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La responsabilità amministrativa delle società e degli enti 99

LA RESPONSABILITA’ IN MATERIA DI
INFORTUNI SUL LAVORO NEI CONTRATTI DI
APPALTO E DI SUB-APPALTO
Avv. Guglielmo Giordanengo e Avv. Simona Carosso, Avvocati del Foro di Torino

1. La pratica giudiziaria evidenzia come, in caso di appalti, l’incidenza di infortuni


sul lavoro sia particolarmente elevata.
Ciò è dovuto alla maggiore complessità organizzativa del lavoro in presenza di più
imprese che interagiscono rispondendo a strutture direttive diverse ed alla sussistenza
di un rischio specifico ulteriore costituito dalla interferenza, nel medesimo luogo di
lavoro, tra attività di contenuto tecnico diverso, talvolta inconciliabile, che debbono
essere pertanto dettagliatamente disciplinate e coordinate.
Al fine di contrastare i rischi infortunistici connessi alla particolare natura
dell’appalto, la normativa sulla sicurezza del lavoro impone specifici obblighi di
prevenzione anche in capo al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti delle imprese
appaltanti o committenti.
Ne consegue che tali soggetti potranno essere considerati penalmente responsabili
degli accadimenti infortunistici ricollegabili alla violazione di tali disposizioni,
prefigurando così una possibile responsabilità amministrativa dell’ente appaltante/
committente ai sensi dell’art. 25-septies d.lgs. 231/2001.
Preliminarmente ad ogni valutazione sulla configurabilità della responsabilità
amministrativa dell’ente appaltante, occorre quindi individuare quali siano le ipotesi
in cui soggetti apicali o sottoposti possano essere considerati penalmente responsabili
per infortuni occorsi a dipendenti di imprese appaltatrici o sub-appaltatrici e possa
quindi configurarsi in capo all’ente il reato presupposto sotteso all’applicazione del
d.lgs. 231/2001.
Le ipotesi previste dalla normativa vigente sono essenzialmente tre:

1.1 Affidamento di lavori, servizi e forniture ad imprese appaltatrici o a


lavoratori autonomi all’interno della propria azienda (art. 26 T.U. Sicurezza
81/2008)

L’articolo 26 del TU Sicurezza 81/08, proseguendo nel solco già tracciato


dall’articolo 7 del D.Lgs. n. 626/94, impone al datore di lavoro, in caso di
affidamento dell’esecuzione di lavori o forniture all’interno della propria azienda,
l’obbligo di verificare l’idoneità professionale delle imprese appaltatrici e di
fornire loro dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in
cui sono destinati ad operare i lavoratori delle imprese esterne ovvero i lavoratori
autonomi.
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La norma impone, inoltre, al datore di lavoro committente l’obbligo di promuovere


la cooperazione ed il coordinamento con i datori di lavoro delle imprese appaltatrici,
al fine di eliminare o ridurre al minimo i rischi derivanti dall’interferenza tra attività
di contenuto diverso eseguite da lavoratori di differenti imprese nello stesso luogo.
A questo fine il committente è tenuto ad effettuare una specifica valutazione del
rischio interferenziale (DUVRI), elaborando un apposito documento.
I fattori di rischio che debbono essere contemplati sono quelli esistenti
nell’ambiente di lavoro o connessi alla possibile interferenza tra le attività, mentre,
come è evidente, la valutazione non può e non deve avere ad oggetto i rischi specifici
propri delle attività delle imprese appaltatrici.
Il documento di valutazione del rischio dovrà essere redatto dal soggetto titolare
del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto e
allegato al contratto concluso con le imprese esterne.
I possibili addebiti di responsabilità colposa, in caso di infortunio occorso ai danni
di un dipendente di una impresa esterna, hanno quindi ad oggetto la mancata verifica
dell’idoneità professionale dell’appaltatore, l’omessa informazione sui rischi esistenti
nell’ambiente di lavoro , il mancato coordinamento tra le diverse attività o la mancata
valutazione del rischio interferenziale.
Poiché la norma è indirizzata al datore di lavoro e ai dirigenti, i soggetti
appartenenti all’ente appaltante coinvolti in un eventuale procedimento penale
potranno essere sia soggetti apicali nella persona del datore di lavoro, sia soggetti
sottoposti, nella persona dei dirigenti ai quali sia stato affidato il compito di interagire
con i datori di lavoro delle imprese esterne per garantire la realizzazione in sicurezza
degli interventi.
Questa considerazione ci consente di accennare ad una ulteriore questione
interpretativa.
Ai fini di una corretta applicazione dell’articolo 25-septies d.lgs. 231/2001 occorre,
infatti, “incasellare” i tradizionali destinatari delle norme in materia di sicurezza del
lavoro - datore di lavoro, dirigenti e preposti - nelle categorie di apicali e di sottoposti
introdotte dal d.lgs. 231/2001.
Il problema si pone con tutta evidenza per i dirigenti, atteso che il datore di lavoro
assume necessariamente la qualifica di apicale ed il preposto di sottoposto.
Sul punto appare pienamente condivisibile la soluzione proposta dalla sentenza
del Tribunale di Trani - sezione distaccata di Molfetta dell’11 gennaio 2010 che
attribuisce la qualifica di apicale ad uno degli imputati, dirigente dell’impresa
appaltante, in quanto preposto ad una unità produttiva dotata di autonomia finanziaria,
funzionale, decisionale e di spesa1.
Si tratta con tutta evidenza degli stessi requisiti richiesti dall’art.2 del T.U.Sicurezza
per l’individuazione del datore di lavoro e prescritti dall’art. 16 per il conferimento di
una valida delega di funzioni di datore di lavoro delegato ad un dirigente.
Sarà, pertanto, attribuibile al dirigente la qualifica di apicale in tanto in quanto gli siano
stati attribuiti mediante delega di funzioni autonomi poteri decisionali e di spesa tali da
qualificarlo come datore di lavoro delegato.

