DELLA SIMULAZIONE IN SEDE PROCESSUALE:
OSSERVAZIONI [,]
di Marco Rizzuti
Sommario: 1. Premessa. – 2. Recenti sviluppi in te-
ma di abuso del processo. – 3. Alcune ipotesi di
simulazione processuale. – 4. Le sanzioni.
1. Premessa. Una recente decisione di me-
rito, resa nota, anche al di fuori del mondo de-
gli operatori del diritto, dalle sue ricadute su
un tema attuale e discusso, come è quello della
procreazione medicalmente assistita, offre al-
tresì lo spunto per alcune considerazioni relati-
ve alla sua seconda, e meno conosciuta, massi-
ma ( 1 ). Essa, infatti, costituisce una delle prime
applicazioni del nuovo comma 3o dell’art. 96
cod. proc. civ. ( 2 ), nonché un momento di
emersione del problematico fenomeno del cd.
processo simulato.
La causa verteva fra una coppia fertile, ma
portatrice di una malattia trasmissibile in via
ereditaria, ed un centro specializzato nella pra-
tica della PMA. La coppia chiedeva, ex art. 700
cod. proc. civ., che fosse ordinato al centro di
procedere alla fecondazione in vitro, superan-
do così, di fatto, il disposto dell’art. 4, l.
19.2.2004, n. 40 (Norme in materia di procrea-
zione medicalmente assistita), che expressis ver-
bis consente l’accesso alle tecniche di PMA sol-
tanto alle coppie sterili o infertili. Il giudice de-
ve tenere conto del complessivo riassetto della
materia conseguente al recente intervento della
[,] Contributo pubblicato in base a referee.
( 1 ) La decisione cui si allude è l’ordinanza del
Trib. Salerno, 9.1.2010, in Foro it., 2010, I, 1018,
con nota di De Santi.
( 2 ) Comma, introdotto dalla l. 18.6.2009, n. 69
(Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplifica-
zione, la competitività nonché in materia di processo
civile) ed applicabile ai giudizi instaurati successiva-
mente al 4.7.2009, secondo cui «in ogni caso, quan-
do pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91, il giu-
dice, anche d’ufficio, può altresì condannare la par-
te soccombente al pagamento, a favore della contro-
parte, di una somma equitativamente determinata».
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Corte costituzionale ( 3 ), che consentirebbe di
ritenere oggi prevalente il «diritto della donna
al figlio, per di più sano», ed imporrebbe, quin-
di, una reinterpretazione «costituzionalmente
orientata» ( 4 ) di tutta la disciplina della PMA.
Pertanto, accoglie il ricorso, in linea con una
tendenza che ha portato al progressivo sman-
tellamento giurisprudenziale della tanto di-
scussa l. n. 40/2004 ( 5 ). Non è, però, questo
l’aspetto che interessa in questa sede, bensì
quello concernente la condotta processuale del
convenuto, il «Centro di medicina della ripro-
duzione». Come è logico, il centro aveva tutto
l’interesse ad ottenere una pronuncia che allar-
gasse quanto più possibile l’ambito di applica-
zione delle tecniche di PMA, superando i di-
vieti legislativi, per cui esso non aveva mosso in
giudizio alcuna concreta resistenza alle richie-
ste degli attori. Tutto ciò rendeva evidente che
fra le parti non sussisteva una reale controver-
sia, ma un sostanziale accordo. Secondo le pa-
role del giudice salernitano, il processo era così
divenuto un «espediente tecnico per realizzare
( 3 ) Corte cost., 8.5.2009, n. 151, in Foro it.,
2009, I, 2301, ha dichiarato incostituzionali i commi
2o e 3o dell’art. 14 della citata l. n. 40/2004.
( 4 ) Le parole fra virgolette sono tratte dal testo
della citata ordinanza.
( 5 ) Si veda Casaburi, Il «restyling» giurispruden-
ziale della legge 40 del 2004 sulla procreazione medi-
calmente assistita, in Giur. merito, 2009, 3002. Può
essere interessante osservare che l’a. commenta
un’ordinanza del Trib. Bologna del 29.6.2009, che
rappresentava una delle prime applicazioni dei prin-
cipi stabiliti dalla citata sentenza costituzionale e
manifestava alcune somiglianze con la fattispecie
sottoposta all’attenzione del Tribunale di Salerno.
Anche in questo caso si aveva una coppia portatrice
di malattie ereditarie, la cui asserita sterilità era,
quanto meno, dubbia, in quanto i due avevano già
avuto un figlio, ma comunque la relativa attestazio-
ne medica non era stata messa in discussione da al-
cuno.
NGCC 2011 - Parte seconda

un fine comune ad entrambe» le parti, atteg-
giandosi come «momento attuativo dell’accordo
dei finti contendenti». Pertanto, la condotta
posta in essere dalle parti poteva essere consi-
derata come un’ipotesi di «processo simulato»,
e comportare così l’applicazione del nuovo art.
96, comma 3o, cod. proc. civ.
Sono essenzialmente due le considerazioni
che si possono fare con riferimento a tale
aspetto della decisione: la prima riguarda
l’adeguatezza, sul piano logico e giuridico, di
un simile rimedio, la seconda attiene alle con-
seguenze più generali che può avere il ricono-
scimento, qui effettuato esplicitamente, della
categoria del processo simulato.
2. Recenti sviluppi in tema di abuso del
processo. L’ordinanza, cui si è fatto cenno,
rappresenta una delle prime applicazioni del
già ricordato comma 3o dell’art. 96 cod. proc.
civ., norma introdotta allo scopo di contrastare
il fenomeno dell’abuso del processo, categoria
nella quale si può ricondurre anche la fattispe-
cie del processo simulato, con le precisazioni
che si faranno in seguito. L’abuso del processo
può, a sua volta, essere ricondotto, sul piano
concettuale, alla generale figura dell’abuso del
diritto, consistente nell’uso improprio di un di-
ritto, da parte del titolare. Si tratta, infatti, di
un esercizio del diritto formalmente conforme
allo schema di cui alla norma attributiva, ma
sostanzialmente contrastante con la sua funzio-
ne, ovvero con lo scopo per cui l’ordinamento
ha riconosciuto quel diritto a quel soggetto.
Come è noto, l’abuso del diritto è stato oggetto
di una ricca elaborazione nella dottrina civili-
stica italiana ( 6 ) ed ha trovato anche recenti ap-
( 6 ) In questa sede non è certamente possibile for-
nire un ragguaglio completo sul punto. Ci si limiterà
a ricordare che la categoria, benché antichissima (si
vedano ampli riferimenti storici e comparatistici in
Breccia, L’abuso del diritto, in Dir. priv., 1997, 19
ss.), aveva conosciuto un periodo di crisi nell’epoca
delle codificazioni moderne, caratterizzata da esa-
sperato legalismo e diffidenza verso l’autonomia
dell’interprete, che, invece, istituti come quello in
discorso evidentemente esaltano. In seguito, era sta-
ta riscoperta, sia in Germania (ove il concetto di Re-
chtsmissbrauch trova fondamento nei §§ 226 e 242
BGB), che in Francia (si è soliti citare come punto
NGCC 2011 - Parte seconda
Simulazione in sede processuale
plicazioni in celebri pronunce giurisprudenzia-
li ( 7 ). Negli ultimi tempi, poi, si è sviluppato in
misura maggiore il dibattito sull’aspetto pro-
cessualistico del problema, cioè sull’ipotesi in
cui l’esercizio abusivo si riferisca a diritti, pote-
ri, facoltà che costituiscono strumenti proces-
suali: in altre parole, a quello che la dottrina
chiama, appunto, abuso del processo ( 8 ). Ciò è
di riferimento il celebre caso Clèment-Bayard, Cour
de Cassation, 3.8.1915, in D. 1917.1.79) e poi anche
in Italia, a partire da alcuni fondamentali contributi
degli anni cinquanta e sessanta, quelli di Salv. Ro-
mano, voce «Abuso del diritto (diritto attuale)», in
Enc. del dir., I, Giuffrè, 1958, 166 ss.; Natoli Note
preliminari ad una teoria dell’abuso del diritto nel-
l’ordinamento giuridico italiano, in Riv. trim. dir. e
proc. civ., 1958, 18 ss.; Rescigno L’abuso del diritto,
in Riv. dir. civ., 1965, I, 203 ss. Più di recente il tema
è stato trattato da numerosi aa.: si devono ricordare
almeno i contributi di Breccia, Monateri, Caret-
ti, Donati, Busnelli e Navarretta, Sacco, Basi-
le, Montalenti, Borgioli e Mariani, Paradiso,
Del Punta, Taruffo, Dondi, raccolti nel citato
volume del 1997 della rivista Diritto Privato, coordi-
nato da Furgiuele, ed il contributo di Pino, Il di-
ritto e il suo rovescio. Appunti sulla scia dell’abuso
del diritto, in Riv. dir. priv., 2004, 25 ss.
( 7 ) Il riferimento è soprattutto a Cass.,
18.9.2009, n. 20106, in Giust. civ., 2009, 2671, in te-
ma di abuso del diritto di recesso da parte dell’im-
presa contraente forte nei confronti delle imprese
«deboli», che ha suscitato, come è noto, un vivo di-
battito in dottrina.
