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Sinistra Ecologia e Libert

Coordinamento regionale Veneto

DEMOCRAZIA IN CRISI
Autonomie e Poteri Locali da rilanciare Europa da cambiare

Relazioni al Seminario di lavoro organizzato dal Coordinamento regionale Veneto di Sinistra Ecologia e Libert, sabato 3 dicembre 2011, presso la Loggia di Fra Giocondo a Verona
Nel dibattito sono tra gli altri intervenuti: Giuseppe Campagnari, Consigliere Provinciale di Verona Alessandro Zan, Assessore Comunale di Padova Giovanni Nalin, Consigliere Comunale di Rovigo Franco Bonato, gi Sottosegretario di Governo per gli Enti Locali Luca De Marco, Coordinatore di SEL Treviso e ex Consigliere Provinciale vengono inoltre riportare alcune relazioni ed una sintesi del dibattito tenutosi a Firenze il 17 settembre 2011 allAssemblea degli Amministratori SEL - Gruppo sul federalismo

in copertina: Pieter Bruegel il Vecchio, Grande Torre di Babele

Dino Facchini, Presentazione 4 Elettra Deiana, Un seminario sul federalismo 5 Giorgio Gabanizza, Relazione introduttiva 7 Claudio De Fiores, Quali politiche costituzionali? 14 Elettra Deiana, Amministrare il bene comune 18 Moreno Gentili, La riforma delle istituzioni locali 21 Paolo Cento, I costi della politica e la democrazia 26

Presentazione

Nel seminario degli amministratori di Sinistra Ecologia Libert del Nord Italia, di cui riproduciamo le relazioni, abbiamo voluto fissare alcuni punti fermi del nostro impegno per difendere la democrazia reale e valorizzare il ruolo delle Autonomie locali sempre pi compromesso da provvedimenti legislativi e finanziari di stampo centralista e antiautonomista. In particolare non si possono confondere i cosiddetti costi della politica che riguardano i privilegi della casta con i costi della democrazia che sono necessari al funzionamento degli istituti democratici rappresentativi e di partecipazione. Quando Zaia e la Lega Nord propongono il dimezzamento dei consiglieri regionali compiono un atto lesivo delle istituzioni e della rappresentativit; noi proponiamo invece di dimezzare le indennit e i compensi dei consiglieri e dellesecutivo regionale. Dalla criminalizzazione del referendum proposto in Grecia per la valutazione delle misure economiche e finanziarie proposte dalla BCE per il rientro dal debito sino al tentativo di cancellare i risultati referendari in Italia contro la privatizzazione dellacqua e linstallazione delle centrali nucleare, assistiamo oggi ad un disegno mirato a colpire i meccanismi democratici nelle istituzioni e nella societ, come indicano le misure legislative e le decisioni imprenditoriali di eliminare la presenza nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro della Fiom e dei sindacati che dissentono. In sostanza assistiamo ad una blindatura del sistema politico maggioritario e della cosiddetta governance, mentre sale in tutta Europa la rabbia dei popoli e la protesta contro lattacco ai diritti e al Welfare conquistato con le lotte nel secolo scorso. E compito della sinistra quello di tenere viva lattenzione democratica e di perseguire strumenti di difesa delle istituzioni e di partecipazione diretta dei cittadini, dai bilanci degli Enti Locali alla scelte pi importanti dellurbanistica e del miglioramento delle condizioni di vita nelle citt. Di questo abbiamo discusso a Verona il 3 Dicembre scorso e qui riportiamo la sintesi delle nostre proposte. Dino Facchini Coordinatore regionale Sinistra Ecologia e Libert

UN SEMINARIO SUL FEDERALISMO


Elettra Deiana

Si svolto a Verona, il 3 dicembre, il primo degli incontri seminariali sulle tematiche del federalismo e della legge 42/2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dellarticolo 119 della Costituzione), che era stato concordato nellincontro nazionale di Firenze (17 settembre) degli eletti e delle elette di Sel negli Enti locali. Il seminario stato organizzato dalla Forum Democrazia, Istituzioni, Giustizia, dal Coordinamento del Veneto, dalla Federazione di Verona e dal dipartimento nazionale Enti locali. Il seminario stato introdotto da una relazione di Giorgio Gabanizza, coordinatore di Verona, e da una del costituzionalista Claudio De Fiores. Ha concluso i lavori Paolo Cento, responsabile nazionale degli Enti locali. Numerosi gli interventi. Le relazioni introduttive, come stato convenuto alla fine del seminario, verranno messe a disposizione delle federazioni appena verranno inviate dai relatori. Esse hanno trattato luna soprattutto la malintesa concezione federale che si imposta nel dibattito pubblico in Italia e i conseguenti guasti politico-istituzionali dellimpostazione federalista della Lega; laltra limpianto contradditorio del rapporto Stato Regioni introdotto in Costituzione, in seguito alla modifica del Titolo V. Le derive che ne sono seguite, nel prevalere dellimpostazione leghista sulla questione, nonch ladattamento a tale impostazione di quasi tutte le forze politiche sono state individuate nel dibattito come quelle su cui maggiormente far leva per decostruire la dominante concezione sul federalismo e orientare la nostra ricerca e proposta in direzione della battaglia per porre il problema del federalismo sul piano europeo. Oggi, col governo Monti, i problemi del federalismo fiscale e del suo destino si presentano sotto una luce completamente nuova. Il federalismo fiscale, con lattuazione del complesso pacchetto di decreti legislativi attuativi previsto dalla legge delega 42, ha raggiunto sul piano legislativo la sua piena attuazione. E legge dello Stato. Tuttavia sia nella fase terminale del governo Berlusconi sia nellavvio della fase che ha visto la formazione del governo Monti, il tema sparito dallagenda politica e nessun impegno sembra ispirare lazione del nuovo esecutivo. Mancano in verit un centinaio di provvedimenti applicativi ma si tratta di aspetti del tutto marginali a fronte del grosso che stato portato a compimento e che dovrebbe orientare lapplicazione di quel sistema
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di garanzia cos definito relativo ai principali diritti sociali (soprattutto sanit, assistenza, scuola) nonch il funzionamento degli Enti locali. Il federalismo di marca leghista, come pi volte abbiamo sottolineato in questi mesi, stato caratterizzato da una forte vocazione al secessionismo fiscale della bossiana Padania dal resto del Paese. Ha costituito una vera e propria chiave di volta di tutta la strategia di Bossi e Calderoli. Ma ha incontrato crescenti difficolt a procedere speditamente, sul piano delle prospettive di efficace applicazione, per la crescente incongruenza tra i passaggi attuativi e le manovre economiche e imposizioni strategiche di pareggio della spesa che intanto andavano avanti, anche col precedente esecutivo. Nello stesso tempo ha dimostrato il suo carattere fallace sia per quanto riguarda la promessa di abbassamento della pressione fiscale, soprattutto per chi non nuota nelloro, sia per quanto riguarda il mantra della territorialit, visto che limposta municipale, tolte le imprese, colpirebbe in maggioranza chi non residente nel comune. Gi col governo Berlusconi la grande riforma federalista vantata dalla Lega si trovata intrappolata sotto un cumulo di detriti normativi, proroghe, deroghe, cavilli mentre il carico fiscale aumentava e la stretta della spesa si intensificava. Come stato notato da alcuni commentatori, il nuovo premier nel frattempo subentrato non ha fatto fino ad oggi riferimenti degni di nota alla materia n ne ha parlato nella dichiarazione programmatica (salvo un velato richiamo al d.lgs 23/11 in tema di IMU/ICI). Il meccanismo che cancella i meccanismi di formazione della spesa storica sostituendoli con i costi standard rientra nei piani di taglio della spesa pubblica che il Governo dei Tecnici ha in cantiere? Oggi, a maggior ragione col nuovo governo, del tutto evidente il completo fallimento del federalismo, per i vizi intrinseci che ne hanno caratterizzato lidea e la messa in cantiere e per la congiuntura economico-finanziaria nel frattempo sopravvenuta. Il federalismo non ha distribuito poteri alimentando invece una sgradevole prospettiva di centralismo regionale autoreferenziale - e nello stesso tempo non ha potuto far fronte allo strangolamento delle risorse. La nuova fase della crisi economico-finanziaria, venuta al pettine con il carattere deflagrante che ben sappiamo, mostra lintreccio tra il forte inasprimento della questione sociale - per la carenza di fondi e il montante deficit di democrazia, in particolare nel depotenziamento in atto anche con le misure del nuovo esecutivo delle rappresentanza di contiguit, vicinanza, partecipazione, e la configurazione di una governance territoriale a connotazione podestarile. Poich ormai evidente che la strada maestra per affrontare efficacemente la crisi che incombe sullEuropa intera, oltre che sul nostro Paese, un deciso, decisivo e tempestivo passo da parte dei paesi membri dellUe nella scelta di costruire lEuropa politica e i relativi strumenti in grado di governare democraticamente i grandi processi finanziari, produttivi, il tema della Federazione europea o degli Stati Uniti dEuropa entra come parte integrante della nostra proposta politica, del nostro profilo culturale, dei rapporti e relazioni che saremo in grado di costruire.
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DEMOCRAZIA IN CRISI
Contro il falso federalismo e la secessione, per gli Stati Uniti dEuropa e per la Repubblica delle autonomie Relazione di

