Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
uno
Ci eravamo alzati presto, avevamo lasciato i bimbi a scuola ed eravamo usciti insieme.
Giorno di ferie, giorno di ecografia.
Pensavamo di sbrigarci in un paio d'ore; poi saremmo andati a comprare il letto a castello per la
cameretta dei bimbi.
Il letto a tre posti.
Avremmo preso Giova, pranzato insieme, poi tutti a scuola ad attendere Francesca.
E lei uscendo avrebbe chiesto se era in arrivo un fratellino o una sorellina.
Ci chiamarono, entrammo.
Eravamo in tanti dentro l'ambulatorio, io rimasi sulla porta.
Monica si mise sul lettino e disse "Fausto, vieni qui."
Mi avvicinai, le strinsi forte la mano e guardai in basso.
Non riuscivo a sostenere il suo sguardo nè quello di Orsini, non riuscivo ad alzare gli occhi verso
lo schermo.
Fissai lo scaletto di acciaio per un tempo lunghissimo.
Poi Orsini girò il volto verso di noi e disse "ci sono dei problemi".
La spiegazione fu lunga, eravamo smarriti, ma sul significato delle parole non vi erano dubbi.
"Ci potrebbero essere gli estremi per un'interruzione di gravidanza." Concluse.
Monica si rivestì davanti a tutta quella gente, poi si sedette sul bordo del lettino. "Non voglio
che vada avanti." Disse.
E si mise a piangere.
Era quasi mezzogiorno, eravamo in reparto per gli esami e le pratiche del ricovero.
Dovevo avvertire gli altri.
"Signora, sono io. Non ci aspetti per pranzo."
"Qualcosa non va?"
"Sì, la bambina ha dei problemi, e Monica sarà ricoverata. La gravidanza non deve andare
avanti."
Chiusi la comunicazione prima di sentire la risposta.
due
Questo accadeva nella mia vita precedente, quando i progressi di Giovanni facevano un curioso
contrasto con l'idea di un nuovo ciclo di notti insonni e pannolini.
Quando una tazza di caffè, una foglia di insalata o una fetta di prosciutto avevano un altro
sapore per mia moglie e per me.
Quando sembrava che tutto fosse null'altro che una normale attesa, un film già visto, dove
l'unica variante nel finale era il colore dei vestitini.
Era la vita di un'altro uomo, con un futuro diverso che non mi appartiene.
Ci sarebbero state delle serate passate in cinque sul divano a vedere cartoni animati, pranzi e
cene a cinque attorno ad una tavola un po' stretta, vacanze per cinque, un'altro primo giorno di
asilo, e tante altre cose ancora.
Cose che non mi spettano più.
Posso immaginare un mondo parallelo, con un altro me stesso che per un semplice differente
esito statistico sta vivendo nella famiglia che prima immaginavo, nel futuro che prima mi
attendeva.
Tempo fa la pubblicità di una nuova compagnia telefonica recitava questa frase: "Il futuro che
non c'era."
Il senso era un'altro, ovviamente.
Ma la frase va bene anche per me, anche per noi.
tre
Nella Certosa c'è un chiostro dove le tombe sono adorne di girandole e giochi per bambini,
Un curioso contrasto col resto del cimitero.
Metà del chiostro è riservato ai bimbi nati morti, l'altra metà agli aborti.
Da una parte per terra trovi oggetti, decorazioni, giochi.
Dall'altra una serie di piccoli cartelli numerati.
Nessun nome, alcuni fiori.
Lì stanno i dimenticati, gli indesiderati, i malati.
Lì verrà sepolta Benedetta.
Ci faranno sapere sotto quale numero, così potremo andare a trovarla, se ci teniamo.
Nel giro di qualche anno la toglieranno, per fare posto ad altri.