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Nota Una riflessione critica sullidea di Europa, sullallargamento a Est dellUnione Europea, e sulle nuove sfide della globalizzazione

e e della societ post-industriale. Il colloquio con Vclav Belohradsky avvenuto subito dopo le elezioni europee del 1999, nelle quali i principali temi dibattuti erano lintroduzione dellEuro, ladozione di una politica estera comune dellUnione Europea, e lallargamento dellUE ai paesi ex comunisti dellEst.

RIFLESSIONI DI UN EUROPESSIMISTA INTERVISTA CON VCLAV BELOHRADSKY


Di Maurizio Bekar _________________________________________________________________

Praghese di nascita, dal 1969 rifugiato in Italia (dopo la repressione della Primavera di Praga), dal 1991 docente di sociologia politica allUniversit di Trieste. Oggi Vclav Belohradsky divide la sua vita tra lItalia e la capitale boema, dov consulente scientifico alla Facolt di Scienze Sociali, e studia la transizione politico-economica in atto nella Repubblica Ceca. Si proclama mai marxista, da sempre liberal-democratico, ed un convinto europeista, ma scettico. Pi che scettico: un europessimista. Pessimista verso unEuropa che - a suo dire - non ha saputo cogliere le vere sfide politiche alle quali era chiamata, riducendosi cos ad essere unEuropa di burocrati e ragionieri; culturalmente pigra, e piuttosto opportunista. Vclav Belohradsky ha una dialettica fine; e persino un po pedante. Non ama le sintesi, e le semplificazioni: ogni argomento, per lui, lo stimolo per una riflessione che vada a scavare pi a fondo, in cerca delle radici dei problemi. Difficile che risponda con un s od un no: per lui la realt assai pi complessa ed articolata. Perch si dichiara europessimista? La sua risposta prende il via da lontano... Guardiamo alle radici storiche dellUnione Europea: dopo la seconda guerra mondiale lunificazione dellEuropa era considerata come la condizione per portare la pace nel continente, ed evitare nuove guerre. E lunit venne portata avanti soprattutto da Francia e Germania, che aspiravano ad ottenere cos un importante status internazionale. E poi lEuropa si sviluppata per competere sui mercati con gli USA, con uno status di potenza. Queste le radici storiche dellUE. Che oggi per ritengo siano superate storicamente, e controproducenti: ora ci troviamo davanti a sfide cos radicali, come la globalizzazione e la crisi ecologica, che le radici storiche dellUE ci rendono ciechi di fronte alle sfide vere! Il mio europessimismo deriva da questo: competere con gli USA per il dominio sui mercati mi
1 Maurizio Bekar, 1999: diritti riservati. Questo testo pu essere liberamente consultato, oltre che citato in estratto, riprodotto e ridistribuito, citando nelle note: Da: Maurizio Bekar 1999, www.bekar.net (se ripreso in estratto), o riproducendo integralmente questa nota di copyright, se ripreso integralmente