1
Trib. Trani, sez. distaccata di Molfetta, 11/01/2010, in Corriere del Merito, 4-2011, p. 403.
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Si osserva, in proposito, che l’articolo 26 T.U. 81/2008, richiede che il DUVRI


venga redatto dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla
gestione dello specifico appalto.
La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la disposizione in esame non
sostituisce il committente all’appaltatore come destinatario degli obblighi prevenzionali
propri dell’attività appaltata, ma si limita a coinvolgere il committente in alcuni
obblighi specifici nuovi ed ulteriori, quali l’informazione sui rischi esistenti
nell’ambiente di lavoro e la cooperazione nell’apprestamento delle misure di
prevenzione e protezione.
In altri termini, la normativa prevede l’esonero del committente solo per i rischi
specifici propri dell’impresa appaltatrice2.
Si tratta, come affermato dalla Cassazione, dei rischi che impongono “ precauzioni
dettate da regole richiedenti una specifica competenza tecnica settoriale , generalmente
mancante in chi opera in settori diversi o che implicano la conoscenza di specifiche
procedure o l’esecuzione di speciali tecniche. Pertanto il carattere generico del rischio
non esonera da responsabilità il committente: l’esonero riguarda solo i rischi specifici
e tipici dell’impresa appaltatrice3.”

1.2 Cantieri temporanei mobili ( artt. 88 ss. T.U. Sicurezza 81/2008)

Il secondo intervento del legislatore in materia di sicurezza del lavoro ed appalti


ha ad oggetto la disciplina specialistica dei cantieri temporanei mobili.
Come è noto, le disposizioni, originariamente contenute nella Direttiva Cantieri e
poi trasfuse nel Testo Unico sulla Sicurezza, impongono in capo alla figura del
committente precisi obblighi di pianificazione delle fasi di lavoro, di verifica
dell’idoneità tecnica e professionale delle imprese che opereranno sul cantiere,
nonché di promozione del coordinamento attraverso la nomina del coordinatore per
la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione.
Anche in questo caso si può pertanto prefigurare un coinvolgimento del
committente in ipotesi di infortunio ai danni del dipendente delle imprese appaltatrici
allorquando l’evento sia la conseguenza dell’inidoneità e dell’incompetenza tecnica
dell’impresa esecutrice aggiudicataria, ovvero, dell’omessa vigilanza sull’effettivo e
regolare svolgimento dei compiti affidati ai coordinatori.
Poiché il committente deve essere individuato nella persona fisica che, in nome e
per conto dell’ente, ha stipulato il contratto di appalto per l’esecuzione dell’opera, egli
dovrà necessariamente essere considerato come apicale ai fini dell’applicazione del
d.lgs. 231/2001 alla stazione appaltante.
Come è noto, l’art. 93 del Testo Unico Sicurezza esonera il committente dalla
responsabilità connesse agli obblighi lui attributi in caso di nomina di un responsabile
dei lavori e nei limiti dell’incarico conferito a quest’ultimo.
In applicazione dei criteri interpretativi sopra evidenziati, appare corretto attribuire
la qualifica di apicale anche al responsabile dei lavori in tanto in quanto sia stato
dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa per lo svolgimento dell’incarico lui
affidato.

