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art. per Parole di vita 2002 Lettere ai Corinzi, fasc. 3: Dal corpo di Cristo a quello della chiesa (cc.

11-14)

Ettore FRANCO

Uguali s, ma diversi (1Cor 11,2-16)


Uomini e donne nellassemblea liturgica
1. UN TESTO DIFFICILE E PROBLEMATICO Le difficolt del brano sono note. Si tratta di uno di quei testi che hanno alimentato la visione negativa della donna e il suo stato di inferiorit rispetto alluomo: lapostolo imporrebbe alle donne prima il velo (1Cor 11,2-16) e poi il silenzio (1Cor 14,33b-36) nelle assemblee liturgiche come segno della loro sottomissione, esplicitamente richiesta poi in Ef 5,22. A questa difficolt generale si aggiungono, per il nostro testo, problemi particolari di interpretazione, che esegeti antichi e moderni hanno cercato di risolvere1. A quale situazione concreta si riferisce Paolo? Qual il senso di alcuni termini nelle varie espressioni in cui sono usati2? Qual il tono delle sue affermazioni? Ribadisce semplicemente una prassi particolare legata al costume del tempo oppure, riprendendo e precisando affermazioni o forse slogans degli interlocutori o di qualche contestatrice, indica un criterio valido per tutti i tempi riguardo allessere-donna e allessere-uomo in quella comunione che il corpo di Cristo, la chiesa? Per tentare di rispondere a questi interrogativi, rileggiamo il testo di Paolo seguendone larticolazione letteraria e rendendo ragione di alcune scelte interpretative per coglierne il messaggio nellinsieme della lettera e dellepistolario paolino.

2. LARTICOLAZIONE DEL DISCORSO Anche se a un primo ascolto il testo pu sembrare non immediatamente chiaro e comprensibile, perch riferito a una situazione concreta che di fatto ci sfugge, una lettura pi attenta scopre dei segnali di articolazione e di senso che ci aiutano a entrare nel pensiero di Paolo percependone quasi il tono e la voce. 2.1 Linizio (11,2) Lespressione Vi lodo perch (11,2) in contrasto con Non vi lodo perch (11,17) non solo indica chiaramente linizio del brano e della sezione, ma stabilisce anche una condizione di comunicazione/comprensione ottimale tra mittente e destinatari dal momento che tra
1 Cf G. BIGUZZI, Velo e silenzio. Paolo e la donna in 1Cor 11,2-16 e 14,33b-36 (RivB.S 37), Dehoniane, Bologna

2001, e la bibliografia riportata alle pp. 159-171, cui mi permetto di aggiungere E. FRANCO, La visione della donna in alcuni testi problematici dellepistolario paolino, in Donatella ABIGNENTE - Maria Antonietta GIUSTI - Nerina RODIN (a cura di), La donna nella chiesa e nel mondo. Studi promossi dalla Facolt Teologica dellItalia Meridionale e dalla Commissione Diocesana Donna, Dehoniane, Napoli 1988, 185-202. 2 Ad es. kephal significa testa, capo o principio, origine, principio dorigine? anr significa solo e sempre uomo opposto a donna o pu significare anche essere umano includendo uomini e donne?

