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LA STORIA ECONOMICA


LOGGETTO
La storia economica studia gli avvenimenti economici e la politica economica dei diversi Paesi nel breve e
nel lungo periodo.
Nel breve studia le tecniche e lorganizzazione della produzione, la quantit di risorse disponibili o la
distribuzione per sesso e per et della popolazione.
Nel lungo esamina le trasformazioni della struttura economica (Sistemi Economici, le problematiche dello
sviluppo, i trends).
Studia i diversi fenomeni sia sotto laspetto statico (riproduzione semplice) che laspetto dinamico
(riproduzione allargata).
Definendo il concetto di sistema economico come lorganizzazione economica complessiva esistente in una
determinata area geografica: nella riproduzione semplice il sistema si riproduce sempre uguale a se stesso e
manca di qualsiasi forma di Surplus; mentre nella riproduzione allargata il sistema in grado di produrre
laccumulazione necessaria a creare una diversa combinazione delle risorse disponibili e linnovazione dei
prodotti e dei processi di fabbricazione.
POSTULATI: Lanalisi storico economica deve tenere conto, oltre che dei fatti, delle peculiarit mentali,
sociali e culturali delluomo a livello individuale e collettivo. Inoltre necessaria ladozione di un paradigma
interpretativo che permetta di classificare gli avvenimenti considerati secondo un ordine logico.
Ecco che storia economica ed economia si giustappongono e si integrano in modo speculare.

IL METODO
Definizione: il processo di razionalizzazione di una scienza o di una dottrina allo scopo di determinare le
uniformit o le leggi che ne regolano loggetto studiato.
Leconomia nacque, come scienza organica, tra la fine 1700 e gli inizi del 1800 in Inghilterra fase di
ottimismo grazie alla Prima Rivoluzione Industriale.
Smith, Ricardo e Malthus furono i fondatori della Scuola Classica.
Essa adoper il metodo logicodeduttivo che si fondava su un postulato dato e sulla conseguente scoperta di
leggi che governavano il corretto funzionamento economico dellordinamento sociale. La filosofia
giusnaturalistica (esistenza di una generale armonia tra gli interessi umani e fiducia nel funzionamento del
sistema libero concorrenziale) fece rifiutare ai classici ogni forma di intervento dello Stato nella vita
economica; lequilibrio economico era garantito dal mercato attraverso il meccanismo dei prezzi e dal gioco
della domanda e dellofferta. Questo tipo di dottrina spinse lInghilterra sulla via del capitalismo industriale.
La dottrina classica si diffuse anche in Francia nel 1789 con J. B. Say secondo il quale le leggi delleconomia
sono insite nella natura delle cose; non occorre decretarle ma scoprirle; esse governano legislatori e principi e
non possono essere violate.
Le dottrine classiche in Germania furono decisamente avversate. Tra il 1843 e il 1900 venne a crearsi una
nuova scuola di pensiero, la Scuola Storica; che pu essere considerata la fondatrice della Storia Economica.
Questa differenza di idee era dovuta al fatto che allindomani del Congresso di Vienna la Germania era divisa
in molti stati con strutture assai diverse tra loro che condussero ad una sorta di conservatorismo che attribuiva
allazione di ogni singolo Stato la tutela della propria identit nazionale.
Rosher, Hildebrand e Knies, esponenti della prima scuola storica, adoperarono il metodo induttivo cio
losservazione sistematica dei fatti per pervenire ad una sintesi dellattivit umana; leconomia aveva il compito
di individuare le leggi e regolarit, ma negava a queste il carattere di universalit perch legate a determinate
contingenze storiche ed a specifiche condizioni geografiche, ambientali e costituzionali; sono temporalmente
definite e spazialmente delimitate.
Nel 1840, List, defin la teoria degli stadi dello sviluppo classificando la struttura professionale di ciascuna
popolazione in base al livello di civilt raggiunto: cacciatrice, pastorale, agricola - manifatturiera e agricola
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industriale - commerciale. Questultimo stadio poteva essere raggiunto da una nazione ricca di risorse naturali e
di capitale umano ed a mezzo dellintervento dello Stato volto al coordinamento intersettoriale e alla protezione
dellindustria nascente.
Nel 1860 Hildebrand elabor una periodizzazione della crescita in rapporto agli scambi economici, peculiari
della transizione da uneconomia naturale ad una monetaria e da questultima alla diffusione delleconomia
creditizia quale si andava affermando in Inghilterra, paese pi ricco del mondo.
Lapplicazione del metodo induttivo e della teoria degli stadi vennero ulteriormente approfondite da Schmoller
e Bucher che diedero vita alla Nuova Scuola Storica, che avvi il processo di affermazione della storia
economica come disciplina autonoma e lintervento dello Stato nelleconomia.
Il diffondersi dellindustrializzazione ed il miglioramento dello standard of life, sollevarono enormi critiche nei
confronti del nascente capitalismo e della scuola classica inglese.
Il recupero dellideologia liberista si ebbe nel 1870 ad opera degli economisti marginalisti (denominati Neo
Classici). Essi a differenza dei classici privilegiavano lanalisi della domanda rispetto a quella dellofferta ed
elaborarono sofisticate teorie grazie a modelli matematici. Durante il 1800 laffermazione della statistica, come
scienza sistematica di osservazione dei fenomeni sociali, permise agli studiosi la costruzione di serie storiche
delle variabili economiche.
Schmoller fece una distinzione tra leggi morali e leggi naturali e riconobbe la complementarit tra metodo
induttivo e metodo deduttivo.
Leggi morali: operano in una realt mutevole quale la societ e giungono a conclusioni relative.
Leggi naturali: peculiari della fisica, giungono a conclusione di carattere universale.
La scuola storica (tedesca) riteneva le leggi morali proprie delleconomia; la scuola marginalista valutava,
invece, le leggi economiche simili a quelle fisiche. La scuola storica elabor gli strumenti concettuali, il metodo
di ricerca e le categorie analitiche mentre la scuola classica elabor una teoria.
Nel 1875 anche in Italia si costitu un gruppo di economisti socialisti della cattedra.
Agli inizi del 900 la dottrina istituzionalista americana poteva considerarsi una diretta filiazione della
nuova scuola tedesca. Fino alla prima guerra mondiale sia lapproccio storicistico che quello marginalistico
offrirono una valida interpretazione del funzionamento delleconomia. Negli anni successivi la nascita della
macroeconomia keynesiana ed il recupero della teoria neo-classica fecero sopire il prestigio dello stile
intellettuale tedesco; ma ormai la storia economica vantava di un a propria autonomia scientifica e didattica.
Negli anni 20 e 30 storici economisti ed economici collaborarono dando vita a delle teorie sui cicli economici.
Dopo la seconda guerra mondiale la storia economica divenne il supporto irrinunciabile allo studio
delleconomia del sottosviluppo. In particolare venne rielaborata in chiave moderna la teoria degli stadi dello
sviluppo che prese il nome di sistema mondo(Wallerstein). La new economic history ha recuperato
lapproccio neo-classico attraverso la costruzione di modelli matematici.

LINTERDISCIPLINARITA
La storia economica ha un legame interdisciplinare con le seguenti materie:
Economia: attraverso la quale si individuano leggi di ampia portata per fornire alla storia economica i criteri
teorici necessari alla scelta, alla coordinazione ed allapprezzamento dei fatti, delle condizioni e degli istituti
che ne costituiscono la materia. Sono quindi due materie complementari.
Statistica: fornisce serie molteplici e pi o meno complesse di dati , quantitativi e qualitativi, su: prezzi, corsi
dei titoli, produzioni, salari.
Demografia: connaturata alla storia economica per linterdipendenza tra popolazione ed attivit economica.
Teoria di Malthus 1798: espose la relazione tra popolazione e risorse alimentari nella fase sella proto-
industrializzazione, intravedendo la crescita della prima in progressione geometrica e delle seconde in
progressione aritmetica. Si accorse che leccessivo aumento demografico portava allaumento della mortalit, in
quanto la crescita della domanda comportava linnalzamento dei prezzi delle derrate agricole.
Egli, nel 1803, per ovviare a questo problema, propose il ricorso alla restrizione morale; secondo la quale i
lavoratori non dovevano contrarre matrimonio finch non fossero stati in grado di mantenere se stessi e la
famiglia.
Geografia: in quanto lo studio delluomo quale agente economico dei suoi eventi vitali non pu essere avulso
dallambiente nel quale egli opera. La geografia esamina i rapporti esistenti tra i comportamenti delle
collettivit passate e presenti e lambiente che la risultante di quel comportamento.
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Sociologia: dausilio nel determinare lagire dei gruppi o delle classi allinterno del processo storico ed i
comportamenti che ne costituiscono la dinamica.
Kula: la storia economica la scienza che studia gli aspetti economici della vita sociale nelle differenti societ e
culture. Si occupa delle ricerche intese a fissare le uniformit che si manifestano nelle azioni socio-
economiche e dei fattori sociali che le determinano.



I SISTEMI ECONOMICI

LE ORIGINI

Definizione: Sistema economico linsieme delle forme istituzionali, dei rapporti giuridici o
consuetudinari, delle strutture sociali e delle modalit di organizzazione della produzione che regolano
lattivit economica delluomo.
Il processo storico di sviluppo ha determinato dalle originarie formazioni comunitarie, tributarie e
schiavistiche ai pi complessi sistemi feudale, mercantile, capitalistico e collettivistico.
Dobb: nella realt non si riscontrano sistemi puri, poich in ciascuno di essi sono presenti elementi
caratteristici sia dei periodi precedenti che di quelli successivi; unorganizzazione produttiva dominante
coesiste sempre con unaltra subordinata o periferica.
-Formazione Comunitaria: fondata sulla propriet collettiva della terra e sul lavoro articolato su base
individuale-familiare e su base comune: clan e villaggio. Non esistono forme di scambio. (es: Africa di oggi).
-Formazione Tributaria: la casta dominante monopolizzava la terra e percepiva un contributo dai contadini,
che erano organizzati in comunit. Produzione di surplus in pochi casi (Cina, Egitto) e nel lungo periodo.
-Formazione Schiavistica (Feudale): pu considerarsi una formazione periferica a quella tributaria, dove vi
una combinazione del lavoro libero con quello coatto (imposto per legge). Il surplus si venne a creare grazie al
lavoro degli schiavi ma le possibilit di esportazione furono limitate a causa dalla dipendenza dalla
manodopera esterna. Quando le invasioni barbariche ne causeranno la distruzione, dalle sue macerie nascer
una nuova formazione tributaria: il feudalesimo.


LECONOMIA MEDIEVALE

Il sistema economico feudale dellEuropa centro occidentale, nellarco di tempo 700-800, stato definito come
una organizzazione della produzione fondata sulla combinazione di terra signorile e lavoro servile, finalizzata
alluso dei beni prodotti.
Rispetto alla formazione precedente esso rappresent un accelerato processo di ruralizzazione
delleconomia, basato sulla cessione della terra dal sovrano > feudatario > vassalli > signore > gleba. Questi
ultimi erano tenuti a prestazioni lavorative a favore del signore sulla pars dominicale del feudo (corvees), oltre
al pagamento in natura di un censo per luso delle terre da essi coltivate e nelle quali abitavano (pars
massaricia). Lassenza di un mercato non comportava la creazione di alcun surplus.
Fino al 900 il feudalesimo si configur come uneconomia chiusa, basata sullautoconsumo, sugli scambi in
natura e sullassenza di mercati monetarizzati (sistema a riproduzione semplice).
A partire dal 1100 cominciarono a manifestarsi i primi mutamenti; con la cessazione delle invasioni barbariche,
la popolazione entr in una notevole fase di crescita, grazie allo sviluppo dellagricoltura, che durer fino al
1300, quando la peste la ridurr drasticamente. Laumento della popolazione caus il migliore sfruttamento
delle tecniche produttive che conseguentemente spinse alla colonizzazione di nuove terre; ci gener surplus.
Linnovazione in campo agricolo increment la produttivit dei contadini cosicch il signore cedette ad essi il
lavoro di tutte le terre ottenendo in cambio un prodotto maggiore di quello ottenuto con le corvees.
Il comune interesse del signore ed dei contadini alla formazione delleccedenza fu alla base della
trasformazione della rendita in natura in rendita monetaria, grazie anche alla crescita ed allo sviluppo delle
economie urbane. Le citt erano parte integrante, ma non dominante del sistema feudale. I feudatari
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riscuotevano tributi in moneta per proteggere le citt e gli scambi, i quali tributi venivano riutilizzati per
acquistare i beni degli stessi mercanti. La condizione di vita dei servi e dei contadini and per peggiorando a
causa dei pi sempre alti tributi da pagare: abbandono delle terre e fuga verso le citt. Ci comporto un
notevole calo della produzione e soffoc qualsiasi elemento reale di novit. Senza dubbio, ci che pi
ricondusse il sistema feudale alla sua staticit economica fu la mancanza di braccia e la caduta della produzione
successive alla peste del 1347.

LA TRANSIZIONE AL CAPITALISMO. IL MERCANTILISMO

Il mercantilismo si basava sul commercio su grandi distanze e sullacquisizione di profitti monopolistici
derivanti dalla differenza dei costi e dei valori duso dei prodotti tra le diverse aree geografiche.
Esso si diffuse in Europa occidentale tra la fine del 1400 (grandi scoperte geografiche) e la fine del 1770
(quando la Riv. Ind. decreto lavvio del capitalismo). Si trattava di un sistema mercantile-tributario le cui
premesse furono la ripresa del ciclo economico di periodo, la costituzione degli Stati nazionali, la
colonizzazione che segu le grandi scoperte geografiche. La costituzione degli Stati, intensificando lattivit
economica, aveva infatti permesso sia di combattere il feudalesimo che luniversalismo della Chiesa. La
Chiesa venne indebolita dalla riforma protestante che vedeva il lavoro, la parsimonia e loperosit valori
fondamentali nella vita terrena e strumenti di elevazione per quella ultraterrena.
Vennero rivisti i principi di giusto prezzo ed usura: il divieto di questultima fu superato con leccezione del
danno emergente, subito dal mutuante per la mora al rimborso, e del lucro cessante, sopportato dallo stesso per
la perdita di opportunit di guadagno del denaro dato in prestito; per quanto al primo, esso era rapportato alla
stima comune del bene e non si allontanava eccessivamente dal suo costo di produzione, in quanto doveva
essere sufficiente al mantenimento del produttore e della sua famiglia. La Chiesa successivamente giustific i
guadagni perch essi permettevano, oltre al mantenimento del mercante e del suo nucleo familiare, di recare
beneficio alla nazione. Furono le grandi scoperte geografiche e i consistenti traffici che crearono uno stretto
legame tra Stato e commercianti ed avviarono verso la sua massima espansione il mercantilismo. I traffici con
lAfrica, lIndia e il Nuovo mondo fecero cambiare le rotte delleconomia internazionale, in particolar modo
grazie allimportazione di nuovi prodotti, in particolare i metalli preziosi. Tra il 1500 e il 1600 vi fu un
eccezionale rialzo dei prezzi a causa dei metalli preziosi che condusse mercanti e statisti ad identificare la
ricchezza nel possesso di oro ed argento. I governi mirarono allintensificazione dellesportazione, alla
colonizzazione di nuovi territori ed alla creazione di barriere protezionistiche.
SPAGNA: privilegi la tesaurizzazione dei metalli preziosi e stabil che i beni venduti allestero fossero
remunerati in moneta e quelli acquistati scambiati con prodotti nazionali (Bullionismo).
INGHILTERRA: diede un forte impulso alla marina mercantile (Compagnia delle Indie orientali britanniche)
per incrementare le proprie riserve di metalli preziosi. Con latto di navigazione del 1651 sanc il monopolio
dei trasporti con le colonie soggette alla sua dominazione e proib alle navi straniere di importare prodotti che
non provenissero dai loro paesi di origine.
FRANCIA: Colbert con lemanazione di 150 regolamenti di fabbrica favor una produzione di qualit ai
massimi livelli e incentiv la nascita di grandi societ commerciali (Compagnia del Levante, Compagnia delle
indie orientali ed occidentali); inoltre venne attuata una politica fortemente protezionistica favorendo
limportazione dei prodotti francesi.
OLANDA: concesse la piena libert di esportazione dei capitali in quanto godeva di unaffidabile moneta e di
unefficiente Borsa (la pi importante fino al 1700). La sua decadenza stata attribuita allassenza di
investimenti produttivi, in quanto i cittadini vivevano di rendita, ma anche dalla sempre maggiore affermazione
dellInghilterra e della Francia. Lanalisi dei mercantilisti fu assai carente in quanto essi confusero la ricchezza
con la moneta non comprendendo che la sovrabbondanza di questa causava laumento dei prezzi dei beni
prodotti rendendoli poco competitivi sui mercati nazionali a vantaggio di quelli esteri. Il concetto di
ricchezza cominci a mutare in Inghilterra (Mun e Tucker lattribuirono alla produzione destinata
allesportazione ed alla quantit di lavoro contenuta nelle merci vendute allestero) ed in Francia (Quesnay e
Turgot ritennero lagricoltura lunico settore in grado di creare surplus).

IL CAPITALISMO INDUSTRIALE E LA NASCITA DELLECONOMIA POLITICA
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Definizione: Il capitalismo un sistema economico caratterizzato dalla formazione e dallimpiego
produttivo del capitale, dalla divisione internazionale e libert del lavoro e fondato sullimpresa, sulla
propriet privata dei mezzi di produzione e sulleconomia di mercato.
Nascita delle Banche (elemento molto importante per il Capitalismo) in seguito alle necessit legate
allafflusso dei metalli preziosi, alla continua svalutazione della moneta ed alla salvaguardia e facilitazione dei
pagamenti internazionali. La progressiva accumulazione di capitale e il diffondersi delle banche spinsero il
mercante ad allargare la propria azione alla sfera della produzione, prima domestica e poi manifatturiera.
Alla figura del maestro subentr quella del mercante. Il Putting out segn linserimento del mercante
nellambito della produzione. Con il Putting out il mercante acquistava la materia prima (lana grezza
Inglese) che rivendeva al tessitore (paesi bassi) il quale ne faceva curare la filatura e la tessitura alle famiglie
contadine. Questo sistema avvantaggiava limprenditore che, oltre a realizzare un guadagno gi allatto della
cessione della lana, non era pi tenuto a ricomprarla. Il Putting out rappresent un esempio di divisione
internazionale del lavoro: gli allevatori inglesi vendevano la lana ai mercanti fiamminghi, che la davano fuori
(to put out) ai filatori ed ai tessitori per la trasformazione in panno. Questo, quando non era sottoposto il loco
alle fasi finali della lavorazione, era venduto ai mercanti italiani che ne affidavano la finitura a maestri
particolarmente esperti e poi lo smerciavano nelle citt musulmane bagnate dal Mediterraneo.
Inghilterra nacque il Domestic system che altro non era che unorganizzazione domiciliare della produzione,
dove limprenditore inglese era proprietario della materia prima e degli stessi strumenti della produzione. Gli
operai/artigiani non erano sottoposti alla rigida disciplina, quale sar quella della fabbrica, poich essi potavano
assimilarsi a dei salariati a contratto.
Tra il 1500 ed il 1600 nacque unaltra organizzazione, il Factory system (sistema della manifattura) con
laccentramento dei telai, prima presso le abitazioni dei capitalisti, poi in appositi edifici (manifatturiere).
Esempi di manifatturiere artigianali furono le tappezzerie Gobelins in Francia e le cartiere, gli arsenale e le
fabbriche di armi in Russia, con il reclutamento di manodopera non qualificata ne salariata. In questa fase di
proto-industrializzazione si ha una produzione artigianale non finalizzata al consumo di massa. Quando nella
seconda met del 1700 la rivoluzione industriale decret la propriet privata dei mezzi di produzione, la
diffusione della meccanizzazione e del rapporto salariale e lampliamento del mercato, la transizione dalla
proto-fabbrica alla fabbrica poteva considerarsi conclusa e la nascita del capitalismo industriale avviata.
In Francia, ledito di Turgot del 1776 fu laffermazione della libert come principio e valore della
emancipazione e della condotta delluomo che caratterizz lo spirito, la cultura e lideologia dellEuropa e a
questo principio sispir il capitalismo attraverso la libera concorrenza, il rifiuto dellintervento dello Stato
nelleconomia, la tutela della propriet privata, luso non vincolato dei fattori di produzione.
La scuola classica si occuper di dare forma compiuta e riferimento teorico al capitalismo come sistema
economico. Essa riconobbe pienamente il principio dellordine naturale, secondo il quale il mondo governato
da leggi non modificabili, create da Dio per la felicit degli uomini. Il motto laissez faire laissez passer
divenne il vessillo della scuola classico contro il mercantilismo.
La legge degli sbocchi di Say, il quale diede sistemazione organica allopera di Smith e la diffuse in Francia,
permette di sintetizzare gli automatismi del capitalismo.
Secondo Say lofferta crea sempre la propria domanda in quanto c una corrispondenza tra redditi spesi
e redditi percepiti. Egli attribu la responsabilit delle crisi allinsufficiente produzione delle nazioni povere.
A differenza dei fisiocratici, Smith riteneva che la fonte della ricchezza era nel lavoro produttivo (capace di
generare surplus), il cui grado di produttivit era determinato dallaumento della divisione del lavoro stesso
connesso alla diffusione della meccanizzazione ed al continuo ampliamento degli scambi.
Decenni dopo Ricardo con la teoria dei costi comparati, dimostr che due nazioni, con differente produttivit
del lavoro, potevano scambiare i loro prodotti con reciproco vantaggio se ciascuna si fosse specializzata nella
produzione del bene il cui costo relativo risultava minore.
Questa situazione si volgeva del tutto favorevole allInghilterra la quale esportava prodotti agricoli e importava
prodotti industriali che, per il loro contenuto tecnologico, avevano un valore elevato.

IL MARXISMO E LE ECONOMIE SOCIALISTE

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La critica marxiana alleconomia classica poggia sulla teoria del valore lavoro elaboratala Smith e da
Ricardo, teoria sulla quale Marx sviluppo la tesi della transizione al socialismo attraverso lo sfruttamento
della classe operaia, la creazione del plusvalore, la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, le
crisi di sovrapproduzione.
Teoria di Smith : osserv che ciascun bene possiede un valore duso (commisurato alla sua qualit di
soddisfare bisogni soggettivi degli individui) e un valore di scambio (rappresentato dalla sua capacit di
acquistare altri beni sul mercato). Esistono merci che hanno un elevato valore duso ed un basso valore di
scambio (acqua) e viceversa (diamanti). Smith focalizz la sua attenzione sul valore di scambio, perch
interessato alle cose che producono ricchezza. Egli fece una differenza tra valore di scambio nella societ
precapitalista e capitalista.
Nella societ precapitalista il valore di scambio corrisponde alla quantit di lavoro necessario alla produzione
di un bene, in quanto vi era unidentit tra lavoratori e proprietari dei mezzi di produzione; in questo caso il
lavoro comandato corrisponde al lavoro contenuto e non c nessun surplus.
Nella societ capitalista il valore di scambio non coincide pi con il lavoro impiegato in un bene, perch esso
dovr remunerare anche altri due fattori della produzione: terra e capitale. Il valore dipende dal potere di
disporre del lavoro ancor pi che dalla sua quantit e questo potere esercitato dal capitale, che pu impiegare
uomini industri ai quali fornire materie prime e mezzi di sussistenza, al fine di ricavare una eccedenza dalla
vendita del loro lavoro; quindi il lavoro comandato risulta maggiore di quello contenuto e viene a crearsi il
surplus.
Teoria di Ricardo: formul una diversa teoria del valore-lavoro ed escluse la rendita quale componente del
valore di scambio, perch essa non rappresentava un reddito originario ma derivato. Egli dimostr che il lavoro
la fonte del valore sia nelle societ precapitalista che in quelle industrializzate. Egli infatti assimil il capitale
al lavoro accumulato nel tempo e incorporato nei mezzi di produzione, negli impianti o nella costruzione di
opifici; questo lavoro indiretto sommato al lavoro diretto, prestato dalloperaio nel processo di fabbricazione,
la misura del valore di scambio di una merce.
Il valore di scambio delle derrate agricole, secondo Ricardo, dato dal prezzo di mercato, a sua volta
determinato dal costo pi elevato del prodotto ottenuto nel terreno meno fertile, la cui messa a coltura era
divenuta indispensabile per adeguare lofferta al livello della domanda.
Premettendo che, lindividuazione del valore di un bene sta nel lavoro in esso contenuto, Marx costru lanalisi
del capitalismo e della sua transizione al socialismo.
Nella teoria Marxista vi una trasformazione del metodo dialettico di Hegel (la natura umana mutabile in
quanto subisce le trasformazioni della storia) dalla filosofia alleconomia, che prende il nome di materialismo
dialettico.
Per Marx ogni forma di produzione caratterizzata da determinati rapporti sociali e regolamentata da una
sovrastruttura (politica, istituzionale, giuridica, ideologica e psicologica) strettamente correlata e dipendente.
Marx sostiene che scopo delleconomia lo studio dei rapporti sociali di produzione i quali permettono il
massimo utilizzo delle forze produttive, fino al punto da diventare inadeguati allespansione del sistema; questa
contraddizione porter al mutamento della sovrastruttura attraverso una rivoluzione politica che integra la
precedente, crea una struttura adeguata al nuovo ordine economico e permette alle forze produttive di trovare il
loro ambito naturale.(*)
Marx ritiene che il capitalismo sia solo una fase storica dellintero processo di sviluppo, perch caratterizzata
da una contraddizione fondamentale: da un lato esso era organizzato sulla propriet privata dei mezzi di
produzione, dallaltro, i suoi processi di produzione richiedevano rapporti sociali di tipo cooperativo, adeguati
alle nuove forze produttive disponibili. Questa dicotomia tra capitale e lavoro si sarebbe manifestata con la
lotta di classe e con il passaggio ad una societ socialista, caratterizzata dalla propriet collettiva dei mezzi e
dalla socializzazione dei rapporti di produzione.
Attraverso lo sfruttamento della classe operaia, da parte dei detentori del capitale, il valore di scambio del
lavoro inferiore al prodotto del lavoro, sfruttamento che Marx sintetizz nella Teoria del Plusvalore. Il
Plusvalore appunto la differenza tra il valore di uso e il valore di scambio della forza lavoro; in sostanza la
conseguenza della propriet privata dei mezzi di produzione e del sistema di lavoro salariato, ossia la divisione
in classi della societ tra i detentori di capitale ed il proletariato.
(*) Questo processo verr accelerato, secondo Marx, dalla legge della caduta tendenziale del saggio di
profitto e dalle crisi di sovrapproduzione.
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Marx elabor un indice dello sfruttamento delloperaio che chiam, saggio di plusvalore (Plusv / valore del
capitale variabile [salari]); poich il capitalista non potr sfruttare loperaio oltre un certo tempo, egli aumenter
la produzione tramite lintroduzione della meccanizzazione. Si tender cos ad accrescere la composizione
organica del capitale (capitale costante[materie prime, ammodernamenti degli impianti] / capitale variabile).
Un indice del plusvalore ottenuto dallutilizzo del capitale totale il saggio di profitto (Plusv / capitale fisso +
capitale variabile). La interrelazione tra queste variabili consente di esporre la legge della caduta tendenziale del
saggio di profitto e lorigine delle crisi di sovrapproduzione.
Correlazione tra meccanismo della caduta tendenziale del saggio di profitto ed il verificarsi di crisi di
sovrapproduzione: il maggiore impiego di capitale fisso ampliava, da un lato, la scala di produzione ed
accresceva, dallaltro, lesercito industriale di riserva, ossia i disoccupati (per cui, cresceva lofferta, ma si
riduceva la domanda).
La storia ci dimostra per che le previsioni Marxiste non si vennero a verificare in quanto laffermazione dei
sindacati, la diffusione del welfare state e di adeguate legislazioni sociali hanno tutelato lo status e le
condizioni del lavoro. Inoltre grazie allenorme potenziale produttivo del capitalismo, i governi hanno potuto
traslare parte del reddito a soggetti, quali anziani, disoccupati o estranei al circuito produttivo.
I regimi socialisti si instaurarono in Paesi (Russia e Cina) dove la struttura economica era ancora feudale.

CRISI E RINASCITA DEL CAPITALISMO

In Inghilterra, in seguito alla grave carestia che falcidi il potere di acquisto dei paesi importatori dopo le guerre
napoleoniche (riconversione delle industrie) ed in particolare tra il 1816-1817 (carestia): estrema gravit della
recessione caratterizzata dalla sovrabbondanza di merci invendute e dalla crescente disoccupazione. Intensit e
durata della recessione: prova evidente dellinadeguatezza degli automatismi del mercato per il riequilibrio
spontaneo, mettendo in discussione uno dei capisaldi su cui poggiava il regime libero concorrenziale: Legge
sugli sbocchi, la quale prevedeva che tutto il reddito percepito dallimpiego dei fattori della produzione fosse
speso, escludendo quindi ogni forma di tesaurizzazione.
Inghilterra, nei periodi critici: iscrizione di un numero notevole di indigenti nelle liste parrocchiali, al fine di
garantirsi un sussidio. Questi motivi spinsero Malthus (prete anglicano, fautore della scuola classica) allo studio
delle cause della sovrapproduzione in Inghilterra, anticipando il lavoro di Keynes di 115 anni.
Secondo Malthus la crisi di sovrapproduzione fu dovuta allinvestimento in macchinari, i quali provocavano un
aumento dellofferta sul mercato senza un corrispondente aumento della domanda. Questo squilibrio, originato
dalla crescente trasformazione del reddito in capitale poteva essere superato attraverso il consumo alimentato
dai lavoratori improduttivi: domestici, impiegati, militari, coloro i quali offrivano solo servizi e dovevano
quindi ricevere dai ricchi la remunerazione alle prestazioni rese.
Perci, Malthus individu nella rendita la fonte del consumo improduttivo e difese, al contrario di Ricardo, il
ruolo sociale ed economico di questi ultimi allinterno del sistema capitalistico. Egli ritiene che la domanda
effettiva, ossia necessaria ad assorbire lofferta dei beni prodotti, poteva essere sostenuta anche con quelle
attivit (riparazione delle strade, attuazione di lavori pubblici) i cui risultati non vengono venduti sul mercato,
ma che permettono di ridurre il capitale da utilizzare nei lavori produttivi.
Il periodo di tempo compreso tra il 1873 (periodo della grande depressione caratterizzata dalla
contemporanea caduta dei profitti, delloccupazione, del commercio internazionale e dei prezzi agricoli) e il
1929 (grande crollo della borsa di Wall Street) sembrava decretare le previsioni marxiane sulla fine del
capitalismo, leconomia non aveva fatto grandi progressi in materia, o meglio, aveva esplorato campi diversi di
ricerca:
Dopo il 1870 gli studiosi marginalisti spostarono lanalisi economica su problemi di teoria pura, tralasciando
qualsiasi implicazione storica sulla formazione e distribuzione della ricchezza in relazione alle diverse classi
sociali; questo perch tra la fine del 1800 ed il 1914 leconomia mondiale ebbe un notevole sviluppo grazie al
rafforzarsi dei mercati e grazie alla stabilit del sistema monetario internazionale (gold standard = passaggio
da bimetallismo al monometallismo). Ignorarono per certi fenomeni quali la concentrazione delle imprese
attraverso cartelli, trust e la sindacalizzazione dei lavoratori. Alla fine della I guerra mondiale la grave
situazione debitoria degli Stati per le spese belliche e la distruzione di buona parte dellapparato produttivo si
sommarono alla sovrapproduzione conseguente, nel 1921, alla riconversione dellindustria a scopi di pace.
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La riduzione della domanda, causata dal soddisfacimento dei bisogni pi urgenti, corrispose ad un ampliamento
dellofferta dovuto agli effetti normali del capitalismo. Questi effetti si fecero risentire particolarmente negli
Stati Uniti, non a caso negli anni 20 e 30 furono elaborate le teorie della concorrenza imperfetta e della
concorrenza monopolistica e gli economisti cominciarono ad attribuire il persistere della disoccupazione ed il
protrarsi degli squilibri che ostacolavano il corretto funzionamento del mercato alle concentrazioni dimpresa
ed allazione dei sindacati. Per ovviare a ci, allinizio degli anni 30, venne intrapreso un nuovo percorso
(New deal) che vedeva lattuazione di vasti programmi di lavori pubblici per lenire la disoccupazione; questi
programmi erano ispirati a scopi umanitari e pragmatici. Essi avviarono una presa di coscienza del ruolo che lo
Stato avrebbe potuto svolgere per migliorare le condizioni di vita della collettivit.
Le dottrine economiche che affermavano gli automatismi del mercato erano state smentite dalla crisi del 1929.
Keynes sosteneva che condizione necessaria allequilibrio economico luguaglianza tra risparmio ed
investimento che si determina attraverso le variazioni del reddito, coerentemente con le diverse premesse
metodologiche che caratterizzano le due impostazioni. Scopo della sua analisi era lindividuazione allinterno di
una societ capitalistica avanzata, delle cause che perturbano leconomia e dei meccanismi in grado, nel breve
periodo, di ristabilire le condizioni di equilibrio che solo eccezionalmente corrispondevano al livelli di pieno
impiego. Keynes si pu considerare il fondatore della moderna macroeconomia (interesse verso i
comportamenti dei singoli soggetti nella loro qualit di produttori per il mercato o di consumatori).


Premessa della sua Teoria generale delloccupazione, dellinteresse e della moneta che il reddito
complessivo uguale alla spesa globale in consumi correnti ed investimenti e che il volume delloccupazione
determinato dal livello del reddito; quando questultimo aumenta, il risparmio cresce sia in valore assoluto che
percentualmente (propensione media al risparmio); la spesa in consumo, invece, pur incrementandosi in
termini assoluti tende ad assorbire una quota decrescente del reddito (propensione media al consumo).
Quindi per raggiungere lequilibrio tra risparmio ed investimento, ad un livello di attivit economica di pieno
impiego, saranno indispensabili sempre nuove occasioni di investimento. Il volume di questultimo sar
determinato dal saggio di rendimento che gli imprenditori intendono di ottenere, ossia dellefficienza marginale
del capitale, in raffronto al saggio di interesse che essi devono pagare per acquisire la quantit di moneta
necessaria agli impieghi e, soprattutto dalle loro aspettative di ricavi futuri, che rappresentano la motivazione
psicologica della decisione stessa di intervenire; nel caso di aspettative negative prevale la preferenza per la
liquidit. Negli USA, nei primi anni 30, a causa della preferenza per la liquidit e della tesaurizzazione si
ebbe una riduzione degli investimenti e, quindi, della spesa complessiva; di conseguenza, contrazione del
reddito e delloccupazione.
Questo processo di riduzione della ricchezza, che andr avanti fino a quando luguaglianza tra investimento e
risparmio sar ripristinata, pu essere interrotto, secondo Keynes, dallintervento dello Stato, che attraverso la
spesa pubblica, pu effettuare gli investimenti necessari ad aumentare il reddito e ad avviare un circuito inverso
al precedente (aumentare la domanda senza aumentare lofferta e senza generare concorrenza con lindustria
privata).
Linvestimento ha effetti moltiplicativi sul reddito (nel senso che questo aumenta pi che proporzionalmente
rispetto a quanto si investe).
Per il procacciamento di quanto necessario per affrontare la spesa pubblica:
a) ricorso al prestito (deficit spending);
b) ricorso allespansione monetaria.
La Teoria generale mut completamente limpostazione tradizionale del meccanismo economico e decreto la
fine della Legge degli sbocchi di Say, in quanto dimostr che non sempre tutto il reddito speso; quando vi
una perturbazione economica entrano i gioco anche i fattori psicologici che frenano la domanda ed aumentano
il risparmio.
Tra gli anni 50 e gli anni 70, con apposite politiche fiscali e monetarie, restrittive o espansive
dellinvestimento: maggiore stabilit nello sviluppo dei paesi industrializzati.
Negli anni 70: ulteriore evoluzione delle politiche economiche per contrastare una nuova recessione dovuta
allaumento del costo del petrolio, con connotazioni diverse dalle precedenti (problema della stagflazione).
Stagflazione (inflazione con stagnazione): a causa dellaumento dei costi delle materie prime ed in particolare
del petrolio, per il conseguente adeguamento di salari e stipendi alle variazioni del costo della vita.
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In tutte le nazioni ricche, comunque, lo sviluppo del welfare state ha funzionato a ammortizzatore delle
tendenze sociali e la lotta allinflazione, nonostante il suo elevato costo in termini di riduzione del prodotto e
delloccupazione, poteva ritenersi superata nella seconda met degli anni 80.


I CICLI ECONOMICI

ONDE LUNGHE E ONDE BREVI NELLATTIVITA ECONOMICA

La dinamica del capitalismo stata caratterizzata da alcune tendenze secolari, Trend, quali:
- progressivo aumento degli addetti allindustria, e poi, successivo aumento degli addetti nel terziario;
- progressivo aumento della produzione globale dal 1820 (eccetto Giappone ed Italia);
- progressivo aumento dei prezzi.
Nonostante la progressiva espansione del capitalismo, ai trend si sono sovrapposte delle variazioni del ritmo di
sviluppo di carattere ciclico.
Nel 1862 il medico parigino Juglar si accorse che, attraverso landamento dei saggi di interesse in Francia,
Inghilterra e Stati Uniti, si verificavano onde brevi (o cicli maggiori) dellattivit economica, della durata
media di otto anni, contraddistinte da una fase di prosperit, da una crisi e da una conseguente recessione.
Nel 1923 Kitchin individu lesistenza, in Inghilterra e negli Stati Uniti, di cicli minori (o ipocicli) della
durata media di tre anni e mezzo; questo attraverso lanalisi dellandamento dei prezzi allingrosso e dei saggi
di interesse.
Nel 1926 leconomista russo Kodratev dimostr, mediante serie statistiche sullandamento dei prezzi e della
produzione, relative alla Gran Bretagna, alla Francia, agli Stati Uniti e la Germania, la periodicit di onde
lunghe (o cicli di lungo periodo) nellattivit economica della durata media di cinquantanni.
Le onde di lungo periodo furono studiate anche da Imbert accorgendosi che al termine di ogni fase di recessione
sono disponibili, sul mercato, fattori della produzione inutilizzati, che saranno in parte impiegati nelle imprese
pi dinamiche per aumentare la produzione, senza che ci causi il contemporaneo aumento dei salari e dei
prezzi.
Nel 1930 Kuznets individu degli ipercicli o secondary movements della durata media di ventanni. Questi si
ponevano al centro tra le onde brevi di Juglar e quelle lunghe di Kodratev.


I CICLI ECONOMICI

Crisi intense ed estese intorno al 1816-17, al 1873 e nel 1929.
(1) Fasi di rialzo dei prezzi si ebbero dal 1789 al 1814, dal 1850-73 e dal 1897 al 1920.
(2) Fasi di ribasso dal 1815-49 (a), dal 1874-96 (b), 1921-39 (c).
(1) Secondo Schumpeter i cicli lunghi di Kodratev corrispondono alle successive rivoluzioni industriali che
hanno dominato il processo di sviluppo capitalistico e che hanno trovato nellinnovazione la loro spinta
propulsiva. Tre rivoluzioni industriali, tre cicli lunghi.
(2)
(a) Depressione 1815-49 fu successiva al blocco continentale ed alla Restaurazione. Causata dalla continua
discesa dei prezzi agricoli che negli anni precedenti (1816-17 carestia e guerre) erano stati molto elevati, dalla
messa a coltura di nuove terre e dalla riduzione della produzione di oro. In questa situazione lunico paese a
sviluppo capitalistico fu lInghilterra, la quale non trovando mercati di sblocco alle proprie esportazioni, soffr
di una grave crisi di sovrapproduzione.
(b) Depressione 1874-96 ebbe inizio dopo la guerra di secessione degli Stati Uniti, quella franco-prussiana ed
altri conflitti. Si innest a causa della forte riduzione del costo dei trasporti, che permise agli USA di esportare i
propri prodotti agricoli in Europa, dove risultavano pi competitivi rispetto a quelli locali. La depressione non
tocc allo stesso modo tutte le nazioni, USA e Germania accelerarono il loro sviluppo proprio in quegli anni.
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(c) Depressione 1921-39 si ebbe allindomani della I guerra mondiale. Essa fu il riflesso della riconversione
delleconomia di pace, dei tentativi di stabilire ordine nei mercati monetari e, soprattutto, di una latente
sovrapproduzione che si manifest con la crisi del 1929.
I cicli brevi e gli ipocicli si inseriscono nelle fasi di espansione e di depressone delle onde lunghe. Tre cicli
Kitchin formano un ciclo Juglar e sei di questi ultimi un Kodratev.


RECENTI INTERPRETAZIONI DELLE FLUTTUAZIONI ECONOMICHE

Nel corso degli anni 70 del Novecento, la crisi petrolifera, la stagflazione, il rallentamento del ritmo di
sviluppo dei paesi industrializzati hanno rinnovato linteresse per lo studio dei cicli economici.
Mandel ha individuato una quarta onda lunga iniziata nel 1940 e originata dalla rivoluzione elettronica e dallo
sfruttamento dellenergia nucleare. La fase ascendente di questa fluttuazione sarebbe terminata alla fine degli
anni 60.
Maddison sostiene che non esistono elementi sufficienti a provare lesistenza di onde lunghe nellattivit
economica. Si tratta invece di comprendere quali fattori di disturbo hanno generato rallentamenti nella velocit
di crescita del capitalismo, a partire dal 1820, e quali sono stati i mutamenti della struttura economica. A suo
giudizio, dopo il 1973 (crisi petrolifera), si aperta una nuova fase del capitalismo, in considerazione dei
cambiamenti che si sono avuti nella bilancia del potere economico mondiale, nel sistema internazionale (con la
fine degli accordi di Bretton Woods), nella gestione della politica keynesiana della domanda da parte dei diversi
governi, nelle aspettative del mercato del lavoro e nella conseguente esplosione della spirale prezzi-salari.




LA RIVOLUZIONE URBANA

ORIGINI E CARATTERI DELLE CITTA DELLEUROPA MEDIOEVALE

Il sorgere o risorgere delle citt nellEuropa del 1000-1200 segn una svolta nella storia della civilt europea.
Le citt avevano prosperato ed erano proliferate nel mondo greco-romano, ma la decadenza dellimpero segn
anche la loro decadenza e le invasioni germaniche ne decretarono la morte. Con al caduta dellimpero lEuropa
del Nord miglior lentamente. Ai tempi di Roma vi erano stati due mondi separati: il mondo mediterraneo e il
mondo nordico. Nel 600 il mondo mediterraneo si spacco in due, e la parte europea si leg pi strettamente al
subcontinente. Sotto legida di un comune credo religioso emerse lEuropa.
Era unEuropa povera e primitiva, fatta di tanti microrganismi rurali (curtes) largamente autosufficienti, la cui
autarchia era in parte conseguenza della decadenza del commercio ed in parte anche causa. Lo stato delle arti, il
commercio, listruzione, luso della moneta erano ridotti a livelli minimi se non addirittura scomparsi. Il legno
andava a sostituirsi alla pietra come materiale da costruzione.
Con lavvento dei Carolingi (747) il circolo vizioso che aveva funestato la vita dellEuropa dai tempi della
caduta dellImpero Romano sembr finalmente rompersi e si verific una certa ripresa, incentrata
sullagricoltura. Furono progressi modesti legati unicamente allEuropa del Nord in quanto lEuropa
meridionale era soffocata dalla pressione degli Arabi. Sul mare del Nord, il commercio con la Scandinavia e
lInghilterra fece nascere due centri Quentovic e Durstede. Questa ripresa fu per fermata dalla seconda ondata
di invasioni barbariche, tra la fine del 800 e linizio del 900, che attaccarono lEuropa da Nord (Normanni e
Vichinghi), da Sud (Arabi) e da Oriente (Magiari). Nel 955, il re di Germania Ottone riusc per a distruggere
lesercito magiaro nella battaglia di Lechfeld mettendo fine alle scorribande; conseguentemente cessarono le
incursioni normanne; fu allora che in Europa cominciarono a svilupparsi nuove citt. Il sistema curtense fu
sostituito da un sistema economico basato sulle citt, gli scambi e il lavoro libero.
Perenne cerc di formulare una teoria generale che servisse a spiegare il sorgere delle citt nelle varie parti
dEuropa. Secondo ci era spiegabile attraverso la teoria del portus che si espande fino a conglobare loriginale
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nucleo fortificato feudale e a costruire la nuova unit urbana (questo vale per solo per i Paesi Bassi e per la
Francia settentrionale).
Secondo Ennen, invece, si possono distinguere nellEuropa occidentale tre zone in cui il processo di
urbanizzazione assunse forme diverse:
a) lItalia, la Francia meridionale e la Spagna, dove in fondo le citt, per quanto decadute, continuarono ad
esistere nei secoli dellAlto Medioevo;
b) lInghilterra, Francia del Nord, Paesi Bassi, Svizzera, Renania, Germania meridionale e lAustria, dove
Roma aveva creato delle citt, ma ogni forma di vita cittadina scomparve nei secoli dellAlto Medioevo.
c) La Germania del nord e la Scandinavia dove linfluenza di Roma non penetr mai e non erano mai sorti
nuclei urbani di qualsiasi tipo o natura.
Lunit non va cercata nelle forme che variano da luogo a luogo, ma nella sostanza dellevoluzione. Alla base
del fenomeno cittadino vi fu un massiccio movimento migratorio. La gente si spost dalla campagna alla citt
per ragioni di repulsione e per ragioni di attrazione (il push e il pull dei demografi anglosassoni). C da
considerare che la tendenza economica nel mondo rurale dal 900 al 1200 non era per niente in peggioramento;
al contrario la situazione andava migliorando grazie ad una serie di innovazioni tecnologiche, investimenti e
riorganizzazione della propriet. La citt entr in gioco, come elemento di rottura, come luogo in cui emigrare
per tentare fortune nuove. La citt medievale non un organo di un organo pi vasto, ma un organismo a se
stante, fieramente autonomo, e in netta opposizione con il mondo circostante.
Vi furono delle differenze sostanziali nello sviluppo delle citt italiane rispetto a quelle oltralpe. Fuori
dallItalia la borghesia abitava nelle citt mentre i nobili nei castelli che popolavano le campagne;
nellItalia centrale e settentrionale i nobili fiutarono la direzione in cui spiravano i venti e numerosi nobili si
spostarono nelle citt, dove si costruirono dimore turrite che ricordavano i loro castelli rurali e che diedero alla
citt italiana un aspetto feudale che manca alle citt doltralpe.
Tra nobili inurbati e gli altri abitanti della citt non corsero per mai buoni rapporti. Lamministrazione
cittadina era di solito affidata al vescovo, ma con il tempo i borghesi acquisirono ricchezze, riuscirono a mettere
fuori gioco i nobili e tolsero lamministrazione dalle mani del vescovo. Certi comuni acquistarono tanta forza
da partire allattacco dei territori circostanti, finendo col creare veri e propri Stai territoriali autonomi e sovrani.