( 8 ) Taruffo, Elementi per una definizione di «abu-
so del processo», in Dir. priv., 1997, 435, ricorda che in
passato il tema, benché oggetto di un’elaborazione so-
stanzialistica «di notevole rilievo», affiorava «di rado e
con fatica nella giurisprudenza e nella dottrina proces-
sualistica». In effetti, nella dottrina più risalente, i con-
tributi sul punto sono ben pochi (si possono citare
Calvosa, Riflessioni sulla frode alla legge nel processo,
in Riv. dir. proc., 1949, I, 64 ss., e Monacciani, Il pro-
blema del processo simulato, in Riv. trim. dir. e proc.
civ., 1956, 826 ss.) e, a nostro parere, non giungono a
risultati di particolare interesse.
Ultimamente, invece, come osserva Dondi, Ma-
nifestazioni della nozione di abuso del processo civile,
in Dir. priv., 1997, 462, ci troviamo di fronte ad «un
fenomeno di virtuale processualizzazione della no-
zione di abuso del diritto». Si potrebbero esprimere
delle perplessità su questo utilizzo del concetto di
abuso, ma la questione esula dai limiti della presente
trattazione.
449
Saggi e Aggiornamenti
dipeso da un’accresciuta sensibilità per quegli
abusi processuali che, non di rado, comporta-
no un allungamento intollerabile dei tempi del-
la giustizia o comunque un sovraccarico ecces-
sivo della stessa ( 9 ). Si tratta di un fenomeno
che non riguarda solo il nostro ordinamen-
to ( 10 ), ma che conosce in Italia una particolare
drammaticità, evidenziata anche dalle numero-
se condanne riportate dal nostro Paese di fron-
te alla Corte Europea dei Diritti Umani, per
l’irragionevole durata dei tempi processua-
li ( 11 ).
Nella lotta contro gli abusi processuali, come
sempre accade quando si tratta di abuso del di-
ritto, in un primo tempo vi sono stati interventi
giurisprudenziali, che prescindevano da una
disciplina legislativa, allora assai carente, e,
poi, interventi legislativi che hanno tipizzato e
sviluppato tali tendenze interpretative ( 12 ). Co-
sì è stato per quella giurisprudenza della Cassa-
zione che, per deflazionare il contenzioso di le-
gittimità, in modo da poter effettivamente svol-
gere la propria essenziale funzione nomofilatti-
ca, ha utilizzato la responsabilità aggravata di
( 9 ) Cfr. Taruffo, L’abuso del processo: profili
comparatistici, in Dir. priv., 1998, 496.
( 10 ) In America la repressione dell’abuse of civil
proceedings è stato oggetto di reiterati interventi le-
gislativi e giurisprudenziali, anche a livello federale.
In Francia il Nouveau Code de procedure civile con-
tiene oggi norme dedicate specificamente all’abuso
del diritto d’azione (art. 32-1, introdotto nel 1978), e
a quello del diritto di proporre appello (art. 559) o
ricorso per cassazione (artt. 581 e 628). In Germania
il tema si è posto soprattutto con riferimento alle
impugnazioni emulative o strumentali di delibere
assembleari (Missbrauch des Anfechtungsrechts). Si
veda, per maggiori e più precisi riferimenti Dondi,
471 ss. Taruffo, L’abuso del processo: profili compa-
ratistici, cit., passim, approfondisce anche gli svilup-
pi nella medesima direzione che si registrano in Au-
stria, Belgio, Olanda, Giappone e nei Paesi latinoa-
mericani.
( 11 ) Sul nesso fra tali condanne e le recenti rifor-
me, si veda Giordano, Brevi note sulla nuova re-
sponsabilità processuale cd. aggravata, in Giur. meri-
to, 2010, 434 ss.
( 12 ) Astone, L’abuso del diritto in materia con-
trattuale, in Giur. merito, 2007, suppl. 2, 8 ss., mette
in evidenza come il principio del divieto dell’abuso
del diritto operi sempre prima e a prescindere da
eventuali disposizioni normative sul punto.
450
cui all’art. 96 cod. proc. civ., come sanzione
per i ricorsi meramente dilatori, o comunque
presentati nella consapevolezza palese, o nel-
l’ignoranza inescusabile, circa la loro inammis-
sibilità ( 13 ). Questa giurisprudenza ha costitui-
to l’antecedente dell’introduzione del nuovo
comma 4o dell’art. 385 cod. proc. civ. Esso
consentiva alla Supr. Corte, quando pronun-
ciava sulle spese, di condannare la parte soc-
combente anche al pagamento di una somma
equitativamente determinata, qualora essa
avesse proposto il ricorso o resistito anche solo
con colpa grave ( 14 ). In seguito, con l’introdu-
zione del nuovo comma 3o dell’art. 96 cod.
proc. civ., il legislatore ha proseguito su questa
strada, arrivando alla generalizzazione per ogni
processo di ciò che l’art. 385, comma 4o, cod.
proc. civ. aveva sancito per il solo giudizio di
cassazione ( 15 ). Il nuovo art. 96, comma 3o, ha
ricevuto un’accoglienza piuttosto critica in
dottrina ( 16 ), in quanto esso, consentendo una
( 13 ) Cfr. Giordano, Responsabilità delle parti
per le spese ed i danni e abuso del processo, in Giur.
merito, 2007, suppl. 2, 46 ss.; fra le prime fattispecie
in cui si affermò siffatta responsabilità vanno ricor-
dati i ricorsi preventivi di giurisdizione che venivano
presentati in maniera assolutamente strumentale,
prima che la l. 23.11.1990 non provvedesse a modi-
ficare il testo dell’art. 367 cod. proc. civ., eliminan-
do l’effetto sospensivo automatico della proposizio-
ne degli stessi.
( 14 ) La norma è stata introdotta dal d. legis.
2.2.2006, n. 40; a quanto consta, la prima applica-
zione della stessa si è avuta con la sentenza della
Cass, sez. un., 4.2.2009 n. 2636, in Foro it., 2009, I,
641, cui ha fatto seguito Cass., 27.2.2009, n. 4829,
in Foro it., I, 1402.
( 15 ) Infatti, la medesima l. n. 69/2009, che ha in-
trodotto il comma 3o dell’art. 96, ha anche abrogato
il comma 4o dell’art. 385, manifestando così l’inten-
zione del legislatore di sostituire la nuova norma ge-
nerale alla vecchia normativa particolare.
( 16 ) Si vedano: Proto Pisani, La riforma del pro-
cesso civile: ancora una legge a costo zero (note a pri-
ma lettura), in Foro it., 2009, V, 222; De Marzo, Le
spese giudiziali e le riparazioni nella riforma del pro-
cesso civile, ibidem, 397; Scarselli, Le modifiche in
tema di spese, ibidem, 258; Balena, La nuova pseu-
do-riforma della giustizia civile (un primo commento
della l. 18 giugno 2009, n. 69), in Il giusto processo ci-
vile, 2009, 3, 766 ss.; Menchini, in Aa.Vv., La rifor-
ma della giustizia civile, Utet, 2009, sub art. 96 cod.
NGCC 2011 - Parte seconda

pronuncia ex officio, viola, come già l’art. 385,
comma 4o, il fondamentale principio della do-
manda, ed, inoltre, a differenza della norma
abrogata, non fa riferimento alla necessaria
sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illeci-
to e non pone alcun limite al potere del giudice
nella determinazione del quantum della con-
danna ( 17 ). Inoltre, si dubitava circa la possibi-
lità di trovare alla nuova disposizione un auto-
nomo ambito di applicazione, in considerazio-
ne del difetto di coordinamento fra il nuovo e
gli altri due commi dell’art. 96. In giurispru-
denza, però, la norma ha avuto modo di trova-
re applicazione in varie fattispecie ( 18 ), analiz-
zando le quali possiamo forse tentare di deli-
neare un criterio per distinguere l’ambito ap-
plicativo dei commi 1o e 2o da quello del nuo-
vo comma 3o, o quanto meno per individuare
proc. civ.; cfr. anche Mazzola, Responsabilità pro-
cessuale e danno da lite temeraria, Giuffrè, 2010.
( 17 ) Un limite massimo era, invece, previsto sia
nel vecchio art. 385, comma 4o, cod. proc. civ., sia
nel testo originario del disegno di legge 1441, che è
poi divenuto la l. n. 69/2009.
( 18 ) Si possono citare, oltre alla più volte ricorda-
ta ordinanza salernitana: Trib. Terni, 17.5.2010, in
Giur. merito, 2010, 1834, ove si fa riferimento alla
possibile sussistenza di una «colpa comune» delle
parti; del T.A.R. Umbria, 21.1.2010, n. 26, in Giur.
merito, 2010, 831; Trib. Varese, sez. dist. Luino,
23.1.2010, in Foro it., 2010, I, 2229, secondo la qua-
le, con il nuovo comma, «il giudice può (e, invero,
deve) responsabilizzare la parte ad una giustizia sana
e funzionale, scoraggiando il contenzioso fine a se
stesso che, aggravando il ruolo del magistrato e con-
correndo a rallentare i tempi di definizione dei proces-
si, crea nocumento alle altre cause in trattazione mos-
se da ragioni serie e, spesso, necessità impellenti o ur-
genti nonché agli interessi pubblici primari dello Sta-
to»; Trib. Padova, 10.11.2009, in Giur. merito,
2010, 8, 1858; Trib. Prato, 6.11.2009, in Foro it.,
2010, I, 2229; Trib. Varese, 30.10.2009, n. 1094, in
Giur. merito, 2010, 449, con nota di Giordano,
nella cui massima si legge che «mediante l’art. 96
comma 3 c.p.c. introdotto dalla l. 18 giugno 2009, n.