Giorgio Gabanizza*

Chiunque detenga il potere pu controllare anche il linguaggio, e non solo con le proibizioni della censura, ma cambiando il significato delle parole. Czeslaw Milosz, poeta polacco, Premio Nobel della Letteratura 1980

Uno dei compiti che SEL, dalla sua fondazione, ha inteso affrontare quello di ricostruire innanzitutto un vocabolario, un lessico, un linguaggio ed una cultura autonomi della sinistra. Bisogna uscire dalla subalternit, non possiamo restare imprigionati dentro un linguaggio, un pensiero, una cultura politica spesso mistificanti e comunque ingannevoli. Il linguaggio e la cultura politica del mercato hanno portato alla deriva il pensiero, lelaborazione politica della sinistra che nel corso degli anni ha assunto come leggi oggettive scelte di dominio imposte da poteri forti e sovranazionali. Pi recentemente dobbiamo uscire, demistificandolo, da un linguaggio imposto dal leghismo e dalla destra relativo al federalismo. Se qualcuno afferma che lelefante il federalismo, qualcun altro ha il compito di ripristinare la verit, ricordando che lelefante un animale colossale, quadrupede, dotato di due zanne e di una proboscide e che il federalismo una corrente di pensiero, una ideologia, una teoria politica dello stato, un sistema politico che prevede e propone di federare tra loro stati indipendenti. Come noto il federalismo nasce da Montesquieu e dal pensiero di Kant che elabora la sua teoria della pace perpetua e che ritiene necessario che gli stati europei, che si sono combattuti in modo continuo e tragicamente devastante, finalmente si confederino dando vita a governi sovranazionali fino ad arrivare ad un unico potere mondiale e per ci stesso pacifico, non avendo pi, fuori di esso, popoli e stati da combattere e conquistare o dai quali difendersi. Sono diversi i pensatori e gli uomini politici che hanno sviluppato questo pensiero e molte le esperienze politiche che si sono concretizzate in stati federali, dallEuropa alle Americhe e in molte altre parti del mondo. In Italia, dopo la testimonianza di Cattaneo, la proposta federalista viene ripresa con il Manifesto di Ventotene nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi che auspi7

cano la formazione di una Europa libera e unita, federale e socialista. Come non essere daccordo e come non riproporre, rielaborandola, la costruzione di nuovi adeguati livelli di governo, almeno europei se non mondiali, per fronteggiare democraticamente le nuove sfide degli strapoteri finanziari ed economici che mettono in ginocchio popoli e stati? Ma cosa centra il federalismo con quanto proposto e prodotto dal passato governo Berlusconi, dalla sua maggioranza e dai partiti di riferimento che ancora condizionano fortemente lazione legislativa alla Camera ed ancor pi al Senato? Cosa centra il federalismo con i provvedimenti parlamentari emanati a partire dalla legge n. 42/2009 alle leggi dette di federalismo demaniale e fiscale? Nulla, proprio nulla! A ben vedere, in nome del federalismo hanno emanato provvedimenti legislativi che hanno costruito uno statalismo centralista che non ha precedenti nella storia della Repubblica italiana, soprattutto dagli anni 70 in avanti. E mai come ora le autonomie locali sono state depotenziate, annichilite, messe in condizioni inadeguate a rispondere ai bisogni, alle necessit delle loro comunit. In pi, con la scusa di tagliare i costi della casta della politica, hanno mirato esclusivamente a ridurre gli spazi della democrazia. Si vuole abrogare i consigli e le giunte provinciali mantenendo integralmente, invece, i poteri e le funzioni dello stato centrale nelle province con le prefetture! Si vuole ridurre il numero dei consiglieri regionali, comunali per ridurre la presenza delle rappresentanze popolari e politiche. Si avverte che il pluralismo politico e culturale e la partecipazione democratica sono assai poco tollerate, meglio ridurre la loro presenza nelle istituzioni elettive. I consigli di circoscrizione dei comuni al di sotto dei 250.000 abitanti sono stati aboliti per legge dello stato centrale e ai consiglieri delle circoscrizioni dei comuni pi grandi, sempre lo stato centrale, ha tolto qualsiasi rimborso spese. Daltra parte Berlusconi aveva auspicato che il parlamento fosse riassunto e vivesse solo nelle figure dei capigruppo! Ritornando al federalismo, dunque, attualmente in campo c ununica proposta, quella della Bonino e dei radicali che ritengono arrivato il momento, di fronte alla crisi scatenata dalle multinazionali finanziarie che hanno messo in ginocchio popoli e stati, di costruire almeno una Europa politica, con un governo ed un parlamento che dovrebbero dare risposte politiche per uscire dalla crisi, per produrre regole, controlli e limiti allo stesso operare delle organizzazioni finanziarie. La proposta, appunto, di costruire gli Stati Uniti dEuropa. Dovremmo essere daccordo anche se servirebbe un governo democratico del globo per governare processi che da tempo sono transcontinentali, ora totalmente incontrollati e pericolosi. Ma cosa centra il federalismo con le proposte e le scelte concrete della Lega Nord che domani a Vicenza ha convocato il parlamento della padania? Per quanto riguarda lItalia, la Lega non sembra interessata a federarla con la Repubblica di San Marino e/o con lo Stato del Vaticano. Da euroscettica (altro che federali8

sta) non solo ostile alla formazione degli Stati Uniti dEuropa, ma da questa Europa medita e minaccia di uscirne. Dopo quattro conti sulla capacit produttiva del nord non vuole ridistribuire geograficamente il reddito e la ricchezza. Cos il federalismo della Lega nord per lindipendenza della padania vuole semplicemente distaccare la padania dal resto dItalia. Punto. Diversamente dai tempi di Miglio che ipotizzava la rottura dellItalia, prima in due parti (la padania degli intraprendenti e la mediterranea degli indolenti) e poi, avendoci ripensato, in tre (padania, tuscia, mediterranea) con la conseguente costituzione di una federazione di tre stati indipendenti e federati, ora, come scritto allarticolo 1 e allarticolo 2 del suo statuto, la Lega nord per lindipendenza della padania vuole, appunto, lindipendenza della padania allinterno della quale federare gli stati/nazione del Friuli, della Venezia Giulia, del Veneto, della Lombardia, del Trentino, dellAlto Adige, del Piemonte, della Valle dAosta, della Liguria, della Emilia, della Romagna,

