Sei sulla pagina 1di 19

Esame di Cecchi Paone

Riassunti di Maurizio Zanoni

Teoria e storia del documentario turistico


Cap 1 storia della documentazione visiva: il perché di una scelta che guarda il passato

Documentario cortometraggio che illustra particolari aspetti della realtà a scopo divulgativo,
informatico, didattico.
La comunicazione sia scritta che orale è un ponte tra le epoche future e passate.
Il documento è la testimonianza scritta o visiva che ci consente di parlare di ingresso nella
dimensione storica da parte dell’uomo.
Fin dalle origini l’uomo è stato ossessionato dall’esigenza di riproduzione della realtà intesa come
memoria assoluta dei fatti e degli avvenimenti del genere umano.
La scrittura è stato il primo elemento di fissità, nell’arco della storia della documentazione.
Il testo scritto si presta per sua stessa natura al dibattito, al confronto, allo sforzo interpretativo
rispetto alla narrazione orale che invece è anedottica, rapsodica, basata su un concetto di vero
narrativo, per cui la verità risiede nella capacità interpretativa dell’attore e non è una questione di
contenuto.
Attraverso la scrittura, il primo grande medium documentario della storia dell’uomo, è l’Iliade e
l’Odissea.
Nella storia, a un certo punto, l’esigenza di sistemizzazione scientifica, prevale sull’aspetto estetico,
dove poesia e prosa, (verso e parola) si separano.
Il documentario, infatti, abbraccia la verità, concetto confermato anche dalle parole di Vertov:” il
documentarismo non deve avere pretese artistiche.
La scrittura è stato il primo medium, tuttavia non possiamo trascurare la scelta iconologia,
trampolino di lancio per lo sviluppo storico, della fotografia prima e del cinema poi.
Merito della visione a maglie larghe della religione cristiana che ha permesso di approdare ad un
interesse per il corpo e per la rappresentazione visiva, che non è stato proprio di altre culture, con
referenti religiosi diversi.
L’evoluzione dei linguaggi e dei supporti mediatici: dai manoscritti ai libri stampati con caratteri
mobili, dagli affreschi ai quadri; tutti necessari per la realizzazione di strumenti come la macchina
fotografica e in seguito quella da presa.

Cap 2 la prima rivoluzione mediatica: la nascita del telèr


Nel XV in Fiandra e Italia inizia l’esigenza di mostrare frammenti di realtà, di vita vissuta e di
contesti quotidiani anche nell’arte.
Pittori e mecenati avevano scoperto con gioia che l’arte non doveva esclusivamente servire a
narrare in modo commovente la storia sacra, ma poteva rispecchiare un frammento del mondo reale.
Questo è il momento di vera rottura dal medioevo.
La trasformazione quattrocentesca verte su un cardine di primaria importanza: la nascita e lo
sviluppo di una borghesia imprenditoriale; che chiedeva riconoscibilità anche dal punto di vista
estetico.
Un altro mutamento: la creazione di corporazioni di artisti; un mestiere non dissimile dal falegname
etc…(nessuna presenza di quel fenomeno artistico che prende il nome di ispirazione) e sono i
committenti a decidere gli andamenti del mercato e del soggetto pittorico; in questo modo il pittore
e lo scultore fanno parte a pieno titolo del tessuto produttivo della città.
La vita della città quindi entrava prepotentemente nei quadri, non solo merito della scoperta della
prospettiva ma anche della riscoperta dell’importanza della luce.
Il quattrocento è anche il secolo dell’introduzione della tela, il telèr (come venne chiamato a
Venezia) che consente all’artista di non doversi più muovere tra castelli ed edifici religiosi per
prestare la propria opera.
Insomma la pittura inizia ad essere qualcosa di più rispetto all’esercizio artistico legato al tema
religioso, comincia a diventare documentazione di avvenimenti, paesaggi, storie, forme e colori
legati all’esperienza reale e quotidiana.
Comincia a diventare quello che per noi è il documentario in senso stretto: un esperienza estetica in
grado di proporre con fresca plasticità l’essenza della vita vissuta nella grandi realtà umane, rurali o
cittadine che siano.
Alcuni autori e dipinti che hanno contrassegnato in maniera indelebile questo momento della storia
dell’arte:
-Il Miracolo della Croce (Gentile Bellini) un ibrido tra soggetto religioso e civile.
-La guarigione dell’Ossesso ( Vittorio Carpaccio) in tutti e due questi quadri come contorno si ha
una ricostruzione fedele della città di Venezia.
-Incisione su legno (Jacopo de Barbari)
-Sette chiese di Roma (Etienne Duperac) quadro che rappresentava le sette chiese dove si avrebbe
potuto ottenere l’indulgenza planetaria, dopo avervi effettuato il pellegrinaggio, era l’anno del
giubileo e la rappresentazione era u un vero e proprio itinerario di viaggio.
L’arte dal XV si pone effettivamente al servizio delle persone, siano essi cittadini o fedeli; dove è
presente ogni esigenza di realismo a quella di carattere informativo, quasi quello turistico, come
l’ultimo quadro citato.

Cap 3 La nascita del paesaggismo, il seicento


In questo momento l’opera umana diventa elemento caratteristico del paesaggio ed entra
prepotentemente nella categoria del bello pittorico.
Il quattrocento veneziano aveva anticipato tutto questo ma con delle differenze: 1) immergeva gli
avvenimenti religiosi nel tessuto cittadino finendo con il destrutturarli ponendo davanti all’occhio
dello spettatore la città nel suo insieme e non l’avvento nel suo specifico, 2) l’alta urbanizzazione
non permetteva la scelta di un paesaggio non urbano.
Nel 600 il rapporto tra uomo e natura trova un magico punto di equilibrio.
Per comprendere appieno il senso del XVII secolo e della vitalità economica sociale e culturale, si
può pensare a un quadro di Jacques Callot, La fiera dell’Impruneta, una composizione di mille
figure che crea la sensazione di panoramica totale, il tentativo di uno sguardo omnicomprensivo.
Non dissimile a quella che dovrebbe o potrebbe fare un documentarista nel momento di
introduzione di un evento.
Non dissimile per concezione è:” La Piazza del Mercantello a Napoli durante la peste del 1656”
realizzata da Micco Spadaro, che introdusse la variante di un argomento drammatico.
Dopo loro due lo spettatore diventa in qualche modo interprete della scena dipinta.
Nel 600 il rapporto tra spettatore e rappresentazione artistica è ormai giocato a carte scoperte; siamo
tutti spettatori degli eventi che ci si presentano davanti agli occhi.
Soggetto e oggetto possono quasi fondersi in un’esperienza estetica condivisa anche da coloro che
guardano l’opera insieme a noi.

Cap 4 L’epoca del Grand Tour


La crisi religiosa relativa allo scisma protestante porto alla realizzazione di nuove forme di
pellegrinaggio laico, colto, che si andranno ad aggiungere alla forma “classica” di pellegrinaggio.
La nascita dell’archeologia e la riscoperta delle bellezze antiche pose l’Italia come epicentro di
interesse da parte delle aristocrazie; nasce così il Grand Tour, un viaggio iniziatico, di formazione
che ogni gentiluomo deve intraprendere per potersi definire esperto delle cose del mondo.
In questo momento si ha la scissione tra la figura del pellegrino devoto da quella del turista.
II viaggiatori laici, erano accompagnati da opere di:
-Van Wittel
-Carlevaris, maestro dei più importanti vedutisti della tradizione pittorica mondiale:
-Canaletto: che utilizzo come costante la camera oscura e la scelta di prospettive inedite, tratte dalla
voglia di vedere Venezia diversa, presa da più punti di vista inconsueti.
Utilizzava una prospettiva che oggi definiremmo quasi grandangolare.
Cosi alla voglia di stupire ad ogni costo si antepone il razionalismo matematico.

