio finale

nel Timeo una complessa teoria, basata sullattrazione dei


simili: la visione si attuerebbe quando, grazie al fuoco della luce diurna, il fuoco visuale contenuto nel globo oculare
si incontra con quello irradiato dagli oggetti.7
Aristotele ipotizz che la luce si propagasse attraverso
un quinto elemento (da lui aggiunto ai tradizionali: aria,
acqua, terra e fuoco) dotato di sue caratteristiche peculiari, e cio non pesante n leggero n mutevole, che chiam
diafano, e sostenne che la vista prodotta dal movimento:
Non c vedere senza luce, ma, sia la luce o laria lintermediario tra loggetto veduto e locchio, il movimento
che si produce attraverso esso a causare il vedere.8 Unimportante svolta nella storia dellottica antica fu operata da
Euclide. Il grande scienziato, autore del pi antico trattato di ottica che ci sia pervenuto (diviso in due parti, Ottica
e Catottrica, questultima di dubbia autenticit e forse pi
tarda), concep la rivoluzionaria teoria dei raggi visuali, introducendo il concetto di raggio rettilineo, pura costruzione geometrica, lunghezza senza larghezza, anche se rimase
ancorato allidea che i raggi luminosi si propagassero dallocchio verso gli oggetti osservati.9
Pochi anni dopo la formulazione delle teorie di Euclide
si datano le ricerche del filosofo stoico Crisippo di Soli,
sulle quali abbiamo una preziosa testimonianza conservata da Diogene Laerzio (III d. C.):
La vista resa possibile dalla luce che si estende in forma
di cono fra lorgano della vista e loggetto osservato, come dicono Crisippo nel secondo libro della Fisica e Apollodoro. Nellaria si forma un cono, che ha il vertice nellocchio e la base nelloggetto osservato. In tal modo ci
che si vede trasmesso attraverso laria in tensione come
per mezzo di un bastone.10

Analoga immagine si trova in Alessandro dAfrodisia (IIIII secolo d.C.):


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Alcuni dicono che la visione prodotta dalla tensione


dellaria. Colpita infatti dalla vista, laria che tocca la pupilla prende la forma di un cono: quando questo come
configurato alla base dagli oggetti visibili, si produce la
sensazione visiva, come avviene anche nel tatto, per mezzo di un bastone.11

Questa immagine tattile della vista, che muove incontro


agli oggetti e li riconosce come se li toccasse con un bastone, riappare nel Primo discorso della Diottrica di Cartesio:
Qualche volta, procedendo di notte senza torcia, per luoghi un po malagevoli, vi sar certamente accaduto, per
saper dove mettere i piedi, di dovervi aiutare con un bastone: allora, avrete potuto notare che percepivate, per
linterposizione di questo bastone, i vari oggetti che vi circondavano e che potevate perfino distinguere se erano alberi, pietre, sabbia, acqua, erba, fango o altre cose di questo genere. vero che questa specie di sensazione, per chi
non ne abbia lunga consuetudine, risulta un po confusa
ed oscura, ma consideratela in quelli che, nati ciechi, se
ne sono serviti per tutta la vita e in essi la troverete cos
perfetta ed esatta da poter quasi dire che vedono con le
mani o che il bastone che usano lorgano di qualche sesto senso concesso loro al posto della vista. Per trarre da
ci un paragone, desidero che pensiate che la luce, nei
corpi che si dicono luminosi, altro non sia che un certo
movimento o azione rapidissima e vivissima che si trasmette ai nostri occhi attraverso laria ed altri corpi trasparenti, nello stesso modo in cui il movimento o la resistenza dei corpi, che incontra quel cieco, si trasmetterebbe alla sua mano attraverso il bastone. Questo esempio vi
impedir di trovare strano che la luce possa in un istante
diffondere i suoi raggi dal sole fino a noi: sapete infatti
che lazione per cui si muove una dellestremit di un bastone deve in tal modo passare in un istante fino allaltra
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e che dovrebbe passarvi nello stesso modo anche se tra


luna e laltra vi fosse maggior distanza di quella che c
dalla terra al cielo. Neppure troverete strano che per suo
mezzo sia possibile vedere ogni sorta di colori; e forse crederete anche che questi colori, nei corpi che si dicono colorati, altro non siano che i diversi modi in cui tali corpi
ricevono la luce e la rinviano contro i nostri occhi, se considerate che le differenze che un cieco nota tra alberi, pietre, acqua e simili cose mediante linterposizione del suo
bastone non gli sembrano minori di quelle che per noi
sussistono tra il rosso, il giallo, il verde e tutti gli altri colori e che, tuttavia, queste differenze in tutti quei corpi altro non sono che i diversi modi di muovere quel bastone
o di resistere ai suoi movimenti.12

