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Quaderno n. 2
Prima edizione : 1998
inutile, de Tivuli se ne trova unu solu pe tuttu lu munnu ! Mapper, li Tivulisi non so pi quilli de na vota.
Evaristo Petrocchi, 1937.
Premessa
Il presente lavoro, opera della nostra insegnante Domenica Mannucci, viene rappresentato per la prima volta il 29 aprile 1998 nel complesso monumentale dellAnnunziata in occasione delle celebrazioni del Natale della nostra citt. Nel sottolineare limpegno degli alunni della classe 2 F, nella quale linsegnante Mannucci docente di italiano, storia, educazione civica e geografia, impegno lodevole perch il dialetto tiburtino stenta ormai a trovare una propria giustificazione ed certamente avulso dalle giovani generazioni, voglio appena accennare a quello che, secondo me, il pregio essenziale di questo bozzetto: limmediatezza narrativa che rende la scena senza che una parola risulti messa di troppo. Mi viene spontaneo citare quanto scrisse nel lontano 1956 Giuseppe Petrocchi ( il concittadino guarda caso ! al quale intitolata la nostra Scuola Media ) a proposito di colui che rimane il maggior poeta del dialetto tiburtino, Evaristo Petrocchi : Nessuno antefatto, nessuna premessa descrittiva : egli veniva subito in medias res con il suo arguto dialogare, a botta e risposta, a punte e a contrasti, e sbalzi, a sottintesi e a chiaroscuri. E il riso, anzi la risata, sgorgava inaspettata dalla sua battuta, e dalle sue figurazioni Ecco, la stessa sensazione mi ha offerto il bozzetto in dialetto tiburtino Alle scali de San Biaciu . Non aggiungo altro !
Prof. Roberto Borgia preside della Scuola media Statale Giuseppe Petrocchi
Necessario post scriptum: il Manzoni sosteneva che ogni lingua un complesso di vocaboli e di norme grammaticali regolato dalluso, e dalluso soltamto. Figurarsi il dialetto! Perci premetto per gli esperti del dialetto tiburtino che la trascrizione di alcune parole non rispetta la forma canonica (se pure tale forma debba esistere in un dialetto!) che potrebbero attendersi; esempio per tutti San Biaciu invece di Sammiaciu.
Dicitore n. 1
chi non cristinu, pure a chi non entra drento alla cchiesa.Basta assttasse a s tre scalini, stnne na mani evia,qua srdu saremmedia(pausa) Esso, vardte s dova, ( si rivolge ai due mendicanti seduti sulle scale di San Biagio ) basta mettese co la faccia arecciacognata, quattro panni zuzzi, arettoppati pe fa pena alla gente! ( Entrano in scena due signore molto eleganti che si dirigono verso la Chiesa )
Dicitore n. 1
carit a s poracci. ( Esce di scena )
Filomena Marcella
: Oh, Marc, chi sarevde! : Uh, Filom, quantu tempu, come sta?
: Bene,bene, e tu? : Arengrazzinno Dio sto propriu b, (poi, guardando : ( Guardando anche lei dallalto in basso ) Uh, parla
una : vrda che pelliccia che porti, uuh, e che brilloccu, famme ved ( prende la sua mano ed osserva attentamente )
Marcella Filomena
: Me lha fattu maritimu a San Valentino, te piace ? : - Bllu, propriu bllu Eh, ma pure a me mha fattu
Marcella
maritimu, me porta cos ( mette la mano a piatto ) ,nzomma me v propriu b, ngran santu, pure se io qua vta spnno mpo troppu.
: ( curiosa ) Ma marititu, che lavuru fa ? : ( titubante mnte ) - Sarannu un paru danni cha : ( ancora pi curiosa ) Ma ci lavora o la sa ?
: - Ma che ? E la sa, propriu la sa, anzi la nostra ( pausa )emarititu, lavora ancora alla cartra ?
Filomena
c statu solu qua annittu e basta, lu so fattu licenzi Mo ci un ufficio pe cuntu su, e loco ci tante, tante pratiche che non sa and fa rstu !
