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LA STAMPA
Lincisione che compare sul frontespizio della Scienza Nuova
VICO
ANCORA LUI
Il volume
La Scienza Nuova - Le tre edizioni del 1725, 1730 e 1744 di Giambattista Vico (Bompiani, a cura di Manuela Sanna e Vincenzo Vitiello, pagg. 1504, euro 30)
Come in un grande affresco barocco si dispiegano gli eventi del mondo tra luci e ombre
digma trova un singolare riscontro metaforico nella dipintura che compare sul frontespizio dellopera. In essa un raggio di luce, che parte da un occhio situato in alto, giunge al petto di una fanciulla in piedi su di un globo, rifrangendosi su una statua. Ai piedi di questa, vari arnesi, tra cui una borsa, un timone, un aratro e una tavola con su scritte alcune lettere. In basso a destra sintravede una selva, la cui folta vegetazione seleva fino al cielo, oscurando parzialmente la luce del sole. Il raggio quello, divino, che illumina il mondo, transitando prima per la metafisica, simboleggiata dalla ragazza, e poi per la sapienza poetica, rappresentata dalla statua di Omero, mentre la selva incolta rimanda alle origini barbariche in cui le nazioni moderne affondano le proprie radici. Come spiega lo stesso Vico, il dipinto riproduce il duplice movimento, dallalto al basso e viceversa, che salda la storia umana alla provvidenza divina. In unopera mai del tutto conclusa, a dispetto delle tre edizioni, mito e
storia, poesia e diritto, filologia e filosofia trovano una sintesi narrativa di straordinario vigore. Come in un grande affresco barocco, la storia del mondo scandita nelle tre et degli dei, degli eroi e degli uomini si dispiega in unalternanza di luci e ombre, di successi e sconfitte, di slanci e cadute. Le questioni che la Scienza Nuova solleva, ripercorse anche da Vitiello, sono fondamentalmente tre intrecciate tra loro in un nodo insolubile. La prima riguarda il rapporto tra eternit e storia, tra origine e sviluppo. Come si detto, stato Vico ad immettere la vita degli uomini nella dimensione complessa e drammatica della storia ma senza per questo fuoriuscire dallorizzonte
metafisico. Anzi, nellintento di estendere alla storia il modello matematico adottato dalle scienze naturali, egli la sdoppia in due ordini distinti, ma in parte sovrapposti: quello ideale eterno, coincidente con il piano divino e quello in cui corron in tempo le storie di tutte le nazioni ne loro sorgimenti, progressi, stati, decadenze e fini. Da qui la complessit, ma anche la tensione, che anima la scena vichiana: come si integrano, in essa, permanenza e mutamento senza annullarsi a vicenda? Come pu restare identica a se stessa, la storia ideale eterna, se quella delle nazioni trascorre da una stagione barbarica a unepoca civile, per poi, magari, regredire ad una fase ancora pi buia? Ci possibile
attraverso una sorta di topologia che vede riuniti tempi diversi allinterno della stessa dimensione temporale, come quando, durante le scoperte geografiche, gli europei si trovarono di fronte forme di civilt eterogenee non solo nello spazio, ma anche sul piano dello sviluppo storico. Ma se cos, laltra questione affrontata, e genialmente risolta, da Vico quella di dar voce al modo di sentire di tempi remotissimi. Egli perfettamente consapevole del fatto che il senso originario dellesperienza passata perduto per sempre. Da qui la sua marcata distanza da autori moderni come Cartesio, che attribuivano al sapere a loro contemporaneo una sorta di validit universale. La scelta, apparente-
mente antiquata, in realt nuovissima, di Vico non per superare, ma per sottolineare tale difficolt strutturale duplice: da un lato il tentativo di cercare in unetimologia spesso fantastica la relazione originaria tra parole e cose. Le parole che ancora usiamo trovano la loro radice nei gesti, nelle immagini e perfino nei suoni di ci che intendono significare. Lessenza comunicativa del linguaggio risiede nella sua figurativit nella modalit concreta, gestuale e quasi corporea, con cui i primi uomini si sono rapportati in modo immediato alla vita. Il sapere non un punto di luce che illumina allimprovviso il mondo, ma un processo avvolto nellopacit del suo spessore storico. Perci la sapienza poetica
basata sulla potenza delle immagini, anzich sulla generalit dei concetti pi ampia di quella scientifica e filosofica. E anzi, come vuole indicare il riferimento ad Omero della dipintura, lunica capace di esprimere il fondo preistorico custodito in ogni storia. La terza questione implicita nelle prime due il rapporto tra mente e corpo. Si detto della genesi corporea del nostro modo di parlare. Ma il primato del corpo non riguarda soltanto il linguaggio. La storia stessa si origina dalla dimensione, confusa e promiscua, del corpo, come quello, sformato e bestiale, dei giganti che vagavano nella grande selva primordiale. In quellalba del mondo, come si esprime con potenza visionaria Vico, le menti degli uomini erano tutte immerse ne sensi, tutte rintuzzate dalle passioni, tutte seppellite ne corpi. Chi voglia ripercorrere allindietro il processo di ominazione, deve calarsi nella materia, oscura e ribollente, di quel fondo indistinto. Nella confusione di semi, di donne, di sangue da cui la vita ebbe inizio in un amalgama che sovrappone i corpi e mescola i loro umori, prima che si fissi la differenza tra gli individui e tra le specie. Perch qualcosa come un mondo umano abbia inizio, quella selva deve essere accecata dal bagliore del fulmine e poi bruciata dai primi eroi. Solo allora la forza diviene autorit e il comune si divide nel proprio. Solo allora si apre lo scenario della storia vera e propria. Lordine nasce dal solco che laratro e la spada incidono nella superficie, prima indifferenziata, della terra. Da qui i regni, e poi le repubbliche, in cui la forza cede al diritto e lautorit si coniuga con la libert. E tuttavia, tale processo di incivilimento non mai definitivamente compiuto. Anzi, proprio quando si ritiene tale, rischia una brusca regressione in una barbarie ancora pi profonda di quella da cui emerso. Vico mantiene
Intuisce per primo che la crisi non uneccezione, ma una possibilit intrinseca
fortissimo il senso della fragilit delle cose umane. A ci richiama la presenza della selva sullo sfondo della dipintura: al fatto che la luce del sole non pu mai dissolvere del tutto le tenebre dellorigine. Proprio quando la ragione dispiegata pensa di potersi emancipare dagli impulsi del corpo, quando la civilt si vuole del tutto immunizzare dalle ferite della comunit, rischia di inselvatichirsi di nuovo. la prima compiuta teorizzazione di quelleterogenesi dei fini che spesso indirizza il nostro agire lontano dagli esiti che intendevamo conseguire. Nessun autore moderno magari pi avanti di Vico sul terreno epistemologico lo sopravanza in questa intuizione di bruciante attualit: la crisi non una vertigine in cui la storia eccezionalmente precipita, ma una sua possibilit intrinseca. E anzi non di rado attivata proprio dagli strumenti adoperati per evitarla. Solo con tale consapevolezza si pu tentare, faticosamente, di superarla.
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