2
Cass. pen., Sez. IV, 31/12/2010, n. 4586; Cass. Pen., Sez. III, 18.2.2009 n. 6884/2009, in Banca Dati Leggi d’Italia
Professionale Gruppo Wolters Kluwer.
3
Cass. Pen., Sez. IV, 21/12/2010, n. 44881, ibidem.
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Tale situazione è piuttosto comune nella prassi applicativa ove è invalsa


l’indicazione di attribuire l’incarico di responsabile dei lavori, anche in caso di
professionista esterno, mediante il rilascio di un atto che possieda gli stessi requisiti
della delega di funzioni.
La prospettiva delineata dal Testo Unico muta radicalmente qualora, nel primo
come nel secondo dei casi considerati, il committente si ingerisca nella organizzazione
e direzione delle attività affidate all’impresa appaltatrice.
In tale ipotesi, infatti, il venire meno della completa autonomia organizzativa e
direttiva che deve connotare l’appalto, determina la riconducibilità di profili di
responsabilità colposa diretta anche in capo al datore di lavoro ed ai dipendenti della
società committente.
Il committente/appaltante che organizzi e diriga le attività dei dipendenti
dell’appaltatore ne diviene, infatti, l’effettivo datore di lavoro e deve , di conseguenza,
essere considerato penalmente responsabile delle condotte colpose che abbiano
cagionato un infortunio e siano riconducibili a sue decisioni gestionali.

1.3 Cantieri temporanei mobili - impresa affidataria (art. 89 - 97 T.U.


Sicurezza 81/2008)

Del tutto innovativa è l’introduzione nel novero dei soggetti destinatari di norma
della cosiddetta impresa affidataria.
L’art. 89 del Testo Unico Sicurezza, così come novellato dal d.lgs. 106/2009,
qualifica, infatti, come impresa affidataria l’ente titolare del contratto di appalto con il
committente, che, nell’esecuzione dell’opera appaltata, si avvalga di imprese
subappaltatrici o di lavoratori autonomi.
La disposizione recepisce le osservazioni della giurisprudenza e disciplina una
situazione tipica delle attività che si svolgono all’interno di cantieri “complessi”.
La Suprema Corte ha segnalato, infatti la peculiarità di situazioni in cui le attività
affidate in subappalto si inseriscono e si svolgono fisicamente nello stesso cantiere
predisposto dall’appaltatore ed all’interno del quale quest’ultimo opera mantenendo
poteri direttivi di organizzazione generale dei luoghi di lavoro.
In questo caso, non essendo possibile una segregazione fisica netta delle aree di
lavoro ove operano le diverse imprese, l’appaltatore, in forza di tali poteri direttivi
generali è chiamato a svolgere un ruolo di coordinamento, e deve quindi essere
considerato responsabile, unitamente al subappaltatore, di eventuali infortuni
conseguenti ad una carente organizzazione del cantiere.4
In tale ipotesi infatti, non vengono in esame rischi specifici propri dell’attività
oggetto del subappalto, ma pericoli derivanti dalla mancata protezione dell’ambiente
di lavoro, riconoscibili da coloro i quali vi operano anche in assenza di una
competenza tecnica settoriale specifica.
La nuova normativa è stata introdotta con la finalità di disciplinare queste situazioni
attraverso l’individuazione e la delimitazione dei rispettivi ambiti di responsabilità
dell’appaltatore e dei subappaltatori.

4
Così, con riferimento a fatti risalenti al 2008, Cass. pen., Sez. IV, 03/02/2011, n. 4113, in Banca Dati Leggi d’Italia
Professionale Gruppo Wolters Kluwer.
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L’art. 97 impone al datore di lavoro dell’impresa affidataria l’obbligo di verificare


le condizioni di sIcurezza dei lavori affidati in subappalto, l’applicazione delle
disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento da parte delle imprese esecutrici
e la congruenza dei piani operativi di sicurezza da queste predisposti.
Non solo, ma vengono richiamati ed imposti gli obblighi prescritti dall’ art. 26 già
esaminati in precedenza.
Si tratta quindi di attività di controllo e vigilanza di assoluto rilievo, allo svolgimento
delle quali debbono essere adibiti dirigenti e preposti della impresa affidataria
specificamente formati a tale ruolo.
Ne consegue che tali soggetti potranno essere chiamati a rispondere degli infortuni
occorsi ai dipendenti delle imprese subappaltatrici in ragione della violazione degli
obblighi sopra indicati; quanto all’attribuzione a costoro della qualifica di apicali o
sottoposti si richiamano le considerazioni esposte nei paragrafi precedenti.