Cap 5 L’ottocento: tra istanze neoclassiche e la nascita delle avanguardie


800 secolo di grandi trasformazioni: rivoluzione industriale, urbanizzazione cittadina, nascita di una
nuova categoria sociale,il proletariato urbano.
Anche per i pittori si sviluppa un nuovo pensiero che si anteporrà con il concetto di aspirazione
personale a quello secolare della commessa del soggetto; vuole diventare artefice del proprio
destino artistico e non solo più un artigiano dell’immagine.
In questo periodo l’arte diventa u n fenomeno intellettuale anche perché esistono mezzi e
professionalità migliori della pittura per rappresentare il vero.
Da questo momento in poi l’arte diventerà quella che Oscar Wilde chiamava:” artr for art’s sake”
(arte per se stessa).

Cap 6 Il punto di rottura: la nascita della fotografia


La fotografia non nasce all’improvviso.
La borghesia, la nuova categoria sociale necessitava di informazione e visibilità; infatti vedeva con
favore la nascita della fotografia perché potrà utilizzarla per mostrare la realtà dei suoi averi, il suo
conquistato benessere e la sua affermazione assoluta.
I precursori della fotografia:
-la camera oscura già nota nel V secolo a.c. (la luce che filtra da una piccola fessura proietta sul
muro opposto l’immagine rovesciata).
Il problema non era fisico ma chimico, bisognava fissare l’immagine su un supporto fisico.
-XVIII nascita della fotochimica come disciplina a sé stante.
-usando il cloruro d’argento, impressionato dai raggi solari, si riusciva a fissare l’immagine anche
se per poco tempo prima che l’intera fotografia si annerisse.
-Thomas Wedgwood riuscì ad ottenere delle immagini su pelle bianca sensibilizzata con nitrato
d’argento.
-primo scatto fotografico 1826 ad opera di Niepce che intuendo che se la luce poteva disegnare
oggetti su una lastra trattata allora era anche possibile impressionare la lastra con immagini tratte
del vero, provenienti dal mondo reale.
-1829 entra in società con Daguerre che perfezionò le sue intuizioni e che in seguito cedette il
brevetto, dopo la morte di Niepce, del dagherrotipo al governo francese, creando i presupposti per la
produzione seriale di macchine per la riproduzione fotografica.

Cap 7 L’impressionismo tra pittura e nuove tecnologie


Manet iniziatore di questa rivoluzione, che si prefigurava l’esigenza di giungere ad un vero ideale,
artistico legato al contesto.
Importante sottolineare che la fotografia era fatalmente destinata a fare meglio e più rapidamente il
compito che la pittura aveva svolto fino a quel momento.
La pittura impressionista è tanto slegata dalla realtà perfetta dell’ideale, quanto legata al vero
concreto, al dato di fatto, alla percezione fisiologica; sancisce di fatto la separazione, la frattura
definitiva tra l’arte intesa come momento di documentazione ed arte intesa come patrimonio della
creatività umana.
Con gli impressionisti torna la vita della città, ma non nella sua magnificenza da cartolina ma nel
loro tessuto urbano e suburbano pulsante.
Cap 8 La fotografia: analisi di un media innovativo
Con la fotografia esisteva ora un mezzo più adatto a immortalare, a fissare i contorni della realtà
all’interno di una cornice, di un’inquadratura.
Gli stessi pittori non avevano compreso come il loro lavoro stesse per subire una trasformazione
epocale.
La fotografia in seguito si svilupperà come un’arte a sé stante, una nuova forma di comunicazione
completamente indipendente e autonoma; questo il primo strappo da che avveniva tra la pittura e il
nuovo media.
Nella Parigi l’impatto della fotografia fu enorme: non solo portò i ritratti nelle case meno abbienti
ma emergeva la necessità di usare la fotografia come mezzo per la rappresentazione della realtà.
Compaiono le prime persone impiegate nel mestiere della fotografia.
Dalla metà del XIX non erano più richieste le conoscenze specifiche, quindi alla fotografia si
affacciava una nuova generazione di consumer.
Bisognerà attendere la seconda metà dell’800 per la nascita della fotografia con figure come Atget,
che girò delle scene anticipando quelle che poi verranno chiamate sinfonie metropolitane, e Zille,
un fotografo di strade vuote, di realtà quotidiane neglette alla grande comunicazione, in definitiva il
primo grande fotoreporter della storia della fotografia, il primo a teorizzare la scomparsa del
fotografo di fronte all’oggetto fotografato.
Aprendo di fatto una via di comunicazione che privilegiasse il vero al costruito, in pratica la vita
come essa si presenta, senza ricostruzioni, fronzoli e ammiccameti.
La fotografia per farsi accettare però doveva, al contrario della pittura, allontanarsi dalla realtà per
inseguire la resa pittorica; anche se venne sperimentata all’interno di altri contenitori mediatici
come i giornali.
In definitiva la fotografia ha accompagnato l’imporsi di una classe sociale (la borghesia).

Cap 9 Il documentarismo fotografico


Alcune premesse sulla fotografia:
-la sua nascita, come quella dei mezzi di comunicazione crea dei problemi culturali, nei confronti
dell’uso del media stesso (avere la fotografia e non sapere bene a cosa servisse).
-prima di diventare un’arte autosufficiente, essa era considerata solo un mezzo di duplicazione della
realtà.
Ciò portò la fotografia ad essere considerata un media adatto alla catalogazione e al fissare
immagini.
Uno dei primi campi di applicazione documentaristica fu la guerra; un caso emblematico di come la
nascita della tecnologia si poneva la servizio dell’informazione.
A metà del XIX si potevano contare circa quattordicimila operatori impiegati nell’industria
fotografica.
Questi, più giusto definirli fotoreporter, seguivano gli avvenimenti bellici a bordo dei carri
fotografici, le macchine fotografiche erano ancora difficili da trasportare.
Non solo guerra, ma anche testimonianze di vita sociale.
Questo l’inizio di una fortunata stagione per quanto concerne la fotografia, contrassegnata dallo
sviluppo del documentarismo fotografico, che adesso viene chiamato reportage.
L’invenzione della tecnologia reflex consentì presto di miniaturizzare le dimensioni degli
apparecchi fotografici.
Rientra l’emozione nelle fotografia, infatti visione e emozione vanno a braccetto, è impensabile che
la portata documentaristica delle immagini non potesse rimanere un elemento neutro da un punto di
vista emozionale.
Gran tour fotografico, documentarismo fotografico estensione del Grand Tour settecentesco; un
momento di rappresentazione visiva immediata e fedele delle esperienze di viaggio che, fino a quel
momento erano state per lo più letterarie ed artistiche.

Cap 10 L’evoluzione tecnologica del mezzo fotografico e la cronofotografia


L’evoluzione tecnologica ha raggiunto due risultati:
-ridurre le dimensioni delle apparecchiature
-diminuzione dei tempi di posa.
Dalla seconda metà dell’800 in poi l’idea fissa era il movimento.
Uno tra questo è stato Muybridge che intraprese ricerche fotografiche cercando di carpire alla
realtà i principi del movimento animale.
Il procedimento da lui inventato prese il nome di cronofotografia, consisteva nello scatto di tante
fotografie poste in sequenza, che venivano attivate con l’avanzare del cavallo in corsa, che era
anche il soggetto rappresentato.
La società si dimostrò stupita e interessata alla tecnologia in grado di rappresentare la realtà in
movimento.
Un altro inventore di spicco, per quanto riguarda la cinematografia è Edison.
Egli inventò il kinetografo, uno strumento di ripresa che sfruttava la capacità di fissare immagini su
pellicola e il cinescopio che permetteva appunto di visualizzare il girato.
Tuttavia il filmato poteva essere guardato da una sola persona alla volta.
Ai lumiere si attribuisce la nascita del cinema inteso come media e non come esperimento, infatti il
kinetografo non era uno strumento in grado di attivare quella trasformazione socioculturale
necessaria a far gridare al miracolo, alla rivoluzione mediatica e culturale.