Come un cieco pu rendersi conto della forma di un corpo anche senza toccarlo con le mani, ma semplicemente
sondandolo con un bastone, cos dallocchio escono raggi
simili a bastoni, capaci di scrutare il mondo esterno e di
fornire alla psiche gli elementi per discernere forme e colori.
Le clave che escono dagli occhi dellimmagine femminile della sovrapporta rappresentano il meccanismo
della visione, sono raggi simili a bastoni capaci di scrutare
il mondo esterno, di abbracciare a 180 gradi la Cappella e
di fornire alla psiche gli elementi per discernere forme e
colori.
Quale concezione dellottica medievale sottesa a questa raffigurazione? Se non abbiamo certezze sulla conoscenza del testo di Diogene Laerzio, di cui esisteva comunque una versione latina,13 lopera di Alessandro di
Afrodisia era stata invece ampiamente recepita dal mondo
arabo, che aveva poi fatto da tramite per la sua diffusione
in Occidente.14 Le teorie esposte da Avicenna nel Liber
sextus naturalium, o De anima, esercitarono una grande influenza sullo sviluppo dellottica medievale, specie per
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quanto riguarda le nozioni relative ai colori, alla luce fisica, al concetto di medio o diafano, ispirando tra laltro la teoria psicologica della prospettiva di Ruggero Bacone. Enorme importanza ebbe poi Alhazen, contemporaneo di Avicenna (morirono entrambi intorno al 1040), che
rovesci limpostazione euclidea, dimostrando come il
meccanismo della visione sia prodotto attraverso raggi
emessi dalloggetto allocchio.15 Che grado di conoscenze
si poteva avere in questo campo in una realt dinamica e di
grande vitalit culturale come la Padova di inizio Trecento? Sono temi importanti e che meritano di essere approfonditi.16
Limmagine giottesca della donna con le clave rappresenta il meccanismo della visione, ne probabilmente la
pi antica rappresentazione. Ancora una volta un unicum.
Ma qual il messaggio?
Nel cuore del Paradiso dantesco, nel canto XVII, Cacciaguida, lantenato di Dante, invita il poeta a rendere noto,
appena sar tornato nel mondo dei vivi, tutto quello che ha
visto nel viaggio ultraterreno, senza minimamente curarsi delle coscienze fusche: stato chiamato a compiere questo viaggio per vedere e per testimoniare, e le sue parole, anche se inizialmente riusciranno amare, lasceranno
poi negli uomini il vital nutrimento della verit:
Coscienza fusca
o de la propria o dellaltrui vergogna
pur sentir la tua parola brusca.
Ma nondimen, rimossa ogni menzogna,
tutta tua vision fa manifesta;
e lascia pur grattar dov la rogna.

Anche Enrico Scrovegni ha appena compiuto un viaggio e


ha visto. Giotto gli ha raccontato la storia della riconcilia272

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Il messaggio finale

zione di Dio con lumanit, gli ha indicato il duplice percorso di salvezza, terrena e ultraterrena, rappresentato dalla sequenza dei vizi e delle virt, gli ha mostrato gli orrori
dellInferno e la via che conduce in Paradiso. Ora, mentre
sta rientrando nel palazzo, Enrico si sente rivolgere lo stesso invito di Beatrice a Dante nel V canto del Paradiso (vv.
40-42):
Apri la mente a quel chio ti paleso
e fermalvi entro; ch non fa scienza,
sanza lo ritenere, avere inteso.

Non c conoscenza, non c apprendimento vero se non


si tiene nella memoria ci che si visto. Prima di intraprendere questo viaggio Enrico era come luomo del
tondo di destra, che non rappresenta un selvaggio, ma la
condizione dello stolto, delluomo inconsapevole, affetto da ignoranza etica, che non sa distinguere ci che bene da ci che male (in questo senso la sua iconografia
presenta tratti che richiamano la raffigurazione della Stultitia). luomo che non sa, il simbolo dello status delluomo prima del perdono divino e del percorso predisposto
da Dio per la salvezza dellumanit. La donna, simbolo
della sapienza (il libro) e dellelevazione spirituale (la corona), gli ricorda con un sorriso che anche lui, come tutti
gli uomini, era prima un inconsapevole, uno stolto, e
ora invece sa, perch ha visto ci che Dio ha fatto per lui,
conosce ci che gli stato rivelato, compreso il cammino
virtuoso per superare gli ostacoli dei vizi e raggiungere il
duplice traguardo della felicit in terra (legata alla natura
mortale delluomo) e della felicit in cielo (legata alla natura immortale delluomo), del Paradiso terrestre, simboleggiato dalla Giustizia, madre della pace, e del Paradiso celeste.
Nel momento in cui rientra nel palazzo, la sapienza lo
accompagna con un sorriso e linvito ad aprire la mente a
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quello che ci stato mostrato e di tenerlo vivo nella memoria,


ch non fa scienza,
sanza lo ritenere, avere inteso.

Questo messaggio lo rivolge oggi a tutti noi.


Anche noi abbiamo visto e siamo giunti alla fine del
viaggio.

