Sei sulla pagina 1di 59

Consiglio Superiore della Magistratura

Ufficio per gli Incontri di Studio

Incontro

La prova nel processo civile Roma, 11-13 giugno 2012

La prova nel procedimento cautelare

Coordinatore Dott. Stefano Celentano Giudice del Tribunale di Lucera Roma, 12 giugno 2012

1. Premessa: La disciplina del processo cautelare attualmente vigente il risultato della riforma attuata con la L. 26.11.1990 n. 353, e delle successive modifiche introdotte tanto dal D.,Lg. N. 5/2003 ( con riferimento al contenzioso societario e finanziario), quanto dalla Legge 14.5.2005 n. 80. Prima della riforma del 90, il nostro ordinamento non conosceva un modello unitario di processo cautelare, e la materia era disseminata di schemi procedimentali differenti che creavano notevoli incertezze interpretative, favorendo spesso un uso distorto delle misure cautelari oltre al formarsi di prassi praeter legem fortemente differenziate da ufficio ad ufficio1; lart. 74 della L. 353/90 ha introdotto invece nel corpo del codice di rito, anteponendola alla disciplina delle singole misure cautelari, una nuova sezione denominata Dei procedimenti cautelari in generale, e composta dagli artt. 669 bis 669 quaterdecies , che ha invece offerto finalmente una normativa processuale unificata per tutti i provvedimenti cautelari, ferme restando la specificit dei presupposti e le diverse funzioni delle singole misure. Lo schema procedimentale uniforme si ispira in linea generale alle regole che disciplinavano il procedimento durgenza, essendo prevista allart. 669 bis la sua introduzione con un unico atto di impulso, dinanzi ad un giudice la cui competenza fissata con regole di generale applicazione ( rinvenienti negli artt. 669 ter, quater e quinquies c.p.c.); la pronuncia, a seguito di contraddittorio e di cognizione sommaria, cristallizzata nelle forme dellordinanza o del decreto se la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare lattuazione del provvedimento (art. 669 sexies, c.p.c.) da confermare o revocare con ordinanza a seguito della necessaria instaurazione del contraddittorio. Il provvedimento reso allesito di tale procedimento sostanzialmente deformalizzato, ha contenuto di rigetto o di accoglimento dellistanza, ed i suoi effetti e la sua stabilit sono uniformi per tutte le singole tipologie di misura ( artt. 669 septies, octies e novies c.p.c.); il provvedimento altres suscettibile di revoca, modifica o riforma, secondo uno schema unitario garantito dallapplicazione degli artt. 669 decies, undecies e terdecies c.p.c., nonch di attuazione mediante il ricorso a criteri di applicazione generale ( art. 669 duodecies c.p.c.).
1

Guaglione, Il processo cautelare, Edizioni Scientifiche Italiane, 2006, 50

Su tale disciplina, come gi evidenziato, si sono sovrapposti tanto il D. Lgs. n. 5 del 2003, quanto la L. 80 del 2005 ( in vigore dal 1-1-2006), la quale ha di fatto rimodellato il procedimento cautelare, introducendo la distinzione tra provvedimenti anticipatori e conservativi. Come acutamente osservato dalla dottrina2, la disciplina di cui alla L. 80/2005 introduce una sorta di rivoluzione concettuale in materia cautelare, che sembra quasi evolvere dalla mera cautela del diritto da accertare successivamente nel giudizio a cognizione pena, e con efficacia di giudicato alla assicurazione immediata dellutilit sostanziale di cui listante ha bisogno, attraverso un procedimento semplificato che si conclude con una decisione altrettanto semplificata nella forma e nella sostanza, a prevalente finalit esecutiva, e suscettibile di consolidare i suoi effetti nel tempo. cautelari

2.La competenza Quanto alla competenza, la . 353/90 devolve le misure cautelari richieste ante causam al giudice che sarebbe competente a conoscere la causa nel merito; altres, la normativa attribuisce il potere cautelare sempre e comunque al giudice monocratico, anche laddove la competenza spetti ad un ufficio in composizione collegiale. (eccezione a tale principio costituita dalle controversie devolute alla sezione specializzata agraria, in cui lordinamento prevede come regola che il giudice di primo grado sia collegiale ed operi comunque in tale veste3). Sul punto, va evidenziato che lultimo comma dellart. 669 ter c.p.c. specifica che, dopo il deposito del ricorso nella cancelleria del giudice competente ( ai sensi dellart. 669 bis c.p.c.), il cancelliere predispone il fascicolo e lo presenta al Presidente del Tribunale, il quale designa il magistrato cui affidata la trattazione del procedimento; evidente la soppressione della competenza cautelare ante causam in capo al Presidente del

Guaglione, op. cit., 52 Attardi, Le nuove disposizioni sul processo civile e il progetto del senato sul giudice di pace, Padova, 1991, 230; in giurisprudenza, cfr. Trib. Rieti, 18 maggio 1993, in Foro It., 1993, I, c. 2968, che ha espressamente affermato la competenza inderogabile delle sezioni specializzate agrarie in tema di provvedimenti durgenza ex art. 700 c.p.c. in forza dellaart. 26 L. 11-2-71 n.11, contenente una disciplina di carattere speciale che prevale su quella generale dettata dal codice di rito.
3

Tribunale, cos come configurata in precedenza ( art. 672 c..c. ante riforma), seppur fatta salva lipotesi che il presidente assegni a se stesso il fascicolo4 . Resta aperto in dottrina ed in giurisprudenza il problema se il giudice istruttore inteso quale persona fisica - designato per la trattazione della causa di merito possa essere diverso o meno dal giudice della cautela. Parte della dottrina ha ritenuto5 che la ratio della riforma ( quella di evitare la scissione tra giudice della cautela e giudice del merito) induca a ritenere necessaria la normale coincidenza dei due giudici, salvo particolari impedimenti, anche al fine di non disperdere nella fase di merito il bagaglio di conoscenze acquisite dal giudicante in fase cautelare. Al contrario, si invece considerato preferibile che la trattazione della causa di merito venga affidata ad un magistrato diverso da quello della cautela, e tanto al fine di assicurare maggiore serenit di giudizio, scongiurando il rischio anche potenziale di un qualsivoglia condizionamento nella decisione rispetto al precedente6 Sul punto seppur nella diversa prospettiva dellobbligo di astensione o della ricusabilit del giudice del merito ove si sia occupato della medesima questione in fase cautelare va segnalata la pronuncia della Corte Costituzionale n. 326 del 7.11.977, la quale ha dichiarato infondata la questione di costituzionalit dellart. 51 c.p.c., proprio nella parte in cui non impone in tale ipotesi alcun obbligo di astensione, in riferimento allart. 24 Cost.; il giudice delle leggi ha infatti affermato che lobbligo di astensione endoprocessuale del giudice civile si distingue da quello del giudice penale, in quanto, mentre nel processo penale la pronuncia in fase cautelare cade praticamente sulla medesima res judicanda, nel processo civile invece il giudizio sul fumus e sul periculum basato su unistruttoria ridotta e sommaria - esclude valutazioni contenutistiche e muove da un apprezzamento di semplice verosimiglianza delle buone ragioni del ricorrente, contro la cui irreversibile compromissione la misura cautelare si appalesa come strumento concesso limitatamente al tempo necessario a farle valere in via ordinaria. Parte della dottrina ritiene la questione ancora attuale, soprattutto alla luce della introduzione , tra le garanzie del giusto processo ai sensi dellart. 111 Cost., della
Consolo, Il nuovo procedimento cautelare, in Riv. Dir. Proc., 1994, p.321; Guarnieri, Provvedimenti urgenti per il processo civile, in Comm. Tarzia e Cipriani, Padova, 1992, 301 5 V.G. Frus, in Aa Vv., Le riforme del processo civile, a cura di S. Chiarloni, Bologna, 1992, 627 6 Saletti, Appunti sulla, nuova disciplina delle misure cautelari, in Riv. Dir. Proc., 1991, pag. 369. 7 In Foro It., 1998, I, c. 1007, con nota di G. Scarselli, Tutela del giudice e Corte Costituzionale
4

imparzialit e terziet del giudice, e la Corte Costituzionale, nuovamente sollecitata sul punto, ha espresso, con la pronuncia n. 387 del 15-10-.99 che il principio di imparzialit-terziet della funzione giurisdizionale ha pieno valore costituzionale con riferimento a qualunque tipo di processo, con la conseguenza che occorre evitare che lo stesso giudice, nel decidere, abbia a ripercorrere lidentico itinerario logico precedentemente seguito. La competenza cautelare in corso di causa invece disciplinata allart. 669 quater c.p.c., che stabilisce che laddove vi sia causa pendente per il merito, la domanda deve essere proposta al giudice della stessa. Quanto al concetto di pendenza della causa, essa si identifica con riferimento alla avvenuta notificazione della domanda, nei giudizi che iniziano con atto di citazione, e dal deposito del ricorso in cancelleria, nei procedimenti in cui la domanda assume tale forma8 Occorre poi chiarire che cosa si intenda per causa pendente per il merito. La giurisprudenza ante riforma, sul punto, ha stabilito che per causa pendente per il merito debba intendersi il giudizio avente ad oggetto laccertamento dello stesso diritto che il ricorrente afferma essere minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile, per impedire il quale necessario assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito9; anche le pronunce successive alla novella del 90 hanno confermato questo orientamento ravvisando la causa pendente per il merito, solo allorch vi sia identit di parti, di petitum e di causa petendi, fra il giudizio gi pendente e quello relativo alla misura cautelare richiesta10 Problema da affrontare quello della competenza in corso di causa nel caso di eccepita incompetenza del giudice di merito; si dibatte dunque sulla individuazione del giudice competente ad emettere misure cautelari, allorch sia oggetto di contestazione la sua competenza a conoscere del merito ( attraverso eccezione di parte o rilievo officioso, ritualmente proposti), e si tratta dunque di stabilire se la norma dellart. 669 quater c.p.c. abbia inteso riconoscere in ogni caso al giudice istruttore la cognizione sullistanza cautelare proposta in corso di causa, o se invece tale competenza sia stata attribuita dal legislatore solo sul presupposto ( da verificare in concreto) che il giudice

8 9

Cass. SSUU, 11.5.1992 n. 5597, in Foro It., 1992, I, c. 2089 Cass. 28.10.1983, n. 6387; Cass. 10.07.1985 n. 4112 10 Trib. Milano, 7.4.1993, in Giust. Civ., 1993, I, p.1663; Trib. Roma, 2.11.1994; Cass. 17.11.94 n. 9740

gi investito della causa di merito sia effettivamente competente a conoscere della stessa. La prima soluzione sostenuta dalla dottrina prevalente e da una parte della giurisprudenza11, e comporta che al giudice istruttore del cautelare sia sottratto ogni potere di controllo sulla propria competenza a conoscere il merito, dovendo egli provvedere anche a prescindere del successivo accertamento sulla competenza a conoscere della causa di merito, fermo restando che, in caso di declinatoria della competenza, leventuale misura cautelare concessa non sarebbe travolta a patto che il processo venga tempestivamente riassunto dinanzi al giudice ad quem. A favore di tale impostazione militano due considerazioni di fondo: a) la competenza cautelare lite pendente una sorta di competenza di fatto, che non rinvia alla competenza sul merito legale ( quella cio ancorata al rigido rispetto delle norme relative alla competenza dettate dal codici di rito) che si determina semplicemente sulla base della circostanza che un determinato giudice assegnatario del fascicolo di merito; b) lurgenza che caratterizza la richiesta di tutela cautelare non consente di attendere una pronuncia sulla competenza ed una successiva traslatio iudicii. La soluzione contraria invece presuppone come necessario il preventivo controllo da parte del giudice istruttore della propria competenza a conoscere del merito, con la conseguenza che, in caso di accertamento negativo, il ricorso cautelare deve essere dichiarato inammissibile; la misura cautelare eventualmente concessa diventerebbe inefficace ove venisse successivamente pronunciata sentenza declinatoria della competenza; la domanda cautelare dovrebbe conseguentemente dinanzi al giudice competente . Nel caso invece di processo sospeso o interrotto, o ancora nella ipotesi in cui il giudice istruttore del merito non sia stato ancora nominato, lart. 669 quater c.p.c., dispone che la domanda sia proposta al presidente del tribunale, il quale designa il magistrato a cui affidata la trattazione del procedimento. Ci comporta che, nei casi di processo interrotto o sospeso, il presidente designi il magistrato che ha pendente nel suo ruolo il giudizio medesimo, e che nellaltra ipotesi,
Frus, Le riforme del processo civile, cit., p.631; Consolo- Luiso-Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, cit., p. 445; Trib. Torre Annunziata 25.5.1995 12 Proto Pisani, La nuova disciplina del processo civile, Napoli, 1991, p.350; Vaccarella-Capponi-Cecchella, Il processo civile dopo le riforme, Torino, 1992, p.355; Trib. Pistoia, 20.10.94, Trib. Santa Maria Capua Vetere. 9.2.99
11

essere riproposta

12

il presidente contestualmente designi il medesimo magistrato tanto per la trattazione del cautelare che del merito. Nelle ipotesi di cause cancellate ( e non estinte), la competenza del giudice che ha nel proprio ruolo il giudizio di cui stata anteriormente disposta la cancellazione, tenuto conto che la causa cancellata ancora pendente ove non sia spirato il termine utile per la riassunzione. Analogamente, nelle cause devolute per la decisione al tribunale in composizione collegiale, laddove il ricorso sia presentato nelle more tra la rimessione della causa al collegio e lemanazione della decisione, competente sar il giudice istruttore che ha istruito la causa. Va infine evidenziato che il principio del parallelismo tra competenza cautelare e competenza di merito subisce alcune eccezioni: a) quando competente per il merito il giudice di pace, la domanda cautelare, tanto in corso di causa, quanto ante causam, si propone al tribunale del circondario in cui ha sede lufficio del giudice di pace competente per il merito b) quando il giudice italiano privo di giurisdizione sulla causa di merito, perch appartenente alla cognizione del giudice straniero, ma abbia invece competenza cautelare perch il luogo di esecuzione della misura ex art. 10 L. 31.5.95 n. 218 si trova in Italia ( norma che stabilisce che in materia cautelare , la giurisdizione italiana sussiste quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia o quando il giudice italiano ha giurisdizione ne merito); in tale ipotesi listanza cautelare si presenta, a pena di inammissibilit al giudice che sarebbe competente per materia o valore nel luogo in cui il provvedimento provvisorio dovr essere eseguito13 c) quando lazione civile stata esercitata o trasferita allinterno del processo penale: in tale ipotesi, secondo i principi generali di cui allart. 669 ter c.p.c., resta comunque competente a pronunciare misure cautelari il giudice civile ( che sarebbe competente per materia e per valore) del luogo in cui va eseguito il provvedimento richiesto. Unica eccezione ( alleccezione) rappresentata dalla ipotesi in cui sia richiesto sequestro conservativo sui beni dellimputato dal
Trib. Avellino, 18.8.1999; Trib. Torino, 2.10.1998. Tale fattispecie si verifica spesso laddove sia richiesto il sequestro conservativo di crediti che lo straniero vanti nei confronti di un terzo, e laddove i beni oggetto da sequestrare si trovino sul territorio nazionale
13

soggetto gi costituitosi parte civile nel processo penale, in virt dellart. 316 , comma 2, c.p.p: secondo la dottrina prevalente tale competenza esclusiva, in quanto fondata sulla necessaria esigenza di collegamento tra la cautela e la decisione del merito ( che in questo caso spetta dunque al giudice penale, almeno sullan)14. d) in caso di controversia oggetto di clausola compromissoria, di compromesso o di giudizio arbitrale pendente: in tale ipotesi, lart. 669 quinquies c.p.c. attribuisce al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito la competenza a conoscere della domanda cautelare, sia ante causam, che in corso di causa. La disposizione riflette il divieto ai sensi dellart. 818, comma 1 c.p.c., di concessione da parte degli arbitri di misure cautelari. La materia era stata oggetto di vivace dibattito in dottrina e giurisprudenza circa la ammissibilit o meno delle istanze cautelari in controversie devolute alla cognizione degli arbitri, e dalla portata della scelta delle parti di optare per tale soluzione; ultimamente, con la novella del 2005, si posta la parola fine a tale dibattito, essendo orami normativamente prevista tale ipotesi allart. 669 quinquies c.p.c. Infine, opportuno fare un cenno alla competenza cautelare ante causam nelle ipotesi in cui operi una deroga convenzionale della competenza territoriale. In tali ipotesi, la tesi prevalente in dottrina ed in giurisprudenza propende per ritenere che, in presenza di accordo derogativo sulla competenza, il giudice competente per la fase cautelare sia quello convenzionalmente designato dalle parti, e tanto perch le parti, pur potendo derogare alla competenza nel merito, non possono invece derogare al necessario collegamento funzionale esistente tra il giudice della cautela e quello del merito. Tale opzione risulta essere in linea con la nuova struttura del procedimento cautelare e con la ratio ad essa sottostante, che presuppone la strumentalit del processo cautelare rispetto al giudizio di merito ed il costante raccordo tra i due giudizi1516
Proto Pisani, La nuova disciplina del processo civile, cit., p. 332; Trib. Roma, 10.4.1995, Trib. Roma 20.10.1993 15 Guarrnieri, Provvedimenti Urgenti, cit. Pag. 2999; Guaglione, Il processo cautelare, cit. 80 16 Consolo-Luiso-Bassani, Commentario alla riforma, cit. Pag. 590; Trib. Lecco 4.12.2000; Trib. Ferrara 21.10.1997; Trib. Palermo 13.2.1995
14