Cap 11 I fratelli Lumiere: la nascita del cinema


Il cinema nasce nel 1895 quando uno dei fratelli Lumiere dopo aver brevettato il cinematografo,
iniziò una serie di pubbliche rappresentazioni.
La meraviglia del pubblico era incentrata essenzialmente sul miracolo tecnologico rappresentato
dalle immagini in movimento e non dal contenuto stesso della narrazione; infatti venivano proposte
rappresentazioni eterogenee dal comico al protodocumentario.
Il cinema consentiva per la prima volta di rivedere il già visto, ponendo al centro dell’obiettivo una
scena, che nel quotidiano, nono avrebbe avuto dignità di attenzione.
Per i Lumiere il cinema doveva fornire informazioni, doveva essere un’illustrazione realistica dei
fatti quotidiani, della realtà sociale ed ambientale, della vita contemporanea in tutte le sue
manifestazioni.
Il cinematografo era uno strumento borghese al servizio del mondo borghese.

Cap 12 Georges Mèlies: il cinema alla scoperta di se stesso


Con il lavoro di Mèlies si posero le basi per l’utilizzo tecnico-espressivo della macchina da presa;
fu il primo spiegare a cosa servisse la cinematografia: ad affascinare e a divertire, doveva divenire
uno strumento da piegare ala fantasmagoria e alla creatività immaginifica, doveva creare nuovi miti.
Melies era direttore di una sala specializzata in spettacoli di illusionismo e brevetto uno strumento
in tutto e per tutto simile a quello dei Lumiere.
Nel 1897 costruisce a Montreuil il primo studio cinematografico della storia, luogo in cui poteva
elaborare i trucchi visivi che avrebbero contraddistinto la sua produzione successiva.
A lui si deve anche il set, inteso come luogo per la ripresa di immagini.

Cap 13 Il protodocumentarismo: cenni, annedoti, personaggi.


Una delle prime applicazioni della cinematografia fu di filmare gli eventi, potremmo accostarli alla
tecnica e alla filosofia del cinegiornale.
Melies scompaginò il quadro della concezione cinegiornalistica a vantaggio di un uso libero e
creativo della macchina del cinematografo.
Il primo esempio di viaggio virtuale ce lo fornisce George Hale, con il suo Hale’s tour, veniva
proiettato sui finestrini dei paesaggi esotici ripresi in movimento e tutto ciò avveniva all’interno di
un vagone finto.
Del resto il fascino del viaggio era qualcosa di profondamente insito nella società di fine ottocento,
cosi al Grand Tour si affiancava l’esigenza di portare con sé una macchina da presa per comporre
dei film di viaggio.
Importante sottolineare che il ricorso al set rappresentava il solo modo possibile per ricostruire
scene che non sarebbero mai potute essere girate.

Cap 14 Robert Flaherty: l’altro cinema


Nel 1922 avviene la piccola/grande rivoluzione in grado di far parlare della prima volta in senso
compiuto di cinema documentario: la realizzazione di Nanook of the North.
Incaricato da una casa importatrice di pellicce, che avrebbe poi dovuto avere un ritorno
pubblicitario, girò un lungometraggio sulla vita quotidiana di Nanook, un vero e proprio eschimese
con il quale Flaherty divise le difficoltà della vita selvaggia nelle bianche distese artiche.
Il non si lascia prendere la mano da facili drammatizzazioni e rispetta i tempi della vita e della fatica
fisica dell’esistenza quotidiana.
Si propose come un regista diverso, lui voleva mostrare gli eschimesi.
Il suo cinema diventa quindi non un mezzo di spettacolarizzazione della realtà ma un metodo di
indagine e approfondimento della stessa.
Nella fase di montaggio dimostrò una sensibilità narrativa estremamente raffinata nel cercare di
rendere il senso del tempo nella realtà artica.
Dopo questo successo gli altri prodotti furono per la maggior parte degli insuccessi.
Successivamente si recò in Inghilterra su invito di John Grierson, che dirigeva allora la produzione
documentaristica finanziata dal governo britannico, la Film Unit.
Anche se molto flessibile come struttura, i risultati non furono soddisfacenti perché Grierson provò
a piegare il talento visivo di Flaherty alle sue esigenze di creazione di un documentario con valore
socialmente educativo, ma questo talento era incontrollabile.
Fu John Grierson a coniare il termine documentario per spiegare a quale genere cinematografico
appartenesse il lavoro del collega.
I punti forti di Flaherty era di saper cogliere nel vivo i rapporti dualistici dell’uomo con la natura, e
questi venivano filmati su una base di onestà e di pulizia formale e il gusto per la non
manipolazione.

Cap 15 John Grierson e il documentario educativo


Grande personaggio e grande promotore nel dibattito teorico nella problematizzazione e nella
sistemazione della materia documentaria.
Ha fornito un vero e proprio decalogo di regole fissate per determinare cosa sia la buona
documentazione e cosa non lo sia.
La sua idea che attraverso il cinema si potessero raccontare le storie, le vicende e le trasformazioni
della società liberale.
Il cinema, per lui, rappresentava quella forma d’arte popolare che poteva giungere a contatto delle
persone più di quanto non potessero fare le istituzioni consolidate come la scuola o la chiesa.
Nata per un altro scopo, la Film Unit divenne una specie di porto franco per cineasti e per chi
vedeva nella cinematografia la mission da assolvere per quanto riguarda la nuova arte.
Grierson credeva nella funzione del cinema come elemento capace di illustrare le trasformazioni
economiche e sociali della realtà di riferimento.
L’aspetto teorico di Grierson:
-il cinema possiede la capacità di osservare e selezionare gli avvenimenti della vita vera
-crediamo che l’attore originale o autentico e la scena originale o autentica costituiscano la guida
migliore per interpretare cinematograficamente il mondo odierno.
-crediamo che la materia e i soggetti trovati sul posto siano più belli, in senso filosofico, di tutto ciò
che nasce dalla recitazione; il gesto spontaneo ha sullo schermo un singolare valore.
Questo personaggio vedeva nella documentaristica e nel linguaggio cinematografico la pietra
filosofale in grado di dare una nuova educazione al cittadino della società democratica e liberale
degli anni 30.
A lui dobbiamo anche il primo tentativo di creare un movimento documentaristico finanziato dallo
stato e la volontà di coinvolgimento dell’uditorio in un’operazione fatta di sensazioni ed emozioni
profonde, e non solo di contenuti espiliciti.

Cap 16 La scuola Griersoniana


Una delle personalità di spicco fu Alberto Cavalcanti.
I 14 punti del perfetto documentarista:
-Non trattare temi generali in modo generale
-Il documentarismo si basa su tre pilastri: sociale, tecnico e poetico
-Non prendere sottogamba il soggetto e non basarti sulla fortuna; una volta messo a punto il
trattamento, il film è in pratica già fatto.
-Le immagini e la colonna sonora devono dare il senso alla tua storia, non affidarti al parlato
-Non dimenticare che ogni scena fa parte di una sequenza e ogni sequenza fa parte di un arco
narrativo generale.
-Non eccedere nella ricerca di inquadrature originali
-Non abusare della rapidità del montaggio fine a se stessa
-Non esagerare con le coperture musicali
-Non sovraccaricare il film con gli effetti in sincrono (suoni e rumori)
-Non affidarti troppo agli effetti ottici e non renderli troppo complicati
-Non girare troppi dettagli
-Non esitare ad entrare nella psicologia dei personaggi e nelle loro reciproche relazioni
-Non essere vago quando racconti una storia
-Non perdere l’opportunità di sperimentare

Critica al documentarismo ideologico


Da audiovisivo di carattere informativo e divulgativo finisce per diventare uno strumento di
propaganda.
Il vero referente non dovrebbero essere un’idea ma il pubblico che ha tutto il diritto di farsene una
propria.