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Il transito di Maria

Giotto non interviene nella zona absidale, che tradizionalmente la pi significativa dello spazio interno di un edificio sacro. Questa parte della Cappella, che accoglie anche la tomba di Enrico e della sua seconda moglie, presenta un restringimento inconsueto e trasmette un senso di
incompletezza, quasi di disordine.1 Nulla a che vedere con
la scansione aerea e misurata della navata. unaltra musica, unincompiuta, con qualche stonatura. Il mancato intervento di Giotto fu una scelta, progettuale o contrattuale, o lesito di circostanze che non conosciamo?
Anche nel riquadro inferiore destro dellarco trionfale,
sopra il piccolo altare dedicato a santa Caterina dAlessandria, la perfetta simmetria giottesca alterata da una decorazione a fresco con due tondi con busti di sante e una lunetta
che rappresenta Cristo in gloria e due episodi della Passione,
la preghiera nellorto del Getsemani e la flagellazione , che
crea un effetto di squilibrio. La mano la stessa che affresca
gran parte della zona absidale, un pittore ignoto, il Maestro
del coro Scrovegni, che secondo la critica opererebbe intorno al 1320, una quindicina danni dopo Giotto.
Il Maestro del coro Scrovegni
Il punto focale del suo intervento sono sei grandi scene
sulle pareti laterali del presbiterio, dedicate allultima fase
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I volti segreti di Giotto

della vita terrena della Madonna, la cosiddetta Dormizione


di Maria, che si conclude con lassunzione in cielo e lincoronazione della Vergine. Questo tema coerente con il
programma affrescato da Giotto.
Il percorso di lettura prende avvio in alto, sulla parete
di sinistra, e scende per poi risalire lungo la parete opposta. Lo stesso andamento ritmico del ciclo affrescato da
Giotto. Le scene rappresentano lannuncio della morte a
Maria, il saluto degli apostoli al suo capezzale, la Dormitio
Virginis, i funerali di Maria, lassunzione e lincoronazione.
La fonte in alcuni vangeli apocrifi, che sono alla base anche del racconto di Iacopo da Varazze nella Legenda Aurea. Prendiamo come testo di riferimento il Transito di Maria dello Pseudo Giuseppe di Arimatea, noto come Transitus Mariae, A.2
Lannuncio della morte a Maria
La narrazione inizia con un umanissimo dialogo tra Maria
e Ges: Figlio carissimo, ti supplico per la tua santit: tre
giorni prima che la mia anima lasci il corpo, fammelo sapere e accoglila, amato figlio, con i tuoi angeli.
E lui accolse la preghiera della madre diletta e rispose:
Abitazione e tempio del Dio vivo, madre benedetta, regina di tutti i santi e benedetta fra tutte le donne: prima
che mi portassi nel tuo seno ti ho sempre custodita e nutrita ogni giorno col mio cibo angelico. Come posso abbandonarti, dopo che mi hai portato e nutrito, dopo che
mi hai condotto nella fuga in Egitto e hai sopportato per
me mille angustie? I miei angeli ti hanno sempre custodita e ti custodiranno fino al tuo transito. Dopo che avr
sofferto la passione per gli uomini, conforme alle scritture, sar risorto il terzo giorno e salito al cielo dopo quaranta giorni, quando mi vedrai venire a te con angeli e arcangeli, santi, vergini e i miei discepoli, sii certa che, se280

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I misteri dellabside

parandosi la tua anima dal corpo, io la porter in cielo,


dove non soffrir pi alcuna tribolazione o angustia.

trascorso poco pi di un anno da questo speciale momento: Maria passava i giorni e le notti raccolta in preghiera. Tre giorni prima di morire le apparve un angelo, che le
disse: Ave Maria, piena di grazie: il Signore con te! [...]
Prendi questa palma che ti ha promesso il Signore.
E lei, con grande gioia, ringraziando Dio, ricevette la palma, che le era stata inviata, dalla mano dellangelo. Questi quindi le disse: Di qui a tre giorni sarai assunta. E
lei: Siano grazie a Dio, rispose.

Un altro vangelo apocrifo, il Transito R, che si presenta come racconto di san Giovanni evangelista, riferisce pi in
dettaglio il discorso dellangelo e il significato della palma,
che dovr aprire il corteo funebre:
Maria, alzati, prendi questa palma datami da colui che ha
piantato il paradiso e dalla agli apostoli perch la portino
cantando inni davanti a te [...] Sar strumento di molti
prodigi e metter alla prova tutti gli uomini di Gerusalemme; sar manifestata a colui che crede e sar nascosta
a colui che non crede.3

Rimasta sola Maria mand a chiamare Giuseppe dArimatea e altri discepoli, amici e conoscenti, e rivel loro il messaggio dellangelo.
Quindi la beata Maria si lav e, vestitasi come regina, attendeva larrivo del figlio, come le aveva promesso. Preg
tutti i parenti di assisterla e consolarla. Aveva con s tre
vergini: Seffora, Abigea e Zael. Gli apostoli di Ges Cristo signore maestro si trovavano allora dispersi per il
mondo, intenti a evangelizzare il popolo di Dio.