La gente della citt dellEuropa centrale, circondata da un mondo ostile, avvert la necessit dellunione e della
collaborazione reciproca. L dove il mondo feudale circostante troppo potente per le sue forze (Germania) la
citt resta sulla difensiva, nella sicurezza delle sue mura; l dove la citt si sviluppa economicamente al punto
tale da travolgere gli equilibri del mondo feudale (Italia) la citt si espande alla conquista della regione.
La rivoluzione urbana dei secoli 1000 -1200 fu il preludio e cre i presupposti della Rivoluzione industriale del
1800.


LA POPOLAZIONE

Attorno allanno Mille lEuropa non contava pi di 30/35 milioni di abitanti. Tra la met del 900 e gli inizi del
1300 la popolazione aumento, triplicandosi in Germania, Francia ed Inghilterra e raddoppiando in Italia. Tra il
1330 e il 1340 la popolazione europea poteva contare di 80 milioni di abitanti. Nel 1348 scoppi una pandemia
di peste che in meno di tre anni elimin 25 milioni di persone. Alla fine del 400 la popolazione doveva aggirarsi
ancora tra gli 80 milioni di abitanti. Nel 1600 sui 105 milioni, nel 1700 sui 115 milioni.
Della popolazione europea di quel periodo due tratti vanno messi in rilievo: la popolazione rimase sempre di
tipo giovane (grazie allalta fertilit) e ridotta (a causa di unalta mortalit).
Nuzialit e fertilit: una percentuale non trascurabile della popolazione adulta non si sposava e che parte di
coloro che si sposavano lo facevano in tarda et. Vari elementi culturali favorirono questa tendenza che facilit
una certa natalit illegittima, al quale fu per pi che compensata dalla riduzione della natalit legittima. La
fertilit dellEuropa si colloc sempre nella fascia degli alti livelli.
Mortalit: opportuno fare una distinzione tra mortalit ordinaria e mortalit catastrofica. Negli anni normali
la mortalit era molto elevata. La componente maggiore della mortalit ordinaria era data dalla mortalit
infantile (numero dei morti nel primo anno di vita rapportato al numero dei nati vivi) e dalla mortalit degli
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adolescenti (numero dei fanciulli che morivano in et da 1 a 5 o 10 anni rapportato al numero dei fanciulli
viventi dello stesso gruppo det). Lalta mortalit dei giovani era un indice della povert della popolazione e
delle dure condizioni in cui viveva. La mortalit catastrofica al era invece generata da guerre, carestie ed
epidemie. La guerra era lelemento che scaturiva carestie (in seguito ai saccheggi di raccolti, bestiame e
impianti agricoli) e le epidemie, le quali spesso erano le involontarie conseguenze delle condizioni igenico-
sanitarie degli eserciti (lo scienziato Zinsser ha illustrato il fatto che gli eserciti servirono pi che a far la guerra
a disseminare epidemie di tifo, peste e sifilide). Le epidemie furono lelemento che pi contribu alla frequenza
e allintensit della mortalit catastrofica, ed in particolare quelle di peste furono le pi luttuose. Perch? Oltre
che ad aumentare, tra il 1000 e il 1300 la popolazione europea and sempre pi concentrandosi nelle citt, dove
le condizioni igienico-sanitarie erano pessime (acqua non sempre potabile, animali mischiati agli uomini, rifiuti
ovunque, lavarsi dinverno voleva dire rischiare una polmonite) e, inoltre, lintensificarsi delle comunicazioni e
delle relazioni commerciali aumentavano le possibilit di contagio. Verso i primi del Trecento vennero a crearsi
i presupposti per una tragedia ecologica: Yersinia pestis. Con la pandemia del 1347-51 la peste si stabil in
Europa in forma endemica. La peste una malattia tipica dei roditori (ratti,scoiattoli) scoperta da Yersin.
Quando una pulce passava da un animale infetto ad un uomo, al momento di succhiargli il sangue lo
contagiava. A sua volta il microbo poteva passare da uomo a uomo attraverso laria, in tal caso il tasso di
letalit era del 100%. Il ruolo delle carestie e delle epidemie nella dinamica di lungo periodo della popolazione
non pu venir misurato sulla sola base di mortalit generale.
Molto dipende dalla distribuzione per et dei decessi, ma anche dal fatto che durante unepidemia/carestia
non solo aumentavano i morti ma in aggiunta diminuivano le nascite. Tra il 1300 e il 1700 la popolazione
europea si mantenne in uno stato di quasi equilibrio. Questo equilibrio ebbe conseguenze decisive sul piano
economico: lEuropa non segu il destino dellAsia e la popolazione non fu bloccata nel suo sviluppo da una
soffocante pressione demografica; ci non fu merito della razionalit europea, ma di condizioni che facilitarono
lopera dei microbi.





LA STORIA DELLA TECNOLOGIA

LO SVILUPPO TECNOLOGICO: 1000 1700

Il mondo greco e soprattutto il mondo romano pur altamente creativi in altri campi dellattivit umana, rimasero
inerti nel campo tecnologico. Questo fallimento del mondo classico sarebbe imputabile allabbondanza della
mano dopera di quei tempi e al tipo di cultura e di interessi prevalenti nella societ. Il progresso tecnologico
nel mondo classico era visto come possibile apportatore di pi o meno dubbi vantaggi materiali, ma anche
temuto come possibile fonte di pericolosi turbamenti politici, sociali ed ecologici. Col Medioevo nellEuropa
occidentale le cose cambiarono drasticamente.
I maggiori progressi tecnologici dal 500 al 1000 furono:
1) 500 Diffusione del mulino ad acqua (gi conosciuto dai romani);
2) 600 Diffusione nellEuropa settentrionale dellaratro pesante (di derivazione slava);
3) 700 Diffusione della rotazione agraria triennale;
4) 800 Diffusione delluso del ferro di cavallo (dai celti), del basto per cavalli (dalla Cina),
dellattacco a tandem per gli animali da traino.
Riguardo tutte queste scoperte bisogna fare tre osservazioni:
- Non furono innovazioni vere e proprie, gli europei non dimostrarono una capacit inventiva, ma quanto
una notevole capacit di assimilazione ;
- Tutte le innovazioni si riferivano allattivit agricola, le varie innovazioni si potenziarono
vicendevolmente;
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- Talune delle innovazioni in questione permisero un pi efficiente sfruttamento energetico del cavallo.
La sostituzione del cavallo al bue signific un ricorso a un tipo di capitale pi costoso, ma pi efficiente.
Uno dei fatti pi importanti del Medioevo europeo fu la diffusione del mulino ad acqua. I signori feudali
proibirono ai contadini di macinare il grano in casa, stabilendo il monopolio della macinazione del grano che
venne ad aumentare il loro credito, mentre contemporaneamente aumentava il carico fiscale dei servi.
Dal 500 al 600 leconomia europea si sviluppo in senso manifatturiero ed i mulini ad acqua non solo
aumentarono di numero ma furono sempre pi adatti alle pi diverse produzioni (preparare il malto per la
produzione della birra, per follare il panno). Nel 1150 la forza motrice derivata dallenergia idraulica venne
applicata alla lavorazione del ferro, azionare seghe per legname, alla lavorazione della carta.
Tra le innovazioni principali: 1050 telaio verticale, 1100 bussola, 1200 innovazioni nella navigazione
mediterranea (perfezionamento della bussola, ladozione della clessidra, la redazione di carte nautiche, tavole
di martellio, adozione del timone di poppa sulla linea centrale della nave), 1250 ruota per filare e strumenti
chirurgici, 1300 occhiali (ai tempi di Dante la gente doveva avere la sensazione di vivere in un mondo ricco di
innovazioni tecnologiche), 1300 i primi orologi e armi da fuoco.
Nel 1400 la nave a vela oceanica (combinazione della vela quadra nordica con quella triangolare latina) favor
una maggiore rapidit dei trasporti e una diminuzione dei costi relativi, inoltre si ebbero anche progressi nel
campo della navigazione oceanica (conoscenza dei venti, calcolo della latitudine), queste furono una delle
condizioni che resero possibile lespansione oceanica dellEuropa la quale mut il corso della storia.
Linvenzione di Gutenberg apr una nuova era: come la nave a vela apr agli Europei nuovi orizzonti geografici
cos linvenzione della stampa a caratteri mobili apr agli Europei nuovi orizzonti e opportunit nel campo
dellistruzione e della cultura.
Uno dei caratteri di originalit nello sviluppo tecnologico dellOccidente fu il crescente accento posto
sullaspetto meccanico. Il caso dellorologio meccanico particolarmente significativo. Luomo prima per
misurare il tempo faceva uso delle mediane, delle clessidre e di barre di materiale combustibile debitamente
graduate. Nel 1350 il medico Giovanni deDondi produsse il primo orologio meccanico che indicava
automaticamente i giorni, i mesi, gli anni e le rivoluzioni dei pianeti. Lorologio si diffuse molto velocemente
perch lacqua ghiacciava nelle clessidre durante gli inverni e le nubi rendevano troppo sovente inutili le
meridiane.
Comunque questi orologi erano sempre poco affidabili e necessitavano di correzioni fatte da appositi
governatori dorologi, i quali regolavano la lancetta dellora facendo riferimento alla mediana o alla clessidra.
Pur dando una lettura approssimativa leuropeo decise di utilizzare lorologio proprio perch si stava
sviluppando una mentalit meccanica.


Un elemento caratteristico della mentalit medievale fu labbandono dellanimismo che aveva caratterizzato il
concetto della natura nutrito dai classici. Il tema dominante di questa mentalit quello di unarmonia tra uomo
e natura, rapporto che presupponeva per nella natura le forze inviolabili cui luomo doveva fatalmente
sottomettersi. AllAnimismo dei classici e degli orientali si sostitu il culto dei santi, i quali erano uomini che si
davano di continuo da fare per dominare le forze avverse della natura.
Dominare la natura non era un peccato, era un miracolo e credere nei miracoli il primo paso per renderli
possibili.
Lattitudine ricettiva dellEuropa, la sostituzione dellanimismo naturale con il culto dei santi e con la fede nel
miracolo, il sorgere e la diffusione di una mentalit meccanicistica, non sono spiegazioni ma solo temi di una
pi vasta e complicata problematica. Il progresso tecnologico del Medioevo e del Rinascimento fu fatto di
continui miglioramenti e successivi perfezionamenti, frutti di una pratica artigianale che per quanto
ammirabile non fu mai n dotta n sistematica. Risultato sostanziale di tutto questo complesso movimento di
innovazioni fu progressivo aumento di produttivit (del ferro, dei libri, nel campo della navigazione);
fondamentalmente ala base della maggior parte delle innovazioni stava sempre la necessit di sfruttare in
maniera pi efficiente le scarse disponibilit di energia.


LA DIFFUSIOINE DELLE TECNICHE

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Dal 1100 al 1400 gli italiani furono allavanguardia non solo nel progresso economico ma anche in quello
tecnologico. Dal 1500 al 1600 il primato passo agli Inglesi e agli Olandesi. Questo perch le innovazioni
tecnologiche ebbero una loro diffusione sul territorio europeo.
Nel 1607 Zonca pubblic numerosi disegni dei macchinari pi vari; le informazioni tecniche sui mulini da seta
erano considerate segreto di Stato e qualsiasi tentativo di violare questo segreto era punibile con la pena di
morte. Nel 1716 un certo Lombe riusc a portare a termine una vera e propria operazione di spionaggio
industriale, riuscendo a replicare i meccanismi. Attraverso i secoli e fino ad epoca recentissima le tecniche non
si diffusero praticamente mai mediante linformazione scritta. Il mezzo prevalente di diffusione fu la
migrazione dei tecnici.
NellEuropa pre-industriale la propagazione delle innovazioni tecnologiche avvenne soprattutto con la
migrazione di individui che decidevano di emigrare. In questo casi si possono distinguere forze di repulsione e
forze di attrazione.
Dalla parte delle spinte stava la fame, la peste, le guerre, le tasse, la difficolt dimpiego, lintolleranza
politico e/o religiosa. Governi e amministrazioni erano perfettamente coscienti di questa situazione tanto i
decreti che proibivano lemigrazione di mano dopera specializzata non si contano nel Medioevo come nel
1500 e nel 1600. La capacit dello Stato pre-industriale di controllare i movimenti delle presone era
estremamente limitata.
Gli elementi di attrazione che potevano calamitare mano dopera potevano essere la presenza di opportunit
di lavoro e/o la pace e/o la tolleranza religiosa. Nella Francia di Colbert, per poter disporre di manodopera
specializzata di altre aree: dagli incentivi (per le manifatture seriche) ai rapimenti e ai sequestri di persona (per
il comparto del ferro).
I tentativi francesi, come quelli di altri paesi, fallirono in quanto lintroduzione e lapplicazione di nuove
tecnologie non sono un fatto tecnologico; sono un fatto socio-culturale e quindi come disse Witsen, tutto di
pende dalla disposizione mentale.


IMPRESE, CREDITO E MONETA

Nel corso del 1000-1400 si verific un notevole sviluppo di tecniche di affari: lorganizzazione delle fiere e
delle compensazioni di fiera, lo sviluppo della lettera di scambio, la comparsa e la diffusione di manuali di
mercatura, levoluzione di nuovi tipi di contabilit, lo chque, la girata, le assicurazioni, nuovi tipi di societ
quali la colleganza e la commenda. Tutto questo fu sviluppato nellarea mediterranea dal 1100 al 1400.
Bisogna sottolineare limportanza che queste innovazioni ebbero nellattivare il risparmio contribuendo in
maniera decisiva a sostenere lespansione delleconomia europea nei secoli medievali.


REDDITI, PRODUZIONE E CONSUMI: 1000 1500

LESPANSIONE NEL PERIODO 1000 1300

I vari elementi considerati precedentemente giocarono a favore dellespansione economica. Dallinizio del
secolo fino al 1250 lo sviluppo dellEuropa fu allinsegna di una frontiera in continua espansione, la risorsa
naturale per eccellenza, la terra, era abbondantemente disponibile. Inoltre negli ultimi secoli la gente si era
arroccata non dove le terre erano pi fertili ma dove le posizioni erano pi facilmente difendibili. Man mano
che la popolazione aument e condizioni relativamente pi sicure prevalsero, si misero a cultura nuove terre
nella maggior parte dei casi migliori di quelle gi coltivate. Leffetto dellespansione della frontiera fu quindi
duplice.
La colonizzazione interna si accompagn a un complesso movimento di espansione su pi direttrici:
A Occidente si svilupp la Riconquista della Penisola Iberica da parte dei Cristiani a danno dei Musulmani; nel
corso del 1200 lintera penisola fu lentamente riconquistata.
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Sul fronte meridionale i Normanni posero fine alla dominazione araba in Sicilia tra il 1061 e il 1091 mentre
una serie di attacchi passati alla storia sotto il nome di Crociate vennero sferrati dallEuropa contro i territori
musulmani del Medio Oriente tra il 1000 e il 1100. Temporaneamente vittorioso lOccidente riusc ad
impiantare una serie di principati in punti strategici del Mediterraneo orientale.
Sul fronte orientale si svilupp lespansione tedesca (teutoni) nei territori slavi. Il Drang nach Osten cominci
tra il 919 e il 932 attivando un vasto movimento espansivo lungo tutto il corso dellElba; alla fine del 1100 la
frontiera era avanzata di cento chilometri. Le perdite demografiche causate dalla peste nel 1348 ridussero
limpeto dellespansione. Il significato economico del Drang nach Osten stava nel colonizzare le terre slave in
quanto erano coltivate in modo ancora primitivo e quindi ancora di ottima qualit. I coloni teutonici mossero
nei nuovi territori importando laratro pesante e un tipo di ascia pesante e , inoltre, importarono tecniche
minerarie e metallurgiche ignote alle popolazioni locali. Tutto ci contribu alla formazione di un surplus
agricolo nellEuropa orientale, allo sviluppo del commercio nel Baltico (esportazioni di grano in Inghilterra e
nelle Fiandre), lo sviluppo della Lega anseatica e lo sviluppo di attivit minerarie e metallurgiche nellEuropa
orientale.
Fino alla rivoluzione industriale lagricoltura rimase il settore di base di tutta leconomia europea e lo sviluppo
tra il 1000 e il 1100 risulterebbe incomprensibile se non si ammettesse un notevole aumento della produzione
agricola. Ma, tra il 1000 e 1300, furono le citt a dare il tono alla grande ripresa.
I settori di guida dello sviluppo che si verific dopo il 1000 furono:
- il commercio internazionale;
- le manifatture tessili;
- il settore delle costruzioni edili;
- il settore finanziario;
Il grosso del commercio internazionale rest incentrato su: prodotti alimentari, prodotti tessili e spezie.
Come vi erano i settori di guida, vi erano anche le aree trainanti. Le regioni dEuropa allavanguardia dello
sviluppo economico medievale furono lItalia centro-settentrionale e i Paesi Bassi meridionali.
LItalia trasse vantaggio da tradizioni classiche di vita cittadina e soprattutto dalla vicinanza dei due imperi
bizantino e arabo che fino al 1100 erano assai pi sviluppati dellEuropa.
I Paesi Bassi meridionali capitalizzarono sullo sviluppo economico che la regione aveva sperimentato durante
la cosiddetta Rinascenza carolingia.
Entrambe trassero vantaggio dalle rispettive posizioni geografiche: lItalia come ponte tra lEuropa, il Nord
Africa e il Vicino Oriente; i Paesi Bassi meridionali come snodo di strade e di rotte tra il Mare del Nord e le
coste atlantiche della Francia e della Spagna.
Nei Paesi Bassi si svilupp presto una importante attivit manifatturiera di pannilani che si avvantaggiava della
vicinanza del mercato inglese dove si produceva e largamente si esportava la pi pregiata lana dEuropa.
NellItalia settentrionale lo sviluppo fu meno marcatamente incentrato sullattivit manifatturiera e pi
equilibratamente distribuito tra attivit commerciali, manifatturiere, amatoriali e finanziarie. Punti di forza dello
sviluppo furono in un primo tempo le repubbliche marinare di Pisa, Venezia e Genova. Le fonti di vita
principali per i veneziani furono la pesca, la raccolta e la macinazione del sale e unattivit di trasporto e
commerciale in parte per mare e in misura ben maggiore lungo i canali della laguna e lungo i fiumi che
sboccavano in esse. Pisa e poi Genova strinsero sempre pi i contatti con il Nord Africa, il Medio Oriente e la
Sicilia mentre si rendevano sempre pi conto delle opportunit offerte dal polo manifatturiero dei Paesi Bassi.
Presto ci si accorse per che conveniva stabilire un luogo intermedio di scambio; questo luogo fu individuato
nelle citt di Troyes, Bar, Provins e Lagny dove si teneva la fiera de Champagne che serviva da centro di
raccolta, di scambi e da stanza di compensazione. Lo sviluppo di Firenze fu relativamente tardo. Solo verso la
fine del 1100 i mercanti fiorentini si distaccarono da Firenze e da Pisa e si avventurarono su mercati pi lontani
(nel 1250 si trovano mercanti fiorentini un po dovunque). Lasse Paesi Bassi meridionali Italia settentrionale
convogliava il maggior complesso di flussi commerciali tra il 1100 e il 1200. Verso lEst era importante lasse
Paesi Bassi Colonia. I mercanti fiamminghi dovevano limitarsi a portare i loro panni a Colonia, dove
venivano prelevati da mercanti tedeschi e austriaci che provvedevano a diffondere il prodotto nellEuropa
centrale e anche ad Oriente. La Germania ricopriva questo ruolo grazie alle sue elevate disponibilit
economiche, originate dallo sfruttamento delle miniere dargento presenti nelle sue regioni.
Contemporaneamente si verific un aumento della produzione di tessuti di lana pi grossolani grazie
allavvento del mulino ad acqua nella follatura del panno e ladozione della filatura a ruota. In Italia i progressi
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dellindustria laniera durante il 1200 furono pi notevoli che altrove. I mercanti fiorentini cominciarono ad
importare pannilana fiamminghi grezzi i quali venivano sottoposti alla tintura e allaffinamento in Firenze,
strappando cos ai Fiamminghi parte del valore aggiunto del prodotto finito. La corporazione che raggruppava i
commercianti di panni fiamminghi e quelli che si occupavano dellaffinamento era chiamata lArte di Calmala.
Mercanti senesi e fiorentini accumularono grandi ricchezze per la funzione di intermediari svolta per conto
della Santa Sede nella riscossione di oboli, o di quanto ad essa dovuto a qualunque titolo, in ogni parte
dEuropa. Le ricchezze dei mercanti fiorentini vennero utilizzate per effettuare operazioni bancarie, soprattutto
prestiti a Principi, ottenendo, in cambio, non soltanto la promessa di restituzione del capitale con gli
interessi, ma anche licenze di esportazione della lana. Pare che una delle ragioni del successo fiorentino fosse
data non solo dallutilizzo delleccezionale lana inglese ma anche dalla meccanizzazione mediante luso del
mulino ad acqua nella follatura del panno; anche se il prodotto non era della stessa qualit di quello prodotto
tradizionalmente, comportava un costo decisamente inferiore, da qui il suo successo sul mercato internazionale.
Intanto si erano sviluppati il commercio e la produzione della seta e del cotone e, anche in questi settori, lItalia
fu allavanguardia. Lindustria del cotone nellItalia del Nord del 1100 era una imitazione, sia nei prodotti che
nelle tecniche di produzione, di pi antiche manifatturiere islamiche. Ai primi del 1500 era la seta ad occupare
un ruolo predominate, seguita dal cotone e per ultima la lana. A Lucca la produzione della seta si svilupp nel
1200 e per tutto il secolo mantenne il primato. Nel 1320 per la situazione politica interna di Lucca si fece
infuocata e molti artigiani decisero di abbandonare la citt rifugiandosi nelle citt di Venezia, Firenze, Genova e
Bologna.
Questa massiccia migrazione di artigiani esperti nella lavorazione della seta fu la causa principale della
diffusione dellindustria serica in Italia dove la manifattura della seta divenne una delle fonti principali di
ricchezza del paese e tale rimase per tutto il 1400 e gli inizi del 1500 fin quando questa attivit si sviluppo in
Francia e in Inghilterra.
Nella Penisola Iberica la Catalogna si distinse per un eccezionale sviluppo commerciale, marinaro e bancario.
Lattivit marinara consistette soprattutto nel trasporto di grano, spezie e fibre tessili. Inoltre la Catalogna tra la
fine del 1200 e linizio del 1300 questa nazione organizzo un impero oltremare che comprendeva anche
Sardegna e Sicilia.
Non vi dubbio che nel 1100 e il 1200 il Meridione dEuropa, grazie soprattutto allattivit degli Italiani, fosse
la parte dEuropa dove lo sviluppo economico era pi intenso. Anche nel Nord non mancarono interessanti
progressi grazie soprattutto allattivit dei Tedeschi. La punta di diamante dellespansione tedesca nel Mar
Baltico fu la citt di Lubecca. Nel corso del 1200 si formarono associazioni (Hanse) e unioni tra diverse citt
della Germania settentrionale, tra queste emerse Lubecca che mantenne una posizione di predominio per tutto il
periodo di vita della Lega anseatica. Questo perch la tecnologia della navigazione marittima non permetteva
allora la circumnavigazione della penisola danese, per cui gli scambi tra il Baltico e il Mar del Nord avvenivano
principalmente via terra; le merci che provenivano dal Baltico venivano scaricate ad Amburgo, trasportate via
terra a Lubecca e qui imbarcate ancora su navi che le portavano ai paesi del Baltico orientale. Questa posizione
chiave fece la fortuna di Amburgo e Lubecca, le quali nel 1241 raggiunsero un accordo per difendere con le
armi la strada che le collegava. Nel 1250 la Germania riusc a sostituirsi allInghilterra nel commercio con la
Norvegia. In Inghilterra nel 1200 la follatura dei pannilana venne meccanizzata mediante luso del mulino;
questo fenomeno determin lo spostamento geografico dellindustria dal Sud Est del paese verso lOvest dove
cera maggior abbondanza di corsi dacqua. Verso la fine del 1200 venne costruito il ponte del diavolo, un
avvenimento considerevole per lEuropa intera; il ponte rese possibile il trasporto di merci dalla pianura padana
al territorio zurighese e renano e divenne una delle vie pi intensamente battute in Europa.
Nella prima met del Trecento era avvenuto un sostanziale miglioramento nel tenore di vita.

LA TENDENZA ECONOMICA NEL PERIODO 1300 1500

Nel corso del 1200 alcune strozzature avevano cominciato a manifestarsi. A partire dal 1250 in diverse aree
dellEuropa il rapporto medio semente prodotto cominci a diminuire; con la popolazione che continuava a
crescere mentre le terre buone cominciavano a divenire relativamente scarse, la legge della domanda e
dellofferta dovette spingere al rialzo le rendite e al ribasso i salari. Si prevedeva lavvento di una apocalisse
che avvenne sotto forma di una spaventosa pandemia di peste. Al di fuori del settore agricolo i disastri si
susseguirono ai disastri.
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Nel 1300 Firenze era la piazza finanziaria pi rilevante dEuropa e il fiorino era il mezzo di pagamento pi
apprezzato ed usato in Europa e fuori dEuropa. Dopo il 1330 la citt sub un declino irrefrenabile dovuto
allindebitamento causato dalle spese sostenute per le diverse guerre affrontate. La rovina del sistema
finanziario fiorentino fu dovuta al combinarsi del crollo dei titoli del debito pubblico, della bancarotta inglese e
dei prelievi napoletani.
Conseguenze della bancarotta delle compagnie fiorentine: distruzione di ricchezza anche per i risparmiatori,
drastica contrazione del credito e danni alle attivit mercantili e manifatturiere. Dopo il 1346 Firenze non pi
quello che era stata e che aveva rappresentato tra il 1250 e il 1300.
Questa crisi per non ebbe ripercussioni notevoli nelle altre primarie piazze europee in quanto il sistema
economico non era ancora strettamente integrato.
Il 1300 e il 1400 non videro tempi tranquilli neppure per i Paesi Bassi in quanto la prosperit di questa area
sollecit antagonismi e concorrenze da pi parti: gli italiani tagliarono la strada del Mediterraneo ai
fiamminghi, gli inglesi quella dellInghilterra, Colonia blocc la loro strada renana, Lubecca e la Hansa
teutonica chiusero loro il Baltico.
Nel 1290 circa gli Italiani inaugurarono regolari linee di trasporto marittimo tra il Mediterraneo e il Mar del
Nord circumnavigando la Penisola Iberica, grazie alle scoperte nel campo della navigazione marittima. Queste
nuove rotte andarono a colpire la via terrestre che univa lItalia alle Fiandre passando per le terre di
Champagne.
Nello stesso periodo anche la Catalogna e la Castiglia furono attraversate da crisi finanziarie e la seconda da
cicli di guerre con il Portogallo e guerre interne.
Nel 1337 scoppi un conflitto tra Inghilterra e Francia, la Guerra dei Centanni, che si combatte in territorio
francese e le devastazioni che arrec alleconomia francese furono incredibili.
Tutti questi disastri Europei furono contornati dalla pandemia di peste nel 1348-51; il periodo 1300-1450 fu
definito dagli storici come uno dei periodi pi neri delleconomia europea.
Vi furono per talune aree privilegiate in cui si verific un notevole sviluppo: la Hansa tocc lapice della
potenza nel 1300, per la Lombardia fu un periodo di innegabile sviluppo, il Portogallo entr in una fase di
espansione geografica che si concluse con la formazione di un impero di dimensioni mondiali.
Il fatto fondamentale del 1300 1500 che le epidemie di peste sgravarono lEuropa di quella pressione
demografica che sera andata cumulando e sera fatta sempre pi sentire nel 1250. Nel settore agricolo terre
marginali occupate in periodo di pressione demografica furono abbandonate quando la popolazione diminu; il
risultato fu un aumento della produttivit del lavoro agricolo e una redistribuzione del reddito. Prima della
peste i lavoratori erano abbondanti mentre il capitale era relativamente scarso, dopo la pandemia i lavoratori
potevano fare la voce grossa, i salari aumentarono e con essi le condizioni di vita migliorarono sensibilmente.
La serie di disastri che aveva messo a soqquadro lintera Europa si esaur verso la fine Quattrocento.
La guerra dei Centanni termin nel 1453 e i decenni che seguirono videro la Francia ricostruire la propria
economia, lo stesso valse per i regni di Castiglia e Aragona.
I Portoghesi continuarono la loro espansione.
La Germania entrava in uno stato di eccezionale sviluppo grazie ai suoi giacimenti di argento e rame e vide la
nascita di importanti famiglie di banchieri e mercanti. I sistemi di contabilit rimanevano per arretrati rispetto
alle compagnie italiane.






IL RIBALTAMENTO DELLEQUILIBRIO MONDIALE
E INTRA EUROPEO: 1500 1700


EUROPA SOTTOSVILUPPATA O EUROPA SVILUPPATA?
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Non c dubbio che dalla caduta dellImpero Romano sino agli inizi del Duecento lEuropa fu unarea
sottosviluppata rispetto ai Bizantini, gli Arabi ed i Cinesi. Gli stessi Europei erano consci della loro inferiorit
culturale, economica e tecnologica. Nel corso del Duecento i mercanti veneziani dimostrarono di aver
sviluppato tecniche daffari superiori a quelle tradizionali in uso a Bisanzio, e i mercanti bizantini dovettero
cedere il passo ai nuovi aggressivi concorrenti. Tra il 1300 e il 1400 le esportazioni di merce europea andarono
aumentando e, in certi casi manifestarono la superiorit tecnologica dellOccidente (esempio ne lorologio).
Il galeone armato fu lespressione pi drammatica di questa superiorit tecnologica economica.


LEUROPA E I SUOI RAPPORTI CON IL RESTO DEL MONDO

La conseguenza pi spettacolare della supremazia acquisita dallEuropa in campo tecnico furono le esplorazioni
geografiche e la successiva espansione economica, militare e politica dellEuropa. LEuropa del 1200 era
militarmente incapace, solo per un caso di coincidenze non venne attaccata dalle potenze orientali. La sua
debolezza era marcata dalla progressiva erosione dei suoi territori orientali: i Turchi invasero Costantinopoli, la
Bosnia Erzegovina, il Negroponte e lAlbania. Ma nel momento in cui i Turchi sembravano prossimi a colpire
il cuore dellEuropa si verific un cambiamento improvviso e rivoluzionario: aggirando il blocco turco, alcuni
paesi europei si lanciarono alloffensiva sugli oceani in ondate successive. In poco pi di un secolo Portoghesi e
Spagnoli prima, Olandesi e Inglesi pi tardi, gettarono le basi della supremazia europea su scala mondiale. Il
galeone armato creato tra il 1400 e il 1500 distrusse completamente la navigazione araba. Contemporaneamente
la Russia europea iniziava la sua espansione trans steppiana verso Oriente. Questultima non fu rapida come
quella transoceanica in quanto la superiorit tecnologica per terra non era sviluppata come quella per mare.
Lavanzata russa divenne inesorabile dopo il 1650 quando la tecnica europea riusc a sviluppare armi da fuoco
pi mobili a tiro rapido. Fu quindi la fulminea espansione transoceanica che ebbe conseguenze economiche
profonde: la scoperta di giacimenti dargento in Bolivia e Messico. Lestrazione del metallo fu resa pi
efficiente grazie alladozione del mercurio nel processo produttivo (metodo di estrazione italiano), esso
riduceva i costi e consentiva di sfruttare al meglio tutti i giacimenti; inoltre vennero scoperte miniere di
mercurio sfruttate grazie al lavoro coatto degli indios. Per oltre un secolo, dagli inizi del 1500, le leggendarie
Flotas de Indias spagnole trasportarono in Europa una massa imponente di argento. Il 25% fu trasferito in
Europa come reddito della Corona e speso per le Crociate cristiane; laltro 75% arriv in Europa come
domanda effettiva di beni di consumo e di beni capitali (vino, olio, armi, sandali, cappelli, sapone, mobili,
gioielli, vetro) da parte degli emigrati e di servizi commerciali e di trasporto relativi al trasferimento dei beni in
questione. Per quanto lofferta era elastica, laumento della domanda si tradusse in un aumento della
produzione, ma nel settore agricolo, dove laumento della produzione era limitato, questo aumento di domanda
provoc un aumento dei prezzi. Il periodo 1500 1620 stato etichettato dagli storici economici come il
periodo della Rivoluzione dei prezzi. Laumento della disponibilit di oro e argento signific quindi aumento
della liquidit internazionale il che favor lo sviluppo degli scambi. Gli Europei trovarono in Oriente prodotti
che ebbero subito largo esito in Europa, mentre nessun prodotto europeo riusc a trovare un esito analogo in
Oriente. Con i loro galeoni gli Europei spazzarono via la flotta araba e si impossessarono delle loro rotte di
scambio. Il commercio intercontinentale nel 1500 e 1600 consistette essenzialmente in una cospicua corrente
dargento che muoveva verso Oriente prima dalle Americhe verso lEuropa e poi dallEuropa verso lEstremo
Oriente e di una corrispondente corrente di merci che fluivano in direzione opposta: prodotti asiatici diretti
allEuropa e prodotti europei diretti alle Americhe. Questo tipo di commercio unilaterale spavent lEuropa in
quanto era ancorata al credo mercantilistico. Soltanto alla fine del 1700 gli Europei, ed in particolare gli Inglesi,
riuscirono ad esportare in Cina loppio indiano causando un progressivo e rovinoso deterioramento della
bilancia commerciale cinese.



Le esplorazioni geografiche arricchirono gli Europei di conoscenze circa nuovi prodotti: gli Spagnoli si
interessarono vivamente alla farmacopea e alle pratiche terapeutiche attraverso la scoperta di nuove piante ed
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erbe nelle Indie Occidentali; sempre nelle Americhe gli Europei impararono a conoscere e a usare il tabacco
(importazioni crescenti grazie alluso molto diffuso), il cacao (prodotto costoso il cui consumo rimase per
molto tempo limitato a gruppi aristocratici o snobisti; indi per cui si svilupp un intenso contrabbando che ebbe
come centro Amsterdam), il pomodoro, il mais e la patata (gli ultimi due contribuirono a risolvere il problema
delle carestie a partire dal 1700 influendo sullaumento della popolazione europea); dallOriente vennero
importati, oltre alle spezie e la seta, caff, t e porcellana. La notevole espansione dellimportazione di t, caff,
e cacao in Europa fu un fenomeno del 1700: per addolcire queste bevande veniva solitamente utilizzato il miele
in quanto lo zucchero era un bene molto raro. Nel 1580 vennero scoperte in Brasile immense piantagioni di
canna da zucchero coltivate dagli schiavi acquistati sulle coste dellAfrica occidentale in cambio di tessile, armi
da fuoco, polvere da sparo, alcolici e perline di vetro (fu una storia miserabilmente triste).
Il commercio transoceanico fu una grande scuola pratica di imprenditorialit, non solo per coloro che andavano
per mare, ma anche per i mercanti, gli assicuratori, i costruttori che in una maniera o nellaltra operarono in
relazione a commercio doltremare. Una delle conseguenze economiche pi significative del 1500 e 1600 fu
laccumulazione di ricchezza che esso permise in taluni Paesi europei. Altrettanto importante fu la formazione
di un prezioso e robusto capitale umano, cio lo sviluppo e la diffusione di una mentalit, di uno spirito e di
una capacit imprenditoriale in strati pi larghi della popolazione.

LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

Alla base di una rivoluzione culturale vi furono fatti quali la scoperta di nuovi mondi e di nuovi prodotti, la
prova della sfericit della terra, linvenzione della stampa, il perfezionamento delle armi da fuoco, lo sviluppo
delle costruzioni navali e della navigazione. Gli Europei cominciarono a guardare ottimisticamente avanti,
proiettati nel futuro e volti alla ricerca del nuovo. Il 1600 vide svolgersi una violenta battaglia intellettuale tra
gli antichi e i moderni. Let di Galileo, Newton, Huygens e Leeuwenhoek marc la vittoria dei moderni,
del metodo sperimentale e dellapplicazione delle matematiche nella spiegazione della realt. Fece parte di
questi sviluppi una decisa tendenza verso la misurazione quantitativistica: cercare di dare unespressione
quantitativa ai fenomeni che si volevano descrivere. Una delle caratteristiche fondamentali della Rivoluzione
scientifica del 1600 fu quella di distogliere la speculazione umana da problemi irrisolvibili e assurdi e
indirizzarla invece verso problemi che potevano avere una risposta. Sul piano delle relazioni umane si prepar
il terreno alla tolleranza dellIlluminismo. Sul piano tecnologico si bas sempre pi sulla sperimentazione per la
soluzione dei problemi concreti delleconomia e della societ. Nel Medioevo scienza e tecnica erano rimaste
due cose distinte e separate: la scienza era filosofia e la tecnica era lars degli artigiani. Il Rinascimento, con il
suo culto per i valori classici accentu questa dicotomia. I moderni combatterono per rivalutare lopera tecnica
degli artigiani e sottolinearono la necessit di collaborazione tra scienziati ed artigiani. Il protestantesimo, con
la sua bibliolatria, fu un poderoso fattore di diffusione dellalfabetismo. Nei paesi della Riforma il numero degli
artigiani che sapevano leggere e scrivere aument notevolmente nel corso del 1600, ci comport il progressivo
abbandono di atteggiamenti consuetudinari e tradizionalistici a favore di atteggiamenti razionali e sperimentali.

LA CRISI DEL LEGNO

Nei secoli il legname aveva rappresentato il combustibile per eccellenza e il materiale di base per le costruzioni
edili, navali, per la fabbricazione di mobili e la maggior parte dei pezzi delle macchine. A partire dal 1100 e
1200, soprattutto nellarea mediterranea, il legname aveva cominciato a scarseggiare e nellattivit edile lo si
and sostituendo con il mattone, con la pietra o con il marmo. Nel corso del 1500 laumento della popolazione,
lespansione della navigazione oceanica e delle costruzioni navali, lo sviluppo della metallurgia e il
conseguente aumento del consumo del carbone di legna per la fusione dei metalli provocarono in Europa un
rapidissimo consumo del legname. Nel 1600 lItalia entr in un periodo di declino economico e la domanda di
legname ristagn. Ma nellEuropa del Nord il prezzo del legname continu a crescere contemporaneamente a
quello del carbone di legna. La crisi del legno scoppi nel 1630, ed intorno al 1670 lInghilterra cominci ad
importare cannoni dalla Svezia. Questa crisi avrebbe potuto rappresentare una strozzatura per le aree
dellEuropa che erano in fase di sviluppo, invece, analizzando gli sviluppi inglesi la crisi serv a spingere
lEuropa nord occidentale sulla via della Rivoluzione industriale.
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IL RIBALTAMENTO DEGLI EQUILIBRI ECONOMICI IN EUROPA: 1500 1700

Il Cinquecento, el siglo de oro: secolo felice soltanto per lInghilterra, la Spagna, il Portogallo, lOlanda ed
anche la Francia (tranne lultimo trentennio, a causa delle guerre di religione), ma non per lItalia, i Paesi Bassi
meridionali o la Germania (ad eccezione della sola Amburgo).
Il Seicento, secolo critico: secolo nefasto per la Germania (Guerra dei Trentanni), la Turchia, la Spagna e
lItalia, ma secolo felice, salvo brevi periodi, per lOlanda, lInghilterra e la Svezia e, tra il 1660 ed il 1690,
anche per la Francia.
Le aree decisamente pi sviluppate tra la fine del 1400 ed il 1500: larea mediterranea, in particolare lItalia
centro-settentrionale nel 1400 e la Spagna nel 1500 grazie allafflusso dei tesori americani.
Nel 1600: spostamento del baricentro delleconomia europea nel Mare del Nord.



IL DECLINO ECONOMICO DELLA SPAGNA

Alla met del Quattrocento la Spagna non esisteva. Esisteva la Penisola Iberica divisa in quattro reami: la
Corona di Castiglia, la Corona di Aragona, il Regno di Portogallo e il Regno di Navarra. Lorografia della
penisola non ha contribuito alla nascita di una fiorente agricoltura in quando composta da un altopiano poco
fertile chiamato meseta. La naturale povert del Paese era accentuata dalla qualit del capitale umano.
Lafflusso massiccio di materiali preziosi dalle Americhe e lespansione della domanda effettiva in cui tale
afflusso si tradusse avrebbero potuto stimolare un notevole sviluppo economico, ma la domanda non
sufficiente per attuare lo sviluppo. Il fallimento della Spagna fu dovuto alle strozzature nellapparato
produttivo (mancanza di lavoro specializzato, le scale di valori sfavorevoli allattivit artigianale e mercantile,
laumento delle corporazioni e la loro politica restrittiva). Proprio per queste strozzature laumento dellofferta
fu ben lungi dal corrispondere allaumento della domanda, i prezzi rialzarono e la larga parte della domanda si
rivers sui prodotti e servizi stranieri.
La Spagna tra il 1548 e il 1555 oscill tra contrastanti politiche economiche di liberismo e di protezionismo e,
quando prevalse il protezionismo, gli esportatori si videro costretti a scegliere la via del contrabbando.
Nel 1570 la Spagna dipendeva largamente dalla Francia per importazioni di grani, tele, drappi, carta, libri,
oggetti di falegnameria e altro che riesportava poi in gran parte dalle colonie americane.
La mentalit spagnola considerava le importazioni come motivo di orgoglio anzich come una possibile
minaccia per le manifatture del Paese.
Con simili idee circolanti nel Paese nel 1659 alla Pace dei Pirenei la Francia ottenne di poter introdurre
liberamente i propri prodotti e nel 1667 lo stesso valse per lInghilterra; da allora non ci fu pi bisogno del
contrabbando.
Tramite le importazioni, sia legali che di contrabbando, la domanda effettiva spagnola alimentata dal metallo
americano fin col sollecitare lo sviluppo economico dellOlanda, dellInghilterra e di altri Paesi europei. Inoltre
la Spagna impantanata in guerre senza fine, spese i proventi dellimposizione fiscale e i tesori delle Indie prima
ancora di percepirli; questo la costrinse a chiedere prestiti ai banchieri tedeschi, genovesi ed infine ebrei
portoghesi.

Nel corso del 1600 lafflusso dei metalli preziosi dalle Americhe diminu e le ragioni furono:
- un ristagno nella produzione mineraria nelle colonie americane (dubbio);
- lindipendenza delle colonie grazie alla produzione in loco di ci che prima importavano dalla Spagna;
- il successo dei contrabbandieri olandesi, francesi e inglesi (il pi importante).
La principale fonte di benessere spagnolo venne ad inaridirsi, intanto per un secolo di artificiosa prosperit
aveva spinto molti ad abbandonare le campagne per le citt.