69, trova ingresso nell’ordinamento una fattispecie a
carattere sanzionatorio che prende le distanze dalla
struttura tipica dell’illecito civile per confluire nelle
c.d. condanne punitive»; Trib. Milano, 20.8.2009,
in Foro it., 2010, I, 2229, che individua la ratio della
nuova norma «nello scoraggiare comportamenti con-
trari alla funzionalità del servizio giustizia».
NGCC 2011 - Parte seconda
Simulazione in sede processuale
le rispettive differenti rationes. Parrebbe, infat-
ti, che i vecchi commi abbiano come principale
obbiettivo la tutela della controparte vittima
dell’abuso processuale, mentre il nuovo si col-
loca piuttosto nella logica della tutela del bene
della ragionevole durata del processo. Come è
noto, si tratta di un bene di rilevanza pubblici-
stica, ed ora anche costituzionale ( 19 ), che po-
trebbe essere leso anche da entrambe le parti,
come è accaduto nel caso da cui abbiamo pre-
so le mosse.
Se questo è vero, emerge, però, un ulteriore
profilo di critica alla decisione in commento,
oltre che alla legge di cui fa applicazione. Co-
me già accennato, riteniamo corretto sussume-
re l’ipotesi del processo simulato nella catego-
ria dell’abuso del processo, come una partico-
lare fattispecie di abuso bilaterale ( 20 ). Però, se
le parti sono qui complici, quale senso può
avere, su un piano logico prima ancora che giu-
ridico, utilizzare come rimedio la condanna di
un complice a corrispondere una certa somma
in favore dell’altro? Parrebbe più adeguato tu-
telare un interesse pubblico e contrapposto a
quello di ambedue le parti, come è l’interesse a
reprimere utilizzi impropri dello strumento
processuale, con il rimedio della nullità dell’in-
tero procedimento. Tale sanzione, peraltro,
riuscirebbe anche a frustrare effettivamente
l’intento delle parti, in quanto esse, in questo
modo, non otterrebbero il provvedimento al
cui ottenimento era volta l’intera manovra si-
mulatoria. L’ordinanza, in effetti, prende
espressamente in considerazione questa possi-
bilità, ma poi la esclude senza, però, fornire
una reale motivazione al riguardo: peraltro,
non è da escludere che la particolare delicatez-
za della materia sostanziale sottoposta al giudi-
( 19 ) Il riferimento è, naturalmente, al nuovo testo
dell’art. 111 Cost., come modificato dalla l. cost.
23.11.1999, n. 2.
( 20 ) Sull’abuso bilaterale del processo cfr. Taruf-
fo, Elementi per una definizione di «abuso del pro-
cesso», 454; sulla rilevanza che alle controversie abu-
sive perché fittizie viene riconosciuta in altri ordina-
menti, si vedano i cenni di Id., L’abuso del processo:
profili comparatistici, 481.
Il nesso fra il fenomeno simulatorio e la categoria
dell’abuso del diritto, in generale, era stato già evi-
denziato da Salv. Romano, 168.
451
Saggi e Aggiornamenti
zio del Tribunale possa aver influito in questa
direzione ( 21 ).
L’aspetto più apprezzabile dell’ordinanza in
commento si rinviene, comunque, a nostro giu-
dizio, nella descrizione della fattispecie del pro-
cesso simulato e nella chiara affermazione che
esso ha una rilevanza giuridica e merita una
sanzione (anche se poi la scelta della sanzione,
come si è visto, lascia a desiderare), a fortiori,
alla luce delle recenti tendenze in punto di con-
trasto all’abuso del processo. Si tratta, infatti, di
effettuare una scelta fra due impostazioni en-
trambe astrattamente valide. La prima, in osse-
quio all’elemento pubblicistico intrinseco nel-
l’attività giurisdizionale, ravvisa nella decisione
del giudice un elemento capace di sanare qua-
lunque effetto della manovra simulatoria delle
parti, privando, quindi, la simulazione proces-
suale di ogni giuridica rilevanza. La seconda,
che noi riteniamo preferibile, mira, invece, a far
emergere la realtà dell’accordo simulatorio sot-
tostante all’instaurato giudizio, consentendo,
quindi, a chi abbia un interesse meritevole di
tutela, di far valere il vizio del procedimento,
che si è realizzato all’insaputa del giudice. La ri-
cordata ordinanza e le altre recenti tendenze,
cui si è fatto cenno, sembrano incoraggiare
questa seconda visione del complesso fenome-
no di cui ci stiamo occupando.
3. Alcune ipotesi di simulazione pro-
cessuale. Sembra opportuno illustrare quanto
si va sostenendo con alcuni riferimenti a certe
( 21 ) Infatti, l’ordinanza, dopo aver descritto la
fattispecie ed averla ricondotta alla categoria dottri-
nale del processo simulato, afferma semplicemente
che: «volendosi escludere che tale anomala instaura-
zione del processo cautelare vada censurato con la
nullità del procedimento, pare allora opportuno pro-
cedere d’ufficio alla condanna» ex art. 96, comma
3o, cod. proc. civ., senza chiarire per qual mai ra-
gione si vuole escludere tale possibilità. È possibile
che il giudicante, per fini di giustizia sostanziale
(naturalmente secondo la sua idea di giustizia so-
stanziale), non abbia voluto perdere l’occasione per
contribuire all’opera di riscrittura giurisprudenziale
delle norme in tema di PMA e non abbia, quindi,
voluto mettere nel nulla il procedimento instaurato:
è evidente, però, che avrebbe dovuto trovare una
qualche argomentazione giuridica per fondare tale
sua decisione.
452
fattispecie, nelle quali si è registrato un signifi-
cativo ricorso alla simulazione processuale e si
è, quindi, sviluppato un dibattito sulla sua rile-
vanza giuridica.
In primo luogo, prenderemo in considera-
zione un’ipotesi che è stata spesso sottoposta
all’attenzione dei nostri giudici, ovvero la pro-
blematica della simulazione della separazione
consensuale. Non è, infatti, infrequente che i
coniugi si accordino per inscenare una separa-
zione consensuale fittizia, allo scopo di ottene-
re vantaggi fiscali o di frodare i creditori ( 22 ), o
in altri casi ancora ( 23 ). Perciò, si è più volte
posto il problema della possibilità di far valere
siffatto vizio dell’accordo omologato e delle
azioni che potrebbero essere esperite dai terzi
pregiudicati, o anche dalle parti stesse. Nella
giurisprudenza di merito si sono riscontrati
orientamenti contrastanti: alcune decisioni
consideravano inapplicabile l’istituto della si-
mulazione alla materia in questione, per il ca-
rattere pubblicistico ed estraneo all’ambito ne-
goziale della stessa ( 24 ), mentre altre riconosce-
vano l’applicabilità della categoria della simu-
lazione anche in ambito familiare, come com-
( 22 ) In dottrina (cfr. Danovi, La separazione si-
mulata e i suoi rimedi, in Riv. dir. proc., 2001, 291, nt.
118) si segnalano vari utilizzi cui si può prestare la si-
mulazione della separazione: il coniuge formalmente
impegnatosi a corrispondere l’assegno di manteni-
mento potrà detrarlo dal reddito imponibile; la fitti-
zia cessione di beni all’altro coniuge potrà, inoltre,
impedirne l’aggressione da parte dei creditori del ce-
dente; la simulata assegnazione della casa coniugale
condotta in locazione dal coniuge assegnante potrà
ostacolare il rilascio richiesto dal locatore.
( 23 ) Si può ricordare un caso in cui la simulata se-
parazione comprendeva un accordo di assegnazione
alla moglie della casa familiare, di proprietà del ma-
rito, e l’intera operazione era finalizzata a precosti-
tuire quello stato di urgente ed improrogabile neces-
sità che, ai sensi dell’art. 4 n. 1, della l. n. 253/1950,
avrebbe legittimato il marito a far cessare la proroga
legale del contratto di locazione relativo ad un ulte-
riore immobile di sua proprietà: si veda Cass.,
18.12.1986, n. 7681, in Mass. Giust. civ., 1986.
( 24 ) In tal senso si vedano: Trib. Roma,
11.4.1996, in Arch. civ., 1997, 410; Trib. Bologna,
28.1.1998, in Dir. fam. e pers., 1998, 1047, con nota
di Conte; Trib. Roma, 14.12.1998, in Fam. e dir.,
2000, 60, con nota critica di Sala.
NGCC 2011 - Parte seconda

provato dal disposto dell’art. 123 cod. civ. ( 25 )
Si può dire che quest’ultima posizione era
quella che godeva di maggior consenso in dot-
trina ( 26 ), anche in considerazione della natura
di abuso processuale propria della simulazione
della separazione, come tale meritevole di una
qualche forma di repressione ( 27 ). Che le sepa-
razioni simulate siano possibili e frequenti lo
può confermare, oltre alla casistica recente già
ricordata, anche il confronto con gli altri ordi-
namenti, o con le altre epoche storiche. Il ri-
schio di simulazioni e frodi giustificava, presso
la dottrina e la giurisprudenza francesi (ma an-
che tedesche ed italiane) dell’Ancien Règime,
l’ostilità nei confronti delle sèparations amia-
bles ( 28 ) e spinse poi il Code Napolèon ad esclu-
dere l’ammissibilità stessa della separazione
consensuale ( 29 ). Anche i giuristi di common
law ammettono la possibilità di utilizzare i ri-
medi contrattuali nei confronti dei separation
agreements ( 30 ). In Italia, sotto il codice Pisa-
nelli, la giurisprudenza aveva riconosciuto la
possibilità di impugnare per simulazione gli ac-
( 25 ) Si veda App. Bologna, decr. 5-7.5.2000, in
Riv. dir. proc., 2001, 283 ss., con nota di Danovi, La
separazione simulata e i suoi rimedi, cit.