3. Il Procedimento La forma della domanda quella del ricorso ai sensi dellart. 669 bis c.p.c., sia che listanza cautelare sia proposta in corso di causa, che ante causam. E assolutamente ammissibile la proposizione dellistanza cautelare allinterno dellatto di citazione, ovviamente a patto che latto contenga in modo preciso lidentificazione della cautela richiesta, rimanendo in tal senso comunque assicurata la instaurazione del contraddittorio attraverso le forme rituali del giudizio ordinario. Naturalmente, il giudice istruttore, laddove non ritenga di poter concedere la misura cautelare con decreto inaudita altera parte, dovr fissare apposita udienza di comparizione delle parti per la trattazione della domanda cautelare, a data pi prossima rispetto a quella fissata nella citazione per la prima comparizione delle parti. La dottrina e la giurisprudenza sono invece divise circa la possibilit di presentare la domanda cautelare in corso di causa in forma orale, e cio attraverso la mera verbalizzazione in udienza ( modalit in passato ammessa ai sensi dellabrogato art. 673 c.p.c.). Parte della dottrina, facendo leva sul principio di libert delle forme ex art. 121 c.p.c., sul principio del raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., e su quello di conservazione degli atti processuali ex art. 159 c.p.c. ritiene ammissibile unistanza cautelare verbalizzata in udienza purch contenga tutti gli elementi utili alla identificazione della cautela richiesta, con riferimento al suo oggetto ed al requisito del periculum in mora 17. Parte della giurisprudenza ha invece osteggiato tale ipotesi, ritenendo operante un rigore formale sancito dallart. 669 bis c.p.c. che non ammetterebbe deroghe18; al contrario, altra giurisprudenza la ritiene ammissibile, in aderenza alla dottrina precedentemente citata19. Deve osservarsi sul punto che, pur volendo aderire a tale ultimo orientamento, buona prassi quella di concedere, dinanzi ad unistanza cautelare formalizzata a verbale di

Frus, Le riforme del processo civile, cit., 609; Verde, Appunti sul procedimento cautelare, in Foro It., 1992, V. c. 438 18 Trib. S. Maria Capua Vetere, 27.3.97, Trib. Napoli 11.1.96, Trib. Bari 29.4.94 19 Trib. Roma, 9.10.99; Trib. Salerno, 20.1.95

17

udienza, un termine a difesa alla controparte al fine di garantire al meglio lefficacia del contraddittorio, ed evitare di comprimere il diritto di difesa di questultima. Il contenuto del ricorso cautelare: Lart. 669 bis c.p.c. non indica un contenuto minimo o essenziale del ricorso cautelare, per cui occorre operare un rinvio normativo allart. 125 c.p.c. che, con riferimento al contenuto e sottoscrizione degli atti di parte impone che il ricorso debba contenere, in generale, lindicazione dellufficio giudiziario, delle parti, delloggetto e delle ragioni della domanda, nonch la formulazioni delle conclusioni. Dunque, possiamo in ogni caso ritenere operante un onere di specifica individuazione della causa petendi (fatto generatore del diritto cautelare e periculum in mora), e del petitum ( specifica misura cautelare richiesta), circostanze che assumono un rilievo processuale notevole e specifico, avendo la riforma introdotto un filtro alla riproponibilit delle domande cautelari a seguito di provvedimento negativo, a meno che non vi siano mutamenti di circostanze o nuove ragioni di fatto o di diritto (art. 669 septies, II comma c.p.c.), per cui importante nonch necessario individuare gli elementi essenziali della domanda cautelare proprio al fine di evitare che la parte possa riproporre identica domanda, dopo un precedente rigetto. Il carattere strumentale della domanda cautelare impone ovviamente che il ricorso contenga ( sempre sotto il profilo della causa petendi) indicazioni sufficienti circa la domanda di merito a cautela della quale richiesta la tutela cautelare, e tanto anche per il successivo onere di introdurre il giudizio di merito (ovviamente ove non si tratti di provvedimento cautelare anticipatorio) da intendersi come giudizio sullo stesso oggetto del processo cautelare. Sul punto, deve sottolinearsi che la giurisprudenza, in sintonia con la dottrina, favorevole allapplicabilit della norma generale contenuta nellart. 125 c.p.c. al ricorso cautelare, quale modello contenutistico dellatto introduttivo, con la necessaria indicazione, in caso di ricorso ante causam, della futura causa di merito. Tale convincimento si fonda su una serie di considerazioni di ordine sistematico: a) lart. 669 ter c.p.c. impone lindicazione degli elementi idonei ad individuare il giudice competente per il merito ai fini della verifica della competenza del giudice adito in sede cautelare; b) lart. 669 octies e novies impongono linizio del giudizio

di merito nel termine di sessanta giorni (ovviamente con esclusione dei provvedimenti anticipatori), sanzionandone linosservanza con linefficacia del provvedimento cautelare, e dunque prescrivono evidentemente che indicazione delloggetto della domanda di merito sia ben presente nel ricorso introduttivo; c) lart. 669 sexies c.p.c. che, consentendo in sede cautelare il compimento di atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti ed ai fini della misura cautelare richiesta, esige la descrizione della domanda di merito che si intende proporre, al fine di valutare compitamente il requisito del fumus boni juris, come probabile esistenza del diritto che costituir oggetto del processo a cognizione piena; d) gli artt. 669 septies e decies c.p.c. i quali, al fine di agevolare lindividuazione delle ragioni di riproponbilit del ricorso in caso di rigetto, richiedono una sufficiente identificazione della domanda di merito. Ci posto, un orientamento giurisprudenziale particolarmente rigoroso richiede che il ricorrente debba indicare, a pena di nullit, non solo la causa petendi ed il petitum mediato ( cio il bene della vita che si intende tutelare), ma anche le specifiche conclusioni della causa di merito20. Tuttavia, a parere di buona parte della dottrina , tale conclusione pecca di eccessivo formalismo ed espone le ragioni di urgenza del ricorrente al rischio di rimanere ingabbiato nelle morse di oneri processuali troppo gravosi; parrebbe dunque preferibile lopinione che impone al ricorrente di specificare il petitum mediato e la causa petendi ( cio le ragioni di fatto e di diritto nonch la situazione lesiva su cui si fonda la domanda) e non anche le analitiche conclusioni che integrano il petitum immediato del giudizio di merito21 . Da ci deriva che la sanzione della nullit del ricorso cautelare potr configurarsi soltanto ove dal tenore dello stesso non sia possibile neppure indirettamente dedurre il contenuto del giudizio di merito. In giurisprudenza, si registra una netta spaccatura in relazione alle conseguenze dellomissione o dellincompletezza degli elementi oggettivi di identificazione della domanda cautelare e della mancata indicazione della domanda di merito: le sanzioni ipotizzate sono quelle della inammissibilit22 e della nullit23, e sembra preferibile

20 21

Pretura Alessandria, 16.3.93 Guaglione, Il processo cautelare, cit., 88 22 Trib. Roma 14.7.2001; Trib. Bari 25.9.1996 23 Trib. Potenza 29.3.1995; Trib. Rovigo 7.3.1994

tale seconda opzione in quanto in linea con lart. 156, comma 2 c.p.c. (tratterebbesi altres di nullit insanabile laddove non sia contenuta lindicazione della causa di merito, con conseguente inapplicabilit dellart. 164 c.p.c.). Tuttavia, la dottrina prevalente ritiene che tale vizio sia sanabile in applicazione del disposto dellart. 164, comma 5 c.p.c., tramite la rinnovazione o lintegrazione del ricorso disposta dal giudice, con possibilit di chiudere in rito il procedimento ( comminando dunque la sanzione demolitoria) solo in ipotesi di mancata integrazione o rinnovazione nel termine alluopo fissato24 . Tale soluzione sembra preferibile, attesa la completa libert delle forme del procedimento cautelare e dunque il contesto processuale e sostanziale di riferimento. Differente invece lipotesi in cui il ricorso contenga lindicazione erronea del provvedimento richiesto; il principio di conservazione degli atti consentirebbe di superare ogni dubbio circa linammissibilit o improcedibilit della domanda in tali casi, soltanto ove dal contenuto dellatto non emerga in modo inequivocabile lesatto contenuto delle richieste25 . Sul punto, va altres segnalato che resta fermo il potere del giudice di dare al rapporto, sul quale la domanda fondata, lesatta qualificazione giuridica sulla scorta della narrazione dei fatti prospettata, prescindendo dalla denominazione, eventualmente anche erronea, che la parte abbia utilizzato nel ricorso medesimo, ovviamente con il limite di non alterare petitum e causa petendi26. Va da s che il potere del giudice non possa essere invocato per superare lindefettibile principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; dunque consentito qualificare giuridicamente in termini diversi il petitum e la causa petendi fissati dal ricorrente, ma non invece possibile sostituirsi ad esso per contribuire a determinare il contenuto di una domanda ad origine lacunosa nei suoi termini essenziali, o generica arrivando dunque ad emettere un provvedimento di contenuto diverso da quello richiesto.

Cecchella, Vaccarella, Capponi, Il processo, civile, cit., 359; Proto Pisani, La nuova disciplina del processo civile, cit., 339 25 Trib. Verona, 16.1.1997 26 Cass. Civ., 10.6.1998 n. 5719; Cass., 18.1.94 n. 398, in Rep. Foro It., 1994, voce Procedimento civile, p. 1554,n. 115; Cass. Civ. 5.11.1994 n. 9166

24

E altres inibito alla parte mutare il petitum cautelare in corso di causa ( es. da provvedimento durgenza a sequestro giudiziario), perch tale circostanza integrerebbe uninammissibile mutatio libelli27. Infine, laddove il contenuto della domanda di merito si presenti poi differente da quello prospettato con il ricorso cautelare ante causam, il provvedimento concesso perder efficacia ai sensi dellart. 669 novies c.p.c.; laddove invece, in corso di causa, sia proposta una istanza cautelare che difetti del necessario nesso di strumentalit con la domanda di merito gi proposta, il ricorso sar inammissibile. Laccoglimento della domanda: Il decreto inaudita altera parte: Lordinamento pone un preciso limite alla discrezionalit del giudice di concedere il provvedimento in difetto di contraddittorio, e cio la circostanza per cui la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare lattuazione del provvedimento. Partendo dal presupposto dunque che tale ipotesi limitata a situazioni di particolare urgenza (soprattutto sotto il profilo temporale), la dottrina divisa sulla individuazione concreta del criterio da seguire per lutilizzo di tale discrezionalit; lindirizzo pi rigoroso propende per una interpretazione letterale dellart. 669 sexies, comma 2 c.p.c., e dunque limita tale potere al rischio della concreta realizzazione della tutela invocata ove si dilatino i tempi con la convocazione della controparte e la fissazione delludienza ad hoc28. Lorientamento maggioritario invece con un procedimento logico maggiormente elastico, equipara il concetto di attuazione della misura a quello di effettivit e dunque di infruttuosit. Dunque, il pregiudizio concreto che legittimerebbe lutilizzo del decreto inaudita altera parte si muoverebbe verso due distinte direttrici: a) lipotesi di una particolare urgenza di provvedere, che non consentirebbe alcuna dilazione temporale; b) lipotesi in cui, in ragione della misura cautelare specifica, risulta utile, al fine della effettivit della tutela richiesta, giocare sulleffetto sorpresa, in quanto mettere preventivamente sullavviso la controparte significherebbe darle la possibilit di

Trib. Firenze, 27.5.1995, in Foro It., 1996, I, c, 1863 Consolo - Luiso- Sassani, Commentario alla riforma, cit., p. 625, che utilizza la curiosa espressione di periculum in mora al quadrato.
28

27

compiere atti idonei a vanificare o rendere comunque ineseguibile il provvedimento ( sul punto, si registra unampia casistica soprattutto in materia di sequestri). Parte della dottrina ritiene preferibile lorientamento pi rigoroso, e dunque la limitazione delluso del decreto inaudita altera parte alle sole ipotesi in cui la corretta instaurazione del contraddittorio renderebbe concretamente inattuabile la misura cautelare29 , e ci perch il bilanciamento tra due valori sottesi (la tutela cautelare ed il contraddittorio) non pu non prendere in considerazione il novellato art. 111 Cost. che ha eretto a ragno costituzionale il valore del contraddittorio stesso. Anche nel caso in cui il procedimento sfoci nellemissione del decreto inaudita altera parte, le forme e i tempi dellattivit processuale sono determinate dal giudice, il quale, appunto, assumer le sommarie informazioni ove lo riterr opportuno, quale unica fonte di prova compatibile con lurgenza di provvedere in assenza di contraddittorio. La nozione di sommarie informazioniva intesa concettualmente in chiave negativa, come sistema istruttorio contrapposto allistruttoria della cognizione ordinaria, e comprende in s ogni elemento utile a fondare il convincimento del giudice; per tale motivo deve ritenersi operante una piena apertura ai poteri inquisitori del giudice ed alle prove atipiche, sia sotto il profilo delle fonti di prova che delle modalit di acquisizione30. Dunque consentito, anche senza istanza di parte, richiedere documentazione e relazione tecnica stragiudiziale, procedere alla ispezione dei luoghi o allaudizione dei terzi, acquisire notizie dagli organi della P.A., purch ogni attivit istruttoria resti poi cristallizzata allinterno del procedimento31. Ovviamente, stante la deformalizzazione del rito, e la necessit, in caso di decreto, di apprezzare non solo la fondatezza della misura cautelare ( seppure alla luce di un criterio di verosimiglianza) ma anche la sussistenza del presupposto oggettivo rappresentato dalla c.d. urgenza al quadrato di provvedere, non escluso che le sommarie informazioni possano avere ad oggetto luno e laltro aspetto. La sussistenza del presupposto oggettivo per la concessione del decreto e del supporto probatorio deve emergere dalla motivazione del decreto, ancorch il provvedimento

29

Cipriani, Diritti Fondamentali dellUnione Europea e diritto di impugnare, in Rass. Dir. Civ., 2004, p. 989 30 Ricci, Le Prove atipiche, Milano, 1999, p. 292 31 Cavallone, Il Giudice e la prove nel processo civile, Padova, 1991, pag. 289 e ss..

sia destinato ad essere assorbito nella successiva ordinanza di modifica , revoca o conferma ( e ci rende di fatto, priva di conseguenze sulla validit della misura, leventuale carenza di motivazione dl decreto). Laddove si emetta il decreto inaudita altera parte, lart. 669 sexies, comma 2 c.p.c., richiede linstaurazione di un contraddittorio differito, dovendo il giudice fissare nel dispositivo del decreto ludienza per la conferma, revoca o modifica dello stesso, che dovr tenersi nel termine massimo di 15 giorni, con onere per il ricorrente di notificare alla controparte il ricorso ed il decreto con lavviso della fissazione della detta udienza; lomissione nel dispositivo del decreto di tale fissazione integra la nullit del provvedimento emesso32 . Il dies a quo del termine di 15 giorni decorre dalla pronuncia del decreto, e dunque pu ritenersi che vi sia un onere particolarmente gravoso e stringente per il ricorrente il quale dovr affrettarsi e rendersi particolarmente diligente nel notificare ricorso e decreto alla controparte. Laddove tale termine resti inosservato da parte del ricorrente, in giurisprudenza si propende per ritenere operante una causa di sopravvenuta inefficacia del decreto, a meno che non possa trovare applicazione il generale principio della rimessione in termini ex art. 184 c.p.c., laddove la decadenza maturata non sia imputabile alla condotta della parte ricorrente33. Va altres segnalato che la costituzione del resistente alludienza ha efficacia sanante delleventuale omesso rispetto da parte del ricorrente del termine di otto giorni per la notifica del ricorso e del decreto34. Va altres segnalato che, apertasi la fase della revoca, conferma o modifica del decreto ai sensi dellart. 669 sexies c.p.c., il giudice provveder ad effettuare atti istruttori eventualmente occorrenti, soprattutto con riferimento alle eventuali argomentazioni in diritto ed allegazioni in fatto proposte dal resistente, nonch gli eventuali controlli sulle informazioni assunte in precedenza, provvedendo ad emettere lordinanza in parola soltanto allesito di tali attivit. Va da s che tali attivit possano non esaurirsi fisicamente in ununica udienza, e che dunque si dia corso ad un procedimento , con carattere durgenza ( e dunque di brevit) articolato tuttavia in pi udienze.