La Spagna del 1700 manc di imprenditori ed artigiani ma ebbe sovrabbondanza di burocrati, preti e poetiil
Paese sprofond in una tragica decadenza.
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IL DECLINO ECONOMICO DELLITALIA

A partire dal 1300, con la decadenza dellordinamento democratico comunale e linstaurarsi delle Signorie si
ebbe un grande periodo di prosperit, ma subentr un deciso deterioramento sociale tra le masse. Tra il 1494 e
il 1538 il Paese divenne campo di battaglia di un conflitto internazionale che coinvolse Spagnoli, Francesi e
Germanici; con la guerra vennero le carestie, le epidemie, le distruzioni del capitale e le interruzioni dei traffici.
Verso il 1550 torn la pace e grazie al capitale umano, ricco di laboriosit ed intraprendenza, Bergamo
(produzione di panni), Firenze (produzione di lana) e Venezia furono le citt portavoce di questa energica
ricostruzione economica. La ricostruzione riprese per vecchie strutture secondo direttrici tradizionali:
lordinamento corporativo si rafforz; il numero delle corporazioni artigiane crebbe a dismisura irrigidendo la
struttura produttiva del Paese. Nel frattempo i Paesi Bassi settentrionali e lInghilterra svilupparono le loro
attivit manifatturiere e amatoriali, aiutando laffermazione dei loro prodotti sul mercato internazionale. Fino ai
primi del 1600 lesuberante domanda internazionale poteva mantenere i produttori italiani efficienti, meno
efficienti e marginali. Tra il 1618 e il 1638 una serie di guerre capovolsero la situazione economica
internazionale (1618 scoppio Guerra dei 30 anni; 1623 scoppio Guerra turco - persiana), comportando una
notevole contrazione nella liquidit: per i produttori marginali non ci fu pi posto e lItalia era ormai uno di
questi. Inoltre nel 1630-31 si diffuse la peste che comport una drastica riduzione della popolazione e un
notevole rialzo dei prezzi. I prodotti italiani non furono eliminati solo sui mercati esteri ma anche sugli stessi
mercati della penisola, ci provoc un drastico crollo della produzione e massicci fenomeni di disinvestimento
nei settori manifatturiero e dei servizi. Questo avvenne perch la concorrenza inglese, olandese e francese
aveva prezzi molto pi contenuti. I capi italiani erano troppo cari a causa della loro qualit e delle elevate spese
di produzione. Lelevato costo delle spese di produzione era dovuto ad una pressione fiscale troppo elevata ed
eccessivo controllo delle corporazioni, causa dellobsolescenza dei metodi produttivi e dellalto costo del
lavoro. Le conseguenze di tutte queste circostanze sulleconomia italiana furono:
- il drastico declino delle esportazioni che si protrasse per decenni via via aggravandosi;
- un prolungato decesso di disinvestimenti manifatturieri, amatoriali e bancari;
- la tendenza delle manifatture a spostarsi dai grossi centri urbani ai piccoli centri rurali sviluppando
quella che oggi sarebbe detta economia sommersa;
Questultimo fenomeno era a sua volta conseguenza delle seguenti circostanze:
- il costo del lavoro era meno alto nei centri minori che nei maggiori;
- nei centri minori si sperava fosse pi facile sfuggire ai controlli fiscali;
- nei centri minori si sperava fosse pi facile sfuggire ai controlli restrittivi delle corporazioni.
Al contrario delle manifatturiere doltralpe, quelle italiane venivano perseguitate dalle corporazioni, rimanendo
cos prigioniere del passato. La mentalit italiana era troppo provinciale e presuntuosa.
Ci si accompagnava a un ritardo tecnologico e organizzativo che rifletteva tutti gli elementi fin qui citati.
Tra il 1500 e il 1600 ebbero gran voga le Compagnie commerciali, tra le quali la Compagnia Inglese delle Indie
Orientali (1600), la Compagnia olandese (1602), la Compagnia Francese delle Indie e la Compagnia danese
delle Indie. Alcuni imprenditori genovesi tentarono la stessa impresa e nel 1647 veniva fondata la Compagnia
Genovese delle Indie Orientali: non si trovavano a Genova cantieri che sapessero costruire navi adatte per la
navigazione oceanica (le navi furono commissionate presso i cantieri Texel in Olanda) e non esistevano marinai
capaci di operare con queste navi nelle difficili navigazioni oceaniche (si ricorse allingaggio di un equipaggio
olandese). Sciolti questi nodi che dimostravano larretratezza italiana, le navi salparono da Genova il 3 marzo
1648 ma le potenze europee, timorose di una possibile concorrente, le catturarono per mano di una flotta
olandese che le condusse come preda a Batavia. I genovesi nel campo finanziario non ebbero rivali: dal 1550 al
1640 salassarono in maniera estrema il monarca spagnolo e tali furono i profitti che questo periodo pass alla
storia come il secolo dei Genovesi. Il caposaldo del sistema creditizio genovese fu rappresentato dalle fiere
di scambio che possono considerarsi la pi antica stanza di compensazione internazionale. Nel 1630 la
tesoreria spagnola, sempre in ritardo con i pagamenti e in rischio di bancarotta, non interess pi i genovesi che
lasciarono il campo agli ebrei portoghesi. A partire dalla fine del 1500 anche leconomia del Regno di Napoli
mostr una grave stagnazione e quindi un pesante declino di natura fiscale alimentato dagli onerosi costi che
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lamministrazione sostenne cercando di modernizzare le strutture dello Stato. Lattivit di scambio alla fine del
1600 era incentrata sulle importazioni di manufatti e sulle esportazioni di prodotti agricoli, materie prime e
semilavorati. Laffermazione del predominio economico della nobilt su quello della borghesia, laccentuazione
delle discriminazioni e la perdita di prestigio delle pi importanti scuole di medicina fecero dell Italia il paese
sottosviluppato dEuropa.
IL MIRACOLO OLANDESE

Nel corso del 1000-1400 i Paesi Bassi meridionali furono i protagonisti di uno sviluppo economico e civile
eccezionale, secondi solo al polo italiano: le manifatture tessili delle Fiandre provvidero largamente al consumo
dei migliori pannilana nellEuropa settentrionale e centrale. Lo sviluppo dei Paesi Bassi settentrionali nel corso
del 1000-1400 fu pi lento ma anchesso consistente e si fondo sulle attivit agricole, di allevamento, sulla
pesca e il commercio con i territori del mar Baltico. Durante il medioevo diverse citt dei Paesi Bassi
settentrionali erano entrati a far parte della Lega anseatica. Il commercio con il Baltico rimase sempre la pi
importante branca delle attivit terziarie e venne praticato, fino alla fine del 1200 circa, utilizzando gli scali di
Amburgo e Lubecca, con trasporti, per un tratto, per via terra; poi, a partire dal 1300, grazie ai sensibili
miglioramenti della navigazione, effettuato interamente per via mare, circumnavigando la penisola dello Jutland
(evitando, cos i costosissimi trasbordi ad Amburgo e Lubecca). Il transito dello stretto del Sund era sottoposto
al pagamento di dazi, una della fonti pi importanti per la storia del commercio di quelle regioni.
Nel 1500 la citt di Anversa (Paesi Bassi meridionali) era il centro internazionale della finanza e del
commercio di merci pregiate, mentre Amsterdam (Paesi Bassi settentrionali) era il centro principale per il
commercio internazionale di granaglie e legnami.
Sullo sfondo di una evoluta attivit commerciale e manifatturiera stava anche unagricoltura che era tra le pi
evolute del tempo; questi erano i presupposti del miracolo olandese del 1600. Il Paese che nel 1557 si sollev
contro limperialismo spagnolo e che poi assunse al ruolo di paese economicamente pi dinamico dEuropa era
un Paese dalle solide basi economiche e con notevoli potenzialit.
Con la rivolta contro la Spagna e la lunga guerra che ne deriv venne la rovina dei Paesi Bassi meridionali: i
mulini vennero ridotti in cenere, gravi danni furono arrecati ai centri di produzione tessile e il centro finanziario
di Anversa venne saccheggiato. Dalla pace del 1609 le Province Unite settentrionali emersero con
lindipendenza politica e la libert religiosa; leconomia del nuovo Stato era vitale nonostante i quarantanni di
guerre alle spalle; fu un trionfo politico, economica e militare. Le ragioni di questo miracolo sono diverse..
Il danno maggiore che fecero gli spagnoli fu quello di causare la fuga di capitale umano dai Paesi Bassi
meridionali, arricchendo involontariamente il proprio nemico. I profughi delle province meridionali (Valloni) si
diressero un po dappertutto: Inghilterra, in Germania, in Svezia ma ovviamente soprattutto nei Paesi Bassi
settentrionali. Tra i valloni cerano artigiani, marinai, mercanti, finanzieri, professionisti che apportarono al
Paese delezione capacit artigianali, conoscenze commerciali e spirito imprenditoriale. Per le Province
meridionali fu un pauroso salasso; per quelle settentrionali un tonificante poderoso. Grazie a questa iniezione di
vitalit e alle opportunit che favorivano i Paesi Bassi settentrionali entrarono nellepoca delloro.
Amsterdam divenne un emporio internazionale e le attivit commerciali facilitarono la nascita della Borsa: gli
Olandesi si trovavano in ogni angolo del mondo, nel Nord America fondarono Nuova Amsterdam pi tardi
chiamata New York. Essi furono grandi nellindustria come nella navigazione e nel commercio, nella pittura
come nella filosofia e nella scienza; Leida si affermava come il pi importante centro dEuropa per lo studio
della medicina. La vita e la prosperit dei Paesi Bassi settentrionali nella loro et delloro continuarono a
dipendere dalla libert dei mari e dalla efficienza della loro flotta (militare e mercantile) sia qualitativamente
che quantitativamente. Il settore pi dinamico fu senza dubbio quello del commercio internazionale che pu
essere distinto in due settori caratterizzati da diverse tecniche di affari e di navigazione: il commercio a grande
distanza con le Indie orientali e quelle occidentali e il commercio nel Mar del Nord e nel Mar Baltico (branca di
gran lunga preminente nel commercio doltremare dellOlanda). Lagricoltura divenne una delle pi avanzate
dEuropa grazie alle progredite tecniche di canalizzazione, dirrigazione e di rotazione dei raccolti. Quanto alle
manifatturiere, tra il 1560 e il 1660, conobbero uno sviluppo straordinario infatti venivano importate materie
prime che lavoravano e riesportavano (zucchero, cannoni e vino).
Riuscirono a rompere la strozzatura rappresentata dal vincolo energetico sfruttando su larga scala due fonti di
energia inanimata: la torba (enorme massa di energia utilizzata per il riscaldamento domestico e per scopi
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industriali) e lenergia del vento (sui mari con limpiego sempre pi massiccio della vela, per terra mediante
lutilizzo del mulino a vento).
I loro prodotti erano venduti in tutto il mondo perch avevano prezzi molto bassi, grazie ai bassi costi che
implicava la loro produzione, o alla riduzione degli standard qualitativi (es: pannilana di qualit inferiore ma
dai colori vivaci; riduzione dei costi operativi nei trasporti marittimi riducendo lo spazio destinato agli alloggi
dei marinai).
OLANDA = PAESE PUNTO DI RIFERIMENTO IN EUROPA.

LO SVILUPPO DELLINGHILTERRA

Sul finire del 1400 lInghilterra era un paese arretrato rispetto alla maggior parte del continente sia dal punto di
vista tecnologico che dal punto di vista economica. Il 50% del suo commercio era controllato da mercanti
stranieri (10-20% Anseatica, 30-40% Italiani). LInghilterra produceva comunque la migliore lana in Europa.
Lana e pannilana rappresentarono il grosso delle esportazioni inglesi negli ultimi secoli del Medioevo. Nel 1200
viene adottato il mulino ad acqua per la follatura dei panni. Dal 1300 lInghilterra pass dallo stadio tipico del
Paese sottosviluppato che esporta soprattutto materia prima locale allo stadio pi evoluto di Paese che esporta
oltre che la materia prima locale anche manufatti basati sulla materia prima stessa. I prodotti inglesi venivano
tradizionalmente trasportati negli empori dei Paesi Bassi meridionali e di qui distribuiti nelle varie parti del
continente.
Nel 1500, a causa della drastica contrazione della produzione di panni-lana italiani (per effetto della guerra) la
domanda dei mercanti tedeschi si spost su quelli inglesi, disponibili nel mercato di Anversa; da qui linizio di
unepoca doro per le esportazioni inglesi favorite dal progressivo deterioramento della sterlina.
Lo sviluppo economico inglese nel periodo 1500-50 si bas prevalentemente sulla creazione e la prosperit
dellasse Londra Anversa, in quanto il Mar Baltico era sotto il controllo degli Olandesi e i territori della
renania controllati dai mercanti anseatici. Tra il 1550 e il 1564 gli esportatori di pannilana inglese ebbero delle
difficolt dovute alla ripresa dellindustria tessile italiana, alla guerra nei Paesi Bassi (rovina di Anversa) e alla
rivalutazione della sterlina. Il malanno fu rimediato grazie al notevole sviluppo di diverse attivit artigianali
per la produzione di ferro, piombo, armi, vetro, seta, nuovo tipo di panni-lana. Il periodo 1550-1650 fu
caratterizzato dal fatto che lInghilterra entr in una nuova fase del suo sviluppo economico dovuto, soprattutto,
a tre fattori:
1) al commercio oceanico e alla pirateria: importanza dei capitali cumulati con la pirateria nella creazione
della Compagnia delle Indie Orientali e nella fondazione delle prime colonie in America;
2) alla politica economica del governo: politica mercantilistico protettivistica favorevole
allimmigrazione di forze di lavoro che proteggeva gli immigrati dalle ostilit dei lavoratori inglesi che
ne temevano la concorrenza; imposizione di dazi allimportazione di manifatture straniere e di prodotti
considerati di lusso che causavano lesportazione di numerario; Atti di Navigazione del 1651 (tutte le
importazioni inglesi dovevano essere trasportate su navi inglesi o del paese esportatore e le merci
provenienti da paesi extra-europei dovevano essere trasportate solo su navi inglesi), del 1660 (tutto il
traffico costiero doveva essere riservato alle navi inglesi = capitano e dellequipaggio inglese) e del
1662 (limitava luso di navi costruite fuori dInghilterra e di navi di propriet di stranieri). Tra il 1652 e
il 1688 la consistenza della marina mercantile inglese e lindustria delle costruzioni navali aumentarono
considerevolmente;
3) lapporto degli immigranti: Valloni e Ugonotti affluirono sempre pi numerosi in Inghilterra, dopo il
1550, apportando enormi migliorie al sistema produttivo (new drapery, industria del vetro e orologiera).

Due tratti della societ inglese del tempo colpiscono facilmente: una straordinaria capacit di ricezione naturale
e di capacit di reagire con decisione alle difficolt del momento, traendone addirittura spunti per nuovi
sviluppi e nuovi vantaggi. La ricezione naturale nasce dal fatto che linglese era abituato viaggiare e a mandare
i giovani a studiare presso le universit estere. Nella capacit di reagire si possono individuare due episodi:
- costruzione dei cannoni di ferro anzich di bronzo (poco rintracciabile in Inghilterra e molto pi
costoso);
- utilizzo del carbon coke al posto del legname (che comunque veniva importato dai Paesi Scandinavi).

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Con lutilizzo del ferro e del carbone e con la creazione di prototipi delle fabbriche, ma anche con lespansione
davvero notevole del settore commerciale (con riferimento particolare al commercio internazionale): creazione
di importanti premesse per la rivoluzione industriale.


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LA GRAN BRETAGNA. IL PAESE GUIDA

ORIGINE E SVILUPPO DELLA SCOCIETA TECNOLOGICA (1750 1870)

GLI ASPETTI ECONOMICI DELLANCIEN REGIME
Tra il 1500 e il 1700 lEuropa era un mosaico costituito da molte economie diversificate che conservavano pi
o meno intatti i connotati dellancien rgime. La base della ricchezza era costituita dallagricoltura la quale
oltre a fornire derrate alimentari e materie prime, assolveva il compito di procurare introiti considerevoli alle
classi dirigenti, che in cambio offrivano la loro protezione. Lantitesi della campagna feudale era rappresentata
dalla citt medievale che traeva le proprie fonti di sussistenza dallo sfruttamento di opportunit di scambi
commerciali o dalla produzione industriale organizzata in corporazioni. Le strutture socio-economiche
dellEuropa pre-industriale erano caratterizzate da una profonda disuguaglianza tra le classi; da una
sproporzione tra lindustria produttrice dei beni di consumo e quella dei mezzi di produzione; dallinsufficienza
dei trasporti; dallesistenza di barriere che erano ostacolo di commercio; dalla demografia del 1700,
caratterizzata da alti saggi di natalit e mortalit; e da unit familiari di ampie dimensioni.
Il paese destinato agli sviluppi pi straordinarie rivoluzionari rimaneva lInghilterra. Rimasto alla periferia sino
al 1500 si era risvegliato grazie allimportazione di artigiani stranieri come Valloni e Ugonotti cacciati
dallintolleranza dei loro paesi, alla decadenza dei mercati italiani e alla distruzione della Spagna.

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Tra il 1750 e il 1870 lInghilterra forgi quellinsieme di mutamenti delle strutture produttive noto col nome di
rivoluzione industriale. Il fenomeno signific quel complesso di fatti che contribuirono a trasformare
lInghilterra da paese agricolo, a bassa densit di popolazione, povera e relativamente arretrata, a sede della
prima societ in grado di produrre con tale abbondanza da scongiurare la povert cronica per lungo tempo
appannaggio inevitabile della condizione umana: essa non va identificata con lingresso della macchina nel
sistema produttivo, piuttosto una separazione tra i due principali fattori della produzione: capitale e lavoro.

I PRESUPPOSTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Fohlen un duplice ordine di fattori:
Endogeni: ossia quelli che rientrano proprio nellindustrializzazione, come la tecnica, gli investimenti,
laccumulazione del capitale e lo spirito di iniziativa;
Esogeni: ossia appartenenti ad altri settori economici, come la rivoluzione demografica, la rivoluzione agraria,
la rivoluzione dei trasporti, lo sviluppo dellistruzione, il ruolo dello stato.
LA RIVOLUZIONE DEMOGRAFICA
Fino al 1750 la popolazione fu pressoch stazionaria, a causa delle ricorrenti epidemie e carestie, data
linfluenza diretta dellandamento dei raccolti in uneconomia dominata dallagricoltura. Dal 1750 in poi una
serie di buoni raccolti comportarono un diffuso miglioramento delle condizioni di vita e labbassamento dellet
al matrimonio (un maggior numero di figli sembr un mezzo per arricchirsi, potendo impiegare un maggior
numero di braccia). Allincremento demografico si accompagn un movimento di urbanizzazione sotto la spinta
di due forze: di espulsione dalla campagna e di attrazione delle citt: stato quindi lo sviluppo delle sussistenze
a favorire laumento della popolazione che indipendente dal fenomeno dellindustrializzazione.
LA RIVOLUZIONE AGRARIA
Lassetto della propriet terriera era caratterizzato da una numerosa classe di piccoli proprietarie di affittuari
strettamente legati alla terra, miranti tutti a soddisfacimento dei bisogni della propria famiglia (regime di
autoconsumo); e da un regime agrario comunitario, lunico modo per consentire la sopravvivenza agli addetti
allagricoltura. Sopravviveva il sistema dellopen field (sfruttamento della terra secondo regole comuni) basato
sulla rotazione triennale che comportava la presenza del maggese (riposo della terra) ogni tre anni. Laumento
della popolazione significava aumento della domanda di derrate agricole, ci non consentiva pi rilasciare
larghe porzioni di terreni incolti; n la dispersione dei fondi per gli sprechi di tempo e di capitai richiesti per la
loro coltivazione. Lenclosure (recinzioni) fu loperazione che consent, legalmente, la chiusura dei open field,
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previamente divise e appoderate. Il movimento prese lavvio dai grandi proprietari, che miravano ad accrescere
la produzione, spingendo i rendimenti e mettendo a cultura sempre nuove terre.

Date le difficolt di sostenere le spese di recinzione da parte dei contadini, molti furono costretti a vendere la
propria particella di cui approfittarono i grandi proprietari, che accrescendo la dimensione dellazienda agraria e
il passaggio in altre mani consentirono nuovi metodi di coltura: labbandono del sistema dei tre campi e
ladozione della rotazione continua (metodo di Norfolk), lintroduzione della rapa nella rotazione che
consentiva al terreno di azotarsi. Lallevamento del bestiame da brado si trasform in tabulare consentendo il
miglioramento delle razze e la raccolta del letame. La piccola industria domestica, diffusa nelle campagne, fu
abbandonata e la manodopera prese altre direzioni.
RIVOLUZIONE DEI TRASPORTI
La politica stradale era affidata alle parrocchie, ma data la palese inferiorit nel settore alla fine del 1700 il
Parlamento vot le turnpike bills, con le quali si permise a privati la costruzione di strade e di esigere un
pedaggio dagli utenti, andando loro incontro con esenzioni fiscali e sovvenzioni. Questi ammodernamenti
permisero allagricoltura di trovare nuovi mercati, alle citt la possibilit di approvvigionarsi senza timore di
carestie future, agli industriali di concentrare le loro imprese dal momento che la fornitura di carbone e materie
prime sarebbe diventata pi regolare e a buon mercato, senza dire la riduzione del costo e del tempo del viaggio
per i passeggeri.
Al di l di questi fattori non bisogna trascurare il ruolo giocato dalla mentalit e dai comportamenti delluomo,
dal suo spirito scientifico e lassunzione dei rischi, ossia lintroduzione di invenzioni e innovazioni.

RUOLO DELLE INVENZIONI
La caratteristica fondamentale della rivoluzione industriale va ricercata in due fatti:
- lo scambio del prodotto;
- la divisione del lavoro, la cui evoluzione palese passando attraverso i quattro stadi ipotizzati da Marx:
Industria domestica, Industria a domicilio, Manifattura, Grande industria.
Tutto ci fu reso possibile grazie ad una serie di invenzioni e innovazioni.
IL SETTORE TESSILE
Il fattore economico e tecnico scatenante fu rappresentato dalla crescente importazione di cotone in quanto
lofferta era pi elastica della lana e per sua natura era pi adatto alla meccanizzazione. Le due grandi
invenzioni che rivoluzionarono il campo della filatura furono la giannetta filatrice (spinning jenny) di Hargraves
(1765) e il telaio ad acqua (water frame) di Arkwright (1768), le quali segnarono il passaggio dal lavoro
domestico alla manifattura. Nel 1779 Crompton invento il filatoio intermittente (mule-jenny), si trattava di un
incrocio tra la jenny, che dava un filo sottile ma delicato, e il water frame che dava un filo grosso ma resistente.
I successi raggiunti nel settore della filatura fecero aumentare la domanda di tessitori che a sua volta fece
aumentare i loro salari a scapito della bont del lavoro; il che incoraggi i datori di lavoro ad usare pi
macchinari e a ridurre il numero dei tessitori impiegati. La nuova situazione spinse Cartwright (1785) a
brevettare un nuovo telaio meccanico (power loom) che poteva sostituire il lavoro di tre tessitori, grazie alluso
della macchina a vapore. La domanda di macchinari sempre pi complessi fece aumentare la domanda di ferro
che stimol lo sviluppo dellindustria chimica (costruzione di nuove fornaci) e lindustria del ferro stesso.
LA SIDERURGIA
Non a caso il settore siderurgico fu il secondo motore della rivoluzione industriale. Il metallo veniva utilizzato
per la costruzione dei telai, delle macchine a vapore e delle attrezzature agricole. Il settore fu stimolato da due
fattori: lesaurimento progressivo dei boschi e lalto prezzo del metallo a causa della crescente domanda.
Allinizio del 1700 si provvedeva alla produzione del ferro tramite il puddellaggio, processo lungo, costoso e
con grandi perdite di materiale. Nel 1708 Darby produsse il ferro mescolando il minerale con il carbone. Nel
1783 Cort invent una nuova tecnica: la combinazione del puddellaggio con la laminazione, che riduceva i
tempi di lavorazione di 15 volte con la possibilit di avere una gamma illimitata di sagome. Labbandono delle
tecniche tradizionali comport: a) un risparmio di combustibile; b) uneconomia di metallo, giacch
precedentemente met della ghisa veniva perduta nelle scorie; c) ladattamento allo sviluppo, ossia la possibilit
di assecondare una domanda crescente nellindustria, nelle costruzioni e nei trasporti.
LA MACCHINA A VAPORE
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La scoperta di Watt (1764) pu considerarsi la tappa finale della rivoluzione. Dapprima limitata alle pompe
(engine fire) per lestrazione dellacqua dalle miniere, dopo il brevetto del 1781 divenne una macchina motrice
svincolata dalla dipendenza dellenergia idraulica. Questinvenzione offriva allimprenditore la possibilit di
ubicarsi dove preferiva, al contrario della ruota che necessitava dei corsi dacqua, quindi la modifica della
geografia industriale del paese; favor la concentrazione delle imprese perch il costo elevato degli impianti
port allassociazione di capitali e diede vita a nuove forme di organizzazione del lavoro; consent lo sviluppo
della ferrovia che avvicin i centri di produzione da quelli di consumo.
I RISULTATI E I COSTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Riduzione dei costi, aumento della produttivit, produzione di massa avevano messo a disposizione della
popolazione in crescita una grande quantit di beni a fronte dei quali il prezzo da pagare fu molto alto. Alle
prime generazioni di operai, soprattutto quelli di origine artigiana e contadina, pi che un inutile alleato la
macchina apparve un nemico da combattere. Di qui un diffuso malcontento spesso degenerato in manifestazioni
violente di protesta (luddismo) con distruzioni di macchine e diffuse astensioni dal lavoro. La miseria gi
nascosta nelle campagne veniva alla ribalta delle citt e diventava pi visibile; la trasformazione operatasi dal
1790 al 1840 spinse la vita operaia in direzione di un innegabile miglioramento dellalimentazione, grazie ai
progressi delle tecniche agricole e allaumento della produzione. Come non si pu negare un peggioramento
delle condizioni abitative dovute al grande afflusso nelle citt accompagnato da una crisi di civilt.

DAL PROTEZIONISMO AL LIBERO SCAMBIO (1815-1846)
La fine delle guerre napoleoniche e lapertura dei mari segnarono la caduta delle esportazioni inglesi; di qui il
ristagno della produzione, la caduta dei profitti, la riduzione dei salari e laumento della disoccupazione. I
prezzi precipitarono e la prosperit dellagricoltura ebbe fine. La violenta caduta dei prezzi del grano tra il 1812
e il 1814 aveva indotto alla nascita della legge protettiva corn law che fu bocciata dagli economisti. Nel 1822
una legge pi morbida sanc ladozione della scala mobile ossia ladozione di dazi protettivi man mano che il
prezzo del grano scendeva. La crisi del 1836-37 e il dilagare della miseria innescarono una campagna di stampa
a favore dellabolizione delle leggi sul grano, additando lostacolo pi grave nel protezionismo granario. Nel
1845 i cattivi raccolti nonch la carestia di patate in Irlanda spinsero allabolizione delle leggi protezionistiche.
Era evidente che lInghilterra da paese agricolo si era trasformato in paese industriale e commerciale; alla fine
del 1800 il 75% delle sussistenze sar importato dallestero.

LA PROSPERITA VITTORIANA (1850-1870)
In questi anni lequilibrio demografico e sociale vide il superamento del numero degli abitanti delle citt
rispetto a quello delle campagne. Lintervento dello Stato nelleconomia doveva essere ridotto al minimo e
ciascuno era chiamato a sviluppare senza ostacoli le proprie capacit e i propri talenti. Alla ripresa verificatasi
in questi anni, alla quale non fu estranea le scoperta delle miniere di oro della California (1848) e dellAustralia
(1851), dove gli inglesi erano spinti ad investire, viene dato i nome di prosperit vittoriana. I fattori del
successo vanno ricercati nella rivoluzione delle ferrovie e della navigazione (gli scafi in ferro segnarono il
tramonto della vela). La mancanza delle banques daffaires e la necessit dellautofinanziamento diedero
slancio allo sviluppo delle banche. Anche lagricoltura grazie alla completa meccanizzazione e allo sviluppo dei
concimi chimici fu caratterizzata da alti rendimenti.

UN PIONIERE ALLE STRETTE (1870-1914)

LA PRIMA CRISI INTERNAZIONALE E I FATTORI DI TRASFORMAZIONE DELLESPANSIONE
DEL CAPITALISMO
Il periodo che copre lultimo trentennio del 1800 e il primo decennio del 1900 segn il culmine del capitalismo.
Il paese risent di una notevole emigrazione della popolazione affiancata da una caduta del tasso di natalit
rispetto a quello di mortalit: transizione demografica. Il sistema economico di questi anni conquist il mondo
attraverso la sua espansione imperialista. Elementi caratterizzanti sono importanti istituzioni come banche ,
societ, borse e soprattutto la generalizzazione del tallone-aureo. Il fatto nuovo fu lingresso dellelettricit sulla
scena economica che innesc la seconda rivoluzione industriale. Tuttavia gli anni dal 1873 al 1896,
corrispondenti alla fase discendente del ciclo economico, furono caratterizzati da una generalizzata discesa dei
prezzi con unalternanza di crisi e impennate di prosperit.
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IL RALLENTAMENTO DELLA CRESCITA (1880-1905)
Avendo lasciato a distanza gli altri paesi la Gran Bretagna poteva contare sullesportazione dei suoi prodotti nel
mondo intero e costruire la sua ricchezza sul commercio internazionale; non solo con lesportazione di prodotti
manufatti, bens di capitali. Essa era tra i maggiori prestatori di denaro a Stati Uniti e America latina. Fino al
1880 mantenne il primato mondiale nella produzione industriale (carbone e ferro) ma nel 1890 fu sorpassata
dagli USA nella produzione dacciaio. Cominciano ad intravedersi segni di stanchezza in particolare nelle
vecchie industrie (carbone); ci dovuto oltre che alla tendenza generale al ribasso dei prezzi sullonda lunga
1873-96, al diffuso malessere nel settore agricolo incapace di sostenere la concorrenza internazionale.
Dal 1896 la Gran Bretagna simbatt nella concorrenza di paesi nuovi, come Stati Uniti e Germania, rivali che
avevano creato una propria industria. La perdita di certi mercati, vuoi per linnalzamento di barriere doganali,
vuoi per la creazione di una propria industria, da parte di quei paesi, spinse la Gran Bretagna alla ricerca di
nuovi sbocchi e di materie prime in quelli che non avevano la possibilit di rifiutarsi al suo commercio. Si
spiega cos la nascita di un neo-colonialismo che vide un gran numero di paesi nominalmente indipendenti
entrare nellorbita politica e soprattutto economica delle grandi potenze, dai quali acquistavano certe loro
produzioni che esse stesse incoraggiavano e dirigevano.

LA RIPRESA
Anche la Gran Bretagna partecip alla vigorosa ripresa dovuta alla seconda rivoluzione industriale. Il 1906
segn un nuovo corso. La questione doganale fu il tema principale della campagna elettorale seguita alla caduta
del Parlamento: i liberali si elessero paladini del libero scambio; gli unionisti sposarono le tesi protezionistiche
di Chamberlain; sul fronte del movimento operaio si realizz il partito politico del Labour Party. La ripresa che
and avanti fino al 1913 tocc principalmente i settori dellindustria e non quello dellagricoltura che rimase
stazionario. Comunque il tasso annuo di crescita rimase inferiore a quello degli anni della prosperit vittoriana a
causa probabilmente del fallimento imprenditoriale della Gran Bretagna. La forza economica battuta sul
piano industriale si difese su quello commerciale grazie alla sua flotta mercantile. Il Regno Unito era ancora il
grande distributore di capitali e la sua moneta era lo strumento indispensabile agli scambi internazionali,
conservava il suo ruolo di mediatrice.


LECONOMIA INGLESE TRA LE DUE GUERRE (1914-1940)

LECONOMIA DI GUERRA
Alla vigilia della prima guerra mondiale leconomia aveva assunto dimensioni mondiali e, pertanto, gli ostacoli
al commercio internazionale crescevano in proporzione; una parte del mondo sfruttava laltra creando profondi
antagonismi. Lo scoppio del primo conflitto sar un rivelatore delle debolezze nascoste in questo sistema. E se
il capitalismo sopravvisse il prezzo pagato fu alto: scomparsa del liberalismo a favore del dirigismo statale.
Fino a quel momento esisteva un equilibrio europeo quale laveva definito il Congresso di Vienna e su cui la
Gran Bretagna vegliava gelosamente. La Germania per prima lo ruppe a suo vantaggio ed il tessuto degli
scambi internazionali fu completamente distrutto avendo la guerra scatenato i nazionalismi pi esasperati. Il
capitalismo fino a quel momento simbolo del progresso era sul banco degli accusati: il responsabile diretto o
indiretto della guerra che aveva distrutto lEuropa. Sul piano monetario la guerra ebbe due conseguenze:
- allinterno innesc un pericoloso processo inflazionistico che determin un forte aumento dei prezzi e
mise in moto una redistribuzione dei redditi tra i due estremi: lo schiacciamento dei redditi fissi e
lapparizione di fortune scandalose;
- sul fronte internazionale comport la completa disorganizzazione del sistema e signific la fine del
tallone oro.

GLI ANNI DIFFICILI (1919 - 1930)
In Gran Bretagna la demografia non sub gravi perdite durante la prima guerra mondiale. Gli apparati
produttivi, bench invecchiati, furono presto ricostruiti. I profitti realizzati dalle imprese e i buoni salari degli
ultimi anni fecero lievitare la circolazione monetaria e stimolarono i consumi; ma i prezzi aumentarono pi in
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fretta. Il peggioramento della bilancia dei pagamenti e labbandono del tallone-oro, nel 1919, imposero una
politica di deflazione che caus una notevole riduzione della produzione industriale e una brusca impennata
della disoccupazione. A questo punto levoluzione delleconomia inglese si distacca da quella degli altri paesi
che ebbero invece una certa ripresa. Responsabile di tutto ci fu ritenuta la politica monetaria, sicch il
cancelliere Churchill pens di ripristinare la convertibilit in oro della sterlina (Gold bullion act 1925). Le
conseguenze furono positive e negative: riportando la sterlina al tasso di cambio antecedente alla guerra,
significava sopravvalutarla, con la conseguenza, allinterno, di una riduzione del potere dacquisto e,
allesterno, di un freno alle esportazioni inglesi.





DALLA CRISI AL RISANAMENTO (1930 - 1939)
Lo scoppio della crisi di Wall Street ebbe ripercussioni gravissime su uneconomia non ancora perfettamente
ristabilita e ruotante attorno al commercio internazionale. La rivalutazione della sterlina aveva impedito alla
Gran Bretagna di partecipare al processo di espansione che avevano conosciuto gli altri paesi dal 1926 al 1929.
La scelta di quella politica sacrificava la produzione industriale al fine di conservare alla piazza di Londra il
ruolo finanziario mondiale. La situazione interna and degenerando e la disoccupazione sal. La situazione
peggior a partire dal 1931 con lapparire del disavanzo della bilancia, prodotto dal calo delle vendite di servizi,
diretta conseguenza del rallentamento dellattivit economica mondiale e del calo degli interessi dei capitali
esportati, il cui flusso non compensava il saldo negativo della bilancia commerciale. La profonda crisi
finanziaria innesc una parallela crisi politica. Il nuovo governo di Unione Nazionale riguard il pareggio del
bilancio e successivamente fu costretto a sospendere la convertibilit in oro della sterlina. La decisione della
sospendere il tallone-oro comport un brusco abbassamento del corso della sterlina; larresto dei capitali che
fino al 1931 si erano diretti su Londra e il ritiro di quelli esteri. Allinterno, conseguenze favorevoli si ebbero
sullequilibrio della bilancia dei pagamenti, grazie alla ripresa delle esportazioni.
Sta di fatto che la Gran Bretagna fu il primo paese ad uscire dalla crisi.


LA GRAN BRETAGNA TRA GUERRA E RICOSTRUZIONE (1940 - 1960)

LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA
Gli anni di guerra non furono solo anni di devastazione economica, si benefici dei progressi della tecnica e di
nuove scoperte scientifiche in molte industrie di grande potenzialit per il futuro sviluppo. LInghilterra riusc
con poche spese per la riparazione a riportare in attivit gran parte del capitale produttivo.

LA RICOSTRUZIONE
Uscito vittorioso dalla guerra , il Regno Unito, a parte le perdite subite e gli enormi sforzi compiuti, aveva al
suo attivo un livello di produzione industriale a agricola pi elevato che nel 1939, una moneta ancora solida e
una inflazione contenuta. Oltre alla politica di occupazione e alla creazione del Welfare State, si propose la
nazionalizzazione di alcune industrie pi importanti, specie quelle a pi forte intensit di capitale. Vennero
nazionalizzate la Banca dInghilterra, lindustria del carbone, lelettricit, il gas e le ferrovie. Sul piano
internazionale sembrava aver perduto ogni influenza tranne che in Medio Oriente, tuttavia la sua flotta torn ad
essere la pi attiva del mondo.

IL WELFARE STATE
Con la seconda guerra mondiale lo Stato assumer un ruolo nuovo. Il Welfare State esprime questa nuova
vocazione sociale, che vuole essere la risposta politica ed ideologica delle democrazie al socialismo e al
corporativismo. Sta ad indicare una concezione interventista dello Stato che garantisce ad ogni individuo il
godimento dei diritti sociali riconosciuti dalla comunit a tutti i suoi membri: diritto alla vita, al lavoro, alla
salute, alleducazione, alla casa..al benessere. In Inghilterra il movimento di riforma prese lavvio dallascesa
al potere del Labour Party. Il Welfare State mirava ad una redistribuzione della ricchezza allo scopo di
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assicurare ai pi poveri di che vivere, a tutti la sicurezza e luguaglianza delle fortune, a danno delle classi pi
agiate.














LALTERNATIVA FRANCESE AL MODELLO INGLESE DI
INDUSTRIALIZZAZIONE, OVVERO LA CRESCITA
ECONOMICA TRA SETTE E OTTOCENTO

DALLA RIVOLUZIONE ALLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE (1789 - 1870)

LA FRANCIA PRERIVOLUZIONARIA
Nel corso del 1700 la Francia era riuscita ad impiantare una proto-industrializzazione manifattura sparsa a
domicilio. Accanto a queste forme predominanti non mancavano vere e proprie manifatture dotate dalla
corona di numerosi privilegi: monopolio di vendita, esenzioni fiscali e soprattutto sovvenzioni, prestiti e premi
allesportazione (es: tappezzerie Gobelins, vetreria S. Gobain). Alla vigilia della Rivoluzione la Francia
partecipava al commercio mondiale con una quarto delle esportazioni. Alla grande espansione commerciale non
corrispondeva un analogo sviluppo dellattivit creditizia paragonabile a quello olandese o inglese. La terra,
ancora nel 1700, rappresentava il mezzo pi sicuro per arricchirsi. Lo scoppio della Rivoluzione del 1789 colse
la societ francese in pieno assetto feudale. La sua origine economica da ricercarsi nello squilibrio delle forze
in agricoltura a favore di una cospicua aristocrazia terriera.

LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLA RIVOLUZIONE; IL BLOCCO CONTINENTALE
La Rivoluzione ebbe il merito di instaurare la totale libert del lavoro, facendo cadere ogni regolamento e
controllo, condizione essenziale e preliminare al manifestarsi di qualsiasi iniziativa del capitalismo industriale.
Nelle campagne laggressione al sistema feudale comport delle conquiste di grande livello: la liberazione del
suolo e degli uomini, labolizione di ogni tipo di peso e la piena propriet della terra. Al contrario cambi
poco la struttura economica in quanto il consumo, la produzione e la popolazione ruotava attorno
allagricoltura. In materia di commercio dopo una ventata di libert si torn al protezionismo al fine di tutelare
unindustria appena nascente. Inoltre Napoleone, con lintento di distruggere leconomia inglese, nel 1806
eman il blocco continentale per il quale nessun prodotto di nessun paese europeo poteva essere importato da o
esportato in Gran Bretagna (non ebbe molto effetto in quanto i maggiori rapporti commerciali inglesi erano
rivolti allAmerica). Dopo le guerre napoleoniche, perdute le colonie, la Francia vide decimata la sua flotta
militare, mentre quella mercantile consisteva di soli velieri. Lagricoltura rimaneva legata ai vecchi schemi e ad
unindustria domestica sparsa per le campagne; mentre le manifatture, con i loro prodotti di qualit, avevano
perduto gran parte della clientela.

I MOTIVI DEL RITARDO FRANCESE
A parte la notevole differenza nella disponibilit di risorse naturali rispetto alla Gran Bretagna, lo sviluppo
economico della Francia fu frenato da una serie complessa di fattori. Essa non aveva conosciuto la rivoluzione
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demografica n la rivoluzione agricola (enclosure), nellultimo quarto di secolo mostrava una finanza statale
in una situazione disastrosa e la situazione politica non era migliore viste le guerre napoleoniche. Di fronte alla
caduta dei profitti e alla riduzione della rendita verificatasi in agricoltura (dovuti alla riduzione degli sbocchi e
ai cattivi raccolti), gli interessati chiesero laiuto dello Stato che, nel 1815, concesse ladozione della scala
mobile (sistema di dazi protettivi che aumentavano non appena il prezzo dei prodotti interni accennava a
scendere). Altri tentarono la via della sperimentazione del progresso agronomico al fine di abbassare i costi di
produzione. I campo industriale si imbocco la via del protezionismo con ladozione di alte tariffe
allimportazione; si avvi un rapido processo di meccanizzazione degli impianti grazie alla macchina a vapore;
si segu la strada della concentrazione sia tecnica che economica.

LE BASI DEL DECOLLO DELLECONOMIA E LA NASCITA DELLINDUSTRIA MODERNA
Dal 1850 si verific unaccelerazione del ritmo di sviluppo spiegabile grazie alla combinazione di diversi
fattori. Primo tra tutti la nascita della ferrovia che permise labbassamento dei costi e dei tempi di percorrenza
nonch lallargamento del mercato interno. Lagricoltura sub una grande trasformazione: ad unagricoltura di
sussistenza e di autoconsumo si sostitu una agricoltura commercializzata: nacquero i grandi magazzini. La
nuova politica intrapresa da Napoleone III anzich combattere la potenza inglese, stipul nel 1860 uno storico
trattato commerciale. Il cambiamento pi importante si ebbe nella nuova organizzazione del credito: aumento
dello sconto di effetti commerciali e la nascita di nuovi stabilimenti di credito. Apparirono le grandi banche di
deposito che tra il 1852 e il 1870 facilitarono laumento della produzione che triplic.

LEVOLUZIONE DELLA CRESCITA (1871 1914)

LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA FRANCO PRUSSIANA
Il decollo fu bruscamente interrotto intorno al 1870 a causa di due fatti concomitanti: sul piano esterno la guerra
franco-prussiana e su quello interno dalla guerra civile (la Comune). Il conflitto caus poche perdite umane e ,
anche dal punto di vista economico strutturale, non dette luogo a profondi cambiamenti. Le conseguenze
scaturite dal trattato di Francofone (10 maggio 1871) furono di natura territoriale e finanziaria. La Francia fu
amputata dellAlsazia (ottimo centro tessile) e della Lorena (bacini carboniferi e industria di sale) subendo
quindi una perdita di materie prime agricole (unampia regione agricola) e industriali. Inoltre la Francia fu
sottoposta al pagamento di unindennit che, anche se arrec enormi conseguenze sulleconomia, fu pagata in
tempo dai francesi grazie alla immediata sottoscrizione di titoli del debito pubblico al 5%. La Francia, che in
quel periodo godeva di un ottima economia, vide migliorare le esportazioni grazie agli acquisti della Germania
che in quel periodo attraversava la depressione. In conclusione leconomia francese realizz uneccedenza nella
bilancia commerciale che stimol leconomia.

LA GRANDE DEPRESSIONE (1882 - 1896)
Per ogni paese lesistenza di un debito pubblico troppo pesante, specie in periodo di ribasso dei prezzi, sempre
paralizzante. Cos in Francia, gran parte delle entrate fiscali, anzich essere orientate verso investimenti
produttivi, fu sterilizzata per il pagamento degli interessi e per lammortamento del debito. In agricoltura il
valore della produzione diminu. Di fronte alla crisi molti paesi trasformarono lagricoltura (Danimarca e
Olanda abbandonarono la coltura dei cereali e preferirono dedicarsi allallevamento) cosa che non fece la
Francia la quale prefer trovare il riparo nella protezione e nei metodi tradizionali. Anche sul piano industriale
segu la via del protezionismo. In definitiva, il ristagno dellagricoltura e della popolazione signific un
rallentamento del ritmo di sviluppo dellindustria. Per quanto riguarda il settore risparmio-investimento riusc a
risparmiare e a progredire lentamente grazie allorganizzazione capillare delle banche locali e regionali e allo
sviluppo delle casse di risparmio; detti risparmi finanziavano lo sviluppo di altri paesi.

VERSO LA SECONDA INDUSTRIALIZZAZIONE (1895 -1914)
Nel breve tempo la ricetta Mline ebbe effetti positivi. In agricoltura evit la catastrofe, perch i dazi protettivi
ridussero le importazioni sia in volume che in valore con miglioramento della bilancia commerciale. Dal punto
di vista industriale il protezionismo, dopo un breve periodo di incertezza, non imped laumento degli scambi
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internazionali. Fu soprattutto grazie alla ripresa del dinamismo industriale dovuto allapplicazione dellenergia
elettrica che laumento dei profitti legato allaumento dei prezzi favor la crescita degli investimenti.
Alla vigilia del primo conflitto mondiale le distanze tra Francia, Germania e Inghilterra si erano accorciate.


LECONOMIA FRANCESE TRA LE DUE GUERRE (1914 - 1940)

TRA GUERRA E RICONVERSIONE
La gravit delle perdite demografiche inflitte ad un paese il cui tasso di natalit era il pi basso dEuropa ed in
cui, gi prima della guerra, la popolazione era anziana, fu chiaramente avvertita dai francesi. Le conseguenze
del conflitto turbarono lattivit economica in quanto il finanziamento della guerra aveva reso necessario il
ritiro degli investimenti francesi allestero; dallaltro la rivoluzione bolscevica aveva ingoiato quelli collocati in
Russia. La necessit di ricostruire le attrezzature e il ritardo con cui si provvide a soddisfare la domanda di beni
di consumo stimolarono lo sviluppo dellindustria dei beni di produzione il cui indice aumento fino al 1920.
Durante la prima met del 1921 la depressione fu severa e solo nel secondo semestre la Borsa si riprese e la
produzione industriale cominci a progredire; il paese per non poggiava ancora su basi stabili.








LA CALMA PRIMA DELLA TEMPESTA: LA CRISI DELLECONOMIA FRANCESE (1926 -1935)
La crisi francese era soprattutto una crisi di fiducia e al Presidente della Repubblica la persona giusta sembr
Poincar. Bastarono la sua presenza e lannuncio di una politica di stabilizzazione, che restituiva alla Francia il
regime di Gold exchange standard , a far rientrare i capitali che erano fuggiti ad abbassare il corso della sterlina
del 18%, nonch a scommettere sul rialzo del franco, per cui alla Banca di Francia affluirono oro e divise.
La concorrenza dei prodotti inglesi, pi competitivi, scaten una recrudescenza del protezionismo con drastiche
riduzioni degli scambi.
Sta di fatto che fino alla fine del 1929 la produzione aument per poi diminuire del 47% fino al 1932.
La situazione si aggrav nel 1933 quando, anzich allinearsi a Gran Bretagna e Stati Uniti nellabbandono del
tallone oro e svalutare, cerc di migliorare la situazione del bilancio statale puntando sul ritocco delle imposte
e sulla riduzione del trattamento dei funzionari. La stabilizzazione del franco, che in realt si era svalutato
rispetto alle altre monete, aveva stimolato le esportazioni scoraggiato le importazioni determinando un afflusso
di oro; per questo motivo il paese entr tardi nella depressione ma vi rester fino al 1938. A partire dal 1933 la
disoccupazione tocc lintera classe dei salariati.

LO STATO DI FRONTE ALLA CRISI (1936 - 1939)
Il regime era in crisi ed era incapace di riformarsi; gli operai diedero vita a scioperi generalizzati. Latmosfera
quasi rivoluzionaria si stemper con gli accordi di Matignon che aumentarono i salari, ridussero le ore
lavorative, introdussero un congedo pagato di due settimane e alla generalizzazione della contrattazione
collettiva. N le misure adottate per il rilancio della produzione, n la svalutazione del franco, nel 1936, diedero
grandi risultati. Laumento dei costi derivante dagli accordi di Matignon ostacolarono lo sviluppo della
produzione che invece era sollecitata dal cresciuto potere di acquisto dei lavoratori. Per stimolare lattivit
economica lo Stato simpegn nel riarmo ed elabor un piano triennale che assicurava alle imprese lo sbocco
dei propri prodotti. La ripresa ci fu, nuovi capitali affluirono in Francia, la bilancia dei pagamenti torn in
equilibrio ma purtroppo era lultimo anno di pace.