della Toscana e dellUmbria. Una sorta di padania nella fantasiaun po debordante ed abbondante! La Lega nord per lindipendenza della padania non ha un progetto federale per lItalia, per distaccarsi dallItalia, dai meridionali indolenti e mafiosi e da Roma ladrona. Ricordiamoci che nel 1997 aveva dichiarato unilateralmente la secessione della padania e nel 2002 la devolution. Ricordiamoci che aveva istituito persino un parlamento ed un governo della repubblica padana in provincia di Mantova ed un suo corpo armato (una sorta di esercito), la guardia nazionale padana (inquisita dalla magistratura fino alla legge ad legam che, contenuta nel decreto omnibus dl 15.3.2010 n.66, ha abolito il reato di formazione di banda armata, cos Maroni, portavoce del comitato provvisorio di liberazione della padania del 1996 e reclutatore della guardia nazionale padana ha potuto svolgere le funzioni di ministro della Repubblica Italiana, senza rispondere alla Giustizia ed al suo corso, come Bossi, Calderoli, Borghezio, Speroni ed altri). Daltra parte la Lega era in cerca di qualche magia che giustificasse la sua appartenenza ad una maggioranza che ha prodotto leggi antipopolari, emanato norme ad personam per il premier e votato provvedimenti per salvare dal carcere ministri, sottosegretari e parlamentari inquisiti dalla magistratura con pesanti incriminazioni. Ha anche concorso a far diventare ministri della Repubblica indagati per reati di mafia. E la magia fantasiosa, per imbonire il suo elettorato tradito ed incazzato, stata di dare il nome di federalismo a leggi che hanno messo in difficolt enti locali e Regioni e che, a dispetto della loro autonomia fiscale/finanziaria pretesa dallart.119 della Costituzione (riforma costituzionale della parte seconda, titolo quinto, riforma delle autonomie e non federalista), mantiene grande parte della fiscalit nelle mani dello stato centrale (con compartecipazioni degli enti locali e Regioni), quindi in massima parte finanza trasferita dello Stato, dal quale dipendono come prima. Altro che autonomie! Naturalmente i processi di sostegno alla piena autonomia dei Comuni, delle Province e delle Regioni passano attraverso un proprio autonomo prelievo fiscale che deve essere calibrato da fondi nazionali di riequilibrio e di solidariet ( come prevede lart.119 della Costituzione), sia per garantire a tutti i cittadini il pieno godimento dei propri diritti, ricevendo pari servizi di pari qualit e quantit dal nord al sud, alle isole, sia per intervenire per ridurre ed annullare gli squilibri territoriali, tendendo ad incrementare le opportunit delle aree svantaggiate e mirando ad omogeneizzare verso lalto le condizioni di lavoro e di vita di ciascun residente in Italia. Va pretesa lautonomia fiscale e finanziaria degli Enti Locali e delle Regioni, ma bisogna esigere, contestualmente, listituzione ed il funzionamento di un fondo perequativo/solidale anche per incrementare adeguatamente le disponibilit delle Regioni e degli Enti Locali delle aree pi povere. Dunque SEL dovrebbe impegnarsi a sostenere e sviluppare la cultura federalista, democratica e pacifista per costruire gli Stati Uniti dEuropa, intanto, pensando ad un
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mondo che abbia un governo democratico, federale, capace di governare democraticamente processi finanziari, produttivi e distributivi, oggi in mano a strapoteri multinazionali, che stanno mangiando leconomia reale, impoverendo il mondo, gettando per strada moltitudini di lavoratori e mettendo in pericolo la stessa sopravvivenza del globo. Ma proprio in nome del federalismo Sel ha il compito di demistificare il linguaggio ingannevole e menzognero della Lega nord per lindipendenza della padania e della destra (linguaggio ingannevole ora adottato ed usato purtroppo da tutti) che ha spacciato e spaccia provvedimenti neocentralisti per leggi federaliste che starebbero avviando il processo federalista che porterebbe lItalia a diventare uno stato federale!!! La bugia cos grande ed abnorme che si resta interdetti a non sentire voci di dissenso e di demistificazione, che, prendendo per le orecchie questi sfrontati, li svergogni davanti ai loro elettori e al Paese. Servono parole di verit. Il federalismo una ideologia, una teoria dello stato, un sistema politicotendenzialmente pacifista, che va sostenuto in Europa e nel mondo e che il contrario delleuroscetticismo della Lega e di parte della destra, e del processo anti italiano, di rottura del nostro Paese con la secessione e lindipendenza della padania, pretesa e voluta dal partito della Lega nord per lindipendenza della padania. Non possiamo accettare che si alimentino disegni centralistici e di drastica riduzione della partecipazione democratica e dei luoghi istituzionali della democrazia. Dovremmo partire proprio dallesaltazione delle autonomie locali, rendendole adeguate a far crescere la partecipazione delle comunit, capaci di rispondere ai bisogni e alle aspirazioni dei loro cittadini. Occorre far crescere la consapevolezza che la massima autonomia deve stare dentro ai meccanismi dellinterdipendenza che ridistribuisce e reciprocamente arricchisce. Ma non deve diventare il nostro percorso quello della realizzazione dello Stato delle autonomie, sancito dalle norme costituzionali rimaste sulla carta? Serve, dunque, avviare questo processo di realizzazione delle autonomie con i necessari trasferimenti di poteri, funzioni e disponibilit di risorse dello stato centrale alle regioni e agli enti locali. Ma debbono fare altrettanto le regioni nei confronti dei comuni e delle province. Sembra questa la strada pi idonea a far crescere la partecipazione democratica, il coinvolgimento dei cittadini alle scelte partecipate dei bilanci e degli indirizzi programmatici. Questa la sfida da lanciare demistificando gli imbrogli linguistici e politici della Lega nord per lindipendenza della padania, dei suoi alleati ed aprendo gli occhi alle altre forze politiche ed agli elettori. Ricordiamo loro che federare alleare, mettere insieme stati e non rompere lo stato italiano, non separare il nord dal resto dellItalia e nemmeno varare leggi, a partire dalle leggi fiscali e quelle sulle manovre finanziarie, che rendono subalterni i comuni, le province e le regioni allo stato centrale, proprio il contrario del dettato costituzionale. Teorizzando labrogazione dei consigli provin-