( 26 ) Cfr. Oberto Simulazioni e frodi nella crisi co-
niugale (con qualche accenno storico ad altri ordina-
menti europei), in Familia, 2001, 774 ss., e Id., La
natura dell’accordo di separazione consensuale e le re-
gole contrattuali ad esso applicabili (II), in Fam. e
dir., 2000, 86 ss.
( 27 ) Cfr. Danovi, op. ult. cit., 289, nt. 11, dove si
parla di «impiego anomalo dello strumento proces-
suale», e 292, dove si parla di «abuso della tutela
giurisdizionale».
( 28 ) Si vedano i riferimenti al Molineo ed a nume-
rosi altri autori dello ius commune in Oberto, Simu-
lazioni e frodi nella crisi coniugale (con qualche accen-
no storico ad altri ordinamenti europei), 778 s., testo
e note.
( 29 ) Oberto, op. ult. cit., 777; Locrè, Esprit du Co-
de Napolèon, Imprimerie imperiale Paris, 1806, 346,
osservava che «Cette séparation abusive seroit en outre
... un moyen infallibile de ruiner tous leur crèanciers».
( 30 ) Cfr. Oberto, op. ult. cit., 799, nt. 87, con ri-
ferimenti sia all’America che all’Inghilterra. Natu-
ralmente è bene ricordare che si tratta di ordina-
menti dove, da tempo, l’autonomia privata trova nel
diritto di famiglia un ambito di esplicazione ben
maggiore che nel nostro (si pensi, ad esempio, alle
modalità del divorzio o agli antenuptial agreements).
NGCC 2011 - Parte seconda
Simulazione in sede processuale
cordi di separazione ( 31 ) e, cosa che più colpi-
sce, detto orientamento incontrava la piena ap-
provazione di quella dottrina, all’epoca egemo-
ne, fautrice di una concezione pubblicistica del
diritto di famiglia, agli antipodi della visione
dello stesso in termini di autonomia negozia-
le ( 32 ).
La Cassazione ha affrontato ex professo il te-
ma per la prima volta nel 2003, con una deci-
sione che ha concluso affermando l’assoluta
impossibilità di concepire la simulazione della
separazione consensuale, sulla base di argo-
mentazioni fortemente discutibili ( 33 ). Infatti, a
prescindere dalle particolarità del caso concre-
to ( 34 ), la posizione della Corte appare con-
traddittoria, in quanto dapprima sposa la tesi,
del resto ormai dominante, della natura nego-
ziale della separazione consensuale (riducendo
( 31 ) Si veda App. Trani, 23.6.1899, in Giur. it.,
1899, I, 2, 627, citata da Oberto, op. ult. cit., 799,
nt. 86.
( 32 ) Il riferimento è alla concezione istituzionale
di Cicu, il quale, però, in Il diritto di famiglia. Teo-
ria generale, Athenaeum, 1914, 240, si esprime aper-
tamente a favore della impugnabilità della separa-
zione consensuale per simulazione.
( 33 ) Il riferimento è a Cass., 21.11.2003, n.
17706, in Corr. giur., 2004, 307 ss., con nota critica
di Oberto, Simulazione della separazione consen-
suale: la Cassazione cambia parere (ma non lo vuole
ammettere), in Vita not., 2004, I, 156 ss., con nota
critica di Alcaro, Realtà dell’apparenza nella simu-
lazione; in Dir. fam. e pers., 2005, 462, con nota cri-
tica di Danovi, È davvero irrilevante (e inattaccabi-
le) la simulazione della separazione?
( 34 ) Nel caso di specie, i coniugi avevano simula-
to la separazione per motivi fiscali, ma, in un secon-
do tempo, il marito aveva ritenuto di approfittarne
per chiedere il divorzio, mentre la moglie faceva va-
lere la simulazione al fine di evitare lo scioglimento
del matrimonio. In tale situazione poteva forse ap-
parire ragionevole non lasciare in vita un’unione or-
mai palesemente compromessa e negare tutela a chi
si era reso complice di una manovra elusiva. Ciò non
toglie che le argomentazioni con le quali la Corte ha
negato in linea generale l’ammissibilità della simula-
zione della separazione sono, come si vedrà, giuridi-
camente erronee e che, in altri casi, specie qualora a
far valere la simulazione siano i terzi da essa pregiu-
dicati, le esigenze degli stessi sono evidentemente
meritevoli di tutela, anche dal punto di vista della
giustizia sostanziale.
453
Saggi e Aggiornamenti
così l’omologazione a mera condizione di effi-
cacia) ( 35 ), ma poi nega che da ciò possa trarsi
( 35 ) La Corte osserva, infatti, che: «Tale ultima
posizione appare condivisa dalla più recente giurispru-
denza di legittimità, orientata nel senso che la separa-
zione trova la sua unica fonte nel consenso manifesta-
to dai coniugi dinanzi al presidente del tribunale e che
la successiva omologazione è unicamente diretta ad
attribuire efficacia dall’esterno all’accordo di separa-
zione, assumendo la funzione di condizione sospensi-
va della produzione degli effetti delle pattuizioni sti-
pulate tra i coniugi, già integranti un negozio giuridi-
co perfetto ed autonomo. A fondamento di detto
orientamento – che deve essere in questa sede riaffer-
mato – si è richiamato il chiaro tenore letterale del
primo comma dell’art. 158 c.c. e del quarto comma
dell’art. 711 c.p.c., che espressamente riferiscono al
momento della efficacia il decreto di omologazione
della separazione fondata sul solo consenso del coniu-
gi, e si è tratto ulteriore argomento dalla limitazione
posta dal secondo comma dell’art. 158 c.c., introdotto
dalla legge di riforma del diritto di famiglia, ai poteri
del giudice nella fase di controllo: si e pertanto rileva-
to che l’accordo tra i coniugi costituisce l’elemento
fondante della condizione di coniugi separati e del re-
golamento dei loro rapporti, mentre il provvedimento
di omologazione svolge la funzione di controllare la
compatibilità della convenzione rispetto alle norme
cogenti ed ai principi di ordine pubblico, nonché di
compiere la più pregnante indagine circa la conformi-
tà delle condizioni relative all’affidamento ed al man-
tenimento dei minori al loro interesse, e quindi di im-
primere efficacia giuridica all’accordo stesso (Cass.
2001 n. 3390, in motiv.; 1997 n. 9287; 1995 n. 2700;
1990 n. 8712; 1985 n. 1208; 1984 n. 14). In tale pro-
spettiva questa Suprema Corte ha in più occasioni
qualificato l’accordo di separazione come atto essen-
zialmente negoziale, espressione della capacità dei co-
niugi di autodeterminarsi responsabilmente, tanto da
definirlo, riprendendo una efficace espressione della
dottrina, come uno dei momenti di più significativa
emersione della negozialità nel diritto di famiglia (co-
sì Cass. 1994 n. 657; 1993 n. 2270; v. altresì, sulla de-
finizione della separazione consensuale come negozio
di diritto familiare, Cass. 1997 n. 4306; 1991 n. 2788;
nonché la più remota Cass. 1978 n. 4277, che nel ri-
condurre l’accordo alla categoria dei negozi o conven-
zioni di diritto familiare ha osservato che esso rispec-
chia un originario e sostanziale parallelismo di inte-
ressi e volontà, concretantesi nell’intendimento di vi-
vere separati nella convinzione di un comune vantag-
gio di una scelta siffatta e nella condivisa esigenza di
garantire il mantenimento delle condizioni necessarie
per il rispetto degli interessi generali e di quelli della
454
argomento per rendere rilevante la simulazione
della stessa. Infatti, mancherebbe una norma
ad hoc, essendo l’art. 123 cod. civ. riferito
esclusivamente al matrimonio, e, in ogni caso,
la dichiarazione resa dai coniugi dinanzi al Pre-
sidente varrebbe a «superare e neutralizzare il
precedente accordo simulatorio, ponendosi in
antitesi con esso» ( 36 ), cosicché non sarebbe
mai possibile parlare di separazione simulata.
Ora, se si ritiene che la separazione consensua-
le possa essere ricompresa nel genus del nego-
zio giuridico, una norma specifica sarebbe ad-
dirittura superflua e, comunque, l’art. 123 cod.
civ. potrebbe anche essere utilizzato per fonda-
re un ragionamento in termini di analogia (ubi
eadem ratio, ibi eadem legis dispositio), invece
che di rigoroso argumentum a contrario (ubi lex
voluit dixit, ubi noluit tacuit) ( 37 ). Ma soprat-
tutto, è da osservare che, ragionando come fa
la Corte, la simulazione non si potrebbe mai
far valere, neppure in materia contrattuale ( 38 ).
prole).» Peraltro, si aggiunge che: «gli adempimenti
che il presidente è chiamato a svolgere, pur delicati e
complessi, non si profilano di tale pregnanza da esclu-
dere di per sé un accordo simulatorio o un vizio della
volontà delle parti, certamente possibili pur in assen-
za di segni apparenti della loro esistenza: è invero evi-
dente che il presidente recepisce il consenso espresso
dai coniugi nelle forme in cui si manifesta e nella mi-
sura in cui può essere percepito attraverso il loro com-
portamento esteriore, cosi che il ritenere che il suo in-
tervento fornisca la certezza assoluta ed incontestabile
circa la validità e genuinità della volontà manifestata
significa attribuire a detto giudice un ruolo di garante
non corrispondente alla natura ed ai limiti dell’attivi-
tà a lui demandata».