Cap 17 Il documentarismo in unione sovietica


Se il cinema di Grierson spingeva nella direzione della sperimentazione visiva è perché altri autori e
altre realtà cinematografiche nazionali andavano nella direzione della creazione di un linguaggio
documentaristico nuovo, innovativo, diverso e consapevole.
Il documentario ebbe anche la funzione di ponte culturale tra le diverse cinematografie
internazionali.
Tra il 1920-40 la produzione dell’Unione Sovietica fu all’avanguardia da un punto di vista tecnico,
teorico e formale.
L’icona russa di quel periodo e Sergej Ejnstejn, tuttavia per quanto riguarda la cinematografia
documentaria ci soffermeremo su altri.
Dopo la rivoluzione d’ottobre lo scenario russo pari a zero, sembrava di essere tornati all’anno zero.
La direzione del partito comunista vide nel cinema documentaristico la nuova risorsa in grado di
parlare alle masse di una nuova realtà, rivoluzionaria e in trasformazione.
Lenin ordinò la creazione della prima scuola di cinematografia al mondo, perché gli attribuiva
un’importanza primaria per l’organizzazione del consenso.

Cap 18 Dziga Vertov (Denis Kaufman) e il cine occhio


Padre del documentario moderno, credeva di parlare alle masse attraverso l’esperanto
cinematografico.
Sperimentatore di linguaggi, sottolineava la differenza tra vedere, cioè entrare nel rapporto
dialettico che lega le cose e le persone, la realtà in trasformazione, e guardare.
Si definiva Kinoko del gruppo dei Kinoki (cine-occhio) per differenziarsi dai cineasti impegnati a
rifilare le loro anticaglie, e ciò lo rese un emarginato.
Folgorato per la funzione del montaggio come elemento metalinguistica, capace di assemblare,
giustapporre e contrappore soggetti in divenire e movimento.
L’occhio meccanico è lo strumento chiave della cinematografia vertoviana, il fedele testimone di
una società in trasformazione, un modo per cogliere la stessa realtà in flagrante.
Il dettame principe del Kinokismo è quello di cogliere la vita in flagrante.
Non era solo il riproponimento di visione nuda e cruda della verità ma al contrario veniva posta
grande cura e attenzione nella fase di montaggio.
Il cinema doveva trasudare verità e non bellezza, al posto dei surrogati della vita (rappresentazioni
teatrali etc…) i fatti; per ottenere come fine ultimo un internazionalismo giocato non solo
sull’analisi economica e sociopolitica ma anche culturale capace di colpire i sensi e l’immaginario
del proletariato universale: questo è l’ambizioso programma politico della cinematografia
documentaria vertoviana.
Nel 1924 mette in cantiere una nuova serie di documentari anticipando le esperienze successive del
cinema-veritè in poche parole con telecamere nascoste (candid camera) al fine di filmare la realtà
senza interferire con la vita e che si svolgeva davanti all’obiettivo.
Fu prodotta solo la prima serie di episodi chiamata la vita colta in flagrante.
Vertov conosceva bene ogni passo della produzione cinematografica ed era un montatore esperto,
convinto della necessità di elaborare l’immagine per piegarla alle sue esigenze di comunicazione.
Il montaggio infatti era capace di dare non solo il senso e vita alle immagini ma anche il senso del
lavoro completo.

Cap 19 Le teorie di Vertov fuori dalla Russia: Walter Ruttmann


Grande eco delle teorie di Vertov nell’Europa contemporanea.
La speranza di un rinnovamento e di una migliore distribuzione delle ricchezze animava i giovani
intellettuali tedeschi.
La Russia comunista non era solo un laboratorio a cielo aperto per le applicazioni del socialismo
reale ma anche per la creazione di nuovi linguaggi, di avanguardie artistiche che avevano il compito
di soppiantare i modelli comunicativi borghesi.
Le teorie vertoviane, senza il rigido controllo della burocrazia sovietica, furono recepite e utilizzate
da molti cineasti, uno in particolare Walter Ruttmann.

Cap 20 L’alba del documentarismo scientifico: Jean Painlevè


E’ stato il primo a pensare che la scienza è fiction; cercava sempre situazioni insolite e particolari,
probabilmente legate anche alle sue frequentazioni connesse alle avanguardie artistiche.
Le situazioni aliene, diverse, bizzarre ed inconsuete rappresentavano per lui la possibilità di mettere
in luce quanto di surreale esisteva nella realtà della natura.

Cap 21 Il cinema al servizio degli urbanisti: il caso di The City di Pare Lorentz
Negli anni trenta c’era un genere documentario, era lo specchio di una realtà urbana che stava
sfuggendo di mano, tipologia documentaria definibile col nome di sinfonia metropolitana.
Le città viste come mostri sovrumani, formicai di umanità erano i soggetti principali.
Le sinfonie urbane erano figlie della pittura impressionista
Oltretutto in soli 50 anni si è passati dalle botteghe e case alle metropoli.
Da una parte il fascino della megalopoli, la sua carica iconografica e l’intreccio di culture e vite,
dall’altra il dramma del proletariato suburbano e le prime situazioni di alienazione sociale.
Ma anche fascinazione per le trasformazioni della tecnologia al servizio dei cittadini e momenti
d’angoscia per un mondo che aveva ormai perso la prospettiva misura d’uomo.
The city capolavoro di Lorentz, diretto da William Van Dyke, da una parte vede un futuro
ottimistico e dall’altra una città segnata dall’inquinamento e dalla negatività suburbana.
Lorentz (americano appartenente agli anni del New Deal rooseveltiano) si fa interprete di un sentire
comune, costituito da una straordinaria sofferenza per quanto accaduto ma anche di grandi speranze
di ricostruzione per giungere nuovamente al benessere.

Cap 22 Henri Storck e Joris Ivens: il documentario militante europeo


Due padri della documentaristica europea.
Ivens paragonabile a un giornalista d’inchiesta, più interessato al reportage del dato di fatto che non
all’elaborazione teorica delle soluzioni dei problemi che incontra con la sua macchina da presa.
Una stima reciproca finì per creare dei ponti di collaborazione tra i due.
La loro opera prima segna anche il culmine e l’apice della loro qualità (Miseria nel Borinage) che
parlava dei bacini estrattiferi del Belgio e della miseria e povertà ad essi annesse.
Ivens venne anche chiamato da Mattei per girare L’Italia non è un paese povero, che doveva dare un
senso di un paese in crescita sociale, politica ed economica.