32 33

Trib. Trani, 2.3.1999 Trib. Como, 14.1.2000 34 Trib. Napoli, 28.8.1997

Prima di procedere allesame delle questioni relative alla fissazione delludienza ed alla costituzione del resistente, occorre brevemente soffermarsi sulle problematiche relative alleventuale rigetto dellistanza cautelare emesso con decreto inaudita altera parte. Sul punto, va evidenziato che, sebbene lart. 669 sexies c.p.c. preveda espressamente che il provvedimento di rigetto debba avere la forma dellordinanza, tuttavia in giurisprudenza si affermata una prassi (non molto diffusa), avallata da parte della dottrina, per cui il giudice, in presenza di un ricorso con macroscopici profili di infondatezza o inammissibilit, possa rigettarlo anche senza linstaurazione del contraddittorio35 . A presidio di tale prassi militano ragioni di economia processuale, nonch una certa lettura delle norme in questione, i cui principi non sarebbero violati dalla sua applicazione. Tuttavia, a parere della dottrina maggioritaria, tale orientamento non sembra condivisibile tenuto conto sia del tenore letterale dellart. 669 sexies c.p.c., che della sua ratio; la ragione dellemissione del decreto inaudita altera parte ( di accoglimento) soltanto quella di garantire la cautela nella sua effettivit, atteso che leventuale convocazione delle parti la pregiudicherebbe in tal senso, e tale esigenza non esportabile nellipotesi in cui con il medesimo strumento processuale ( il decreto) si voglia invece rigettare il ricorso, non comprendendosi affatto quale sia lurgenza di rigettare in contrapposizione invece alla comprensibile urgenza di provvedere. Le eventuali esigenze di economia processuale non possono andare a scapito del principio del contraddittorio cos come elevato a rango costituzionale dallart. 111 Cost. In tal senso, il provvedimento di rigetto emesso con decreto avrebbe evidente natura abnorme, e sarebbe espressione di un uso distorto del potere giurisdizionale36. Linstaurazione del contraddittorio: La forma tipica della instaurazione del contraddittorio quella della notifica del ricorso e del decreto di fissazione delludienza al resistente a cura del ricorrente.

Guaglione, Il reclamo avverso i provvedimenti cautelari, in Rass. Dir. Civ., 1998, pag. 28; Cicchitti, Sul reclamo contro il decreto di rigetto della domanda cautelare, in Riv. Dir. Proc., 1998, 609 e ss; 36 Laboragine, Sulla reclamabilit del decreto di rigetto dellistanza cautelare, in Rass. Dir. Civ., 2001, pag. 420 e ss.

35

Tuttavia, non possono escludersi a priori forme diverse di convocazione, di carattere informale (telegramma, fax, biglietto di cancelleria), e tanto in ossequio al principio di libert delle forme ex artt. 121 e 131 c.p.c., nonch alle esigenze di celerit e di urgenza37; il ricorso a tali forme anomale di comunicazione non si giustificherebbe invece laddove, emanato gi il decreto inaudita altera parte, e dunque soddisfatte le esigenza di celerit e urgenza, il procedimento prosegua solo per la revoca, modifica o conferma dello stesso; in tali casi, unica forma di comunicazione ammissibile sarebbe quella della tradizionale notifica. In ordine alla sanzione da comminare alla notificazione eseguita al di fuori delle prescrizioni stabilite dal giudice ex art. 151 c.p.c., la giurisprudenza si orientata nel senso di ritenere tale notifica affetta non da inesistenza bens da nullit sanabile alla luce delleventuale conseguimento dello scopo ex art., 156, comma 3 e 160 c.p.c.38. Nel caso di istanza cautelare proposta a verbale o con memoria depositata in udienza, il contraddittorio deve ritenersi automaticamente attivato nei confronti delle altre parti costituite, salvo il diritto delle stesse di controdedurre eventualmente entro un breve termine a difesa richiesto o concesso dufficio; qualora invece vi siano delle parti rimaste contumaci, occorrer comunicare alle stesse il contenuto della richiesta cautelare avanzata in corso di causa, o mediante il sistema della notificazione rituale, oppure mediante il ricorso ad altre forme di comunicazione caratterizzate anche da maggiore celerit39. Si badi bene che in questo caso la necessit della notifica al contumace si fonda soltanto sulla lettura dellart. 669 sexies c.p.c. che impone il contraddittorio nel procedimento cautelare, e non anche su quella dellart. 292 c.p.c. ( notificazione delle domande nuove in corso di giudizio in favore del contumace), atteso che listanza cautelare non implica processualmente una domanda nuova, stante il legame di strumentalit con le domande di merito gi avanzate.

37 38

Proto Pisani, La nuova disciplina del processo civile, Torino, 1993, 183 Trib. Roma, 12.3.2001, in Giust. Civ, 2002, I, p. 751 39 Trib. Agrigento, 24.11.94

I poteri istruttori del giudice e le prove atipiche A differenza della previgente disciplina, gli atti di istruzione di cui allart. 669 sexies c.p.c. ricomprendono in se tutti i mezzi di prova tipici del giudizio ordinario di cognizione, ritenendo cos ammissibile, in linea di principio, il ricorso alla consulenza tecnica, allispezione di cose o luoghi, alla richiesta di informazioni alla p.a., allinterrogatorio formale ed alla prova testimoniale. Lunico limite. quello della indispensabilit, un limite dunque di carattere sostanziale (e non processuale) fisiologico rispetto allurgenza di provvedere. Tale norma dunque ha mutato la disciplina precedente, che stabiliva soltanto per i procedimenti per denuncia di nuova opera e di danno temuto la possibilit di ricorrere ad alcuni mezzi di prova tipici del procedimento ordinario (art. 689, commi 2 e 4 c.p.c. , abrogato) Sul punto, va altres evidenziato come il legislatore abbia previsto il ricorso agli atti di istruzione laddove il procedimento sfoci nellemissione di una ordinanza, ed invece il ricorso alle sommarie informazioni ( comma 2) laddove si debba provvedere con decreto inaudita altera parte. In altri termini, si osservato40 come la minore o maggiore urgenza di provvedere legittimerebbe non soltanto un diverso modus procedendi ( in contraddittorio o inaudita altera parte), ma anche un diverso taglio dellistruttoria: pi simile a quella del processo ordinario di cognizione nella ipotesi canonica della preventiva audizione delle parti, e invece pi informale ed elastica, ove lurgenza di provvedere non consenta tale comparizione. In particolare, va segnalato che, nel primo caso procedimento che sfoci nellemissione di unordinanza lindagine cautelare resterebbe modellata sullo schema del rito ordinario, con le sole deroghe dettate dalla necessit di rapida definizione del procedimento: dunque, troverebbero piena applicazione il principio dispositivo di cui allart. 115 c.p.c., e le generali regole in materia di onere probatorio ex art. 2697 c.c., con esclusone dei poteri inquisitori del giudice, le cui iniziative ufficiose resterebbero circoscritte nellambito dei mezzi di prova dedotti dalle parti e confinate negli angusti limiti fissati nel giudizio ordinario. Ovviamente, in entrambi i casi, il potere ufficioso del giudice di assumere mezzi di prova o informazioni che dir si voglia, fa s che il modello del processo cautelare resti in entrambi i casi un modello dispositivo attenuato o misto, disegnato
40

Guaglione, op. cit. 120

dallart. 115 c.p.c., in cui i poteri di impulso e di iniziativa delle parti costituiscono la regola, mentre i poteri ufficiosi svolgono una funzione sussidiaria ed integrativa, attraverso la quale il giudice tenta di rimuovere le lacune e le difficolt probatorie che le parti non sono in grado di superare. Sotto tale profilo, opportuno dare contezza di un dibattito esistente in dottrina ed in giurisprudenza circa lampiezza dei poteri istruttori del giudice in sede cautelare, e lesatta portata del concetto di istruzione deformalizzata. Un primo orientamento ritiene che gli atti espletati dal giudice debbano svolgersi secondo gli schemi di cui allart. 202 e ss c.p.c., avendo dunque rango qualitativo pari a quelli esperibili nella fase a cognizione ordinaria41; tale opzione interpretativa potrebbe determinare tuttavia un evidente appesantimento della cognizione in sede cautelare, e sembrerebbe non cogliere a pieno il senso della istruttoria deformalizzata voluta dal legislatore, contribuendo altres a rendere assai incerta la linea di demarcazione tra la cognizione piena e quella sommaria42. Dunque, pu darsi atto che il dibattito su tali questione porta a conclusioni divergenti, laddove per i sostenitori della prima tesi lunica deroga possibile alle ordinarie regole processuali in materia di assunzione delle prove attiene alla disciplina processuale delle modalit di acquisizione dei singoli mezzi di prova (facendo leva sulla lettera della norma che prevede che il giudice procede nel modo che ritiene pi opportuno e non agli atti di istruzione che ritiene pi opportuni), limitando dunque il potere discrezionale del giudice alla scelta delle formalit di acquisizione dei singoli mezzi istruttori e non ai tipi di prova in astratto concepibili. Sotto tale ottica, ad esempio, ammissibile procedere all esame dei testimoni senza che la parte abbia provveduto alla formulazione dei capitoli di prova, ma non sarebbe possibile invece escutere un teste incapace ai sensi dellart. 246 c.p.c., o porgli domande al di fuori dei limiti di cui agli artt. 2721 e ss c.c.. Inoltre, il livello di derogabilit alle formalit che presidiano allacquisizione delle prove non potrebbe essere totale, tanto da stravolgere i caratteri generali dellistruttoria ordinaria e la natura del mezzo acquisito, perch altrimenti non vi sarebbe alcuna differenza con le sommarie informazioni di cui al comma 2 dellart. 669 sexies c.p.c..

41 42

Consolo. Luiso. Bassani, La riforma, cit., pag. 468; Olivieri, I provvedimenti cautelari, cit., pag. 703 Verde, di Nanni, Codiuce di procedur civile, cit. p. 463

Dunque, i canali di acquisizione al processo dei singoli mezzi istruttori, previsti dal comma 1 della norma, devono restare tendenzialmente quelli tipici, per cui la deviazione dai principi legali in materia non deve mai essere di entit tale da trasformare il mezzo istruttorio in una prova vietata e sconfinante nellambito delle prove illecite. Secondo i sostenitori di altra tesi in realt molto scarna in giurisprudenza - alla lue di una interpretazione pi pregnante del concetto di deformalizzazione, non vi sarebbe alcuna differenza tra lattivit istruttoria finalizzata allemanazione del decreto, e quella finalizzata allemanazione dellordinanza; il principio della libert delle forme imporrebbe lapplicazione in entrambi i casi di una serie di regole identiche, rinvenibili nella iniziativa inquisitoria, nella soppressione delle regole sullonere della prova, nella assoluta informalit dellacquisizione, fermo restando il principio delle allegazioni, che comunque non consente al giudice di ampliare il thema decidendum, o di introdurre nel processo dufficio nuovi fatti. Tale orientamento sottolinea la volont del legislatore di predisporre un modello unitario di procedimento cautelare, sia pure creato sul corpo espresso dalle esigenze del singolo processo43. In base a tale indirizzo, dunque, il procedimento cautelare segna un deciso superamento del principio dispositivo, ampliando invece i poteri ufficiosi del giudice nella ricerca dei mezzi di prova, ed informando il sistema cautelare ad unidentit pi propriamente inquisitoria in senso formale, nel senso che lattivit probatoria resta affidata alla libera iniziativa del magistrato procedente. A prescindere dalladesione totale alluno o allaltro dei due orientamenti ( il primo dominante in giurisprudenza), pu comunque affermarsi che allattualit, alla lue della L. 353/90, saranno disponibili dufficio i seguenti mezzi di prova: 1) interrogatorio libero delle parti; 2) ordine di ispezione su persone o cose; 3) richiesta di informazioni alla p.a.; 4) giuramento suppletorio; 5) audizioni di testi di riferimento, o di testi ritenuti superflui in precedenza; 6) confronto tra i testimoni; 7) la consulenza tecnica. Quanto ai testimoni, o meglio agli informatori, parte della dottrina ritiene che gli atti espletati dal giudice nel corso dellistruttoria cautelare ordinaria ( quella di cui al
43

Verde, Di Nanni, cit.

primo comma) sia una ordinaria attivit istruttoria, e che dunque le dichiarazioni degli stessi, vadano precedute dallimpegno formale di cui allart. 251 c.p.c. . Tale prassi senza dubbio da preferire, rispetto alla destrutturazione delle forme per laudizione dei testi spesso invalsa in sede cautelare, anche in relazione alla maggiore attendibilit delle informazioni rese sotto il vincolo del giuramento, nonch alla possibilit di recupero delle stesse in fase di merito, qualora vertano sulle medesime circostanze gi sottoposte ai testi, con conseguente economia processuale. La deformalizzazione dellassunzione delle prove consente invece di condurre i testimoni in udienza, senza una preventiva indicazione nominale degli stessi, e senza larticolazione di specifici capitoli di prova. Assolutamente pacifico poi lutilizzo delle prove atipiche, ove per esse si debbano intendere le prove innominate (cio prove fuori catalogo, non tipizzate), quali scritti di terzi, perizie stragiudiziali, sentenze, ma anche le prove gi tipizzate, ma assunte con meccanismi non rituali ( es. acquisizione di dichiarazioni di scienza delle parti o di terzi, ed ispezioni senza il rispetto delle modalit e dei limiti previsti dal codice civile o da quello di rito). Sul punto, lingresso di tali prove nel sistema processuale cautelare ( ma anche ordinario) viene fatto risalire alla mancanza, nel generale sistema di norme sulle prove, di una espressa norma di chiusura che qualifichi come inammissibili quei mezzi di prova che non trovano espresso riconoscimento e specifica regolamentazione in diritto positivo44; secondo altra tesi la legittimit del ricorso alle prove atipiche deriverebbe dal generale principio dellaccertamento della verit effettiva, dallammissibilit dellindizio come fonte di prova, e dal generale diritto alla prova ex art. 24 Cost., che deve consentire alle parti di poter utilizzare ogni mezzo di indagine che in concreto appaia rilevante per laccertamento dei fatti di causa, purch non escluso da specifiche disposizioni di legge45. In giurisprudenza, lutilizzo delle prove atipiche, anche in sede cautelare, orientamento consolidato46.
Taruffo, Prove atipiche e convincimento del giudice, cit., pag. 389 e ss Ricci, le prove atipiche, cit., pag. 223 46 Cass. 25 marzo 2004, n. 5965, secondo cui L'art. 116 c.p.c. conferisce al giudice di merito un potere ampiamente discrezionale del quale, attenendo esso alle cosiddette prove atipiche o innominate, va motivatamente giustificato l'uso, e non gi, come invece in caso di mancata valutazione delle prove tipiche (e salvo sempre il principio del libero convincimento), il non uso.
45 44

Tuttavia, allinterno di tale orientamento assolutamente favorevole allintroduzione delle prove atipiche nel procedimento cautelare, si registrano divergenti opinioni: una prima corrente di pensiero ritiene ammissibili le prove atipiche sotto entrambi i profili esaminati, mentre altre o al primo o al secondo. Quanto al loro concreto valore probatorio, dovendosi esaltare il requisito della deformalizzazione dellistruttoria cautelare, e dovendosi ritenere che tale sede sia uno dei terreni elettivi dellutilizzo delle prove atipiche, deve concludersi che essi abbiano pieno calore probatorio, al pari dei messi di istruttoria tipizzati. (cfr. Appendice, in seguito)