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loro c unintima comunione di vita espressa dal ricordo continuo (vi ricordate di me in ogni cosa) e dal tener ferme, cio custodire e osservare le tradizioni che lapostolo ha tramandato ai Corinzi e che essi hanno accolte. Il termine tradizione (pardosis con il verbo paraddmi) nel contesto della sezione (cf 11,23), della lettera (cf 15,3) e dellintero epistolario (cf Gal 1,14; 2Ts 2,15; 3,6) non pu avere il senso moderno e attenuato di cose passate o costumi tramandati, ma ha il senso forte e teologico di tradizione o consegna di vita a partire dalla nuova relazione dessere fondata sullannuncio/accoglienza del vangelo che trasfigura lesistenza nella comunione e rende uomini e donne quello che sono e devono essere di fronte a Dio e di fronte agli altri. Non semplice captatio benevolentiae dunque, ma profonda comunicazione di vita, a partire dalla quale ora Paolo vuole correggere e mettere in guardia da abusi o tendenze incoerenti col Vangelo. 2.2 Le premesse (11,3) Con la formula voglio per che voi sappiate (11,3a) lapostolo richiama unaffermazione fondamentale e introduce subito due distinguo che potrebbero orientare la soluzione del problema che si era creato a Corinto. Si tratta molto probabilmente di alcune donne che pretendevano lassimilazione e/o confusione con i maschi in forza della fondamentale uguaglianza in Cristo e durante le assemblee ostentavano questa loro pretesa nellacconciatura dei capelli o comunque nellabbigliamento. Le tre espressioni di ogni uomo il capo il Cristo, ma capo della donna luomo e capo del Cristo Dio (11,3) possono essere fraintese se non si coglie il senso proprio di kephal e di anr e la correlazione dei tre sintagmi. Capo (kephal) in senso anatomico o fisico-spaziale, in quanto parte di un corpo, significa testa, ma in senso metaforico o anche temporale, implica origine, inizio o principio di origine3. Lo sviluppo successivo conferma questa possibilit di senso con luso delle preposizioni ek/ex e di nei vv. 11,8s.12: non luomo dalla (ek) donna, ma la donna dal(ex)luomo; non fu creato infatti luomo attraverso (di) la donna, ma la donna attraverso (di) luomo e come infatti la donna dal(ek)luomo, cos anche luomo attraverso (di) la donna. E tutto da (ek) Dio. Uomo (anr) indica in genere il maschio adulto o marito in opposizione a donna, ma pu significare anche lessere umano o ognuno/ciascuno e in questo senso include sia luomo che la donna4. Con queste precisazioni possibile cogliere la pregnanza teologica delle tre espressioni. vero che di ogni essere umano il principio originante il Cristo (11,3b), infatti tutti siete figli di Dio per la fede in Cristo Ges; quanti infatti in relazione a Cristo siete stati battezzati, di Cristo vi siete rivestiti. Non c Giudeo n Greco, non c schiavo n libero, non c maschio e femmina: tutti voi infatti siete uno solo in Cristo Ges (Gal 3,26-28). Nella nuova creazione, iniziata con la risurrezione di Ges, mediante la fede e il battesimo a tutti donata la nuova relazione dessere che rende figli nel Figlio e trasforma lintera esistenza rendendola corporalmente partecipe della morte e risurrezione del Cristo (cf Rm 6,3-5). In questa uguaglianza fondamentale, tutti i credenti sono gi uno solo in Cristo Ges, cio
3 Anche in ebraico capo (rosh) ha la stessa radice di inizio (reshit). 4 Nel greco della LXX questo significato attestato in Gen 14,21; 17,23; 46,32.34; Es 12,37; Nm 13,32; 14,22; Dt

1,35; ecc. e nel NT in Mt 12,41; Lc 11,32; Ef 4,13; anche At 17,34. Cf BIGUZZI, Velo e silenzio, 64-66.