Cap 23 Il documentarismo e la guerra: tra documentarismo e propaganda


Grierson l’aveva capito subito che il cinema sarebbe potuto diventare il media adatto a coinvolgere
le masse per far loro condividere i progetti economici e politici della classe dirigente.
Aveva tutto l’occorrente, era un media giovane e fresco, poteva veicolare una grande quantità di
immagini ed informazioni che potevano fare immediatamente presa sul pubblico.
In più poteva sfruttare la sua capacità di parlare all’inconscio delle persone, seguendo le leggi della
psicologia cognitiva.
Infatti i regimi nazionali, in auge tra le due guerre, si rivolsero al cinema per trovare una loro
legittimazione mediatica prima ancora che politica o militare.
In particolare Goebbels, ministro della propaganda nazista e plenipotenziario della comunicazione
del reich, era fautore di una comunicazione spuria, non dichiaratamente propagandistica nei toni ma
di fatto tale nei contenuti.
Questo perché aveva capito il potere dei media e non aveva l’intenzione di lasciare il monopolio dei
sistemi di comunicazione di massa nelle mani dei propri avversari politici.
Nasce da queste considerazioni il documentarismo di regime: l’uso del mezzo cinematografico
asservito alle logiche del potere al fine di dare una rappresentazione unilaterale della realtà.
Il documentarismo tedesco, ma in generale tutta la cinematografia aveva il compito di produrre
delle opere conformi ed organiche al piano di omologazione nazifascita.
Recupero di una dimensione espressionista in grado di dipingere linee rette, marcate e precise e
rifiuto delle avanguardie, cosi si cercava di preservarsi dai pensieri non conformi.
Da queste considerazioni nasce il documentarismo di regime che offriva allo spettatore la
sensazione di totale adesione alle ambizioni del regime (fascista, nazista etc…).
Eppure qualcuno che non si omologa al tentativo di omologazione sostanziale dell’immagine in
Germania, una figura di rilievo cinematografico c’è: Leni Riefenstahl.
Le sue fortune iniziano, da un punto di vista lavorativo, dopo il film di finzione “la bella maledetta”
del 1932.
Hitler ne rimase affascinato, di conseguenza decise che lei era la regista adatta per realizzare un
documentario grandioso in occasione del congresso del partito nazista del 1934.
Si chiamò il la vittoria della fede, un ‘opera interlocutoria in preparazione del documentario che
venne realizzato nei tre giorni di congresso del partito nazista chiamato il trionfo della volontà;
un’operazione di incredibile valore estetico, un immenso inno visivo.
Dopo quest’altro grande successo a lei fu affidato il compito di girare il film sui giochi olimpici, che
ancora oggi risulta più un inno alla gioventù, alla forza fisica ed al leale confronto tra atleti.
La Riefenstahl dimostrò una sostanziale anarchia con questo lavoro, che non le giovò relativamente
alle simpatie nelle gerarchie naziste.
Ma Hitler non volle mai emarginarla, quindi lei non pagò mai le sfrontatezza di Olympia e rimase al
suo posto fino alla fine della guerra.
Alla fine si ritrovò coinvolta nei grandi processi al nazismo.

Cap 24 La cinematografia bellica in occidente


Il periodo bellico vide la discesa sul campo di battaglia dei media come strumento di supporto
dell’opinione pubblica mondiale.
Alle truppe venivano addirittura affiancati eserciti di cineoperatori, arrivando fino al punto che
alcuni raid e incursioni venivano ordinati solo ad uso e consumo della macchina da presa.
In quel periodo un balzo enorme nella tecnologia cinematografica: la comparsa del colore e la
versatilità e trasportabilità degli strumenti.
I documentaristi di guerra non facendosi intimidire dalla burocrazia ripresero la realtà della guerra
come essa era, senza fare alcuno sconto agli orrori, morti e immagini forti.
Negli Usa il problema era duplice, si doveva sia documentare al meglio gli avvenimenti sia cercare
di smuovere l’emozione della collettività nei confronti di eventi che sembravano toccare lo
splendido isolamento statunitense.

Cap 25 Il dopoguerra del cinema documentario


Dopo la guerra anche la cinematografia si trova a fare i conti con le macerie, teatri di posa distrutti,
scarsità di pellicola e mezzi di fortuna, oltre ai cinema distrutti o danneggiati.
La situazione cinematografica era come se fosse tornata all’anno zero.
Tuttavia continuava ad esistere un desiderio di espressione che in Italia si espresse attraverso il
neorealismo; una via di mezzo tra realtà e verosimiglianza, tra narrazione e realtà documentaria.
Il realismo abbraccia il cinema e questo diventa un momento rivoluzionario anche in antitesi
rispetto all’industria americana che aveva ricominciato a vendere sogni e commedie.
Comunque il documentario in questo modo perse la sua esclusività nel mostrare la verità; va
sottolineato che la commistione di generi e linguaggi permetteva una più funzionale analisi del
reale.
Per sopravvivere il documentario ha dovuto essere camaleontico, fino a quasi spezzarsi in due
direttrici: il documentarismo televisivo che conta una produzione ricca ed ottime possibilità di
distribuzione e quello aurorale che anche se fatto con mezzi tecnologicamente inferiori ma che
prosegue le tradizioni del documentario classico.

Cap 26 La nascita della televisione


Illuminando con un segnale luminoso più o meno intenso un elemento di selenio avveniva un
aumento o diminuzione proporzionale del segnale elettrico così ottenuto in risposta.
Il principio della televisione consiste nello scomporre le immagini in impulsi elettrici per poi
ricomporle attraverso un supporto in grado di rielaborare e riassemblare l’immagine.
1925 giungendo alla sintesi di svariate ricerche Loige Baird riuscì a scomporre e riassemblare
un’immagine televisiva a 28 linee.
Era nata la televisione; ora serviva solo trovare un supporto adatto per la decodificazione delle
immagini: il tubo catodico.
Cap 27 Un excursus sul sistema tv
Sviluppo e diffusione nelle case della tv dal 50’ al 60’.
La tv è un medium pervasivo, capace di annullare le frontiere spazio-tempo e di porsi come
strumento per la creazione di contenuti generalisti, unitamente condivisi, in grado di creare una
coscienza collettiva e dei valori comuni di riferimento.
La logica televisiva p differente rispetto a quella cinematografica, infatti il cinema è in grado di
veicolare un solo lavoro alla volta, la tv invece si muove in maniera progressiva.
La tv ha portato con sé la novità della diretta e dell’informazione in tempo reale, inoltre ha
completato quell’operazione di identità nazionale che in molte nazioni nasce insieme alla
scolarizzazione.
Quello televisivo è un momento di aggregazione legato sia all’aspetto spettacolare della narrazione
ma anche quello culturale e linguistico.
La paleotv (tv delle origini) ha contribuito alla formazione degli italiani e grazie ad essa molte
persone hanno imparato a scrivere.
La tv si dimostra una delle risorse più interessanti per la veicolazione documentaristica, visto anche
che nel periodo post-bellico fu il cinema di finzione ad avere la meglio nelle sale.

Cap 28 Il documentarismo d’autore. Mosaico di nomi e situazioni


Tutt’oggi esiste ancora un cinema d’autore.
L’impeto realista delle varie correnti cinematografiche ha finito con il relegare il documentario
d’autore in un posizione di subalternità rispetto al cinema di finzione e indirettamente ha
determinato anche la fine di quei movimenti di avanguardia documentaristica che avevano animato
l’anteguerra.
Tra le grandi innovazioni c’è la nascita del rockumentary, la documentazione filmata dei grandi
eventi musicali dell’epoca.
La musica p sempre al centro dell’interesse del documentarista d’autore: in parte perché il legatme
tra musica ed esperienza documentaria è molto antico e in parte perché la musica rock ha
rappresentato un veicolo potente per unire l’immaginario politico, sociale e culturale di una
generazione anzi una nazione.
Il documentarismo e il giornalismo di inchiesta sono generi continui, se non sovrapponibili a cui
solo la differenza di supporto mediatico pone delle distanze.

Fenomenologia del documentario


Il documentario oggi è uno strumento di divulgazione oltre che di ricerca.
Ci si è resi conto che per catturare l’attenzione di un pubblico generalista è necessario comporre
delle opere per forza di cose fruibili a più livelli di lettura; deve saper parlare a tutti.

Tecnica del documentario turistico


Cap 29 la tecnica documentaria
Il lavoro documentaristico si presta a raggiungere dei buoni risultati anche con dei budget più
limitati rispetto al film di finzione.
Di solito l’ideatore è anche il regista, il produttore il tecnico e il montatore: quello che in gergo
viene definito one man band.