Il requisito della indispensabilit pone un limite rispetto allindagine che il giudice del cautelare chiamato a compiere. Tale concetto di ampiezza maggiore rispetto a quello di rilevanza della prova, ed finalizzato restringere, in ambito cautelare, lutilizzo dei mezzi istruttori al solo fine di decidere sul provvedimento richiesto. Il concetto di indispensabilit, nel codice di rito viene indicato in relazione allispezione di persone e cose ( art.118 c.p.c.), allordine di esibizione di documenti o di altre cose (art. 210 c.p.c.), nonch ai mezzi di prova in appello ( art. 345 e 437 c.p.c.), cio in situazioni in cui, vuoi per la gravit dellincidenza nella sfera giuridica delle parti o di terzi, o per leccezionalit della riapertura dellistruttoria in un sistema caratterizzato da rigide preclusioni e decadenze, il mezzo di prova lunico strumento per dimostrare un certo fatto su cui si fonda il diritto azionato in giudizio. Con specifico riferimento al rito cautelare, tale nozione indica lassoluta necessit dellatto istruttorio, dal quale non si possa prescindere ai fini della delibazione sullistanza cautelare; dunque un concetto differente rispetto a quello di rilevanza della prova, atteso che un mezzo di prova richiesto potrebbe essere s rilevante rispetto alloggetto del decidere, ma non indispensabile rispetto a quanto gi agli atti del procedimento. In altri termini, la valutazione di indispensabilit non va pertanto compiuta con riferimento alle informazioni gi acquisite, o agli altri mezzi di prova dedotti, ma

semplicemente ai presupposti e alle finalit del provvedimento richiesto. Per presupposti, deve intendersi laccertamento del fumus boni juris e del periculum in mora. Con particolare alla valutazione del fumus boni juris, in dottrina si detto che il giudizio sul diritto cautelato un giudizio presuntivo, di probabilit e plausbilit e non di certezza, giacch non possibile, con un accertamento sommario, poter stabilire lesistenza di un diritto per il quale occorre la garanzia di accertamento ordinario, anche se la prassi, soprattutto in tema di art. 700 c.p.c. cos come riformato per effetto del venir meno del requisito della strumentalit ai sensi dellart. 669 octies c.p.c. - si spesso spinta oltre nellaffermare lesistenza del diritto azionato in via cautelare, in termini di certezza positiva. Ci non significa tuttavia che il giudice della cautela debba limitarsi a valutare la verosimiglianza delle allegazioni fattuali delle parti, dovendone comunque ricercare una conferma sul piano probatorio47 . Quanto alla valutazione del periculum in mora e dunque alle attivit istruttorie ritenute indispensabili al fine di valutarne la sussistenza o meno in relazione al provvedimento specifico richiesto essa va svolta, secondo alcuni autori, in termini assolutamente probabilistici48, e secondo altri invece, in modo pi approfondito e mai ipotetico, trattandosi di un presupposto esclusivo della tutela cautelare, del tutto irrilevante nel giudizio di merito49. Lart. 669 sexies c.p.c., quanto alla valutazione della indispensabilit del mezzo istruttorio, impone anche la verifica dello scopo che la misura cautelare richiesta tende a realizzare; in altri termini, ove lo scopo del provvedimento cautelare richiesto sia irrealizzabile o irraggiungibile, lecito negare lattivit istruttoria, atteso che limpossibilit di ottenere lo scopo concreto della cautela che si richiede, rende superflua ogni attivit istruttoria, poich appunto non solo non indispensabile, ma anche sostanzialmente inutile. Le prove c.d. di lunga indagine In giurisprudenza si osservato come alcune tipologie di attivit istruttoria sarebbero di per s incompatibili con la struttura del cautelare, in quanto abbisognevoli di tempi
47 48

Picardi, Codice di procedura civile, Milano 2004, sub art. 669 sexies c.p.c., 2211 Arieta, in Arieta e Montesano, Il nuovo processo civile, Napoli 1991, p. 131 49 Cecchella, in vVccarella, Capponi e Cecchella, Il processo civile, cit., pag. 364

di realizzazione inconciliabili con le esigenze di celerit: il riferimento alla consulenza tecnica dufficio
50

, o alla querela di falso51. Tuttavia, seppur tale

impostazione possa sembrare concettualmente corretta in relazione ai caratteri di speditezza e sommariet del rito cautelare uniforme, non si pu aderire in modo acritico a tale orientamento, laddove invece concretamente ipotizzabile che, in taluni casi, il ricorso a queste attivit istruttorie sia non solo indispensabile, ma anche rilevante rispetto alla tipologia di cautela ( es, indagine tecnica sullintollerabilit di rumori o esalazioni, in costanza di una richiesta ex art. 700 c.p.c.). Quanto alla querela di falso, di tutta evidenza che il procedimento incidentale di verificazione, con la conseguente sospensione del giudizio, mal si concilia con la struttura del cautelare; tuttavia, il documento disconosciuto pu essere oggetto di una procedura di verificazione non cristallizzata nelle forme di cui allart. 216 c.p.c., bens con forme rapide, quali una immediata consulenza resa nelle forme del parere in udienza, che avr un valore indiziario e di verosimiglianza al fine dellesame dei presupposti per la tutela cautelare, a nulla valendo poi nel successivo giudizio di merito ove si ricorrer agli strumenti tipizzati di accertamento 52. Quanto al giuramento, decisorio e supletorio mezzi di prova di sporadico utilizzo parte della dottrina li ritiene incompatibili con listruttoria cautelare, sulla base dellargomentazione per cui, avendo tali mezzi specifica attitudine a determinare la decisione totale o parziale della causa, essi sarebbero utilizzabili solo nel giudizio di merito a cognizione piena, in quanto suscettibile di essere deciso con carattere di definitivit53 . La tesi sembra condivisibile anche alla luce del rigore delle formalit di ammissione ed assunzione ditale mezzo di prova, difficilmente conciliabili con il rito cautelare, come si desume anche dal tenore dellart. 237 c.p.c.; tuttavia, il riferimento alla definitivit della decisione ragion per cui i due mezzi sarebbero incompatibili con il rito cautelare allattualit va rivisitato alla luce della nuova disciplina dei provvedimenti c.d. anticipatori, i quali non essendoci pi obbligo di

50 51

Trib. Verona, 9.3.98 Trib. Genova 28.12.94 52 Trib. Milano, 24.4.2002 53 Lombardo, natura e caratteri dellistruzione probaoria, cit. p. 491

attivazione del giudizio di merito sono come ben noto potenzialmente idonei ad assumere carattere di definitivit nel tempo. In conclusione, le caratteristiche salienti del modello procedimentale cautelare disegnato dallart. 669 sexies c.p., con particolare riferimento alle regole che presiedono alla disciplina dellattivit istruttoria risultano essere le seguenti: a) sommariet della cognizione; b) libert delle forme, quanto al percorso procedimentale ed agli atti istruttori, potendo gli uni e gli altri divergere dagli schemi normativamente fissati e dal novero dei mezzi probatori tipici; c) giudizio di indispensabilit della prova, rigorosamente correlata alla verifica dei presupposti ed al perseguimento dei fini propri del provvedimento cautelare; d) officiosit con riferimento alla scelta delle modalit procedimentali e degli specifici mezzi di prova, pur limitata dalla congruit dello scopo e dalle allegazioni delle parti. I poteri del giudice sono dunque particolarmente ampi ed incisivi, anche se normativamente segnati; eventuali eccessi possono essere censurati in sede di reclamo ai sensi dellart. 669 terdecies c.p.c., e dedotti quali vizi in procedendo del provvedimento cautelare concesso.

Listruttoria cautelare ed il giudizio di merito: Tematica di particolare rilievo quella dellefficacia nel giudizio di merito del materiale probatorio raccolto in fase cautelare. Punto di partenza della questione la pronuncia della Corte Costituzionale n. 326 del 7.11.1997, con la quale in materia di art. 51 c.p.c. e di obbligo di astensione del giudice si chiarito 1) che lindagine sul fumus boni juris compiuta in fase cautelare un mero giudizio di verosimiglianza, una sorta di valutazione probabilistica delle ragioni del ricorrente che non esprime alcuna compiuta valutazione contenutistica delle questioni in fatto ed in diritto che andranno a formare loggetto dellaccertamento nel merito, 2) che il materiale probatorio raccolto ante causam non di per s destinato ad assumere una successiva rilevanza nel giudizio di merito, rimanendo argomenti di prova, proprio in funzione delle

diverse finalit istruttorie, che nella fase cautelare hanno ad oggetto solo laccertamento della sussistenza del periculum che del fumus. Tale pronuncia presta il fianco a numerose obiezioni. In primo luogo, il concetto di verosimile un minus rispetto a quello del fumus boni juris, in quanto il giudizio di verosimiglianza dato sulla scorta della valutazione dellid quod plerumque accidit (e dunque su allegazioni e circostanze che appaiono normali e/o comunque corrispondenti a ci ), mentre la fondatezza del fumus boni juris va affermata sullaccertamento di fatti precisi, seppur provati in modo superficiale, sommario e senza rispetto delle formalit previste dal secondo libro del codici di rito. In altri termini, la valutazione positiva del fumus boni juris presuppone un accertamento di fatti con conseguente cognizione di diritti, sia pure in modo superficiale e senza rispetto di particolari formalit: il diritto sostanziale viene dunque ricercato ed affermato in termini probabilistici, e non di oggettiva certezza giuridica, soltanto perch provato con sistemi conoscitivi dotati di un minore grado di certezza giuridica perch pi immediati e di rapido espletamento, ma tutto ci non ha nulla a che vedere con il concetto (metagiuridico) di verosimiglianza. Quanto al secondo aspetto, proprio per la strumentalit dei due giudizi, assolutamente frequente che un fatto storico rappresenti oggetto di prova tanto nel giudizio cautelare che in quello di merito, soprattutto ove si pensi ai giudizi possessori e nunciatori, a causa del particolare legame esistente tra le due fasi, e lidentit di presupposti. Ci posto, non vanno poi dimenticate le ragioni di economia processuale, che spesso impongono di assumere le prove in fase cautelare con formalit idonee a resistere anche nel giudizio di merito, allo scopo di operare una sorta di cognizione anticipata, cosicch il successivo giudizio di cognizione finisca per risolversi in un mero riesame di valutazioni gi integralmente compiute54. Infine, sul punto, va ricordato che non esiste nel processo civile una norma analoga allart. 431 c.p.p. che prevede che il giudice del dibattimento non possa conoscere i fatti accaduti nel corso dellindagine preliminare, e tale dato normativo indica proprio la volont del legislatore di non spezzare il vincolo di strumentalit, per
Consolo, Ricusazione del giudice per precedente cognizione della causa, in Riv. Dir. Civ. 1982, II, pag 213-217
54

ragioni di ordine sostanziale e processuale nonch per evidenti motivi di economia processuale tra la fase cautelare e quella di merito, e questo legame non pu che esplicare la sua efficacia anche con riferimento allattivit istruttoria. Pu dunque oggettivamente compiersi un diverso percorso argomentativo, cos sintetizzabile: a) ove in sede cautelare siano state acquisite prove tipiche, attraverso i normali sistemi di acquisizione previsti dalla legge (acquisizione rituale ed in contraddittorio di produzione documentale, ed assunzione ai sensi dellart. 202 e ss c.p.c. delle prove costituende), dette prove debbono intendersi pienamente utilizzabili nel giudizio di merito, esaltandosi il carattere di strumentalit rispetto allautonomia del procedimento cautelare; b) qualora invece vi sia stata acquisizione informale di prove tipiche in sede cautelare, le risultanze istruttorie manterranno carattere indiziario in fase di merito, o per i fautori di tesi pi rigorose - resteranno prive di valore, dovendo essere rinnovate secondo le regole dellistruttoria ordinaria; c) ove siano state acquisite in sede cautelare prove atipiche o innominate ( perizie stragiudiziali, uso di prove raccolte aliunde), a tali risultanze istruttorie si attribuir il medesimo valore che avrebbero assunto se raccolte direttamente in fase ordinaria, a nulla rilevando dunque la sede processuale in cui le stesse sono state acquisite. Tali prove potranno agevolmente rivestire il ruolo di indizi ed essere posti a base di un ragionamento presuntivo (in virt dellart. 2727 c.c.), oppure quello di argomenti di prova ex art. 116, comma 2 c.p.c.. Va ricordato, in merito a tale questione, che, secondo la communis opinio, gli argomenti di prova sono cosa diversa dalla prova vera e propria, ivi compresa quella indiziaria o presuntiva, e ci non solo dal punto di vista strutturale (posto che le presunzioni sono sempre basate su ununica interferenza che dal fatto noto conduce al fatto ignoto, mentre largomento di prova implica sempre un duplice passaggio, in contrasto con il divieto della praesumptio de praesumpto), ma soprattutto da quello della rispettiva efficacia (tenuto conto che gli argomenti di prova forniscono elementi di giudizio inidonei da soli a fondare il convincimento del giudice, ma utilizzabili per il controllo logico-critico delle prove tipiche gi acquisite.

Circostanze nuove e nuove prove: La tematica attiene ai rapporti tra procedimento cautelare e giudizio di merito, con riferimento allammissibilit di nuove allegazioni e nuove prove nellambito di una cognizione cautelare in corso di causa, e alle barriere preclusive ( assertive ed istruttorie) gi eventualmente maturate in tale sede. Ci pu accadere in tre ipotesi: 1) proposizione di istanza cautelare in corso di causa, o riproposizione di istanza gi rigettata con la deduzione di nuove circostanze ex art. 669 septies c.p.c., 2) richiesta di revoca di una misura gi concessa sul presupposto di mutamenti delle circostanze o di fatti anteriori conosciuti dopo lemissione del cautelare ex art. 669 decies c.p.c., 3) proposizione del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. avverso un provvedimento ante causam o in corso di causa, mediante allegazione di nuove circostanze o prove nuove. Va innanzitutto premesso che il problema attiene ai profili relativi al fumus boni juris ( profili di diritto dunque, relativi alla prova della sua probabile esistenza in sede cautelare, e della sua effettiva sussistenza in sede di merito), e non anche al periculum in mora, laddove lurgenza di per s un concetto fattuale, compiuto necessariamente rebus sic stantibus, e privo di valutazioni in diritto. Le soluzioni proposte in dottrina sono due, e dunque la libera deducibilit di nuove allegazioni e di nuove prove (apprezzando dunque lautonomia del giudizio cautelare rispetto a quello del merito) o invece la preclusione di attivit non pi consentite nella fase di merito (apprezzando maggiormente il rapporto di strumentalit tra i due giudizi); logicamente va privilegiata la seconda scelta, laddove non avrebbe senso dedurre diritti in sede cautelare che non possono pi essere valutati ed accertati a causa delle preclusioni gi maturate nel merito. M vi di pi: l allegazione di un diritto differente rispetto a quello azionato nel merito, comporterebbe per le ipotesi in cui ancora richiesta la sussistenza di evidenti profili di strumentalit, e dunque non per quelle contemplate ai sensi dellart. 669 octies c.p.c. in relazione ai c.d. provvedimenti anticipatori comporta una totale inammissibilit dellistanza cautelare proprio per la insussistenza di tale legame di strumentalit. Dunque, pu ritenersi che i poteri probatori cautelari delle parti - nelle tre evenienze menzionate potranno liberamente esercitarsi fino a quando non siano maturate

nel giudizio di merito le relative preclusioni istruttorie, ovvero con la chiusura delludienza ex art. 183 c.p.c. (ove manchi istanza di concessione dei termini ex art. 183, VI comma c.p.c.) o con lo spirare dei termini perentori concessi per le integrazioni istruttorie, dopo di che le risultanze da porre a base della istruzione cautelare sempre con esclusivo riferimento al fumus boni juris saranno unicamente quelle dellistruzione esperita nel merito; la possibilit di una ulteriore e differente istruttoria cautelare potr ipotizzarsi, in via eccezionale, soltanto in presenza di una rimessione in termini ai sensi dellart. 184 bis c.p.c., o per circostanze e fatti relativi alla sussistenza di un periculum in mora, che, come gi evidenziato, va allegato e conseguentemente valutato sempre rebus sic stantibuis. Infine, vi sono ipotesi in cui talune attivit istruttorie sfuggono alla barriera preclusiva di cui allart. 183 c.p.c., essendo esercitabili sino al momento della precisazione delle conclusioni (la proposizione di unistanza di verificazione di una scrittura privata precedentemente disconosciuta, ovvero la proposizione di una querela di falso, o il disconoscimento di una riproduzione meccanica e della conformit di una copia fotostatica alloriginale)55.