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I volti segreti di Giotto

La lunetta in alto sulla parete di sinistra mostra il momento dellannuncio e insieme lo sviluppo immediatamente
successivo. La Madonna in ginocchio, le mani giunte nella preghiera e levate in alto. La sua nobile figura inquadrata al centro di una struttura architettonica complessa,
ma assai deteriorata nella parte superiore. Oggi langelo
non pi visibile, per lapertura di una finestra proprio in
quel punto. In piedi, al margine destro della lunetta, allesterno della casa di Maria, scorgiamo due anziani, Giuseppe dArimatea e, forse, Nicodemo, mentre le tre ragazze,
Seffora, Abigea e Zael, sono ritratte in diversi atteggiamenti in un vano interno alla casa. Osserviamo subito un
particolare di sapore arcaico, che ritorna costante nelle
scene dipinte dal Maestro del coro Scrovegni: la maggiore
grandezza della figura di Maria rispetto alle altre, fatta eccezione per Ges nella scena finale della incoronazione.
Il saluto degli apostoli a Maria
Gli apostoli, viaggiando su nubi, lasciano i luoghi lontani
dove stanno annunciando la parola di Dio. Il primo a giungere, da Efeso, al capezzale di Maria san Giovanni:
Figlio carissimo, perch mi hai lasciata per tanto tempo
e non hai osservato il comando del tuo maestro di custodirmi come ti aveva ingiunto mentre pendeva dalla croce?. E lui, inginocchiato, domandava perdono. Allora la
beata Maria lo benedisse e lo baci nuovamente. Stava
per chiedergli da dove veniva e perch era giunto a Gerusalemme, quandecco presentarsi alla porta della camera di Maria tutti gli apostoli del Signore, ad eccezione di
Tommaso, il gemello.

Giovanni in ginocchio, il capo piegato verso la mano sinistra della Madonna nellatto di renderle omaggio con un
bacio. Maria, seduta sul cuscino, lo ricambia accarezzan282

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dogli la spalla con tenero gesto materno. Pietro in piedi,


avvolto nel suo ampio mantello giallo sulla tunica azzurra,
le mani congiunte in avanti, in atteggiamento compunto e
commosso. Accanto a lui si riconoscono Giacomo Maggiore, fratello di Giovanni, e Andrea, mentre sulla soglia si
inquadra la figura di Filippo. evidente lo sforzo del frescante di garantire continuit con liconografia giottesca
nel ritrarre le fattezze degli apostoli. La profondit della
scena assicurata da una architettura semplice, scandita
da un balconcino e dalle travature longitudinali del soffitto, arricchito da motivi geometrici in bianco e nero. Alla
ieratica e composta atmosfera dellinterno risponde per
contrasto la vivacit della scena esterna. Due gruppi di tre
apostoli danno vita a una composizione articolata e mossa:
appena fuori della porta un uomo anziano, tunica azzurra
e mantello rosso vivo, si volge con lo sguardo e il braccio
alzato in un cenno di saluto verso due apostoli che sono
ancora in volo, mentre altri due, appena arrivati, si scambiano unaffettuosa stretta di mano (uno Bartolomeo, riconoscibile per lelegante mantello bianco, mentre laltro
lo stesso personaggio ritratto nella lunetta superiore sulla destra potrebbe essere Nicodemo). Sesto e ultimo ecco Mattia, riconoscibile per la veste giallo scura, abilmente colto mentre sta per toccare il suolo. In una piccola stanza azzurra, posta di traverso sulla destra, ritroviamo le tre
ragazze, Seffora, Abigea e Zael.
La Dormitio Virginis
Maria giace come addormentata, le braccia congiunte, il
volto sereno, completamente avvolta nel suo manto blu ornato di ricami doro. Ventiquattro persone le fanno corona, uomini e donne, apostoli e amici. Due architetture disposte obliquamente ai lati fungono da quinta e prospettano verso il centro della composizione. In alto Cristo, at283

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Maestro del coro Scrovegni, Dormito Virginis.

torniato da una schiera di dodici angeli, accoglie teneramente, con gesto paterno, lanima bambina della madre,
che rinasce tra le braccia del figlio nel fulgore della luce.
Giunta la domenica, alle nove del mattino, come lo Spirito santo era sceso sugli apostoli in una nube, cos scese
Cristo con moltitudine di angeli e ricevette lanima della
madre diletta.

Il testo apocrifo crea ora unatmosfera di grande suggestione, di canti dolcissimi, profumi soavi, vivida luce.
Mentre gli angeli cantavano quel passo del Cantico dei
Cantici, dove il Signore dice: Come il giglio tra le spine,
cos la mia amica tra le figlie, si vide un tale splendore
e si sparse un profumo soave che tutti i circostanti caddero con la faccia a terra. Nello stesso modo erano caduti gli apostoli, quando Cristo si trasfigur davanti a loro,
sul monte Tabor. Per unora e mezza ancora nessuno fu
capace di alzarsi in piedi.
Mentre la luce diminuiva, insieme con la stessa luce veniva assunta in cielo lanima della beata vergine Maria con
salmi, inni e testi del Cantico dei Cantici. Sollevandosi la
nube, la terra tutta trem e in un istante tutti gli abitanti
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di Gerusalemme capirono chiaramente che santa Maria


era morta.

