All’alba, Marco attraversa il confine sotto gli occhi disattenti e
arrossati dal sonno di alcuni militari intirizziti dal freddo. Una spruzzata di neve fresca ha imbiancato le strade e coperto le fronde più alte degli alberi. Nella semioscurità, un piccolo albero di Natale posto all'esterno della casermetta, rischiara ad intermittenza l’asfalto proiettandovi la sua sagoma grigia. Sulla cima una stella cometa porta l'augurio di un buon 1983. Il Natale appena trascorso ha lasciato in lui come sempre, l’amaro in bocca. Gli uffici, come di consueto, si erano riempiti dapprima di brindisi e risate buoni soltanto a nascondere rancori e invidie per lasciare poi il posto ad un vuoto incolmabile. Così aveva preso la decisione: un week end lontano da casa avrebbe rimesso le cose al loro posto. C’erano degli alberghi a Budapest, così gli avevano raccontato, dove per una cena e un paio di collant potevi portarti in camera senza problemi, giovani ragazze. La strada ora attraversa boschi di pini odorosi aprendosi di tanto in tanto in larghi spazi erbosi chiazzati di bianco. Soltanto poche case isolate interrompono la vista del l’orizzonte. La desolazione del paesaggio gli fa correre un brivido lungo la schiena. Al confine ungherese un militare lo invita ad accostare la macchina e a mostrargli il passaporto. Lo fa accomodare nell'ufficio per compilare il modulo per il visto d'entrata. Due scrivanie quasi vuote illuminate da una luce giallastra sono tutto l'arredamento della stanza. Nel vuoto risuona l'eco delle sue suole sul pavimento. Completato il modulo, il militare indica con un gesto il bar difronte. Ci sarà da aspettare un po', questo è quanto intuisce Marco da come si stanno mettendo le cose. Entra nel bar e ordina uno Slivovize. Lo butta giù d'un fiato. Una vampata di calore lo investe come una tempesta mentre sente il liquido bruciargli la gola. Nel bar, il fumo è talmente denso che si può tagliare col coltello. Qualche minuto più tardi ecco di nuovo il militare comparirgli alle spalle. Richiama la sua attenzione e gli porge il passaporto con il visto bene in mostra. Mentre Marco ripone il documento, il funzionario imita il gesto di fumare e Marco estrae dalla tasca della giacca due pacchetti di marlboro. Si rimette in macchina, consulta la cartina stradale e capisce che Budapest è ancora lontana. Così individua un posto non lontano per passare la notte sul Balaton. Rimette in moto e dopo un paio d'ore ferma l'auto davanti a un alberghetto sulle sponde del lago. Il villaggio è semideserto, raccolto attorno alle sponde del lago, sonnolento e malinconico come lo sono le stazioni balneari fuori stagione. Prende una stanza e segue il fattorino con la valigia. Sulla porta prima di congedarsi il ragazzo senza mezzi termini fa capire che è in grado di procurargli una ragazza per la notte. Marco rifiuta gentilmente e richiude la porta dietro di sé. Una doccia lo rimette di buon umore e quasi si pente di non aver accettato l'offerta del fattorino. Scende al bar dell’albergo per un aperitivo e per farsi consigliare un buon ristorante in città. Ci sono soltanto due donne sedute sugli scranni del locale: la prima, quella più vicina a lui, lo saluta cordialmente alzando il bicchiere pieno; stringe in modo volgare tra le labbra una sigaretta facendosi avvolgere dal colore violetto del fumo. Pochi minuti, e un uomo le si avvicina, le sussurra qualcosa all’orecchio sorridendo, l'aiuta a vestirsi ed escono insieme. Dev'essere così che si fa. Basta avvicinarsi alla ragazza prescelta e invitarla ad uscire. Adesso al banco è rimasta la seconda ragazza. Lei lo guarda con insistenza, sorseggia qualcosa dal bicchiere e ammicca. Marco nonostante l'imbarazzo, prende il suo drink e come in un film in bianco e nero va incontro alla ragazza che, sicura del fatto suo lo accoglie con un sorriso. Cominciano a parlare sottovoce; il barista non li nota neppure. Mirna, così si chiama, ha una voce sensuale, più che parlare sembra sussurrare le cose. Può avere sì e no ventanni. Ordinano un altro drink, l'alcol si sa scioglie la lingua. Marco dice qualche sciocchezza. Mirna ride, si aggiusta i capelli e si lascia baciare. Escono dall'albergo e dopo una breve corsa in macchina arrivano a un ristorante che la ragazza conosce bene. Sono seduti uno di fronte all'altro. Il cameriere versa il vino con fare sapiente e attende il responso. Per quanto si sforzi, Marco non riesce a distogliere lo sguardo dalla generosa scollatura del vestito. Distrattamente infila in bocca il cibo senza nemmeno sentirne il sapore lasciandosi cullare dalla voce di Mirna. Per la ragazza, lui è soltanto uno dei tanti stranieri che sbarcano nel suo paese per i fine