( 36 ) Le parole fra virgolette sono tratte dal testo
della citata sentenza del 2003.
( 37 ) Peraltro, l’art. 123 cod. civ. non è così isolato
in materia di diritto di famiglia: si pensi all’art. 164
cod. civ. sulla simulazione delle convenzioni matri-
moniali.
( 38 ) In questa sede non è certamente possibile
fornire una bibliografia completa sul problema della
simulazione del negozio giuridico, che ha suscitato
nella dottrina italiana un dibattito intensissimo, ma
si ricorderanno soltanto: Ferrara, Della simulazio-
ne dei negozi giuridici, Athenaeum, 1922; Distaso,
voce «Simulazione nei negozi giuridici», in Noviss.
Digesto it., XVII, Utet, 1970; G. Furgiuele, Della
simulazione di effetti negoziali, Cedam, 1992; Con-
te, La simulazione del matrimonio nella teoria del
NGCC 2011 - Parte seconda

Infatti, in ogni operazione di questo genere, ad
un accordo simulatorio inter partes, segue una
dichiarazione rivolta ai terzi, se del caso resa
dinanzi ad un pubblico ufficiale ( 39 ), che mira
a creare un’apparenza del tutto contrastante
con ciò che le parti hanno pattuito inter se, ma
che non comporta certo una volontà abdicativa
nei confronti dell’accordo simulatorio, di cui
anzi costituisce attuazione. Del resto, secondo
l’insegnamento di autorevole dottrina ( 40 ), il
cd. negozio simulato non deve essere conside-
rato come un negozio esistente, ancorché inva-
lido o inefficace, e tale da poter comportare, in
qualche modo, una manifestazione di volontà
estintiva di un precedente accordo. Esso costi-
tuisce, invece, solamente un comportamento in
linea di fatto, esecutivo dell’accordo simulato-
rio stesso. L’interpretazione della Corte appa-
re, dunque, erronea e, per di più, essa compor-
ta un evidente vuoto di tutela per le ragioni di
quei soggetti terzi, che risultino pregiudicati
dalle manovre simulatorie dei coniugi, e si è vi-
sto che le situazioni che possono verificarsi so-
no numerose e variegate. Peraltro, non è affat-
to detto che tale vuoto sia sempre facilmente
colmabile con altri mezzi, ovvero agendo in re-
negozio giuridico, Cedam, 1999; Chinè, La simula-
zione, in Diritto Civile a cura di Lipari-Rescigno,
Giuffrè, 2009, III, 2, 847 ss., cui si rinvia per ulterio-
ri riferimenti.
( 39 ) Nel caso della separazione simulata il pubbli-
co ufficiale era il Presidente del Tribunale, mentre
in quello, più classico, della compravendita immobi-
liare simulata il pubblico ufficiale sarà il notaio ro-
gante, ma non si ravvisa alcuna differenza ontologi-
ca fra le due fattispecie. La somiglianza fra le due
fattispecie sarebbe ancora più evidente, qualora ve-
nisse accolta la proposta, elaborata dal Consiglio
Nazionale del Notariato, di trasferire al notaio le
competenze oggi spettanti al giudice dell’omologa-
zione, in modo non troppo dissimile da quanto già
avvenuto per la costituzione delle società. Gli autori
della proposta stessa mettono, infatti, in evidenza
come tale suo spostamento dal processuale al so-
stanziale, renderebbe l’istituto della separazione più
coerente con il ruolo che all’autonomia negoziale è
riconosciuto dal nostro ordinamento, all’indomani
della riforma del 1975. La proposta in parola è con-
sultabile in via telematica sul sito del Consiglio Na-
zionale del Notariato: www.notariato.it.
( 40 ) Cfr. G. Furgiuele, op. ult. cit., passim.
NGCC 2011 - Parte seconda
Simulazione in sede processuale
vocatoria ex art. 2901 cod. civ., o facendo vale-
re una «riconciliazione» fra i coniugi ex art.
157 cod. civ. Da una parte, infatti, azione pau-
liana e simulazione hanno un ambito d’appli-
cazione concettualmente differente, in quanto,
con la prima, si ha riguardo a negozi, fraudo-
lenti nei confronti di terzi, ma veri, perché le
parti ne vogliono gli effetti, mentre, nella se-
conda, viene in rilievo un comportamento fat-
tuale ingannatorio, negozialmente inesisten-
te ( 41 ). Dall’altra, la riconciliazione, nonostante
l’importanza che ad essa riserva una certa mi-
tologia giuridica ( 42 ), è in realtà, capace di pro-
durre solo effetti piuttosto limitati, specie per
quanto riguarda i terzi ( 43 ).
Nonostante tutto ciò, il citato orientamento
della Supr. Corte è ancora considerato il punto
di riferimento per la soluzione del problema
della simulazione della separazione, anche nel-
le trattazioni più aggiornate ( 44 ). Del resto, non
vi sono state, in seguito, altre pronunce che ab-
( 41 ) Si ricordino le parole di un autore del diritto
comune, Mantica, Vaticanae lucubrationes de taci-
tis et ambiguis conventionibus, in libros XXVII. Di-
spertitae, II, Genevae, 1723, 66: «... inter contractum
simulatum et fraudulentum magna est differentia:
quia contractus simulatus est imaginarius, qui fingi-
tur, neque eo modo quo fingitur, neque alio modo
contrahitur (...). Contractus enim fraudulentus is est,
qui cum dolo celebratur, et vere eo animo contrahitur,
ut effectum sortiatur».
( 42 ) Infatti, il lungo periodo di tempo che deve
intercorrere nel nostro ordinamento tra la separa-
zione ed il divorzio (tre anni, molto più che in altri
Paesi) trova la propria giustificazione nell’eventuali-
tà che i coniugi si riconcilino. Come è noto, nella
prassi le riconciliazioni sono, però, rarissime.
( 43 ) La giurisprudenza (Cass. 5.12.2003, n. 18619,
in Fam. e dir., 2004, 254, con nota di Sesta) ha, in-
fatti, affermato che l’effetto di ricostituzione del re-
gime di comunione legale dei beni, da essa prodotto,
opera ex nunc e solo all’interno della coppia, senza
essere opponibile ai terzi, distinguendo così fra effi-
cacia interna ed esterna della riconciliazione. In dot-
trina (cfr. A. Marini, La separazione personale dei
coniugi, in Diritto Civile, a cura di Lipari-Rescigno,
Giuffrè, 2009, I, 283 ss. e 304 s.), invece, si tende a
mettere in discussione questa distinzione e si ritiene
che, anche per la ricostituzione ex nunc della comu-
nione nei rapporti interni, occorra un’apposita con-
venzione matrimoniale.
( 44 ) Cfr. A. Marini, 302.
455
Saggi e Aggiornamenti
biano affrontato ex professo il tema in questio-
ne. Oggi, però, alla luce delle moderne tenden-
ze di sempre maggior sensibilizzazione nei con-
fronti del tema dell’abuso del processo ( 45 ), e
all’indomani di una decisione come quella del
Tribunale di Salerno, il punto merita di essere
rimeditato. Infatti, a prescindere da aspetti
concernenti l’applicazione del nuovo art. 96,
comma 3o, cod. proc. civ., su cui, come si è vi-
sto, non mancano perplessità, l’importanza
della pronuncia sta nel riconoscimento della
fattispecie del processo simulato, ai fini della
rilevanza giuridica e della necessaria repressio-
ne dello stesso. In altri termini, con l’ordinanza
in commento, siamo di fronte ad un riconosci-
mento giurisprudenziale, e non più solo dottri-
nario ( 46 ), del fatto che la simulazione può be-
nissimo attuarsi anche in sede processuale, sen-
za che i profili pubblicistici che immancabil-
mente connotano il fenomeno del processo,
siano di ostacolo. A maggior ragione, quindi,
dovrebbe riconoscersi la possibilità di ravvisa-
re un meccanismo simulatorio in quelle ipotesi
in cui l’aspetto pubblicistico processuale sia
solo un momento secondario rispetto ad un fe-
nomeno giuridico di carattere essenzialmente
negoziale, come è la separazione consensuale.
In effetti, alcuni segnali di un possibile ripensa-
mento si intravedono in quella dottrina che ha
inserito il tema della simulata separazione nel-
l’ambito del discorso generale sull’abuso del
processo ( 47 ), ma anche in quella giurispruden-
za che, pur continuando a respingere i tentativi
di impugnare per simulazione gli accordi di se-
( 45 ) Si sono visti supra gli sviluppi legislativi, giu-
risprudenziali e dottrinari in tal senso; si è visto an-
che come il processo simulato rientri a pieno titolo
nella categoria dell’abuso del processo.
( 46 ) Prima di tale decisione il processo simulato,
almeno come concetto generale, avrebbe anche po-
tuto essere considerato come una categoria mera-
mente dottrinaria ed, infatti, il Tribunale di Salerno
fa riferimento a «quella particolare situazione che in
dottrina è definita come processo simulato».