Ancora una volta il terremoto annuncia la partecipazione


degli elementi alla venuta o alla scomparsa di una divinit,
come credevano anche i nostri antichi, come ancor oggi si
pensa, ad esempio, nel mondo buddista. Terra mota est anche nel momento in cui Ges reclina il capo sulla croce
(Matteo 27, 51).
Il maestro del coro Scrovegni ricorder questo momento nella scena dellAssunzione. Qui invece punta pi tradizionalmente a esprimere lo smarrimento, la coralit del dolore. Pietro, erede spirituale di Cristo e capo della sua chiesa, in posizione donore, al centro, e legge la parola di Dio
da un libro che tiene tra le mani, simbolo di autorit. Giovanni in piedi accanto alla testata del letto, lo sguardo fisso su Maria. Due donne, inginocchiate in primo piano,
conferiscono profondit alla scena. Linsieme, per, risulta
piuttosto freddo: i volti inespressivi, la gestualit convenzionale e rigida, e alcuni particolari, come lo sguardo della
seconda donna da sinistra, rivolto allo spettatore esterno,
contrastano con la drammaticit della scena. Non si avverte quel pathos, quel coinvolgimento emotivo che vibra, per
esempio, nella tavola della Dormitio Virginis dipinta da
Giotto per la chiesa fiorentina di Ognissanti e che si trova
ora nella Gemlde Galerie di Berlino. Non si coglie quella
dimensione del lutto, del distacco definitivo, che Giotto sa
descrivere con tanta umanit e divina sapienza dartista.
I funerali di Maria
Alla morte di Maria, Satana si impossess degli abitanti di
Gerusalemme e ne suggestion la mente incitandoli a uccidere gli apostoli e bruciare il corpo che aveva ospitato
Cristo, il gran seduttore, ma la cecit li colp e battevano il
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capo contro i muri o tra loro. Gli apostoli si levarono allora al canto di salmi e trasportarono il feretro dal monte
Sion alla valle di Giosafat.
Un giudeo, di nome Ruben, voleva gettare a terra il santo
feretro con il corpo di Maria. Ma le sue mani si inaridirono fino al gomito. Volente o nolente, dovette scendere gi
nella valle di Giosafat con lacrime amare, perch le mani
gli si erano irrigidite sul feretro e non era pi capace di
riaverle. Cominci pertanto a pregare gli apostoli, perch, con la loro intercessione, potesse salvarsi e divenire
cristiano. Quelli allora, inginocchiandosi, pregarono il Signore di liberarlo. Fu risanato in quello stesso istante.
Ringrazi Dio e baci i piedi della regina, di tutti i santi e
degli apostoli. Quindi fu battezzato sul posto e cominci
a predicare il nome del nostro Dio, Cristo Ges.

Pietro apre la processione funebre stringendo la palma che


langelo aveva lasciato a Maria e si volge a guardare con occhi severi Ruben, la testa piegata allindietro, le mani incollate al feretro che voleva rovesciare. Un gruppo di angeli
sorveglia e accompagna la scena dallalto: due, uno armato
di spada, muovono contro i giudei in balia di Satana, che in
parte giacciono riversi al suolo, in parte mostrano ancora atteggiamenti minacciosi. Fanno da sfondo, a sinistra, le torri
e la porta di Gerusalemme, a destra la diagonale di una roccia scoscesa e nuda, impreziosita da una rada vegetazione.
LAssunzione di Maria
Giunti al monte Oliveto gli apostoli deposero il corpo nella tomba con grande onore, piangendo e intonando canti
pieni damore e di dolcezza. Ed ecco
allimprovviso una luce dal cielo li avvolse e, mentre cadevano a terra, il santo corpo fu assunto dagli angeli in cielo.
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Seduta su un trono di luce, avvolta in una mandorla intessuta di candidi gigli e sollevata da quattro angeli vestiti
duna tunica bianca profilata in oro, Maria assurge in cielo, ricongiungendo il corpo allanima che gi godeva della
luce di Dio. Raggi luminosi squarciano la scena, come nel
riquadro della Pentecoste. Ai lati del sepolcro gli apostoli
ne sono abbacinati e travolti; tutti meno uno, discosto dagli altri, inginocchiato su un ripiano della quinta di roccia
sulla sinistra, le braccia levate verso la Vergine, che a sua
volta lo guarda e stende la destra verso di lui. Tommaso,
lapostolo che non aveva creduto alla resurrezione del
maestro e volle toccare per credere. In un raffinato contrappasso tocca ora a lui di vedere e non essere creduto.
Il beatissimo Tommaso, in quel mentre, veniva dun tratto
trasportato al monte Oliveto e, vedendo il corpo fortunatissimo dirigersi verso il cielo, cominci a gridare: Madre
santa, madre benedetta, madre immacolata, se ho trovato
gi grazia ai tuoi occhi, poich mi stato dato di contemplarti, rallegra pure il tuo servo con la tua bont; ecco che
tu te ne vai al cielo. In quel momento veniva gettata dallalto a Tommaso la cintura, con la quale gli apostoli avevano cinto il corpo santissimo. Lapostolo la prese e, baciandola con ringraziamento a Dio, prosegu il cammino
verso la valle di Giosafat. Qui trov tutti gli apostoli con
laltra folla numerosa nellatto di percuotersi il petto, sorpresi dal fulgore di cui erano stati testimoni. Rivedendosi,
si baciarono. Il beato Pietro gli disse: Per la tua incredulit Dio non ti ha concesso di trovarti presente con noi alla sepoltura della madre del Salvatore. E lui, percuotendosi il petto, rispose: Lo so e credo fermamente che sono sempre stato un individuo malvagio e incredulo. Chiedo pertanto perdono a voi tutti per la mia ostinazione e incredulit. Tutti pregarono per lui. Quindi Tommaso continu: Dove avete posto il suo corpo?. Quelli glielo indicarono con il dito. Ma lui osserv: Quel corpo, detto
santissimo, non l. Pietro allora gli replic: Gi altra
volta ti sei rifiutato di crederci a proposito della resurre287