Coinvolgimento, compartecipazione, contemporaneità: le tre parole d’ordine per un buon


documentario
-coinvolgimento indica la relazione emotiva che ci deve essere tra documentarista ed opera
documentaria
-compartecipazione inteso come se il documentarismo è visione del mondo attraverso il reale, il
soggetto documentato dovrà essere un soggetto in grado di scatenare empatia nei confronti di chi
tratterà questa realtà; questo coinvolgimento finisce sotto il nome di compartecipazione, che può
essere culturale emotiva filosofica.
-contemporaneità: il documentario perfetto è quel prodotto che potrebbe essere visionato a partire
da qualsiasi punto della narrazione, senza dover riassumere gli antecedenti per comprendere i
conseguenti.

Cap 30 Le fasi e le figure lavorative

FASE 1: LA PREPRODUZIONE
-l’autore: a lui si attribuiscono le responsabilità di contenuto editoriale del prodotto audiovisivo,
come direbbe Grieson è colui che dovrebbe offrire una visione di insieme seguendo un tema
specifico e particolare.
Può affidarsi per il lavoro tecnico ad un regista con il quale dovrà essere molto in sintonia.
Why should i care? Perchè me ne dovrebbe importare? Saper rispondere è una buona motivazione
non solo per l’autore ma anche per l’intero gruppo di lavoro che deve avere piena coscienza della
missione documentaristica che è chiamato a svolgere.
E’ anche il coordinatore di tutto il lavoro redazionale.
Al termine del lavoro di preparazione e ideazione esiste una bozza scritta progettuale, completa di
un piano di fattibilità, di quelle che possono essere le esigenze di carattere tecnico alla base del
prodotto stesso.
- il produttore: spesso coincide con la figura dell’autore e del regista, analizza il piano di fattibilità
dell’opera e stabilisce quali siano le opportune sinergie aziendali necessarie per portare a termine il
lavoro nella sua forma originale, da un lato cercherà di assecondare le richieste aurorali mentre
dall’altro verificherà che il budget messo a disposizione venga utilizzato nell’ottica di
ottimizzazione dei costi.

FASE 2: LA PRODUZIONE
-reparto regia: il regista nel documentario è indispensabile e deve essere un fine e sensibile
interprete delle esigenze editoriali.
Sua la responsabilità della bellezza visiva del documentario, attraverso il suo lavoro si devono
rendere le immagini emozionanti e coinvolgenti per gli spettatori.
Nelle produzioni più ricche è spesso affiancato dal produttore o dall’assistente di produzione.
Lui che decide ciò che deve avvenire di fronte alle telecamere ed è la persona che deve avere ben
chiaro il prodotto da realizzare.
Ha il compito di istruire la troupe, comunicare con essa e mantenere un buon equilibrio e
affiatamento tra le professioni coinvolte.
Deve avere anche coscienza delle tecniche di fotografia e montaggio per dialogare con chi
effettivamente realizza l’audiovisivo.
-Assistente di produzione: il persona che sta a cavallo tra la filiera amministrativa e quella creativa e
realizzativi.
-direttore della fotografia: è il responsabile dell’illuminazione, colui che deve essere capace di
tradurre con le opportune correzioni di luce, le necessità visive poste dal regista.
Solitamente è assistito da un capo elettricista o da un aiutante che predispongono le luci e eventuali
filtri alle telecamere.
Raramente la ripresa è un evento crudo, l’immagine cruda è spesso sbiadita e non è un immagine
realistica.
-l’operatore di ripresa: spesso è anche il direttore della fotografia, è il primo a vedere su monitor o
nella telecamera il risultato dell’inquadratura.
Lavorare in esterni senza luci artificiali generalmente è difficilissimo, inoltre è necessaria una buona
intesa con il regista e sapere che tipo di inquadrature predilige e quale sensibilità visiva ottenere.
-reparto audio: il tecnico audio è una figura fondamentale per la lavorazione documentaristica.
Sceglie i microfoni più adatti a seconda della situazione climatica, predispone le soluzioni più
adatte per evitare che il suono venga sporcato dai rumori di fondo e si assicura che venga rispettato
il sincrono perfetto tra audio e video.

FASE 3: LA POSTPRODUZIONE
-Alla fine della filiera produttiva deve essere assemblato il prodotto finito.
Questa fase ha anche il compito di ottimizzare il materiale a disposizione.
I nastri arrivano così in sala di montaggio dove il montatore ha il compito di rendere coerenti le
indicazioni registiche con il materiale girato.
Dispone di una grande autonomia decisionale visto che non sempre il regista presenzia a questa
fase.
Se il percorso mantenuto nello storyboard è stato eseguito diligentemente e se il montaggio dei ciak
corretti è affidabile, seguendo le indicazioni registiche il lavoro è semplice, quindi può cercare di
renderlo più raffinato e visivamente più efficace.
Questa fase è la chiave di riuscita di un prodotto audiovisivo.
Oltre all’inserzione video verranno inseriti anche i titoli di coda e di testa, dissolvenze ed effetti
grafici, la messa in sincrono dell’audio, l’inserzione di musiche e commenti audio (verrà affiancato
da grafici mixeristi audio e/o tecnici del suono.
Può essere utile far visionare il prodotto premontato (cioè provvisorio) alla produzione o alla
distribuzione.
-La distribuzione: il produttore deve essere affiancato da una figura esperta nel settore della
commercializzazione, il distributore.
E’ esperto in marketing, un esperto del sentire comune e delle comuni esigenze colui che si occupa
di vendere materialmente il prodotto finito, al commission editor che è colui che si occupa
dell’acquisto di una quota di documentari, che deve cercare di mantenere gli ascolti alti della sua
rete grazie appunto all’acquisto di documentari.

Cap 31 Gli strumenti e le tecniche


Analogico: quando il segnale di registrazione è di tipo elettronico, un segnale in un certo modo
simile all’informazione che deve catturare.
Digitale: quando il segnale viene tradotto dall’originale in bit; scompone sostanzialmente
l’informazione audiovisiva e la riassembla poi attraverso un processore.
Oggi il digitale è sempre più in voga perché l’uso delle macchine ha a che vedere con l’intuitività e
con minori costi di gestione.

-Strumenti e supporti
Per la registrazione video esiste una differenziazione causata da tecnologie e strumenti:
1) Broadcast: sistema dedicato ai network televisivi dove la qualità audio e video è assoluta.
2) Professionale: la categoria inferiore, con resa inferiore con qualità inferiore dei macchinari
3) Consumer: categoria di prodotti a costo accessibile (VHS e Hi-8).
Con il digitale queste differenze come il dv sono diminuite (prezzo e qualità)
La tecnica consumer oggi è usata sia nelle real tv che in documentaristica per eseguire quello che in
gergo viene chiamato “footage file” ovvero l’uso di filmati amatoriali all’interno di più opere
complesse, quale testimonianza visiva dell’evento narrato.