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DAL II DOPOGUERRA ALLA V REPUBBLICA: RICOSTRUZIONE E SVILUPPO
ECONOMICO (1945 - 1958)

LA RICOSTRUZIONE
La Francia si classifica tra i paesi occidentali con i migliori risultati nel ripristinare il capitale distrutto e gettare
le basi di nuove strutture. Come primo atto il governo pose riordinamento dei prezzi e dei salari bloccati alla
fine del 1939. Sulle prime le imprese, grazie al risparmio forzato accumulato negli anni di guerra, poterono
sopportare lincremento dei costi, ma quando salari e prezzi aumentarono gli equilibri si rovinarono. De Gaulle
nel 1945 stese un programma che prevedeva la nazionalizzazione delle principali fonti di energia (gas, carbone,
elettricit), la Banca di Francia e altre quattro grandi banche. Nel 1949 la produzione industriale aument e il
piano che doveva essere una misura demergenza divenne unistituzione permanente. Esso non mirava tanto
allo scopo di controllare la produzione quanto di orientarla:
- piano Monnet (1947-53) prevedeva la ricostruzione dellapparato produttivo di base e il ristabilimento
delle infrastrutture (carbone, elettricit, acciaio, trattori, ferrovie, ponti), concentrando tutte le risorse su
questi investimenti, fatti dallo Stato in quanto si trattava di settori nazionalizzati. Aumento della
produzione del 50%;
- secondo Piano (1954-57) prevedeva la ricerca scientifica, il finanziamento della modernizzazione e
laumento della produttivit, cercando di ammortizzare lo sviluppo tra linterno e lestero;
- terzo Piano (1958-61) cerc di coprire tutta leconomia compreso il settore privato. I problemi da
affrontare riguardavano: la distribuzione, per ladattamento della Francia alla CEE; lagricoltura
necessitava uno slancio; il decentramento industriale; la politica dei redditi e la partecipazione delle
organizzazioni operaie alle decisioni della pianificazione economica.
Una robusta classe imprenditoriale, sia pubblica che privata, assicur alla Francia potenza e competitivit.





GERMANIA: NASCITA E SVILUPPO DI UNA POTENZA INDUSTRIALE

LE TAPPE VERSO LUNIFICAZIONE ECONOMICA (1800 - 1848)

LECONOMIA DEGLI STATI TEDESCHI AI PRIMI DELLOTTOCENTO
Ai primi dellOttocento la Germania lo sviluppo economico era condizionato dal frazionamento politico ed
economica del suo territorio, che raggiunse ununit politica soltanto nel 1871. Questo lungo processo di
unificazione fu agevolato dagli effetti della rivoluzione francese e dalle successive conseguenze delle guerre e
conquiste napoleoniche, che apportarono nuove idee e consentirono leliminazione di diverse dinastie.
Nelle campagne la vita era segnata dalla persistenza di istituzioni arcaiche complesse e diversificate: nella zona
orientale prevalevano i grandi possessi terrieri, scarsamente popolati e condotti per lo pi da servi per conto dei
proprietari; nella parte occidentale (a sinistra dellElba) le imprese agrarie risultavano pi frazionate. In alcune
regioni quali la Sassonia, lAlta Slesia e le province renane, operavano alcune industrie tradizionali organizzate
nella forma dellartigianato e dellindustria a domicilio per conto di mercanti imprenditori. La societ viveva di
una produzione volta allautoconsumo. Questo grave ritardo che caratterizza lo sviluppo economico degli Stati
tedeschi era influenzato dal frazionamento politico: ogni Stato rimaneva separato dagli altri attraverso un
complesso sistema di barriere doganali, che ostacolavano gli scambi e creavano un infinit di piccoli mercati
locali. La Prussia per prima senti lesigenza di avviare un processo di unificazione commerciale.

LUNIFICAZIONE DOGANALE E LAMPLIAMENTO DEL MERCATO: LO ZOLLVEREIN
In Prussia il problema principale era dovuto alle dogane interne che impedivano lapprovvigionamento dei beni
e la circolazione dei prodotti. Nel 1818 venne introdotta ununica tariffa doganale destinata ad agevolare
lintroduzione nel paese di materie prime, di manufatti e di prodotti coloniali. Liniziativa della Prussia venne
accolta da altri piccoli Stati e da qui lavvio di una politica di reciproche agevolazioni. Per evitare danni alle
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industrie nascenti si adotto una politica di protezione proposta dal giovane studioso List. A distanza di tre lustri
(15 anni) la politica intrapresa dalla Prussia otteneva il meritato successo con la nascita dellUnione doganale
(Zollverein) che entrata in vigore nel 1834 riusc ad inglobare gran parte degli Stati tedeschi. Nonostante ci
leconomia tedesca rimaneva sempre indietro rispetto a quella francese ed inglese a causa al problema della
protezione dellindustria nascente. Il protezionismo, auspicato dal List, andava limitato alle industrie nascenti,
le quali una volta divenute adulte avrebbero dovuto competere ad armi pari con quelle degli altri paesi in un
regime internazionale di libero scambio. Nel 1842 scadeva laccordo dellUnione doganale e si persegu su un
sistema di barriere doganali che garantisse un liberismo interno e un regime protezionistico allesterno.

GLI AVVENIMENTI DEL 1848 E LEGEMONIA DELLA PRUSSIA
Nel 1848 anche la Germania veniva scossa dal vento rivoluzionario. Nel 1849 il nuovo Parlamento, formatosi
sulla spinta dellondata rivoluzionaria, redigeva a Francoforte una Costituzione nella quale sembrava assumere
una valenza prioritaria lunificazione economica del paese, ma essa, a seguito del fallimento dei moti, non
riusc ad avere pratica attuazione. Eppure i moti ebbero molte conseguenze sul piano economico e sociale. Era
opportuno che materie prime, merci e prodotti giungessero nei vari mercati ed alle nascenti industrie di
trasformazione in modo rapido e sicuro garantendo approvvigionamenti continui e costanti. Di qui limportanza
dei sistemi di trasporto e delle vie di comunicazione. Si attu una politica di costruzioni, formando una rete
viaria e la nascita della ferrovia: negli Stati minori fu lo Stato ad assumere gli oneri pi gravosi, mentre in altri
stati, soprattutto in Prussia, un ruolo importante venne svolto dalliniziativa privata, alla quale lo Stato si
impegn a garantire un minimo di reddito. In tal modo la Prussia si poneva al vertice nel continente europeo
non solo per lo sviluppo della rete ferroviaria ma anche per il vantaggio che tale rete consentiva di spostarsi da
una parte allaltra della Germania. Nel momento in cui leconomia tedesca si avviava ad assumere un ritmo di
sviluppo pi intenso, i contrasti tra la Prussia e lAustria divennero insanabili. La Prussia riusc ad avere partita
vinta non solo sul piano economico, escludendo lAustria dai trattati commerciali stipulati con i vari paesi
europei, anche a nome di quegli Stati del Sud che vicini ad essa si erano mostrati sino allultimo restii ad
entrare nella sua orbita, ma anche su quello politico, che peraltro sarebbe stato poi sanzionato con la sconfitta
del suo tradizionale avversario nella guerra del 1866.




LECONOMIA E LAVVIO ALLO SVILUPPO (1849 - 1870)

LE TRASFORMAZIONI IN AGRICOLTURA
Significativi per lagricoltura furono gli editi emanati in Prussia tra il 1807 e il 1811, i quali non sanzionavano
soltanto la libert personale dei contadini da ogni e qualsiasi costrizione signorile cui da secoli essi erano stati
sottoposti ed avevano passivamente subito, ma anche quella della terra, il cui possesso e godimento non furono
pi appannaggio quasi esclusivo delle classi nobiliari. La complessit del processo di trasformazione agraria in
questi anni trov le sue ragioni nella duplice configurazione delleconomia agricola in Germania: da una parte
le regioni orientali dominate dalle grandi imprese agricole gestite dagli Junkers, che rappresentavano un
modello avanzato di agricoltura protesa verso il mercato; dallaltra, le regioni occidentali e meridionali, dove
esistevano piccole e medie imprese assai diversificate ed assimilabili a quelle prevalenti nel mondo rurale
francese. Dal 1850 fino al 1865 la situazione cambi e vide lagricoltura tedesca colmare il grande divario con
la Francia grazie allaumento demografico, la maggiore facilit delle comunicazioni e la consistente richiesta di
nuove terre da destinare alla coltura sia estensiva che intensiva. Sin dai primi del 1800 i sistemi di coltura si
erano basati sul sistema dei tre campi, ma grazie allagronomo Thaer venne a svilupparsi il sistema della
rotazione nei campi e il sistema stabulare nellallevamento delle pecore e dei bovini. Grazie allaiuto della
scienza agronomica si ebbero molti miglioramenti anche nelle operazioni tecniche e negli strumenti agricoli.
Un sostegno al progresso agricolo venne dagli organi governativi che agevolarono la nascita di istituti agrari,
corsi di economia presso le universit, ma anche dai proprietari fondiari prussiani, gli Junkers, che introdussero
importanti iniziative volte ad aumentare la produzione e la produttivit dei terreni.

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LO SVILUPPO DELLINDUSTRIA E LA QUESTIONE SOCIALE
Agli inizi del 1850 le condizioni economiche della Germania erano pi che favorevoli, grazie al corso
dellUnione doganale, al sistema di comunicazione ed al mercato di scambi. Ad agevolare questa fase di
decollo cerano le grandi disponibilit di carbone provenienti dal bacino della Ruhr dellAlta Slesia.
Significativo il ruolo dello Stato soprattutto in Prussia dove vennero aboliti i severi controlli sullattivit
estrattiva; nei casi in cui lo Stato non intervenne, suppl lintervento privato con finanziamenti e tecnici
provenienti dallestero. Se il settore tessile rappresentava ancora un comparto industriale particolarmente
importante nel panorama economico tra il 1850 ed il 1870, tuttavia si andavano definendo comparti
decisamente nuovi collegati con lindustria pesante: carbone e ferro costituirono i fattori principali dello
sviluppo accelerato del paese e gli consentirono di formare un robusto apparato produttivo, che avrebbe
influenzato positivamente altri settori ad esso connessi. Nel 1871 la Germania risultava il secondo produttore
mondiale di carbone grazie a nuovi metodi (Bessemer 1856, Siemens 1864). Lavviato processo di
industrializzazione fin per incidere sulle condizioni dei ceti economicamente pi deboli. Nel 1830 la questione
sociale veniva affrontata con lemanazione di una serie di provvedimenti che non ebbero molto successo, di qui
la nascita e lo sviluppo di movimenti che si posero come obiettivo laiuto della classe operaia: Raiffeisen e
Delitzsch fautori di banche destinate ad operare nei centri urbani e ad aiutare gli operai e piccoli artigiani. La
complessa tematica fu sviluppata dai cosiddetti socialisti della cattedra (Wagner, Brentano e Schmoller).
Wagner era il pi deciso nella critica del liberismo economico ed un fautore convinto dellintervento statale,
quale necessario correttivo ai conflitti tra le varie classi, in quanto riteneva che lazione individuale fosse del
tutto incapace a risolvere i problemi di interesse collettivo. Di qui la proposta di una serie di una serie di
interventi legislativi intesi a regolare i salari, gli orari di lavoro, il sistema creditizio, il commercio e il settore
cooperativo.

IL RUOLO DEL TERZIARIO: FERROVIE, BANCHE E COMMERCIO
La mancanza di una visione organica nella politica ferroviaria non imped lo sviluppo della rete, semmai
provoc una miriade di iniziative a livello periferico, che vide collocarsi in prima linea i entri urbani, interessati
ad avere un autonomo sistema ferroviario. Dopo il 1848 la situazione vide affiancarsi, accanto lintervento
privato, lintervento statale, soprattutto in Prussia, che si concretizz nella costruzione dellOstbahn (Ferrovia
orientale). Tra il 1850 e il 1870 le richieste provenienti dal settore ferroviario fecero sviluppare lindustria
tedesca. Si ottennero ottimi risultati in breve tempo grazie al regime protezionistico attuato dallo Zollverein e
nel sistema tariffario che mir da una parte ad agevolare limportazione di materie prime e dallaltra a
scoraggiare quella di prodotti finiti. Il binomio ferrovie industria pesante consent alla Germania di sviluppare
una sorta di industrializzazione alla rovescia: partendo dagli stadi terminali della produzione riusc ad estendersi
alle attivit di base differenziandosi dal modello sperimentato dalla Francia e dalla Gran Bretagna.

Le azioni ferroviarie emesse in quegli anni per finanziare le costruzioni diedero vita ad un vivace mercato
azionario e favorirono il notevole aumento delle societ per azioni. Tra queste un ruolo importante ai fini del
processo di sviluppo economico - industriale del paese fu svolto dalle banche. Nel 1853 venne fondata la
Banca per il commercio e lindustria e nel 1856 la Societ di sconto il cui modello di gestione del credito
prevedeva che nella loro attivit si potessero impegnare i propri depositi non solo per la produzione in genere,
ma anche nella costruzione di nuove societ e nella partecipazione alla loro gestione attraverso i propri
rappresentanti. Il potenziamento delle vie di comunicazione e la formazione di un moderno sistema creditizio
servirono a vivacizzare i commerci tra le due zone del paese, est e ovest, sviluppando il commercio interno e
realizzando cos gli obiettivi preposti dallUnione doganale.


LUNIFICAZIONE POLITICA E LACCELERATO PROCESSO DI
INDUSTRIALIZZAZIONE (1871 - 1914)

LA DINAMICA ED I FATTORI DELLA CRESCITA ECONOMICA
La caduta del II Impero sotto i colpi della nuova e insospettata potenza prussiana ed il lento declino
delleconomia inglese sembravano dare vantaggio alla Germania ed agli Stati Uniti. In realt per la Germania,
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unificata con la pace di Versailles nel 1871, la guerra vittoriosa aveva assunto un significato particolare:
lannessione dellAlsazia (fiorente per lattivit tessile) e della Lorena (giacimenti di minerali di ferro) e una
consistente indennit di guerra. Il periodo tra il 1870 ed il 1914 fu sicuramente caratterizzato da una notevole
crescita economica la cui dinamica si articol in tre fasi:
- una prima intorno agli anni 70 caratterizzata dallunificazione politica e dalla costituzione dellimpero,
caratterizzata da una forte febbre speculativa che porter alla seconda fase;
- una seconda, dal 1873 al 1896, che comprende un periodo di crisi e ristagno fino agli anni 80 e quindi
una consistente ripresa grazie allaumento della popolazione (inurbamento), ad un consistente sviluppo
agricolo (dovuto alla maggiore produttivit dei terreni) e al sostegno del sistema creditizio (Reichsbank,
organizzata in societ per azioni e sotto il controllo dello Stato);
- una terza, pi lineare, che si conclude alle soglie del primo conflitto mondiale e segna lingresso,
accanto ai tradizionali comparti industriali, di altri pi innovativi e moderni che daranno alla Germania
un indiscusso primato europeo.

IL PROCESSO DI INDUSTRIALIZZAZIONE E LO SVILUPPO DI NUOVI SETTORI:
ELETTRICITA E CHIMICA
Lo sviluppo industriale della Germania nella terza fase (1896 - 1914) tendeva a privilegiare le industrie di beni
di investimento (settore siderurgico e meccanico) rispetto a quelle di beni di consumo, quindi ad accrescere e
potenziare ulteriormente lo sviluppo industriale in senso capitalistico. Ci fu possibile grazie allo sviluppo della
chimica e dellelettricit. Nellambito di questo modello di sviluppo industriale un ruolo strategico fu svolto dal
binomio carbone ferro. La disponibilit di carbone agevol lo sviluppo dellindustria siderurgica
nellestrazione del ferro. Il settore fu aiutato anche dallannessione della Lorena e dallutilizzo del nuovo
processo di fusione Gilchrist-Thomas che port al raddoppio della produzione dacciaio e del ferro. Sostenuta
dalla siderurgia lindustria meccanica fu in grado di soddisfare sia la domanda interna che quella estera. Un
ulteriore impulso alla siderurgia venne dal settore cantieristico, infatti, avvenne la conversione dalla vela al
vapore. Lindustria tessile confermava il suo primato dellindustria cotoniera, la produzione della seta risultava
stabile mentre la lana e il lino andava perdendo mercato. Nellindustria chimica i vari processi di base
interessarono in primo luogo la produzione commerciale di materie coloranti sintetiche. Si svilupparono le
industrie del prodotti medicinali, da materiale fotografico, di fibre artificiali, delle prime materie plastiche e di
nuove forme di esplosivi. Ma il settore che segnava la maggiore e pi rapida crescita a partire dal 1870 era
quello elettrico. Inizialmente interessata allesercizio delle comunicazioni via cavo e del telegrafo, lindustria
pass successivamente alla produzione dellenergia per uso domestico ed industriale ed ebbe fra i maggiori suoi
protagonisti Siemens e Rathenau.
Il motore elettrico and sostituendo le macchine a vapore che risultavano pi costose.





LEVOLUZIONE STRUTTURALE DELLINDUSTRIA: CARTELLI E KONZERN
Ai primi del 900 la Germania non pi sotto linflessibile guida di Bismarck, ma dominata dalle mire pi
ambiziose di Guglielmo II (1888 - 1918) poteva ritenersi una grande potenza europea. Con il progresso
industriale si and affermando un processo di concentrazione tecnica e finanziaria con lo scopo di conquistare
nuovi mercati attraverso una migliore razionalizzazione dei processi (produrre di pi a costi minori). Lo stimolo
al processo di concentrazione fu dato dalla prolungata diminuzione dei prezzi tra il 1873 ed il 1896, che
costrinse i produttori a seguire la via della costituzione dei Cartelli e dei sindacati industriali, Konzern.
Cartelli: rappresentavano ununione contrattuale di imprese, che conservarono la loro indipendenza giuridica
ed economica, ma si accordavano tra di loro per regolare il mercato sia nellacquisto delle materie prime, sia
nella vendita di prodotti finiti. Non intendevano abolire la concorrenza ma regolarla dividendosi in modo equo i
vari mercati.
Konzern: erano costituiti da grandi imprese, che miravano ad estendere la propria attivit ai vari stadi della
produzione e potevano assumere la forma di concentrazione verticale o orizzontale. Contrariamente ai cartelli
essi non miravano a regolare i prezzi di mercato, quanto a realizzare economie nella produzione.
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Nel primo decennio del 900, mentre laccresciuta importanza dei cartelli, li portava a controllare gran parte dei
settori industriali (carta, miniere, acciaio, cemento, vetro), lo sviluppo progressivo dei Konzern spinse alla
concentrazione della grande industria, che si avvi ad organizzarsi in grandi stabilimenti, ove trasfer un
numero crescente di operai.

ALLA CONQUISTA DEI MERCATI ESTERI: IMPERIALISMO E DUMPING
Il consistente sviluppo economico, soprattutto industriale, spinse la Germania ad avviare una politica
imperialistica. Nel 1890 Bismarck era costretto a dimettersi, anche a seguito dei contrasti insorti con Guglielmo
II soprattutto perch questultimo mirava allespansione del paese; di qui il rafforzamento dellesercito e la
costruzione di una potente marina da guerra. La politica commerciale protezionistica fu convertita in una pi
aperta: con lapplicazione generalizzata della clausola della nazione pi favorita si consent alle nazioni che
stipulavano un trattato con la Germania di usufruire automaticamente delle concessioni pi favorevoli gi
accordate alle altre; le grandi concentrazioni industriali attuarono un sistema di prezzi multipli, nel senso che
nel mercato interno, grazie ai dazi protettivi, potevano mantenere i prezzi a livelli piuttosto elevati, pur in
presenza di costi di produzione decrescenti, mentre nei mercati internazionali li abbassarono notevolmente,
compensando la perdita virtuale con i sovrapprofitti accumulati nelle vendite interne. In tal modo le grandi
imprese riuscirono a vendere sottocosto per conquistare i mercati (dumping). Nella ricerca di nuove zone di
influenza economica la Germania si scontr con la Gran Bretagna, ma nonostante ci non riusc a soddisfare le
sue mire espansionistiche. Nel 1914 vi era quindi un evidente squilibrio tra la potenza economica tedesca ed il
ruolo che essa svolgeva nellambito dei grandi paesi imperialisti, questa situazione condusse allesasperazione
delle tensioni internazionali ed allo scoppio della I guerra mondiale.

GUERRA E PACE: ALLA RICERCA DI NUOVI EQUILIBRI (1915 - 1945)

LECONOMIA NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE E LE CONSEGUENZE DEL CONFLITTO
La guerra dichiarata dallImpero austro-ungarico al piccolo Regno serbo poteva risolversi a loro avviso in una
limitata spedizione punitiva ed in via teorica tutto ci sembrava abbastanza logico. Ben presto, per, si
trovarono coinvolti diversi paesi europei: la Russia solidale con la Serbia; la Germania in aiuto allAustria -
Ungheria; Francia e Gran Bretagna insieme a contrastare tale alleanza, il Giappone e successivamente lItalia e
gli Stati Uniti a fianco degli alleati e contro gli Imperi centrali. Lequilibrio raggiunto da Bismarck venne a
mancare per mano di Guglielmo II le cui iniziative agevolarono la creazione di due blocchi: Russia, Francia e
Gran Bretagna da una parte, Germania, Italia e Austria Ungheria dallaltra. Con lo scoppio della guerra la vita
economica era destinata a cambiare: nel 1914 sotto la guida di Rathenau venne applicato un programma di
mobilitazione che prevedeva la facolt di requisire la produzione interna e gli stocks acquisiti allestero e uno
stretto controllo nellutilizzo di vari materiali, dando la preferenza agli usi per scopi strategici. Con lo scoppio
della guerra i prezzi lievitarono a causa dellaumento dei consumi da parte dei mobilitati distolti dallattivit
produttiva, dalle maggiori difficolt ed i pi alti costi dei trasporti e dal consistente processo inflattivo. Con la
conclusione del conflitto nel 1918 si costitu la nuova Repubblica di Weimar che dovette retrocedere lAlsazia e
la Lorena alla Francia, provvedere ad una smilitarizzazione pressoch totale del paese e, inoltre, fu imposto ad
essa unindennit di guerra a titolo di riparazione.


IL DRAMMA DELLIPERINFLAZIONE ED I TENTATIVI DI RIPRESA
Gi agli inizi del 1920 leconomia mondiale era colpita da una grave crisi che trovava la sua principale ragione
in una rapida discesa dei prezzi iniziata nel settore dei cereali e poi allargatasi ad alcuni metalli, ai prodotti
dellindustria tessile, ai noli marittimi e quindi a gran parte dei settori produttivi. Disastrosa era la situazione nei
paesi dellEuropa orientale nonostante gli aiuti americani attivati nel 1919 attraverso lAmerican Relief
Administration (A.R.A.). Tali aiuti servirono poco in quanto costituiti da generi alimentari anzich da materie
prime. Eppure grazie alla ripresa delle industrie manifatturiere la situazione sembrava migliorare. Il progressivo
deterioramento fu causato dalla politica dei paesi vincitori, che temendo la concorrenza dei prodotti tedeschi, si
opposero per il loro utilizzo in conto riparazione. Di qui scatur una rapida rincorsa dei prezzi e una spirale
inflazionistica senza freno. Successivamente la situazione fu aggravata dallarresto della produzione nella Ruhr
ed il lungo sciopero dei ferrovieri; episodi che provocarono il crollo della moneta e dellinflazione. Nel 1923 al
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nuovo cancelliere Strasemann non rest che proclamare lo stato demergenza e nominare Commissario
monetario Schacht il cui intervento fece risollevare leconomia. Con il suo pugno di ferro blocc la
speculazione ed i facili arricchimenti connessi con lemissione di una moneta stampata liberamente chiamata
Notgeld ; ad essa subentr una nuova moneta il Rentenmark che con la sua stabilit infuse fiducia. Altro
provvedimento fu quello del risanamento del bilancio statale e altre misure deflazionistiche quali la restrizione
del credito, laumento del saggio di sconto e linasprimento delle imposte. Gli effetti positivi di questa politica
di risanamento non si fecero attendere: i capitali esportati incominciarono a rientrare, mentre in campo
internazionale la riconquistata fiducia consent nel 1924 ladozione del piano Dawes (destinato ad alleggerire il
pesante fardello delle riparazioni) e il ritorno alla convertibilit. I progressi in questi anni furono rapidi e
consistenti grazie agli aiuti economici degli Stati Uniti.

LA CRISI DEL 1929 ED I SUOI EFFETTI
La crisi del 1929, comunemente collegata al crollo a Wall Street della borsa americana, interruppe il lento
processo di ripresa e sviluppo delleconomia mondiale. I paesi beneficiati dai prestiti americani non solo
vedevano interrompersi tale flusso, ma erano costretti a restituirli. Tra questi la Germania era alle prese con il
problema della ricostruzione. Il ritiro dei capitali esteri paralizz leconomia del paese e costrinse il governo a
varare una serie di misure di natura strettamente deflazionistica che incisero negativamente sulla produzione
industriale portando ad una notevole disoccupazione.

LAVVENTO DI UN NUOVO REGIME: DIRIGISMO ECONOMICO ED AUTARCHIA
La grave crisi economica, agli inizi degli anni 30, acceler il processo di trasformazione politica. La
Repubblica di Weimar, sotto legida del partito socialdemocratico, nonostante fosse ispirata ai principi di libert
e di democrazia aveva lasciato i tedeschi delusi: operai, impiegati, ceto medio ed agricoltori si trovarono uniti a
contrastare vivacemente con scioperi ed agitazioni la politica deflazionistica del governo ed a richiedere un
processo di rinnovamento, che consentisse di migliorare le proprie condizioni. La presa del potere di Hitler e
del suo partito nel 1933 sembra in effetti il nuovo tanto atteso. Per rimettere in moto linceppata macchina
economica affid la direzione della politica monetaria nelle mani di Schacht, il quale come primo obiettivo si
propose di aumentare il livello della produzione attraverso una moderata inflazione creditizia, congegnata in
modo che laumento della circolazione fosse assorbito dalle imposte e dal risparmio. Per assicurare una certa
stabilit interna attiv un rigido controllo sui prezzi e sui salari, collegando poi laumento di questi con
lincremento della produttivit. Nel coordinamento della produzione pot contare sullappoggio non
indifferente del sistema corporativo, che Hitler aveva introdotto nel 1934 dopo aver soppresso i partiti politici
ed i sindacati. A causa del fortissimo debito verso lestero ed impossibilitato a coprirlo con le esportazioni, si
vide costretto a ridurre al minimo le importazioni e sostituendo, attraverso lo sviluppo del settore chimico, le
tradizionali materie prime con surrogati. In sostanza lautarchia in quegli anni ricalcava il modello di economia
di guerra ed implic una situazione di costrizione e di ferrea disciplina in quasi tutti i rapporti economici e
sociali (i diritti degli operai vennero ridotti a tal punto da escludere sia ogni azione di resistenza e quindi di
sciopero, sia la stessa attivit sindacale). Nonostante ci la produzione aumento e la disoccupazione scompar.







LA CORSA VERSO IL BARATRO: LESPANSIONISMO ECONOMICO E LA II GUERRA MONDIALE
La teoria concepita da Hitler nel sua Mein Kampf per la quale la Germania, sovrappopolata, dotata di una
notevole capacit produttiva, designata non solo dalla sua preparazione tecnica e scientifica, dal suo spirito di
disciplina e dal modello organizzativo, ma anche dalla superiorit della razza a guidare i popoli inferiori, aveva
diritto di espandersi colonialmente e di conquistare i paesi pi vicini per assicurarsi spazio e risorse naturali,
necessarie alla sua esistenza ed al suo futuro. La Germania cominci cos a muoversi in tale direzione e non
venne ostacolata dai paesi occidentali perch timorosi nello scoppio di unaltra catastrofe. Ma quando nel 1939
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Hitler volle assoggettare la citt di Danzica (Polonia) lo scoppio del conflitto fu inevitabile. I tedeschi, tra il
1939 e il 1941 invasero gran parte del territorio europeo ma fallirono nel tentativo di invadere la Gran Bretagna.
Fu dallinattesa resistenza della Gran Bretagna che dovette iniziare il declino delle truppe dellAsse, declino
accelerato dallinsuccesso delle truppe tedesche in Russia e dallattacco degli Stati Uniti che segn la svolta
definitiva del conflitto. La Germania venne distrutta sia fisicamente che economicamente in quanto leconomia
di guerra aveva innescato un processo inflazionistico che insieme alle enormi distruzioni belliche, metter in
ginocchio per diversi anni leconomia tedesca.










































GLI STATI UNITI ALLA CONQUISTA DELLECONOMIA MONIDALE

UNECONOMIA IN CAMMINO (1700 - 1870)
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LE COLONIE INGLESI E LA NASCITA DEGLI STATI UNITI DAMERICA
La colonizzazione inglese che si era sviluppata ai primi del 1600 lungo la costa atlantica aveva proceduto con
grande lentezza. Nel corso del 1700 la popolazione crescer grazie ad un maggiore flusso emigratorio e ad una
pi intensa importazione di schiavi neri destinati a popolare le colonie del Sud e a lavorare nelle grandi
propriet, che in esse si trovavano. Nel 1750 la popolazione si era quadruplicata e lAmerica inglese aveva
acquisito una sua struttura e fisionomia: era divisa in dodici colonie, legate tra loro da stretti vincoli, quali la
discendenza degli abitanti, la lingua inglese e la religione in prevalenza protestante, nonch dal patrimonio di
tradizioni portate dalla madrepatria. Gi in quegli anni si manifestavano delle diversit tra le colonie
settentrionali e quelle meridionali dovute alle differenze ambientali e climatiche.
Le colonie meridionali godendo di un clima pi temperato avevano sviluppato il settore agricolo,
organizzandolo in forma di grandi piantagioni destinate quasi esclusivamente alla coltivazione (manodopera
nera costo zero) di un solo prodotto (tabacco, riso, indaco, cotone, zucchero), che poi veniva in gran parte
esportato.
Nelle colonie centrali la propriet si presentava di estensione ridotta e le coltivazioni principali (cereali, mais,
orzo, avena, segala, frumento) servivano al consumo locale e solo in parte allesportazione.
Nelle colonie settentrionali, ove i terreni si prestavano a colture europee, prevaleva una societ di piccoli
proprietari agricoli e mercanti. Esse importavano dalla madrepatria grandi quantit di derrate alimentari e
manufatti ed in contropartita riuscivano ad esportare legname grezzo e/o lavorato e soprattutto navi.
Le colonie del Sud si trovavano invece in una situazione pi favorevole nei loro scambi con la madrepatria e
con le altre colonie alle quali inviavano riso, tabacco ed indaco.
Da un punto di vista politico, le colonie godevano di una grande autonomia, mentre in campo economico la
situazione era basata sulle teorie e pratiche mercantilistiche, le quali prevedevano che dalle colonie si dovesse
trarre il massimo utile. Tra il 1750 e il 1767 i coloni si ribellarono alla legge sullo zucchero (Sugar Act) a quella
sul bollo (Stamp Act) e al fatto che nel parlamento inglese non ci fosse una loro rappresentanza nonostante
lintensa attivit economica che si stava sviluppando lungo le coste atlantiche. Di qui una serie di proteste e
tumulti che portarono alla dichiarazione dindipendenza (Jefferson 1776) che sanciva la nascita degli Stati
Uniti dalle 13 colonie. I principi della dichiarazione erano simili a quelli della rivoluzione francese: gli uomini
erano tutti uguali, dotati dal creatore di diritti umani inalienabili, quali la vita, la libert, la ricerca della felicit;
i governi erano creati dagli uomini allo scopo di garantire questi diritti e derivavano i loro poteri dal consenso
dei governanti. Allindipendenza conquistata solo sulla carta segu la guerra che la rese operativa e riconosciuta
in ambito internazionale con il trattato di pace di Parigi nel 1783. Per eliminare ulteriori contrasti allinterno
dellUnione, nel 1787, nacque la Costituzione che prevedeva un Congresso con due Camere: quella dei
rappresentati (eletta dal popolo di tutta lUnione in proporzione agli abitanti degli Stati) e quella del Senato
(composta da due senatori per ogni Stato prescindere dal numero degli abitanti).

IL PROBLEMA DEMOGRAFICO, IL RUOLO DELLIMMIGRAZIONE EUROPEA
E LESPANSIONE TERRITORIALE
Alla fine del 1700 la popolazione contava di 4 milioni di abitanti, un numero scarso per lo sviluppo di una
regione potenzialmente assai ricca ed estesa. La situazione and migliorando grazie allaumento naturale della
popolazione ma anche per mezzo dellimmigrazione europea. Dopo ventanni lincremento si fece ancora pi
consistente, tant che tra il 1830 e il 1860 la popolazione triplic, passando a 31 milioni di abitanti alla vigilia
dellelezione di Lincon. Questi risultati furono raggiunti dal fenomeno immigratorio europeo tra il 1820 e il
1850 di cui il 53% degli immigrati provenivano dallInghilterra e dallIrlanda e unaltra buona fetta dalla
Germania. Accanto al notevole aumento demografico si ebbe anche una consistente espansione territoriale del
paese. Tra il 1816 e il 1819 allUnione si aggiunsero nuovi Stati e si applic a livello politico la cosiddetta
dottrina Monroe per la quale gli Stati Uniti non avrebbero tollerato linsediamento di nuove colonie nel loro
territorio da parte di nessuna potenza europea e a conferma di questa scelta si impegnavano a non intervenire
nelle colonie degli Stati europei e non avrebbero preso parte alle guerre che li riguardassero.



COLONIZZAZIONE E PROGRESSO AGRICOLO
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Un ruolo importante nella colonizzazione dei nuovi territori dellOvest e nel processo di sviluppo agricolo negli
anni 30 40 fu svolto dalla massa degli immigrati europei, attratti dalla possibilit concessa dal Congresso
americano di diventare proprietari nelle terre colonizzate: gi dal 1785 la terra veniva venduta a prezzi molto
modesti, che scomparirono con la legge Homestead Law. Suddetta legge concesse la possibilit di
insediamento, contro una lieve tassa, a chiunque maggiorenne fosse cittadino degli USA o manifestasse
lintenzione di diventarlo, purch si obbligasse a coltivare il terreno per cinque anni, trascorsi i quali ne sarebbe
diventato legittimo proprietario. Lagricoltura si espanse in tutti gli USA e particolarmente negli stai del Sud
dove cotone e tabacco raggiunsero produzioni mondiali. La coltura del cotone si basava sullutilizzo degli
schiavi e laumento della produzione ne fece incrementare la richiesta tanto da costituire un grosso problema.
La schiavit abolita negli Stai del Nord, prosperava in quelli del Sud dove trovava giustificazioni in ragioni
economiche, cio nella diffusa convinzione dei ceti proprietari che a certe coltivazioni, quali quelle del cotone,
dello zucchero e del tabacco, fossero adatti solo i neri, sicch questi venivano ritenuti dai loro padroni un
indispensabile e prezioso bene. Gli Stati del Nord entrarono in contrasto con quelli del Sud per motivi di natura
morale (ripugnanza del Nord puritano ad accettare il sistema schiavistico che ormai considerava non solo
superato, ma non degno di una nazione che marciava sui binari della modernizzazione), economica (contrasto
tra il Nord industriale e commerciale e il Sud agricolo), costituzionale (per la temuta interferenza dellUnione
nei diritti degli Stati) e politica (per lequilibrio da mantenere fra gli Stati schiavisti e gli Stati liberi). Nord e
Sud erano diventati due mondi assai diversi non solo da un punto di vista economico, ma anche sociale e
politico.

LE PRIME FASI DELLINDUSTRIALIZZAZIONE
Agli inizi del 1800 erano poche le attivit che riuscivano a sfruttare le risorse disponibili in loco, tra queste le
costruzioni navali, lindustria del legname e lindustria della molitura. Nel 1807 a causa dellembargo del
commercio con lestero adottato da Jefferson per il timore di essere coinvolto nella guerra europea, il processo
di industrializzazione sub una svolta: lalto prezzo dei prodotti rimise in gioco la produzione locale, che sino a
quel periodo non era stata molto competitiva, mentre le notevoli disponibilit di capitali, liberate dagli impieghi
marittimi, si andarono spostando nellindustria tessile. Ma dopo il 1820 che si pu parlare di un processo di
industrializzazione moderno che cont sullintroduzione delle macchine e sul ruolo dellimprenditore che riesce
ad utilizzare le invenzioni, promuoverle e trasformarle in innovazioni tecnologiche. Nel 1860 gli USA
diventarono il secondo paese industrializzato del mondo, con in testa alla produzione lindustria tessile e a
seguire gli altri settori ad essa collegati (abbigliamento e meccanica). Lindustria del cotone, infatti, riunendo
allinterno dei suoi stabilimenti le officine meccaniche, in quanto le modeste dimensioni del mercato non
consentivano una specializzazione di tale funzione, avvi la nascita di unindustria meccanica autonoma man
mano che i suoi stabilimenti si ingrandirono. Tale attivit fu favorita poi dallo sviluppo dellindustria
siderurgica grazie alla scoperta delle miniere di ferro e carbone. Alla crescita del mercato interno contribuirono:
la politica commerciale che inizialmente fu di stampo protezionistico ma che poi nel 1846 fu sostituita
dallintroduzione di una tariffa doganale; la disponibilit di risorse finanziarie provenienti dai trasporti
marittimi e dal commercio di esportazione e riesportazione durante le guerre europee; un efficiente mercato del
lavoro garantito dalla manodopera degli immigrati europei.

IL TERZIARIO: VIE DI COMUNICAZIONE, MEZZI DI TRASPORTO E ATTIVITA FINANZIARIE
Alla fine del 1700 non esisteva una rete viaria ma delle semplici piste. Tra il 1790 ed il 1800 alcuni privati per
assecondare lo spostamento della frontiera ad Ovest costituirono alcune societ con lo scopo di costruire strade
sottoposte a pagamento e liniziativa fu particolarmente redditizia. Forse a causa della stasi dei pedaggi i privati
abbandonarono limpresa e tocc al governo federale che port avanti diversi progetti anche nella rete fluviale a
vapore. La rivoluzione nautica degli anni 30 (prevedeva la sostituzione del ferro al legno e quindi del vapore
alla vela) fece retrocedere il settore imprimendo allo stesso tempo un impulso al settore ferroviario. Per
attrezzare il paese di una rete di trasporti e di vie di comunicazione moderne ed efficienti si costitu una banca
centrale (Bank of United States) della quale lo Stato doveva possedere un quinto delle azioni; fu la banca
centrale a mettere in circolazione una nuova moneta, il dollaro e a fissare il rapporto argento - oro di 1 a 15 ed
introdurre quindi il sistema bimetallico, che ben presto avrebbe evidenziato non pochi inconvenienti per
limpossibilit di mantenere inalterato il rapporto tra i due metalli in presenza di sensibili variazioni nel loro
valore.
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LA GUERRA DI SECESSIONE (1861 - 65): LINIZIO DELLA SVOLTA
Alle soglie degli anni 60 il Sud era in gran parte agricolo e il Nord si era urbanizzato e New York si avviava a
diventare una grande metropoli. Le stesse costruzioni ferroviarie si estendevano soprattutto al Nord, mentre
erano ancora scarse quelle che attraversavano il territorio meridionale. In campo commerciale il Nord andava
per i dazi protettivi, mentre il Sud che aveva bisogno di importare prodotti industriali a buon mercato, li
avversava. Nel settore del credito il Nord reclamava una efficiente organizzazione bancaria nazionale, alla
quale si opponeva il Sud, ove i capitali erano ancora scarsi e non vedeva di buon occhio lintroduzione di un
sistema accentrato. Infine il Nord si dimostrava pi democratico del Sud dove il potere era concentrato nelle
mani di una oligarchia schiavista. I contrasti sfociarono in un conflitto, quello della schiavit che rappresentava
la forma di una societ patriarcale ormai superata. Nel 1861 si aprirono le ostilit tra gli Stati e apparve evidente
la grande inferiorit del Sud, in termini di potenziale umano e economico. Conclusasi nel 1865 la guerra di
secessione rappresent una svolta significativa nella societ e nelleconomia americana, sia del Sud che del
Nord: unaccelerazione nellimpiego delle risorse naturali, uno sviluppo della grande industria, grossi
investimenti di capitali da parte delle banche, unespansione del commercio estero. Alla fine della guerra fu il
Sud ad essere colpito nel cuore della sua economia: lagricoltura e di conseguenza i grandi proprietari di
piantagioni che avevano perso improvvisamente il capitale rappresentato dagli schiavi. Lunico modo per
sopravvivere e pagare i debiti e le tasse sembr quello di spezzettare i loro possessi o porli allasta avviando
cos la pi grande rivoluzione della propriet terriera della storia americana. Per ovviare alla scomparsa della
schiavit si raggiunse un compromesso, nel senso che finita la guerra i proprietari chiamarono i loro ex
schiavi per avvertirli che erano liberi e chiesero loro di restare al vecchio lavoro e, non potendo pi
corrispondere il salario, si misero daccordo per dividere il raccolto. Questo tipo di sistema risulto deleterio in
quanto il coltivatore perse qualsiasi interesse al raccolto non interessandosi quindi a migliorare i metodi
colturali. Nel Sud la situazione dei neri and evolvendosi fino a formare un vigoroso ceto medio rappresentato
anche da uomini daffari che riuscirono a risollevare leconomia del Sud. Quanto alleconomia degli Stati del
Nord, fu lagricoltura senza dubbio a ricavare i primi benefici dalla ripresa post-bellica. Il suo sviluppo durante
la guerra fu dovuto alla forte domanda dagli eserciti in guerra e successivamente dalla progressiva
urbanizzazione. Durante la guerra anche lindustria aveva subito un ottimo slancio che non sub nessun
rallentamento alla fine del conflitto, ma segn anzi una tale intensificazione da consentire livelli di produttivit
mai raggiunti nella storia americana.


UN RUOLO PRIMARIO NELLECONOMIA MONDIALE (1871 - 1918)

POPOLAZIONE E DINAMICA DELLO SVILUPPO AGRICOLO TRA LA CRISI DEGLI ANNI 90
E LA RIPRESA AI PRIMI DEL NOVECENTO
Il rapido sviluppo delleconomia americana dopo il 1860 non si potrebbe spiegare senza il tener conto, oltre
dellespansione territoriale, del notevole aumento della popolazione che si verific tra il 1870 e il 1914. Questa
diede un enorme impulso allagricoltura aiutata anche dallespansione agricola nelle regioni dellOvest e
dalluso della meccanizzazione e dei pi moderni sistemi di coltivazione grazie al progresso scientifico. Al fine
di rendere pi produttiva la terra vennero fondati istituti agrari indipendenti e si avviarono ricerche scientifiche.
Tutto questo non riusc ad evitare il rallentamento dellagricoltura, dovuto a fattori economici che non
interessavano le singole regioni ma lintero paese. Nella posizione dellagricoltore americano vera una sorta di
contraddizione: da una parte egli vendeva in regime di piena concorrenza con gli altri paesi sul mercato
mondiale i propri prodotti, e dallaltra era costretto ad effettuare gli acquisti, che gli consentivano di svolgere la
propria attivit, in un mercato rigidamente protetto. Lunico rimedio sarebbe stato il tempestivo intervento delle
autorit governative, ma proprio in questi anni i legislatori sembravano occuparsi molto pi degli interessi
industriali. Ai primi del 1900 la situazione si sblocc grazie alla forte richiesta di prodotti agricoli proveniente
dai centri urbani; la domanda fu cos intensa che gli USA, tradizionali esportatori di cereali, furono costretti a
diminuire le esportazioni.


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PROCESSO INDUSTRIALE, GRANDE IMPRESA E CONCENTRAZIONE ECONOMICA
Nel periodo compreso fra la guerra di indipendenza e la vigilia del I conflitto mondiale gli USA si
trasformarono da un paese con modesta popolazione in una nazione con il pi alto reddito pro-capite del mondo
e con una produzione agricola che non temeva confronto a livello mondiale. Diminu il peso delle industrie
addette alla produzione di beni di consumo e aument quello delle industrie che producevano beni capitali
(ferro, acciaio, trasporti) che si andarono stanziando nelle regioni dei Grandi laghi, che diventarono il cuore
industriale degli USA. Decisivo in questi anni fu il ruolo del carbone e del ferro ma in particolare quello del
petrolio e dellelettricit. Venne introdotto il sistema delle parti intercambiabili che fece risparmiare in
manodopera, tecnica che si inseriva nel sistema della produzione standardizzata e recepiva in pieno i principi
del fordismo e del taylorismo. Il passaggio definitivo alla produzione di massa si ebbe con la nascita della
catena di montaggio. I successi ottenuti con lapplicazione della catena di montaggio portarono alla
concentrazione delle ditte concorrenti sotto ununica organizzazione, riducendo cos i costi di produzione e
controllando i prezzi; nacquero cos i cartelli (pool) che alla fine approdarono al trust, un insieme di societ
anonime, al quale gli azionisti conferivano le proprie azioni e delegavano la gestione dei propri affari.
I vantaggi del sistema, che poteva non avere limiti, come in effetti non li ebbe, erano abbastanza evidenti:
laccentramento del controllo e dellamministrazione; leliminazione delle unit meno efficienti e la comune
utilizzazione dei brevetti; la possibilit di espandersi con i maggiori capitali disponibili e quindi non solo
competere con la concorrenza estera e di ostacolare duramente le rivendicazioni operaie, ma anche di ottenere
favorevoli condizioni dalle ferrovie e di interferire con grande efficacia sulla politica nazionale dei singoli Stati.
Il trust si diffuse eliminando la concorrenza selvaggia, ottenendo una maggiore efficienza aziendale e ottenendo
una produzione di massa a prezzi decisamente competitivi. Ma i costi in termini sociali non furono certamente
lievi e per ovviare a ci, tra il 1880 e il 1890, molti Stati promulgarono severe leggi antitrust (Sherman Antitrust
Act) alcune delle quali previdero una liquidazione di quelle concentrazioni che si erano ingrossate in modo
eccessivo. Ma sciolto in uno Stato il trust si formava in un altro, cos ai primi del 1900 la politica economica
governativa si orient verso un maggiore interventismo, trovando nel nuovo presidente Roosevelt il suo pi
convinto sostentatore, ma le leggi antitrust non riuscirono ad avere una effettiva applicazione.