settimana, con lo sguardo assente, puliti e gentili per etichetta, ma con le tasche piene di soldi da spendere in sesso e casinò. Mirna in un attimo intuisce la poca dimestichezza che Marco ha in queste situazioni e sa che non ci metterà molto a sfilargli un po' di soldi e a lasciarlo a bocca asciutta. Vent'anni sono tanti quando per campare ti esponi col tuo corpo. Marco sembra avvertire un senso di vuoto che lo colpisce improvviso come un fucilata. Vuole chiudere in fretta la serata, infilarsi nel letto con Mirna. Finita la cena risalgono in macchina e in pochi minuti sono già in albergo. Alla reception prende le chiavi della stanza e lascia qualche dollaro di mancia per essere sicuro che nessuno lo disturbi Rigira le chiavi nella toppa e finalmente sono soli. Dal bar si fa arrivare una bottiglia di tokaj, accende la radio e prende dalla valigia i collant. Mirna lo guarda soddisfatta mentre rigira tra le mani le calze, poi le appoggia sul comodino, accende l'abat-jour e con disinvoltura, come fosse una scena ripetuta centinaia di volte, comincia a spogliarsi. Marco butta giù d’un fiato il vino, mette il bicchiere vuoto accanto ai collant, si spoglia e si infila nel letto stringendo a se quel corpo giovane e caldo. Una manciata di minuti appena e quando anche l’ultimo spasimo è finito si ritrovano l’uno accanto all’altro estranei più che mai. Mirna accende una sigaretta mentre Marco si lascia cullare dal torpore che prende il corpo dopo fatto l’amore. Pensa a quello che gli è capitato e alle altre donne che sarebbero venute dopo Mirna una volta arrivato a Budapest. Bussano alla porta, Marco guarda la ragazza che spegne la sigaretta e va ad aprire. Lascia entrare due uomini che si dirigono immediatamente verso il letto. Marco non fa in tempo a capire, il più grosso dei due gli è già vicino, tanto vicino da sentire il suo fiato puzzolente di vodka sul collo. L’uomo gli sferra un pugno nello stomaco che lasciandolo senza fiato, lo fa cadere ai piedi del letto stordito. Un rigagnolo di sangue gli cola dal naso, scivola sul mento e cade sulla moquette blu. Marco si tira su a sedere tamponandosi il naso con il lenzuolo che penzola dal letto, cerca di mettere a fuoco la situazione: non c’e molto da capire in fondo, è caduto in una trappola come un imbecille. Vede il biondo frugare nelle tasche della sua giacca e del cappotto, estrae una manciata di dollari. Li conta rapidamente storcendo il naso, visibilmente deluso. Gli sferra un calcio nello stomaco. “Dove sono altri?” gli chiede eccitato. Marco si preme lo stomaco con entrambe le mani, indica con un cenno della testa la valigia. Il biondo l’apre spargendone con disprezzo il contenuto per tutta la camera. Spuntano da sotto i vestiti una stecca di Marlboro, alcune confezioni di collant e un bel rotolo di dollari. Adesso il biondo sembra soddisfatto. Mentre faticosamente si tira su a sedere, Marco con la vista annebbiata dai colpi ricevuti, intravede l'aggressore sorridere mentre rigira tra le mani un paio di collant. L’altro uomo, si avvicina al letto e bacia Mirna, scoprendole i seni e leccandole i capezzoli mentre lei gli stringe la testa sul petto. Il biondo si siede sulla sedia di fronte a Marco, deciso a gustarsi la scena, mentre il suo amico si cala i pantaloni e rozzamente si butta su Mirna. Marco fissa l’attenzione sul cigolare del letto, regolare e monotono ma violento. Cerca di alzarsi ma un altro calcio lo rimette seduto. Poi i colpi si moltiplicano e Marco non riesce più a contarli. In quello stato d’incoscienza sente il suo corpo ondeggiare al ritmo del cigolio del letto, poi un bicchiere di vino rovesciato sulla testa lo sveglia di colpo. Ha un occhio tumefatto, quasi completamente chiuso tanto è gonfio. Mirna col suo uomo si danno da fare e i colpi diventati ora rapidi e violenti fanno ballare anche l’abat-jour sul comodino che scivola lentamente verso il bordo. Il paralume di tela porta stampate alternativamente una farfalla e un elefante, grottesca combinazione di leggerezza e pesantezza. Marco distoglie il pensiero dal dolore ed esplode in una risata nervosa. Si accorge a malapena che il biondo gli ha infilato la testa nel collant e ha cominciato a stringere. Cerca di liberarsi, comincia a tossire, poi a piangere, respira a fatica e agita le braccia in aria. Sente ancora distintamente i due amanti, il loro respiro corto, rapido e incontrollato. Volge lo sguardo prima alle sue spalle verso il letto poi, nuovamente al comodino. Attraverso la sottile rete dei collant intravede l'abat-jour scivolare dal bordo e cadere a terra lentamente come al rallentatore. Sente distintamente la lampadina infrangersi sul pavimento, poi il buio copre ogni cosa.