2. La responsabilità dell’ente

Così sintetizzate le ipotesi che possono prefigurare profili di responsabilità penale


di soggetti apicali o sottoposti appartenenti all’ente committente /appaltante per
infortuni occorsi ai dipendenti di imprese appaltatrici o sub-appaltatrici, occorre
analizzare in quali situazioni ciò possa configurare anche la responsabilità dell’ente di
appartenenza ai sensi dell’art. 25-septies d.lgs. 231/2001.
Al fine di escludere la responsabilità dell’ente occorrerà, innanzitutto, procedere
ad integrare i Modelli Organizzativi alla luce degli obblighi prevenzionali sopra
esaminati.
I modelli potranno, infatti, essere considerati idonei ai sensi e per gli effetti degli
articoli 6 e 7, d.lgs. 231/2001 esclusivamente ove prevedano specifiche procedure
per:
• l’individuazione, la valutazione e il controllo sui requisiti tecnico professionali e
previdenziali dell’impresa o dei lavoratori autonomi candidati alla stipula del
contratto di appalto.
Questa valutazione e l’acquisizione della necessaria documentazione dovrà essere
effettuata con particolare riferimento alle specifiche caratteristiche dei lavori
oggetto di appalto;
• l’acquisizione e la conservazione della documentazione relativa all’impresa
aggiudicataria;
• la verifica dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento degli incarichi di
responsabile dei lavori , di coordinatore per la progettazione e di coordinatore per
l’esecuzione;
• la precisazione delle modalità di conferimento degli incarichi e di verifica
dell’avvenuto conferimento degli stessi;
• la verifica dell’’avvenuta predisposizione e trasmissione del piano di coordinamento
e sicurezza;
• la verifica dell’effettivo svolgimento dell’attività di coordinamento per la
sicurezza;
• la corretta formalizzazione dei contratti ( indicazione costi per la sicurezza,
allegazione DUVRI)
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• la corretta comunicazione e trasmissione all’appaltatore o al subappaltatore delle


informazioni inerenti i rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e le misure
di prevenzione adottate dal committente;
• la disciplina delle attività di cooperazione e coordinamento necessarie ad eliminare
i rischi da interferenza
• la redazione e la verifica dell’avvenuta elaborazione e trasmissione agli appaltatori
del DUVRI
• la verifica della congruenza del DUVRI con le caratteristiche dei lavori oggetto di
appalto;
• la verifica della consegna dei POS delle imprese esecutrici e della loro congruenza
con il piano di coordinamento e sicurezza.
L’analisi del rischio connesso ai reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p. deve quindi
tenere conto degli specifici obblighi previsti dal T.U. sicurezza che possono integrare
addebito di colpa specifica a carico dei soggetti apicali o dipendenti dell’ente
committente/appaltante.
Nell’ambito del procedimento fondamentale risulterà, inoltre, ai fini dell’esclusione
della responsabilità dell’ente, l’accertamento dalla sussistenza o meno di un interesse
o vantaggio conseguente alla violazione delle norme dettate in materia di sicurezza
con riferimento ai lavori affidati in appalto.
L’accertamento di tale requisito deve essere condotto con specifico riferimento alla
violazione delle norme di prevenzione causalmente rilevanti nel verificarsi dell’evento
lesivo ed oggetto di addebito di colpa specifica nei confronti delle persone fisiche
imputate.
Come evidenziato con chiarezza dalla sentenza del Tribunale di Novara del 26
ottobre 2010, l’accertamento dell’interesse o vantaggio dell’ente costituisce, infatti, il
requisito preliminare fondamentale ai fini dell’affermazione della sussistenza della
responsabilità amministrativa, tanto che, ove esso non sia configurabile, l’omessa
adozione del Modello di Organizzazione, ovvero l’omessa integrazione dello stesso,
non è di per sé elemento sufficiente a determinare la condanna dell’ente5.
Occorre però interrogarsi su quali possibili forme possa assumere l’interesse o
vantaggio dell’ente nella specifica situazione di affidamento di appalto.
L’ente appaltante può certamente conseguire un evidente vantaggio economico
dalla scelta di un appaltatore tecnicamente inidoneo allo svolgimento di un particolare
incarico.
E’ del tutto evidente, infatti che le società autorizzate o specializzate in particolari
settori di attività richiedono corrispettivi più elevati rispetto ad imprese non qualificate,
tenuto conto della qualità tecnica che garantiscono e dei maggiori costi di gestione
connessi all’adozione di tutte le misure tecniche e prevenzionali necessarie per
eseguire in sicurezza i lavori loro affidati6.
La giurisprudenza ha chiarito, inoltre, come molto spesso l’ente appaltante sia in
grado di ottenere un indebito vantaggio abusando del potere contrattuale che è in
grado di esercitare nei confronti delle società appaltatrici.
Le imprese appaltatrici possono, infatti, versare in una situazione di debolezza
contrattuale nel rapporto con il committente qualora si tratti di società di recente