: ( curiosa ) Va b, ma che lavuru ? : ( titubante ) Mb un ufficio, che te pzzo d : ( facendo finta di aver capito ) Ah, s capitu, s : - Marcva b, me ne vgghio perch s fattu tardi,
Filomena
la Messa sar gi ncuminciata ! Mha fattu tantu piacere arencontratte : quanno te pare vmme a trov
: - Pure a me mha fattu piacere ; ma perch nv tu a : -Vrda che pure io cigghio la villa e pure lortu ! : - Va b, allora ci sentemu pe telefono, ciao Filum, : - Ciao, Marc, pure io
Filomena
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( Entrano in Chiesa verso parti opposte, ma prima di entrare una si ferma e si rivolge al pubblico )
Filomena
ma ! La pelliccia, lu brilloccu, lofficina, la villa, ma se n scordata quandu ghiea scauzza e nuda pe cicoria ? Mo pare Fraccavolo da Velletri. Pussavia, ma chi te ghiama, ma chi te cerca ! Eccome va ! ( esce dalla scena ed entra in chiesa ) ( entra in scena Marcella )
Marcella
ah ( ridendo ) Ha fattu li quatrini, eh ? ! Ma se n scordta quandu ghiea girenno da reazzetta cona scarpa e na ciocia ? Lu padre lu ghiamanu Magnasuriche , perch durante la guera, pe la gran fame, so arrivati a magnasse pure quelle ! ( pausa ) E mo, chi se crede da sse ?io s che so na signra ! ( esce dalla scena ed entra in Chiesa ) ( Entra in scena il Dicitore n. 2 ridendo a crepapelle )
Dicitore n. 2
Le ste viste tutte e dova ? Mb tutta scena. so do morte de fame ! ( pausa diventa serio ) poracce ! c aremasta la pelliccia, lu brillccu, lu girocollu, perch, dittu tra me e vui, ( quasi a voce bassa ) non ciannu pi niente. Esse per, pe non d lume a cca, esciu sempre vestite sos e sembrano a vedelle, do signorne,n vero ? ma prima o poi, so securu, me le vedragghio pure sse assettate sso ( indica gli scalini ) . ( A questo punto entrano in scena i due personaggi seduti sulle scale di San Biagio che sono rimasti l per tutto il tempo immobili ) ( Uno di loro, Ntogno, volge lentamente lo sguardo intorno e guarda bieco laltro, cio Peppe )
Ntogno
fattu ven ecco ?
: -A, tu che ci fa sso ? S scalini so li mi, chi te ci : ( Si gira verso di lui con il cipiglio ) Veramente me
Peppe
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: -A, modera le parole, eh ! Che te faccio zomp li : Snti, snti, arrivatu spaccamontagne, Kinge Konge. : - Kinge Konge a me ? Arecordate che Zi prete ha dittu : ( se lo gurda ben bene, poi, spalancando gli occhi, : ( guardandolo bene a fondo ) - e tu non s Peppe ? !
che ci pozzo st pure io a ghiede li sordi, vabb ! ? San Biaciu accetta tutti !
Peppe Ntogno
eh ?
: - E chi te sta a rconosce sos conciatu ? : - Eh, pure io Pe, che ci vo fa, come ci smo aredutti : - Amicu mu, la vita fatta a scali, chi le scgne e chi le : - Eh, ma non me laspetta de scegne propriu ghi, : ( curioso ) Nt, ma tu non ciav na vta nofficina ? : ( sorride amaramente ) - Na vta, si dittu b, na : ( sorride ) Bravu, bravu ! Mo per non ci sta pi so : - So capitu tuttu Pe, perch la stessa cosa m toccata
Peppe
sale.
Ntogno
a me. So dovutu ghiude li battenti e anduvina pe colpa de chi ? De mogghioma, che la pozzanuamma ( si ferma e piange ) mh mannatu a tarabball. E mo la pelliccia, mo lu brilloccu, mo la casa allu mare, la casa nmontagna, la settimana bianca, la palestra, la crocira, mh fattu aretrov senza nsrdo ( piange )
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Peppe
Alla fine sera messa ncapu de fasse la plastica allu muccu ma io ci so dittu V qua che te la faccio io la plastica co na scazzottata alle canasse ( piange ) Come me so areduttu !
Ntogno
fortuna a nui, ci penza San Biaciu se nci fusse issu Peppe : - Zittu Nto, trate l che stannu a esc do signorne dalla cchiesa ( i due si separano )
Ntogno Peppe
FAME )
: - Fate la carit a nporu ciorcionatu : ( espone solo un cartello grande su cui scritto : HO
( Le due signore, non degnandoli neppure di uno sguardo, mettono una mano al portafoglio e gettano rispettivamente alluno e allaltro alcune monetine )
Peppe
mogghiota ?
: ( meravigliato ) - A Nto, ma ma quella non : ( facendo segno di s ) - A Pe, e quella non : - Sccc ! Zittu, Nto, nte fa sent, sinn ci levanu pure sti :- Schh Zittu : ( rivolgendosi verso il portone della chiesa e facendosi
Ntogno
mogghiota ta !!?
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