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sembra una cosa abbastanza superata, oltre che non realistica.... Perch non realistica? Perch gli USA hanno gi sconfitto laspirazione di potenza dellUE: anche con lultima guerra in Jugoslavia hanno fatto capire chiaramente che non accetteranno alcuna reale autonomia dellUE. E lEuro, che fino ad un anno fa era presentato come una possibile minaccia al ruolo internazionale del dollaro, oramai invece in caduta libera su tutti i mercati... Ed anche la forza militare autonoma europea, di cui si parlava negli anni 80, credo che sia nei fatti un discorso oramai superato... Ma soprattutto laspirazione europea di potenza fallita perch la proposta di Gorbaciov negli anni 80 di creare una Casa Comune (cio di inglobare la Russia nellEuropa) non stata realizzata. E lEuropa poteva divenire una vera potenza internazionale solo se si assumeva il grande compito storico di modernizzare la Russia. Una delle questioni pi dolorosamente aperte nella storia europea infatti lidentit e lo status della Russia; e per capire quanto ci ci riguardi, basta ricordare che in due guerre mondiali la democrazia europea stata salvata grazie alla Russia: sicuramente nella seconda guerra mondiale non avremmo salvato lEuropa senza i russi, che pur essendo cittadini di uno stato totalitario hanno svolto un ruolo storicamente positivo di difesa della democrazia! Tanto che quasi ogni intellettuale che ha riflettuto sullidea di Europa giungeva infine alla questione: E il comunismo una via alla modernit, che ha per noi degli aspetti non accettabili, ma che in fondo porter alla democratizzazione della Russia?. Ma queste aspettative di democratizzazione sono sempre state frustrate. Si sono ripresentate con Gorbaciov e nel 1989, con la possibilit di far divenire la Russia un paese europeo, con un suo ruolo anche politico dentro lEuropa. Ma anche loccasione stata perduta. Ed anzi: dopo un breve ed iniziale entusiasmo verso le speranze che Gorbaciov suscitava, oggi possiamo osservare un allontanamento dellEuropa dalla Russia, e viceversa. Ma se lUE gi si preoccupa per i costi del suo allargamento a soli cinque paesi dellEst (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Estonia e Slovenia), come avrebbe potuto sobbarcarsi anche quelli dellammodernamento politico ed economico della sconfinata ex URSS? Ma la modernizzazione della Russia sarebbe stato il pi grande affare del secolo! Unendo le forze, e sfruttando le enormi risorse della Russia dentro un quadro europeo occidentale, si sarebbero innescati una crescita ed una dinamica economica del tutto nuova. E non dobbiamo dimenticare che la Russia non solo una potenza nucleare, ma anche spaziale... Tutto ci avrebbe innestato degli enormi cambiamenti culturali e politici, sia in Russia che in Europa. Ed allora, in una ventina danni, sarebbe stata possibile anche unintegrazione politica ed istituzionale tra Russia ed Europa. Invece con lattuale allargamento a Est si entrati in una dimensione piuttosto piccola;

direi da ragionieri. E lallargamento concepito come una sostanziale colonizzazione, con limposizione ad altri delle proprie norme, leggi e codici. LUE invece non doveva solo estendere ad altri le proprie leggi, nel quadro dello status quo attuale, ma avere la disponibilit di ridiscutere con gli interlocutori dellEst la propria identit e strategia, per cambiare un po anche la propria realt... Cos oggi lUE un organismo burocratico ed astratto (com testimoniato anche dalla bassa partecipazione alle ultime elezioni), e lallargamento a Est con questa visione da ragionieri non pu che essere fallimentare. Infatti in Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca sta nascendo unopposizione a questo processo. Ad esempio nella Repubblica Ceca c un gruppo di economisti sfavorevoli allingresso nellUE, e assai pi favorevoli a divenire una specie di portaerei degli USA in Europa (e qui cito lespressione di uno di questi economisti). Ma in questo quadro, alquanto negativo, come vivono concretamente i paesi dellEst la loro integrazione allUE? Prendiamo ancora ad esempio la Repubblica Ceca: oggi la maggior parte delle sue imprese sotto il controllo tedesco od occidentale. Quindi, di fatto, la Repubblica Ceca gi nellUE, dato che gli interessi dei maggiori proprietari e delle banche sono quelli di approfondire lintegrazione. Il vero problema che lUE porta unenorme rigidit nelleconomia in transizione. La transizione verso il mercato comporta infatti una maggior flessibilit rispetto al sistema di prima: un sistema in cui le imprese venivano tassate al 75 %, dove non cerano manager autonomi, dove tutto apparteneva e veniva deciso dallo Stato... Ma le norme UE (che stabiliscono persino quanto devessere lunga una banana!) danno limpressione - abbastanza giustificata - che si reintroducano nelleconomia moltissime rigidit. Inoltre lUE non ha guadagnato in popolarit, ingaggiando delle guerre economiche del tutto ingiustificate. Per esempio: la carne di maiale nellUE fortemente sostenuta dallo Stato, e veniva venduta nella Repubblica Ceca a dei prezzi imbattibili. Ma quando gli agricoltori cechi hanno tentato di difendersi da quei prezzi politici, lUE ha imposto delle pesanti sanzioni! Tutto ci ha ovviamente suscitato molte perplessit, anche morali, verso lUE: perch prima si predicato il mercato, e poi sono stati imposti dei prodotti con prezzi assolutamente non determinati dal mercato... E che altre reazioni si ritrovano tra la gente dellEst? Credo che la gente si renda sempre pi conto che non c una libera contrattazione tra le parti per giungere ad un vantaggio reciproco, ma che tutto sostanzialmente unimposizione; perch oramai fuori dallUE non si pu sopravvivere! Possono sopravvivere solo dei paesi particolarmente forti, come la
3 Maurizio Bekar, 1999: diritti riservati. Questo testo pu essere liberamente consultato, oltre che citato in estratto, riprodotto e ridistribuito, citando nelle note: Da: Maurizio Bekar 1999, www.bekar.net (se ripreso in estratto), o riproducendo integralmente questa nota di copyright, se ripreso integralmente

