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Il diritto d’asilo
La procedura in Italia
Il Regolamento garantisce ad ogni richiedente lo status di rifugiato che la sua domanda sarà
esaminata da uno Stato membro dell’Unione Europea, in modo da evitare che egli sia
successivamente mandato da uno Stato membro all’altro senza che nessuno accetti di
esaminare la sua richiesta d’asilo.
Casi in cui l’ITALIA È COMPETENTE ad esaminare una richiesta di riconoscimento dello status.
3. INGRESSO IRREGOLARE – senza documenti o senza visto se richiesto- in uno dei paesi
dell’Unione Europea attraverso l’Italia. In questo caso l’Italia diviene responsabile in quanto
PRIMO PAESE D’INGRESSO.
I parametri individuati dal Regolamento per stabilire la competenza di uno Stato hanno
carattere oggettivo e possono essere considerati portatori di un unico principio: lo Stato che
permette l'ingresso, regolare o meno, del richiedente asilo nell'ambito del territorio dell'Unione
è quello responsabile dell'esame dell'istanza, indipendentemente da dove la stessa sia
presentata.
Tale impostazione è mitigata solo in ipotesi marginali: qualora ad un membro della famiglia del
richiedente asilo (solo il coniuge o i figli minori) sia già stato riconosciuto lo status di rifugiato
ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, da parte di uno Stato membro ove risiede
legalmente, questo Stato sarà competente anche per l'esame della domanda del suo
congiunto, purché quest'ultimo lo desideri.
Inoltre, ogni Stato membro, anche se non competente per l'esame in base ai criteri previsti
dalla Convenzione, può esaminare, per motivi umanitari, in particolare di carattere familiare o
culturale, a richiesta dello Stato membro che l'abbia ricevuta, una domanda di asilo, a
condizione che il richiedente l'asilo lo desideri.
Infine, con riguardo alle istanze presentate sul suo territorio, ogni Paese conserva il potere
discrezionale di ritenersi competente anche in ordine a casi che, in base alla Convenzione non
gli spetterebbero.
Lo Stato che riceve la richiesta può rifiutarla ove non ritenga provato il passaggio
dell'interessato attraverso il suo territorio. A fronte di un rifiuto è sempre possibile richiedere
allo Stato che non ha accettato di rivedere la sua posizione, purché sussistano elementi di
prova che rendano immotivato il rifiuto. In ogni caso non sussiste un autorità sovraordinata
che possa dirimere un disaccordo su casi specifici.
QUALI SONO GLI ESITI POSSIBILI DEL PRE-ESAME EFFETTUATO DELLA UNITA’
DUBLINO?
L’Unità Dublino, a seguito dell’accertamento dello Stato competente per l’esame della domanda
d’asilo, può adottare le seguenti decisioni:
· Decisione di presa in carico del richiedente asilo, laddove la competenza sia dello Stato
italiano. L’Unità Dublino trasmette tale decisione alla Commissione centrale per il
riconoscimento dello status di rifugiato.
· Se lo Stato ritenuto competente non accetta la presa in carico del richiedente asilo
l’Unità Dublino trasmette la richiesta d’asilo alla Commissione centrale con il relativo nulla
osta all’esame della domanda.
Nota bene: Il richiedente asilo può, tuttavia, presentare ricorso contro la decisione di
trasferimento al Tribunale Amministrativo Regionale entro 60 giorni con possibilità di
appello al Consiglio di Stato nel caso in cui il T.A.R. confermi la decisione o, in alternativa,
al Presidente della Repubblica entro 120 giorni dalla notifica.
Sulla base della procedura amministrativa, prevista dalla Legge Martelli, così come modificata
dalla Legge 189/2002, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato lo straniero che
intende presentare domanda di asilo lo deve fare alla polizia di frontiera al momento
dell’ingresso o successivamente presso gli uffici della Questura ove ha eletto domicilio entro 8
giorni dal suo ingresso in Italia.
La Questura dopo aver verificato l’applicazione delle clausole ostative, raccoglie le generalità
del richiedente.
Non è consentito l’ingresso nel territorio dello Stato dello straniero che intende chiedere il
riconoscimento dello status di rifugiato quando, da riscontri obiettivi da parte della polizia di
frontiera, risulti che il richiedente:
b) provenga da uno Stato, diverso da quello di appartenenza, che abbia aderito alla
Convenzione di Ginevra, nel quale abbia trascorso un periodo di soggiorno, non
considerandosi tale il tempo necessario per il transito dal relativo territorio sino alla
frontiera italiana
d) sia stato condannato in Italia per uno dei delitti previsti dall’articolo 380, commi 1 e
2, del codice di procedura penale o risulti appartenente ad associazioni di tipo mafioso
o dedite al traffico degli stupefacenti o ad organizzazioni terroristiche
Nota bene :
Chi temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità,
appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori
del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della
protezione del proprio Paese.
Art.1 Convenzione di Ginevra 1951
Lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le
condizioni stabilite dalla legge.
A) La procedura ordinaria
Il questore ricevuta l’istanza di asilo provvede entro 2 giorni dal ricevimento della stessa alla
trasmissione degli atti alla Commissione territoriale.
Nel caso in cui lo straniero sia trattenuto e la Commissione non decida entro il termine
massimo di trattenimento di 20 giorni (art. 3 comma 1 del D.P.R. 303/2004), al richiedente
verrà rilasciato un permesso di soggiorno valido fino al termine della procedura.
B) La procedura semplificata
Rispetto alla precedente normativa, che prevedeva la libera presenza sul territorio di tutti i
richiedenti asilo, la nuova Legge n. 189/2002 ha introdotto gli istituti del trattenimento
facoltativo e obbligatorio.