5. La revoca e la modifica Allart. 669 decies c.p.c. viene codificato un potere generale di revoca e modifica dei provvedimenti cautelari, seppur subordinato allesistenza di mutamenti di circostanze. Su tal aspetto intervenuta la L. 80/2005, sostituendo al comma 1 dellart. 669 decies c.p.c. due nuovi commi, nei quali, al presupposto del mutamento delle circostanze ( e dunque alla esistenza di fatti nuovi), se ne aggiunge un altro, costituito dallallegazione di fatti anteriori di cui si acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. Sulla esatta portata del concetto di mutamenti di circostanze, nel tempo si sono affermati due distinti orientamenti: un primo, pi restrittivo, riteneva che in tale concetto andassero ricompresi soltanto fatti storici extraprocessuali intervenuti
55

Tarzia, Lineamenti del nuovo processo dcivile di cognizione, Milano, 1991, pag. 109

cronologicamente a seguito della emanazione del provvedimento cautelare, nonch a seguito del termine per proporrre il reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c.56, con conseguente esclusione del deducibile ( fatti preesistenti non dedotti) e dei nuovi elementi di valutazione sul fumus e sul periculum conseguenti alle risultanze istruttorie nel frattempo acquisiste nella causa di merito. Lorientamento contrapposto invece, di matrice pi liberale, attribuiva a tale espressione normativa un significato pi ampio, in cui ricomprendere la jus superveniens, le nuove allegazioni anche di fatti preesistenti57, e lesito delle prove assunte nel corso del giudizio58. La giurisprudenza maggioritaria ha optato nel tempo per questo secondo orientamento, riconoscendogli il pregio di soddisfare lesigenza di permettere un adeguamento costante della misura cautelare concessa agli sviluppi tanto del processo a cognizione piena, che ai fatti storici extraprocessuali. La novella del 2005 ha poi codificato tale orientamento, ritenendo che i fatti anteriori possano essere proposti a fondamento della istanza di revoca o modifica, purch listante fornisca la prova del momento in cui ne abbia avuto conoscenza, momento che deve collocarsi cronologicamente in epoca successiva al provvedimento cautelare in questione. Opera quindi un sorta di soluzione intermedia tra la pura e semplice rilevanza di fatti preesistenti e non dedotti dinanzi al giudice della cautela, e la rimessione in termini della parte che ha omesso di allegare tali termini ( purch dia prova di averli conosciuti successivamente alla emanazione del provvedimento)59; in tale senso listituto svolge una funzione non solo di adeguamento del provvedimento alle effettive modifiche della realt fattuale, ma anche di rimedio contro linsufficiente allegazione ove sorretta da una giustificata conoscenza sopravvenuta. Quanto al locus processuale ove presentare tali istanze, la norma impone che esse vadano formulate in sede di reclamo, allorquando siano ancora pendenti i termini ex art. 669 terdecies c.p.c.; dunque, qualora il fatto sopravvenuto sia conosciuto dalla parte in tempo utile per la proposizione del reclamo, ella avr lonere di adire il collegio ai sensi dellart. 669 terdecies c.p.c. investendolo della domanda di modifica o revoca, e se far spirare tale termine inutilmente, non potr poi presentare analoga istanza basata sui fatti

56 57

Verde Di Nanni, Codice di procedura civile, cit., pag. 257 Proto Pisani, La nuova disciplina del processo civile, cit. p. 339 58 Frus, o.u.c., pag. 740 59 Guaglione, op. cit., 204

nuovi appresi pendente il termine medesimo. Diversamente, listanza di revoca o modifica sar ammissibile ove le circostanze nuove vengano conosciute dopo lo spirare del termine per il reclamo60 . Anteriormente alla riforma del 2005, lart. 669 decies c.p.c. attribuiva il potere di revoca e modifica del cautelare concesso ante causam, al giudice istruttore della causa di merito, ritenendo appunto che la sua sede naturale fosse il corso dellistruzione, con la conseguenza che interpretando letteralmente la norma il provvedimento non potesse essere revocato o modificato prima della instaurazione del merito, e prima che si fosse dato corso allistruzione nellambito di tale giudizio. Evidenti le criticit di tale rigida opzione, soprattutto con riferimento al pregiudizio dellesigenza di modellare con rapidit il contenuto del cautelare alle situazioni di fatto in mutamento. Dunque, un orientamento pi elastico riteneva che, anche nelle ipotesi escluse dallaccezione del termine nel corso dellistruzione come recepita, fosse possibile richiedere revoca e modifica al giudice che aveva emesso il cautelare (ove la causa di merito non fosse iniziata), o a quello della causa di merito anche prima dellattivit istruttoria stricto sensu.61 . Tale orientamento era stato recepito nel d.lg. 5/2003. Il nuovo testo dellart. 669 decies, comma 2 c.p.c. ha recepito in sostanza la medesima soluzione, consentendo la revocabilit e modificabilit del cautelare dinanzi al giudice che lo ha emesso anche in assenza dellinstaurazione del merito ( e ci assume particolare rilievo per i provvedimenti ex art. 669 octies per i quali il merito ormai opzione facoltativa). Dunque, la competenza del potere di revoca e modifica del cautelare resta distribuita tra il giudice che ha emesso la misura cautelare ( per i casi di mancato inizio del procedimento di merito, ovvero di cognizione dello stesso ad un giudice straniero, ad arbitri, o nelle ipotesi di trasferimento dellazione civile in sede penale), e quello competente per il merito, ove la causa sia gi iniziata. Il medesimo potere, nel caso di pendenza dei termini per lappello rispetto ad una pronuncia di primo grado gi emessa, spetta al giudice di primo grado.

60 61

Caponi, Provvedimenti cautelari e azioni possessorie, cit., c. 138 Trib. Bari, 25.3.1993

Qualora invece il provvedimento sia stato emesso dal collegio in sede di reclamo, sulla revoca o modifica competente il giudice monocratico, atteso che, diversamente opinando, si produrrebbero problemi nella composizione del collegio ove il provvedimento di revoca venga a sua volta reclamato. Quanto al procedimento da seguire per la modifica o revoca, il legislatore si limita a prevedere che esso inizi su istanza di parte, e che venga poi emessa ordinanza ( non dunque consentito la revoca o la modifica con decreto inaudita altera parte). Listruttoria nei procedimenti finalizzati alla revoca ed alla modifica, non pu non tener conto dei presupposti in fatto per la loro attivazione : dunque richieste di attenta valutazione delle allegazioni istruttorie avvenute in fase di merito circa variazioni e prove contrarie della esistenza del diritto positivamente valutato nella precedente sede cautelare, oppure richieste di attivit istruttoria a sostegno di un dedotta e sopravvenuta insussistenza del periculum ( e ci tanto in relazione al mutamento delle circostanze, che alleffetto che tale mutamento ha ottenuto sulla dedotta sopravvenuta insussistenza del periculum in mora).

7. Il reclamo Punto di partenza la nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 253 del 23.6.1994, con cui si dichiarata la illegittimit costituzionale dellart. 669 terdecies c.p.c. nella parte in cui limitava il reclamo ai soli provvedimenti concessivi della misura, precludendo dunque al ricorrente di reclamare lordinanza di rigetto. 62 Con la legge 80/2005 si poi inserita nel testo normativo lintegrazione disposta dal giudice delle leggi, riformulandosi lart. 669 terdecies c.p.c. nella attuale versione, e dunque il reclamo divenuto anche dal punto di vista della chiara formulazione della disciplina normativa un rimedio di carattere generale nellambito del microsistema cautelare63.

La questione era stata sollevata da Trib. Aosta, 6.10.1993, Trib. Bologna 15.7.1993, Trib. Roma, 3.11.1993 e Trib. Verona 22.12.1993 63 Guaglione, op. cit., 233

62

Per logica conseguenza, la riconosciuta reclamabilit del provvedimento di rigetto integrale della istanza cautelare ha risolto in senso positivo anche il dubbio interpretativo circa la reclamabilit dei provvedimenti di parziale accoglimento, per lungo tempo negata dalla giurisprudenza64. Quanto alla reclamabilit del decreto inaudita altera parte, essa deve escludersi, dovendosi attendere che il decreto concessivo della misura cautelare venga poi confermato, modificato o revocato per poter poi impugnare la relativa ordinanza dinanzi al collegio: Tuttavia, la prassi (poco ortodossa) di emettere decreti inaudita altera parte di rigetto delle istanze cautelari impone di accordare comunque una forma di tutela al ricorrente che si vede rigettata listanza cautelare senza instaurazione del contraddittorio; in tali ipotesi, preferibile riconoscere lammissibilit del reclamo, in quanto, se non si consentisse al ricorrente la possibilit di richiedere ad un organo superiore il riesame delle decisione, riconoscendogli soltanto la facolt di riproposizione della stessa istanza, si verrebbe a creare una situazione di evidente squilibrio e di disparit di trattamento rispetto al caso di decisione assunta nella forma dellordinanza, sempre e comunque reclamabile. Dunque, la reclamabilit del decreto di rigetto una conseguenza dellapplicazione dei principi e del ragionamento logico-giuridico effettuato nella pronuncia della Corte Costituzionale citata, onde evitare di sperequare la posizione del ricorrente a seconda che la decisione, in virt di una scelta discrezionale del giudice, assuma appunto la forma del decreto anzich quella dellordinanza65; pertanto, prescindendo dalla veste formale del provvedimento reclamato, lammissibilit del reclamo non pu che dipendere dal carattere definitivo, e non solamente provvisorio, del provvedimento medesimo, per cui la sua esperibilit avverso il decreto di rigetto (provvedimento appunto definitivo, in quanto non trasfuso in ordinanza) non costituisce una violazione dellart. 669 terdecies c..c,., ma lestrinsecazione di una nozione per cos dire, sostanziale, dellordinanza reclamabile66. Il reclamo avverso le pronunce in rito:

64 65

Trib. Avellino, 16.7.1993, in Riv. Dir. Proc., 1994, pag. 607, con nota di Grasso Trib. Torino, 11.8.1994; Trib. Milano, 15.5.2001; Trib. Lecce, 13.9.2000 66 Gambineri, in Foro It., 1994, I, c,3224

La tematica attiene al controllo delle ordinanza di rigetto per incompetenza, e per altri motivi di rito ( difetto di giurisdizione o di legittimazione ad agire, nullit non sanata della domanda, difetto non sanato di legittimatio ad processum). Anche in questo caso, dopo le incertezze interpretative dei primi tempi, la Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 197 del 26.5.1995, ha chiarito che, anche alla luce della propria precedente pronuncia gi citata, il reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. debba intendersi contro ogni provvedimento di diniego, senza possibilit di distinguere a seconda delle ragioni di merito e di rito, ivi comprese quelle attinenti alla competenza del diniego stesso. Tale opposizione interpretativa si impone a parere della Corte anche perch avverso le pronunce dichiarative della incompetenza in sede cautelare inammissibile il regolamento di competenza ad istanza di parte, essendo estranea alla materia cautelare lintera disciplina dettata agli artt. 42-50 c.p.c.67. Ci posto, non sembrano esserci ragioni ostative per ritenere ammissibile il reclamo anche avverso alle ordinanze di rigetto per motivi in rito diversi dalla dichiarazione di incompetenza, quali in particolare il difetto di giurisdizione68, la dichiarazione di nullit non sanata dellatto introduttivo, il difetto di rappresentanza tecnica ex art. 82 c.p.c., il difetto di capacit processuale ex art. 75 e ss c.p.c. Il reclamo avverso i provvedimenti di revoca o modifica: Anteriormente alla pronuncia n. 253 /94 della Corte Costituzionale, in dottrina si erano sviluppati due orientamenti contrapposti: un primo negava la reclamabilit di tali ordinanze, facendo riferimento allinterpretazione letterale dellart. 669 terdecies c.p.c. (che ammetteva il reclamo solo per i provvedimenti di accoglimento)69, ed un secondo che invece, anticipando il senso della pronuncia medesima, ed in ossequio al principio del doppio grado di giurisdizione cautelare, riteneva ammissibile tale reclamo70 Da segnalare poi, un terzo orientamento molto seguito in dottrina che riteneva reclamabili solo i provvedimenti di revoca o modifica ampliativi della misura, e non anche quelli restrittivi del provvedimento precedentemente emesso, ritenendo che

67 68

Cass., 29.1.1993 n. 1164, in Foro It, I, c.2206 Trib. Napoli, 7.9.94 69 Tarzia, Il provvedimento negativo. Il reclamo, cit., 393 70 Montesano, Arieta, Il nuovo processo civile, cit., 154

questa si ribadisce, prima della pronuncia della Corte Costituzionale potesse essere lunica opzione interpretativa coerente con il dato letterale dellart. 669 terdecies c.p.c.. Con lintervento della Consulta, come si gi detto, non sembrano pi sussistere ragioni ostative alla reclamabilit di qualsiasi pronuncia in materia cautelare, sia essa di accoglimento, di rigetto, di revoca, di modifica, o di rigetto per ragioni di rito; buona parte della dottrina afferma infatti che le ordinanze di revoca e modifica siano anche esse espressioni di un normale potere di decisione cautelare, seppur esercitabile in un periodo di tempo successivo al rilascio della originaria misura, e che per tale motivo non possano essere sottratte allordinario mezzo di impugnazione che le ha emanate). Vi tuttavia parte della dottrina e della giurisprudenza che ancora portata ad escludere la reclamabilit di tali provvedimenti sulla scorta di alcune considerazioni71: a) limpossibilit di assimilare il provvedimento di revoca a quello di rigetto dellistanza cautelare, atteso che con il primo si accerterebbe soltanto la permanenza delle circostanze gi individuate dal giudice della cautela, mentre col secondo si individuano i requisisti negativi che impediscono la concessione della cautela; b) lesigenza di non appesantire eccessivamente il procedimento cautelare, instaurando un generalizzato doppio grado di giudizio; c) la sussistenza di ampie garanzie per il soggetto che subisce la revoca del provvedimento cautelare, potendo riproporre listanza senza limiti, in assenza di una pregressa ordinanza di rigetto. Sembra tuttavia preferibile, ed auspicabile che la giurisprudenza assuma piena consapevolezza della natura effettiva dei provvedimenti di revoca o modifica: essi, implicando un esame sulle allegate modificazione del quadro fattuale che aveva in precedenza giustificato ladozione della misura cautelare, vanno considerati come espressione di un nuovo potere cautelare, esercitato in un momento successivo a quello delloriginaria misura; per tali motivi, escluderne la reclamabilit porterebbe la conseguenza ( pregiudizievole) di rendere intoccabile il provvedimento originario per tutto larco temporale che va dallo spirare dei termini per il suo reclamo fino alla emanazione della sentenza di merito. Sembra dunque preferibile ammetterne la reclamabilit, con la precisazione tuttavia che la cognizione del collegio si limiti a
71

e dunque

assoggettate al controllo da parte di un organo giudicante ( il collegio diverso da quello

Trib. Milano, 29.8.2002, in Giur. It., 2003, I, c.1394, Trib. Bari, 4.8.1997, Trib. Napoli, 25.11.1994

valutare leffettiva esistenza dei mutamenti delle circostanze addotti a sostegno della istanza di revoca o modifica, senza che possa in alcun modo procedersi ad un riesame degli originari presupposti gi valutati in sede di concessione della misura originaria72 Dunque, in tale ottica, pu ritenersi che il reclamo abbia un diverso ambito ed una differente funzione a seconda che investa il provvedimento originario, o quello di revoca o modifica ( e di rigetto della relativa istanza); nel primo caso il collegio verificher la legittimit e/o linopportunit del provvedimento adottato dal giudice della cautela ( accoglimento o rigetto che sia), nel secondo invece dovr valutare il corretto esercizio dei poteri di revoca o modifica vagliando esclusivamente la sussistenza o meno delle circostanze addotte a sostegno della relativa istanza, e la loro idoneit a porsi a fondamento di una manipolazione del provvedimento originario. La competenza: Il Giudice del reclamo un organo collegiale, del quale non pu far parte il singolo giudice che ha emesso il provvedimento reclamato; ci si ricava dalla disciplina offerta dal raccordo tra i commi 2 e 4 dellart. 669 terdecies c.p.c. e gli artt. 737 e 738 c.p.c., e dunque dalla regole relative ai procedimenti in camera di consiglio, per i quali lart. 50 bis c.p.c. richiede la composizione collegiale. Tale competenza ( e dunque il tribunale in composizione collegiale) prevista anche per i provvedimenti cautelari emessi dal giudice del lavoro, sia che ci sia apposita sezione lavoro ( e in tal caso sar devoluta alla competenza di questultima), sia che invece il reclamo appartenga alla competenza della sezione civile del tribunale. Il reclamo si propone con ricorso da depositare nella cancelleria del giudice competente nel rispetto del dettato dellart. 125 c.p.c., che identifica, in via generale, il contenuto minimo degli atti di parte. Quanto al termine per la proposizione del reclamo, prima della novella del 2005, si discuteva in dottrina ed in giurisprudenza sulla decorrenza di tale termine (originariamente fissato in dieci giorni), ritenendo che esso decorresse dalla notificazione dellordinanza da parte dellufficiale giudiziario, o in alternativa dalla comunicazione del dispositivo dellordinanza da parte del cancelliere. Con la L.
Trib. S. Angelo dei Lombardi, 5.3.2002, secondo cui il reclamo avverso il provvedimento di modifica o revoca della misura cautelare investe il collegio del potere di compiere gli atti di istruzione necessari al controllo del sopravvenuto mutamento delle circostanze che hanno indotto al provvedimento contestato.
72