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zione del maestro e signore nostro, a meno che non avessi


toccato con le tue dita e veduto. E come ci crederesti che
il santo corpo qui?. Ma laltro insisteva: Qui non c!.
Quelli, un po stizziti, si accostarono al sepolcro, scavato
nuovo nella roccia. Tolsero la pietra e, non trovando il corpo, non sapevano che dire, vinti dalle parole di Tommaso.
Questi allora raccont loro che stava cantando la messa in
India: era ancora vestito dei paramenti sacerdotali! Senza
conoscere il piano di Dio, era stato trasportato al monte
Oliveto, dove aveva visto il corpo di Maria salire al cielo.
Egli laveva pregata di benedirlo. Lei esaud la sua preghiera e gli gett la cintura che aveva ai fianchi. Tommaso
mostr a tutti la cintura.

Subito dopo ecco riapparire le nuvole, che riportano gli


apostoli nel luogo da cui li avevano trasportati e dove riprenderanno la loro missione di diffondere la parola di
Dio.
Lincoronazione di Maria
Senza soluzione di continuit lo sguardo sale verso la lunetta dove Cristo, al cospetto della corte celeste solennemente riunita, incorona la Madre, seduta sul suo stesso
trono. Maria, lumile ancella, la pura senza macchia, la discepola perfetta del Signore, partecipa ora e per sempre
della regalit di suo figlio.
Nella terza ora della notte precedente il trapasso, racconta la Legenda aurea, Ges era andato a trovare la madre, accompagnato dalle schiere angeliche, dai patriarchi e
dai martiri, dal coro dei confessori e delle vergini, e per
primo aveva intonato un canto soave:
Vieni, eletta mia, e ti far sedere sul mio trono, perch ho
desiderio della tua vista.

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Maestro del coro Scrovegni, Incoronazione di Maria.

Paratum, Domine, cor meum fu la risposta, ripetuta


due volte: Il mio cuore pronto, Signore!. Beata mi diranno tutte le generazioni, perch grandi cose ha operato il
Potente per me. Santo il suo nome. Ges la salut allora con parole che echeggiano il Cantico dei Cantici (4, 8):
Vieni dal Libano, sposa,
vieni dal Libano, vieni,
sarai incoronata!

Angeli, profeti, patriarchi, santi affollano la scena. Le gerarchie angeliche contornano la scena e avvolgono tutto
della loro presenza. Ai lati del trono due file sovrapposte
di patriarchi e profeti, gli stessi che accompagnano in cielo Ges nel riquadro dellAscensione: sulla destra, in ginocchio, vediamo Giovanni Battista avvolto nel suo manto rosa, e a sinistra Simeone, il sacerdote che accolse Ges
bambino nella scena della Presentazione al tempio e riconobbe in lui il Messia. Larmonia celeste si diffonde dagli
strumenti a corda, a fiato, a percussione (un liuto, una
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tromba, un tamburo) degli angeli musicanti, secondo liconografia classica che discende dal Salmo 150:
Lodate il Signore nel suo santuario,
lodatelo nel firmamento della sua potenza.
Lodatelo per i suoi prodigi,
lodatelo per la sua immensa grandezza.
Lodatelo con squilli di tromba,
lodatelo con arpa e cetra;
lodatelo con timpani e danze,
lodatelo sulle corde e sui flauti.
Lodatelo con cembali sonori,
lodatelo con cembali squillanti;
ogni vivente dia lode al Signore.