LA POLITICA COMMERCIALE E I PROBLEMI CREDITIZI
Solo alla fine del 1800 gli USA entrarono in gran stile sulla scena mondiale e non solo per legittimare, quando e
soprattutto per sostenere le loro attivit economiche. Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 gli Usa
esportavano solo materie prime; limpressione che si ricavava, infatti, era quella di un paese sostanzialmente
protezionista che, pur riuscendo ad esportare grazie ai costi competitivi dei suoi prodotti che assorbivano con
facilit i dazi di entrata, chiudeva poi le sue frontiere alla spinta dei ceti industriali. Solo a partire dal 1912 la
politica commerciale si avvi a diventare meno protezionistica, attivando un crescente processo di apertura alle
merci estere, che avrebbe poi trovato il suo culmine nella Underwood Tariff che ridusse i dazi sulle cotonate ed
oggetti in acciaio e soppresse addirittura quelli sui prodotti alimentari. Se in campo commerciale ci si avviava
alla liberalizzazione degli scambi, nel settore di credito, a partire dal 1913, ci si orient ad introdurre criteri
centralizzatori con lo scopo di eliminare i non pochi abusi sino ad allora perpetrati in nome della libert: con il
Federal Reserve Act si divise il territorio degli USA in dodici distretti, in ognuno dei quali fu prevista una
Federal Reserve Bank che divenne per legge la banca delle banche e venne autorizzata ad effettuare il risconto,
a concedere prestiti al sistema creditizio locale, ad emettere biglietti ed a fungere da tesoreria per il fisco.
La riforma rappresentava una meritata vittoria del presidente Wilson che aveva inaugurato una nuova politica
orientata a conferire il controllo del credito al Governo togliendolo ai privati ed a far si che le banche
riprendessero la loro originaria funzione di strumenti delle imprese e delle iniziative industriali.

LA FASE DELLE RIFORME ED IL CONSOLIDAMENTO DELLECONOMIA NEGLI ANNI DEL
PRIMO CONFLITTO MONDIALE
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Seguendo la tradizionale politica di isolamento gli USA allo scoppio della prima guerra mondiale si
dichiararono neutrali. Nel 1913, con lelezione di Wilson, si avvi una riforma che prevedeva la nuova tariffa
doganale che apportava riduzioni nei dazi; lintroduzione di unimposta federale e la riforma del sistema
creditizio. Nel 1914 venne ingaggiata una dura lotta contro lo strapotere dei monopoli (Clayton Antitrust Act
destinato a colpire le pratiche monopolistiche ritenute illecite), vennero emanate due leggi al fine di rendere
meno gravoso il ricorso degli agricoltori al credito bancario. Nel 1917 si impegnava a contribuire alla
ricostruzione post-bellica, ma per paura della Germania, quale possibile rivale, si decise ad intervenire al
conflitto mobilitando con rapidit unefficiente macchina bellica.

GLI STATI UNITI TRA SVILUPPO, DEPRESSIONE E RIPRESA (1919 - 1945)

IL BOOM E LA CRISI NEL PERIODO POST-BELLICO
Con la fine della guerra gli USA si trovarono in una posizione economica molto florida. Nel commercio
internazionale erano riusciti ad ottenere un ruolo di intermediari che dividevano soltanto con la Gran Bretagna.
Nel mercato dei capitali New York era pronta a sostituire Londra con il dollaro destinata a diventare lunica
valuta di peso internazionale. Un ruolo significativo nel boom post-bellico fu svolto dalla forte lievitazione dei
prezzi a causa del forte desiderio di ricostruire le scorte. La fase di crescita non poteva durare a lungo. La rapida
discesa dei prezzi inizi nel 1920 con i cereali per poi diventare di entit generale nel 1921, ci a causa
dellinversione nel rapporto tra la domanda e lofferta. Di qui una grave sovrapproduzione che fin per
danneggiare soprattutto i paesi di maggiore sviluppo industriale.

LA PROSPERITA DEGLI ANNI 20: LUCI ED OMBRE
Gli USA nel dopoguerra vivevano una importante svolta non solo in campo politico, ove si andava affermando
il tradizionale isolazionismo, ma anche in quello economico con la riscoperta dei principi classici del laissez
faire. Sconfitto il democratico Wilson ritornava al potere il partito repubblicano (Harding, Coolidge, Hoover)
che rinunciava alla politica di apertura nazionale, inaugurando una fase di progressivo isolamento dal mondo
esterno. Pi che sul piano politico, la spinta al nazionalismo, avviata dai repubblicani, ebbe effetti pi concreti
soprattutto su quello economico.
Nel 1920 le autorit federali approvarono una legge di emergenza sulle tariffe doganali, che doveva servire ad
innalzare una barriera a favore dei prodotti nazionali colpiti dalla crisi dei prezzi. Questa sorta di ombrello
protettivo, confermato con la successiva tariffa Smoot Hawley (1930) ebbe la conseguenza non solo di
chiudere il mercato americano ai prodotti agricoli ed industriali dei paesi europei, ma di provocare anche tariffe
di ritorsione da parte degli stessi, che impedirono lesportazione delle merci americane. La soluzione per
consentire ai paesi europei i loro acquisti di materie prime e generi alimentari fu quella di concedergli prestiti,
soluzione abbastanza contraddittoria.
Lincoerenza della politica estera americana, severa nei rapporti commerciali ma aperta in quelli finanziari non
imped tuttavia di attuare allinterno del paese i principi del laissez faire, e cio un ritorno alla normalit dopo
lemergenza bellica che riesumava i vecchi tempi della libert individuale da ogni controllo governativo. Tra il
1923 ed il 1929 il reddito nazionale aument, la produzione industriale crebbe, le agevolazioni creditizie
diffusero luso delle vendite rateali e quindi un consistente smercio degli articoli pi costosi (automobili,
elettrodomestici); finirono per spadroneggiare non solo i Trust ed i Cartelli, ma con maggior frequenza le
Holding, alle quali le grandi societ avevano ceduto in parte o in tutto il loro capitale.
Nonostante questi progressi che facevano intravedere un futuro prospero, il problema della disoccupazione non
era del tutto risolto, condizionato dagli scioperi tecnologici dovuti alla diffusione sempre maggiore della
macchina al posto delluomo. Un altro aspetto negativo era il ristagno del settore agricolo, il quale, nonostante i
progressi tecnologici risentiva della concorrenza dei produttori argentini e canadesi; la delicata situazione, che
vedeva gli agricoltori soccombere sotto il gravoso peso dei debiti e dei conseguenti espropri, avrebbe dovuto
pur suscitare qualche allarme nel mondo politico americano per le sue conseguenze economiche e sociali.
Lunico intervento fu una nuova tariffa doganale sui prodotti agricoli che non fece altro che aggravare la
situazione in quanto il paese in tale settore era pi esportatore che importatore.
Gli USA si erano dati con tanto entusiasmo a far denaro ed a spenderlo, forti della sbrigativa battuta del
presidente Coolidge: laffare dellAmerica sono gli affari. Tra la gente comune si era diffuso un profondo
senso di soddisfazione e sicurezza che nel 1929 si trasform in panico e getto il paese nella disperazione.
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LINVERSIONE DEL CICLO: LA CRISI DI WALL STREET E LA GRANDE DEPRESSIONE
Nel 1929 e negli anni successivi gli USA attraversarono la pi rovinosa crisi della loro storia che arrec alla
societ miseria e disagi senza precedenti. Essa si differenzi dalle precedenti perch le origini non erano dovute
alla penuria quanto allabbondanza. Fattori come una cattiva distribuzione del reddito, accentrato nelle mani di
pochi ricchi e che implicava un alto livello di investimenti e di spese in oggetti di lusso; una evoluzione non
positiva dei rapporti economici e finanziari con lestero per via di alcuni provvedimenti restrittivi emanati dal
presidente Hoover, per i quali gli USA avevano subito una drastica riduzione delle loro esportazioni, con gravi
conseguenze sul mondo agricolo, e si erano visti non onorati i loro crediti, ivi compresi quelli di guerra; non
fecero presagire limminenza di una grave crisi. Il crollo della Borsa fu infatti un segnale della crisi e non la
sua causa e neppure il suo inizio. Gli investitori non consideravano pi la solidit dellazienda, n le sue
prospettive di reddito, quanto lacquisto del titolo per la rivendita.
Questa orgia speculativa fu causata dalle facilitazioni creditizie concesse dal sistema della Riserva federale,
in pratica dalla facilit con cui la gente comune pot accedere ai prestiti. Pi importanti dei saggi dinteresse e
della disponibilit di credito furono, invece, due fattori spesso sottovalutati: lo stato danimo della gente e lalto
livello dei risparmi privati. Infatti senza la fiducia in facili possibilit di arricchirsi e senza le disponibilit di
denaro il boom speculativo non si sarebbe manifestato. Nellottobre del 1929 si ebbe il crollo della Borsa: il
corso dei titoli sino al 1932 segu un trend discendente e lindice Dawn Jones si ridusse. Dalla borsa la crisi
pass allintero sistema economico americano: il reddito nazionale si ridusse del 38%, i prezzi di tutte le merci
scesero del 50% e la produzione si contrasse drasticamente. Molte fabbriche furono costrette a chiudere e la
disoccupazione raggiunse livelli senza precedenti. La crisi colpiva i ceti benestanti e non risparmiava la
struttura finanziaria del paese, inoltre veniva meno in campo internazionale il sistema dei prestiti. Nella prima
met del 1930 si registrava un timido segno di ripresa, ma nella seconda met la situazione peggior; la caduta
dei prezzi frenava la fiducia degli investitori che preferirono aspettare e vedere piuttosto che investire.

I TENTATIVI DI RIPRESA NELLA POLITICA DI ROOSEVELT E IL NEW DEAL
Nel 1932 si stentava ad ammettere che lideologia libero-scambista e la filosofia liberale dello Stato neutrale
in campo economico si avviarono al tramonto. Quanto mai opportuna fu la nuova presidenza di Roosevelt nel
1933, propiziata dalla sconfitta dei repubblicani e dal ritorno dei democratici al governo. Lo Stato doveva
intervenire in modo pi diretto nella vita economica e sociale. Roosevelt era convinto, come la maggioranza
della popolazione americana, che il responsabile di tutto ci era il capitalismo con le sue spietate leggi, secondo
le quali la vittoria ed il potere, sinonimo di ricchezza, spettassero ai pi forti ed astuti. Soccorrere i poveri e i
bisognosi con incisivi interventi nel campo della sicurezza sociale; ristabilire il giusto equilibrio tra agricoltura
ed industria; controllare le attivit bancarie e finanziarie, in particolare il potere dei Trust; restaurare i rapporti
economici internazionali, inaugurando una politica di buon vicinato, questi in sintesi i punti principali del
programma di riforma di Roosevelt. In tale azione fu confortato dalle teorie economiche dellinglese Keynes , il
quale convinto della fine del laissez faire, vedeva nello Stato lorgano che doveva assumere funzioni regolatrici
del ciclo economico, sostenere la domanda al consumo per equilibrare e rilanciare lofferta di merci, difendere e
dilatare loccupazione per intensificare linvestimento, quale propulsore della produzione.
La politica di riforme di Roosevelt, comunemente nota come New Deal , recep in buona misura tali idee e
tracci una sorta inedita di pianificazione delleconomia, dimostrando che nellAmerica liberale tutto ci era
possibile. Il programma si sviluppo su questi punti:
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- nel 1933 provvedimento di svalutazione del dollaro con una serie di interventi a favore del settore
industriale e dellagricoltura;
- nel giugno del 1933 si approv il National Industrial Recovery Act con lidea di dover agire sui prezzi
e sui salari, regolamentando i primi e stabilizzando, se non addirittura aumentando, i secondi;
- sempre nel 1933 con lAgricultural Adjustement Act gli agricoltori, dietro pagamento di un indennizzo,
furono inviati a restringere le superfici coltivate; dopo tre anni fu modificato prevedendo dei premi agli
agricoltori che avessero lasciata incolta la terra o destinata alla coltura delle leguminose;
- intervento della politica del deficit spending che consent di immettere moneta aggiuntiva nella
convinzione che con laumento dei consumi si sarebbero stimolati gli investimenti e quindi leconomia;
- creazione della Tennessee Valley Authority, impresa avviata con il preciso intento di sfruttare le enormi
risorse di uno dei grandi bacini interni del paese;
- con la nuova legge bancaria si impose non solo un rigoroso controllo, ma anche una netta separazione
fra banche di deposito e banche daffari e inoltre il dollaro non poteva pi essere rimborsato in oro.
Con il New Deal gli americani scoprirono una vita pi tollerabile, un maggiore legame con lo Stato, lidea di un
governo federale forte ed alleato, anzich avversario della grande impresa, una concezione pi moderna di
democrazia.

LECONOMIA DI GUERRA E LA NASCITA DI UN NUOVO ORDINE INTERNAZIONALE CON GLI
ACCORDI DI BRETTON WOODS
La seconda guerra mondiale rappresent per leconomia degli USA una preziosa occasione per uscire
definitivamente dal tunnel di quella depressione, che il New Deal solo in parte era riuscito a superare, e come
nel primo conflitto passarono da un atteggiamento di neutralit ad un intervento diretto e ad un impegno che fu
particolarmente generoso e consistente.
Lindustria si trov a sfruttare nel corso di questi anni il massimo della sua capacit produttiva, battendo tutti i
primati di produzione. Lavoro e capitale offrirono un grosso contributo alleconomia di guerra ed un leale
sostegno alliniziativa di Roosevelt di bloccare scioperi e serrate sino alla conclusione del conflitto, anche
perch i lavoratori avevano ben poco di cui lamentarsi. Un altro indice della grande espansione delleconomia
fu rappresentato dalle migliorate condizioni di vita della popolazione: tra il 1940 e il 1945 il reddito nazionale
riusc a raddoppiarsi.
Con al conclusione del conflitto le conseguenze ricaddero principalmente sul sistema monetario, ove ormai non
cera pi traccia di collaborazione tra i vari paesi. Di qui liniziativa di Roosevelt di promuovere nel luglio del
1944 a Bretton Woods una conferenza internazionale, alla quale parteciparono 44 rappresentanti dei vari paesi,
al fine di ristabilire un certo ordine nel marasma monetario internazionale ed istituire appositi enti finanziari in
grado di garantire il finanziamento della ricostruzione e lo sviluppo dei paesi pi poveri. Tra le proposte: quella
avanzata dallamericano White ossia di un ritorno al gold exchange standard, cio ad un sistema ove la
convertibilit dai biglietti non avvenisse in oro, ma contro il dollaro; quella avanzata dalleconomista Keynes
che prevedeva lutilizzo nei pagamenti internazionali di altri mezzi liquidi di nuova creazione, i bancor. La
proposta di Keynes non ebbe successo e si torn al gold exchange standard ed il dollaro assunse un ruolo
internazionale.
Venne di conseguenza costruito il Fondo monetario internazionale con sede a Washington al fine di
incoraggiare la cooperazione monetaria a livello internazionale, di favorire la stabilit dei cambi e contribuire
alleliminazione delle restrizioni ereditate dal periodo bellico, che ostacolavano la ripresa degli scambi.
Nello stesso anno venne creata la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS), istituto di
credito mobiliare che, oltre agli aiuti che poteva concedere mediante prestiti per la ricostruzione e lo sviluppo
delle economie degli Stati membri toccati dagli eventi bellici, era destinata anche a promuovere investimenti e a
finanziare progetti di interesse generale nellipotesi in cui fosse mancato lapporto delliniziativa privata.
A completare lopera nel 1947, a Ginevra, veniva istituito lAccordo generale sulle tariffe e sul commercio
(GATT) che, adottando la clausola della nazione pi favorita, si proponeva appunto unapplicazione pi ampia
delle compensazioni multilaterali e la progressiva riduzione delle barriere doganali.




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LA RUSSIA: UN RITARDATARIO IMPAZIENTE

Russia e Giappone sono due paesi che presentano numerose analogie, ma anche profonde differenze. In
entrambi loriginalit della crescita risente della persistenza di fattori ereditati dalla societ feudale, con la
differenza che mentre in Russia sono di ostacolo, in Giappone favoriscono lo sviluppo e soprattutto la stabilit
interna. Inoltre mentre la Russia pratica una politica di occidentalizzazione, il Giappone innesta la sua
modernizzazione su un tipo di civilt tradizionale ed geloso del suo isolamento. Ma tutte le differenze sono
annullate da un tratto comune: entrambi iniziano il loro cammino verso la fine del 1800 e, nel corso del secolo
successivo, raggiungono il gruppo dei paesi industrializzati. Il loro modello di industrializzazione vede lo Stato
adoperarsi per fornire le condizioni iniziali necessarie allo sviluppo. La trasformazione di entrambi i paesi nasce
dal fatto che occorreva ricorrere allOccidente per organizzare il paese dal punto di vista economico,
amministrativo e militare e per resistere meglio ad ogni tentativo di colonizzazione e preservare lessenziale
dei valori nazionali.

DALLA RUSSIA ALLUNIONE SOVIETICA. LECONOMIA PRESOVIETICA.
LISOLAMENTO E LE DIFFICOLTA (1750 - 1917)

In Russia come in Giappone lo Stato ebbe una parte significativa nellindustrializzazione del paese che realizz
in proprio le principali linee ferroviarie e altre ne promosse mediante incentivi finanziari a costruttori privati e
con la mobilitazione del capitale straniero. Le costruzioni ferroviarie agirono da volano: trasporti pi facili
crearono nuovi e pi agevoli sbocchi ai prodotti agricoli, permisero la messa a coltura di nuove e ricche terre e
resero possibile lo sfruttamento delle risorse di carbone, di ferro e di petrolio, elementi essenziali ai fini
dellindustrializzazione.

LEVOLUZIONE DEMOGRAFICA
Alle soglie del 1700 la Russia sembrava destinata ad essere pi una potenza asiatica che europea. Ad essa era
impedito laccesso al mare ma anche i rapporti diretti con lOccidente. Nel 1700 aveva una popolazione
estremamente scarsa che solo nel corso del 1800 cominci a crescere grazie ad un incremento interamente
naturale che solo nel tempo si alleggerir, grazie ad una progressiva emigrazione.
A cosa attribuire questa vera e propria esplosione demografica?
Le donne mostravano una certa propensione al matrimonio, caratteristica della societ russa che risaliva a
quando la necessit di colonizzare vaste zone di terra libera giustificava un matrimonio diffuso e precoce.
Inoltre la nuova unit che la giovane coppia veniva a formare in seno ad una famiglia, comportava il diritto ad
una quota della terra che la comunit del villaggio (il mir) aveva a disposizione e che distribuiva
periodicamente. Il periodo tra gli ultimi anni 90 del 1800 fino a rivoluzione conclusa fu caratterizzato da un
calo dei tassi di natalit, in parte attribuito alla tendenza a sposarsi pi tardi e alla riduzione del numero dei
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matrimoni, in parte alla riduzione della mortalit infantile, in parte ancora alla riforma agraria e alla diffusione
di una cultura pi moderna tra la popolazione rurale.

IL SETTORE AGRICOLO E LEMANCIPAZIONE DEI CONTADINI
In Russia, come in Giappone, si addoss alla campagna il prelievo fiscale volto ad assicurare il mantenimento
della nobilt e dello Stato. La servit era la regola e il contadino era piuttosto schiavo che servo. Al contadino
era permesso di lavorare un piccolo lotto di terra a discrezione del signore e non godeva di alcun diritto di
propriet. Esso doveva consentire il mantenimento della famiglia contadina ed ai servi membri di lavorare
produttivamente e di assolvere altre funzioni. Lo zar Alessandro II si decise a procedere alla liberazione dei
servi; consapevole della non trascurabile difficolt, inizio dai servi della Corona e vinse la resistenza dei nobili
con ledito del 1861. Ma non era questa la riforma agraria che sarebbe servita in quanto non risolveva il
problema dal punto di vista economico e sociale, in quanto la legge riesum il mir e lo rese responsabile del
pagamento delle quote di riscatto da parte dei singoli contadini, sicch questi ultimi anzich schiavi dellantico
proprietario si trovano schiavi del mir. La lentezza del processo di emancipazione (quasi due decenni) lasci ai
grandi proprietari terrieri ampi margini di tempo per adattarsi alle condizioni di lavoro salariato, per vendere e
affittare parte delle loro terre e per organizzare la produzione nelle loro aziende, facendo largo uso del contratto
di colonia parziaria. Nonostante questi limiti il nuovo regime gett il seme per il progresso agricolo.


MOBILITA E CAMBIAMENTO SOCIALE
Una caratteristica che non va sottovalutata fu lestrema mobilit della popolazione russa. Questo movimento
traeva origine dai cambiamenti che si stavano verificando nella societ rurale, primo fra tutti la differenziazione
del ceto contadino: alcuni erano attratti dallagricoltura pionieristica nelle terre nere; ma molti, i pi poveri,
cercavano lavoro come salariati nelle fabbriche, nei trasporti, nel terziario e nelle stesse aziende agricole che si
andavano ammodernando. I lavoratori delle industrie erano i pi istruiti rispetto al resto della popolazione; chi
aveva imparato a leggere e a scrivere tendeva a disertare lindustria rurale. Pesante contraddizione era quella tra
sviluppo economico e regime politico; nel senso che il governo da un lato favoriva lo sviluppo del paese e
auspicava il progresso del capitalismo, dallaltro poggiava le sue basi su unaristocrazia terriera abbarbicata al
tradizionale ordine politico dal quale discendevano i privilegi di cui era detentrice. La Russia era ancora un
paese in cui la nobilt terriera e i quadri tradizionali svolgevano un ruolo determinante e la borghesia, a sua
volta, giocava su due tavoli: faceva assegnamento sullautorit dello Stato per limitare i movimenti operai e, al
tempo stesso, invocava il liberalismo per strappare al governo un certo numero di concessioni. Fu contro questa
borghesia urbana e campagnola che insorsero le classi inferiori nella rivoluzione del 1905. La rapida
espansione demografica si accompagn a importanti progressi in agricoltura che facilitarono i successivi sforzi
di industrializzare del paese.

IL SETTORE MANIFATTURIERO
Le prime manifatture furono volute da Pietro il Grande, accordando la preferenza alla metallurgia assieme ai
cantieri navali e allo sfruttamento delle miniere, utilizzando dapprima operai servi legati allimpresa, come in
agricoltura i servi erano legati alla terra. Sotto Caterina II alcune circostanze concorsero a stimolare lo sviluppo
industriale: la crescita demografica e la congiunta urbanizzazione, labolizione di molte dogane interne e il
lento arricchimento del paese. La sua politica attir verso lindustria un certo numero di nobili sicch si registro
la nascita di numerose attivit produttive di dimensioni pi ridotte non pi al servizio dello Stato, ma aperte al
servizio della societ. Un altro elemento che caratterizza questo periodo la comparsa in Russia dellindustria
cotoniera per merito di due tecnici inglesi che nel 1755 fondarono nei pressi di San Pietroburgo una fabbrica di
tele di cotone dove facevano lavorare operai salariati. Resta comunque il fatto che alla fine del 1700 il 96%
della popolazione viveva nelle campagne. Il cammino verso lindustrializzazione manca di una tappa
importante: salvo rare eccezioni gli artigiani non accettavano lavori su ordinazione ma producevano
direttamente per la vendita. Le grandi manifatture create dalla Corona e dalla nobilt ignoravano qualsiasi
meccanizzazione, ed erano state create su una base feudale e servile, per cui manc la nascita della borghesia
industriale. Solo dal 1890 si pu parlare di rivoluzione industriale. Uno dei caratteri originali dello sviluppo
industriale in Russia, prima dellemancipazione contadina (1861), che esso ebbe luogo in una societ
semiservile e che la mano dopera delle nuove imprese fu fornita sia dai servi, che abbandonarono le loro
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occupazioni rurali, sia da alcuni contadini autorizzati dai loro signori ad abbandonare la terra. Per questo
motivo si afferma che lo sviluppo industriale ha rappresentato uno strumento di liberazione dei servi. Lo
spartiacque tra la Russia moderna e la Russia tradizionale si pone nel 1861, ma nella realt la Russia rest per
altri cento anni un paese prevalentemente agricolo. Il primo colpo assestato alla fase di prosperit si ebbe nel
1880 a causa di un cattivo raccolto che produsse una grande carestia e la caduta della domanda di prodotti
industriali. La situazione peggior negli anni successivi in corrispondenza della crisi mondiale del 1890-92 che
a differenza di altre crisi, in cui parte della mano dopera rimasta senza lavoro ritornava alla campagna, in
questa, per la coincidenza di una grave carestia, un gran numero di contadini abbandon la terra e si diresse
verso le citt dove gli stabilimenti industriali, dal canto loro, stavano riducendo il proprio personale e la durata
della giornata lavorativa. Un certo numero di piccole imprese uscirono di scena e il peggioramento delle
condizioni operaie ebbe come conseguenza delle reazioni violente. Luscita dalla crisi si accompagn a grandi
scioperi, in seguito ai quali si formarono le prime associazioni operaie che spuntarono notevoli concessioni. Lo
sviluppo industriale fu turbato nuovamente nel 1900-03 e le conseguenze furono diverse in quanto la crisi si
produsse in un ambiente economico-sociale completamente trasformato e in cui le contraddizioni si erano
accentuate. Mentre i rapporti di tipo capitalistico dominavano lindustria, il passaggio a forme moderne di
organizzazione era ostacolato da una legislazione desueta e poco adatta alle necessit del nuovo secolo, sicch
lo sviluppo economico si manifestava in un ambiente in cui convivevano due forme di produzione: una arcaica
che deteneva ancora un peso importante e forme estreme del regime capitalistico. Per Gregory, dopo il 1885,
leconomia russa nel suo complesso benefici di un rapido aumento di mano dopera e capitali e quindi di uno
sviluppo estensivo pi che intensivo. Il ruolo pi attivo da parte dello Stato fu svolto nelle ferrovie che crearono
posti di lavoro e migliorarono il livello di qualificazione e la competenza tecnica. Grazie alla ferrovia gli anni
tra il 1890 e il 1913 conobbero unaccelerazione dellattivit manifatturiera.
DALLA RIVOLUZIONE DI OTTOBRE ALLA MORTE DI STALIN (1917 - 1953)

IL COMUNISMO DI GUERRA (1917 -1921)
Fino alla vigilia della prima guerra mondiale, il processo di industrializzazione fu caratterizzato da
unevoluzione abbastanza lenta. Ma la trasformazione agricola e industriale che si era avviata nella Russia
zarista fu bruscamente interrotta dal primo conflitto mondiale. La mobilitazione di 15 milioni di uomini e
linterruzione dei trasporti transoceanici causarono un blocco della produzione in tutti i settori. La situazione
politica divenne cos seria da rovesciare il vecchio regime. Come risultato della rivoluzione del 1917 un
governo provvisorio sostitu il regime imperiale; ma incapace di dominare il crescente malcontento, fu
rovesciato dai bolscevichi che in suo luogo stabilirono lUnione delle Repubbliche dei Sovieti.
Le vicende del 1917 portarono le fabbriche sotto il controllo operaio, provocando lallontanamento dei direttori,
la diminuzione della produzione e della produttivit. Le reazioni furono diverse, a volte si ebbero accordi
conclusi tra i Comitati e la direzione su nuove basi di lavoro; a volte i datori di lavoro risposero con la guerra. Il
controllo operaio era il risultato di un movimento politico di base, a carattere sindacale e di tendenza anarchica;
movimento spontaneo per lapplicazione del principio della direzione operaia, ma anche reazione ostile alla
centralizzazione e ad ogni forma in odore di dittatura. Nel pensiero di Lenin il controllo operaio doveva essere
utilizzato come mezzo di distruzione del vecchio ordine amministrativo e, nello stesso tempo, come mezzo per
riunire gli operai sotto un unico interesse. Fu lanarchia.
Il nuovo corso comportava la soppressione di ogni tipo di propriet privata, in particolare della terra e dei
fabbricati, ma anche la soppressione del mercato, elemento fondamentale delleconomia capitalista. Si
cominci con labolizione della propriet della terra nelle mani dei grandi proprietari terrieri dando lavvio a
forme collettive di coltivazione. Vennero nazionalizzate le banche, il commercio estero e i principali settori
industriali; in meno di un anno la circolazione dei biglietti raddoppi con la conseguente caduta del loro potere
dacquisto, il che spiega la necessit di far ricorso a pagamenti in natura.
A Trotsky il rimedio pi idoneo sembr la militarizzazione dellorganizzazione economica e del lavoro,
espediente poco gradito sia allambiente agricolo che a quello industriale. Per sopprimere il mercato il governo
aveva organizzato la requisizione dei prodotti e la loro distribuzione in base alla formula a ciascuno secondo i
suoi bisogni. Le conseguenze furono catastrofiche e di fronte allincepparsi dei meccanismi produttivi il
governo fu costretto a rivedere i suoi programmi nella direzione di un sistema molto pi liberale.

LA CRISI DEL 1921 E LA NUOVA POLITICA ECONOMICA (NEP)
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Le maggiori difficolt emersero negli scambi tra citt e campagne, tra industria ed agricoltura; le prime
chiedevano alle seconde materie prime e prodotti alimentari, ma non potevano fornire ci di cui esse avevano
bisogno come macchine, concimi o prodotti di consumo: era la crisi.
Il crescere della miseria e del malcontento popolare rese necessaria una nuova strategia per aumentare la
produzione: lelaborazione della Nuova Politica Economica. La rivoluzione era stata una concessione alla
sinistra; la NEP rappresent una svolta a destra, giustificata dai Soviet come un respiro necessario. Vennero
denazionalizzate le imprese con meno di 10 operai e autorizzata la creazione di aziende con meno di 20
salariati; concessioni furono accordate a imprese straniere e imprese statali furono affidate a capitalisti privati,
mentre le grandi imprese rimasero propriet dello Stato che intensific il controllo. La Nuova Politica pi che
una nuova organizzazione aveva portato nellindustria uno spirito nuovo, nel senso di metodi di produzione
volti ad una sana gestione industriale. In agricoltura i risultati furono pi consistenti e nelle campagne fu
ripristinata una sostanziale libert.
La NEP per mostrava un rovescio della medaglia sul piano sociale e politico. La rinascita di attivit private
aveva dato luogo allapparizione dei cosiddetti nepmen: piccoli industriali, mercanti arricchiti che facevano da
ponte con lattivit statale. In agricoltura i benefici andarono a favore dei contadini agiati, i quali cercarono di
prendere in affitto terre supplementari o di acquisire quelle lasciate da coloro che preferivano le citt ove
impiegarsi come mano dopera: aveva fatto la sua apparizione sulla scena una nuova classe sociale, quella dei
kulaki.
Lideale di Lenin, lo Stato senza classi, fu abbandonato con la NEP, sicch si svilupparono delle
stratificazioni sociali sia nelle citt che nelle campagne.
Con al morte di Lenin (1924) si ripropose lalternativa: lasciare o non stabilizzare la NEP. Secondo il partito
che faceva capo a Stalin, bisognava procedere ad una industrializzazione massiccia e alla ripresa delle terre
mediante una collettivizzazione sistematica dellagricoltura. La normativa calata dallalto fece da sostituto
allimprenditorialit; con la pianificazione verr a mancare qualsiasi forma di autonomia personale nelle
decisioni economiche, elemento essenziale dellimprenditorialit.
IL PERIODO DELLA PIANIFICAZIONE (1928 - 1953)
I principi e la preparazione dei piani quinquennali I motivi di questo cambiamento vanno individuati in
considerazioni di difesa nazionale, nellurgenza di approvvigionare le citt e nella necessit di orientare i
prelievi fiscali verso lindustrializzazione. Per questo a partire dal 1928 leconomia sovietica affidata a dei
piani che permettono al governo di prendere grandi decisioni in tema di politica economica.

Il primo piano quinquennale (1928 - 32)
Dal 1929 si effettu rapidamente la collettivizzazione forzata di un gran numero di aziende agricole e
lespropriazione sistematica e rapida di quasi tutti i contadini, ai quali si sostituirono due tipi di aziende: il
sovkhoz, azienda di stato amministrata direttamente dal potere pubblico con una mano dopera salariata; e il
kolkhoz, cooperativa agricola obbligatoria nella quale dovevano rientrare tutti i contadini, organizzati in
squadre di lavoro sottoposte a delle norme fisse per ogni tipo di lavoro e aventi a base della loro remunerazione
la giornata di lavoro. Ogni resistenza dei kulaki fu annientata con il massacro e la deportazione in Siberia.
Le risorse e il lavoro furono concentrate nellindustria di base a discapito della produzione dei beni di consumo.
La conclusione del primo piano segn la scomparsa del mercato cui si accompagn il divieto di
allontanamento degli abitanti dalla campagna.

Il secondo piano quinquennale (1933 - 37)
Lesperienza aveva messo a nudo i pericoli della troppa fretta nel processo di industrializzazione. Ai grandi
progetti di produzione di massa e di nuove costruzioni subentr una maggiore considerazione per le qualit e
per un pi efficace funzionamento dei giganteschi stabilimenti creati. I mutamenti furono due:
- la instaurazione di una politica di decentramento: le nuove fabbriche dovevano essere ubicate nelle
vicinanze delle materie prime e dovevano essere di pi modeste dimensioni;
- la promessa di prestare maggiore attenzione alla produzione di beni di consumo, alla costruzione di
nuove abitazioni moderne e di offrire la possibilit di svaghi.
Senonch considerazioni politiche e militari costrinsero a differire questi propositi e il secondo piano, come il
primo, fu caratterizzato da unespansione febbrile di industrie pesanti, soprattutto per costruire una forza aerea e
navale adeguata. Il fallimento del primo indusse i sovietici a frenare a fondo il secondo piano; la ragione del
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fallimento, secondo Polanyi, era da attribuire allinsormontabile mancanza di sapere e di capacit tecnica della
popolazione. Tuttavia la produzione registro un aumento a scapito della qualit (merci difettose, deterioramento
dei macchinari, sperpero dei materiali), di conseguenza i costi rimasero alti e i beni di consumo continuarono ad
essere scarsi, di cattiva qualit e a prezzo elevato.

Il terzo piano quinquennale (1938 - 42)
Alla luce degli insuccessi causati dalla tattica veloce, adott una politica di rallentamento e liquid tutti gli
incolpati di aver sabotato la produzione in ogni stadio e impedito la realizzazione dei piani.

Il quarto piano quinquennale (1946 - 50)
Ancora una volta la priorit fu accordata allindustria di base sacrificando la produzione dei beni di consumo.
Pilastri della pianificazione saranno le centrali idroelettriche, le grandi acciaierie e i grandi assi di trasporto.
Lo sforzo fu enorme anche perch i sovietici avevano rifiutato gli aiuti economici degli USA (Piano Marshall).

Il quinto piano quinquennale (1951 - 55)
La morte di Stalin (1953) e lavvento di Kruscev diedero luogo a non poche oscillazioni: dalla proclamata
volont di concedere maggiore spazio alla produzione di beni di consumo si ritorn ad accordare priorit
allindustria pesante.

I mezzi di finanziamento: derivarono dallimposizione fiscale, da prestiti facoltativi e dai profitti dimpresa.
I risultati: in agricoltura a fronte di una considerevole meccanizzazione (utilizzo dei trattori), concimi, sementi
e piccole attrezzature segnarono il passo e per tutto il periodo staliniano il settore agricolo rappresent il punto
debole delleconomia. Lo stesso fu per lallevamento del bestiame dal momento che i contadini prima di entrare
nei kolkhoz avevano abbattuto le proprie bestie e il trattore aveva sostituito il cavallo. Il costo
dellindustrializzazione ricadde per intero sui contadini, ai quali si offrivano ben pochi beni di consumo a prezzi
elevati in cambio di derrate alimentari al prezzo pi basso possibile. In definitiva la realizzazione del
considerevole volume di investimenti nel periodo staliniano fu pagata a caro prezzo dalla popolazione sovietica.

IL GIAPPONE: UN CASO SPETTACOLARE

DAL FEUDALESIMO AL CAPITALISMO (1868 - 1940)

LE PREMESSE
Il Giappone, come la Russia, un paese a industrializzazione tardiva, la cui industrializzazione presenta una
fase iniziale di grande slancio per la quale stato definito un caso spettacolare.
La straordinaria rapidit (50 anni) con cui da un paese con strutture rigidamente feudali evolve verso forme
economico-sociali si deve non ad una nuova classe sociale (la borghesia, come in Occidente), ma ad una classe
che fa parte dellimpalcatura feudale, con in testa i samurai. Dal 1965 il Giappone la terza potenza mondiale
dopo USA e URSS.
Intorno al 1860 le condizioni economiche del Giappone non erano molto diverse da quelle della Gran Bretagna
del 1750 (lavoratori specializzati, industria manifatturiera basata sul lavoro a domicilio). Il suo inserimento nel
mondo moderno si ha con la rivoluzione Meiji del 1868, che segna la fine della societ feudale, come in Europa
la Rivoluzione francese. Tutta la storia giapponese permeata da un elemento: lobbedienza al capo e quindi la
relazione protettore protetto.

LA SOCIETA FEUDALE
Alla testa era lImperatore con ruolo prettamente rappresentativo e religioso; seguiva lo Shogun, un capo
assoluto che deteneva tutti i poteri del governo centrale, in una sorta di feudalesimo centralizzato. La sua
legge prevedeva la chiusura del paese, per cui nessuno poteva lasciare larcipelago pena la condanna a morte;
come pure vietava agli stranieri di visitare o risiedere in Giappone eccezion fatta per olandesi e cinesi che
esercitavano un commercio estremamente ridotto a Nagasaki. La carica di shogun era ereditaria e la sua
famiglia possedeva un quarto delle terre, mentre il resto apparteneva a un ristretto numero di signori feudali, i
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Daimyo, titolari dei 200 feudi (ban) in cui il paese era diviso. Oltre ad amministrare le terre dello shogun essi
erano responsabili del potere locale; e, in cambio, godevano il privilegio di riscuotere un tributo annuo, pari al
50% del raccolto in riso, capace di assicurare il loro mantenimento e quello del seguito. Gerarchicamente
dipendenti da questi erano i Samurai (guerrieri): antichi contadini, che avevano giurato fedelt in guerra come
in pace e vivevano delle consegne di riso cui i contadini erano tenuti nei confronti dei daimyo.
Alla larga base della piramide si collocavano i contadini, i pescatori e gli artigiani. Ai contadini era vietato
abbandonare la terra, pur non essendo servi, essi infatti proprietari del piccolo lotto che coltivavano, erano
stretti in una sorta di comunit di villaggio su cui ricadeva la responsabilit della coltivazione della terra
secondo il tradizionale sistema dei tre campi. I mercanti (chonin) gestivano il meccanismo degli scambi
campagna citt, ottenendo denaro in cambio di riso dai daimyo.
La popolazione era rimasta stazionaria per oltre 150 anni e per l80% era rappresentata da contadini. Tuttavia
allarretratezza economica non corrisponde una societ di tipo tradizionale, ma una societ progredita
caratterizzata da una vigorosa cultura urbana nelle grandi citt come Edo, Kyoto e Osaka.

LA RIVOLUZIONE MEIJI
Tutto cominci nel 1850 con una riforma religiosa: il ritorno allo shintoismo che era stato offuscato dal
buddismo sotto linfluenza cinese. Di qui la credenza cieca nella natura divina dellimperatore con il
conseguente indebolimento del sistema feudale che poggiava sullo shogun. Su un altro fronte laumento della
popolazione, la conseguente urbanizzazione e la concentrazione del riso verso le citt. Dalla situazione venutasi
a creare la classe emergente fu, dunque, quella dei mercanti che riusc a realizzare lauti guadagni e, per
coincidenza di interessi, si avvicin ai samurai. Nel 1868 le truppe avversarie allo shogun si impadronirono del
palazzo di Kyoto e con decreto ministeriale misero fine allo shogunato, a conferma di ci anche la capitale si
spost a Tokio. Il nuovo governo (Meiji) era interessato pi alla grandezza nazionale che al progresso sociale.
Alla debolezza interna si accompagn lintervento esterno degli Stati Uniti che desiderosi di conquistare il
mercato giapponese, imposero allo shogun lapertura dei porti al commercio internazionale e la stipula di
numerosi trattati di commercio. Sicch la sofferta apertura del governo agli occidentali port la restaurazione
del potere imperiale; lo shogun non pot fare altro che rimettere il potere nelle mani dellimperatore.
La rivoluzione Meiji mise a nudo le debolezze del sistema economico nipponico. Da un lato si prese coscienza
dei profitti che si potevano trarre commercialmente con lOccidente; dallaltro, per evitare una possibile
colonizzazione occorreva armare un esercito e una flotta: bisognava creare delle industrie e esportare, onde
importare ci che era necessario allespansione economica e trasformare lagricoltura abolendo la feudalit.
LABOLIZIONE DELLA FEUDALITA
Labolizione della feudalit fu il primo atto del nuovo governo Meiji:
- fu proclamata la libert del lavoro e labolizione dei diritti feudali; caduta la distinzione tra classi tutti
furono uguali di fronte alla legge;
- le terre dei signori feudali furono restituite ai contadini e le altre furono accatastate; sicch il
contadino anzich versare la met del raccolto al signore, fu obbligato a pagare allo Stato il 3% del
valore della terra, in denaro, a titolo dimposta fondiaria;
- la perdita dei privilegi da parte dei daimyo e dei samurai, ossia la soppressione dei diritti feudali,
comport il pagamento di una indennit; una sorta di pensione che fu commisurata ad un reddito pari
alla met del valore dei diritti perduti.
I risultati furono rivoluzionari: i destinatari degli indennizzi depositarono i titoli in banca e ottennero in cambio
le azioni, le quali, quotate in borsa, ben presto accrebbero il potere economico dei loro possessori che si
trasformarono da padroni della terra a padroni del denaro. Laumento sostenuto della popolazione offr
allindustria nascente abbondante mano dopera a buon mercato. Una serie di industrie nuove venne alla ribalta
negli ultimi venti anni del 1800; create dallo Stato, passarono nelle mani dei privati. Lagricoltura ebbe livelli di
produttivit tali da realizzare i surplus necessari per dare lavvio al processo di industrializzazione.

IL MODELLO INDUSTRIALE
Il decollo delleconomia fu pilotato dallo sviluppo delle ferrovie, delle costruzioni navali, dellindustria tessile
(cotone e seta), del carbone e delle fonderie. Una caratteristica assai peculiare la sopravvivenza di piccole
imprese accanto alle grandi concentrazioni (zaibatsu), divise da un profondo divario in termini di produttivit.
Infatti, mentre le grandi imprese potettero dotarsi di maggiori attrezzature e di tecnologie avanzate, grazie alle
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maggiori possibilit di accesso ai finanziamenti; le altre dovettero accontentarsi di macchine di seconda mano,
scartate dalle prime o di macchinari a buon mercato, utilizzando in modo massiccio la forza lavoro, con
enormi differenze di salari tra impresa e impresa. I maggiori salari nelle grandi imprese trovarono
giustificazione nella maggiore specializzazione e nel migliore addestramento della mano dopera e nel fatto che
esse agivano in regime di monopolio. Lelasticit dellofferta di lavoro fece mantenere laumento globale dei
salari ad un livello pi basso di quello della produttivit. Le novit pi importanti furono la creazione delle
zaibatsu e la garanzia delloccupazione che tolse alla manodopera ogni incentivo a combattere le innovazioni.
Fu intrapresa una riforma monetaria e creditizia; e, oltre a disciplinare lattivit di emissione, fu creata nel 1882
una banca centrale (Banca del Giappone) e si emanarono norme destinate a regolare il funzionamento di un
sistema bancario privato. Il principale datore di lavoro delle persone istruite fu lo Stato che, con i suoi salari di
gran lunga superiori, vanificava le attrattive del settore privato.
Le chiavi del successo:
- lo Stato intervenne direttamente sotto varie forme: la creazione di imprese industriali, la richiesta di
prestiti esteri, unaccorta politica fiscale, una sapiente utilizzazione dellinflazione monetaria;
- successivamente provvide allacquisto di materiale straniero, introdusse nel paese nuove tecniche e
tecnici occidentali, fece propria linnovazione senza sottomettere il paese alla penetrazione diretta dei
capitalisti stranieri;
- infine si fece in modo che il popolo giapponese non conoscesse il livello dei consumi dei paesi
industrializzati e chiedesse troppo in fretta un elevamento del proprio tenore di vita.
Il modello di formazione del capitale stato cos descritto dagli economisti Ohkawa e Rosovsky:
- Il livello dellinvestimento pubblico fu in generale superiore a quello dellinvestimento produttivo privato.
- Linvestimento nelle costruzioni ebbe un peso maggiore di quello dei beni durevoli di produzione.
- Nella loro maggioranza gli investimenti furono connessi alluso di tecniche tradizionali, senza pertanto
incorporare progressi legati allimportazione di tecnologie.
Sar solo tra il 1911 e il 1917 che la formazione interna del capitale segner un brusco cambiamento nella sua
composizione: la quota maggiore di risorse fu assorbita dagli investimenti privati in beni durevoli di
produzione.
Gli anni 80 del 1800 rivelarono una notevole stabilit del modello dinamico. Successivamente il saggio di
crescita conobbe una serie di movimenti ciclici. La prima onda corrisponde ai saggi di crescita sostenuti fino al
1895; un secondo ciclo ha inizio durante la guerra russo-giapponese, comprende la grande espansione
corrispondente agli anni del primo conflitto mondiale e si chiude con il terzo decennio del secolo con saggi di
crescita alquanto modesti. Per quanto riguarda i tipi di investimento bisogna dire che quello privato crebbe pi
in fretta di quello pubblico nei periodi di pi rapida espansione. Il successo del Giappone risiede nella capacit
di ammodernarsi senza perdere il senso della propria identit nazionale.
GLI ANNI TRA LE DUE GUERRE (1914 - 1940)
Gli anni compresi tra la fine della guerra russo-giapponese e la conclusione del primo conflitto mondiale
rappresentano per il Giappone un periodo di rapido sviluppo. Al primo conflitto mondiale partecip
marginalmente alle operazioni militari e non ebbe danni materiali, anzi, fu stimolato a produrre succedanei dei
beni dimportazione e strappo una fetta del mercato dei tessili ed altri prodotti a basso prezzo alla Cina e
allIndia a danno delle esportazioni di Gran Bretagna, Germania e USA. Lindustria tessile, metallurgica e del
carbone ebbero un notevole slancio. Il Giappone non sfugg alla recessione mondiale del 1920-21 e alla crisi del
1929 che mise in ginocchio la sua economia; la morsa stretta intorno alla sua economia spinse alla conquista di
nuovi mercati esteri. Le spese militari crebbero creando malcontento di cui se ne approfitto lesercito prendendo
in mano il potere politico. Il governo militare abbandon il sistema aureo e propose una politica di reflazione
(moderata nuova inflazione successiva ad una fase di deflazione resa necessaria o per aver spinto questultima
troppo in l oppure da una ripresa dellattivit economica che richiede una maggiore quantit di circolante)
ottenendo una ripresa economica che porter il paese ad una situazione di totale efficienza alla vigilia della
seconda guerra mondiale.