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ciali hanno varato leggi con le quali istituiscono nuovi enti, con nuovi dipendenti, con presidenti e consigli di amministrazione nominati dal governo centrale (talvolta amministratori unici) e con compiti sottratti agli enti locali intermedi. Cos Brancher, ad esempio, per festeggiare una sua ulteriore condanna definitiva, stato nominato dal passato Governo Berlusconi/Bossia capo di un organismo di indirizzo con un fondo di 160 milioni di euro da distribuire ai comuni veneti e lombardi confinanti con Trento e Bolzano. Altro che attuazione dello stato delle autonomie, qui si trattadi pratiche di vassallaggio medioevale! Insomma il federalismo non lelefante, ma meno che meno lo sono le pratiche centralistiche in questi anni del passato governo. La Lega non federalista, per lindipendenza della padania, della sua secessione dallItalia come afferma il suo statuto. La Lega nord per lindipendenza della padania nel corso di questi anni, con la destra, ha combattuto limmigrazione di chi fuggiva da guerre, dai bombardamenti intelligenti ma comunque mortiferi, dalla miseria, ha costruito per loro campi di concentramento eufemisticamente chiamati cie, ha tentato di trasformare i sindaci in sceriffi, ha drasticamente tagliato le risorse ai comuni, alle province ed alle regioni, ha tolto lICI alla prima casa dei ricchi ( mentre Prodi laveva tolta solo ai detentori di redditi medio bassi), ha aumentato il carico fiscale colpendo soprattutto i meno abbienti, ha regalato condoni e scudi fiscali agli evasori, ha stremato scuola ed Universit, ha salvato Berlusconi e personaggi poco raccomandabili da processi e galera, ha cercato di ridurre gli spazi della democrazia e della partecipazione, ha ridotto i diritti sindacali e dei lavoratori, spensierata, ha ignorato e persino negato lesistenza della crisi trastullandosi con patetiche aperture di ministeri al nord. Euroscettica contrasta il federalismo e per il nord sogna separazioni. E cosa centra dunque con il federalismo? E il federalismo cosa centra con le norme e le pratiche dellultimo governo? Nulla, proprio nulla! La Lega nord per lindipendenza della padania nel corso di questi anni, con la destra, ha combattuto limmigrazione di chi fuggiva da guerre, dai bombardamenti intelligenti ma comunque mortiferi, dalla miseria, ha costruito per loro campi di concentramento eufemisticamente chiamati cie, ha tentato di trasformare i sindaci in sceriffi, ha drasticamente tagliato le risorse ai comuni, alle province ed alle regioni, ha tolto lICI alla prima casa dei ricchi ( mentre Prodi laveva tolta solo ai detentori di redditi medio bassi), ha aumentato il carico fiscale colpendo soprattutto i meno abbienti, ha regalato condoni e scudi fiscali agli evasori, ha stremato scuola ed Universit, ha salvato Berlusconi e personaggi poco raccomandabili da processi e galera, ha cercato di ridurre gli spazi della democrazia e della partecipazione, ha ridotto i diritti sindacali e dei lavoratori, spensierata, ha ignorato e persino negato lesistenza della crisi trastullandosi con patetiche aperture di ministeri al nord. Euroscettica contrasta il federalismo e per il nord sogna separazioni. E cosa centra dunque con il federalismo? E il federalismo cosa centra con le norme e le pratiche dellultimo governo? Nulla, proprio nulla! Il problema non solo nominalistico, politico e persino morale. Non si pu in12

gannare, la politica ha bisogno di parole di verit e di coerenza per ridiventare credibile e fruibile, per essere partecipata. Questo un nostro compito. Va comunque precisato che a creare un po di confusione stata lintroduzione, nel 1959, del termine federalismo fiscale da parte Richard Musgrave, uno dei padri della scienza della finanza. Egli consapevole che il termine pu generare equivoci e precisa cheil federalismo fiscale va riferito non solo agli stati federali ma anche agli stati unitari e non ha nulla a che vedere con il federalismo. Cos poi, in letteratura e in dottrina, federalismo fiscale viene usato, spesso premettendo che tale termine pu ingenerare ambiguit e fraintendimenti, come spostamento dellasse del prelievo fiscale dal centro alla periferia. In Italia, dagli anni 90, federalismo fiscale viene troppo spesso ritenuto come un parente stretto del federalismo tout court! E come noto viene spesso incarnato dalla cultura dellindividualismo, dellegoismo istituzionale, della concorrenza territoriale con il rischio di rompere ulteriormente il tessuto sociale. Gli 8 decreti legislativi del federalismo fiscale, che sono lossatura del nuovo assetto delle relazioni finanziarie tra stato e periferia, contengono modifiche pi formali che sostanziali rispetto alla situazione degli anni 90, egenerano incertezza, qualche indeterminatezza ed una finanza pubblica non coordinata. Sembra unanime, non la politica, ma la dottrina nellaffermare che la generica formulazione di molti provvedimenti aperta a necessarie modifiche e rappresenta un rischio di crescenti contenziosi.Molti studiosi affermano che il neocentralismo che accompagna gran parte dei recenti provvedimenti espressione della conferma del ruolo di guardiano dello stato centrale e della negazione dei principi stessi del federalismo fiscale, cio del decentramento fiscale, che nulla ha a chevedere con il federalismo! Infine va ricordato che uno stato troppo piccolo per affrontare i grandi problemi della globalizzazione ed troppo grande per affrontare i piccoli problemi del vivere dei cittadinie delle comunit. Bisogna articolare i livelli di governo ai livelli dei problemi con equilibrio e con molta determinazione vanno rivendicate istituzioni ai diversi livelli dei problemi dotandole di funzioni, poteri e risorse adeguate, a partire da quelli sovranazionali a quelli locali che rappresentano il tessuto connettivo del paese. Una cosa deve essere inderogabile e cio che i grandi e piccoli problemi vanno affrontati non abrogando la democrazia, al contrario promuovendo il concorso dei cittadini e la partecipazione democratica, rafforzando le istituzioni elettive e i loro canali di collegamento con la societ. * Coordinatore Provinciale SEL Verona

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QUALI POLITICHE COSTITUZIONALI?


Relazione di

Claudio De Fiores*

1. giunto il momento di iniziare a riflettere sullo stato della questione federalista in Italia. Ma da dove partire? Da Cattaneo e dalla tradizione del federalismo risorgimentale? Dai lavori della Costituente e dallopzione federalista espressa in quella sede da Emilio Lusso? Da Miglio e dal federalismo-secessionista ostentato dalla Lega sin dalla fine degli anni ottanta? 2. Tutti nodi certamente fondamentali che hanno segnato, sul piano storico, il dibattito sul federalismo in Italia. Vi per una vicenda che pi delle altre pone un discrimine netto su questo terreno e non solo dal punto di vista normativo. Ci si riferisce alla riforma costituzionale del titolo V voluta, a tutti i costi, da (gran parte della) sinistra nel 2001, nel tentativo di mitigare, per questa via, loffensiva secessionista della Lega. Da quellevento sono trascorsi dieci anni. E ci ci consente di potere procedere ad un esame quanto meno distaccato dei contenuti normativi del nuovo titolo V e soprattutto di fare i conti con i condizionamenti e le suggestioni che hanno alimentato leuforia federalista di quella stagione. Tre sono gli aspetti di quella riforma (la prima riguardante non pi - come era fino allora avvenuto - una singola disposizione della Costituzione, ma un suo intero titolo) sui quali vorrei, in questa sede, concentrarmi: a) Piano normativo. Con la L. cost. 3/2001 le istanze federaliste, alimentate dal leghismo, hanno avuto per la prima volta un esito normativo sul piano costituzionale. Ma sar soprattutto a sinistra che la riforma verr accolta con entusiasmo e singolare slancio. Per molti, im quelloccasione, si era addirittura sancito un nuovo inizio per la Costituzione del 47. b) Piano sociale. La riforma si colloca sulla scia dei contenuti sociali di Maastricht e ne costituisce un crocevia: introduzione della sussidiariet orizzontale (art. 138) intesa come cardine della filosofia del mercato; scompare ogni riferimento al Mezzogiorno (art. 119 v.t.); viene introdotto allart. 116 la possibilit di attivare anche il cd. federalismo asimmetrico (detto anche devolution debole). c) Piano politico: la riforma nasce con lambizione di assorbire loffensiva leghista, fino a costituirne un vero e proprio fattore di deterrenza. 3. da questi tre piani, singolarmente considerati, che bisogna partire per comprendere cause e motivi del fallimento politico e istituzionale della revisione del 2001. Non
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un caso che, a dieci anni dalla sua approvazione, tutti (destra e sinistra, politici e giuristi, regioni e autonomie locali) si son ben guardati dal celebrare con convegni e simposi il suo decennale. Le ragioni sono evidenti: a) sul piano normativo la revisione ha prodotto un esorbitante incremento del contenzioso costituzionale. La filosofia degli standard (essenziali) di prestazione (art. 117, lett. m) ) ha preso il posto del principio di eguaglianza; sono saltati tutti gli istituti della mediazione (scompare linteresse nazionale, poi resuscitato dalla Corte con la sent. 303/2003) e non ne sono stati introdotti di nuovi (Camera territoriale). La Corte, al fine di razionalizzarne limpianto sul piano costituzionale, ha dovuto (per via interpretativa) procedere alla riscrittura di intere disposizioni del nuovo titolo (soprattutto al fine di diluire le latenti tensioni innestatesi tra I e II parte della Costituzione). b) Anche sul piano sociale la riforma costituzionale deve ritenersi fallimentare, perch a essere fallita oggi la sua stessa ispirazione economica: il funzionalismo comunitario, le certezze di Maastricht, lideologia economicista sottesa al patto di stabilit. Lappeal sociale del federalismo oggi al suo punto pi basso. Non si parla pi nemmeno di federalismo fiscale e il Governo, nel far fronte alla crisi finanziaria, tornato a gestire, a livello centrale, risorse e competenze compromettendo alcuni spazi significativi attribuiti alle autonomie locali, soprattutto sul piano dellerogazione dei servizi sociali. c) Sul piano politico la riforma non stato in grado di arginare loffensiva secessionista. Oggi, dopo dieci anni, la Lega torna chiudersi nel Parlamento padano, diserta (in occasione della crisi del governo Berlusconi) le consultazioni del Capo dello Stato, rilancia la secessione. 4. Cosa fare, a questo punto, sul piano delle politiche costituzionali? Certamente non possiamo riportare le lancette indietro di un decennio, ma non possiamo neppure rinunciare a intervenire su questo delicato terreno. Le questioni che il fallimento del titolo V oggi pone non possono essere risolte con meri espedienti di ingegneria costituzionale. Ci di cui vi sarebbe bisogno un puntuale e circoscritto intervento di manutenzione costituzionale e soprattutto una incisiva mobilitazione culturale e di senso in grado di far fronte alle incalzanti sfide che i tempi oggi pongono. Sul primo piano si tratta di aggiustare alcune norme costituzionali al fine di raccordarne limpianto normativo ai principi contenuti nella prima parte della costituzione (es. sostituire la formula livelli essenziali delle prestazioni ex art. 117, m) con lespressione livelli uguali delle prestazioni. Ma anche di intervenire laddove il titolo V manifesta gravi omissioni. Ci si riferisce allistituzione di una Camera territoriale intesa quale sede qualificata di mediazione e di raccordo tra tutti i livelli territoriali di governo contemplati allart. 114. Una camera, cio, chiamata ad operare quale valvola di compensazione del sistema, capace di mediare e risolvere le crescenti istanze conflittuali che una incisiva riforma delle autonomie territoriali inevitabilmente comporta. Deve tuttavia trattarsi in tutti questi casi - di interventi di riforma, non solo puntua-