lultima scena narrata nella Cappella degli Scrovegni, nella chiesetta dedicata a Santa Maria della Carit. La scansione spaziale perfetta: lungo le pareti della navata e dellarco trionfale il programma sviluppa prima la storia sacra, la
riconciliazione di Dio con luomo, e poi, nel quarto registro, il tema del libero arbitrio e del percorso individuale di
salvezza. Giudizio Universale e avvento della Gerusalemme celeste chiudono la storia del mondo e avviano lottavo
giorno, il tempo delleterno. Avevamo lasciato Maria nel riquadro dellAscensione di Cristo: la sua vicenda terrena si
conclude nel presbiterio con lassunzione e lincoronazione
come Regina coeli di colei che la massima incarnazione
dellamore di Dio, la misura della perfezione umana, fonte
inesauribile di speranza, advocata nostra. Lumile ancella
del Signore ne ora la sposa, simbolo dellumanit redenta
e della Chiesa universale. Per i teologi medievali la prefigurazione della Chiesa come sposa di Cristo gi nel Cantico
dei Cantici, che solo i cristiani possono cogliere nella pienezza dei suoi significati allegorici, perch solo loro vedono nellamore tra Dio e la Chiesa lorigine e il compendio
della storia della salvezza. Analoga interpretazione allegorica era data alla coppia nuziale di Cana. Maria la prefigu290

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I misteri dellabside

razione della Chiesa, lei, madre e figlia di Dio, che a Ges


ha dato vita e da lui ha avuto e attende vita, ne diviene ora
la sposa, amata di quellamore che ha portato il Signore a
farle dono della propria vita, per renderla santa e immacolata nellamore. linvito che san Paolo rivolge ai mariti, di
amare le mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato
se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dellacqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa,
senza macchia n ruga o alcunch di simile, ma santa e immacolata (Lettera agli Efesini 5, 25-27).
Sintesi mirabile di questa visione la preghiera di san
Bernardo, che apre il XXXIII canto del Paradiso:
Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta pi che creatura,
termine fisso detterno consiglio,
tu se colei che lumana natura
nobilitasti s, che l suo fattore
non disdegn di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese lamore
per lo cui caldo nelletterna pace
cos germinato questo fiore.
Qui se a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra i mortali,
se di speranza fontana vivace.
Donna, se tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disianza vuol volar senzali.
La tua benignit non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te saduna
quantunque in creatura di bontate.

Dopo la scomparsa di Puccini, Franco Alfano, su incarico


di Arturo Toscanini, complet la Turandot servendosi de291

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gli appunti lasciati dal maestro e utilizzando i temi e gli


spunti musicali presenti nella partitura: allo stesso modo il
Maestro del coro Scrovegni dipinge il transito di Maria riprendendo le iconografie e le atmosfere giottesche. Basti
osservare i volti e le vesti degli apostoli, ma evidente che
lintento di imitare il maestro finisce inesorabilmente per
esaltarne linimitabile grandezza.4
Levidente continuit, concettuale e narrativa, con il
programma affrescato dal maestro toscano induce a pensare che la decorazione del presbiterio fosse prevista fin
dallinizio.
Perch dunque lincarico non fu affidato a Giotto?
La risposta ce la d forse lui stesso.

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Il transetto che non c

Torniamo alla scena in cui Enrico offre il modellino della


Cappella alla Madonna e osserviamo con attenzione: ledificio che poggia sulle spalle di Alberto non quello che si
vede oggi. Quel che pi colpisce la presenza nella parte
absidale di un transetto che non c!5 La precisione di
Giotto non lascerebbe spazio a dubbi: quel transetto, con
tanto di cuspidi, che si innesta ad angolo retto, doveva esserci.
Alcuni studiosi hanno supposto che Giotto abbia dipinto il progetto iniziale, successivamente modificato da
una variante in corso dopera. Lo proverebbero, a loro dire, anche i due eleganti coretti che si trovano sulle pareti
dellarco trionfale, con tanto di volte a crociera, bifore gotiche e lampadari pendenti, che Giotto avrebbe realizzato
per creare un effetto ottico destinato a supplire in qualche
modo alla mancata edificazione del transetto.6 Lipotesi
non sta in piedi, perch impensabile che lartista affreschi le pareti a costruzione non ultimata, in mezzo alla polvere sollevata dai muratori. Non regge nemmeno lidea
che Enrico offra alla Madonna un modello diverso dalledificio effettivamente realizzato: questa scena, per il padrone di casa, la pi importante dellintera Cappella!
Che cosa avrebbero pensato i concittadini se lavessero visto offrire alla Vergine una chiesetta pi grande e pi elegante di quella reale? Gi era discutibile che si facesse ritrarre, lui, privato cittadino, in un gesto che fino a quel
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I volti segreti di Giotto

Arco trionfale, coretto sinistro.