LA CINA. LO SVILUPPO DELLE ECONOMIE DI PIANO

DALLA CINA TRADIZIONALE ALLA CINA MODERNA (1850 -1966)
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MODERNIZZAZIONE PARZIALE E ROTTURA DEGLI EQUILIBRI TRADIZIONALI
Dopo lUrss e il Canada, la Cina il terzo paese al mondo per ampiezza territoriale: da nord a sud copre un
territorio pari a quello che va da Copenhagen al Senegal. Leterno problema dellagricoltura cinese sempre
stato quello di controllare le acque e perci dominare i fiumi, generalizzare lirrigazione e il drenaggio. Alla
fase di prosperit di cui la Cina ha goduto nel 1700 seguito un periodo di crisi, responsabili in parte le
pressioni esterne occidentali, ma molto di pi quelle a est e a nord del paese. I tratti essenziali delleconomia
cinese erano quelli tradizionali, come la schiacciante prevalenza del settore agricolo a bassa produttivit e a
debole meccanizzazione.
Un avvio di sviluppo industriale risale al 1890, con un ritardo di 25 anni sul Giappone, e con ritmi assai pi
lenti e modalit diverse. I cinesi disprezzavano la civilt occidentale alla quale si ritenevano superiori. Alla loro
mentalit era estranea lidea che il governo dovesse farsi carico di promuovere lo sviluppo industriale. Dopo il
trattato di Nanchino del 1842, che segn lapertura dei vari porti al commercio internazionale, tocc agli
occidentali prendere liniziativa per lavvio di forme moderne di industrializzazione. Mentre i giapponesi
diedero subito mano alla costruzione di strutture necessarie per lo sviluppo economico, in Cina furono gli
stranieri ad introdurre i servizi finanziari e di trasporto necessari per lo svolgimento delle loro attivit
commerciali.
Una nuova era ha avuto inizio a partire dal 1895 con la guerra cino-giapponese, quando il governo cess di
opporsi alla partecipazione al commercio e allindustria. Lo scoppio del primo conflitto contrasse le
importazioni di prodotti cotonieri dalloccidente e stimol la produzione cinese e quindi vide la nascita di nuovi
stabilimenti. Soltanto nellintervallo tra le due guerre si avr lintroduzione di telai meccanici. La differenza pi
marcata tra lo sviluppo industriale giapponese e quello cinese sta nel fatto che in Cina fino al 1937 la maggior
parte dei grandi stabilimenti industriali si trovava in mano di stranieri, laddove in Giappone era stata prevalente
liniziativa locale. Alla vigilia della seconda guerra mondiale, nei grandi centri industrializzati cominci a
crearsi la popolazione operaia che manifest i primi segni di organizzazione sindacale e gli inizi di un moderno
sistema di rapporti industriali.

LE GRANDI FASI DELLECONOMIA DELLA CINA POPOLARE (1949)
Economia e societ prima del 1949 - Allindomani della rivoluzione del 1911, rovesciata la dinastia dei
Manciu e caduto il potere nelle mani dei militari, si cre una nuova forza politica: il Ku-Min-Tang. Alleatosi
con i comunisti, questo partito, comandato da Chang-Kai-Chek, nel 1926 occuper gran parte del paese. Diversi
furono gli scontri allinterno del paese che per porteranno nel 1949 alla proclamazione della Repubblica
popolare cinese, di cui Mao-Tse-Tung assumer la presidenza.
La rivoluzione agraria - Il nuovo regime si accinse a correggere le sperequazioni del regime fondiario, dal
momento che le grandi famiglie possedevano il 60% delle terre.


La riforma agraria, dopo una fase di spossessamento, nel 1950, divise i proprietari terrieri in tre categorie:
- i proprietari non coltivatori e coloro che si servivano di salariati furono espropriati senza alcun indennizzo e
ad essi fu lasciato un appezzamento sufficiente a soddisfare le esigenze primarie (minima unit colturale);
- ai coltivatori che si avvalevano di un solo salariato fu lasciato il fondo sempre che esso riuscisse a fornire i
del reddito;
- ai contadini senza terra fu assegnato un piccolo lotto pari alla minima unit colturale.
La situazione si modific dal punto giuridico, ma non dal punto di vista economico: lapparizione dei kulaki e
la proletarizzazione del piccolo contadino. A differenza della Russia, la Cina non meccanizz lagricoltura per
evitare lesodo rurale che avrebbe reso impossibile lindustrializzazione del paese.
Nel 1952 Mao costitu sei milioni di squadre comprensive del 40% della popolazione rurale attiva che non
avevano in comune n animali n attrezzi; ciascuna poteva scegliere il tipo di coltura, ma si dovevano riunire al
tempo del raccolto; questa prima fase si chiam appunto dellaiuto reciproco temporaneo. Nella seconda fase,
detta dellaiuto reciproco permanente, le squadre misero in comune le scarse attrezzature, utilizzarono le
sementi selezionate e curarono meglio la divisione del lavoro, conseguendo un miglioramento nella
produttivit. La terza fase previde la costituzione di cooperative in cui fu messo in comune anche la terra.
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Tutto il raccolto doveva essere consegnato allo Stato, una parte a titolo dimposta e il resto in vendita al prezzo,
molto basso, che esso fissava di autorit. Successivamente la libert, concessa alla cooperazione, di scegliere il
tipo di produzione le fu negata e fu lo Stato a sceglierla e a fornire sementi, concimi e macchinari agricoli a
prezzi sufficientemente alti. In cinque anni la produzione di cereali aument insieme alle condizioni di vita.
Finalmente nel 1958 le comuni popolari presero il controllo dellindustria rurale.

Le basi delleconomia cinese - Tra il 1949 e il 1958 si realizz una progressiva socializzazione dellindustria,
in particolare di quella tessile (Shangai) e quella pesante (Mancuria), mentre la ferrovia era tutta da realizzare.
Vennero nazionalizzate le imprese capitaliste, multate le aziende che avevano conseguito guadagni illeciti (i
proventi furono destinati al finanziamento delle imprese pubbliche), il settore privato urbano cadde sotto il
controllo statale e si avvi un modello di sviluppo che privilegiava lindustria pesante, lasciando a distanza la
produzione agricola. Il Primo piano industriale fu varato nel 1950. LUrss forn alla Cina progetti, quadri per la
formazione degli operai, tecnici, ingegneri e unapertura di credito di miliardi di rubli rimborsabili con
lesportazione di prodotti agricoli e materie prime. Rispetto al 1949 la produzione industriale raddoppi,
aumento che fu direttamente proporzionale allaumento della popolazione. Con il Secondo piano (1958 -62) fu
previsto un ulteriore raddoppio dellindustria, ma esso non and in vigore a causa dei rallentamenti, dal 1955,
nella produzione dovuta allinsufficienza delle materie prime e delle consegne dei prodotti agricoli. La
disoccupazione aument e il malcontento popolare indusse il governo a trovare un modo per progredire pi in
fretta ed in maniera equilibrata.

DAL GRANDE BALZO ALLA RIVOLUZIONE CULTURALE (1957 - 1966)
La mobilitazione - Levoluzione delleconomia della Cina contemporanea contrassegnata da due avvenimenti
fondamentali: il grande balzo (1958 - 60) e la Rivoluzione culturale (1966 68), entrambi caratterizzati da un
rallentamento della crescita. A partire dal 1958 i cinesi si allontanarono progressivamente dal modello di
sviluppo sovietico per motivi politico-economici. Quando, nel 1960, lUrss ritir i suoi tecnici e consiglieri la
Cina, costretta allaggiustamento della politica economica, spost gli interessi verso lagricoltura in quanto
bisognava assorbire la popolazione in rapida crescita: bisognava decentrare la produzione, incoraggiare le
piccole industrie, rivalutare lartigianato e creare dei mercati. Nei fatti il governo rest sui suoi passi
nellaccordare preferenza alle industrie di base dando vita ad una vera e propria mobilitazione delle masse
verso le campagne, sostituendo ai villaggi le comuni popolari. Lobiettivo di spingere al massimo le capacit
produttive, senza badare ai costi n allusura dei mezzi di produzione, port alla chiusura di molte aziende.
Il grande balzo si chiudeva in una maniera assai ingloriosa e se la situazione economica era drammatica
quella politica non era da meno e la rottura con lUrss porto i cinesi a rinnegare il dogma staliniano.

Il cambiamento di rotta - Si rinneg la priorit dellindustria pesante a favore di quella dei beni di consumo e
avvi alla campagna la popolazione eccedentaria che si era liberata nelle citt; nelle campagne dispose il ritorno
alla vecchia cooperativa operante nellambito del villaggio e alla piccola attivit individuale, che per non
apport nessun miglioramento. Sostituto da Liu-Shao-Chi alla presidenza della repubblica, Mao punt tutto
sullideologia e fece appello alla cosiddetta rivoluzione culturale invitando le masse a partecipare alla vita
pubblica. Il ricorso a incentivi sul piano industriale, il miglioramento dei salari e le bonifiche innescarono una
ripresa tra il 1960-65. Il Terzo piano (1966-70) diede risultati soddisfacenti.












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LECONOMIA ITALIANA NEI SECOLI 1800 1900


CRESCITA E DECOLLO DELLECONOMIA ITALIANA (1860 - 1918)

LA POLITICA LIBERISTA ED I SUOI EFFETTI
Il problema dellindustrializzazione, quale mezzo per avviare un moderno sviluppo economico, riemerge
nitidamente al momento del raggiungimento dellUnit nazionale. La decisione di adottare per la nuova unit
politica la tariffa doganale del Regno di Piemonte e Sardegna, ispirata ai principi libero scambisti, che
dominavano nella letteratura economica inglese ed europea, venne motivata con la necessit di dare uno
sviluppo economico omogeneo a tutto il territorio nazionale, visto il successo della politica cavouriana negli
Stati sardi nel decennio pre-unitario. Questa politica venne incontro agli interessi dei proprietari fondiari, i quali
vedevano nel libero scambio la possibilit di ampliare i mercati di sbocco dei prodotti agricoli in cambio
dellapertura del mercato italiano ai prodotti industriali esteri. La classe dirigente dellItalia ritenne opportuno
rinviare lavvio del processo di sviluppo industriale che avrebbe richiesto un protezionismo doganale per i rami
trainanti del sistema economico.
Labbattimento delle barriere doganali fece scomparire le manifatturiere cresciute allombra del protezionismo,
provocando stagnazione e regresso nel settore secondario italiano. La politica liberista favor alcune attivit
manifatturiere dellItalia del Nord legate allambiente rurale (ind. serica, lino, carta e alimentare) e miglior
lesportazioni di seta, canapa, olio e vino.
Tuttavia questi progressi non resero possibile laccumulazione originaria dei capitali da utilizzare nellavvio
dellindustrializzazione come era avvenuto in Inghilterra, Francia e Prussia. Linefficienza delle vie di
comunicazione fu un problema fortemente sentito dai governanti italiani che approntarono un intenso
programma di costruzioni ferroviarie allo scopo di avviare il processo di unificazione del mercato nazionale. I
programmi vennero ostacolati dalla scarsa disponibilit di risorse finanziarie, in considerazione del fatto che il
debito pubblico complessivo accumulato al momento dellUnificazione aveva raggiunto livelli elevati. Il
governo fu costretto cos a collocare allestero i titoli di debito pubblico; questa mossa ebbe due risvolti: di
buono fece affluire molti capitali stranieri in Italia; di contro il valore dei titoli venne a dipendere dalle
oscillazioni e dalle speculazioni della finanza internazionale, che in periodi di crisi causavano luscita di forti
quantitativi di metalli preziosi dal territorio italiano.
Di fronte a queste difficolt finanziarie, nel 1866, venne sospesa la convertibilit dei biglietti di banca
introducendo il corso forzoso. Lemissione di cartamoneta a corso forzoso, fungendo da svalutazione dei
biglietti di banca rispetto alloro, stimol le esportazioni e fren le importazioni. Leffetto negativo fu la perdita
di credibilit internazionale dellItalia che rese impossibile lottenimento di nuovi prestiti dallestero.
Si avvi cos un programma che puntasse al pareggio fra entrate e spese: introduzione della tassa sul macinato,
estensione dellimposta di ricchezza mobile agli interessi del debito pubblico e con laumento dellimposizione
indiretta.
Altro metodo per procurarsi delle entrate fu lincameramento dei beni della manomorta ecclesiastica, cio di
quei beni della Chiesa non utilizzati per fini di culto: i beni accumulati dalla Chiesa vennero spezzettati e
venduti in pubbliche aste. La scelta scambista contribu a lasciare in ombra le differenze di sviluppo economico
fra la parte centro-settentrionale e quella meridionale del paese, in quanto i vantaggi della tariffa potevano
avvantaggiare solo lagricoltura intensiva del nord e non quella estensiva del Mezzogiorno. Sarebbe stata
necessaria una riforma agraria che non arriv per paura delle rivoluzioni contadine. Nel complesso lincremento
della produzione agricola non permise il raggiungimento della accumulazione originaria, ma cominci a far
mutare leconomia dellItalia del centro-nord pi vicina ai vari stati europei.
Durante il primo ventennio post-unitario non vi fu un avvio allunificazione economica del paese, gli scambi
rimasero stazionari a causa della carenza delle vie di comunicazioni e del potere dacquisto troppo modesto
della massa della popolazione. Il modesto sviluppo industriale risult concentrato nelle regioni di Piemonte,
Lombardia e Liguria.
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LA SVOLTA PROTEZIONISTICA
I mutamenti decisivi che si manifestarono nelleconomia italiana, a partire dagli anni 80, rivelano laffievolirsi
del funzionamento del vecchio sistema di accumulazione e il sorgere di quello nuovo. Il subentrare di una crisi
agraria dovuta a cause internazionali, costrinse ad una politica protezionistica la maggioranza degli Stati
europei, compresa lItalia (la rivoluzione dei trasporti aveva reso competitivi soprattutto alcuni prodotti Usa e
Urss che entrarono in concorrenza con lagricoltura europea, modificando i flussi commerciali).
Nel frattempo, la denuncia allopinione pubblica delle condizioni di sottosviluppo del Mezzogiorno e i risultati
dellinchiesta industriale misero sotto accusa la politica liberista per il disinteresse mostrato verso i problemi
economici e sociali del Paese.
Si costitu allora lAssociazione per il progresso degli studi economici, che si ispir al movimento tedesco dei
socialisti della cattedra e fond, el 1875, la rivista il Giornale degli Economisti (Lampertico, Cossa, Luzzatti,
Ricca Salerno e Cognetti). A loro volta i seguaci della scuola classica (Bastoni, Peruzzi, Martello e Ferrara)
crearono in contrapposizione lAssociazione Adamo Smith ed il settimanale LEconomista. Un terzo
gruppo fond, nel 1878, la Rassegna Settimanale (Fianchetti e Sonnino).
Il dilagante protezionismo e i forti interessi industriali indussero il governo ad approvare il 15 aprile 1878 una
tariffa doganale che aument molti dazi sui prodotti (tessili e frumento) importati dalla Francia, ma non si pose
alcun obbiettivo di industrializzazione del Paese. Alla fine del 1878 la crisi sembrava essere superata e nel 1881
il governo ritenne che fosse giunto il momento di abolire il corso forzoso, ritornando alla convertibilit della
cartamoneta. Il disegno di legge prevedeva un prestito estero per ridurre la circolazione bancaria senza rischiare
una massiccia esportazione di oro. La fiducia conquistata per labolizione del corso forzoso fece affluire in
Italia capitali stranieri, che crearono un clima di ottimismo tale da spingere ad iniziative che spesso ebbero un
carattere speculativo (costruzioni edilizie nelle aree urbane di Roma e Napoli). I rappresentanti dellindustria
legata al mondo rurale, quando venne meno la protezione doganale assicurata dal corso forzoso e dagli scambi
esteri, cominciarono a premere sul governo per avere una revisione della tariffa doganale. Nel 1887 venne
varata una nuova tariffa fortemente protezionistica che non fece altro che far diminuire le esportazioni in misura
superiore al calo delle importazioni.
Lintervento dello Stato ebbe un ruolo fondamentale nel cambiamento della struttura economica, fece crescere
gli investimenti a favore del nascente processo di industrializzazione. Il ministro delle finanze Magliani
accanton il tradizionale pareggio annuale del bilancio e punt a finalit produttivistiche; lo Stato fu costretto
ad indebitarsi. La manodopera agricola cominci ad essere assorbita dalla fabbrica e sul mercato si vennero
affermando le imprese meccanizzate condotte con criteri capitalistici ai danni delle piccole imprese artigianali.
Il sistema bancario partecip allavvio dellindustrializzazione grazie alla nascita della banca del Credito
Mobiliare e la Banca generale, sorte con compiti di investimento a lungo termine nellindustria. Negli anni
novanta il sistema bancario entr in crisi a causa di enormi scandali e venne riformato il sistema delle banche di
emissione con la legge bancaria del 10 agosto 1893 che identific nella Banca dItalia, il Banco di Napoli e il
Banco di Sicilia, gli istituti di emissione.
Fra il 1894 e il 9185 vennero costituite due nuove banche miste, la Banca Commerciale Italiana (Milano) e il
Credito Italiano (Genova), entrambe sul modello tedesco e con laiuto di capitali e personale tedesco. Ad esse
si aggiunsero il Banco di Roma e la Societ Bancaria Italiana di Milano. Il ruolo delle banche miste fu
fondamentale per finanziare lo sviluppo economico di un paese afflitto da una cronica carenza di capitali.
Gli effetti della crisi economica degli anni 1888-96 spinsero lemigrazione verso lAmerica di contadini e
braccianti e videro la comparsa dei primi tentativi di sciopero operaio (fasci siciliani).

IL DECOLLO ECONOMICO
A partire dal 1896 inizi la fase ascendente dei prezzi del ciclo Kondratev che raggiunger il suo culmine nel
1920. I prezzi crescenti diedero un forte impulso agli scambi internazionali e allaumento della produzione e del
reddito in Europa, Giappone e negli Usa. LItalia riusc a cogliere loccasione di inserirsi tra i paesi
industrializzati in quanto si erano create le condizioni sociali, politiche ed economiche per sfruttare a pieno il
nuovo ciclo espansivo delleconomia internazionale. Crescita delleconomia internazionale e
industrializzazione italiana sono correlate tra loro: le esportazioni lievitarono notevolmente anche se ad un
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ritmo inferiore delle importazioni. Venivano esportati filati, tessuti, prodotti alimentari, prodotti minerari ed
importate le materie prime come carbone e ferro delle quali non vi era traccia nel territorio. Al crescente
disavanzo della bilancia commerciale lItalia rimedi con le rimesse degli emigrati e con le entrate del settore
turistico. Un fattore altrettanto importante per lo sviluppo economico italiano viene individuato nella politica
protezionistica del quindicennio precedente che avvi la nascita dei rami industriali emergenti (siderurgia,
chimica, meccanica) e complet la modernizzazione dei rami tessile e alimentare.
Determinati per il decollo industriale furono sia la possibilit di reperire i capitali necessari attraverso
laccumulazione nel settore agricolo e soprattutto lazione delle banche dinvestimento, sia lintervento statale
attuato attraverso le commesse, gli anticipi e le sovvenzioni. Il fatto che la maggior parte delle attivit
industriali si concentrasse nellarea settentrionale, accentu il carattere dualistico delleconomia italiana. Dal
1896 al 1913 il reddito nazionale e quello pro-capite aumentarono e oltre ad una crescita globale del prodotto
lordo privato in tutti e tre i settori economici, fu considerevole la redistribuzione fra il settore agricolo (in calo)
e quello industriale (in aumento). Il raddoppio della produzione industriale si realizz con un elevato ritmo di
crescita dei saggi di sviluppo nei diversi rami manifatturieri.
Sul finire dellOttocento la produzione dellenergia idroelettrica si avvi verso una crescita di grosse
proporzioni. Lindustria elettrica trov i capitali necessari al suo sviluppo grazie allintervento della Banca
Commerciale Italiana.
Nel ramo tessile si riusc finalmente ad avviare una vera produzione di fabbrica nella tessitura della seta. Pi
consistente fu lo sviluppo dellindustria cotoniera che, nonostante gli alti dazi protettivi, entr in crisi nel 1907.
La creazione dellUnione filatori nel 1910 e dellIstituto cotoniero italiano nel 1913 agevol il risanamento che
tuttavia a causa del ribasso dei prezzi vide una diminuzione della produzione. Anche nellindustria laniera
vennero fati molti progressi grazie allutilizzazione dellenergia elettrica.
Il ramo manifatturiero che evidenzi una grande regolarit nel saggio di sviluppo prima e dopo la crisi fu quello
alimentare, nel quale le industrie principali erano quelle dello zucchero, della birra e dei tabacchi. Il ramo
alimentare sommato a quello tessile erano la posta attiva pi rilevante della bilancia commerciale italiana.
I rami che realizzarono i progressi pi vistosi sia quantitativamente che qualitativamente furono il chimico
(Pirelli), il metallurgico e il meccanico. Il ramo metallurgico si svilupp ad un ritmo elevato con laiuto di una
protezione doganale molto forte e dellappoggio finanziario delle banche miste (Terni 1884 finanziata dal
Credito Mobiliare e dalla Banca generale del credito mobiliare e successivamente dalla Comit) (Societ Elba
1899 finanziata dal Credit e successivamente dal Comit). Nel 1905 laccordo tra la Credit e la Comit porter
alla nascita della societ ILVA, destinata a creare un grosso impianto siderurgico a Bagnoli. La crisi del 1907
colp anche questo ramo vedendo il blocco dei finanziamenti delle banche e la sovrapproduzione. Il governo
Giolitti si impegn a presentare un piano di intervento per salvare le imprese, sollecitando le banche interessate
a ridare il loro appoggio finanziario, ma nonostante ci gran parte della produzione rimase invenduta. Fu cos
costretto a bloccare per cinque anni la realizzazione di nuovi impianti al fine di stabilizzare la produzione.
Lindustria meccanica, invece, non usufruiva di una particolare protezione doganale e grazie alla domanda
interna riusc a svilupparsi e ad ammodernarsi (cantieri navali Ansaldo, armi e artiglierie Breda e Tosi,
macchine da scrivere Olivetti, automobili Fiat).
Lo sviluppo riguard anche il settore primario che crebbe in produttivit e in produzione. Le coltivazioni di
frumento, barbabietola da zucchero, mais, riso e patata furono le pi incrementate. Lagricoltura continu ad
essere pi sviluppata nelle aree settentrionali grazie allintroduzione di nuove tecniche, concimi e macchine
agricole. Anche i successi dellAgricoltura furono in parte dovuti allazione dello Stato: protezione doganale,
stipulazione di accordi commerciali con altri Stati, finanziamenti per opere di bonifica e il potenziamento
dellistruzione e della sperimentazione agraria. Il clima di maggiore tolleranza nei confronti della protesta
sociale, instauratosi con il ritorno al potere della sinistra di Giolitti e Zanardelli, fece crescere le rivendicazioni
operaie e videro la fondazione, nel 1906, della Confederazione Generale del Lavoro (CGL). Il governo stesso
nel 1902 istitu lUfficio centrale del lavoro allo scopo di compiere studi sul settore lavorativo e preparare
proposte di legislazione sociale.

LECONOMIA DI GUERRA
Lintervento italiano, nel maggio del 1915, fece crescere la speranza di superare le difficolt economiche
emerse con le recessioni del 1907 e del 1913 ed acuitesi alla vigilia della guerra. Sin dal 1914, quando scoppi
la guerra, lItalia scelse il regime di neutralit e si adoper a rifornire i paesi belligeranti di prodotti,
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specialmente tessili. La scelta di campo i favore di Francia e Inghilterra era quasi obbligatoria oltre che per
lobiettivo politico del completamento dellunit nazionale, anche perch erano questi a fornire la maggior parte
delle materie prime necessarie alleconomia italiana. Le spinte interventistiche del movimento nazionalistico,
dei gruppi dirigenziali dei rami siderurgico, meccanico ed elettrico si fecero sempre pi pressanti. La
prevedibile entrata in guerra indusse il governo ad emettere un prestito nazionale e ad istituire il Consorzio su
valori industriali (CSVI) che avrebbe dovuto far fronte ad un eventuale crollo dei titoli industriali. La politica
di Calandra, divenuto presidente del consiglio in sostituzione di Giolitti, andava spostandosi verso destra che
con lappoggio della borghesia industriale spinse lItalia ad intervenire nel conflitto.
Soltanto dopo il primo anno di guerra lindustria italiana riusc a coprire le crescenti esigenze delle forze
militari, soprattutto per merito dei Comitati regionali di mobilitazione costituiti dal governo allo scopo di
mobilitare e coordinare la produzione bellica. Inoltre essi potevano dichiarare ausiliari quegli stabilimenti
necessari ai fini bellici.
Tali stabilimenti erano privilegiati nellapprovvigionamento delle materie prime e nellattribuzione delle
commesse e venivano assoggettati alla giurisdizione militare che poneva tutto il personale sotto la sorveglianza
di soldati e carabinieri e sospendeva le conquiste sindacali. La domanda per esigenze belliche riguard
prevalentemente le imprese siderurgiche, meccaniche, elettriche, tessili e chimiche.
Furono soprattutto lILVA, lAnsaldo, la Breda e la Fiat che si accaparrarono la maggior parte della domanda
sia in campo siderurgico che meccanico. Tutte le banche miste erano intervenute per sostenere finanziariamente
la cantieristica: la Comit, il Credit, il Banco di Roma e la Banca italiana di sconto. Lo Stato forn aiuti
attraverso la protezione doganale, le commesse e le sovvenzioni allo scopo di realizzare i programmi di
espansione delleconomia di guerra. Di notevole rilievo fu la crescita della produzione di energia elettrica, in
particolare di quella idroelettrica. Anche lindustria chimica vide aumentare la richiesta di prodotti per uso
bellico (esplosivi); lindustria della gomma (Pirelli) con il sostegno del Credit riusc raddoppiare la percentuale
media dei suoi profitti.
Nel complesso il sistema industriale si rafforz notevolmente durante la guerra con laiuto dello Stato, ma le
trasformazioni strutturali dellindustria italiana non produssero una evoluzione verso forme di capitalismo
maturo, poich la ricchezza nazionale non aument ma oper un trasferimento di risorse dallagricoltura e dalla
piccola e media industria produttrice di beni di consumo verso i grandi gruppi industriali finanziati dalle banche
di investimento. Infatti, leconomia di guerra in un paese povero di manodopera qualificata spinse il governo ad
esonerare dal servizio militare non solo gli operai specializzati, ma anche quelli che sembravano capaci di
diventarlo. Il risultato fu che la percentuale di contadini chiamati alle armi fu elevatissima, il che provoc la
riduzione della produzione e fece crescere il deficit della bilancia commerciale a causa degli onerosi acquisti di
prodotti agricoli, ed in particolare cereali, sui mercati americani. La scarsa produzione agricola e la difficolt
delle importazioni dei prodotti alimentari costrinsero il governo ad introdurre, nel corso del 1918, il
razionamento dei generi di prima necessit. Alla fine del 1918 lepidemia influenzale della spagnola fece tante
vittime quante quelle della guerra, proprio a causa dello stato di debilitazione fisica della popolazione. Inoltre,
lo sviluppo industriale e la crisi dellagricoltura approfondirono il divario tra il Nord e il Sud del paese.
Alla fine della guerra grossi e complessi problemi riguardanti la riconversione industriale, il riassetto
finanziario e monetario e la crisi economica ed i conflitti sociali, si presentarono ai dirigenti politici.


LECONOMIA ITALIANA FRA LE DUE GUERRE (1919 - 1945)

IL PRIMO DECENNIO
Laccresciuta dipendenza dellindustria dalla domanda pubblica e la progressiva integrazione tra industria
pesante e sistema bancario con la partecipazione attiva dello Stato avevano reso possibile il vertiginoso
sviluppo della grande industria ai danni dellagricoltura e della piccole e medie imprese. Alcune industrie,
durante la guerra, erano diventate cos grandi da mettere in discussione i loro rapporti con le banche sostenitrici.
La scalata alle banche da parte delle grandi imprese, quali la Fiat e lAnsaldo, dur fino al 1920 quando i
dirigenti delle banche si opposero al tentativo delle imprese di acquistare tutte le azioni per superare lo stato di
malessere derivato dalla forte diminuzione delle commesse statali e di resistere alla inevitabile riconversione
post-bellica. La maggior parte delle imprese si trovarono in grosse difficolt a causa della penuria di materie
prime, degli scarsi mercati di sbocco e del fluttuante regime dei cambi. Inoltre le eccessive emissioni di
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cartamoneta avevano prodotto una forte inflazione. Il contrasto pi forte venne a crearsi fra industriai, che
continuavano a chiedere incentivi e sostegni per evitare il fallimento, e agrari che chiedevano la revisione in
senso liberistico delle tariffe doganali per allargare i mercati di sbocco dei prodotti agricoli. In tale contesto, un
ruolo di grande rilevanza venne assunto dal movimento operaio che attraverso la CGL e lappoggio del partito
socialista mir ad ottenere la riduzione delle ore lavorative, aumenti salariali e il riconoscimento delle
Commissioni interne. La concessione, nel 1919, del decreto Visconti fece acquietare il movimento operaio, ma
non port ad una duratura pace sociale. Il governo Nitti non fu capace di mediare tra capitale e lavoro e nel
1920 venne succeduto da Giolitti, il quale aveva lo scopo di ottenere il risanamento delle finanze statali
attraverso provvedimenti fiscali destinati a colpire i patrimoni ed i redditi pi elevati. Al programma economico
giolittiano si opposero con vigore banchieri, industriali ed agrari che riuscirono a bloccare lattuazione di alcuni
provvedimenti con il conseguente aggravamento del debito pubblico e la crescita dellinflazione.
Anche se la pressione del movimento operaio continu a farsi sentire il partito socialista nel 1921 perse molti
punti e a Giolitti succedette Bonomi che form un governo con i popolari e i socialisti riformisti. Le incertezze
del nuovo governo diedero spazio alla crescita del movimento fascista appoggiato da industriali e agrari. Dopo
la caduta del governo Bonomi, 1922, il partito fascista, con la tolleranza delle forze armate e della Monarchia,
organizz la marcia su Roma che si concluse con il conferimento a Mussolini dellincarico di formare il
nuovo governo. La mancanza di una classe politica moderata fece emergere la forza del fascismo il quale offr
una restaurazione politica di carattere autoritario che venne notevolmente favorita dalla fase di ripresa
internazionale degli scambi guidata dagli Usa. Infatti, fra il 1922 e il 1925 la connotazione pi marcata della
politica governativa fu il liberismo economico che ebbe come capi saldi lalleggerimento del carico fiscale e il
passaggio ai privati di alcune attivit fino ad ora svolte dallo Stato. Per compensare la flessione del gettito
fiscale il governo istitu limposta generale sullentrata (I.G.E.) da applicare sui trasferimenti di denaro, e
unimposta sui redditi agrari, ed estese limposta di ricchezza mobile ai salari. Vennero privatizzate
lassicurazione sulla vita, i servizi postali e telefonici e lo scrutamento delle risorse idriche. Per attenuare gli
effetti delle tariffe doganali protezionistiche, che erano state inasprite da Giolitti nel 1921, il nuovo governo
stipul trattati di commercio con altri paesi. Il successo pi rilevante del governo fascista fu quello di avere
eliminato entro il 1925 il disavanzo del bilancio statale. Il vantaggio pi consistente per il settore industriale fu
rappresentato dalla soppressione delle organizzazioni sindacali libere, che contribuirono alla crescita della
produttivit senza lintroduzione di nuove tecnologie. Mussolini inoltre avvi le riforme elettorale e
costituzionale: nel 1923 elimin il sistema proporzionale, introducendo una legge che consentiva ad una
maggioranza del 25% la conquista dei 2/3 dei seggi parlamentari. Con una campagna elettorale svolta in un
clima di violenze e intimidazioni contro gli oppositori, i fascisti ottennero il 65% dei voti. Luccisione di
Giacomo Matteotti, segretario del partito socialista, che aveva contestato la validit dei risultati elettorali, e le
incertezze dellopposizione segnarono la fine dello Stato liberale parlamentare. Infatti vennero emanate alcune
leggi che trasformarono la struttura dello Stato, rafforzando il potere esecutivo e abolendo le nomine elettive
delle amministrazioni locali, sostituendole con autorit di nomina governativa. Venne introdotta la pena di
morte e lorganizzazione per la vigilanza e la repressione dellantifascismo (OVRA).
Raggiunto il pareggio del bilancio e rimesso in moto il sistema produttivo, il governo cominci ad intravedere i
pericolosi risvolti dellaumento della liquidit e della circolazione monetaria che avevano sorretto lo sviluppo
economico del triennio liberista. Venne cos attuata la riforma degli istituti di emissione, nel 1926, affidando
alla Banca dItalia tutti i poteri di controllo sullofferta di moneta, sulla liquidit bancaria e sul saggio di sconto.
Era inoltre necessario rivalutare la lira per acquisire quella fiducia internazionale indispensabile per ottenere
prestiti utili alla crescita delleconomia del Paese. Le misure deflazionistiche e leffetto psicologica del discorso
di Pesaro dellagosto 1926, durante il quale Mussolini proclam la difesa della moneta nazionale, segn
larresto della sua svalutazione e linizio di una rivalutazione che vide la stabilizzazione a fine 1927.
Nonostante che il suddetto risanamento monetario venisse accompagnato dalla concessione di numerosi prestiti
esteri, la deflazione e la rivalutazione della lira colpirono in particolar modo ledilizia e le piccole imprese
produttrici di beni di consumo a causa della concentrazione della domanda interna. I riflessi sociali della
deflazione furono pesanti, sia per quanto riguarda la disoccupazione che triplic, sia per quanto riguarda le
condizioni di lavoro aggravate da una severa disciplina di fabbrica e dallintroduzione di tecnologie basate sulla
catena di montaggio. Tutto sommato si pu affermare che i progressi compiuti dalleconomia italiana furono
abbastanza marcati dal 1922 al 1926 e si mantennero allo stesso livello nei tre ani successivi.
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Per quanto riguarda lagricoltura il governo Mussolini, dal 1922 al 1925, condusse una politica volta a
mantenere il reddito fondiario e a ridurre i costi di produzione mediante linasprimento dei patti agrari e le
decurtazioni salariali. Quando, nel corso del 1925, il disavanzo della bilancia si aggrav anche a causa delle
importazioni di grano, il governo avvi un piano di politica agraria fondato sulla difesa della granicoltura per
aumentarne la produzione mediante lelevazione del rendimento medio per ettaro. Nel 1925 venne annunziata
la battaglia del grano che ripristin i dazi doganali che da una parte contribuirono a far aumentare la
produzione cerealicola e quindi ad una diminuzione delle importazioni e dallaltra attraverso laumento dei
prezzi, pes sul bilancio alimentare dei consumatori. I risultati della battaglia, fino al 1929, furono laumento
della superficie coltivata, pi accentuata nel Mezzogiorno che nel Nord, e la crescita della produttivit, molto
pi rilevante nellItalia settentrionale che nel Meridione.
In complesso leconomia italiana dopo la crisi post-bellica ebbe una fase di crescita nel primo quadriennio
dellavvento del fascismo al potere, seguita da una fase di stagnazione dovuta agli effetti della rivalutazione
monetaria eccessivamente elevata, voluta dal governo Mussolini.


LE CONSEGUENZE DELLA CRISI DEL 1929
Il 1929 rappresent per il regime fascista lanno della sua normalizzazione. Dopo la conciliazione con la
Chiesa cattolica attraverso la firma dei patti lateranensi, Mussolini indisse le elezioni che vinse grazie anche
allappoggio della Chiesa: normalizzazione del regime autoritario. Nel corso di quellanno leconomia
italiana sembrava avviata al superamento della crisi provocata dalla crisi provocata dalla politica deflazionistica
e dalla rivalutazione della lira. Tuttavia non erano da sottovalutare le ombre che gravavano su di essa. Il saldo
negativo della bilancia commerciale si era accresciuto per laumento delle importazioni a fronte di una
diminuzione delle esportazioni, dovuto al lento adeguamento della riduzione dei salari reali che avrebbe dovuto
compensare gli effetti della rivalutazione della lira. In tale contesto cominciarono a manifestarsi, a partire dal
1930, gli effetti della grande crisi che segn linizio di una fase depressiva delleconomia internazionale.
La depressione colp pesantemente il settore industriale e in particolare i rami tessile (filati di seta e cotone) e
meccanico (autovetture), che collocavano una rilevante parte della loro produzione sui mercati esteri, ma anche
i rami economici che non erano legati alle esportazioni subirono ripiegamenti di un certo rilievo. Nel settore
agricolo la recessione si fece sentire ancora pi pesantemente, provocando la riduzione di circa il 45% del
valore della produzione lorda privata. I segni pi evidenti della depressione economica, tra il 1929 e il 1933,
risultano sintetizzati dalle cifre relative alla diminuzione del risparmio e degli investimenti lordi e dallaumento
della disoccupazione. A causa del precedente rallentamento dello sviluppo dovuto alla rivalutazione della lira,
gli effetti della crisi in Italia furono meno gravi che nel resto dEuropa. Con la svalutazione della sterlina i
prestiti esteri delle banche miste si ridussero inducendo i risparmiatori a spostare i loro depositi nelle casse di
risparmio e nelle casse postali. La prima banca mista ad entrare in crisi fu il Credit seguita dal Comit, ed
entrambe chiesero aiuto allo Stato che istitu la Sofindit (Societ finanziaria industriale italiana) la quale
ricevette un prestito per acquistare le azioni del Comit e del Credit che si impegnavano a non effettuare
operazioni di credito mobiliare. Era prevista inoltre la costituzione dellIstituto Mobiliare Italiano (IMI) che
avrebbe dovuto sostituire le due banche dinvestimento nella concessione di crediti a medio e a lungo termine.
Le condizioni delleconomia continuarono a peggiorare e il governo decise di costituire un altro ente, lIstituto
per la ricostruzione industriale (IRI) allo scopo di eliminare la commistione fra imprese industriali e banche
miste che era diventata essenziale per il sistema bancario italiano. Lo Stato si impegn a fornire i capitali
necessari per finanziare le imprese industriali in difficolt e per sollevare le banche miste dagli immobilizzi
derivanti da titoli industriali e crediti inesigibili. Lattivit dellIRI fu positiva poich riusc ad aiutare molte
imprese industriali e a salvare le banche miste, finanziandole o assumendone la gestione diretta.
Il risanamento del sistema bancario venne attuato con il decreto-legge del 12 marzo 1936 secondo il quale il
controllo del sistema bancario venne affidato allIspettorato per la difesa del risparmio e per lesercizio del
credito, organo dello Stato, guidato dal Governatore della Banca dItalia, posto alle dipendenze di un Comitato
di ministri presieduti dal capo del governo che fissava le direttive generali. La Banca dItalia, il Banco di
Napoli, il Banco di Sicilia, la Banca Nazionale del Lavoro, lIstituto bancario S. Paolo di Torino e il Monte dei
Paschi di Siena vennero dichiarati istituto di diritto pubblico; furono riconosciute banche di interesse nazionale
la Comit, il Credit e il Banco di Roma. La legge bancaria diede allintervento pubblico nel settore creditizio il
compito di governare i flussi finanziari di tutto il sistema bancario destinati alle attivit economiche,
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concentrando i poteri di controllo e di vigilanza nelle mani della Banca dItalia. La recessione economica
cominci ad essere superata a partire dal 1934.

LA SVOLTA AUTARCHICA
La ripresa economica, che si era verificata a partire dal 1934, non consent al governo di fare ridurre
lintervento pubblico sullapparato economico a causa del mancato sviluppo del commercio estero e della
notevole diminuzione dellemigrazione che fece crescere il numero dei cittadini in cerca di lavoro. Ragioni di
prestigio politico indussero i regime a cercare la soluzione del problema demografico ed economico
nellespansione coloniale con linvasione dellEtiopia nel 1935. Mussolini voleva avviare una politica
economica tendente a rendere lItalia autonoma dalle importazioni, cio a dire una politica autarchica. A
provocare questa svolta contribu la nuova alleanza politica (Patto dacciaio) concluso con la Germania e il
Giappone i quali ritenevano necessaria lespansione territoriale per superare la recessione economica e
raggiungere il livello di sviluppo dei paesi che gi possedevano aree di influenza coloniale (le potenze europee
e gli Usa). La riforma del sistema bancario e la trasformazione dellIRI da ente provvisorio a permanente nel
1937 consentirono al governo di indirizzare e controllare leconomia del Paese; i settori portanti dellindustria
italiana vennero a dipendere, tramite lIRI, dallo Stato che accentr nelle sue mani il credito di investimento.

LItalia non fece tornare le attivit imprenditoriali e del sistema creditizio nelle mani dei privati per diversi
motivi: per la scelta politica di controllare leconomia allo scopo di rendersi indipendente dallestero,
limpossibilit di un rilancio delle industrie legate allesportazione sia per la scarsit delle riserve monetarie e la
difficolt di procurarsi crediti dallestero durante una fase recessiva delleconomia internazionale, sia per
linasprimento dei rapporti diplomatici con le grandi potenze economiche. Lo Stato fu soltanto il mediatore del
rilancio economico attuato attraverso unorganizzazione privatistica e non riusc ad utilizzare lintervento
pubblico per attuare il suo progetto politico ad impronta corporativa, lasciando ampia libert alle iniziative dei
grandi gruppi industriali. LIRI non intervenne soltanto per risanare le imprese in crisi e rimetterle sul mercato,
ma assunse funzioni di gestione aziendale.
La scelta autarchica ancorarono il commercio estero italiano alla Germania nazista, inoltre la battaglia del
grano e la bonifica integrale, insieme con la spinta alla valorizzazione delle risorse sostitutive delle materie
prime importate costituirono il perno della politica autarchica del governo. Buoni risultati si ebbero nel settore
siderurgico, meccanico e chimico; in crisi entrarono le industrie cotoniera, laniera e serica sia per la
concorrenza delle fibre artificiali che per le restrizioni autarchiche, ma il ramo tessile, nel suo complesso, rest
uno dei pi importanti nel settore industriale. La tendenza di fondo, accentuatasi dopo il 1935, fu quella di far
affluire gli investimenti nelle attivit finanziarie e industriali piuttosto che in agricoltura, come testimoniato
dalla crescita delloccupazione nellagricoltura.
Fra i costi sociali prodotti dalla struttura autoritaria del regime si possono annoverare il degrado delle aree
rurali, lemarginazione della cultura, le carenze nella qualificazione professionale e nellistruzione pubblica,
linesistenza o la mediocrit di servizi sociali collettivi, lo scarso sviluppo del sistema assistenziale e del
cooperativismo. In questi anni le differenze di sviluppo fra il Nord e il Sud non fecero altro che accentuarsi,
anche a causa della popolazione attiva che andava diminuendo nel Mezzogiorno.

LECONOMIA ITALIANA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Allo scoppio della guerra lItalia si presentava con una struttura economica molto fragile, caratterizzata da un
dualismo economico molto marcato, da unaccentuata burocratizzazione e da una preparazione militare
assolutamente insufficiente. Infatti nonostante quattro anni di politica autarchica, le attivit industriali
dipendevano in larga misura dallestero per le importazioni di carbone, materie prime e semilavorati controllate
per la maggior parte dai potenziali nemici anche attraverso il dominio delle vie di comunicazione marittime.
Tuttavia le principali correnti di commercio si erano modificate a favore della Germania. Gli armamenti oltre
ad essere quantitativamente insufficienti lo erano anche qualitativamente e in accordo con la Germania,
Mussolini allo scoppio della guerra dichiar la non belligeranza; ma tra febbraio e marzo del 1940 decise di
intervenire a fianco della Germania, rifiutando le offerte politiche ed economiche dellInghilterra e degli Usa e
accettando lofferta tedesca che prevedeva un rifornimento mensile di carbone, superando cos lembargo
inglese. Mussolini si schier a fianco dellalleato nella convinzione che si trattasse di una guerra di breve
durata; purtroppo la guerra durer parecchi anni, mettendo in evidenza la debolezza economica e
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limpreparazione militare dellItalia. Furono le spese militari che assorbirono la maggior parte dei consumi
pubblici e produssero una forte inflazione. I rifornimenti provenienti dalla Germania andarono esaurendosi
mettendo in difficolt molte fabbriche. Lagricoltura venne colpita in modo particolare dagli avvenimenti
bellici, sia per la scarsa disponibilit di fertilizzanti che per il richiamo alle armi dei lavoratori agricoli. Per
quanto riguarda la produzione industriale, si ebbe un andamento verso lalto fino al 1940 per declinare
rapidamente dal 1941 al 1943. Dopo la caduta del fascismo, il 25 luglio del 1943, e la firma dellarmistizio
dell8 settembre, inizi per lItalia un periodo tumultuoso durante il quale difficile individuare gli indirizzi di
politica economica. Linflazione raggiunse livelli elevatissimi fra il 1943 ed il 1945, soprattutto nel
Mezzogiorno, dove avvenne lemissione delle AM lire da parte dellamministrazione militare anglo-americana
che scaten un processo che provoc il rialzo dei prezzi ad un livello di circa trenta volte quello superiore a
quello del 1941. Con al firma dellarmistizio, cessarono le forniture tedesche destinate ad alimentare le
industrie italiane ed in particolare quelle belliche. Se a ci si aggiunge la suddivisione in due parti del territorio
nazionale, diventa facilmente spiegabile la caduta della produzione manifatturiera. Si tratt di un vero e proprio
crollo economico che raggiunse il suo punto pi basso nel 1945, anno della cessazione delle ostilit.