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li, ma soprattutto omogenei nella loro ispirazione e caratterizzati da un solo comune obiettivo: contrastare con forza il federalismo egoistico e di impianto secessionista che punta oggi alla frammentazione sociale, a inasprire la competizione fra i territori, alla rottura dellunit nazionale. Nel respingere con forza tali istanze politiche e culturali, lauspicata azione correttiva del titolo V dovr, pertanto, dimostrarsi capace di incarnare - conformemente ai principi contenuti nella prima parte della Costituzione - le ragioni dellunit, delleguaglianza, della cittadinanza nazionale, che altro non che la pretesa riconosciuta ad ogni cittadino di essere trattato in egual modo in ogni parte del territorio dello Stato. Sul secondo piano, quello della mobilitazione culturale, bisognerebbe invece iniziare svelare le ambiguit e le contraddizioni di ci che stato in questi anni definito federalismo. Siamo stati pervasi da unoffensiva ideologica che ha, in questa fase, alimentato feticci e luoghi comuni che hanno avuto una significativa presa anche a sinistra. Di qui lesigenza di disinnescarne limpianto culturale e la vocazione costituzionale che ha in questi anni alimentato lorizzonte di senso del cd. federalismo allitaliana. Iniziamo, ad esempio, con il dire che: a) lobiettivo ultimo della Lega non mai stato il federalismo, ma la secessione: un obiettivo anticostituzionale in quanto in contraddizione con lart. 5 che afferma il principio della indivisibilit della Repubblica; b) le assemblee rappresentative, a livello territoriale, sono state in queste anni sostanzialmente emarginate dai circuiti della decisione politica, a tutto vantaggio degli

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esecutivi. Una tendenza, questa, oggi inasprita dai recenti provvedimenti governativi in materia di federalismo fiscale (ci si riferisce alla cd. decurtazione dei consigli) che, nellossessivo tentativo di ridurre i costi della politica e della democrazia, rischiano oggi dare vita a un modello di governo territoriale senza politica e senza democrazia; c) non siamo disponibili a prendere parte al coro bipartisan siamo tutti federalisti. Anche perch non comprendiamo esattamente cosa voglia dire. Che cos, infatti, il federalismo? Stewart nel suo Metaphors, models, and development of federal theory arriva a enucleare ben 497 definizioni di federalismo. E anche Carl Friedrich in Trends of Federalism in Theory and Practice non rinuncia a rammentarci che il federalismo non un disegno statico rigidamente imperniato su una statica articolazione di elementi. Certo, da parte nostra, ci si potrebbe dichiarare federalisti perch il federalismo delle origini nasce con un impronta centripeta che ne ha modellato finanche il nome (foedus), mentre il federalismo ostentato dalle destre punta invece a dividere. Ma ci rischia di rivelarsi fuorviante, anche sul piano dellanalisi politica, perch il federalismo che tende ad affermarsi oggi nel contesto globale proprio il federalismo centrifugo. Ed con esso che dobbiamo fare i conti: in Italia, in Belgio, in Canada 5. In conclusione, ostinarsi, in questa fase, a brandire le virt del federalismo rischia di porci, in definitiva, in una posizione subalterna, culturalmente spiazzata e soprattutto contraddittoria: - subalterna perch ci porremmo fatalmente a rimorchio di unidea che in Italia, in questi anni, nata a destra e a destra si imposta; - spiazzata perch rinchiudersi nei rassicuranti miti del federalismo classico (di impronta centripeta) rischia di far assumere alle nostre posizioni un carattere nostalgico e in un certo senso obsoleto, in quanto incapace di leggere i fenomeni globali oggi in atto; - contraddittoria perch il nostro obiettivo deve essere la federazione europea e non la federazione italiana. questo lunico spazio che abbiamo oggi a disposizione per rilanciare unaltra idea di federalismo. Un federalismo democratico-sociale proteso alla costruzione di unEuropa dei popoli (costruita dal basso e non pi sugli interessi delle banche). Una nuova Europa, con un suo Stato sociale e una sua costituzione. Ma, questa volta, redatta da unassemblea costituente eletta direttamente dai popoli europei (e non pi dai governi sotto forma di Trattato cos come avvenuto, negli anni scorsi, in ambito UE). * Costituzionalista

pagina di fronte e pagina 9 : disegni di M.C.Escher

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AMMINISTRARE IL BENE COMUNE * Elettra Deiana