Il trattenimento facoltativo
Posto che il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la domanda,
il questore può decidere per il TRATTENIMENTO FACOLTATIVO del richiedente asilo
(art. 1 bis, comma 1):
a) per verificare o determinare la sua nazionalità o identità, qualora egli non sia in possesso
dei documenti di viaggio o d’identità, oppure abbia, al suo arrivo nello Stato presentato
documenti risultati falsi;
b) per verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo, qualora tali elementi non siano
immediatamente disponibili;
Il trattenimento obbligatorio
a) per aver eluso o tentato di eludere i controlli alla frontiera o, comunque, se si trova in
condizione di soggiorno irregolare;
1) per i richiedenti che hanno eluso o tentato di eludere i controlli alla frontiera (art. 1
bis, comma 2, lett. a) il Questore disporrà la permanenza nei CID;
2) per chi è già destinatario di un provvedimento di espulsione o respingimento (art. 1
bis, comma 2, lett. b) la permanenza è disposta nei centri di permanenza temporanea e
assistenza (CPTA)[1].
Per quei richiedenti asilo non sottoposti ai regimi di trattenimento sopra descritti il questore
rilascia un permesso di soggiorno valido per 3 mesi, rinnovabile fino alla definizione della
procedura di riconoscimento dello status di rifugiato presso la competente Commissione
territoriale (art. 2, co 4 D.P.R. 303/04).
[1] Istituiti dall’art. 12 della l. 6 maggio 1998, n. 40, così come modificato dall’art. 14 T.U.
[2] Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle
Frontiere n. 400/b/2005/460/p/15.1.7.7 del 31 ottobre 2005, indirizzata alle Questure e agli uffici di Polizia di Frontiera, in
appendice.
La nuova normativa introdotta dalla Legge 189/2002 e dal relativo Regolamento di attuazione
n 303/2002, prevede, fra le novità, il decentramento decisionale attraverso l’istituzione delle
Commissioni territoriali che si occupano di valutare le istanze per il riconoscimento dello
status di rifugiato.
Le Commissioni sono istituite presso le Prefetture – Uffici territoriali del governo di Gorizia,
Milano, Roma, Foggia, Siracusa, Crotone, Trapani .
[1] Cfr art. 1 quater L. 39/90, cosi come modificato dalla l. 189/02
[2] Cfr art. 1 quinquies, co 2, l. 39/90
CHI DECIDE LE DOMANDE PENDENTI?
L’articolo 13 del regolamento n. 303/04 prevede che la convocazione per l’audizione sia
comunicata all’interessato tramite la Questura territorialmente competente; in caso di
irreperibilità del richiedente, la Commissione, accertato che il permesso di soggiorno è scaduto
e che non ne è stato chiesto il rinnovo decide in assenza dell’audizione personale sulla base
della documentazione disponibile.
L’audizione può essere rinviata solo qualora le condizioni di salute del richiedente non la
rendano possibile, ovvero quando l’interessato richieda ed ottenga il rinvio per gravi e fondati
motivi. La mancata presentazione all’audizione individuale non impedisce la decisione della
Commissione territoriale sulla domanda d’asilo (art. 13, comma 2).
La Commissione territoriale, entro i 3 giorni feriali successivi all’audizione, può adottare 3 tipi
di decisione:
3) non riconosce lo status (diniego) qualora il richiedente non sia in possesso dei
requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra, ma conferisce in alternativa lo status
umanitario, ai sensi dell’art. 5, comma 6 del T.U. 286/98[2], valutate le conseguenze
di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle Convenzioni internazionali
delle quali l’Italia è firmataria, e in particolare l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti
umani (divieto di tortura, pene o trattamenti inumani e degradanti).
[1] Il documento di viaggio per rifugiati, di copertina grigia è direttamente previsto dall’Allegato alla Convenzione di Ginevra,
fissandone modalità e durata per il rilascio.
[2] Sotto forma di “raccomandazione” alle autorità di polizia. Ai sensi dell’articolo 11 comma 1, lett. C ter, del d.P.R. 394/99
come modificato dal decreto n. 334/2004 il permesso di soggiorno per motivi umanitari può essere rilasciato dalla questura a
seguito di esibizione da parte dell’interessato di documentazione relativa ad oggettive e gravi situazioni personali che non
consentono l’allontanamento dello straniero
Nel caso in cui al richiedente asilo non è riconosciuto lo status di rifugiato e non è stato
conferito lo status umanitario il questore provvede all’espulsione con accompagnamento alla
frontiera ai sensi dell’art. 13 co. 4 (se straniero trattenuto in un CID o in un CPT) oppure
l’espulsione contiene l’intimazione a lasciare il territorio entro il termine di 15 giorni se prevista
ai sensi dell’art 13 co 5 del T.U. 286/98 (straniero cui era stato rilasciato un P.d.S. per
richiesta di asilo). Il suddetto provvedimento ai sensi dell’art. 13, comma 5 bis, come
modificato dal D.L. 241/2004, deve essere convalidato dal giudice di pace territorialmente
competente, e solo a seguito della convalida il provvedimento diventa esecutivo (come stabilito
dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 222 del 2004, con la quale è stata dichiarata
l'illegittimità costituzionale dell'art. 13 comma 5 bis D.lg. 25 luglio 1998 n. 286 "nella parte in
cui non prevede che il giudizio di convalida debba svolgersi in contraddittorio prima
dell'esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della
difesa"),
Avverso il decreto di espulsione può essere presentato ricorso al giudice di pace del
luogo in cui ha sede l’autorità che ha disposto l’espulsione entro il termine di 60 giorni. In
questo caso la legge prevede l’ammissione dello straniero al gratuito patrocinio a spese
dello Stato.