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un solo corpo (1Cor 6,15; 10,17; 12,12.13.20; Rm 12,4.5); non nella confusione, ma nella comunione. Lunit del corpo di Cristo non annulla, ma valorizza la diversit delle singole persone (cf 1Cor 12)5. Perci, richiamato il livello delluguaglianza fondamentale in Cristo su cui certamente facevano leva le contestatrici di Corinto Paolo, anticipando il riferimento al racconto della creazione (Gen 2,7.21-23) che riprender al v. 9, precisa subito: ma principio originante della donna luomo (1Cor 11,3c). Nel divenire storico delledificazione ecclesiale, nel compito che nasce dal dono ricevuto, la diversit, cio la specificit dellessere uomo e dellessere donna, indispensabile. attraverso la valorizzazione della diversit che si manifesta, nelledificazione reciproca, la comune relazione dessere ricevuta nellinterdipendenza di rapporti autentici. Perci Paolo, con una seconda precisazione: e principio originante di Cristo e Dio (11,3d), richiama quella particolare sintassi che coordina e unifica creazione e redenzione, uguaglianza fondamentale e differenziazione sessuale, unit e pluralit nel piano di Dio. Il caso concreto dellacconciatura o dellatteggiarsi di alcune donne nellassemblea liturgica cos subito inquadrato nel contesto ampio della professione di fede che abbraccia inizio e fine, dono e compito, edificazione storica e futuro compimento: per noi Uno [] Dio il Padre dal quale tutte le cose e noi in relazione/tensione verso di Lui; e Uno [] il Signore Ges Cristo attraverso il quale tutte le cose e noi attraverso di lui (1Cor 8,6). 2.3 Il caso e la soluzione (11,4-6) Anche se non conosciamo esattamente la situazione concreta che ha determinato lintervento dellapostolo, il fatto che si rivolga alla donna con gli imperativi si rada a zero si copra (keirsth katakalyptsth 11,6), fa pensare che labuso riguardasse alcune credenti della comunit di Corinto. Paolo reagisce con una certa irritazione, percepibile nellarticolazione del discorso: due dichiarazioni uguali (11,4b e 5b) disonora la sua testa (11,4 e 5), cio svergogna se stesso o se stessa, manifestando una confusione dessere che altera la relazione vitale in Cristo di fronte a Dio e agli altri , qualificate per da due espressioni antitetiche (11,4a e 5a) ogni uomo che prega o profetizza a capo coperto (lett. avendo gi dalla testa, cio con i capelli lunghi [cf 11,14] o con una acconciatura/atteggiamento femminei) e ogni donna che prega o profetizza a capo scoperto (cio con capelli corti o con acconciatura/atteggiamento mascolinizzanti) seguite da una constatazione provocatoria e due comandi perentori che chiudono le due alternative riguardanti per solo la donna: la stessa cosa che se [pregasse o profetasse con la testa] rasata. Se infatti la donna non si copre, si rada a zero; e se vergognoso per una donna radersi a zero o raparsi, si copra (11,5c-6). Il segno dunque della testa coperta/scoperta mentre si prega o si profetizza, cio allinterno dellassemblea liturgica che la visibilit storica della chiesa-koinnia come corpo di Cristo, esprime la diversit delluomo e della donna nella comune reciproca relazione vitale dellessere in Cristo. Usare quindi segni contrari, cio uomo coperto e donna
5 Insieme allo studio di G. LORUSSO in questo fascicolo, cf E. FRANCO, Unit e pluralit, in Parole di Vita 34 (1989)

n. 1, 6-13 [166-171].