Si sono affrontati nodi vitali del dibattito politico istituzionale di questa fase, dominato dallaffanno di tagliare a destra e a manca le spese dello Stato per rispondere alle ingiunzioni europee di pareggio del bilancio. Rientrano nellaffanno la proposta di soppressione delle Province (con legge costituzionale depositata dal Governo alla Camera e con la rapsodica discussione sviluppatasi sul tema tra le forze dellopposizione) e di riduzione dei Comuni. Nel gruppo di lavoro, si riflettuto su come tutto questo sia in relazione allesperienza concreta di chi impegnato nelle istituzioni di governo e rappresentanza del territorio e quanti problemi si presentino nellamministrazione del bene comune. Lesigenza largamente manifestatasi negli interventi stata di non ridurre tutto alla pura contingenza politica e di affrontare i problemi di questa natura partendo da una rimessa a punto della struttura e del funzionamento dei poteri dello Stato nonch dellequilibrio tra di essi, alla luce di ci che nel frattempo avvenuto anche in seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione. Che non a caso il contesto di riferimento obbligato per capire la dinamica delle cose. Va analizzato il rapporto tra centro e periferia tenendo conto oggi non solo dei risultati in parte gi avviati dai decreti attuativi della legge 42/2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dellarticolo 119 della Costituzione) ma di manovre economiche e imposizioni strategiche di pareggio della spesa che si sovrappongono ai passi compiuti sulla via del cosiddetto federalismo fiscale. Il susseguirsi delle ultime manovre si dipana infatti proprio mentre sembrava giungere a conclusione il processo di attuazione di tale federalismo e la Lega menava gran vanto del successo. La sbandierata grande riforma della Lega giace invece sotto un cumulo di detriti normativi, proroghe, deroghe, cavilli e quantaltro. Sembra non esserci fine alla decretazione e normazione, non essendo chiaro punto essenziale, con radice nella riforma del Titolo V? - il quadro generale di riferimento n la natura delle responsabilit e dei ruoli dei poteri pubblici ai vari livelli. Si procede per aggiustamenti. I decreti attuativi della legge 42 annunciano il decentramento fiscale mentre le manovre economiche la centralizzano, soffocando Regioni, Comuni e funzioni di prossimit democratica degli enti locali e assegnando allo Stato il mero compito di grande esattore. Come era prevedibile, il federalismo di marca leghista crea di per s ulteriori motivi di conflitto e spaccature nel tessuto nazionale: enti locali contro lo Stato, Regioni a Sta18

tuto ordinario contro Regioni a Statuto speciale, Nord contro Sud. La micidiale stretta della spesa e le modalit di reperimento delle risorse e attuazione dei tagli, oltre che la quantit dei tagli stessi, con la pressoch totale decisione concentrata nelle mani del governo, hanno evidenziato quanto di trucco politico (laccordo con Berlusconi a tutti i costi per portare a casa tutto il possibile), oltre che di deriva del Paese (interessi della Padania al primo posto), ci sia nel cosiddetto federalismo leghista. Per non parlare del carico fiscale, aumentato, secondo uno studio degli uffici della Cgia (Confartigianato) di Mestre, dal 1995 al 2010 del 68% sul piano nazionale e del 138 % su quello locale. Allora: di che cosa si parla quando si parla di federalismo in Italia? E questa la questione che, da punti di vista diversi e con diverse articolazioni, ha focalizzato il dibattito che si sviluppato nel gruppo sul federalismo. Qualsiasi giudizio si dia delle concrete problematiche rubricabili sotto quel nome, a cominciare dagli aspetti legati al federalismo fiscale, che ne costituiscono il punto di maggiore impatto, il problema di fondo resta quello di chiarire il significato della parola. Soprattutto occorre mettere in trasparenza e risalto le contraddizioni delluso che se ne fa in Italia. In particolare ne fa la Lega Nord, la cui forza espansiva nelle Regioni settentrionali, finch durata, consistita nella capacit di veicolare unidea e unideologia del federalismo che poco hanno a che vedere stato pi volte sottolineato nel nostro dibattito - col significato originario della parola e molto invece con unidea dissolutiva dellunit del Paese, a favore delle zone pi ricche. Il concetto di federalismo fiscale, che stato in modo quasi compulsivo il cavallo di battaglia del partito di Bossi in questa legislatura, a cominciare dallapprovazione della Legge delega 42 nel 2009, costituisce per altro loggetto stesso dellambiguit. Per fare un esempio, mentre negli Stati Uniti le istituzioni si dicono federali quando sono alle dipendenze del governo centrale, in Italia tale espressione stata assunta a simbolo del localismo della tassazione e della indifferenza dei sedicenti federalisti rispetto al bene comune rappresentato dal Paese nel suo insieme. Unapprofondita analisi comparata dei Paesi occidentali a ordinamento federale, da questo punto di vista, sarebbe di grande utilit. Federalismo ha in radice la parola latina foedus, che significava, in quellantica lingua, patto di alleanza. Fu il fondamento della secolare tenuta dellimpero romano, nel bene e nel male. Mettere insieme, includere, evitare le spinte centrifughe. Cera un foedus aequum, quando gli alleati erano messi sullo stesso piano di Roma e un foedus iniquum quando la condizione degli alleati presentava profili di subalternit al centro dellimpero. Ai tempi nostri c un federalismo che ha messo insieme realt diverse e c invece unidea e unideologia di ispirazione antitetica, che stata spacciata dalla Lega come fosse della stessa marca federalismo appunto - per sdoganare e accreditare una strategia di sostanziale secessione dal patto di solidariet nazionale. Foedus inquum forse, pi che secessione, per il momento irrealizzabile.

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Sottrazione allobbligo costituzionale della solidariet tra le diverse parti del Paese: questo infatti il succo del federalismo fiscale, al di l delle messe in scene da strapaese di ampolle, bandiere al vento, parlamenti padanici, finti ministeri al Nord e via discorrendo. Le Regioni pi che le Autonomie locali, la Padania pi che la Repubblica. Oggi ovviamente i conti cominciano a non tornare, con la manovra in progress sui conti pubblici, che colloca su un terreno completamente diverso e molto pi arduo lintera partita del federalismo fiscale, giunto formalmente a conclusione del suo iter, con lattuazione, via via nel corso della Legislatura, di tutti i decreti delegati ex lege 42. Federalismo della secessione e centralismo della manovra anti default. Punto di arrivo e di ripartenza. Anche per lopposizione di centrosinistra che in materia ha sempre dato prova di una straordinaria debolezza politica. Che hanno detto nei mesi in cui andata avanti lattuazione dei decreti delegati? Ma, soprattutto, che cosa ha reso possibile altra domanda ritornata pi volte nel dibattito - che un impostazione federalista al modo della Lega guadagnasse spazio e legittimit, al punto di rendere opaca nella percezione pubblica e nel dibattito politico la reale natura della proposta leghista e dunque la negativa intenzione che ha animato su questo terreno la politica dellasse Berlusconi Bossi, il primo per convenienza il secondo per convinzione? La questione rimanda a orientamenti e scelte che sono maturate nel corso del tempo, dalla crisi della cosiddette Prima Repubblica in avanti, avendo come punto di snodo la riforma del Titolo V della Costituzione, arrivata al voto nel 2001 grazie allimpegno straordinariamente convinto del centrosinistra, e da quel momento al centro di molti nodi irrisolti del funzionamento dello Stato. Un giudizio sulla Riforma del Titolo V va compiutamente riformulato per la stretta contiguit che quella riforma ha con la partita del federalismo fiscale. Unoccasione, quella riforma, per un deciso, benefico passo verso lo Stato delle Autonomie, che facesse leva sul ruolo degli Enti locali implementandone risorse, decisionalit, prerogative di spesa e tutto ci pu arricchire e consolidare lautonomia dei Comuni, come terreno decisivo di sviluppo della democrazia partecipata? Oppure, sempre quella riforma, il cavallo di Troia di un indebolimento concettuale oltre che strutturale della tenuta dellordinamento repubblicano secondo lo spirito della Costituzione? Occorre, in particolare, una rilettura attenta dellArticolo 119, che scrive il funzionamento dei ruoli e delle responsabilit delle istituzioni di governo. Punto nel suo complesso da approfondire, perch in materia sensibilit politiche e punti di vista presenti in Sel sono spesso il frutto di percorsi, esperienze politico-istituzionale, punti di partenza diversi e dunque il confronto quanto mai utile. * Sintesi del dibattito tenutosi a Firenze il 17 settembre 2011 allAssemblea degli Amministratori di SEL - Gruppo sul federalismo
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LA RIFORMA DELLE ISTITUZIONI LOCALI