-Formati di registrazione più utilizzati


1) Il sistema di registrazione a pellicola: 16 mm, 35 e 70 formati usati per produzioni
cinematografiche o spot televisivi.
Le misure indicano la diagonale di ogni fotogramma; +grande + definizione però costi
elevati.
2) 8mm (consumer) prima dei supporti elettronici VHS e Video8 era la cinepresa amatoriale
per antonomasia.
3) Betacam SP (broadcast, professionale) lo standard tuttora più diffusom registra su nastro di
video analogico YPbPr (Y è la luminanza)
4) Betacam SX (broadcast, professionale) standard di registrazione su nastro video digitale a
componenti YCbCr; utilizza la compressione audiovideo MPGE (Motion Picture Export
Group) divenendo lo standard di trasmissione per la televisione digitale.
5) D1, D2, D3 e D5 (broadcast) sistemi di registrazione in componenti e composito digitale
lineare su nastro da 19 e 13mm.
6) Digital 8 (consumer) formato che registra in digitale sulla classiche cassette Hi-Band
analogiche.
7) Digital Betacam (broadcast, professionale) uno dei migliori, utilizza una bassa compressione
(2:1)
8) Digital-S (o D9) (professionale, consumer) sistema di registrazione su nastro magnetico al
metallo evaporato; agilità e versatilità sono sue caratteristiche che si adattano perfettamente
alle situazioni di emergenza.
9) DVCAm (professionale) versione professionale del DV
10) D-VHS (professionale) evoluzione del VHS ma registra in digitale
11) DVCpro (o D7) (professionale) professionale del sistema DV.A
12) DVCpro 50: la sua velocità di scorrimento è raddoppiata per aumentare la capacità di
immagazzinamento dati.
13) S-VHS (professionale, consumer) detto super VHS ce ha rispetto al VHS maggiore
definizione
14) VHS (consumer) Video Home System, sistema di registrazione più diffuso al mondo
15) Video-8 (consumer) sistema analogico su nastro da 8mm, simile al VHS ma con una
maggior risoluzione nella banda sonora; l Hi-8 è una sua evoluzione con miglioramento
nella qualità dell’immagine.
A questi supporti di registrazione corrisponde ovviamente una macchina di ripresa e una
macchina di lettura dell’informazione (videoregistratore e videocamera).
Entrambe le realtà (broadcast e professionale) presentano strumentazioni di ripresa dotate di un
corpo macchina, un obiettivo a ottiche intercambiabili e un microfono.
L’avvento delle mini DV sul mercato consumer ha indubbiamente aumentato la qualità
dell’immagine, anche se queste macchine compatte non consentono di aprire il ventaglio delle
scelte di inquadratura verso la complessità richiesta ad un prodotto di livello.
Definite anche prosumer (professional-consumer) dato che cercano di venire incontro ad un
pubblico sempre più alfabetizzato, fatto di appassionati di cinematografia e produzione video.
Il vero occhio della videocamera nella strumentazione del documentarista prosumer è il CCD
(Charge Couplet Device).
E’ un sensore elettronico che funziona cosi: la luce/immagine segue questo processo passando
dall’obiettivo alla registrazione dopo essere stata scomposta nei tre colori primari
dell’immagine: il rosso, il verde e il blu, i quali permetto la ricostruzione di tutti gli altri colori.
Pixel: singolo punto dell’immagine digitale.
Le ottiche sono un aspetto importante nella registrazione di un filmato; possono essere
realistiche cioè che raccoglierebbero le immagini come farebbe l’occhio umano o espressive
enfatizzando i dettagli o creando i presupposti per una visione che non è naturale e servono
come artificio retorico.
Sulle macchine professionali c’è un ampia scelta di obiettivi, dal grandangolare ai fish eye
(esaltazione del grandangolo e ottica espressiva per antonomasia) ai teleobiettivi.
L’ottica può essere gestita in modo automatico o manuale.

Cap 32 Il cameraman e il linguaggio delle riprese


Il cameraman è l’operatore di ripresa, il responsabile delle immagini che fornirà al regista, delle
manovre e dell’impostazione della telecamera o cinepresa.
Col mirino della telecamera vede l’inquadratura, cioè lo spazio di ripresa che poi effettivamente
si vedrà una volta registrato.
Le inquadratura si distinguono in due tipologie:
-campi: inquadrature larghe dove si cerca una visione totale e tutto è visibile, senza distinzione
di priorità tra paesaggio ed elemento umano.
-piani: inquadrature che stringono l’attenzione verso uno, al massimo due oggetti.
In documentaristica il campo è preferibile al piano.

I campi e i piano a loro volta hanno diverse distinzioni in base al tipo di composizione
dell’inquadratura:
-campo lunghissimo (CCL) è un’inquadratura aperta, lo zoom è al minimo della sua lunghezza
focale, la telecamera riprende la scena o il panorama da una distanza considerevole.
-campo lungo (CL) detto anche totale, più stretta rispetto al CCL ma mantiene ancora l’aspetto
generale della scena in maniera indistinta, generica.
-Campo medio (CM) rispetto al CL affiorano maggiori dettagli, in gergo viene chiamato
totalino.
-figura intera (FI) è l’inquadratura di raccordo tra i campi e i piani; in questa il soggetto è
ripreso nella sua interezza, dalla testa ai piedi.
-piano americano: l’inquadratura riprende il soggetto dalla testa alle ginocchia; è il tipo di
inquadratura utilizzata nei film western.
-piano medio: inquadratura del soggetto dalla testa al busto, chiamata anche mezzo busto.
-primo piano (PP): ripresa del soggetto dalla testa alle spalle; evidenzia l’espressione del viso e
lo sfondo diventa indistinguibile.
Serve a sottolineare gli aspetti psicologici del soggetto.
-primissimo piano (PPP): riprende il soggetto dagli occhi alla bocca ed esprime un senso di alta
drammaticità.
-dettaglio o stretto: è un’inquadratura di un particolare o di un dettaglio che occupa tutto le
schermo.

Le tecniche di base e movimenti di macchina che costituiscono l’abc della tecnica


cinematografica.
-panoramica: movimento della macchina da presa su un asse orizzontale, in modo da rendere
visibile, con uno spostamento lento quanto non potrebbe essere contenuto in un’unica
inquadratura.
Se il movimento è veloce si chiama panoramica a schiaffo; se segue un mezzo o un animale in
corsa si chiama panoramica a seguire.
-panoramica verticale: è l’equivalente ma con movimento verticale.
-carrellata: movimento della macchina da presa nello spazio, mimando il movimento
dell’osservatore che guarda una scena fissa, cambiando quindi in movimento il punto di vista.
Per ottenere ciò si usano carrelli, che in alcuni casi si muovono su rotaie.
Steadycam, macchina da presa che assorbe gli scossoni.
-cambio fuoco: si ottiene mantenendo la stessa inquadratura ma mutando la messa a fuoco su
due campi differenti.
-zoomata: ottica che permette di mutare gradualmente la lunghezza focale; cioè stringe
l’inquadratura senza spostamento del soggetto che guarda.
-orizzonte inclinato: inquadratura per cui l’asse e lo snodo della camera non sono in asse con la
verticale della terra.
-piano sequenza: lunga ripresa senza stacchi e montaggio; usato in documentaristica per offrire
il senso della durata di un evento.
-panoramica descrittiva: la macchina da presa si muove lentamente su un oggetto, su un corpo,
su una statua, per descriverla in ogni suo particolare.
-Passaggio da sfondo a primo piano: serve a enfatizzare in due momenti differenti, ma senza
stacchi, due elementi posti su piani diversi.
-La regola del 180 gradi: due persone A e B dialogano e per ognuno ci sia uno strumento di
ripresa: a guarda b verso destra e b guarda a verso sinistra.
Questa sequenza logica dovrà essere esattamente riprodotta in fase di montaggio.

Cap 33 Il comparto audio


Per la resa finale del prodotto bisogna avere la possibilità di gestire il volume di registrazione
(abbassandolo o alzandolo a seconda della situazione)
Bisognerebbe avere un microfono non incorporato al corpo della macchina visto che viene
percepito il suono della testina dal camrecorder quando registra.
Il microfono converte le onde sonore in onde elettriche.
Ogni situazione ha bisogno di un microfono adatto alla situazione; due tipi:
-dinamici: dotato di una membrana che captando le vibrazioni o le onde sonore nell’aria, le
traduce in un segnale elettrico.
Sono di solito robusti, versatili e bi buona qualità e con un costo contenuto, l’unico difetto è di
tagliare le frequenze alte.
-a condensazione:funzionano con un condensatore composto da due piastrine piatte in metallo
posizionate l’una di fronte all’altra e un voltaggio a corrente continua di 48 volt.
Le onde sonore causano un allontanamento o un avvicinamento di questo piastrine producendo
un segnale elettrico che viene tradotto in frequenza sonora.
Molto sensibili, compresi i suoni più indesiderati.
Aggiungiamo anche la categoria dei radio microfoni: il segnale del microfono viene trasmesso
via segnale radio; avremo un trasmettitore (radiomicrofono) e un ricevitore radio.
La tipologia di microfono può essere a gelato o a clip.
Ora il tema sonoro:
-le voci: in campo sono quelle di cui si vede nel video la sorgente sonora (es. conduttore) fuori
campo la voce dello speaker che guida la narrazione all’esterno (definita anche commento off)
in documentaristica viene usata per la ricostruzione degli avvenimenti.
Ricordare che il documentario rimane uno strumento video per cui la parola va usata solo se
necessaria e senza essere inutilmente didascalica rispetto alle immagini.
-i rumori possono a loro volta essere divisi in campo e fuori campo.
-musica, elemento molto importante per la caratterizzazione emotiva dell’audiovisivo
documentario (colonna sonora), che deve adattarsi bene al tema prescelto.
Infatti la musica contestualizza, descrive una situazione storica o culturale, diventa a sua volta
uno strumento narrativo che spesso raggiunge il bersaglio ancor prima di una parola e forse
anche di un’immagine.