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scoperta, rendere ambigua la relazione con una confusione dessere. quanto i termini vergogna e/o disonore (kataischyn, aischrn 11,4.5.6; atima 11,14), opposti a gloria (dxa 11,7.15), lasciano intendere alla luce della tradizione biblica e del comune senso del pudore, inteso come consapevolezza e manifestazione del proprio essere-in-relazione di fronte a Dio e di fronte agli altri. 2.4 Motivazione secondo le Scritture (11,7-12) Ragionando sulle motivazioni del caso e della soluzione indicata, Paolo ci riporta al racconto della creazione delluomo dalla terra e della donna dalluomo (Gen 2,7.21-23) per ribadire che luomo non deve coprirsi la testa perch immagine e gloria di Dio, mentre la donna gloria delluomo (11,7). Vorrebbe forse affermare la superiorit delluomo sulla donna o non piuttosto la diversit rispetto allorigine e linterdipendenza nellalterit che definisce lidentita propria di ciascuno? Non deve sfuggire la sintassi, cio quel particolare ordine nel piano di Dio che abbraccia creazione e redenzione, origine e compimento e che Paolo ha richiamato come premessa del suo discorso. Allinterno di quella sintassi si pu comprendere la motivazione che Paolo tira fuori dalla Scrittura. La donna gloria delluomo non indica inferiorit perch non immagine dellimmagine. Infatti noi tutti, a viso svelato, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine da gloria in gloria, come dal Signore che lo Spirito (2Cor 3,18) perch, creati a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26), siamo chiamati e preorientati a diventare conformi allimmagine del Figlio, sul cui volto risplende la gloria di Dio (2Cor 4,6), affinch egli sia il primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29). Paolo quindi non vuol negare luguaglianza fondamentale, ma vuole affermare la diversit dellesere-uomo e dellesseredonna. In che senso allora luomo gloria di Dio mentre la donna gloria delluomo? Se il concetto biblico di gloria (doxa, ebr. kavd) implica nella sua radice ebraica (kbd) il senso di pesantezza6, cio il peso specifico, il valore proprio di una realt, allora luomo gloria di Dio perch nel suo essere plasmato originariamente e sempre da Dio ne afferma lassoluta alterit. Allo stesso modo la donna nel suo essere tratta originariamente dalluomo finalmente lunico faccia a faccia creaturale che nella differenza rende possibile alluomo la consapevolezza del valore proprio e altrui nellinterdipendenza della comunione: Costei s ossa dalle mie ossa e carne dalla mia carne. Costei sar chiamata ish perch da ish stata tratta costei (Gen 2,23). Per questo conclude Paolo riguardo al caso concreto la donna deve avere potere (exousia) sulla testa a motivo degli angeli (11,10). Il termine exousia non ha mai un senso passivo e perci non pu essere tradotto con un segno della sua dipendenza (CEI 1971, corretta poi, seguendo linterpretazione contraria, con un segno dellautorit CEI 1997), perch il contesto si riferisce semplicemente allacconciatura dei capelli che deve manifestare nellassemblea la irrinunciabile identit dellessere-donna. E lespressione a motivo degli angeli conferma e rafforza il
6 Cf C. WESTERMANN, dbk kbd essere pesante, in E. JENNI - C. WESTERMANN, Dizionario Teologico dellAntico Testamento, Marietti, Torino 1978, I, 686-701.

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riferimento allordine o sintassi che Dio, distinguendo e separando per unarmonia e ununit superiore, ha stabilito nella creazione e alla quale queste creature angeliche presiedono affinch ciascuno, al suo posto, contribuisca nella diversit allunit e armonia del tutto. Sottolineata quindi la diversit come elemento irrinunciabile dellidentit dellessere-donna e dellessere-uomo a partire dalla creazione, alla pretesa esagerata di uguaglianza e parit che vorrebbe annullare le differenze tra uomo e donna a partire dalla relazione dessere comunicata a tutti nel Signore, lapostolo, senza negare la fondamentale uguaglianza, ribadisce invece linterdipendenza reciproca: tuttavia n donna senza uomo, n uomo senza donna nel Signore (11,11). E conclude coordinando nellorigine la reciproca e particolare interdipendenza con la comune dipendenza: come infatti la donna dalluomo, cos anche luomo attraverso la donna: tutto poi da Dio (11;12). 2.5 Discernimento e convenienza (11,13-15) La motivazione data a partire dalle Scritture pu risultare difficile specialmente per orecchie poco abituate a una lettura di tipo rabbinico, allora Paolo in modo pi semplice e immediato coinvolge i destinatari nel discernimento a partire dal buon senso: Giudicate voi stessi (11,13). Seguono due domande retoriche. La prima, basata sul senso comune della convenienza o del decoro (prpon lopposto di indecoroso, sconveniente o vergognoso: aischrn, cf 11,6), suppone una risposta negativa da parte degli ascoltatori. Non possono quindi non essere daccordo nellaffermare che sconvenente per una donna pregare Dio a capo scoperto (11,13). La seconda suppone invece una risposta affermativa, che trova i destinatari daccordo col mittente sulla differenziazione sessuale delluomo e della donna che si manifesta anche nella diversa capigliatura: Non vi insegna forse la natura stessa che se luomo ha capelli lunghi disonore a se stesso, mentre se la donna ha capelli lunghi gloria a se stessa? (11,14-15a). Lopposizione disonore/gloria richiama la presentazione del caso e la soluzione proposta ai vv. 4-6 e insieme la motivazione scritturistica dei vv. 7-12. Ci sono per delle differenze. Qui ci si riferisce a un sapere comune basato su una constatazione di fatto generale, confermata dallultima affermazione: dato che la chioma le stata data al posto di (o a modo di) velo/mantello (ant peribolaou) (11,15b), mentre l si insiste sul caso particolare allinterno dellassemblea liturgica (luomo e la donna che pregano o profetizzano). La constatazione generale conferma quindi e avvalora la soluzione data al caso particolare. Inoltre lopposizione disonore a se stesso / gloria a se stessa, richiama e conferma sia la soluzione data al caso, sia la motivazione scritturistica: non si tratta infatti di una disparit tra uomo e donna, ma della differenziazione sessuale che la base del valore specifico di ciascuno nellautoconsapevolezza del proprio essere grazie allalterit, alla diversit che permette la realizzazione nellinterdipendenza della comunione avuta come dono e come compito. Non quindi la banalit del velo o di unusanza locale che Paolo difende e ribadisce, ma si tratta della veridicit dellessere uomo e dellessere donna nella comunit, e in definitiva della veridicit del vangelo di Dio nelledificazione storica della comunit fino al compimento escatologico. Solo l la