Si sono già citati alcuni degli aa. che si sono occu-
pati del tema, per ulteriori riferimenti, specie sugli
autori meno recenti, si veda Danovi, La separazione
simulata e i suoi rimedi, 288, nt. 11, e 292 nt. 23.
( 47 ) Dell’Utri, L’abuso del diritto tra persone e
famiglia, in Giur. merito, 2007, suppl. 2, 31.
456
parazione, lo fa con motivazioni che, a diffe-
renza di quelle della criticata pronuncia del
2003, non chiudono totalmente, ma sembrano
lasciare aperte delle possibilità. Tali sentenze,
infatti, si limitano ad affermare che, per far va-
lere la simulazione della separazione, non si
può utilizzare la via di cui agli artt. 710-711
cod. proc. civ., ma che occorre passare per un
giudizio ordinario ( 48 ). Comunque, è chiaro
che, finché non si arriverà ad una sentenza che,
in seguito ad un processo ordinario o speciale,
accolga un’impugnazione di tal genere, il pre-
cedente del 2003 non potrà ancora dirsi com-
pletamente superato. Una volta che si sarà de-
ciso di compiere tale passo, si aprirà la via per
applicazioni della categoria della simulazione
in sede processuale ad ulteriori fattispecie.
Infatti, se è vero che l’ormai riconosciuta na-
tura negoziale della separazione consensuale
rende questa un’ipotesi particolarmente conge-
niale al ragionamento che si è svolto, è altret-
tanto vero che di processo simulato si può par-
lare anche in altre ipotesi. Anche nel caso di
cui all’ordinanza salernitana, le parti non simu-
lavano un accordo a carattere negoziale, ma
una lite ed anzi questa dovrebbe essere l’ipote-
si più ricorrente nelle dinamiche processuali.
Infatti, se la simulazione è, come si è visto, non
un negozio, ma un comportamento in linea di
mero fatto, è logico concludere che tutto si
può simulare ( 49 ). Pertanto, ad esempio, le
( 48 ) Si vedano Cass., 20.3.2008, n. 7450, in
Mass. Giust. civ., 2008; Cass., 22.11.2007, n. 24321,
ivi, 2007; Trib. Verona, 15.11.2002, in Giur. meri-
to, 2003, 1978 (s.m.); Cass., 5.3.2001, n. 3149, in
Mass. Giust. civ., 2001 ed in Fam. e dir., 2001, 442.
In particolare, la prima delle sentenze citate (la più
recente) è chiara nell’esplicitare che «la natura ne-
goziale dell’accordo rende applicabili le norme gene-
rali che disciplinano la materia dei vizi della volontà
e della simulazione», per cui sono esperibili le rela-
tive impugnazioni, ancorché non nei modi scelti dai
ricorrenti. In dottrina, approva questo indirizzo,
Chinè, op. cit., 883 s., considerandolo «maggior-
mente conforme alla natura del fenomeno simula-
torio», e ribadendo che «l’attivazione del procedi-
mento camerale assume l’analoga valenza della ce-
lebrazione nel caso del matrimonio simulato ovvero
della stipula in forma pubblica in caso di qualsiasi
contratto simulato».
( 49 ) In dottrina ed in giurisprudenza, infatti, si
NGCC 2011 - Parte seconda

stesse conclusioni, cui si è giunti per la separa-
zione consensuale simulata, dovrebbero essere
applicabili ad una separazione giudiziale cui le
parti siano arrivate concordemente instauran-
do una lite fittizia. Del resto, diversamente opi-
nando, sarebbe inutile anche riconoscere ai
terzi pregiudicati la possibilità di impugnare la
separazione consensuale simulata, poiché le
parti potrebbero raggiungere gli stessi risultati
con questa diversa manovra.
Inoltre, quanto detto per la separazione, giu-
diziale e consensuale, sembrerebbe riferibile
anche al divorzio, sia contenzioso, sia, a fortio-
ri, congiunto ( 50 ). Non mancano, peraltro, se
guardiamo alla storia o ad altri ordinamenti,
esempi di divorzi simulati, e come tali impu-
gnati ( 51 ), anche se nella nostra giurisprudenza
non pare agevole rinvenire ipotesi di questo ge-
nere.
Peraltro, fenomeni di simulazione processua-
ammette ormai la simulabilità di atti non negoziali,
come la quietanza, che è una dichiarazione di scien-
za (si veda Chinè, op. cit., 857 s., per i riferimenti).
Si osservi, poi, che il legislatore utilizza il termine
«simulazione» anche con riferimento ad un compor-
tamento di certo non negoziale, come la commissio-
ne di un reato (cfr. art. 367 cod. pen.).
( 50 ) L’ipotesi del divorzio congiunto è stata acco-
stata a quella della separazione consensuale, ai fini
dell’impugnazione per simulazione, da Oberto, Si-
mulazione della separazione consensuale: la Cassazio-
ne cambia parere (ma non lo vuole ammettere), 310,
nt. 8.
( 51 ) Per il diritto romano, si vedano D. 24.1.35
(Ulpianus 34 ad ed.), D. 24.1.64 (Iavolenus 6 ex post.
lab.), C. 5.17.3 (Impp. Diocletia. et Maximia. AA.
Tullio), C. 5.12.30 (Imp. Iustinianus A. Mennae).
Per il diritto intermedio, si vedano i passi di Cuia-
cio, Baudoza, Brunnemann e Barbosa, citati da
Oberto, Simulazioni e frodi nella crisi coniugale
(con qualche accenno storico ad altri ordinamenti eu-
ropei), 774 s., testo e note.
Per un caso francese molto più recente cfr. App.
Lyon, 16.1.1980, in Gaz. Pal., 1980, 2, p. 428, ed in
Dalloz, 1981, p. 579; Cour de Cassation, 17.11.1981,
in JCP, 1982, II, 19842. Infine, per un caso recentis-
simo, di un Presidente latinoamericano, che simula
il divorzio dalla moglie, per aggirare una norma che
rende ineleggibili coniuge e parenti dello stesso a
determinate cariche, cfr. Guatemala’s Presidential
couple applies for divorce, in The Guatemala Times,
23.3.2011.
NGCC 2011 - Parte seconda
Simulazione in sede processuale
le potranno certamente rinvenirsi anche al di
fuori della materia della crisi coniugale, che
rappresenta anzi solo un’ipotesi specifica e par-
ticolare del più ampio fenomeno, di cui si sta
cercando di delineare i tratti principali. Del re-
sto, si è già analizzata l’ordinanza salernitana
del 2010, riguardante una materia che non ha
nulla a che fare con la separazione o con il di-
vorzio, e si è osservato che essa si presta a fon-
dare una categoria generale del processo simu-
lato. Possiamo, però, anche prendere in consi-
derazione ipotesi ulteriori, del tutto estranee al-
la materia familiare. Nella prassi si potrebbe,
infatti, verificare il caso che due soggetti con-
cordemente instaurino una causa fittizia di usu-
capione allo scopo di operare il trasferimento
in proprietà a favore dell’attore di un immobile
del convenuto, evitando le spese connesse alla
stipula di una normale compravendita o dona-
zione ( 52 ). Un meccanismo simulatorio di que-
sto genere potrebbe poi prestarsi ad ulteriori fi-
nalità, come, ad esempio, quella di realizzare
trasferimenti che non siano esposti ad un’azio-
ne revocatoria o ad un’azione in riduzione per
lesione di legittima. Si vede bene che i soggetti
bisognosi di una tutela contro gli effetti del
processo simulato possono essere molti.
4. Le sanzioni. Una volta chiarita la rile-
vanza della simulazione processuale, diviene
essenziale valutare quali possano essere gli
strumenti con cui l’ordinamento consente ai
soggetti interessati di reagire nei confronti del
provvedimento giurisdizionale frutto dell’abu-
so in questione.
In linea generale, la reazione più adeguata a
questo tipo di patologie del processo parrebbe
quella che impedisce la produzione degli effetti
che le parti hanno cercato di provocare ( 53 ),
( 52 ) In tal modo, si eviteranno del tutto le spese
notarili e si conseguirà un notevole risparmio fiscale.
Le spese processuali, poi, non saranno elevate, qua-
lora le parti procedano, già nella prima udienza di
trattazione, ad una conciliazione ex art. 185, comma
3o, cod. proc. civ. Beninteso, sempre che il giudice
non ritenga di intervenire, proprio come nel caso di
Salerno, utilizzando il nuovo art. 96, comma 3o, cod.
proc. civ.
( 53 ) Già Salv. Romano, 169 osservava che il ri-
medio generale per l’esercizio abusivo di qualunque
457
Saggi e Aggiornamenti
servendosi abusivamente dello strumento della
tutela giurisdizionale. Pertanto, il giudice do-
vrebbe dichiarare la nullità del procedimento
instaurato e, quindi, negare il provvedimento
cui i simulatori mirano. Qualora, invece, il
provvedimento fosse stato già emesso, se ne
dovrebbe consentire l’impugnazione, in forza
del generale principio della conversione dei
motivi di nullità in motivi di impugnazione, ri-
cavabile dall’art. 161 cod. proc. civ. ( 54 ). Que-
sta sembrerebbe, infatti, la conclusione più lo-
gica e coerente con le premesse da cui siamo
partiti, ma non è detto che le soluzioni giuridi-
che siano sempre in linea con postulati pura-
mente logici. Qui, in particolare, osta, alla pos-
sibilità di far emergere la simulazione proces-
suale, la sussistenza di una dimensione pubbli-
cistica dell’attività giudiziaria, che potrebbe
portare a ritenere, comunque, prevalente il
provvedimento che ne deriva. Per quanto ri-
guarda, più specificamente, la simulata separa-
zione vi è da considerare che il provvedimento
giudiziale in questione è anche costitutivo di
uno status personae, cui si riconnettono, quin-
di, particolari esigenze di certezza e stabilità.