Visione esterna della Cappella degli Scrovegni, lato sud.
Giudizio Universale, particolare.

momento era stato proprio di pontefici o di sovrani: non


poteva certo aggiungervi unirriverenza ai limiti della blasfemia.
Tutto porterebbe dunque a pensare che il transetto ci
fosse e sia stato eliminato successivamente, qualche anno
dopo la conclusione del lavoro di Giotto. Centra forse il
gi ricordato contenzioso con i frati eremitani, che nel gen294

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I misteri dellabside

naio 1305 lamentarono dinanzi al vicario vescovile anche il


mancato rispetto delle dimensioni delledificio, che a loro
dire eccedevano quelle previste per un oratorio di uso privato? Suscita qualche dubbio lattuale rientranza sulla parete meridionale proprio nel punto in cui doveva connettersi il transetto: viene a crearsi uno spazio vuoto anomalo, che si potrebbe leggere come un volume mancante, anche in rapporto alla corrispondente parete settentrionale.
Qui percepibile a occhio nudo che la connessione esterna tra la parete dellattuale sacrestia e la zona absidale
stata realizzata senza nemmeno una ammorsatura sul paramento murario.3 Solo uno scavo mirato sul terreno allesterno delledificio, in corrispondenza dellabside, potr
dire la parola definitiva su questa questione, perch se i
transetti furono costruiti, ci devono essere ancora le tracce delle fondazioni.
Il presbiterio, labside e la sacrestia sono spazi cui oggi
il pubblico non pu accedere. I primi due si possono cogliere dalla navata, a una distanza breve ma che compromette comunque la lettura dei capolavori di Giovanni Pisano posti sullaltare, perch non consente di ammirare
lintensit dellincontro degli sguardi della Madonna e del
Bambino, la plastica eleganza del panneggio, le tracce delle dorature.
Totalmente sottratta invece la visione, in una nicchia del lato destro del coro, della Madonna del latte di
Giusto de Menabuoi, delicato capolavoro del maestro
fiorentino, che fu a Padova dal 1370 circa allanno della
morte, 1391, o dellaffresco di medesimo soggetto che si
trova in unidentica nicchia sulla parete di fronte, nel lato sinistro, e che da attribuire forse al medesimo artista.
Come non ci dato vedere la statua orante di Enrico,
che tornata a essere rinchiusa nella sacrestia, segregata in
una nicchia non sua, dopo un breve periodo in cui era stata esposta nelle sale del vicino Museo.
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Era nata per essere accolta allinterno della Cappella,


dove tutti la potessero vedere. Era parte significativa dellambizioso progetto del padrone di casa.
lunica sofferenza di Enrico.

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Congedo

La Cappella degli Scrovegni ci ha chiamato a vivere unesperienza complessa in un luogo che non ha uguali al mondo. Ci ha chiesto di leggere dentro di noi, di meditare sulla
nostra essenza di uomini. Ci ha posto interrogativi profondi sul significato della vita. In senso laico e religioso.
Siamo stati invitati a rafforzare la nostra volont, a curare le passioni, a vincere le tentazioni che minacciano il
nostro equilibrio, a riflettere sul fatto che i nostri comportamenti dipendono esclusivamente da noi. Questo richiamo al senso di responsabilit vale per noi, uomini doggi,
pi ancora forse che in passato. Il cuore della concezione
della Cappella degli Scrovegni il concetto etico di giustizia. Non occorre essere credenti per seguire un percorso
che ha per obiettivo la felicit in terra. Il libro di Giotto
contiene in s i principi e i valori indispensabili per la vita
spirituale e civile delluomo: parla di libert, di giustizia, di
pace. Ci dice che la pace frutto della giustizia e che tutto, compresa la felicit, deriva dalle nostre scelte e dalla valutazione che diamo degli eventi. Ci addita i valori della riconciliazione, della fraternit, dellumilt. Ci indica la terapia per renderci migliori.
Laltra felicit necessita di fiducia nella parola di Dio,
passa attraverso la scelta dellamore e si alimenta della beata speranza.
La via maestra lamore.
La portata rivoluzionaria della predicazione di Ges
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I volti segreti di Giotto

parla da queste pareti con un linguaggio sorprendentemente moderno: limmagine dellInvidia mostra con spietata chiarezza le conseguenze a cui si espone unesistenza
che rinneghi e calpesti lamore.
Lamore ha raggio pi ampio della giustizia. la pi alta forma di giustizia, la chiave per coltivare la speranza nellaltra giustizia.
Un ultimo sguardo al cielo stellato, al blu della sapienza divina, allemozione della bellezza pura. Altri volti ci osservano. Dallalto la Madonna con il bambino e Cristo benedicente sono come due soli, cui fanno corona otto pianeti simmetricamente disposti, i sette profeti dellAntico
Testamento e Giovanni Battista. Angeli, antenati di Ges,
apostoli, evangelisti, sante e santi, padri e dottori della
Chiesa riempiono le fasce della volta e delle pareti. Non
sono elementi decorativi, posti l per evitare lorrore del
vuoto: tutto ha un senso preciso. Per capire questo mondo, che solo in apparenza il nostro, dobbiamo bussare
umilmente alle sue porte, calarci in quella spiritualit, respirare quella dimensione. Ci attende la guida meravigliosa di Giotto. La bellezza ha un che di sacro, anchessa un
mistero, ci pu curare, ci pu salvare.
Attento lettore, ne avrai gioia!

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