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differenziazione sessuale non ci sar pi, ma finch si in cammino luomo sia uomo e la donna sia donna e che questo loro essere diversi sia evidente non solo nei capelli ma in tutta la loro vita relazionale.

2.6 Unanimit contro contestazione (11,16) Con unultima espressione ipotetica seguita da unaffermazione solenne e precisa, Paolo conclude il suo discorso isolando il gruppetto contestatore (se qualcuno crede di volerla vinta ad ogni costo) rispetto al noi ecclesiale che include non solo lapostolo e i collaboratori, ma anche la stessa comunit di Corinto, cio i destinatari lodati allinizio e alle chiese di Dio. Lusanza (syntheia) di alcune donne di Corinto quindi in contrasto con il sentire e lagire unanime della comunit e delle chiese. Se non vogliono vanificare la comunione, devono semplicemente accogliere il comando dellapostolo e mostrarsi per quello che sono senza ambiguit e confusione nellassemblea liturgica.

3. ATTUALIT DEL MESSAGGIO Riletto nella sua coerenza e articolazione propria, il discorso di Paolo interessa e convince anche i lettori moderni. Non si tratta infatti del problema del velo delle donne7, ma del discorso molto pi profondo circa la diversit dellessere-donna e dellessere uomo nelle assemblee liturgiche, e quindi nella vita. Anche ai nostri tempi, assuefatti a mode e abbigliamenti unisex, lapostolo ribadisce la verit valida per tutti i tempi: nelleconomia della redenzione, come in quello della creazione, luomo rimane uomo e la donna rimane donna; luomo dunque continui a mostrarsi uomo e la donna continui a mostrarsi donna. Uguali s, ma diversi anche nella novit di vita che scaturisce dalla relazione dessere gratuitamente donata a tutti nella morte e risurrezione di Ges. Ogni confusione dessere vergognosa e sconveniente perch vanifica il piano di Dio e non edifica la comunit. La consapevolezza del proprio essere particolare e diverso di fronte allaltro/altra gloria, perch manifesta la Roccia che ti ha generato (Dt 32,18; cf Is 51,1) cio lorigine e il compimento comune della diversit, con la quale ciascuno reso conforme allimmagine di Dio che il volto di Cristo (cf Rm 8,29 e 2Cor 3,18; 4,4.6) e contribuisce per la sua parte alledificazione del corpo di Cristo che la chiesa (1Cor 12,1-27 e Rm 12,3-8). Essere e mostrarsi uomini e donne nellassemblea liturgica e nella vita edifica la comunit e le singole persone in essa, fino al compimento definitivo della comunione, quando Dio sar tutto in tutti (cf 1Cor 15,28) e tutti, uomini e donne, saremo come angeli nei cieli (cf Mc 12,25 e par.).
7 Il termine klymma non ricorre mai nel testo; lo si trova solo in 11,10 al posto di exousa in qualche manoscritto tardivo (vgmss e bopt) e in alcuni padri (Ireneo, Girolamo, Agostino).

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