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Svizzera, o la Norvegia, che piena di petrolio e campa di quello. E quali conseguenze ha comportato larrivo del mercato e degli investitori in un paese spesso portato ad esempio di stabilit economica, come la Repubblica Ceca? Quando un investitore straniero acquista unazienda ceca, innanzitutto licenzia met dei dipendenti. E questo perch il sistema politico comunista garantiva s loccupazione, ma a costo di un sovradimensionamento del personale. Si quindi in un processo di transizione, in cui la disoccupazione cresce molto: dal 2-3 % di alcuni anni fa, oggi al 9, e stimo che tra breve salir al 15 %; e tra le donne quarantenni gi oggi attorno al 40 %. Il fatto che bisogna modernizzare uneconomia rimasta molto arretrata, e ci comporta fare dei licenziamenti. Quindi la stabilit macroeconomica prima citata era solo il sintomo di una transizione rallentata: cera poca disoccupazione perch i risanamenti venivano frenati dal governo ceco, attento a privilegiare la pace sociale. Quindi anche gli altri i paesi dellEst dovranno scontare pesanti ristrutturazioni, con grandi crescite della disoccupazione? S. Per lUngheria e la Polonia, che anni fa hanno accettato costi sociali pi alti per il risanamento e la transizione, oggi vivono in un sistema economico e politico pi sano. Viceversa la Repubblica Ceca, che ha scelto una via pi lenta, ora paga le conseguenze di una transizione accelerata, ed arrivata troppo tardi. Ora infatti la gente non pi disposta a stringere la cinghia e sacrificarsi: perch oramai si parla dellarricchimento illecito di tanti ceti, ed il paese convinto che la corruzione sia il fattore dominante della transizione, i politici sono odiati e disprezzati, e la gente comincia a non votare... Perci, in una situazione simile, siamo abbastanza vicini ad una mezza catastrofe. Lingresso nellUE comporter quindi allEst sangue, sudore e lacrime, per parafrasare Winston Churchill? Sangue, sudore e lacrime non basteranno, perch integrarsi nello status quo dellUE quasi impossibile! Bisognerebbe quindi mutare il concetto di integrazione, che non pu significare solo lappiattirsi sullesistente.... In questo senso: la Slovenia, ad esempio, gode di alti indici economici e politici. Ma viene poi accusata di tentare di aggirare gli impegni richiesti dallUE: interpretando le norme in senso a lei pi favorevole, o dilazionandone i tempi di attuazione. Questo devessere allora considerato un atteggiamento censurabile, o al contrario una specie di reazione sana, per non farsi fagocitare dalla maggior potenza politica ed economica dellEuropa occidentale? Diciamo che quando un uomo ricchissimo sposa una donna poverissima bisogna tener conto di queste loro condizioni: non ci pu essere solo unintegrazione tra due mondi, ma la nascita di un mondo nuovo, fatto di compromessi, ove possano abitare entrambi! Oggi la Slovenia pu essere invasa dai capitali stranieri, ed allora bisogna chiedersi: questo che vogliamo? Se, ad esempio, la Slovenia si aprisse indiscriminatamente allacquisto dei propri