Per superare queste obiezioni, occorre ricerca-
re nel sistema dei rimedi adeguati, che siano,
però, anche compatibili con l’ordinamento
processuale. Non sarà, ad esempio, possibile
sostenere che sulla separazione simulata si pos-
sa incidere con il meccanismo di cui agli artt.
710-711 cod. proc. civ. La modifica delle con-
dizioni della separazione regolata da tali norme
presuppone, infatti, l’intervento di fatti nuovi
sopravvenuti, in forza del disposto dell’art.
156, comma 7o, cod. civ., e tale non può essere,
ovviamente, l’accordo simulatorio ( 55 ). Peral-
tro, un siffatto rimedio non sarebbe nemmeno
appropriato sul piano della tutela, poiché non
potrebbe mai porre nel nulla la separazione in
diritto è quello dell’inefficacia, rectius del «rifiuto di
tutela», che «implica impedimento a conseguire o a
conservare i vantaggi ottenuti» con l’abuso stesso,
mentre l’illiceità, e, quindi, il risarcimento del dan-
no, rappresentano un rimedio «secondario e conse-
guenziale», soltanto eventuale, anche se certamente
esperibile in molti casi.
( 54 ) Si veda, per tutti, Proto Pisani, Lezioni di
Diritto Processuale Civile, Jovene, 2006, 221.
( 55 ) Si veda la giurisprudenza citata alla nt. 48.
458
quanto tale, ma solo agire sulle sue condizioni,
per cui avrebbe ben poca utilità nel nostro ca-
so ( 56 ).
Ciò non toglie che alcune vie per reagire alla
simulazione del processo sussistono. In parti-
colare, occorre riconoscere una qualche tutela
almeno ai terzi pregiudicati dalla manovra in-
gannatoria delle parti. È stato, infatti, sostenu-
to che tali terzi possono impugnare, con lo
strumento dell’opposizione di terzo revocato-
ria ex art. 404, comma 2o, cod. proc. civ., la
sentenza che sia stata pronunciata all’esito di
un procedimento di separazione giudiziale fit-
tiziamente instaurato da soggetti in realtà per-
fettamente concordi, allo scopo di frodare i
terzi ( 57 ). In effetti, l’espressione utilizzata dal
codice di rito, che fa riferimento ad una «collu-
sione» delle parti a danno dei terzi, appare par-
ticolarmente adeguata a descrivere la nostra
fattispecie. Parrebbe possibile estendere tali
conclusioni a tutte le fattispecie in cui soggetti
terzi siano pregiudicati da sentenze viziate da
simulazione processuale ( 58 ). Dal momento,
però, che la norma in esame si applica solo alle
sentenze, si dovranno utilizzare mezzi differen-
ti, qualora il provvedimento giudiziale viziato
dalla simulazione processuale abbia una forma
diversa. Con riferimento al decreto di omolo-
gazione della simulazione consensuale, ad
esempio, è stato da alcuni proposto di utilizza-
re un’azione ordinaria volta all’accertamento
della simulazione ( 59 ), in linea, del resto, con
quell’orientamento che consente di impugnare
il decreto in questione con un’ordinaria azione
di annullamento, qualora il consenso, che ne è
( 56 ) Come osserva Danovi, È davvero irrilevante
(e inattaccabile) la simulazione della separazione?,
466.
( 57 ) Ibidem, 469.
( 58 ) Rimane, comunque, aperto il problema, che
si pone in generale per tutte le ipotesi di opposizio-
ne di terzo revocatoria, di stabilire se l’accoglimento
dell’opposizione valga a rescindere del tutto la sen-
tenza fra le parti originarie o si limiti a renderla inef-
ficace nei confronti del terzo pregiudicato, sul mo-
dello di quanto prevedono gli artt. 2901 e 2902 cod.
proc. civ. per l’azione revocatoria ordinaria: cfr.
Proto Pisani, op. cit., 542.
( 59 ) Danovi, op. ult. cit., 469 s., che richiama la
già citata sentenza della Cass., 18.12.1986, n. 7681.
NGCC 2011 - Parte seconda

il presupposto, sia viziato ( 60 ). Si è osservato,
peraltro, che l’impugnazione dei terzi concor-
re, in questi casi, proprio alla tutela della supe-
riore esigenza di certezza degli status, che è evi-
dentemente lesa dalla creazione di status fitti-
zi ( 61 ). Naturalmente, un’azione del genere
parrebbe ammissibile anche con riferimento ad
altre fattispecie di processo simulato che non si
concludano con una sentenza ( 62 ).
Più problematica appare l’eventualità di
un’impugnazione del provvedimento giurisdi-
zionale, viziato da simulazione processuale,
che sia promossa dalle stesse parti. Infatti, an-
che chi è favorevole all’impugnabilità ad opera
dei terzi, nega, invece, ogni potere in tal senso
alle parti, in nome di un generale principio di
autoresponsabilità, che vieterebbe al privato di
«avanzare in giudizio una pretesa nascente da
una situazione illegittima di cui egli stesso sia
stato l’artefice» ( 63 ). Anche la simulazione pro-
cessuale costituirebbe, infatti, un’ipotesi di at-
tività illegittima, perché ingannatoria. Seguen-
do siffatto ragionamento, però, si dovrebbe, a
rigor di logica, impedire sempre alle parti, di
qualsiasi simulazione, di farla valere in giudi-
zio, mentre il codice civile smentisce palese-
mente una tale conclusione. Del resto, una vol-
ta ammessa la possibilità di un’impugnativa da
parte dei terzi, privarne del tutto le parti cree-
rebbe un eccessivo sbilanciamento. Sarebbe
più ragionevole sostenere, in nome del menzio-
nato principio, che le impugnazioni proposte
dalle parti soggiacciono a limiti più intensi di
quelli previsti per le impugnazioni dei terzi. In-
fatti, anche nel sistema delineato dal codice per
la simulazione del contratto, le parti incontra-
no, almeno secondo l’interpretazione più dif-
fusa ( 64 ), limiti probatori maggiori di quelli che
( 60 ) Si veda la sentenza della Cass., 4.9.2004, n.
17902, in Familia, 2005, 377 ss., con nota di Basini,
L’annullabilità della separazione consensuale omolo-
gata per vizi del consenso.
( 61 ) Danovi, op. ult. cit., 471.
( 62 ) Potrebbe essere anche il caso di quel verbale
di conciliazione della causa fittizia di usucapione,
cui si è fatto riferimento nella nt. 52.
( 63 ) Danovi, La separazione simulata e i suoi ri-
medi, 298.
( 64 ) Non si tratta, in verità, di un punto del tutto
pacifico, ma qui non è possibile approfondire la
NGCC 2011 - Parte seconda
Simulazione in sede processuale
incontrano i terzi. Per il tema che ci riguarda,
vengono, invece, in rilievo altri limiti, attinenti
alla natura delle impugnazioni esperibili. Infat-
ti, se ammettiamo che le parti possano impu-
gnare la sentenza viziata dalla simulazione pro-
cessuale, l’unica via ipotizzabile è quella delle
impugnazioni ordinarie. Pertanto, l’impugna-
zione sarà possibile solo fino al passaggio in
giudicato della sentenza stessa ( 65 ), mentre i
terzi, come si è visto, possono utilizzare il rime-
dio straordinario dell’opposizione revocatoria.
È evidente che ciò riduce fortemente la possi-
bilità per le parti di far valere la simulazione, in
ossequio al ricordato principio di autorespon-
sabilità, ma senza arrivare ad eliminarla com-
pletamente. Questa soluzione appare probabil-
mente sostenibile in termini generali, con rife-
rimento a tutti i casi di simulazione processua-
le. Nel caso specifico della separazione consen-
suale omologata, in cui abbiamo a che fare con
un atto di natura essenzialmente negoziale, le
possibilità di impugnativa per le parti, in linea
teorica, aumentano. Come si è visto, infatti, è
stato possibile ammettere un’ordinaria azione
di annullamento per vizi della volontà della se-
parazione consensuale omologata, azione che
ovviamente può essere proposta solo da una
delle parti, ed anche sostenere che i terzi pos-
sano attaccarla con un’azione ordinaria di si-
mulazione. Pertanto, in astratto, non si vedono
ragioni per negare la piena applicabilità delle
norme relative a quest’ultima azione e, quindi,
consentirne l’esercizio anche alle parti, natural-
mente con i limiti previsti dal codice civile. È
chiaro, però, che si tratta di un’ipotesi quasi
scolastica, dal momento che le parti che voles-
sero porre nel nulla la loro simulata separazio-
ne, potrebbero, molto più semplicemente, ri-
conciliarsi. Se, invece, i coniugi non intendono
più vivere insieme, allora, quella che è nata co-
me una simulazione diverrà una realtà giuridi-
ca. Residuerebbe, quindi, solo il caso in cui
uno dei coniugi intenda chiedere il divorzio e
l’altro intenda ostacolare tale proposito, facen-
do valere il vizio della separazione ( 66 ). Tutto
questione. Si rinvia, pertanto, agli aa. già citati sul
tema della simulazione in generale.
( 65 ) Danovi, op. ult. cit., 299.
