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QUELLUNICA VOLTA DELLA SANGIUSTO Anno 1924. Salone dellAutomobile alla Fiera di Milano.

La guerra un ricordo ormai cancellato; gli anni lunghi e terribili del dopoguerra, della riconversione industriale, delle agitazioni operaie, sono finiti. Un italianissimo sforzo di ricostruzione sta cogliendo in questo periodo i primi frutti e il Salone del capoluogo lombardo una delle prime occasioni per celebrarne i fasti. Ma non ci sono da ammirare soltanto le imponenti realizzazioni della Isotta Fraschini, della Itala, della Bianche oppure della Fiat. Un piccolo telaio, presentato per la prima volta da una fabbrica ancora sconosciuta, la Sangiusto di Trieste, riscuote altrettanta attenzione e forse pi. Scrive Auto Italiana, una delle pi autorevoli riviste del tempo: Nello stand della Sangiusto trovasi la maggiore novit e la pi interessante di tutto il Salone. Si tratta del telaio di cui presentiamo in queste pagine due versioni: il prototipo del 1922 e quella definitiva. Sono evidenti, anche ad un esame superficiale, le singolari ed inedite caratteristiche costruttive. Innanzitutto il telaio sostituito da ununica trave centrale; il motore sistemato alla estremit posteriore della trave stessa e forma un gruppo unico con la scatola del cambio e quella del differenziale. Da questultima partono due assi snodati, a doppio giunto cardanico, che comandano direttamente le due ruote motrici. Un altro particolare di estremo interesse costituito dalle quattro ruote collegate al longherone centrale per mezzo di parallelogrammi articolati, che sostituiscono gli assali anteriori e posteriori e permettono alle ruote stesse di oscillare indipendenti. Il motore, un piccolo quattro cilindri di 750 cc, viene raffreddato a circolazione daria forzata, ottenuta mediante un ventilatore comandato meccanicamente dal motore stesso. I cilindri sono sistemati entro una camicia dalluminio nella quale circola laria aspirata dal ventilatore. Una concezione genialmente anticipatrice di quelli che sarebbero stati, negli anni successivi, gli orientamenti della tecnica automobilistica. La stampa italiana ne parla in termini entusiastici: la prima vetturetta italiana; la brillante e geniale soluzione della vetturetta utilitaria; la vetturetta a buon mercato dalla concezione assolutamente geniale; riassume in uno chassis armonico tutti i requisiti assolutamente indispensabili per la vetturetta utilitaria; di arditissima concezione; ma la fama della piccola Sangiusto arriva anche allestero, dove viene definita a cyclecar of extremely pleasant lines and of very novel construction. Eppure, spenta leco del Salone, gi dopo pochi mesi la vetturetta della Casa triestina entra nel novero di quei tanti, coraggiosi ed inutili esperimenti falliti. Estremamente complesso, ogni volta, appurare cosa realmente sia accaduto. Nel caso della Sangiusto forse una maldestra gestione finanziaria o commerciale. Forse troppo poca esperienza nella messa a punto definitiva

della vetturetta. Forse la schiacciante ed inesorabile legge del pi forte. Rimane il fatto che il simbolo del giglio, scelto come marchio, non fece pi parlare di s. La Sangiusto venne costruita in non pi di una ventina di esemplari, di cui uno, come telaio, esposto al Museo dellAutomobile di Torino e un altro al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Lazienda, posta in liquidazione gi nel 1926, fu definitivamente cancellata dal Registro delle Ditte nel 1928 Donatella Biffignandi Centro di Documentazione del Museo Nazionale dellAutomobile di Torino 1990

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