beni immobili, non avrebbe pi alcuna speranza, perch il potere del capitale sta tutto da una parte sola. La libert dacquisto diverrebbe in effetti il mettere allasta il proprio Paese! Lo scopo non devessere colonizzare la Slovenia, ma di far s che questa divenga un attore autonomo dentro un sistema comune, che chiamiamo UE. Se vogliamo questo, dobbiamo allora promuovere leggi e regole che proteggano lautonomia di questi paesi in un senso pi profondo: che proteggano cio la loro identit e capacit di agire. Non dobbiamo semplicemente inglobarli, perch lUE delle origini voleva garantire tutti i suoi componenti. Per fare un esempio, sempre in tema di acquisto di immobili: la Danimarca ha posto molte limitazioni a questo diritto verso i propri vicini tedeschi. E queste eccezioni sono state riconosciute valide dallUE, proprio per salvaguardare la capacit della Danimarca di far parte dellUE! Va per anche detto che per lUE pi comodo espandere lesistente, che creare il nuovo; e quindi, invece del compromesso tra mondi diversi, pi facile che prevalga la via dellinglobare. Certo che unUE cos pigra mentalmente e politicamente costituisce una forte minaccia per i paesi dellEst: perch preferir la facile strada dellimporre un conformismo burocratico generale. Lanalisi di Belohradsky era per partita da una considerazione di fondo: che le ragioni dalle quali era nata lUE, tra le quali il fare concorrenza agli USA, sono state superate da nuove sfide. Quali sarebbero queste sfide? La prima la disoccupazione. E questo perch il lavoro non solo il mezzo del proprio sostentamento, ma anche la chiave che permette di integrarsi in una societ: cio chi non ha un lavoro non considerato un cittadino a pieno titolo. Ma la soluzione non sta nel creare nuovi posti di lavoro, perch al contrario un trend fondamentale delle societ postindustriali che il lavoro sar sempre pi scarso: bisogna quindi rendersi conto che non ci sar mai pi la piena occupazione! Ed un grave appiattimento ideologico se la sinistra promette la crescita delloccupazione, perch invece non ci sar pi loccupazione nel senso tradizionale del termine. Ci sar invece uno sviluppo senza crescita delloccupazione. Il problema vero sar quindi capire come organizzare una societ con scarsit di lavoro. Ed immagina un modello di societ opulenta, in cui si ha diritto ad un reddito minimo garantito per il solo fatto di esserne cittadini; il lavoro, sempre pi precario, frutterebbe un di pi da assommare al reddito minimo garantito. Il secondo problema da affrontare sarebbe invece la crisi ecologica mondiale, con tutti gli sprechi e le irrazionalit dellattuale sistema produttivo. Ma il terzo problema forse il pi grave: siamo a favore o contro la globalizzazione? Non
5 Maurizio Bekar, 1999: diritti riservati. Questo testo pu essere liberamente consultato, oltre che citato in estratto, riprodotto e ridistribuito, citando nelle note: Da: Maurizio Bekar 1999, www.bekar.net (se ripreso in estratto), o riproducendo integralmente questa nota di copyright, se ripreso integralmente

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facile rispondere. Ci sono molti punti della tradizione europea che ci obbligano dichiararci contrari. Ad esempio: il superamento dello Stato nazionale vuol dire che ci governano le aziende multinazionali. Ed questo il concetto di politica che sosteniamo? O - viceversa quel periodo della nostra storia che chiamiamo nazionalismo non era solo un accecamento, ma anche una forma di grande unione culturale e politica (i nazionalismi francesi, tedesco, inglese, russo erano infatti anche pieni didee politiche)? Ma che ne sar delle idee e delle istituzioni al di fuori di questo quadro, al di fuori di modelli di lealt verso certe culture comuni ed unificanti? Che tipo di politica faremo allora? Sar la General Motors a dettarci i comportamenti e le nostre idee strategiche? LEuropa, per la sua caratteristica storica di eterogeneit dialogante, chiamata a rispondere seriamente a questo quesito. E ci sono molte ragioni sia a favore che contro la globalizzazione; ma di sicuro non possiamo accettarla come qualcosa di scontato, di ovvio. Non forse un processo che minaccia di spazzare via tutto quello che siano stati, e che vogliamo continuare ad essere? Penso che questo sia linterrogativo, e la grande sfida, alla quale oggi deve rispondere lEuropa.... Maurizio Bekar

Nota Questo servizio, sintesi di una lunga conversazione, stato scritto originariamente nel luglio del 1999. Una versione un po pi sintetica stata pubblicata dal bisettimanale Primorske Novice di Capodistria-Nova Gorica (Slovenia), nel suo inserto culturale 7 Val del 6 agosto 1999.

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