80/2005, la questione stata risolta , in quanto il nuovo art. 669 terdecies prevede che contro lordinanza con la quale stato concesso o negato il provvedimento cautelare ammesso reclamo nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore; dunque, restano equipollenti, ai fini della decorrenza del termine, tanto lemanazione in udienza dellordinanza cautelare, quanto la comunicazione del dispositivo da parte della cancelleria, o la notificazione del provvedimento (ove avvenuta anteriormente alla comunicazione della cancelleria). Di nessun valore invece il rilascio di copia integrale del provvedimento al procuratore della parte prima della comunicazione o della notificazione, cos come la consegna di copia alla parte; in tali casi, il cancelliere non comunque esonerato dallonere della formale comunicazione. Qualora la parte voglia notificare il provvedimento ottenuto alla controparte dovr farlo al procuratore costituito e non alla parte personalmente, a meno che questa non sia rimasta contumace in giudizio73. Laddove si verifichi un contemporaneo difetto di comunicazione e di notificazione (ipotesi assai rara), il termine per il reclamo quello annuale ex art. 327 c.p.c., dopodich la parte si riterr decaduta dalla facolt di proporre reclamo, secondo quanto affermato dalla Suprema Corte di tema di regolamento di competenza74 Gli effetti devolutivi del reclamo: Il reclamo, dal punto di vista metodologico, un rimedio a critica libera, non essendovi alcuna predeterminazione legale di specifici e presunti vizi del provvedimento impugnato che possano essere sollevati dinanzi al collegio. Quanto agli eventuali effetti devolutivi, la dottrina e la giurisprudenza sono divise nel ritenere il reclamo una sorta di totale revisione delloggetto della domanda cautelare ( ritenendo operante un effetto devolutivo pieno, assoluto ed automatico, con conseguente

73 74

Trib. Roma, 2.12.1998 Cass. 8.9.2003 n. 13127, in Rep. Foro It., 2003, voce competenza civile

libert del giudice rispetto ai motivi di reclamo)75 oppure un riesame limitato ai soli motivi di censura avverso lordinanza impugnata76. Sembra preferibile tale seconda opzione, perch al silenzio del legislatore, supplisce tuttavia il principio generale della corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., per cui deve concludersi che il reclamo investa il giudice, in funzione di giudice del controllo nei limiti di quanto viene richiesto dal reclamante, sicch il collegio non deve estendere il proprio esame anche alle domande ed alle eccezioni non riproposte nel reclamo, le quali vanno ritenute implicitamente abbandonate77. Quanto ai motivi di reclamo, gi prima della riforma del 2005, la prevalente dottrina ( dunque nella vigenza del testo originario dellart. 669 terdecies c.p.c.) si era decisamente orientata nel senso di attribuire al reclamo natura giuridica di novum judicium, ammettendo la deducibilit non solo dei supposti errori del primo giudice, ma anche di ogni circostanza (preesistente o sopravvenuta), ragione di diritto o prova che possa condurre ad una decisione diversa da quella reclamata, con conseguente inoperativit del divieto dei nova di cui allart. 345, comma 3, c.p.c.. Tale orientamento si fondava, volta per volta, su diverse argomentazioni, quale la mancanza di un primo grado cautelare scandito da preclusioni, o gli ampi poteri istruttori del giudice del riesame, o ancora proponendo una lettura estensiva della formula motivi sopravvenuti, usata dallart. 669 terdecies c.p.c., intendendola comprensiva oltre che di veri e propri fatti nuovi, anche di semplici nuove ragioni, e quindi anche di nuove prospettazioni in fatto o in diritto78 . Su tale solco sembra essersi mossa la Corte Costituzionale con la pronuncia n. 65 del 17.3.1998, la quale, discostandosi dal precedente orientamento espresso con la sentenza n. 253 del 1994, ha fatto riferimento ad un generale mezzo di controllo delloperato del giudice della cautela da parte di un giudice diverso e collegiale, investito del complessivo contenuto della domanda cautelare e titolare dei medesimi poteri conferiti al primo giudice.

75

ArieTa, Reclamabilit del provvedimento di rigetto e struttura del reclamo cautelare, in Studi in onore di C. Mandrioli, Milano, 1995, I, pag. 482 e ss. 76 De Cristofaro, Struttura rescindente o sostitutiva del reclamo cautelare, in Giur. It., 1994, I, 2, c.215 ss; Trib. Padova, 13.2.1996 77 Trib. Verbania, 8.4.1999 78 Merlin, Provvedimenti urgenti, cit., p. 374, nota 20

Sul punto, il nuovo comma 4 dellart. 669 terdecies c.p.c. (introdotto con la L. 80 del 2005) prescrive testualmente che le circostanze ed i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo debbono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento, e tanto anche in coordinazione come si gi evidenziato in precedenza con i primi due commi dellart. 669 decies c.p.c., in materia di revoca e modifica.. Dunque, sar possibile dedurre fatti nuovi sotto il profilo oggettivo (perch effettivamente verificatisi dopo lemissione del cautelare) o soggettivo (perch preesistenti, ma conosciuti dopo), ma anche nuovi argomenti di diritto ( i motivi). Ovviamente, spirato il termine per il reclamo, tutti i motivi e le circostanze deducibili in tale sede, non potranno porsi a fondamento di unulteriore istanza di revoca o modifica, ed il provvedimento potr essere modificato o revocato solo in presenza di fatti nuovi sopravvenuti cronologicamente rispetto alla fase del reclamo. Linibitoria: La proposizione del reclamo non ha efficacia sospensiva dellesecuzione del provvedimento, salva linibitoria o la subordinazione della esecuzione del cautelare reclamato alla prestazione di congrua cauzione che il destinatario passivo della misura pu richiedere quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi danno. Il ricorso allinibitoria molto scarso nella prassi, e forse a ci contribuisce la formulazione infelice del sesto comma dellart. 669 terdecies c.p.c., nonch il dibattito in dottrina sulla consistenza di tali motivi sopravvenuti, intesi per qualcuno ancora una volta non soltanto da un punto di vista temporale e fattuale in senso stretto, ma anche logico, s da ricomprendere nella formula tutte quelle ragioni, di fatto o di diritto che, anche se antecedenti al provvedimento concessivo della misura, non siano state prospettate in tale sede.. La convocazione della controparte e lintervento dei terzi: Il rinvio operato dallart. 669 terdecies, comma 3, c.p.c. agli artt. 737 e 738 c.p.c. rafforza indubbiamente linformalit del procedere; in tale ottica si affermato che, accanto alla notificazione del ricorso e del decreto a cura della parte istante (strumento tipico di attivazione del contraddittorio), sono tuttavia ammissibili altre forme

abbreviate ed informali di convocazione, quali la chiamata attraverso la polizia giudiziaria, ovvero tramite telefono, fax, telegramma o biglietto di cancelleria79. Anche la giurisprudenza, sul punto opta per lutilizzo di alcuni strumenti informali di convocazione, seppure la notificazione a cura del reclamante del reclamo e del decreto di fissazione delludienza collegiale, resta la forma pi utilizzata. E invece controversa la legittimazione a proporre reclamo in capo ai terzi rimasti estranei al procedimento cautelare espletato in prime cure, i quali assumano di aver subito un pregiudizio dal provvedimento emesso inter alios. La questione sorge soprattutto laddove il terzo non sia stato posto in condizione di intervenire in un momento anteriore alla chiusura del procedimento cautelare e lamenti un pregiudizio arrecatogli dalla pronuncia emessa in sua assenza. La dottrina divisa tra chi ammette che il terzo, titolare di diritti autonomi ed incompatibili con quello cautelato, possa proporre reclamo al pari di uno dei soggetti che hanno partecipato al procedimento cautelare80, e chi invece nega tale legittimazione. Anche la giurisprudenza sul punto divisa, pur meritando sostegno lorientamento pi liberale, sulla scorta delle seguenti considerazioni: a) lintervento ordinario nel giudizio a cognizione piena successivo al cautelare, mediante unistanza di revoca o modifica ex art. 669 decies c.p.c. pregiudicherebbe il terzo dal punto di vista dei tempi eccessivi in cui rimarrebbe compresso il suo diritto; b) il ricorso allart. 669 duodecies c.p.c. insufficiente perch limitato nei suoi presupposti; c) il ricorso allart. 404 c.p.c. gli imporrebbe di attendere il passaggio in giudicato della sentenza di merito; d) il rimedio ex art. 619 c.p.c. presuppone solo la difesa dei diritti reali. Dunque, sembra preferibile ammettere il reclamo cautelare da parte del terzo, che dovr essere depositato nel termine di quindici giorni decorrente dal momento in cui egli abbia avuto conoscenza del provvedimento; in caso di contestazione sul rispetto di tale termine, incomber sul terzo lonere della prova di provare la tempestivit del ricorso81. Listruttoria:

In senso contrario alluso di forme di evocazione informale, Mandrioli, Le modifiche del processo civile, cit. pag. 198 80 Tarzia, Provvedimenti urgenti, cit., p. 397, nota 10, pur facendo salva lazione ordinaria di accertamento del suo diritto 81 Trib. Catanzaro, 27.5.1997

79

Con lentrata in vigore del rito cautelare uniforme, si sviluppato il dottrina il dibattito sulla portata dei poteri istruttori del collegio in sede di reclamo, influenzato dalle differenti concezioni circa lambito di cognizione del giudice superiore. I limiti dei poteri istruttori risentono infatti, per evidenza logica, dellampiezza dei motivi deducibili e dellambito di cognizione del giudice superiore. E dunque, laddove si opti per unampiezza devolutiva, dovr attribuirsi al collegio un ampio potere conoscitivo degli stessi termini di quello riconosciuto al giudice di prime cure ex art. 669 sexies c.p.c., con conseguente possibilit di procedere indiscriminatamente agli atti di istruzione ritenuti indispensabili, ivi comprese le sommarie informazioni. Al contrario, ove si propenda per il reclamo quale revisio prioris istantiae, i poteri istruttori saranno ristretti al minimo indispensabile. Anteriormente alla novella del 2005, la giurisprudenza stata divisa nel ritenere incompatibile con la natura del reclamo qualsiasi nuova attivit istruttoria82, oppure optando per la natura devolutivo-sostitutiva del reclamo nellammettere la deduzione di nuovi argomenti, nuove prove e nuovi documenti83. Il legislatore del 2005 ha optato definitivamente per la natura devolutivo-sostitutiva del reclamo, aperto dunque alle allegazioni di fatti nuovi, e con la possibilit dunque per il tribunale di assumere nuove informazioni ed acquisire nuovi documenti. Nonostante la differenza terminologica con la formula utilizzata allart. 669 sexies, comma 1 c.p.c. ( atti di istruzione), la formula utilizzata per il reclamo non giustifica una minore ampiezza dei poteri istruttori del collegio in tale sede, essendo a tale organo riconosciuta piena potest cautelare, e potendo dunque colmare eventuali lacune dellistruttoria cautelare in prima fase (sempre nel rispetto dei motivi di reclamo), accogliere nuove istanze istruttorie relative a circostanze sopravvenute o a fatti in precedenza non dedotti, con applicazione sostanzialmente analogica di quanto previsto allart. 669 sexies comma 1 c.p.c.84. Il principio che giustifica tale ampiezza di poteri istruttori dunque quello per cui alla simmetria dei poteri cognitivi con il procedimento cautelare dinanzi al giudice monocratico, deve corrispondere tendenzialmente uneguale
82 83

Trib. Firenze, 11.3.1997, Trib. Termini Imerese, 12.2.2001; Trib. Milano, 25.3.96 Trib. Roma, 5.11.2003, in Rep. Foro. It., 2003, p.2166 n. 15 84 Tommaseo, Commento, cit., p.105, che equipara i poteri istruttori del collegio a quelli concessi dalla legge al giudice che ha emanato la misura cautelare reclamata; Atterdi, le nuove disposizioni, cit., pag. 259; Ghirga, Le nuove norme sui procedimenti cautelari, in Riv. Dir. Proc., 2005, pag. 812, secondo cui il giudice del reclamo pu svolgere attivit istruttoria nelle stesse forme previste per il primo grado

estensione dei poteri istruttori, ovviamente coordinando tale opzione con il rispetto del termine (ordinatorio) di venti giorni stabilito per la decisione sul reclamo, e dunque, ferma restando la mancanza di specifiche preclusioni istruttorie, valorizzando tuttavia il carattere di indispensabilit dellistruttoria in sede di reclamo. In buona sostanza, il giudice del reclamo potr integrare eventuali lacune dellattivit istruttoria dinanzi al giudice di prime cure, accogliere istanze istruttorie relative a circostanze sopravvenute o a fatti in precedenza non dedotti, procedendo al compimento di quegli atti di istruzione ritenuti indispensabili in relazione ai presupposti ed ai fini della richiesta misura cautelare, in applicazione analogica dellart. 669 sexies c.p.c..

8. Lambito di applicabilit del rito cautelare uniforme Lart. 669 quaterdecies c.p.c., contenente la norma di chiusura del modello procedimentale introdotto con la L. 3534/90 esprime lattitudine ad una generale applicabilit del rito cautelare uniforme in correlazione alla valenza costituzionale riconosciuta alla tutela cautelare, e dunque pone il problema di comprendere, e di identificare, gli altri provvedimenti di natura cautelare a cui tale modello procedimentale possa applicarsi. Sicuramente, per espressa previsione normativa, il procedimento si applica: a) ai sequestri ex artt. 670 e 671, 687 c.p.c.; b) alle denunce di nuova opera e di danno temuto di cui agli artt. 1171 e 1172 c.c.; c) ai provvedimenti durgenza ex art. 700 c.p.c.; d) al provvedimento ex art. 624 c.p.c. ed art. 703 comma 2 c.p.c. per quanto attiene alla reclamabilit degli stessi. Per quanto invece attiene agli ulteriori provvedimenti cautelari disseminati nel codice civile e nelle leggi speciali, demandata allinterprete volta per volta verificare la applicabilit del modello cautelare uniforme sulla scorta di due criteri base: a) il previo riconoscimento della natura cautelare del provvedimento in questione; b) la compatibilit del modello procedimentale ex art. 669 bis e ss c.p.c. con il singolo provvedimento cautelare.

Quanto al primo aspetto, occorre intendersi a livello sostanziale e processuale sullaccezione da fornire al termine cautelare; in assenza di una definizione legale, occorre valutare due elementi: a) la natura funzionale, consistente nellassicurare leffettivit della tutela giurisdizionale contro i pericoli di infruttuosit e tardivit del provvedimento principale conseguibile nel procedimento a cognizione piena; b) la struttura, e cio la sua provvisoriet (inidoneit a regolare definitivamente lassetto di interessi dedotto nel rapporto principale) e strumentalit rispetto alla cognizione di merito, ponendosi tale provvedimento in un rapporto di servizio rispetto ad una necessaria e successiva decisione da adottare in sede di giudizio ordinario di cognizione85. Con la riforma dellart. 669 octies c.p.c. ad opera della L. 80/05 , essendosi reciso il necessario vincolo tra cautela e procedimento di merito, sono sorte incertezze interpretative nella ricerca di una nozione di cautela che di fatto non pacifica; in altri termini, lunico elemento caratterizzante del provvedimento cautelare quello funzionale del periculum in mora; si detto dunque in dottrina che la tutela sommaria anticipatoria non cautelare quella caratterizzata dallesigenza generica di fornire alla parte che ha ragione unanticipazione del provvedimento di merito favorevole, al fine di evitare di dover attendere la conclusione del giudizio; nel caso invece della tutela anticipatoria cautelare lesigenza specifica , di rango costituzionale, quella di evitare che la parte subisca un danno pi o meno grave (fino al limite dellirreparabilit) dalla durata del processo a cognizione piena. A questultima schiera di provvedimenti potr applicarsi il rito cautelare uniforme. Identificata la natura cautelare del provvedimento richiesto, occorre formulare il giudizio di compatibilit ai sensi dellart. 669 quaterdecies c.p.c. Sul punto, la dottrina ha inteso dare alla norma di cui allart., 669 quaterdecies c.p.c. una portata particolarmente ampia, nel senso che esso potr trovare applicazione rispetto ai procedimenti previsti nelle norme speciali (anche ove queste siano anteriori allart. 669 quaterdecies), le quali sono destinate a sopravvivere ogni volta che vi siano esigenze specifiche da tutelare86. Inoltre, il giudizio di compatibilit da formulare volta per volta, secondo la dottrina e giurisprudenza prevalenti, ha natura di verifica parziale, nel senso che va compiuto per
85 86