( 66 ) È questo il caso che si presentava nella vicen-
459
Saggi e Aggiornamenti
ciò non toglie che, al di fuori della materia fa-
miliare, un’impugnazione della simulazione
processuale ad opera delle parti può risultare
ben più significativa. Il fatto che il codice di ri-
to non abbia predisposto una normativa speci-
fica per l’ipotesi che ci occupa, non appare,
poi, a nostro avviso un argomento dirimente.
Non ci sembra, infatti, che questa lacuna im-
plichi una chiara scelta nel senso di negare alle
parti questa possibilità: molto probabilmente
essa riflette solo il fatto che il legislatore storico
del 1940 non aveva preso in considerazione
una tale evenienza.
Rimane da valutare il ruolo di quella parte
sui generis che è il pubblico ministero, nelle
cause in cui le norme processuali prevedono il
suo intervento. In corso di causa, egli ha certa-
mente, in quanto garante della legittimità del
procedimento, il dovere di rilevare il vizio cau-
sato dall’attività simulatoria delle parti, qualora
egli sia in grado di rendersene conto. Una volta
che sia stata pronunciata la sentenza, nelle cau-
se in cui il suo intervento era obbligatorio ex
art. 70, comma 1o, cod. proc. civ., egli avrà il
potere di impugnarla, anche dopo il passaggio
in giudicato, col mezzo della revocazione ex
art. 397 n. 2 cod. proc. civ. ( 67 ) Anche questa
norma fa, infatti, riferimento alla «collusione»
delle parti in frode alla legge, fattispecie alla
quale abbiamo già avuto modo di ricondurre la
simulazione processuale. Si può, quindi, anche
ipotizzare che una delle parti dell’accordo si-
mulatorio, che voglia far emergere la simula-
zione, ma non possa farlo, essendo la sentenza
già passata in giudicato, potrebbe rivolgersi al
pubblico ministero, mettendolo in condizione
di esercitare la revocazione. Queste conclusio-
ni sembrano, a nostro avviso generalizzabili a
tutte le fattispecie di simulazione processuale
che abbia avuto luogo nelle cause in cui inter-
viene il pubblico ministero. I forti interessi
pubblicistici che le connotano, infatti, rendono
particolarmente importante impedire, almeno
da all’origine della citata sentenza della Cass., n.
17706/2003. In quel caso, come si è visto, la Corte,
con motivazioni assai discutibili, ritenne inammissi-
bile qualunque forma di impugnazione della separa-
zione consensuale simulata.
( 67 ) Danovi, È davvero irrilevante (e inattaccabi-
le) la simulazione della separazione?, 470 s.
460
in tali contesti, che si possa eludere la legge per
mezzo di manovre simulatorie. Fanno eccezio-
ne, però, le cause di separazione e di divorzio,
in quanto, in tali ipotesi, pur essendo previsto
l’intervento obbligatorio del pubblico ministe-
ro, il suo potere di impugnazione è escluso o
assai limitato dalla legge ( 68 ). Anche in queste
ipotesi resta, comunque, naturalmente il dove-
re del pubblico ministero di rilevare il vizio in
corso di causa, ove ciò sia possibile.
Non è detto, comunque, che le sanzioni per
il fenomeno della simulazione processuale pos-
sano rinvenirsi solo nella disciplina delle impu-
gnazioni. Si è già visto, ad esempio, che è pos-
sibile utilizzare lo strumento costituito dal
nuovo art. 96, comma 3o, cod. proc. civ. ( 69 ),
anche se gli esiti della sua applicazione non
sembrano particolarmente convincenti. Sareb-
be, infatti, certamente più ragionevole che i
proventi della condanna fossero destinati al-
l’erario ( 70 ), piuttosto che al complice dell’ope-
razione simulatoria.
Un ulteriore profilo da prendere in considera-
zione è, poi, quello deontologico. Come è stato,
infatti, autorevolmente osservato, l’autore reale
dell’abuso processuale spesso è il difensore più
che la parte ( 71 ) e ciò sembra sostenibile anche
con riferimento all’ipotesi del processo simulato.
Ciò nondimeno, il nostro ordinamento tende a
non considerare il ruolo dell’avvocato in manie-
ra autonoma rispetto alla posizione del cliente,
per cui le conseguenze del comportamento del
primo finiscono per ricadere solo sul secon-
( 68 ) L’art. 72, comma 3o, cod. proc. civ., dispone
che il p.m. «può proporre impugnazioni contro le
sentenze relative a cause matrimoniali, salvo che per
quelle di separazione personale dei coniugi». L’art.
5, comma 5o, l. 1o.12.1970, n. 898 (Disciplina dei ca-
si di scioglimento del matrimonio), aggiunge, per le
sentenze di divorzio, che il p.m. «può, ai sensi del-
l’articolo 72 del codice di procedura civile, proporre
impugnazione limitatamente agli interessi patrimo-
niali dei figli minori o legalmente incapaci».
( 69 ) Come nel caso della, più volte citata, ordi-
nanza del Tribunale di Salerno.
( 70 ) Esse costituirebbero, così, una sorta di risar-
cimento per le spese sostenute dallo Stato per far
funzionare la macchina della giustizia, in circostanze
in cui essa non avrebbe dovuto essere utilizzata.
( 71 ) Taruffo, L’abuso del processo: profili compa-
ratistici, 487.
NGCC 2011 - Parte seconda
 Simulazione in sede processuale

do ( 72 ). La stessa tendenza si riscontra, del resto,
anche negli altri ordinamenti di civil law ( 73 ),
mentre quelli di common law conoscono sanzio-
ni, anche piuttosto severe, che vengono irrogate
direttamente ai difensori ( 74 ). Nella dottrina ita-
liana non è mancato chi, sulla base di questi mo-
delli, ha sostenuto la necessità di favorire svilup-
pi in tal senso anche nel nostro ordinamento ( 75 ).
Per quanto riguarda, più specificamente, il no-
stro tema, occorre, dunque, esaminare se la si-
mulazione processuale possa rilevare anche co-
me fonte di responsabilità disciplinare per gli av-
vocati dei soggetti che l’hanno attuata. È da os-
servare che oggi valutazioni del genere sono pro-
babilmente più agevoli che in passato, dal mo-
mento che si può utilizzare come punto di
riferimento il Codice Deontologico Forense ( 76 ).
Vengono, quindi, in rilievo non solo il principio
generale di lealtà e correttezza ( 77 ), ma anche una
norma più specifica, come l’art. 14 del predetto
codice, che regola il c.d. dovere di verità. La nor-
ma prevede che le dichiarazioni in giudizio rela-
tive all’esistenza o all’inesistenza di fatti oggetti-
vi, di cui l’avvocato abbia diretta conoscenza,
debbono essere vere nel caso in cui esse costitui-
scano presupposto specifico per un provvedi-
mento giurisdizionale. Peraltro, il Consiglio Na-
zionale Forense, con la modifica introdotta nel
2006, ha precisato che tali dichiarazioni devono
essere «comunque tali da non indurre il giudice
in errore». Appare, quindi, a nostro avviso soste-
nibile che nell’ambito di applicazione di detta
norma possa rientrare, a fortiori dopo detta mo-
difica, anche l’ipotesi della simulazione proces-
suale. Essa, infatti, come si è visto, consiste, es-
senzialmente, proprio nella predisposizione di
una rappresentazione ingannatoria della realtà,
che viene offerta al giudice allo scopo di indurlo
ad emanare un provvedimento, di cui difettereb-
bero i presupposti oggettivi. Naturalmente, ogni
responsabilità disciplinare andrebbe esclusa, nel
caso in cui la manovra simulatoria fosse stata in-
teramente preordinata dalle sole parti all’insapu-
ta degli stessi professionisti, ma è chiaro che si
tratta di un’eventualità assai poco realistica, stan-
te la notevole complessità tecnica dell’operazio-
ne in discorso.

( 72 ) Come avviene nelle ipotesi di cui agli artt. 92

e, appunto, 96 cod. proc. civ.
( 73 ) Si possono, però, segnalare le eccezioni rap-
presentate dal Codigo Modelo latinoamericano (cfr.
Taruffo, op. loc. ultt. citt.) e da alcune tendenze in-
terpretative sviluppatesi in Francia (cfr. Dondi,
478).
( 74 ) Negli Stati Uniti vi sono norme che prevedo-
no, per diverse ipotesi di abuso del processo, pesan-
ti sanzioni per l’avvocato, come la sottoposizione ad
un ordine di contempt of court, la condanna al paga-
mento delle spese sostenute dalla parte avversa o ad-
dirittura il disbarment, cioè l’espulsione dall’ordine.
È previsto, inoltre, che le sanzioni non colpiscano
solo il singolo legale, ma possano essere applicabili
anche jointly a tutti i membri della stessa law firm. Si
veda, per ulteriori riferimenti, Dondi, 471 ss. In
Gran Bretagna può essere utilizzato, per reprimere
l’abuso del processo, il Wasted Costs Order, con l’ef-
fetto di rendere il difensore responsabile, assieme al-
la parte, dei danni causati dal comportamento abu-
sivo (cfr. Taruffo, op. ult. cit., 495 s.).
( 75 ) Dondi, 481 s.
( 76 ) Approvato dal Consiglio Nazionale Forense
il 17.4.1997 e, successivamente, modificato con deli-
bere del 16.10.1999, 26.10.2002 e 27.1.2006.
( 77 ) Art. 6 del Codice Deontologico Forense.

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