Relazione di Moreno Gentili*

A partire dal 2008, con il governo Berlusconi, il sistema istituzionale entrato in una fase di profonde trasformazioni, per lavvio, anche se in modo tardivo, nella fase di attuazione del nuovo titolo V della Costituzione. Lintenzione del governo di centro destra non era quella di intervenire nel riassetto dei livelli istituzionali del paese per costruire un sistema di governo della cosa pubblica, a partire dal comune, listituzione pi vicina ai cittadini, pi funzionale ed efficiente per lerogazione dei servizi al cittadino, per favorire la partecipazione democratica, e definire contestualmente un sistema di finanziamento delle funzioni degli enti locali, che superando il sistema della finanza derivata conferisse autonomia di entrata e di spesa, come previsto dallart. 119 della costituzione. Il governo di centro destra voleva privilegiare la costruzione del cosiddetto federalismo fiscale con lobiettivo di garantire il mantenimento di buona parte delle entrate fiscali nei territori nelle quali vengono prodotti, con il chiaro intento di favorire le regioni del nord, affievolendo tutti gli aspetti relativi allistituzione dei fondi di riequilibrio da destinare ai territori con minore capacit fiscale, e a quelli aggiuntivi per rimuovere gli squilibri economici e sociali. La legge 42/ 2009 di delega per lattuazione dellart 119 della costituzione, cio la legge per lattuazione del federalismo fiscale che avrebbe dovuto assegnare risorse proprie e compartecipazioni ai tributi erariali agli enti territoriali ha partorito un iter legislativo complesso e farraginoso, con sette decreti attuativi, giunti tutti al capolinea dellapprovazione e diventati operativi, oltre a 50 adempimenti tra decreti ministeriali, regolamenti e altri provvedimenti applicativi che creano non pochi problemi alleffettiva immediata praticabilit delle norme. Questa sterminata serie di interventi trovano una complessit applicativa che accompagnata al susseguirsi di manovre di contenimento della spesa pubblica per fare fronte alla grave crisi finanziaria in cui si trova il paese, inibiscono completamente lapplicazione delle norme decretando il sostanziale fallimento di tutto il progetto. Un patto di stabilit proibitivo per garantire sevizi ai cittadini e che azzera qualsiasi velleit di autonomia di entrata e di spesa insieme al blocco totale dei pagamenti ai fornitori archiviano ogni effettiva applicazione della riforma della fiscalit locale avviata con la legge 42/ 2009. E fortemente auspicabile che si proceda ad una profonda revisione di tutta la legislazio21

ne applicativa a partire dalla semplificazione della normativa, e dopo aver individuato tutte le funzioni da assegnare a comuni e province in modo da superare lelenco provvisorio contenuto nella legge 42, e ponendo al centro i diritti dei cittadini protetti dalla costituzione. La riforma dellordinamento istituzionale locale, a partire dallindividuazione delle funzioni fondamentali da riconoscere al comune e alla provincia, cio chi fa che cosa, e ladozione della cosiddetta carta delle autonomie, avrebbe dovuto precedere o almeno affiancare liter per la riorganizzazione della fiscalit territoriale, invece il disegno di legge ancora parcheggiato colpevolmente al Senato, dopo la prima approvazione da parte della Camera. Non si capisce come si possano individuare i tributi per il finanziamento delle funzioni fondamentali, individuare i livelli essenziali delle prestazioni da garantire a tutti i cittadini, stabilire i costi standard e gli obiettivi di servizio, se non si stabilisce quali sono le funzioni che devono svolgere il comune, la provincia, la citt metropolitana. Era da qui che si sarebbe dovuto procedere per una attuazione del Titolo V della Costituzione, dagli enti pi vicini ai cittadini. Si dovevano stabilire i criteri per lesercizio delle funzioni secondo i principi di sussidiariet, differenziazione e adeguatezza, promuovendo e valorizzando le modalit per la gestione associata delle funzioni per i piccoli comuni, in modo da garantire anche alle comunit svantaggiat, per dimensione demografica o per condizioni socio-economiche e territoriale, una adeguata rete di servizi. Proprio in riferimento a questo va respinto con forza quanto previsto dallart. 16 del DL 138/ 2011 che, oltre ad introdurre per lennesima volta un intervento ordinamentale in un provvedimento di natura finanziaria, ascrivendolo contenimento dei costi della politica, sancisce lo smantellamento puro e semplice dei comuni con meno di 1.000 ab. obbligandoli a costituirsi in associazione per lesercizio di tutte le funzioni loro attribuite. Il tutto con una tempistica irrazionale che comporter solo confusione ed inefficienze, mettendo in grave difficolt lo svolgimento delle attivit amministrative di questi piccoli enti. Troppo spesso viene ignorato che il nostro paese possiede una rete di piccole municipalit (1.880 comuni sino sotto i 1.000 ab. e 5.800 circa al di sotto dei 5.000) che rappresentano un prezioso capitale sociale, palestra della partecipazione democratica alla vita pubblica e presidio imprescindibile per la salvaguardia ambientale. La via maestra per lesercizio delle funzioni assegnate deve essere quella prevista dal comma 1 dellarticolo 118, adeguatezza e differenziazione e non il tratto di penna di un decreto legge. Inoltre per arrestare il lento decremento della popolazione occorre anche definire un pacchetto di provvedimenti legislativi a vantaggio dei piccoli comuni per favorire le attivit economiche e una efficace rete di servizi. Vi da tempo in parlamento un DdL a favore dei piccoli comuni che stato approvato con maggioranza bipartisan da uno
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dei rami del parlamento ma non riesce a concludere liter legislativo. Invece di perseguire la via maestra del confronto parlamentare la riforma delle istituzioni locali stata delegata al mantra dei costi della politica. Con il cappello di questo obiettivo salvifico il governo ha utilizzato ogni decreto legge dal contenuto economico e di aggiustamento dei conti pubblici, per interventi di carattere ordinamentale, e non la sede del DDL sulla carta delle autonomie per riformare il sistema istituzionale ed adeguarlo al dettato costituzionale. Abbiamo assistito ad interventi confusi e umilianti per i governi locali, sempre indicati come i luoghi dello spreco e della cattiva amministrazione. Abbiamo assistito cos ai tagli alle giunte, e ai consigli comunali e provinciali, alla soppressione delle circoscrizioni comunali, alla soppressione del direttore generale e del difensore civico, alla soppressione delle comunit montane, e adesso alla soppressione delle province; allobbligatoriet delle forme associate con il tentativo del commissariamento dei piccoli enti. Tutti provvedimenti affastellati che fanno intravedere un unico disegno politico, disarticolare lintervento pubblico rendendolo inefficace e inutile. La carta delle autonomie deve essere riportata al centro del confronto politico per consentire di ridisegnare, in modo pacato e razionale il sistema istituzionale locale: come si procede alla costituzione delle citt metropolitane; come si razionalizza e semplifica il sistema del governo di area vasta assegnando funzioni di programmazione territoriale alla provincia; come si riorganizza la macchina amministrativa. Tutto ci accompagnato da unaltrettanto incisiva e ampia riorganizzazione degli uffici territoriali del governo sulla scorta di un pieno trasferimento di competenze, risorse, personale dallo stato agli enti territoriali. Invece, in una logica dalla quale sembra emerge un lucido tentativo di disarticolare la capacita di governo delle istituzioni democratiche locali che da una effettiva volont di riorganizzare e semplificazione del sistema di gestione dei servizi, si cerca in tutti i modi di sopprimere le province utilizzando come dabitudine per un governo autoritario, un decreto legge per il contenimento della spesa pubblica. La pretestuosit dellintervento dimostrata dal fatto che la quantificazione dei risparmi previsti decisamente poco consistente. Vi sicuramente stata una eccessiva e ingiustificata proliferazione di questo ente in molti territori, ma questo non giustifica la sua totale soppressione anche perch rappresenta un ente con precise funzioni per lesercizio unitario di area vasta e per i servizi a rete, che per la delicatezza dei compiti assegnati non pu essere sostituito, con efficacia e autorevolezza, da un soggetto di secondo livello, alla stregua di una forma di unione di comuni amministrato da una assemblea di sindaci. Razionalizzare il numero di questi enti con una soglia di abitanti per il loro mantenimento e il trasferimento della competenza alla citt metropolitana dove istituita, dovrebbe essere lobiettivo per la loro riorganizzazione. A questo modo di operare del governo si lega anche lattacco a tutte le forme di parte-