LECONOMIA ITALIANA NEL SECONDO DOPOGUERRA

LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA
I nuovi governanti dovettero affrontare i problemi relativi alla sua forma istituzionale, alla introduzione di una
democrazia parlamentare ed alla scelta della via da seguire per avviare la ricostruzione della sua vita
economica. Il problema istituzionale si risolse con la vittoria della repubblica. Il ritorno alla democrazia
parlamentare e lelaborazione di una carta costituzionale, che desse salde radici alla vita politica italiana,
vennero invece realizzati senza provocare aspre contrapposizioni fra i partiti nati dalla Resistenza antifascista.
Le incertezze sulla politica da seguire si trascinarono per un biennio, fino a quando venne costituito il governo
De Gasperi del maggio del 1947, nella cui coalizione non entrarono i partiti della Sinistra. Lindirizzo politico
di De Gasperi si ispirava alla dottrina liberista classica che mirava alla libert dazione delle imprese e alla
tutela della propriet privata. I problemi economici che richiedevano una urgente soluzione erano la caduta
della produzione e della crescente disoccupazione, le quali avevano toccato il fondo nel 1945, accompagnate da
una crescente emissione monetaria che aveva suscitato la preoccupazione pi forte di tutte le forze politiche.
Nella seconda met del 1946 lItalia fu attraversata da una forte inflazione causata dai molteplici eventi del
dopoguerra. Il ricorso al cambio della moneta, collegato ad una imposta patrimoniale, proposto con insistenza
dalle sinistre venne vanificato dalla netta opposizione dei partiti di centro-destra e, in particolare, dal partito
liberale. Ci nonostante i partiti di sinistra riuscirono ad ottenere dei risultati sul piano normativo come la
tregua salariale che prevedeva il riconoscimento delle commissioni interne, la scala mobile, gli assegni
familiari, i minimi salariali, limitazioni in materia di licenziamenti, il blocco degli affitti e la formazione di
commissioni provinciali per la determinazione dellequo canone nellaffitto di fondi rustici. Con il Ministero
del tesoro, che aveva il potere decisionale sulla spesa pubblica, e con la Banca dItalia, divenuta con la riforma
bancaria del 1936 un organismo di controllo e gestione della circolazione monetaria e del sistema creditizio,
nelle mani di autorevoli esponenti liberisti, pu sembrare scontato lindirizzo seguito dai provvedimenti
governativi. Allo Stato, che, attraverso lIRI, possedeva molte imprese industriali e istituti di credito, fu affidato
il compito di mantenere le maestranze occupate senza dare alcun indirizzo di gestione, lasciando nei fatti tali
aziende sotto linfluenza dei gruppi privati in possesso di una parte relativi pacchetti azionari. LIRI non venne
liquidato solo per la decisa opposizione delle sinistre. La linea liberista privilegi la ricerca della redditivit
aziendale ed elimin ogni controllo sulla destinazione delle risorse, senza preoccuparsi dellaccentuazione del
divario economico Nord-Sud, riaffidando alle imprese private la piena disponibilit della manodopera e della
gestione. Il periodo decisivo per la scelta della politica economica italiana collocabile nei primi due mesi del
1947, quando la tregua salariale venne meno a causa di una nuova ondata inflazionistica, ponendo sul tappeto
il problema del costo del lavoro. Di fronte al drammatico problema del contenimento dellinflazione non si
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volle seguire la via del cambio della moneta, come era stato fatto in altri paesi europei unitamente al
razionamento dei generi di consumo e ladozione di prezzi politici per i generi di prima necessit. Si adott,
invece, la linea sostenuta dai partiti di centro-destra che punt alla riduzione della spesa statale per consentire
un maggior flusso di liquidit verso il settore privato; questo tipo di politica monetaria non riusc a bloccare
linflazione. La fine della collaborazione governativa con i partiti della Sinistra diede la possibilit a De Gasperi
di formare un nuovo ministero democristiano con linserimento di esponenti dei partiti liberale, repubblicano e
socialista scissionista. Il nuovo governo fu libero di seguire un indirizzo liberista ortodosso, avviando una
politica deflazionistica che prese il nome di Einaudi passato dalla carica di governatore della Banca dItalia a
quella di Ministro del Bilancio. Einaudi avvi la tradizionale politica di restringimento del credito allo scopo di
porre un freno allinflazione e di stabilizzare il sistema finanziario: ricostru il Comitato del credito che avvi la
stretta creditizia obbligando le banche a versare il 25% dei depositi esistenti ed il 40% di quelli futuri alla
Banca dItalia; a tale manovra si accompagn laumento del tasso di sconto. Gli effetti furono molto forti: si
ridusse la circolazione monetaria, ma nel contempo si contrassero gli investimenti e la produzione e aument la
disoccupazione. Per aiutare le imprese in difficolt venne creato il Fondo per le Industrie Meccaniche (FIM), fu
aumentato il fondo di dotazione dellIRI, si concessero sussidi allindustria serica e mineraria e vennero
concesse esenzioni fiscali e agevolazioni creditizie alle industrie da impiantare nel Mezzogiorno. La politica
deflattiva non fu accompagnata da riforme strutturali e di conseguenza provoc la formazione di una
disoccupazione cronica concentrata nel Mezzogiorno. Complessivamente, la stabilizzazione della lira con
laiuto dei prestiti americani rafforz la nuova compagine governativa di centro e divenne una delle premesse
pi importanti della vittoria del 18 aprile 1948. Decisivi per tale ristrutturazione furono gli aiuti del Piano
Marshall che, attraverso i fondi dellEuropean Recovery Program (ERP) affluirono in Italia per ricostruire
lapparato industriale e finanziare gli investimenti agricoli e le opere pubbliche.

Mentre la autorit statunitensi indicavano come obiettivo del piano Marshall uno sviluppo economico da
avviare con una programmazione di tipo Keynesiano, il governo italiano puntava soprattutto allequilibrio della
bilancia dei pagamenti, al pareggio del bilancio statale, alla limitazione delle spese statali ed alla restrizione del
credito e degli investimenti, ritenendo preminente la stabilizzazione monetaria rispetto al problema dello
sviluppo economico e delloccupazione. Assieme alle sollecitazioni statunitensi, le lotte sociali sia nelle
campagne che nelle fabbriche contro la disoccupazione e a favore del miglioramento delle condizioni di vita
diedero una forte spinta verso una graduale correzione in senso riformista della politica economica governativa.
La decisione governativa di attuare una politica riformista si concretizz nella riforma agraria, nellistituzione
della Cassa per il Mezzogiorno e nel piano Ina-Case. Il governo De Gasperi, ritenendo di poter efficacemente
contrastare la crescente influenza politica dei partiti di sinistra fra le masse rurali del Mezzogiorno, decise di
rinunciare ad una riforma agraria generale e di avviare alcune leggi per aree comprensoriali volte
allespropriazione dei terreni scarsamente produttivi da distribuire alle famiglie contadine: la legge Sila
(Calabria), la legge stralcio (Delta padano, Maremma toscana, Campania e Puglia) e la legge di riforma agraria
(Sicilia) furono i provvedimenti di riforma agraria nel 1950 in quella direzione. I risultati di queste riforme si
poterono apprezzare solo al Nord dove gli Enti di riforma realizzarono infrastrutture, opere irrigue e case
coloniche. Le riforme nel Mezzogiorno contribuirono a cancellare i residui degli antichi privilegi di carattere
feudale. Allo scopo di assecondare la formazione di un largo strato di piccola e media propriet contadina fu
varato un piano di intervento nellItalia meridionale mediante listituzione della Cassa del Mezzogiorno ed
emanata una legge per la costituzione di istituti speciali di credito agevolato. Lazione della Cassa si limit a
creare infrastrutture (strade, ferrovie, energia elettrica e acquedotti) nella vana speranza di spostare la
localizzazione degli investimenti dal Nord al Sud del Paese, tralasciando iniziative volte a migliorare il settore
industriale. Unaltra iniziativa riformistica fu il piano Ina-Case che prevedeva un intervento pubblico nel ramo
delledilizia residenziale e quindi la costruzione di alloggi a basso costo destinati ad essere affittati ai lavoratori
dipendenti. Nei primi anni cinquanta la ricostruzione poteva considerarsi conclusa con notevoli ripercussioni
sulla distribuzione degli investimenti, della produzione, del reddito e delloccupazione nei tre settori economici
tradizionali; si ridusse notevolmente il settore agricolo, mentre crebbero gli altri due in particolare il terziario.

IL MIRACOLO ECONOMICO
Dal 1953 al 1963, leconomia italiana svilupp i livelli di crescita pi elevati della sua storia. Il dato pi
rilevante fu lincremento del commercio estero che risult essere il fattore trainante del miracoloso decollo
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economico italiano, oltre alla stabilit monetaria ed il pareggio del bilancio statale. Leconomia italiana fu
caratterizzata da un alto grado di sviluppo industriale (i cui ritmi di crescita furono i pi alti del mondo),
accompagnato da una forte avanzata del terziario e da una graduale riduzione del settore agricolo. I rami che
mostrarono lo sviluppo pi rapido furono la produzione siderurgica, quella del ferro, dellenergia elettrica e
soprattutto quella automobilistica. LItalia riusc ad entrare fra i dieci paesi pi industrializzati del mondo.
I fattori propulsivi di questo decollo, comuni agli altri paesi europei, furono gli aiuti economici e finanziari
degli Usa, il mantenimento del valore della moneta nazionale rispetto al dollaro, il rinnovamento degli impianti
e dei processi tecnologici, lutilizzazione di fonti energetiche meno costose, nonch la diffusione di nuovi
prodotti di largo consumo. Inoltre i profitti crescenti, lassenza di inflazione e la bilancia dei pagamenti in attivo
furono i connotati pi originali che caratterizzarono lo sviluppo economico italiano rispetto a quello degli altri
paesi europei. Labbondanza di manodopera e liniziale struttura arretrata delleconomia furono determinanti
nellavvio del decollo economico poich contribuirono a rendere debole la forza contrattuale dei sindacati e
quindi basso il livello salariale. Il numero globale degli occupati diminu in quanto lesodo dalle campagne non
fu sufficientemente compensato dalla crescita, sia pur notevole, degli altri due settori. Lampiezza dellofferta
rese la forza lavoro a buon mercato, consentendo allindustria di produrre a bassi costi e di presentarsi sul
mercato internazionale con prezzi competitivi. La crescita degli investimenti privati, accompagnata da un forte
incremento delle esportazioni e da una notevole domanda interna, produsse un accelerato sviluppo economico.
Si venne cos a creare una tendenza alla crescita delle esportazioni e in maggior misura delle importazioni, che
produsse un disavanzo della bilancia commerciale. Poich era landamento della domanda internazionale a
determinare lo sviluppo delleconomia italiana, esso era estremamente fragile in quanto strettamente dipendente
dalle esportazioni che difficilmente avrebbero potuto continuare ad espandersi fondandosi su una produttivit
legata al basso costo del lavoro. Leconomia italiana non avrebbe potuto mantenere a lungo lequilibrio della
propria struttura, presentando al proprio interno un alto tasso di disoccupazione, forti disuguaglianze sociali e
un dualismo economico Nord-Sud che andava accentuandosi. Le aziende a partecipazione statale diventarono
sempre pi numerose dopo che nel 1948 fu deciso il mantenimento dellIRI.
La fondazione dellEnte nazionale idrocarburi (ENI), ad opera di Enrico Mattei, e soprattutto la sua attivit
politica produttiva e commerciale nei rami chimico e petrolchimico rappresentarono una svolta nellautonomia
gestionale dellimpresa pubblica in Italia. Nel corso degli anni cinquanta lIRI riusc a cancellare la sua
immagine di ente di pura assistenza alle imprese in difficolt e a creare uno dei pi forti gruppi industriali
europei, rendendosi autonomo dalle grandi industrie private. In complesso, le partecipazioni statali svolsero un
ruolo di supplenza e di integrazione nei confronti dellindustria privata, creando quelle infrastrutture necessarie
ad una pi intensa accumulazione capitalistica, alle quali liniziativa privata non intendeva sobbarcarsi. Il
Mezzogiorno venne fortemente penalizzato durante il cosiddetto miracolo economico dallimponente esodo
verso il Nord e verso lestero. Nel settore agricolo, poich alla riforma agraria e allalleggerimento del carico
demografico non si accompagn alcun serio tentativo di trasformazione colturale e di riorganizzazione
commerciale, alla fine di un decennio di assenza di una politica agraria il valore medio della produzione per
ettaro si ridusse a circa la met di quello del settentrione. Questa situazione di crisi del Mezzogiorno non manc
di riflettersi sullintero sistema economico. Infatti, quando si esaur lafflusso di lavoratori dalla campagna e il
Nord si avvicin ad una condizione di piena occupazione, la pressione della domanda sul mercato del lavoro
determin uninversione di tendenza della dinamica salariale: i primi aumenti dei salari non trovando
unadeguata offerta di prodotti e di servizi, misero in moto una spirale inflazionistica. Nel frattempo la ricerca
di nuovi equilibri politici porter alla formazione di una coalizione di centro-sinistra, allinterno della quale si
aprir un dibattito per risolvere il dislivello economico tra Nord e Sud, lavvio di una razionalizzazione
dellagricoltura, la riforma urbanistica e il soddisfacimento dei bisogni sociali che avrebbero potuto evitare
limpatto inflazionistico degli aumenti salariali.

CARATTERI E TENDENZE DELLECONOMIA ITALIANA NELLULTIMO TRENTENNIO
Per frenare la crisi economica, aggravata dalla fuga dei capitali allestero verificatasi a causa della
nazionalizzazione dellindustria elettrica con la creazione dellEnte Nazionale per lEnergia elettrica (ENEL), il
governo di centro-sinistra avvi una rigida stretta creditizia che condusse al rallentamento dellinflazione e al
pareggio della bilancia dei pagamenti, ma provoc unimprovvisa caduta della produzione industriale e degli
investimenti, con conseguenze negative sulloccupazione e sui consumi. Il punto di partenza della
programmazione da introdurre nella politica economica governativa va ricercato nella Nota aggiuntiva che Ugo
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La Malfa present nel 1962 al Parlamento; in essa si prospettavano interventi governativi, finalizzati al
superamento degli squilibri settoriali e territoriali, che , attraverso il fisco, avrebbero dovuto prelevare dai
redditi pi alti e dai consumi di lusso i capitali necessari per stimolare gli investimenti produttivi privati e per
accrescere gli investimenti pubblici. Tutto ci sarebbe dovuto avvenire con la collaborazione dei sindacati e dei
lavoratori che, al posto degli aumenti salariali, avrebbero dovuto richiedere miglioramenti ai servizi sociali.
Alla Nota aggiuntiva segu il Rapporto Saraceno del 1964 nel quale venne indicata una ripartizione, attraverso
provvedimenti legislativi, della spesa statale a favore del Mezzogiorno nella misura del 45% degli investimenti
pubblici e del 40% dei posti i lavoro. E certo che gli interventi pubblici, tramite le partecipazioni statali, si
accrebbero notevolmente, ma anche vero che vennero fatti senza alcun coordinamento e non produssero i
risultati previsti dai piani quinquennali varati dal governo, lasciando immutate le distanze economiche tra il
Nord e il Sud. Il meccanismo di funzionamento delleconomia non fu quindi modificato e, non appena
apparvero i primi sintomi di ripresa, si continu a puntare al potenziamento della produttivit delle industrie
esportatrici, abbandonando i progetti pi avanzati di programmazione e di sviluppo del Mezzogiorno. Il
risultato della suddetta politica economica, carica di contraddizioni ed incertezze, fu la consolidazione di un
vasto settore pubblico, in mano di tre colossi, lIRI, lENI e lENEL. Il processo di sviluppo degli anni Sessanta
aveva provocato uneccessiva concentrazione della crescita nellarea del triangolo industriale, facendo sorgere
problemi sociali connessi con la lievitazione dei prezzi e dei fitti delle abitazioni, con le carenze nei trasporti e
nei servizi scolastici e sanitari. Durante gli anni sessanta si verificarono anche a livello internazionale
mutamenti e squilibri (svalutazione del dollaro per le spese militari in Vietnam) cos rilevanti da costringere le
imprese ad aumentare i prezzi per mantenere alti i profitti. In tale contesto, le lotte operaie del 1969 condotte in
Italia per il rinnovo del contratto di lavoro, provocarono aumenti salariali che fecero allineare il costo del lavoro
a quello dei maggiori paesi europei, dopo quasi un ventennio nel quale i livelli salariali erano stati nettamente
pi bassi. Lapprovazione dello Statuto dei lavoratori, nel 1970, cre ulteriori tensioni sociali allinterno del
sistema industriale italiano. Aument cos linflazione derivata dalle crescita della domanda non
controbilanciata da unadeguata offerta. Si imbocc la via di mantenere bassi i tassi di interesse nella speranza
di rendere convenienti gli investimenti produttivi.

Purtroppo, nellottobre del 1973, lo shock provocato dallaumento del prezzo del petrolio fece esplodere tutte le
tensioni e gli squilibri che si erano creati negli ultimi cinque anni, dando il via ad una rilevante crescita dei
prezzi ed annullando gli effetti della svalutazione della lira.
La spinta inflazionistica (stagflazione) si accompagn alla stagnazione economica e prosegu lungo il corso
degli anni Settanta e port il sindacato ad adottare una politica di difesa del migliorato livello salariale. Il costo
del capitale divenne cos elevato da scoraggiare gli investimenti; si sarebbe dovuto puntare sugli investimenti,
invece si assunse come obiettivo lo sviluppo del Mezzogiorno e la difesa delloccupazione. Nacque in questo
periodo la Cassa integrazione che addoss allo Stato il mantenimento dei lavoratori alle grandi imprese in
difficolt. Lelevato costo del denaro colp la chimica, la siderurgia, le imprese dei servizi telefonici e la FIAT
perdette la sua competitivit in campo internazionale. Viceversa le piccole e medie imprese riuscirono ad
espandersi, in quanto contando sullerogazione di salari pi bassi ebbero bisogno di una minore quantit di
capitali. Unico freno alla lievitazione della domanda fu laumento della pressione fiscale, dovuto al
meccanismo della progressivit delle aliquote delle imposte dirette combinato con la crescita dellinflazione
(fiscal drag). A partire dal 1981 il prezzo del petrolio greggio si abbass, facendo diminuire linflazione a
livello internazionale che inoltre riceveva una spinta dalleccessivo aumento dei prezzi dei servizi.
Soltanto dopo il 1983 si cominci ad uscire dallinflazione e si avvi un nuovo ciclo economico nel quale il
reddito riprese a crescere, stimolato dai consumi interni in espansione a causa degli aumenti retributivi. La
grande impresa, che ormai non era pi la forza trainante delleconomia italiana, cominci a risollevarsi
recuperando il terreno perduto nei confronti delle piccole e medie imprese che persero il vantaggio di poter
usufruire di livelli salariali pi bassi. Negli anni Ottanta il capitale finanziario si espanse anche in Italia; il
centro dellattivit finanziaria si spost dal sistema bancario ad un sistema costituito da holding e societ di
servizi assicurativi e finanziari. La disoccupazione and aumentando e il debito pubblico si fece sempre pi
pesante. La ripresa economica fu resa possibile dalla politica monetaria della Banca dItalia che riusc a ridurre
linflazione e a mantenere stabili i cambi, rendendo cos possibile una sviluppo del commercio tra i paesi della
CE.

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LECONOMIA CONTEMPORANEA NELLE GRANDI AREE
GEOGRAFICHE E I PROBLEMI DEL SOTTOSVILUPPO

RIPRESA E SVILUPPO DEI PAESI DELLEUROPA OCCIDENTALE ( 1946 1970 )

LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DEL SECONDO CONFLITTO
Con la conclusione della guerra, da una parte si intravedeva lincombente pericolo dei partiti comunisti, che
andavano man mano affermandosi con laiuto dellUnione Sovietica; dallaltra in molti si rafforzava lidea di
un ritorno al sistema economico liberale, che gli anni della guerra ed i precedenti regimi autoritari nazionali
fascisti avevano in gran parte intaccato. Di qui la formazione di due blocchi: lUnione Sovietica ed i suoi
satelliti, che costituivano anche un blocco economico sancito nel 1949 con il Comecon; e le potenze occidentali
che avrebbero costituito altre istituzioni economiche intese ad integrare le rispettive economie e unalleanza
militare, la NATO (North Atlantic Treaty Organisation).
Nei primi mesi dalla fine della guerra la produzione industriale si riprese molto rapidamente grazie alle
disponibilit di carbone e materie prime, ma nel 1947 i danni provocati dalla guerra si manifestarono in pieno:
non solo le distorsioni nella struttura economica dellEuropa, ma anche le difficolt di ritornare ai tradizionali
mercati di rifornimento e di sbocco. Delicata si present la situazione nel settore agricolo e soprattutto in quello
alimentare, ma anche nella produzione di materie prime (carbone, petrolio, acciaio, alluminio ecc.). Alla crisi
produttiva si aggiunse il cosiddetto dollar gap cio la scarsa disponibilit di questa moneta.
Bisogner attendere il 1948 per larrivo degli aiuti economici del Piano Marshall e la Convenzione per la
cooperazione economica europea (OECE) con il compito di attuare una maggiore solidariet economica e
politica tra gli Stati del vecchio continente e coordinare il Piano.

LA RICOSTRUZIONE E LAVVIO DI NUOVE REGOLE NELLA GESTIONE DELLECONOMIA:
NAZIONALIZZAZIONI E PROGRAMMAZIONE
Nonostante la pessima situazione la ripresa economica fu abbastanza rapida e nel caso dellItalia e della
Germania fu definita miracolosa. Nel 1949 quasi tutti i paesi europei occidentali avevano raggiunto i livelli
anteguerra. I progressi pi rapidi nel 1949 si ebbero nei paesi vincitori, Francia e Gran Bretagna; dal 1955
invece Italia e Germania compirono un grande balzo in avanti. Tali progressi non si sarebbero potuti verificare
se accanto al Piano Marshall non si fosse avviato un processo di riordino del sistema monetario internazionale e
lavvio di una collaborazione economica tra i vari paesi a livello mondiale. Basti ricordare gli accordi di Bretton
Woods che permisero la nascita del Fondo monetario internazionale (FMI) e la Banca internazionale per la
ricostruzione e lo sviluppo (BIRS), oltre al GATT (Accordo generale sulle tariffe e sul commercio).
Le strade imboccate dai governi non furono le stesse: mentre alcuni paesi ritenevano di dover preservare in tali
frangenti un ordine liberale, pur in presenza di un governo in grado di rafforzare il suo intervento in ambito
nazionale ed internazionale; altri, e furono la maggioranza, rivendicarono allo Stato un maggiore controllo, che
venne poi a tradursi in due principali strumenti operativi: nazionalizzazioni e programmazione. In particolare la
programmazione segn un momento di particolare importanza nella vita economica e sociale di alcuni Stati in
quanto non aveva mai avuto grandi tradizioni nellEuropa occidentale, anzi era ritenuta unesclusiva dei paesi
collettivistici dove, soprattutto in Unione Sovietica, aveva trovato applicazione con risultati abbastanza positivi.

IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA
A conclusione del conflitto non erano pochi a ritenere che la posizione politica, economica e militare
dellEuropa si era particolarmente indebolita, quasi ingabbiata tra la crescente potenza sovietica e la tutela
economica degli Usa. Per uscire da questa situazione era necessario migliorare le relazioni fra i paesi e ridurre
al minimo le tensioni e le rivalit economiche che fino ad allora avevano reso lEuropa un insieme slegato di
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paesi indipendenti. Vennero cos costituite inizialmente lUnione economica del Belgio, Lussemburgo e dei
Paesi Bassi (Benelux) nel 1948 e la Comunit economica del carbone e dellacciaio (CECA) nel 1951. Alla
seconda, sostenuta dal ministro francese Schuman, si accordarono la Germania federale, lItalia e i paesi del
Benelux, mentre la Gran Bretagna, che aveva nazionalizzato le industrie di carbone e acciaio, non ader. La
CECA prevedeva un controllo sulle industrie del carbone e dellacciaio dei sei paesi aderenti per i quali le
decisioni prese dovevano essere considerate vincolanti ei suoi obiettivi erano: stimolare la produzione, rendere
efficienti la imprese e quindi pervenire ad una progressiva diminuzione dei prezzi del carbone e dellacciaio.
Nel 1957 i paesi che avevano partecipato alla CECA si ritrovarono a Roma per firmare due trattati, che
stabilivano la creazione di una Comunit europea per lenergia atomica (EURATOM) e la nascita della
Comunit economica europea (CEE) o Mercato comune europeo (MEC). Il primo trattato prevedeva luso
pacifico dellenergia atomica attraverso la creazione dei relativi impianti e centri di ricerca; il secondo la
graduale liberalizzazione della circolazione di merci, capitali e manodopera fra i sei paesi partecipanti: Belgio,
Olanda, Lussemburgo, Francia, Italia e Germania federale. Per quanto riguarda la CEE opportuno ricordare
due punti qualificanti: la graduale eliminazione dei dazi sullimportazione e delle limitazioni quantitative su
tutti gli scambi tra i paesi membri; lintroduzione di una tariffa esterna comune, che doveva rappresentare la
media aritmetica dei dazi applicati dai singoli Stati. A fianco della CEE veniva creata la Banca europea degli
investimenti (BEI) con il compito di concedere prestiti ed effettuare investimenti nelle regioni sottosviluppate
dei paesi aderenti. Nel 1959 la Gran Bretagna, i paesi scandinavi, la Svizzera, lAustria e il Portogallo crearono
lAssociazione europea di libero scambio (EFTA) con compiti assai pi limitati rispetto a quelli della CEE, in
quanto non eliminava i dazi sui prodotti agricoli, non imponeva una tariffa esterna e consentiva ad ogni
membro la possibilit di ritirarsi dalladesione in qualsiasi momento. Visti gli scopi assai limitati della EFTA,
nel 1972, la Gran Bretagna, lIrlanda, la Danimarca e la Norvegia entrarono a far parte della CEE. Nel 1981
ader la Grecia e nel 1986 Spagna e Portogallo.

ECONOMIA E TRASFORMAZIONI STRUTTURALI TRA SVILUPPO E CRISI (1950 - 1968)
Il progresso economico dei paesi occidentali in questi anni evidenzia due aspetti importanti: un elevato ritmo di
sviluppo ed una sensibile riduzione dellampiezza delle fluttuazioni, nel senso che le fasi recessive, verificatesi
tra gli anni 40 e 60, non sembrano aver segnato sostanziali inversioni di tendenza, ma semplicemente flessioni
congiunturali. In tali condizioni non stupisce se nella seconda met degli anni 60 riaffiorasse il grave
fenomeno della disoccupazione, che nel decennio precedente si era mantenuta a livelli assai modesti.
Laumento dei redditi, particolarmente accentuato nel settore industriale, cre un notevole incremento dei
consumi che attivarono una sorta di rivoluzione sociale, che avrebbe influenzato abitudini, valori individuali e
collettivi e le stesse condizioni dei lavoratori.
GLI STATI UNITI NELLECONOMIA INTERNAZIONALE (1946 - 1975)

LECONOMIA POSTBELLICA E GLI AIUTI ALLA RICOSTRUZIONE
Uno degli effetti pi importanti della seconda guerra mondiale fu quello di avere trasformato gli Usa da una
grande potenza mondiale nella potenza mondiale. Essi riuscirono a mantenere intatte le proprie risorse,
limitando di molto le perdite in vite umane. I fattori che resero indolore il passaggio da guerra a pace furono:
- la conversione attuata in tempi piuttosto rapidi dellindustria dalla produzione di guerra a quella di pace,
grazie alle riduzioni fiscali, labolizione dei controlli e al mantenimento di un livello alto di spesa
pubblica.
Il principale problema dinanzi al quale venne a trovarsi leconomia statunitense nel periodo postbellico non fu
quindi la depressione, quanto il progressivo processo di inflazione monetaria: da una parte gli imprenditori che
richiedevano sensibili aumenti dei prezzi, dallaltra i lavoratori che dopo anni di sacrifici affrontati durante la
guerra pressavano per notevoli aumenti salariali. Nel biennio 1946-47 i numerosi scioperi nelle industrie
maggiori e le forti pressioni esercitate dagli imprenditori sullAmministrazione riuscirono a far si che i prezzi
aumentassero, di qui il timore di un pericoloso processo di avvitamento delleconomia, che presto avrebbe
potuto portare ad una grave crisi (aumento della disoccupazione e diminuzione della produzione).
I provvedimenti tampone non si fecero attendere: da una parte si ag sulla leva fiscale, riducendo il carico in
modo da stimolare la domanda dei beni di consumo; dallaltra con linizio della guerra di Corea, nel 1950,
lamministrazione diede il via ad un consistente aumento delle spese statali, che andarono a beneficio della
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grandi imprese industriali; un ulteriore fattore tampone fu limponente mole di aiuti in beni e in dollari (ERP)
concessi ai paesi europei (principalmente assorbiti da Francia e Gran Bretagna).

LA PROSPERITA DEGLIA NNI 50 ED I PRIMI SINTOMI DELLA CRISI
Nonostante il gravoso impegno nella ricostruzione delleconomia europea, linizio della guerra fredda, la corsa
agli armamenti con lUnione Sovietica ed infine lapertura delle ostilit in Corea, gli anni 50 rappresentarono
per gli Usa un periodo di grande progresso economico e sociale. Vi concorreva in modo significativo laumento
demografico che fece aumentare le dimensioni delle grandi societ che andarono sempre pi utilizzando i
processi di automazione. Il processo di automazione cre non poche difficolt nellutilizzo di manodopera
operaia e and a colpire i ceti pi deboli, i gruppi minoritari e di colore. In sostanza, alla fine degli anni 50, pur
in presenza di un benessere assai diffuso, sembravano affiorare alcuni nodi: la povert, la disoccupazione,
linflazione ed il deterioramento delle condizioni di vita ed igieniche nelle grandi citt, nodi che tuttavia non
impedirono agli Usa di rimanere al centro del sistema economico internazionale.

LINDEBOLIMENTO DELLECONOMIA ED IL RUOLO DEL DOLLARO
Agli inizi degli anni 60 la posizione egemonica degli Usa nel contesto internazionale subiva un lento ma
continuo ridimensionamento. Il peso finanziario sostenuto per mantenere un importante ruolo politico militare
cominciava ad incidere sulla bilancia dei pagamenti. Infatti la produzione americana da leader indiscussa negli
anni 60 cominci ad essere ostacolata da quella europea e giapponese a partire dagli anni 70. Nonostante ci
gli Usa riuscirono a mantenersi al centro del sistema capitalistico occidentale, grazie al ruolo del dollaro nel
sistema monetario internazionale, che non solo era stata utilizzata nei pagamenti tra i vari paesi, grazie alla
parit fissa con loro, ma aveva rappresentato il principale strumento di riserva della banche centrali, che di
conseguenza avevano tutto linteresse di offrirle unampia azione di sostegno. La progressiva perdita di valore
del dollaro negli anni 60 fu quindi sostenuta dai paesi capitalistici, che ottennero in cambio limpegno da parte
americana di continuare ad accollarsi le spese per la difesa comune e mantenere il rango di potenza mondiale.

LINTERNAZIONALIZZAZIONE DELLECONOMIA ED IL RUOLO DELLE MULTINAZIONALI
Gli Usa riuscirono a svolgere sino ai primi degli anni 70 un ruolo significativo in campo economico e
finanziario, puntando in particolar modo sulla internazionalizzazione della loro economia con laiuto delle
cosiddette multinazionali. Nel 1971 le varie Corporation americane possedevano ormai il 52% dello stock
mondiale di investimenti diretti allestero. Diversi i fattori che avevano spinto le multinazionali a spostare
oltre confine parte della loro produzione: minor costo del lavoro, vicinanza ai luoghi di approvvigionamento
delle materie prime, facilitazioni fiscali e la conquista di nuovi mercati. Nonostante ci la concorrenza europea
e giapponese colp la produzione americana che, dopo gli inizi degli anni 70, perse il suo ruolo egemonico.
Daltronde successe ci che era successo un secolo prima alla Gran Bretagna, con la differenza che
questultima aveva puntato unicamente sugli investimenti indiretti (impieghi di natura finanziaria), mentre gli
Usa con le multinazionali avevano allargato la loro base produttiva, mirando soprattutto a quelli diretti
I RAPPORTI ECONOMICI TRA LURSS E I PAESI DELLEST EUROPEO

LEVOLUZIONE DEL SISTEMA SOVIETICO (1953 - 1980)
Con al morte di Stalin si ebbe unevoluzione del sistema sovietico che si acceler dopo il 1965.
Dopo la II guerra mondiale leconomia sovietica poteva definirsi uneconomia moderna e il governo, per
modernizzare lagricoltura e ottenere rendimenti pi elevati, segu una politica di concentrazione delle aziende,
sicch il numero dei kolkhoz si ridusse notevolmente. Inoltre, a partire dal 1958 sar lasciata ai kolkhoz
maggiore autonomia, permettendo loro di gestire direttamente le proprie attrezzature gi nelle mani della SMT.
I primi cambiamenti si intravidero alla fine del 1955 con lelaborazione del Sesto piano che puntava su un
miglioramento della produttivit, attraverso la razionalizzazione dellorganizzazione e dei metodi di lavoro
nonch sullutilizzazione al meglio dei capitali esistenti. Rivelatosi troppo ambizioso venne abbandonato nel
1957 e sostituito dal 1959 da un piano settennale, che a sua volta venne integrato a un piano ventennale,
abbandonato anchesso per ritornare ai piani quinquennali. Sul piano delle istituzioni, la prima ad essere
investita dalla riforma fu il Gosplan, gi preposto nel 1957 alla pianificazione annuale, affiancato dal Consiglio
economico di stato dellUrss incaricato della pianificazione a lungo termine. Nel 1963, infatti, le funzioni di
questultimo passarono al Gosplan e al suo posto fu creato il Sovnarkhoz dellUrss con il compito di occuparsi
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dei piani annuali. Inoltre fu creato il Gasstroi preposto alla pianificazione degli investimenti. Tutti e tre furono
posti sotto il controllo del Consiglio superiore delleconomia nazionale. Nel 1965 si pervenne alla riforma della
gestione delle imprese: dal sistema territoriale (del decentramento) si torn a quello settoriale e si riconobbe alla
produzione un carattere capitalistico che sispirava a criteri di produttivit e si lasci allimpresa la possibilit di
agire sugli elementi quali impieghi, salari, nuovi investimenti e riforma del sistema dei prezzi. Ci avvenne in
modo graduale e nel 1973 la creazione di un nuovo organismo (le Unioni industriali) port verso il principio
territoriale. I contraccolpi della crisi internazionale furono assorbiti molto bene dai paesi dellest data la minore
elasticit in campo industriale e sul piano istituzionale; leconomia sovietica rimaneva anchilosata nel suo
immobilismo. Da quel momento il solco tra i due mondi si approfondir e le tensioni diverranno insostenibili
quando, nel corso degli anni 80, il presidente americano Reagan intraprender una potente politica di riarmo;
per lUrss significava raddoppiare limporto da destinare alle spese militari, mentre il suo PIL era soltanto la
met di quello degli Usa; quando Breznev decise di accettare la sfida trascin il paese nella catastrofe.
Gorbaciov, arrivato al potere nel 1985, si rese subito conto della crisi e cerc di porvi riparo. Egli punt su una
riforma radicale della politica economica le cui linee fondate sulla glasnost (libert di espressione) miravano
allintensificazione della produttivit ed allaccelerazione del ritmo della crescita. La riforma di tutte le strutture
economiche (perestroika) doveva consistere in una combinazione tra centralismo democratico e autonomia
amministrativa: una vera e propria contraddizione. Gorbaciov vedeva di buon occhio il ritorno a qualcosa
simile alla NEP di Lenin, in cui lo Stato avrebbe mantenuto il controllo dei settori chiave delleconomia e
lasciato gli altri ad una limitata iniziativa privata. Lenorme burocrazia e la diffusa corruzione incepparono tutti
i meccanismi e neutralizzarono i tentativi di riforma. Cos Gorbaciov decise di ristrutturare leconomia
sovietica secondo i principi di un socialismo di mercato ispirato al modello occidentale di economia mista, ma
senza alcun risultato, trascinando il paese in una vera e propria catastrofe.

IL COMECON: OVVERO LINTEGRAZIONE DELLE ECONOMIE PIANIFICATE
Nel 1949, in risposta alla situazione dellOECE, lUrss cre il COMECON (Comitato per lAssistenza formato
da Urss, Albania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Romania, RDT dal 1950 e Jugoslavia dal 1956)
nel tentativo di dare maggiore coesione alle economie dei paesi suoi satelliti. Esso segn la fine della
cooperazione dei paesi dellEuropa orientale con la Commissione Economica per lEuropa (ECE) dellONU. Il
Comecon costituiva la prima organizzazione che riuniva ufficialmente lUnione sovietica e i suoi alleati in
quanto il Cominform, istituito nel 1947, riuniva soltanto i partiti politici e sanciva lalleanza diplomatica e
militare. La divisione in due blocchi port ad una polarizzazione estrema: i ricchi con i ricchi e i poveri con i
poveri. Inoltre i paesi dellOECE avevano da spartire tra loro gli aiuti del Piano Marshall mentre i paesi membri
del Comecon, cio della zona pi povera e che aveva subito maggiori devastazioni belliche, dovevano per la
maggior parte pagare le riparazioni di guerra allUnione Sovietica. Inoltre non si svilupp come in Europa
occidentale, un sistema di scambi multilaterali e gran parte dei commerci sia con lUrss che tra i consociati
rimasero bilaterali. Tutte le democrazie popolari erano pi o meno la riproduzione in miniatura dellUnione
Sovietica e il fatto che esse continuarono a redigere ciascuna il proprio piano port ad uno sviluppo economico
squilibrato.


LE DEMOCRAZIE POPOLARI E LO SCISMA JUGOSLAVO
Com noto il ruolo svolto dallesercito sovietico nella sconfitta della Germania nazista port al predominio
dellUrss nellEuropa orientale. Il paese guida che trovava nella Cecoslovacchia la seconda roccaforte politica e
un discreto appoggio nella Bulgaria, avvertiva due punti deboli nellUngheria e soprattutto nella Polonia.
Quanto allinstaurazione dei nuovi regimi politici si possono distinguere due modelli: uno generale e laltro
jugoslavo. Mentre le tappe pi importanti della realizzazione degli obiettivi del cosiddetto periodo di
transizione dal capitalismo al socialismo si possono cos indicare: la riforma agraria (ovunque la classe dei
proprietari terrieri fu annientata e portata rapidamente avanti la distribuzione delle terre, dietro pagamento di un
prezzo pressoch trascurabile), la nazionalizzazione su vasta scala dellindustria, del sistema bancario, delle
costruzioni, dei trasporti e del commercio e lintroduzione della pianificazione centralizzata (gli organismi
preposti alla pianificazione trasformati in Gosplan di tipo sovietico).
Fa eccezione la Jugoslavia, che si ispir al decentramento del sistema economico e persegu lidea di coniugare
lautogestione con la delega nella elaborazione delle decisioni, nel senso di una progressiva limitazione del
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ruolo dello Stato a favore delle istituzioni dellautogestione. Nel periodo 1953-56 anche la Jugoslavia spost gli
interessi verso le industrie di beni di consumo e verso lagricoltura. Nel complesso pochi paesi poterono aderire
ai piani quinquennali. Il partito jugoslavo mirava dritto alla realizzazione di cambiamenti da apportare al
sistema economico per rendere effettivo il concetto di socialismo autogestito eliminando i salari. A giudicare
dai ritmi della crescita economica, il sistema del decentramento in direzione di uneconomia di mercato ha
consentito risultati pi che positivi; ma il paese non sfuggito alla piaga dellinflazione e della disoccupazione.

IL DECLINO DELLE ECONOMIE SOCIALISTE
Il modello staliniano di crescita estensiva, caratterizzato da un aumento regolare dellimpiego dei fattori della
produzione (il lavoro e soprattutto il capitale), aveva permesso allUrss di mettere a segno, negli anni 30,
risultati sorprendenti. Esso continuer a dare buona prova durante la seconda guerra mondiale e nel periodo
della ricostruzione. Poi perder terreno. Ancorato allindustria di base ha mostrato di non essere pi in grado di
portare avanti la ristrutturazione delleconomia che avrebbe permesso la nascita di una societ di consumo pi
complessa e capace di trarre profitto dallevoluzione tecnologica. Lapplicazione del modello sovietico ai paesi
satelliti dopo il secondo dopoguerra diede risultati tangibili, ma in seguito mostr tutta la sua debolezza. N
questi paesi avevano dimensioni sufficienti per svilupparsi in regime di autarchia conformemente al modello
che era stato loro imposto; cos come non comport delle soluzioni valide la creazione del Comecon.
Legemonia politica ed economica dellUrss su questi paesi ha giocato un ruolo assai rilevante e nel decennio
1966-75 infatti si riorganizzer attuando una seconda ondata di riforme: riforma della pianificazione e
dellamministrazione; sostituzione degli strumenti direttivi e di controllo e coordinamento con strumenti del
sistema di mercato; miglioramento dei redditi agricoli.

LA DINAMICA DELLINVESTIMENTO E IL RUOLO DEL CAPITALE NELLO
SVILUPPO ECONOMICO IN GIAPPONE E IN CINA

LESPLOSIONE DELLA CRESCITA GIAPPONESE (1945 - 75)
Nel 1945 leconomia giapponese era praticamente in rovina. Il paese privato delle sue colonie in Manciuria, in
Corea e a Formosa dove gli investimenti avevano assunto rilevanti proporzioni, era in preda ad una violenta
inflazione. La sconfitta subita si trascin dietro il mito dellImperatore; il disfacimento dellimpero coloniale
comport il rimpatrio di sei milioni di persone; la flotta mercantile fu distrutta; privata degli
approvvigionamenti necessari lindustria non pot soddisfare i bisogni e lagricoltura non fu in grado di
assicurare cibo al paese. La recessione pi incisiva fu quella del 1949 (recessione del Dodge) e successivamente
quelle del 1954, del 1957-58 e del 1962 furono legate alle fasi negative del ciclo economico degli Usa, dal
momento che quel mercato assicurava lo sbocco vitale alle esportazioni giapponesi. In agricoltura la riforma
fondiaria comport la riduzione dal 46 al 38% delle terre arabili nelle mani delle grandi imprese e interess il
70% della popolazione agricola. Nellindustria si ebbe leliminazione delle zaibatsu e a partire dagli anni 50 le
grandi imprese giapponesi adottarono una strategia di diversificazione applicando sistematicamente le tecniche
di gestione americane. Il sistema di pianificazione dello Stato trasse origine dalla politica dello SCAP (Supremo
comando delle potenze alleate) durante loccupazione militare e nella ricostruzione postbellica. Al fine di
prevedere levoluzione futura delleconomia fu creata nel 1955 lAgenzia per la pianificazione economica, che
tra questa data e il 1977 mise a punto sette piani. Allinizio i risultati della pianificazione non furono esaltanti;
fu dopo lo scoppio della guerra in corea che un notevole afflusso di divise forn i mezzi per intraprendere una
politica strutturale di pianificazione.
Ancora una volta, il Giappone, pur subendo le riforme imposte dalloccupazione militare, seppe evitare i
conflitti che queste avrebbero potuto innescare. Le vecchie industrie, come quelle del cotone, segnavano il
passo mentre quella della siderurgia e delle costruzioni navali ebbero uno slancio in avanti. A distanza di un
quindicennio dalla fine della guerra lapparato della vita economica e sociale non solo poteva dirsi ripristinato,
bens ampliato di molto. Gli effetti della pianificazione sullo sviluppo dellindustria giapponese sono stati
potenziati dalla graduale ricomposizione delle antiche zaibatsu su basi differenti. Le varie Mitsubishi, Sony e
Honda erano ora espressione di nuovi raggruppamenti chiamati keiretsu. I segreti che piegano la rapidit di
ripresa sono: un tipo di programmazione che consentiva stretti legami tra governo e mondo imprenditoriale; una
struttura salariale completamente diversa da quella occidentale e pi suscettibile di correttivi in caso di
difficolt; grande attenzione allistruzione e alla tecnologia finalizzate allo sviluppo. Ormai il Giappone era in
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grado di aderire ai maggiori organismi internazionali: al FMI (Fondo monetario internazionale) nel 1963,
allOCSE (Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico) nel 1964 e alla BRI (Banca dei
regolamenti internazionali) nel 1970. Se il Giappone ebbe una cos rapida crescita fu grazie alle opportunit
offerte dalle tecnologie di altre nazioni pi progredite; allinnalzamento della capacit sociale; ma soprattutto
grazie ai particolari caratteri della organizzazione politica e sociale del Giappone e del suo sistema educativo.
Il Giappone si collocato negli anni 80 nel novero delle potenze mondiali. Tokio ha strappato a New York il
primato di prima piazza finanziaria nel mondo fino al 1985 quando il ritmo di crescita delleconomia
giapponese ha rallentato; da quel momento le industrie giapponesi hanno modificato la loro strategia investendo
direttamente nei paesi industrializzati.

LESTASIA VERSO LEGEMONIA ECONOMICA MONDIALE
Nel secondo dopoguerra il Giappone, sollevatosi dal disastro totale, adott nei fatti quello stesso motto dellera
Meiji: paese ricco, esercito forte, che lo port vincitore su Cina e Russia. Ben sei paesi che ne fanno parte: Cina
(Taiwan, Hong Kong e Macao), Corea, Indonesia e Tailandia si sono messi sulla strada della crescita e dello
sviluppo del Giappone e, insieme a questo, rappresentano circa un terzo dellumanit. I loro prodotti hanno
cominciato ad insediare le esportazioni giapponesi sul mercato americano e a penetrare perfino nel mercato
interno del Giappone. Tuttavia la forte dipendenza dal mercato americano ha impedito ai suddetti paesi di
realizzare, al pari dellEuropa, unintegrazione economica. LEstasia e tutta larea del Pacifico, comprendente
lAustralia e la Nuova Zelanda nellultimo quarto del secolo sono diventati i protagonisti delleconomia
mondiale.

LA CINA TRA RIFORME E RIVOLUZIONE (1967 - 1980)
Dal 1969 ebbe inizio una fase di stabilizzazione che innesc la crescita con modalit semplicisticamente
definite modello cinese: priorit accordata allagricoltura, assorbimento della manodopera rurale in attivit
extragricole, impianto di piccole e medie imprese industriali. La politica di riforme inaugurata da Deng
Xiaoping mirante allinstaurazione di un sistema misto; ossia ispirato a numerosi principi propri delle economie
di mercato occidentali ma nel contempo mirante ad aprire leconomia cinese al resto del mondo; ha fatto
prendere lavvio ad un tumultuoso boom economico conseguente alla riconversione ad usi civili dellapparato
industriale militare. I risultati sono stati laumento della produzione agricola (autosufficienza in campo
alimentare) e laumento del numero dei posti di lavoro grazie al processo di liberalizzazione. In Cina si sta
verificando un fatto del tutto singolare: linstaurazione di uneconomia capitalista da parte di un Partito
comunista dove la liberalizzazione politica si accompagnata al mantenimento di strutture economiche ancora
molto rigide, rimaste in gran parte immutate rispetto al passato.