Montesano Arieta, Il nuovo processo civile, cit., pag. 164 Proto Pisani, Procedimeni cautelari, cit. pag. 33

ciascuna

norma

del

procedimento

cautelare

uniforme,

non

allo

stesso

complessivamente valutato87; dunque, ove la legge speciale regolatrice del provvedimento extravagante contenesse una disciplina della competenza incompatibile con quella posta dagli artt. 669 ter, quater e quinquies c.p.c., ci non escluderebbe a priori lapplicabilit dellart. 669 terdecies c.p.c.. trattasi dunque di unapplicazione selettiva delle norme sul cautelare uniforme. I provvedimenti nellinteresse dei coniugi e della prole: Sono i provvedimenti previsti all art. 708 comma 3 e 4 c.p.c. ( in caso di separazione), o ex art. 4, comma 8 della L. 898/70 ( in caso di divorzio). Sono provvedimenti che hanno senza dubbio natura cautelare, cos come riconosciuto pi volte dalla Cote di Cassazione88. Il dibattito in dottrina attiene alla possibilit di assoggettare o meno tali provvedimenti al reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c.; lorientamento maggioritario ritiene che non sia possibile il reclamo atteso che trattasi di provvedimenti emanabili dufficio e potendo altres sopravvivere allestinzione del processo: Vi poi un orientamento minoritario , che invece ritiene tali provvedimenti assoggettabili al rimedio del reclamo attese le esigenze di immediatezza e contestualit rispetto al giudizio di merito da garantire in ogni caso a tali statuizioni; tale orientamento afferma altres che le ordinanze ex art.708 c.p.c. non sono espressamente dichiarate non impugnabili, per cui, almeno con riferimento alle statuizioni in materia economica( e dunque sugli assegni di mantenimento) dovrebbero essere reclamabili89; infine, pu ritenersi che anche la argomentazione relativa alla concedibilit dufficio di questi provvedimenti sembra un argomento debole, perch mentre i provvedimenti sulla prole vanno adottati anche dufficio ai sensi dellart. 155 c.c. ( poich deputati a garantire finalit pubblicistiche), quelli concernenti i rapporti economici tra i coniugi presuppongono sempre e comunque unistanza di parte. Argomento invece insuperabile e dunque contrario a questo orientamento minoritario quello della carenza di strumentalit, atteso che i provvedimenti del presidente del tribunale ( emessi nella fase presidenziale), al pari di quelli emanati successivamente dal giudice istruttore nel corso del giudizio, non sono
Proto Pisani, La nuova disciplina del processo civile, cit. pag. 387; Trib. Bologna, 6.5.1998 Da ultimo Cass. 12.4.1994 n. 3415 89 Cipriani, Limpugnazone dei provvedimenti nellinteresse dei coniugi e della prole, e il lento ritorno al garantismo, in corriere Giuridico, 1998, p. 211 e ss; Balena, Provvedimenti sommari esecutivi e garanzie costituzionali, cit., c. 1541 s.s.
88 87

strumentalmente collegati a quelli contenuti nella sentenza che definisce il giudizio di separazione, che mantengono invece una loro sostanziale autonomia ed essendo diretti a soddisfare diverse finalit; tale la ragione per cui lordinanza presidenziale, autonoma rispetto alla sentenza, destinata a sopravvivere anche alla estinzione del processo, proprio per la carenza del nesso di strumentalit con lo stesso. Infine, sempre in contrapposizione con questo orientamento minoritario, milita una ulteriore considerazione: quandanche si volesse riconoscere natura cautelare ai provvedimenti presidenziali, difetterebbe comunque il requisito della compatibilit ex art. 669 quaterdecies per rendere applicabile (parzialmente) il procedimento cautelare uniforme. Ed infatti, mentre le decisioni assunte ex art.708 c.p.c. sono sempre modificabili e revocabili in prosieguo, anche allesito di una rivalutazione degli elementi gi noti, la disciplina dettata allart. 669 decies c.p.c. subordina invece la revoca o modifica al mutamento delle circostanze, e dunque, consentire anche il reclamo ex art. 669 terdecies c.p., porterebbe ad una proliferazione del contenzioso inimmaginabile e del tutto sproporzionata. Contra, si osserva che anche tale considerazione sembra tuttavia fragile, atteso che la formulazione dellart. 669 decies c.p.c. e quella dellart. 708 c.p.c., comma 4, sono sostanzialmente identiche, poich i provvedimenti ex art. 708 c.p.c. possono essere modificati dal giudice istruttore anche ( ma non soltanto, quindi) sulla base di una nuova valutazione dei medesimi elementi gi valutati, senza escludere dunque le circostanze sopravvenute. Attualmente, il contrasto in giurisprudenza abbastanza marcato. Sempre in materia di famiglia, altra questione attiene al sequestro dei beni del coniuge obbligato ex art. 156 c.c.:lorientamento prevalente ritiene che tale provvedimento, nonostante la sua qualificazione in termini di sequestro , non abbia natura propriamente cautelare, difettando in particolare i presupposti del fumus boni juris e del periculum in mora. Tale sequestro presuppone infatti un credito gi dichiarato, sia pure in via provvisoria, ed ha come presupposto il necessario inadempimento della parte obbligata al versamento del mantenimento; riveste dunque natura di provvedimento coercitivo atipico diretto ad impedire la reiterata violazione dellobbligo mediante coazione dellobbligato, e come tale privo del nesso di strumentalit con il successivo giudizio di merito.

Da tale affermata natura non cautelare, discende linapplicabilit del rito cautelare uniforme. A tale orientamento maggioritario, si affianca una diversa tendenza minoritaria che ritiene che tale sequestro abbia natura cautelare, assolvendo ad una funzione analoga a quella del sequestro conservativo (evitare la sottrazione dei beni dellobbligato ai danni del creditore), seppure basata necessariamente sullaccertamento dellinadempimento e sul pericolo di infruttuosit futura, nonch della situazione da tutelare (diritto a prestazioni periodiche con termine di scadenza indeterminato). In tale modo, potr garantirsi al soggetto obbligato il ricorso al reclamo. Quanto alle ordinanze ex art. 186 bis e ter c.p.c., evidente la loro natura tipicamente monitoria; esse tuttavia non hanno carattere decisorio n lidoneit a acquistare lirrevocabilit propria degli effetti del giudicato, essendo sempre revocabili e modificabili, anche in caso di estinzione del processo, e destinate ad essere assorbite nella sentenza di merito. Esse hanno dunque natura e funzione prettamente esecutiva, e pertanto va esclusa lapplicabilit ex art. 669 bis c.p.c.. Infine, quanto ai provvedimenti possessori, il nuovo articolo 703 c.p.c. introduce una volta per tutte ponendo fine al dibattito giurisprudenziale la reclamabilit degli stessi ai sensi dellart. 669 terdecies c.p.c., sia con riferimento allordinanza di accoglimento che a quella di rigetto. Tuttavia, quanto alla generale applicabilit del rito cautelare uniforme, e soprattutto alla natura del procedimento possessorio, in dottrina, nel tempo, hanno preso corpo due orientamenti, uno dei quali non pi attuale, cos sintetizzabili: a) il procedimento possessorio si svolge in ununica fase sommaria destinata a concludersi con ordinanza, impugnabile mediante reclamo, dotata di efficacia meramente esecutiva ed inidonea al giudicato; b) il procedimento possessorio un unicum che si snoda in due fasi, sommaria e di merito, con la conseguenza che il giudice, dopo aver emesso i provvedimenti sommari fissa direttamente ludienza ex art. 183 c.p.c. 90. La novella del 2005 ha finalmente reso soltanto eventuale la fase di merito, subordinandola alla richiesta delle parti in tal senso entro il termine perentorio di sessanta giorni dallemissione dellordinanza a chiusura della fase sommaria; dunque il procedimento cautelare pur presentandosi dogmaticamente come un copro a struttura
90

Cass. SSUU 24.2.1998 n. 1984

bifasica, subordina tuttavia la fase di merito alla specifica istanza di parte in tal senso, istanza che non potr avere contenuto differente a quello del ricorso, senza dunque alcuna possibilit di ampliare il thema decidendum . Laddove la seconda fase di merito non venga introdotta e dunque laddove il provvedimento emesso nella fase sommaria non venga trasfuso in alcuna sentenza lordinanza conclusiva della fase sommaria, ove di accoglimento, conserva la sua efficacia esecutiva, confermandosi come un provvedimento sommario semplificato esecutivo, passibile di rimanere in vita a tempo indeterminato e cio fino allaccertamento positivo di contrastanti ragioni di diritto, conseguente allesercizio di unazione reale o personale.

Appendice: Le Prove atipiche Per prova atipica si intende a) quella non prevista dalla legge, oppure b) quella prevista dalla legge, ma non acquisita nelle forme previste dalla legge, nonch ancora c) lutilizzo a fini probatori di mezzi processuali diversi da quelli comunemente condotti al concetto di prova. Dunque vi atipicit con riferimento alla fonte di prova, e quella riferita al procedimento di acquisizione. Da tenere distinta la prova illecita, , ove il giudizio di illiceit va effettuato con riferimento alla prova oggetto o frutto di una condotta illecita, o a quella assunta con un procedimento che ha violato le norme processuali. Fonti atipiche: Si controverte se le prove nel processo civile siano solo quelle previste dal codice, come tipiche, e che dunque le altre siano da considerarsi atipiche.

La discussione sulla prova atipica, e la necessit di giustificarla nel processo, nasce dal concetto di diritto alla prova, secondo cui la parte ha il diritto di agire in giudizio provando i fatti a fondamento delle sue pretese, ovvero di reagire e difendersi contro le allegazioni probatorie delle controparti, e di non subire alcuna limitazione probatoria o impedimento processuale allacquisizione di prove raccolte in altri processi, allinvocazione di un giudicato formatosi inter alios, e dunque di fornire al giudice proprio per la completezza del suo libero convincimento quanti pi elementi possibili. Inoltre, vi da dire che non vi nel nostro ordinamento alcuna disposizione per le quali le prove disciplinate dal codice siano da considerarsi un numerus clausus, e dunque ipotizzabile e giustificabile lingresso delle prove atipiche. Nell'ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassativit tipologica dei mezzi di prova. Ne consegue che il giudice pu legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purch idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico - riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimit, se congruamente motivato - con le altre risultanze del processo. In particolare, il giudice del merito pu trarre elementi di convincimento anche dalla parte della consulenza d'ufficio eccedente i limiti del mandato, ma non sostanzialmente estranea all'oggetto dell'indagine in funzione della quale stata disposta. ( Cass. civ., Sez. II, 25/03/2004, n.5965) Nell'ordinamento processuale vigente, in forza del principio di cui all'art. 116 c.p.c. il giudice pu legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purch idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico con le altre risultanze del processo, con il solo limite di dare congrua motivazione dei criteri adottati per la sua valutazione. (Fattispecie relativa a un elenco dei dipendenti di un'azienda, privo di attestazione della provenienza, utilizzato per valutare il requisito dimensionale in una controversia in tema di licenziamento) (Cass. civ., Sez. lavoro, 27/03/2003, n.4666) L'art. 116 c.p.c. conferisce al giudice di merito un potere ampiamente discrezionale del quale, attenendo esso alle cosiddette prove atipiche o innominate, va motivatamente giustificato l'uso, e non gi, come invece in caso di mancata valutazione delle prove tipiche (e salvo sempre il principio del libero convincimento), il non uso. (Cass. civ., Sez. II, 24/02/2004, n. 3642)

L'ammissibilit del ricorso alle prove atipiche nel giudizio civile, oltre a non essere ostacolata da espliciti divieti, imposta da norme di rango costituzionale, quali quella che garantisce il diritto di difesa (e, quindi, il diritto alla prova) e quella che assicura le garanzie del giusto processo (tra le quali, anche la garanzia di una decisione giusta, in quanto fondata sull'accertamento veritiero dei fatti). (Nella specie, la corte ha ammesso come prova uno scritto proveniente da un terzo). (App. Bari, 15/04/2005) Quali sono le prove atipiche? In primis viene in rilievo la produzione di documenti: a) prove raccolte in altri processi. Acquisizione dei verbali di causa delle prove testimoniali, o in generale di qualsiasi altra prova assunta in altro giudizio in cui vi sia identit di parti: latipicit consiste nel fatto che questa prova non si formata dinanzi al giudicante (Il giudice di merito pu legittimamente tenere conto, ai fini della decisione, di risultanze di relazioni tecniche acquisite in un diverso processo, tanto pi quando la relazione sia stata predisposta in relazione ad un giudizio tra le stesse parti ed abbia avuto ad oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i giudizi.Cass. civ., Sez. III, 18/04/2001, n.5682): trattasi dunque non di una prova orale (perch non una testimonianza formatasi dinanzi al giudicante) ma di una prova documentale atipica) Ci pu accadere sia in relazione ad altri giudizi tra le stesse parti, che tra parti diverse (E' rimessa alla prudente valutazione del giudice riconoscere il valore di indizi, aventi la stessa efficacia probatoria delle presunzioni, a prove testimoniali raccolte in altro giudizio, anche tra parti diverse, e ritualmente addotte. Cass. civ., Sez. II, 18/09/2000, n.12288). Quanto al valore probatorio da riconoscere a tali documenti, la giurisprudenza concorde nel ritenere che essi vadano valutati quali indizi di prova, anche se relativi a giudizi tra le stesse parti (Ai fini dell'impugnazione per revocazione, ai sensi dell'art. 395 n. 3 c.p.c., deve ritenersi decisivo il documento, trovato dopo la sentenza, che, se acquisito agli atti, sarebbe stato in astratto idoneo a formare un diverso convincimento del giudice, e perci a condurre ad una diversa decisione (in applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso la decisivit delle dichiarazioni rese in altro processo in sede di interrogatorio libero ai sensi dell'art. 424 c.p.c., non avendo le stesse valore confessorio ed avendo, comunque, le

prove assunte in un diverso giudizio mera efficacia indiziaria.Cass. civ., Sez. lavoro, 19/08/2000, n.11007 In caso di occupazione illegittima da parte della p.a. di un fondo di propriet privata per la costruzione di un'opera pubblica, la determinazione della data in cui si verificata la radicale trasformazione del suolo e la conseguente sua irreversibile destinazione alla realizzazione dell'opera pubblica, ai fini della decorrenza della prescrizione, costituisce apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito, e, pertanto, insindacabile ove sorretto da adeguata motivazione. Ai fini della formazione del proprio convincimento, il giudice pu utilizzare anche prove raccolte in un diverso giudizio tra le stesse o altre parti, quali indizi idonei a fornire utili elementi di giudizio. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione della Corte di merito che aveva attribuito rilievo probante, ai fini della individuazione della data di completamento dell'opera pubblica in questione, un edificio scolastico, alla consulenza disposta in altro giudizio ed alla sentenza che lo aveva definito, pronunziata tra altre parti, ma relativa allo stesso edificio, in quanto realizzato su area in parte di propriet di soggetto diverso dai ricorrenti).Cass. civ., Sez. I, 04/01/2000, n.8). Non sono mancate pronunce di segno contrario, che riconoscono a tali prove il valore di prova piena (Il giudice di merito pu utilizzare in mancanza di qualsiasi divieto di legge, anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse altre parti, come qualsiasi altra produzione delle parti stesse, al fine di trarne non solo semplici indizi o elementi di convincimento, ma anche di attribuire loro valore di prova esclusiva, il che vale anche per una perizia svolta in sede penale o una consulenza tecnica svolta in altre sedi civili.Cass. civ., Sez. II, 11/08/1999, n.8585 Sentenza civile resa in altro giudizio: Si tratta delle sentenza emesse in altri giudizi o tra le stesse parti o tra parti diverse: hanno valore di documentazione delle risultanze dei mezzi istruttori di prova in tali sedi esperiti. Tali risultanze probatorie, poich assunte aliunde hanno valore di meri indizi, che non possono assurgere a rango di prova piena se non accompagnati da elementi probatori ulteriori assunti nel giudizio in corso, ed a seguito di un raffronto critico con gli stessi.( Le sentenze pronunciate in altro processo tra parti diverse hanno valore di documentazione delle risultanze dei mezzi di prova allora esperiti, senza per che

l'omesso esame di tali risultanze concreti un vizio di motivazione, in quanto, trattandosi di prove svoltesi in giudizio diverso, alle stesse pu attribuirsi valore di meri indizi, che non possono assurgere a fonti determinanti per l'accertamento del fatto controverso, in mancanza di un adeguato raffronto critico con le altre risultanze del processo.Cass. civ., Sez. lavoro, 11/12/1999, n.13889) Vi dunque un risvolto del principio del 2909 c.c. sul giudicato formale (la sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, gli eredi e gli aventi causa), per cui si pu dire a contrariis che la sentenza non emessa tra le stesse parti non pu essere vincolante per i terzi, e rispetto a questi pu avere solo valore indiziario in ordine alla situazione giuridica che in esso si accertato, ed oggetto di libera valutazione da parte del giudice davanti al quale prodotta, sempre insieme agli altri elementi di giudizio direttamente acquisiti. (Dal principio fissato dall'art. 2909 c.c. - secondo cui l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa - si evince, a contrario, che l'accertamento contenuto nella sentenza non estende i suoi effetti - e non vincolante - per i terzi. Rispetto ai terzi, infatti, la sentenza passata in giudicato pu esclusivamente avere la diversa efficacia di prova o di elemento di prova documentale in ordine alla situazione giuridica che abbia formato oggetto dell'accertamento giudiziale. Tale efficacia indiretta pu essere invocata da chiunque vi abbia interesse, ma spetta al giudice di merito di esaminare la sentenza prodotta a tale scopo e sottoporla alla sua libera valutazione, anche in relazione ad altri elementi di giudizio rinvenibili negli atti di causa. (In base ai suddetti principi la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto che una sentenza divenuta definitiva emessa tra datore di lavoro e lavoratori potesse avere effetti di giudicato anche nei confronti dell'Inps - ancorch l'ente non avesse partecipato al giudizio - al fine della riscossione dei contributi previdenziali riferentisi ai rapporti di lavoro subordinato la cui sussistenza era stata accertata nella sentenza passata in giudicato Cass. civ., Sez. lavoro, 18/05/1999, n.4821) Il ragionamento di cui sopra vale ancor di pi per le pronunce non passate in giudicato . Sentenze penali ed atti del procedimento penale.