Cap 34 Principi di illuminotecnica


I mutamenti repentini di luminosità che il giorno offre possono mettere in difficoltà la
telecamera.
Per questo non si effettua mai una ripresa senza aver effettuato il cosiddetto bilanciamento del
bianco, ovvero l’impostazione sulla videocamera di un valore che equilibra il calore della luce a
seconda dell’ambiente in cui ci si trova.
Le videocamere professionali hanno sistemi di filtri come il CC/ND che tendono a bilanciare la
qualità della luce in base alla scala Kelvin ovvero la temperatura della luce presente in un
determinato ambiente.
Per quanto riguarda la scarsa illuminazione c’è un comando che aumenta o diminuisce la
sensibilità; oppure c’è il backlight ovvero la luce posizionata dietro la camera che illumina la
scena, in asse con l’obiettivo.
Tuttavia può essere necessario aiutarsi con fonti di illuminazione artificiale di diverse forme,
grandezze e potenza in watt.
La realtà colta della telecamera, per essere riproposta allo spettatore in tutta la sua meraviglia e
complessità ha spesso bisogno di essere corretta, visto che l’occhio della telecamera, anche se
tecnologicamente avanzato, non è nemmeno paragonabile all’occhio umano; insomma come
diceva John Grieson, è spesso accettabile modificare la realtà se questa, modificata, ha più
possibilità di essere riconosciuta tale.

Cap 35 Postproduzione e montaggio


In linea di massima si procede con la visione di tutto il girato, per selezionare le scene che, sulla
base dello storyboard sono venute meglio; quindi si procede con la fase di montaggio
propriamente detta.
Prima si chimava semplicemente editing perché avveniva in maniera cronologica.
ora invece editing non lineare.
Si decideva quale scena andava posta prima e quale dopo e tramite un mixer video si
effettuavano effetti, tutto in maniera diretta appunto lineare.
Quello non lineare avviene tramite un dispositivo hardware computerizzato.
I filmati vengono acquisiti, digitalizzati, elaborati e montati secondo schemi prefissati come nel
montaggio lineare, ma c’è un opzione si possono fare modifiche, anche sostanziali senza che il
prodotto debba essere rimontato.
Questo il montaggio più duttile e più utilizzato dai grandi network; ha un vantaggio economico
ed organizzativo; quelli ancora su pellicola vengono poi riversati sul supporto digitale in fase di
montaggio (telecinema).
Inoltre velocizza anche i tempi della ricerca del materiale come ogni altro sistema informatico.
Il nucleo del sistema di editing non lineare è la timeline (linea temporale): in questo spazio si
posizionano le nostre clip; (è come vedere una pellicola cinematografica con i sui fotogrammi
posizionata in senso orizzontale).
Possiamo poi modificare, spostare, tagliare incollare tutto ciò che mettiamo sulla timeline, oltre
che elaborare l’audio, bilanciare i toni, inserire alcuni effetti; anche se per qualcosa di più
elaborato si necessita di un programma esclusivo della parte audio.
Il montaggio in digitale permette di elaborare o inserire elaborazioni in 3D; processo chiamato
composing.
Per passare da un’immagine a un'altra ci sono varie metodiche espressive, che vengono
chiamate transizioni:
-stacco: passaggio netto tra inquadratura e un’altra
-dissolvenza: passaggio più o meno lento, da un inquadratura ad un’altra che può anche essere
incrociata.
-in apertura (fade in) è quella dissolvenza che parte da uno schermo nero per giungere
progressivamente all’immagine.
-in chiusura (fade out) è l’opposto.
-tendine
-pagine sfogliate
-morphing
-tanti altri

Il montaggio, se la narrazione è piana, lineare e non problematica, dovrà seguire questa strada;
tuttavia può anche servire a raggiungere il risultato opposto, enfatizzando gli elementi di
difficoltà e disturbo della storia contribuendo in maniera decisiva a forzare l’emotività dello
spettatore stesso.

Salto di montaggio: se nella maggior parte dei casi i registi e montatori cercano di nascondere le
fasi di montaggio, alcuni decidono di utilizzare la tecnica del jump cut (salto di montaggio) per
enfatizzare alcune situazioni drammatiche.
E’ una scelta in cui il soggetto ripreso compie veri e propri salti all’interno dello schermo,
accostando singole scene riprese da punti di vista differenti.

Attacco sul raccordo: è il contrario; si cerca di effettuare un montaggio morbido, approfittando


della narrazione visiva.

Montaggio alternato: montaggio che alterna due situazioni creando di fatto l’idea che avvengano
nella contemporaneità.

Inserto: si spezza la scena aggiungendo un’altra scena che funge da raccordo e da spiegazione;
spesso usato per correggere un errore.

Sequenza di montaggio: è un’unità specifica all’interno del montaggio; basata sull’unione di


immagini eterogenee.

Sovrimpressione: quando si aggiunge un’immagine all’immagine di scena.

Stacco sul passaggio: quando un oggetto passa davanti all’obiettivo; serve per mutare
inquadratura in maniera improvvisa senza creare difficoltà allo spettatore.

Croma key: serve per contestualizzare in maniera artificiosa la presenza di un personaggio


all’interno di una scena, il cui sfondo verrà sovrapposto in seguito.

Montaggio di immagini emozionali: serve a contestualizzare un narrato, introducendo un breve


filmato emotivamente pregnante sulle parole dello speaker.

Cap 36 Collocazione e generi documentari


Per il mercato internazionale è documentario un audiovisivo che, partendo dell’osservazione
della realtà fenomenologia dei fatti, pone una narrazione logica e consequenziale di avvenimenti
partendo dagli antecedenti e terminando con i conseguenti.
Unica distinzione ammessa è tra i documentari di osservazione,in cui prevale l’aspetto descritto
proprio dell’argomento specifico, rispetto ai documentari d’inchiesta in cui prevale l’aspetto di
ricostruzione della realtà.
Una divisione per generi:
-nature: documentari sulla wildlife a sé stante; altro sottoinsieme natural history: scienze
astronomiche, fisiche e geologiche.
-civilisation: che si divide a sua volta in history, art/culture e current affairs/contemporary life.

Cap 37 Una conclusione aperta


Logica digitale terrestre e on line questo dovranno essere alcuni punti cruciali su cui si dovrà
puntare per il futuro dell’offerta documentaristica.
Assisteremo a una iperspecializzazione del messaggio che potrebbe anche concorrere a creare
l’esigenza di canali specifici per specifici generi documentari.
Avverrà una frammentazione, non esisterà più il pubblico generalista; ciò potrebbe solo
frammentare il tessuto culturale nazionale e sovranazionale, ma anche vanificare l’idea
documentaria cosi come è nata nelle sue origini.

Potrebbero piacerti anche