5
Trib. Novara, 26/10/2010, in Le Società, 9-2010, p. 1116.
6
Trib. Trani, sez. distaccata di Molfetta, 11/01/2010 in Corriere del Merito, 4-2011, p. 403.
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costituzione alla ricerca di uno sbocco di mercato o in situazione di difficoltà


economica o, ancora, in situazione di parasubordinazione rispetto ad un committente
che sia il loro cliente più importante (Tribunale di Molfetta ibidem) ovvero si trovi in
una situazione dominante all’interno del mercato.
In questo caso molto forti possono essere le pressioni contrattuali e personali che
l’ente committente può essere indotto ad esercitare per accelerare i tempi di consegna
o di esecuzione dei lavori o per ottenere prezzi più vantaggiosi.
Queste pressioni possono certamente determinare la decisione dell’appaltatore di
non ottemperare a tutti gli obblighi prevenzionali prescritti in materia di sicurezza del
lavoro per accelerare i lavori o recuperare utile.
Un altro evidente caso di interesse o vantaggio è costituito dai cosiddetti finti
appalti, ovvero dai casi in cui l’appalto sia una mera finzione giuridica ed il potere
direttivo ed organizzativo nei confronti dei lavoratori venga in realtà esercitato
dall’appaltante.
Al fine di distinguere gli appalti genuini da quelli illegittimi, il Ministero del Lavoro
invita ad esaminare le caratteristiche dell’attività appaltata, la durata dell’appalto, il
contenuto dell’apporto dell’appaltatore in termini di organizzazione dei mezzi,
ovvero, in caso di preponderante peso del fattore lavoro, le competenze tecniche
specifiche dei dipendenti del’impresa esterna e le modalità di esercizio del potere
direttivo7.
L’ente appaltante si cela dietro questa fictio iuris e si avvale della formale ed
apparente presenza di una impresa esterna al fine di ottenere un forte risparmio
nei costi di gestione del personale e per attribuire all’appaltatore, in caso di
infortunio, tutte le responsabilità civili, penali e previdenziali conseguenti a tale
accadimento.
Altra ipotesi di interesse o vantaggio a favore dell’ente committente può essere
certamente individuata nei casi di mal governo delle attività di coordinamento sui
cantieri temporanei nei quali, per accelerare i tempi di esecuzione dei lavori, si
consenta l’interferenza di più imprese nell’esecuzione di attività tecnicamente
incompatibili.
Identiche considerazioni possono essere fatte con riferimento all’impresa affidataria
che ometta di esercitare la prescritta attività di vigilanza sull’applicazione delle misure
di sicurezza da parte dei subappaltatori o dell’ente committente che ometta di
intervenire in caso di segnalazione di violazioni da parte del coordinatore per
l’esecuzione per evitare rallentamenti o fermate nello svolgimento dei lavori.
Un contributo di sicuro interesse su questo specifico tema verrà apportato dalla
recentissima sentenza del Gup di Cagliari, udienza 4 luglio 2011, le cui motivazioni
ancora non sono state depositate, che ha escluso la responsabilità dell’ente appaltante
in un caso di omicidio colposo plurimo ai danni dei lavoratori di una ditta di
manutenzione esterna, ritenendo che il fatto non sussista proprio perché il reato
presupposto non fu commesso nell’interesse o vantaggio dell’ente.

7
Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 5 del 11/2/2011, in Ambiente e Sicurezza, 3 maggio 2011,
pp. 32 ss., fasc. n. 8.
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