Sentenza di patteggiamento: lart. 445 c.p.p. stabilisce che essa non ha alcuna efficacia nei giudizi civili ed amministrativi; ci significa ancora una volta che, escludendone la valenza di prova, possono per rinvenirsi alcuni elementi di giudizio anche per il patteggiamento ( La disposizione di cui all'art. 445, comma 1, c.p.p., secondo la quale la sentenza di patteggiamento non ha efficacia nei giudizi civili ed amministrativi, si applica anche con riferimento al procedimento disciplinare, pur quando esso non abbia natura giurisdizionale (come nel caso di specie, con riferimento alla fase innanzi al Consiglio provinciale dell'Ordine degli architetti ed ingegneri, che ha natura amministrativa). Ne consegue che, nel giudizio disciplinare, l'accertamento dei fatti addebitati al professionista, allo scopo di valutarne la rilevanza in sede disciplinare avviene in modo del tutto autonomo rispetto alla sentenza di patteggiamento emessa nei confronti dello stesso in relazione ai medesimi fatti. Tale accertamento pu, bens, avvalersi degli elementi che risultano dal contenuto della predetta sentenza, ma esige che non si tragga da essa la esclusiva prova della sussistenza dei fatti costituenti illecito disciplinare, richiedendo l'affermazione di responsabilit disciplinare che, in esito a cognizione piena, l'accertamento a contenuto negativo del giudice penale (assenza degli estremi per il proscioglimento) si trasformi in un accertamento positivo sulla sussistenza dei fatti, con conseguente necessit dell'esame, quanto meno, della posizione che l'incolpato ha assunto sul punto sia in sede penale, che nel corso del procedimento disciplinare. Cass. civ., Sez. III, 27/08/1999, n.8993). Dunque lassenza degli estremi per il proscioglimento valutata ai fini del patteggiamento solo un indizio (negativo per lincolpato) che va valutato insieme a tutto il resto acquisito a cognizione piena nel procedimento disciplinare. Lo stesso dicasi per tutto il materiale probatorio assunto in dibattimento, anche se non valutato per via dellestinzione del reato (Il materiale probatorio acquisito nel procedimento penale per l'accertamento della commissione di un reato, ritualmente introdotto nel giudizio civile, ancorch non valutato criticamente in dibattimento per essersi il reato estinto, pu esser posto a fondamento del convincimento del giudice del merito per la ricostruzione dei medesimi fatti ai fini dell'accertamento della responsabilit civile nei confronti dello stesso soggetto indiziato di reato, ed, altres, possono essere utilizzate le dichiarazioni testimoniali, rese alla polizia giudiziaria in

sede di sommarie informazioni, ai sensi dell'art. 225 c.p.p. del 1930, per fatti anteriori all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, senza che perci sia violato il diritto alla difesa della parte. Cass. civ., Sez. III, 10/05/2001, n.6502). Tali esempi sono lespressione di un principio generale circa la possibile valutazione ( del tutto libera) che il giudice civile pu fare delle risultanze singolarmente e globalmente considerate ottenute in un procedimento penale, qualunque ne sia stato lesito (La sentenza penale non irrevocabile, ancorch non faccia stato nel giudizio civile circa il compiuto accertamento dei fatti materiali formanti oggetto del giudizio penale, costituisce in ogni caso un documento, che il giudice civile tenuto ad esaminare e dal quale pu trarre elementi di giudizio, sia pure non vincolanti, su dati e circostanze ivi acquisiti con le garanzie di legge, soprattutto quando gli stessi non risultino da mere valutazioni del giudice penale, ma trovino rispondenza nell'istruttoria espletata in quella sede. Cass. civ., Sez. I, 15/02/2001, n.2200) Diverse pronunce sono state invece emesse in relazione alla perizia svolta in sede penale, o alla CTU esperita in sede civile (Il giudice di merito pu utilizzare in mancanza di qualsiasi divieto di legge, anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse altre parti, come qualsiasi altra produzione delle parti stesse, al fine di trarne non solo semplici indizi o elementi di convincimento, ma anche di attribuire loro valore di prova esclusiva, il che vale anche per una perizia svolta in sede penale o una consulenza tecnica svolta in altre sedi civili. (Cass. civ., Sez. II, 11/08/1999, n.8585). Per la formazione del proprio convincimento il giudice di merito pu utilizzare anche le prove e gli accertamenti raccolti in diverso giudizio tra le stesse parti o tra altre parti e, quindi, pu trarre elementi di convincimento anche da una perizia svolta in un procedimento penale. (Cass. civ., Sez. II, 09/09/2004, n.18131) Ed infine, sul comportamento delle parti negli altri procedimenti: In tema di valutazione della prova, l'omessa valutazione dei comportamenti processuali ed extraprocessuali di una parte pu integrare vizio della motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia, quando tali comportamenti siano astrattamente

idonei, ove presi in considerazione dal giudice di merito, a determinare una decisione diversa da quella adottata. Tali comportamenti devono essere presi in considerazione dal giudice di merito anche se emergano da atti ed indagini svolte in sede penale, costituendo in tal caso semplici indizi, idonei a fornire utili e concorrenti elementi di giudizio, la cui concreta efficacia sintomatica deve essere valutata - in conformit alla regola in tema di prova per presunzioni - non solo analiticamente, ma anche nella loro convergenza globale, accertandone la pregnanza conclusiva in base ad un apprezzamento insindacabile in sede di legittimit, se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico. Cass. civ., Sez. III, 10/10/2003, n.15181. Perizia stragiudiziale e consulenza tecnica di parte: Sono documenti contenenti valutazioni, stime o giudizi non assunti in contraddittorio tra le parti, ed elaborate da soggetto incaricato da una di esse. Essi, secondo una vecchia impostazione, non hanno bisogno di specifica confutazione da parte del giudice (La consulenza di parte, ancorch confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio: ne consegue che il giudice di merito, il quale esprima un convincimento ad essa contrario, non tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto. Cass. civ., Sez. III, 18/04/2001, n.5687); tuttavia non mancano sporadiche pronunce di segno contrario (Quando i rilievi contenuti nella consulenza tecnica di parte siano precisi e circostanziati, tali da portare a conclusioni diverse da quelle contenute nella consulenza tecnica d'ufficio ed adottate in sentenza, ove il giudice trascuri di esaminarli analiticamente, ricorre il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.Cass. civ., Sez. lavoro, 16/06/2001, n.8165) . La giurisprudenza pi recente afferma che: affetta da vizio di motivazione la sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte di precise e circostanziate critiche mosse dal consulente tecnico di parte alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, non le abbia in alcun modo prese in considerazione e si sia invece limitato a far proprie le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, giacch il potere di detto giudice di apprezzare il fatto non equivale ad affermare che egli possa farlo immotivatamente e non lo esime, in presenza delle riferite

contestazioni, dalla spiegazione delle ragioni - tra le quali evidentemente non si annovera il maggior credito che egli eventualmente tenda a conferire al consulente d'ufficio quale proprio ausiliare - per le quali sia addivenuto ad una conclusione anzich ad un'altra, incorrendo, altrimenti, proprio nel vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia. (Nella specie, la S.C., enunciando il riportato principio, ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza con la quale, in un giudizio risarcitorio per lesioni conseguenti ad assunta responsabilit sanitaria, la corte di appello aveva confermato la statuizione di rigetto della domanda adottata in primo grado, rilevando, in modo apodittico e senza un preciso riscontro dei plurimi rilievi formulati dal consulente di parte anche in appello a seguito di rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio, la piena attendibilit delle risultanze di quest'ultima, in quanto ritenute fondate su elementi di valutazione assolutamente condivisibili e conformi ai dati riscontrati ed esaustivamente motivati con osservazioni pertinenti e logiche, corrispondenti anche ai risultati peritali d'ufficio scaturiti in primo grado, con conseguente insussistenza delle decisive incongruenze denunciate dall'appellante). (Cassa con rinvio, App. Milano, 11 Ottobre 2002) Cass. civ., Sez. III, 01/03/2007, n.4797 Il principio secondo cui la consulenza tecnica di parte costituisce semplice allegazione difensiva di carattere tecnico priva di autonomo valore probatorio, della quale il giudice di merito, che esprima un convincimento ad essa contrario, non tenuto ad analizzare e a confutare il contenuto, non comporta, nel caso in cui la consulenza di parte sia una consulenza medico legale concernente prestazioni previdenziali e assistenziali, che il giudice di merito, in considerazione della qualit delle situazioni soggettive sulle quali il giudizio medico legale destinato ad incidere, non abbia alcun obbligo di confutazione. Tuttavia, l'omesso esame, da parte del giudice, dei rilievi della parte, in tanto rileva come vizio di omessa motivazione, denunciabile in cassazione, in quanto la parte ne indichi, con riferimento a serie e documentate argomentazioni medico - legali, la decisivit, ossia l'incidenza sulla valutazione della sussistenza o meno di un determinato stato patologico. Cass. civ., Sez. lavoro, 10/12/2002, n.17556 Nell'ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassativit tipologica dei mezzi di prova. Ne consegue che il giudice pu legittimamente porre a

base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purch idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico - riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimit, se congruamente motivato - con le altre risultanze del processo. In particolare, il giudice del merito pu trarre elementi di convincimento anche dalla parte della consulenza d'ufficio eccedente i limiti del mandato, ma non sostanzialmente estranea all'oggetto dell'indagine in funzione della quale stata disposta. Cass. civ., Sez. II, 25/03/2004, n.5965 Scritture contenenti dichiarazioni provenienti dalla parte: In relazione a tali documenti, molto significativa una pronuncia del 2001, (conforme a SSUU 153/98) che ha affermato: La dichiarazione sostitutiva dell'atto di notoriet prevista dall'art. 4 della legge n. 15 del 1968 ha attitudine certificativa e probatoria fino a contraria risultanza nei confronti della p.a. ed in determinate attivit o procedure amministrative; ma, in difetto di diversa, specifica previsione di legge, nessun valore probatorio, neanche indiziario, pu essere ad essa attribuito nel giudizio civile caratterizzato dal principio dell'onere della prova, atteso che la parte non pu derivare elementi di prova a proprio favore, ai fini del soddisfacimento dell'onere di cui all'art. 2697 c.c., da proprie dichiarazioni. (Fattispecie in tema di prova della mancata vendita di fondi rustici nel biennio precedente per un importo superiore a lire mille ai fini dell'insorgenza del diritto di prelazione agraria).Cass. civ., Sez. III, 16/05/2001, n.6742 Nel giudizio civile, caratterizzato dal principio dell'onere della prova, nessun valore probatorio pu essere attribuito alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notoriet, qualora essa costituisca l'unico elemento esibito nel giudizio civile al fine di provare un elemento costitutivo dell'azione o dell'eccezione. Cass. civ., Sez. III, 06/04/2001, n.5142). Tale principio stato ribadito con riferimento a svariata casistica: Le attestazioni contenute in una cartella clinica sono riferibili ad una certificazione amministrativa per quanto attiene alle attivit espletate nel corso di una terapia o di un intervento, mentre le valutazioni, le diagnosi o comunque le manifestazioni di scienza o di opinione in essa contenute non hanno alcun valore probatorio privilegiato rispetto ad altri elementi di prova; in ogni caso, le attestazioni della cartella clinica, ancorch

riguardante fatti avvenuti alla presenza di un pubblico ufficiale o da lui stesso compiuti (e non la valutazione dei suddetti fatti) non costituisce prova piena a favore di chi le ha redatte, in base al principio secondo il quale nessuno pu precostituire prova a favore di se stesso. Cass. civ., Sez. III, 27/09/1999, n.10695. L'attestazione amministrativa non pu costituire piena prova a favore dell'amministrazione da cui essa provenga, che di essa intenda avvalersi in causa, potendo comunque assumere valore indiziario e formare il convincimento del giudice in associazione ad altri elementi. Cass. civ., Sez. I, 07/02/2000, n.1320. Nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, in considerazione del suo carattere officioso, il giudice ha il potere-dovere di accertare l'esistenza dei presupposti richiesti per l'apertura della procedura concorsuale anche in base agli atti del fascicolo fallimentare, le cui acquisizioni conoscitive rientrano nella categoria delle prove atipiche, delle quali il giudice pu avvalersi per siffatto accertamento, e, quindi, sono suscettibili di essere valutate a detto scopo anche le dichiarazioni rese nella fase prefallimentare dal fallito, ovvero da un soggetto privo della capacit a testimoniare, ex art. 246 cod. proc. civ. - norma questa non applicabile a detta fase - in quanto titolare di un interesse che potrebbe legittimare la sua partecipazione al giudizio (nella specie, un creditore del fallito). Cass. civ., Sez. I, 02/09/2005, n.17698. Dunque, in sintesi, si riconosce valore poco rilevante alle scritture contenenti dichiarazioni delle parti, sulla scorta del principio per cui nessuno pu precostituire prove a suo favore. Scritture contenenti dichiarazioni provenienti da terzi: Vale lo stesso ragionamento sin qui seguito. Sono documenti che non possono contenere elementi di affidabilit circa la genuinit, la spontaneit e lesattezza delle dichiarazioni ivi contenute, visto che non sono state adoperate dal giudice nel processo in cui debbono servire. Dunque, essi possono offrire soltanto elementi indiziari, valutabili unitamente alle altre risultanze istruttorie assunte nel corso del giudizio, e valgono pertantosolo ad

integrazione del fondamento della decisione (Cass. 21.11.00 n. 15027: ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito nella parte in cui aveva posto a fondamento della condanna in un giudizio di risarcimento danni per sinistro stradale , oltre alle circostanze direttamente accertate nella immediatezza dei fatti dagli agenti operanti, anche le dichiarazioni di un terzo, inserite nel verbale da loro redatto). Verbali P.A.: Essi fanno fede fino a querela di falso, in ossequio allart. 2700 c.c., solo per le operazioni compiute direttamente dai verbalizzanti, ovvero per ci che essi abbiano percepito direttamente senza margini di discrezionalit interpretative; sul punto vi giurisprudenza costante (Cass. 12834/99, 5435/99, 3522/99). Diversa invece la valenza di verbali redatti non da p.a., ma da organi tecnici particolarmente qualificati, che costituiscono sempre apprezzamenti formatisi al di fuori del processo, anche se da organi qualificati e nellambito di specifiche regole procedimentali ( L'efficacia probatoria del contenuto della relazione redatta dal curatore fallimentare va diversamente valutata a seconda della natura delle risultanze da essa emergenti. Mentre, infatti, la relazione, in quanto formata da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, fa piena prova fino a querela di falso degli atti e dei fatti che egli attesta essere stati da lui compiuti o essere avvenuti in sua presenza, il contenuto delle dichiarazioni rese dai terzi rimane liberamente valutabile in ordine alla sua veridicit. In ordine a tale secondo genere di risultanze, peraltro, ove la "ratio decidendi" si fondi su quelle parti della relazione del curatore in cui viene recepito ci che allo stesso stato riferito, eludendosi, in tal modo, il ricorso ad una prova testimoniale, con i limiti e la responsabilizzazione che essa comporta, si sostituisce una fonte di prova atipica alla utilizzazione di un mezzo di prova tipico, violandosi i precetti di diritto che governano l'assunzione delle prove. N pu ritenersi che, in tali ipotesi, la prova abbia carattere presuntivo, ove si consideri l'esigenza, per la validit di tal genere di prova, che essa abbia a fondamento fatti noti, in quanto provati o tali da non richiedere di essere provati per la loro notoriet o per l'assenza di contestazione. Cass. civ., Sez. I, 02/09/1998, n.8704). Stesse conclusioni per le dichiarazioni confessorie verbalizzate da organi di polizia (Le dichiarazioni rese agli organi di polizia giudiziaria, ancorch non siano vincolanti in

sede civile, costituiscono confessione stragiudiziale fatta ad un terzo che il giudice ha il potere - dovere di apprezzare liberamente. (Fattispecie relativa ad una dichiarazione resa agli ispettori Inail). Cass. civ., Sez. lavoro, 16/08/2000, n.10825.) Analoghe considerazioni anche per le constatazioni amichevoli di sinistro, ove le dichiarazioni formulate su modello incompleto, o sottoscritto da una sola delle parti, degradino da prova legale ex art. 5 L. 39/77 ( secondo cui, ove compilate in modo corretto e sottoscritto dalle parti hanno valore di presunzione iuris tantum, vincibile con prova contraria fornita dallassicuratore del danneggiante, su cui incombe il relativo onere) e non hanno valore di confessione stragiudiziale, ma di mera ammissione qualificabile come indizio.

Potrebbero piacerti anche