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cipazione democratica, con interventi ancorati alla vulgata dei costi della politica che vanno ad incidere sulla rappresentanza diffusa, sul valore della democrazia. Le prime vittime sono state le circoscrizioni comunali, accusate di essere il luogo dello spreco e della falsa democrazia, mistificando anche lopera di riorganizzazione che la maggioranza dei comuni aveva gi da tempo provveduto a realizzare per renderle sempre pi efficaci e superare i cattivi funzionamenti. Le forme di decentramento hanno rappresentato e rappresentano uno strumento concreto per avvicinare le istituzioni al cittadino, per attivare le forme di partecipazione e di co-decisione alle scelte che lo coinvolgono, per lesercizio della democrazia e per leducazione al rispetto delle idee degli altri. Le circoscrizioni insieme alle forme di democrazia partecipativa, devono trovare una loro rivisitazione e devono essere inserite allinterno della ordinaria attivit delle istituzioni locali. Tutte le forme di trasparenza e di rendicontazione nella gestione delle risorse pubbliche dovrebbero entrare a far parte della normale attivit delle amministrazioni locali, e accompagnare la fondazione di un nuovo rapporto tra i cittadini e al pubblica amministrazione. Quando si parla di bene comune al primo posto andrebbero messe le istituzioni locali, il comune in particolare, perch ha rappresentato storicamente il luogo dove si costruita la partecipazione democratica, la consapevolezza dei beni pubblici, listituzione che si prende in carico la comunit con i suoi problemi e con le sue opportunit. Questi sono i valori che devono essere recuperati. Allinterno di un processo di riforma che deve riportare al centro i territori e ridare forte peso e credibilit alle istituzioni locali, un posto fondamentale deve essere assegnato alla riforma del bicameralismo paritario con la costituire il Senato delle autonomie, come previsto dalla Costituzione riformata. Si tratta di creare le condizioni per far partecipare le istituzioni locali e le regioni alla formazione della normativa che riguarda la vita concreta delle comunit amministrate e in particolare per la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale. Qualunque riflessione sul processo di riforma delle istituzioni locali non pu prescindere dal sistema di finanziamento degli enti territoriale e non fare i coni con gli ulteriori drammatici tagli imposti dallennesima manovra finanziaria per laggiustamento dei conti pubblici contenuti decreto di agosto Oltre ai circa 6 mld di tagli per lesercizio delle funzioni assegnate i comuni dovranno fare i conti con i parametri di virtuosit ancora incerti nelle modalit di applicazione, che potrebbero se bene applicati, evitare ai comuni che li rispettano di partecipare al risanamento facendo aumentare la decurtazione di risorse per i non virtuosi, i quali si dovranno accollare anche i tagli degli altri. In astratto potrebbe avere anche un senso mettere in mora le cattive gestioni, il guaio che dietro a quelle amministrazioni ci sono delle famiglie e dei cittadini che vedranno peggiorare il numero dei servizi disponibili,
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magari con qualche nido in meno o con un peggioramento dei servizi per lassistenza. La manovra contiene anche lo sblocco delle addizionali IRPEF fino all8 per mille. immaginabile che la stragrande maggioranza dei comuni utilizzer questa possibilit per recuperare risorse e continuare a svolgere almeno parzialmente le funzioni assegnate. I dati dicono che per tamponare lemorragia di risorse oltre la met dei comuni saranno costretti a portare al massimo laddizionale con un ulteriore aumento della pressione fiscale. Inoltre la situazione si presenta ancora pi drammatica sul fronte degli investimenti e su quello dei residui passivi. Infatti la manovra utilizzer il patto di stabilit per chiudere i cordoni della borsa degli enti locali con vincoli stringenti. Per enti locali completamente inibita di ogni forma di investimento e sono limpossibilit di onorare i debiti con i fornitori. Stime recenti valutano in 40 mld i residui passivi che giacciono nelle casse dei comuni che non possono essere utilizzati per ridare fiato alle aziende fornitrici ormai agonizzanti. A nulla sono valse le richieste avanzate da pi parti di far ripartire leconomia con piccoli interventi di manutenzione come quelli destinati agli immobili scolastici che, fra laltro si trovano vicini al collasso. Il movimento autonomistico si trova ormai da anni in forte arretramento e questo dimostrato dallincapacit di far recedere il governo dal proporre provvedimenti che creano condizioni di forte disagio per le comunit e penalizzano irragionevolmente le amministrazioni che sono state le protagoniste di tutte le politiche di risanamento degli ultimi anni, a differenza dellamministrazione dello stato che si resa protagonista della crescita della spesa pubblica. Le amministrazioni locali devono recuperare lo slancio di alcuni anni fa, superare le divisioni e le frammentazioni e far ripartire un progetto di autoriforma del sistema istituzione assumendosi limpegno di riorganizzare i livelli di governo, migliorando le performance, semplificando gli apparati con lobiettivo di lavorare per una comunit coesa e solidale. Il processo di trasformazione sociale, deve avvalersi di un vasto sistema di alleanze che abbia nel perseguimento del benessere di tutta la collettivit e la valorizzazione dei beni comuni lantidoto contro i fenomeno di degrado, di devianza e di chiusura che impoveriscono le capacit creative della collettivit. * Vice Direttore Nazionale di Legautonomie

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I COSTI DELLA POLITICA E LA DEMOCRAZIA Paolo Cento*

Il 31 gennaio, su proposta dellUpi, si riuniranno in contemporanea i consigli provinciali in tutto il paese per discutere le proposte del governo Monti sul commissariamento, la cancellazione delle procedure elettorali, la riduzione dei consigli a enti di nomina dei comuni. Sel partecipa con i propri consiglieri e assessori provinciali a questa discussione con la consapevolezza che non serve una difesa corporativa degli enti provinciali ma una vera e propria sfida per eliminare gli sprechi,riformare le autonomie locali,allargare la democrazia e la partecipazione. Le decisioni del governo Monti vanno in una direzione che non ci convince perch frutto da una parte di demagogia spicciola sui costi della politica che in realt taglia solo la democrazia e la partecipazione trasformando anche le Provincia in un ente di nominati con al vertice un vero e proprio potest prefettizio, dallaltra perch non inserisce alcun elemento di riforma e di riduzione di questi enti. Per questo noi proponiamo innanzitutto che in Parlamento si blocchi la discussione paradossale sullistituzione di nuove province mentre al governo chiediamo norme e tempi certi per la costituzione nelle aree metropolitane della Citt Metropolitana, la contemporanea cancellazione della Provincia, la revisione dei poteri dei comuni e relative municipalit. Per le altre province invece utile avviare processi e incentivi allaccorpamento per quelle pi piccole e territorialmente pi omogenee, bloccare ovunque il ricorso alle consulenze esterne valorizzando il personale interno, revisionarne le competenze. In ogni caso non accettabile la cancellazione della democrazia e quindi riteniamo utile che sia ripristinato, a partire dalle 9 province che sono a scadenza di mandato, il voto democratico per lelezione dei consiglio e del Presidente. * Responsabile Nazionale degli Enti Locali di SEL

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Sinistra Ecologia e Libert


Coordinamento regionale Veneto

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