DAL SOTTOSVILUPPO ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

LA SCOPERTA DEL SOTTOSVILUPPO
La teoria coloniale sosteneva la staticit delle popolazioni arretrate allinterno dellintero sistema dei rapporti
sociali, causata dalla tendenza allozio, da fattori climatici che ne determinavano linefficienza lavorativa e
rafforzata dalle istituzioni locali e dalle credenze religiose. Solo occasionalmente si notava che la malnutrizione
e, in genere, un livello di vita inferiore incidevano sulla volont e capacit di lavorare. Negli anni 20 e 30 di
questo secolo, latteggiamento ideologico e pragmatico verso il colonialismo cominci a mutare. Nel 1941, la
Carta atlantica sanc il diritto allautodeterminazione dei popoli; due anni pi tardi, alla conferenza di Hot
Spring, i delegati di 45 nazioni rivelarono le condizioni di sottonutrizione che esistevano in un gran numero di
Paesi e si accordarono per cancellare o almeno schiarire dalla demografia qualitativa le macchie nere della
fame. FAO e ONU pubblicheranno i dati relativi allalimentazione e il reddito pro-capite nei diversi paesi.
LE CAUSE DEL SOTTOSVILUPPO
I neo-marxisti attribuirono le origini del sottosviluppo al colonialismo, i neo-liberisti le imputavano anche a
fattori geo-economici, che avevano impedito lavvio di un processo autonomo di crescita. Le regioni arretrate
subirono un processo di sviluppo a cicli, nel quale determinate aree assumevano un ruolo primario in funzione
della domanda che proveniva dalle nazioni ricche: il Brasile con lo zucchero, il caff, loro e i diamanti;
lAfrica con i metalli preziosi, i diamanti, il mais, il caff, il legno e lavorio; lAsia con il cotone , i manufatti.
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La tesi del colonialismo come causa del sottosviluppo spiegava anche il livello di denutrizione della
popolazione ed il suo aumento accelerato.
La fame era la conseguenza dello sfruttamento monocolturale della terra, la cui coltivazione era finalizzata,
invece che al soddisfacimento dei bisogni alimentari, alleconomia di esportazione e al massimo profitto.
Da qui, la persistenza di malattie endemiche da carenze nutritive, il deperimento del capitale umano e la sua
inefficiente capacit lavorativa, laccentuato incremento demografico causato dalla breve vita media, che
comportava una giovanissima et al matrimonio ed una elevata fecondit.
Gli studiosi neo-liberisti concordavano sulle conseguenze negative del colonialismo, ma ampliavano le cause
del sottosviluppo ad altri fattori. Essi rilevavano che i paesi poveri si trovano nella fascia equatoriale, tropicale
e sub-tropicale, le cui condizioni climatiche avevano ridotto la variet colturali ed impedito rese elevate.
Lazione negativa del clima, che determinava altres un processo di laterizzazione dei terreni, diminuendone
progressivamente la fertilit, si rifletteva non soltanto sui bassi livelli alimentari di quelle popolazioni, ma
anche sulla diffusione di molte malattie endemiche e sul maggior dispendio di energie nello svolgimento
dellattivit lavorativa.
Pi tardi, lesempio di Israele e la messa in valore di zone desertiche mostreranno che le cause naturali
dellarretratezza potevano essere superate, o quanto meno attenuate, grazie a tecniche che richiedevano, per,
ingenti capitali.

LO SVILUPPO SOSTENIBILE
Negli anni 70 la crisi petrolifera mut il quadro delleconomia internazionale, in conseguenza dellinversione
dei termini di scambio e dellalto grado di dipendenza dal greggio dei Paesi industrializzati e di quelli in via di
sviluppo. Questi ultimi furono costretti ad indebitarsi ulteriormente per sopperire ai consistenti disavanzi delle
loro bilance commerciali; mentre i primi dovettero fronteggiare i problemi della stagflazione e della
disoccupazione. In questo contesto, linteresse per il Terzo mondo perse il suo slancio iniziale, anche perch
proprio diverse nazioni arretrate detenevano, di fatto, il monopolio della produzione del petrolio, estraendone
circa il 70%. Non a caso, parte di questi paesi, che nel 1960 avevano costituito la Organisation of the Petroleum
Exporting Countries (OPEC), registr, in quegli anni, il reddito pro-capite pi alto del mondo(Qwait, Emirati
Arabi, Arabia Saudita). La contraddizione allinterno di questi paesi tra laumento quantitativo della ricchezza,
accentrata nelle mani di esigue oligarchie o di sparuti gruppi di potere, e le generali condizioni di miseria delle
popolazioni, ancora succubi dellanalfabetismo, di condizioni igenico-sanitarie al limite della sopravvivenza e
di una mortalit infantile particolarmente elevata, attir sempre pi lattenzione degli economisti sugli aspetti
qualitativi della crescita e, in particolare, sui fattori non classici dello sviluppo, quali istruzione, educazione
scientifica e culturale, formazione del capitale umano. Agli inizi degli anni 80, nato lobiettivo dello sviluppo
sostenibile, che implica la massimizzazione dei benefici netti dello sviluppo economico, sotto il vincolo del
mantenimento dei servizi e della qualit delle risorse naturali nel tempo. Ci implica lutilizzazione delle
risorse rinnovabili a tassi uguali a quello naturale al quale esse possono rigenerarsi e lottimizzazione
dellutilizzo delle risorse non rinnovabili, sotto il vincolo della sostituibilit con il progresso tecnologico.
E stato notato che soprattutto la pressione determinata dallincremento demografico che ha portato, in molti
paesi in via di sviluppo, ad una situazione in cui il tasso di utilizzo di risorse rinnovabili della terra e dellacqua
supera la loro capacit di rigenerazione. Il Terzo mondo vive, attualmente, quel processo di transizione
demografica che ha caratterizzato, con sfasature temporali diverse, i Paesi europei della fine del 1700 ai primi
decenni di questo secolo: partendo da alti tassi di fecondit e di mortalit, tipici di uneconomia di ancien
rgime, si registra un progressivo declino della mortalit, grazie alle scoperte mediche ed al miglioramento
delligiene. La sostenibilit dello sviluppo segner il futuro dellintero pianeta e sar misurata dalla capacit
delluomo di salvaguardare lambiente per le future generazioni.





TRA CRISI E TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
IL MONDO DOPO IL 1973
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ECONOMIA E SOCIETA

LETA DELLINCERTEZZA

UNA NUOVA FASE ECONOMICA MONDIALE
Se si accetta la teoria dei lunghi cicli economici cinquantenari elaborata dalleconomista russo Kondratev,
questo periodo corrisponderebbe alla fase discendente della curva che ha conosciuto il suo apice appunto negli
anni Sessanta.
In primo luogo si assistito a un rallentamento dei ritmi di crescita dei paesi sviluppati e si sono avute delle
vere e proprie diminuzioni della produzione nel 1974-75, nel 1981-82 e nel 1991-93.
In secondo luogo si presentato il nuovo fenomeno della stagflazione: unaltissima inflazione e, nello stesso
tempo la caduta della domanda e della produzione (quando invece in precedenza linflazione, a parte i periodi
bellici, si accompagnava a u surriscaldamento delleconomia, cio ad un eccesso di domanda).
In terzo luogo cresciuta notevolmente la disoccupazione che appare sempre meno legata allandamento della
congiuntura (anche se leconomia cresce, loccupazione non aumenta o addirittura pu diminuire).
Si assistito poi al fallimento e allabbandono delle politiche economiche keynesiane, che non riuscivano pi a
controllare gli enormi disavanzi pubblici e a creare occupazione e sviluppo, sostenendo la domanda aggregata
tramite la spesa dello Stato. Si sono imposte pertanto le teorie ultraliberiste ispirate dalla scuola monetarista
delleconomista americano Milton Friedman secondo il quale lo Stato deve astenersi il pi possibile
dallintervenire nelleconomia, limitandosi a creare un clima il pi possibile favorevole alla libera iniziativa
delle imprese. Corollari di questa tesi sono lo smantellamento dello Stato sociale, riducendo i redditi dei
lavoratori.
Un ulteriore fenomeno di grande novit stata la deindustrializzazione dei paesi sviluppati. La produzione
industriale si spostata infatti verso i paesi emergenti, dove il costo del lavoro era basso e non si doveva
smantellare lo Stato sociale perch non vi era mai esistito. Parallela al restringimento dellimportanza
dellindustria stata la terziarizzazione delleconomia, ossia la dilatazione delle attivit commerciali e di
servizio, di carattere pi o meno avanzato. Nel contempo loccupazione agricola si ridotta ai minimi termini,
ma la produttivit di questa esigua quota di agricoltori si aumentata enormemente, forse ancor pi della
produttivit industriale. Nonostante le incertezze, lultimo quarto del secolo ha visto uno spettacolare
avanzamento delle tecniche, specialmente nellelettronica; si parlato dunque di terza rivoluzione industriale,
le cui basi scientifiche e tecnologiche sono state tuttavia poste nei decenni precedenti. Ci che non cambiato
il predominio economico degli Usa, ma sono da considerare le due economie in ascesa, quella giapponese e
quella dei paesi dellAsia suborientale. Questo allargamento dellarea di sviluppo ha fatto individuare unera di
globalizzazione o di mondializzazione, in cui si raggiunta la piena integrazione delleconomia mondiale.

LA FINE DEL SISTEMA DI BRETTON WOODS E GLI SHOCK PETROLIFERI
Prima ancora della crisi petrolifera, si ebbe una crisi valutaria originata dagli Usa, la cui bilancia commerciale e
dei pagamenti era fortemente deficitaria. Si arriv cos a una netta sopravvalutazione del dollaro rispetto al suo
reale valore. Nel 1971 il presidente Nixon annunci la sospensione della convertibilit (in oro) del dollaro:
segn la fine del sistema di Bretton Woods, basato su parit di cambio fisse e legate al dollaro, a sua volta
ancorato alloro. Da questo momento i cambi delle varie monete divennero fluttuanti, dando vita alla
speculazione e alla relativa instabilit.
La crisi petrolifera inizi alla fine del 1973, in seguito alla terza guerra arabo-israeliana (i paesi arabi
aumentarono il prezzo del greggio da 3 a 12 dollari a barile, fino a 34 nel 1982). Le economie dei paesi
importatori, anche sviluppati, furono pesantemente colpite dal repentino aumento del prezzo di un prodotto che
era insieme materia prima e risorsa energetica. LEuropa occidentale e gli Usa ridussero i consumi attraverso
una poderosa opera di ristrutturazione dei processi industriali, nonch con la progettazione di automobili che
richiedevano un minor consumo di benzina. Poi utilizzarono le risorse petrolifere del Mare del Nord e diedero
impulso alla costruzione di centrali a energia nucleare che era diventata una questione di difesa strategica.


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LA TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
La tecnologia informatica non solo uno strumento di consumo e divertimento, ma si inserita nel mondo della
produzione materiale e intellettuale, nei servizi e in molti oggetti di uso quotidiano. Nel settore della
telecomunicazioni si sono avuti formidabili avanzamenti, dallutilizzazione dei cavi in fibre ottiche alla
telefonia mobile.
Altrettanto straordinari sono stati i progressi della biotecnologia, cio la manipolazione e limpiego sia di
sostanze viventi (batteri, virus, funghi), sia delle stesse strutture genetiche fondamentali (geni e dna). Nella
stessa organizzazione del lavoro sono stati realizzati numerosi cambiamenti: dalla fine degli anni 60 sono stati
abbandonati i sistemi tayloristici e il fordismo (catena di montaggio), a favore di metodi pi flessibili, orientati
alle variazioni della domanda e al maggiore coinvolgimento dei lavoratori nella responsabilit del processo
produttivo (toyotismo, just intime, circoli di qualit). Nei servizi vanno ricordate le novit nella distribuzione
commerciale (discount, ipermercati, vendita per corrispondenza, franchising), nonch le iniziative volte a
fornire servizi al comune cittadino e alle imprese (consegna della posta, pizza ecc).
Le nuove tendenze dellorganizzazione delle imprese per certi versi sono contrastanti: da una parte, per reggere
le sfide della globalizzazione, si accentua londata di fusioni e perci cresce la dimensione di parecchie
imprese; dallaltra vi sono indirizzi che privilegiano la downsizing (riduzione delle dimensioni), riferito in
particolare al numero di dipendenti.
Adottando cos una struttura di horizontal corporation, che individuano un sistema organizzativo basato sulle
tre strategie della creazione di nuovi prodotti, della produzione e vendita e dellassistenza alla clientela;
ciascuna funzionalit viene realizzata da una serie di equipe autonome, in linea con i criteri della flessibilit.



LA RIVINCITA DEL CAPITALISMO

IL DIFFICILE RITORNO AL CAPITALISMO DEI PAESI SOCIALISTI
Dalla met degli anni 70 i ritmi di crescita delleconomia sovietica rallentarono, come del resto in Occidente,
ma con ben pi gravi conseguenze: mentre glinvestimenti si concentravano sempre pi negli armamenti
(seconda guerra fredda), il livello di vita della popolazione, gi basso, peggior, come dimostrato dalla
mortalit infantile e dalla diminuzione del tasso di scolarizzazione.
Lavvento al potere di Gorbaciov (1985) segn una svolta anche nelleconomia. Oltre alla liberalizzazione
politica, progettava la trasformazione graduale della vecchia e ormai insostenibile economia pianificata in un
sistema misto in cui fosse dato ampio spazio al libero mercato; accettando cos lo smantellamento graduale
delleconomia socialista. Era troppo tardi, lUrss si sgretol e la nuova Russia di Eltsin si orient verso un
immediato orientamento capitalistico, senza procedere a un sistematico e razionale rinnovamento strutturale. Fu
la catastrofe, il paese si popolava di disoccupati, prostitute e di criminali, accanto a una piccola schiera di
nuovi ricchi prodotti dal capitalismo restaurato dalla corruzione. Alla fine del secolo lex URSS appariva un
mucchio di rovine anche se nei primi anni del 2000 la produzione ha ricominciato a crescere.
La parabola degli altri stati socialisti dEuropa orientale stata analoga, anche se molto meno drammatica, a
parte i paesi sprofondati nella guerra civile (Jugoslavia) o che non avevano mai conosciuto un autentico
sviluppo, come lAlbania.
Nel mondo rimangono a economia socialista Cuba (schiacciata dallembargo statunitense), che comunque dal
1995 ha accettato gli investimenti stranieri, e la Corea del Nord, in preda ad una carestia. Il Vietnam dal 1992
ha accettato il principio della propriet.
La Cina costituisce un caso a parte. Dopo la morte di Mao (1976) i suoi successori (in particolare Xiaoping)
hanno abbandonato le utopie del grande timoniere, per promuovere la modernizzazione del paese accogliendo
nelleconomia molti elementi capitalistici (iniziativa privata, banche, investimenti stranieri). La via cinese al
capitalismo sino agli inizi del nuovo secolo stata complessivamente un successo, che per dovr misurarsi con
le conseguenze delladesione del grande paese asiatico alla WTO.




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LUNIONE EUROPEA E ALTRE FORME DI COOPERAZIONE ECONOMICA INTERNAZIONALE
La Comunit economica europea (dal novembre 1993 Unione europea) comprendeva fino al 1973 solo i sei
paesi fondatori; tra il 1973 e il 1995 vi aderirono Regno Unito, Danimarca, Irlanda, Grecia, Spagna, Portogallo,
Finlandia, Austria e Svezia. La formazione di questo raggruppamento economico si sviluppata non tanto sul
principio del libero scambio, quanto su quello dellunione doganale, un principio secondo il quale viene
adottata una tariffa esterna comune e le merci cos introdotte sono parificate a quelle degli stati membri. LAtto
unico europeo, firmato nel 1986, prevedeva uno spazio privo di frontiere interne nel quale garantita la libera
circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali. Dal 1 gennaio 2002 si adott leuro, elemento essenziale
per la libera circolazione dei capitali (salvo Regno Unito, Danimarca, Grecia e Svezia). LUE praticamente
rimasta lunico organismo vitale di cooperazione economica.
A livello mondiale attivo il gi citato GATT dal 1995 WTO (World Trade Organization) che con i suoi
periodici e lunghi round (trattative multinazionali) mira a una progressiva riduzione delle tariffe doganali,
cercando ultimamente di tener presenti anche le esigenze del Terzo Mondo. Organismo informale invece il
G7, che dal 1975 riunisce periodicamente i rappresentanti dei sette paesi pi industrializzati (Usa, Giappone,
Canada, Germania, Francia, Regno Unito, Italia) ai quali dal 1994 si aggiunta la Russia, per cui si parla
correntemente di G8.
Organismi di cooperazione regionale sono: il NAFTA (North American Free Trade Agreement - 1994) che
raccoglie Usa, Canada e Messico che intende procedere alla formazione di unarea di libero scambio; lAPEC
(Asia Pacific Economic Cooperation - 1989) che comprende i paesi asiatici, le quattro tigri, la Cina, il
Giappone, lAustralia, Usa, Canada e Messico.

UNA SINGOLARE POTENZA INDUSTRIALE: LITALIA
Nel 1986 lItalia super il Regno Unito e divent la quinta potenza industriale del mondo, forse questo il vero
miracolo economico italiano. La stagione di lotte operaie iniziate nel 1969 aveva condotto ad un aumento dei
salari e alla crescita del potere sindacale in fabbrica che era riuscito a imporre una solida tutela normativa e una
notevole rigidit nellimpiego forza lavoro. Lindustria italiana, abituata ad un regime di bassi salari e di
gestione autoritaria della manodopera, si trovo spiazzata. Inoltre allaumento del costo del lavoro, di per s gi
un fattore di inflazione, si aggiunse la crisi petrolifera. Tuttavia proprio allora lindustrializzazione italiana
cominci a uscire dal triangolo industriale per diffondersi su altre aree del territorio: non fu la grande
industria a prendere piede ma una rete di piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare e basate sul
lavoro nero o a domicilio. Intanto la grande industria si decideva a effettuare una seria ristrutturazione basata
sul decentramento produttivo e ladozione di tecnologie labour saving (risparmiatrici di lavoro). La riduzione
delloccupazione smorz la carica rivendicativa dei sindacati e le imprese ricominciarono a prosperare. Dal
1992 furono approvate leggi finanziarie sempre pi pesanti, che ridussero il reddito della massa dei cittadini,
ma diminuirono anche linflazione e avvicinarono lItalia ai parametri fissati per ladesione alleuro. Molto
meno positive erano le prestazioni dellagricoltura. Il riconoscimento del fallimento delle politiche assistenziali
e di sviluppo nel Mezzogiorno fu rappresentato dalla chiusura della Cassa del Mezzogiorno nel 1984.

UN MONDO DIVISO TRA OPULENZA E POVERTA

UNA NUOVA SOCIETA PER IL MONDO SVILUPPATO
Dagli anni Settanta, nel mondo sviluppato, nonostante la grande riduzione della mortalit infantile, si assiste ad
un brusco calo del tasso di natalit che negli anni 90 si avvicinato alla cosiddetta crescita zero. Riduzione
della natalit e coppie libere sono anche leffetto della rivoluzione sessuale che, iniziata negli anni Sessanta, ha
comportato una profonda modificazione del costume e del senso morale. Sul piano demografico si deve notare
il rallentamento dellurbanesimo, o almeno delle grandi citt (esclusa Tokyo), dove la qualit della vita
sensibilmente peggiorata. Infine, lEuropa ha cessato di essere terra di emigrazione ed invece oggetto di una
vasta ondata di immigrazione dal Terzo Mondo.
La societ del terzo millennio una societ con sempre meno operai; cresciuta loccupazione femminile e il
tasso di scolarizzazione. Questa societ istruita consuma molto di pi rispetto al passato, perch dispone di
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pi credito, ma consuma anche diversamente. Si sono verificati dei cambiamenti nella struttura del consumo: si
spende proporzionalmente poco per nutrirsi, e un p di pi per labitazione ei trasporti, tutto il resto consumo
diretto allacquisto degli innumerevoli beni e servizi offerti dalla societ opulenta. In realt le societ non
sono cos opulente come appaiono e vogliono far credere: la povert aumentata nellultimo quarto del
secolo; cresciuta la disuguaglianza nel reddito, senza contare la nascita di nuovi poveri (tossicodipendenti,
immigrati, disoccupati cronici ecc).
TERZO MONDO E QUARTO MONDO
Dal 1973, con la crisi del petrolio, ha cominciato a formarsi una nuova gerarchia del Terzo Mondo e economia
di mercato:
1. paesi grandi esportatori di petrolio: avvantaggiati dallo shock petrolifero quelli meno popolosi (Arabia
Saudita, Kuwait), intaccati quelli pi popolosi (Nigeria, Iran, Algeria, Venezuela);
2. le quattro tigri del Sud-Est asiatico: Corea del Sud, Hong Kong, Taiwan e Singapore si sono
sviluppate rapidamente tanto che non possono essere considerate facenti parte del Terzo Mondo;
3. paesi in posizione mediana: America latina, Africa Settentrionale, Asia e Brasile possono disporre di
apparati produttivi ma in un contesto di diffusa povert;
4. il Quarto Mondo: dellarea della fame e della miseria globale fanno parte quasi tutta lAfrica nera
(salvo il Sudafrica), alcune parti dellAmerica Latina (Bolivia, Paraguay, Haiti) e dellAsia (Afghanistan
e Bangladesh), sono economie stagnanti e indebitate, spesso colpite da carestie e disastri naturali.
In linea generale si pu dire che nellultimo quarto del secolo il divario tra le economie pi ricche e quelle pi
povere si allargato. Tra le possibili ragioni di questi risultati poco brillanti si deve annoverare il
peggioramento delle ragioni di scambio dei prodotti primari e delle materie prime, a parte il petrolio, su cui
molti stati reggevano le loro economie. Laumento poi della produzione agricola stato insufficiente a coprire
la crescita della popolazione. Si sono formate cos in molti paesi economie squilibrate con agricolture
inadeguate, industrie fragili e con manodopera sfruttata e priva di protezione, un terziario ipertrofico e arretrato,
non di rado concentrato in miseri, enormi conglomerati urbani.

LECONOMIA DEL XXI SECOLO
Conservando certe caratteristiche di base, il capitalismo ha spaziato dal decentramento produttivo
allaccentramento e poi ancora al decentramento, dalla piccola impresa alla grande e poi ancora alla piccola, dal
capitalismo selvaggio allo Stato sociale e poi di nuovo al suo smantellamento, dalla produzione diversificata
a quella in serie e poi di nuovo quella segmentata.
Allinizio del secolo XXI leconomia mondiale retta da una triarchia, in cui ciascuna delle parti detiene una
particolare sfera dinfluenza:

1. gli Usa, la cui influenza preponderante, economica e militare si estende su tutto il pianeta, ma che
esercita tradizionalmente il controllo sul continente americano;
2. lUnione europea, il cui peso economico si riflette sullintero continente europeo, ma anche in Africa e
Medio Oriente;
3. il Giappone, dal quale non pu prescindere tutta leconomia dellAsia.

A parte questa triade esistono tre grosse incognite:

- lex Urss e gli ex paesi socialisti;

- la Cina il cui impetuoso avvicinamento al capitalismo avviene sotto un regime non tanto dittatoriale,
quanto ancora legato al socialismo;

- il Terzo Mondo o piuttosto Quarto Mondo, dove la permanenza di disoccupazione e sottoccupazione
spinge ad unemigrazione che pu diventare incontrollata.

Infine vanno ricordati i rischi della globalizzazione, non tanto quella riguardante i prodotti materiali, che
interessa in ogni caso leconomia reale, quanto quella dei prodotti immateriali che introduce motivi di tensione
e di squilibrio per nulla conformi allandamento delleconomia reale.
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I GRANDI TEMI


UNA SOCIETA POSTINDUSTRIALE ?

DEINDUSTRIALIZZAZIONE REALE E APPARENTE
Dagli anni 70 nelle economie avanzate si iniziato un autentico rivolgimento: dopo due secoli di crescita il
settore industriale ha perso progressivamente di peso, innanzitutto sul piano delloccupazione. Siamo in
presenza di un economia leggera, dove gli incrementi di ricchezza sono prodotti dai servizi (finanziari, di
intermediazione, di comunicazione), che si basano sempre pi sulla gestione e la produzione di conoscenza e
sempre meno sulla transizione di prodotti fisici e materiali.
Siamo veramente giunti a uno stadio della civilt postindustriale e immateriale?
Nonostante la rivoluzione informatica e la deindustrializzazione, la base delleconomia leggera rimane
industriale. In molti casi alla riduzione del settore secondario nelle economie avanzate corrisposto un aumento
delle fabbriche nei paesi emergenti, sia per iniziative locali, sia per lo spostamento (decentramento) di impianti
produttivi dalle vecchie potenze industriali alle aree del mondo dove il costo del lavoro inferiore.
Progettazione, elaborazione delle strategie e marketing rimangono negli stai pi ricchi.

GLOBALIZZAZIONE DI PRODUZIONE, MERCATI E CAPITALI (e persone)
Dagli anni 80 linterdipendenza delle varie parti delleconomia mondiale tale che si pu parlare molto pi
che in passato di sistema economico mondiale. La globalizzazione in primo luogo della produzione e dei
mercati che tende ad avvantaggiare i paesi avanzati, che sono i maggiori produttori e riescono a imporre i loro
modelli di consumo. Nonostante gli sforzi del WTO, Usa, Giappone e Unione europea sono ben distanti dal
voler costruire un mercato globale, in quanto frappongono ancora numerose barriere allingresso di prodotti
esteri.
Molto pi globale invece diventato il mercato dei capitali e della finanza, grazie alle innovazioni tecnologiche
nel campo delle telecomunicazioni a partire dagli anni 80. Laspetto speculativo, da sempre presente nella
Borsa e nella finanza, si ingigantito e appare quasi fonte di inesauribili ricchezze, a scapito delleconomia
delle fabbriche e della vecchia societ industriale.
La globalizzazione riguarda anche le persone, cio lo spostamento migratorio dal Terzo Mondo, ma anche dagli
stati ex comunisti, ai paesi avanzati.

LA FINE DEL WELFARE STATE E LE NUOVE DISUGUAGLIANZE
Lo Stato assistenziale il prodotto storico sia della societ industriale, sia della risposta preventiva delle
classi dirigenti ai pericoli eversivi delle teorie socialcomuniste, sia infine delle spinte riformatrici attuate dal
movimento operaio e dai sindacati. Con lavvento della nuova societ dei servizi, la caduta del Muro di
Berlino e la riduzione dellinfluenza delle organizzazioni sindacali, si sta procedendo alo smantellamento dello
Stato sociale. Dallultimo trentennio del secolo XX si infatti evidenziato nella maggior parte dei paesi
avanzati, anche per la progressiva erosione del sistema sociale, un crescente distacco tra ricchi e poveri.

LE CONSEGUENZE DELLA NUOVA TECNOLOGIA SULLA SOCIETA
Il clima pessimista indotto dalla crisi petrolifera e la consapevolezza che la societ del benessere poteva
permettersi di preoccuparsi dei disastri ambientali, ha promosso la formazione di idee come limiti dello
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sviluppo o sviluppo sostenibile, compatibile cio con le risorse della terra e la qualit della vita dei suoi
abitanti. Lecoindustria si sta rilevando un buon affare, in termini di contributo allo sviluppo di nuovi settori e
di crescita occupazionale. Maggiore resistenza alle tematiche ambientali mostrano invece, come
comprensibile, i paesi del Terzo Mondo, che si troverebbero a sopportare costi aggiuntivi che i paesi ricchi al
momento della loro prima industrializzazione non hanno sostenuto.
Grandi sono i rischi connessi al recentissimo progresso tecnologico a cominciare dalle biotecnologie: applicate
alle piante e agli animali, sono in grado di produrre profittevoli mostri.
Non molto incoraggianti si rivelano alcuni aspetti dellodierna civilt dellIT (Information Technology):
computer, internet e multimedialit esercitano una potente spinta alla riduzione della vita comunitaria e della
socialit reale a favore di individualismo esasperato che in alcuni potrebbe assumere aspetti patologici.


LA SOCIETA DEI CONSUMI DIVERSIFICATI
La societ postindustriale in realt unenorme produttrice di beni industriali di consumo. Alla fabbricazione in
serie e di massa succeduta una produzione segmentata e orientata a soddisfare le esigenze delle varie fasce
della clientela o addirittura del singolo consumatore.
Lidea di Henry Ford di produrre per un vasto mercato il famoso Modello T (1908 1h 33m) e in un unico
colore svanita. Un segno del fatto che la stessa industria si terziarizzata dato dallimportanza assunta dal
marketing (tecniche di commercializzazione del prodotto) nella gestione dimprese. Persino il packaging (la
confezione del prodotto) assume un valore fondamentale sia nelle capacit di attirare i consumi che nei costi di
produzione (certe volte pu coprire il 50%): la concorrenza si sposta dal prezzo e dalla qualit allimmagine del
prodotto e chi lo produce (il logo).
Per orientare la nostra libera scelta di consumatori vi infine il cause-related market, cio limpegno da parte
del fabbricante di versare una parte degli incassi di un determinato prodotto a una nobile causa.

LINFORMATICA, TECNOLOGIA FONDAMENTALE
Definiamo fondamentale quella tecnologia che non solo dotata di un forte carattere innovativo, ma ha anche
la capacit di essere utilizzata in tutti i settori produttivi e i servizi, e di trasformarli.
Con la terza rivoluzione industriale o rivoluzione informatica non si ha pi a che fare con laspetto energetico,
ma con la possibilit di elaborare, accumulare e trasmettere informazioni, una funzione altamente generica e per
ci stesso suscettibile di infinite applicazioni.
Lhardware dei computer e dei sistemi che utilizzano linformatica sempre stato e rimane determinante,
poich sono i componenti elettronici a rendere concretamente possibile linformatica e limpiego del suo
linguaggio binario, che altrimenti rimarrebbero appannaggio teorico di logici e matematici. Sono questi ultimi,
e non tanto il software, che, accogliendo un numero sempre pi grande di circuiti, consentono la costruzione di
computer migliori.
E lindispensabile supporto semiconduttore del chip, il silicio un elemento molto comune, come composto, in
natura.


UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE INDUSTRIALE E DEL LAVORO

LA FUORIUSCITA DAL TAYLORISMO E DAL FORDISMO
Bench n il taylorismo n tanto meno il fordismo avessero mai trovato universale e ortodossa applicazione
nellapparato industriale, essi rimasero fino agli anni 70 un modello al quale aspirare. Ma fu un sistema
giudicato oppressivo e criticato dal movimento operaio e dai singoli lavoratori.
Gi dal 1924 il gruppo di ricercatori facente capo allamericano Mayo, fond la scuola delle relazioni umane e
la prima psicologia industriale; per la prima volta veniva rilevata limportanza del fattore umano nella
gestione della forza lavoro, poich Taylor considerava loperaio poco pi di un bue da addestrare.
Nel 1938 Barnard, dirigente di una grande societ americana, elabor il concetto dellimpresa come sistema
cooperativo, in cui cio dovevano essere conciliati i fini dellorganizzazione aziendale e le motivazioni
personali e individuali di chi prestava la sua opera allinterno dellimpresa.
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Nel 1954 e 1961 sorse la scuola della crescita della personalit o motivazionista: ogni essere umano ha dei
bisogni, da quelli pi elementari fino allautorealizzazione, ma lorganizzazione del lavoro (taylorista)
impedisce la crescita della persona e della formazione di Uomini.
Laspetto pi preoccupante per gli imprenditori era che il taylorismo generava continui conflitti con le
maestranze e non sembrava pi garantire alti livelli di produttivit ed efficienza.
Negli anni 70 furono cos tentate formule di ricomposizione del lavoro frantumato e di coinvolgimento dei
lavoratori nel processo produttivo: job enrichment (arricchimento delle mansioni) e la formazione di gruppi
omogenei, con lautogestione dei compiti del gruppo lavorativo. I risultati furono deludenti.








IL MODELLO GIAPPONESE
Mentre in Europa e negli Usa ferveva il dibattito sul taylor fordismo ed erano effettuati timidi tentativi per il
suo superamento, in Giappone era gi avvenuta una vera rivoluzione organizzativa, legata allo spirito
innovativo dellingegnere Ohno, entrato alla fine della guerra nella casa automobilistica Toyota. Alla Toyota si
riusciva ad assemblare unauto, con molto meno difetti, in 16 ore contro le 31 della General Motor americana.
I principali elementi del toyotismo sono i seguenti:
1. il Just in time (al momento giusto), cio la continua e perfetta simmetria tra lofferta dei beni prodotti e
la domanda che proviene dal mercato, consentendo cos la fabbricazione in piccole serie e differenziata;
2. lofficina minima: i pezzi per lassemblaggio devono arrivare alla postazione lavorativa solo al
momento giusto; ogni spreco e ridondanza devono essere eliminati; la produzione snella (lean
production);
3. il coinvolgimento dei dipendenti nelle decisioni produttive: le mansioni dei lavoratori non sono fisse e
predeterminate, ma godono di notevole flessibilit e intercambiabilit; i dipendenti sono stimolati a
partecipare allelaborazione delle decisioni produttive e possono perfino arrestare la catena di
montaggio se individuano qualche guasto; il principio dellautonomazione; non esiste il One best way
di fare qualcosa, come pretendeva Taylor, ma un continuo e mai finito tragitto di perfezionamento;
4. richiesta la collaborazione dei fornitori esterni: essi devono formare una rete cooperativa e
collaborativi in continuo interscambio di informazioni e aiuti con limpresa principale;
5. lobiettivo della qualit totale, pi importante della quantit;
6. in conclusione si ha una fabbrica a sei zeri: zero stock (di magazzino), zero difetti, zero conflitto sociale,
zero tempi morti di produzione, zero tempo dattesa per il cliente, zero cartacce.
Europei e americani si resero conto che dovevano adeguarsi in un modo o nellaltro al modello giapponese.

AUTOMAZIONE, FABBRICA INTEGRATA E FINE DELLA CENTRALITA
DELLORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
Sorse quindi negli anni 80 lillusione nellindustria automobilistica europea di superare in un colpo solo il
fordismo, la contestazione operaia e la concorrenza giapponese attraverso il salto tecnologico dellautomazione
e dellimpiego dei robot, mantenendo tuttavia la produzione grassa del fordismo. Le autovetture fabbricate si
rivelarono piene di difetti e nel 1989 si intraprese una drastica rivoluzione produttiva in senso giapponese. Era
la premessa della fabbrica integrata, integrazione di toyotismo e produzione snella con la pi avanzata
automazione. Non pi la produzione che crea il mercato, come nel sistema fordista, ma il mercato che crea la
produzione. Limpresa considerata una struttura complessa che interagisce con leconomia in generale, con il
mercato, con la tecnologia, con le istituzioni giuridiche, politiche e sociali e in generale con gli stakeholders
(portatori di interessi. Azionisti, clienti associazioni), da cui il diffondersi nelle aziende di codici etici.

IL MITO DEL DOWNSIZING
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Nel mondo attuale si realizzata lidea del piccolo bello, il principio della specializzazione flessibile
adottata dalla piccola impresa. In Italia limportanza delle piccole imprese, spesso organizzate in distretti
industriali, molto grande e non pare destinata ad attenuarsi. A dispetto di chi vorrebbe un mondo disseminato
di produttori piccoli e flessibili, rimane peraltro il fatto che la grande impresa sul piano quantitativo e di
controllo non teme rivali.
DISTRETTI INDUSTRIALI E CAPITALISMO MOLECOLARE IN ITALIA
I distretti industriali sono quelle porzioni di territorio, economicamente e socialmente omogenee, caratterizzate
da una piccola imprenditorialit diffusa e da una forte specializzazione produttiva. In Italia si sono diffusi a
partire dagli anni Settanta e interessarono in particolare i remi dellindustria tessile-abbigliamento, mobilio e
arredamento, alimentare, stoviglie e posate da cucina. Il distretto costituisce una strettissima integrazione tra
famiglia, impresa, societ e territorio. La famiglia la base della forza-lavoro e la fonte dei finanziamenti.
Lambiente sociale favorisce forme di collaborazione tra le piccole imprese, tanto che si parlato di
cooperazione competitiva e di impresa-rete, un sistema produttivo frantumato e nello stesso tempo saldamente
interconnesso. La concentrazione territoriale favorisce lo scambio di informazioni e lindividuazione di
interessi e strategie comuni. Unaltra caratteristica il marcato orientamento allesportazione, tanto pi
accentuato quando le imprese si dedicano a soddisfare la domanda di nicchie di mercato, ossia segmenti di
mercato relativamente ristretti e specializzati, ma che consentono, se si agisce con tempestivit e alto livello
qualitativo, di conquistare agevolmente una leadership sul piano internazionale. Nonostante la sua eccezionale
flessibilit e i successi conseguiti, questo modello non una via infallibile alla prosperit perpetua. Le piccole
dimensioni e i pochi capitali disponibili ne impediscono lo sviluppo.
MEDI IMPRENDITORI IN ITALIA
Pi ancora che le piccole imprese dei distretti, sono essenziali per leconomia industriale italiana le medie
imprese. Quelle di cui ci occupiamo sono imprese dalle origini molto modeste, sorte dal secondo dopoguerra
agli anni Sessanta, che si sono progressivamente ampliate, attuando in alcuni casi un decentramento allestero
della produzione.
Tra queste: la Beghelli, lAprilia, la Diesel, la Luxottica, la Safilo, la Rielo. Ci che accomuna queste imprese
operanti in settori cos diversi il loro carattere familiare, per quanto riguarda la propriet e la gestione. E la
famiglia, generalmente attraverso societ finanziarie, che controlla saldamente il capitale, anche quando sono
presenti importanti soci italiani o esteri, ma sempre in minoranza. Rigidamente familiare poi la gestione degli
affari, per ridurre al minimo la partecipazione di elementi esterni.
Se la dimensione familiare costituisce da un lato un elemento determinante nellaffermazione di queste imprese
consentendone lo sviluppo iniziale e fornendo il capitale umano necessario alla loro espansione, daltro canto
considerevole il rischio insito nel permanere di strutture verticistiche che accentuano i problemi di transizione
generazionale e di suddivisione nei compiti tra i membri della famiglia.

GLI OPERAI, POCHI E RICERCATI
Dagli anni Settanta limportanza relativa e assoluta delloccupazione industriale nei paesi avanzati registra un
continuo calo. Per quanto attiene lItalia, la delocalizzazione ha interessato non solo le grandi imprese, bens le
medie e le piccole comprese quelle dei famosi distretti.
Negli ultimi decenni il lavoro operaio stato giudicato dalla massa della popolazione come sempre meno
attraente nei confronti di quello impiegatizio. In questi casi si rivelato essenziale lapporto dei lavoratori del
Terzo Mondo che vanno ad occupare i posti rifiutati dagli italiani.
Ma anche la nuova societ postindustriale ha le sue patologie da ufficio, pi raffinate e insidiose: con il termine
mobbing si designano la persecuzione e le vessazioni inflitte da capi e colleghi a soggetti per qualsiasi motivo
sgraditi.

JOBLESS GROWTH
Poich nellultimo trentennio, anche in Europa, la crescita economica non si affatto interrotta, pur avendo
ridotto il suo ritmo, mentre la disoccupazione aumentata, si parla di jobless growth, cio sviluppo senza
occupazione, il che vuol dire che un livello notevole di disoccupazione sembra essere divenuto strutturale, e
non congiunturale, ossia relativo allandamento del ciclo economico.
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La tendenza sembra quella di una sempre minore necessit di lavoratori, in ogni campo. E lo spettro della
societ dei quattro quinti, secondo la quale un quarto della popolazione sar in grado di tenere in moto
leconomia mondiale.

IL LAVORO MINUSCOLO
Il lavoro minuscolo quello che si profila alla fine del 900: un lavoro impalpabile, precario, sfuggente,
anomalo, opposto alla concretezza e alla solidit del lavoro maiuscolo taylor-fordista che ha contrassegnato
tutto il secolo.
Quantunque il concetto di flessibilit trovi parecchie giustificazioni sul piano economico(le imprese sarebbero
pi snelle, con minori costi rigidi e in grado di reagire pi prontamente allevoluzione del mercato, stimolando
in ultima analisi lo sviluppo economico) e sociale (la flessibilit sarebbe un rimedio contro la disoccupazione:
meglio lavorare come precari che no lavorare), dal punto di vista storico le nuove tendenze appaiono una svolta
radicale rispetto a un orientamento che si era consolidato da quasi due secoli.
Il progressivo sgretolamento delle rigidit, favorito dal dilatarsi della disoccupazione, crea una situazione
totalmente nuova, o paradossalmente simile a quella delle origini dellindustrializzazione, quando loperaio,
totalmente privo di tutela e alla merc del padrone, costituiva un fattore della produzione estremamente
flessibile.
Il lavoro minuscolo corre il pericolo di trasformarsi in una catastrofe per la dignit, il senso esistenziale e i
diritti di ogni uomo che lavora o vorrebbe lavorare.






NORD E SUD NEL MONDO. TRA GLOBALIZZAZIONE E SOTTOSVILUPPO

I MOLTI NOMI NUOVI PER UN PROBLEMA IRRISOLTO
Il termine Terzo Mondo uno dei tanti utilizzati termini per indicare i paesi poveri, oltre a questo ne sono stati
coniati altri come paesi sottosviluppati, dal 1966 se ne adott uno pi ottimistico paesi in via di sviluppo e
poi unintonazione ancora pi sfumata LDC (less developed countries) paesi meno sviluppati
Il primo criterio di misurazione del livello di sviluppo di un paese il PNL (prodotto nazionale lordo) per
abitante (o pi comunemente, il PIL per abitante), molto pi significativo di quello assoluto o totale.
Secondo la Banca mondiale nel 1997 vi erano quattro gruppi di paesi, relativamente al PNL pro capite:
paesi a basso reddito con 875 dollari o meno;
paesi a reddito medio basso tra 876 e 3125 dollari;
paesi a reddito medio alto tra 3126 e 9655 dollari;
paesi a reddito alto con 9656 o pi.
Questa unit di misura non era perfetta perch mentre con 100 dollari in america si pu comprare molto, in u
altro paese pi povero si pu comprare di pi. Quindi si ricorso al calcolo del PPP (purchasing power parity
parit di potere dacquisto) ma neanche questa forma valida perch vale fino a quando i consumatori del
paese arretrato si limitano a comprare i prodotti locali. Si allora cercata una valutazione pi complessiva e
globale, che prendesse in considerazione, oltre che il prodotto pro capite, elementi di carattere sociale (mortalit
infantile, vita media, tasso di alfabetizzazione, spese di ricerca e sviluppo, presenza di fognature e acqua
potabile etc etc). Questa forma di misura prende il nome di ISU (indice di sviluppo umano), che ha peraltro
modificato la graduatoria soprattutto nelle nazioni ricche: cos gli Usa, il paese pi prospero della terra, figura
solo al quarto posto dopo Norvegia, Francia e Canada.
Lincapacit di promuovere il selfsustained growth (sviluppo che si sostiene da se) forse la principale
differenza fra gli odierni paesi sottosviluppati e la maggior parte dei paesi occidentali compreso il Giappone.

LA CRESCITA DELLA DISUGUAGLIANZA
Alla fine del secolo il 20% della popolazione mondiale che sta in cima alla classifica dei redditi responsabile
del 86% di tutti i consumi mondiali, mentre il 20% pi povero consuma solo l1,3% di tutti i beni e servizi.
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Per quanto i fattori culturali siano importanti, probabile che le radici del sottosviluppo siano molto pi
complesse e legate a cause strutturali e strettamente economiche, come lesaurimento delle possibilit di
sostituzione delle importazioni da parte della produzione locale, in particolare per i tessili, che coprono spesso
quasi tutto il consumo interno. Le zone del Quarto Mondo sono inoltre colpite dal flagello dellAIDS, una
catastrofe che uccide ogni anno in Africa 2 milioni di persone, infettandone altri 4. E davvero arduo sostenere
che in paesi con un tale livello di degradazione la globalizzazione far bene.

NIC E NEC
I NIC sono i new industrialized countries, i paesi di nuova industrializzazione e si ci riferisce alle quattro tigri
dellAsia, cio Hong Kong, Corea del Sud e Taiwan. Dagli anni 80 hanno cominciato a imporsi i tre tigrotti,
ossia Malesia, Indonesia e Tailandia, definiti NEC, new emerging countries (nuovi paesi emergenti). A essi
possono essere aggiunte le Filippine e soprattutto la Cina. Lo sviluppo asiatico costituisce una sfida per tutti
quegli autori neomarxisti e terzomondismi che hanno sempre posto in luce come una condizione di
sottosviluppo sia difficilmente superabile senza una rottura radicale del modo di produzione capitalistico.

LA STORIA INFINITA DELLA QUESTIONE MERIDIONALE IN ITALIA
Pu sembrare incredibile che in un mondo dove persino le Filippine o la Tailandia stanno uscendo dal
sottosviluppo, nella quinta potenza industriale un terzo del territorio permanga in condizioni di arretratezza
rispetto alla parte avanzata del paese. Nonostante decenni di aiuti da parte della Cassa del Mezzogiorno (posta
in liquidazione nel 1984) , le migliaia di miliardi erogati dalla Comunit europea il quadro economico del Sud
rimane deludente: una disoccupazione mediamente doppia che nel resto del paese, che per la fascia det sino ai
venticinque anni tocca in certe zone, come in Calabria, il 72%; una tenace preferenza per limpiego pubblico.
Persino nellagricoltura il Nord superiore. Vi sono dei segnali incoraggianti di cambiamento; pi che il
sorgere di vari parchi tecnologici da Catania a Cagliari, va segnalata la nascita di oasi di sviluppo dove le
agevolazioni pubbliche hanno permesso non solo larrivo di investimenti esterni o stranieri, ma la diffusione di
unimprenditorialit locale dotata di notevole dinamismo. Si potrebbe sperare che queste oasi si trasformino in
qualcosa simile ai distretti dellItalia centrosettentrionale, sempre che si riesca a sconfiggere la criminalit
organizzata.
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