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[Marco Fossati, in La citt delluomo. Storia e idee, B. Mondadori, Milano 1998, Vol. II]
"Dove vi la societ, l vi il Diritto" (Ubi societas, ibi ius), dicevano gli antichi sottolineando cos la connessione necessaria fra un gruppo di individui che stabiliscono relazioni reciproche (la societ) e un sistema di regole che ne disciplinano i rapporti (il Diritto). Il carattere di tali regole pu variare anche molto, secondo il tipo di societ di cui esse sono espressione, ma la loro funzione resta in ogni caso quella di stabilire dei diritti (e dei doveri) che dovranno essere rispettati da tutti. Dagli antichi imperi basati sul lavoro degli schiavi, al mondo feudale dei cavalieri e dei servi della gleba, fino alla nascita degli Stati moderni in cui si rafforzata e imposta la borghesia, la storia ci presenta differenti tipi di societ in ciascuna delle quali certi diritti sono stati riconosciuti e altri sono rimasti ignorati. Dobbiamo dunque distinguere fra il Diritto, di cui parlavamo all'inizio, e i diritti che si sono affermati nel corso della storia. In una prima approssimazione si pu dire che, se il Diritto l'insieme delle regole che rendono possibile la coesistenza fra le persone, i diritti sono gli interessi che vengono protetti da tali regole. Ne deriva cos, se si passa il bisticcio di parole, che sono riconosciuti come diritti solo quegli interessi che vengono accolti nel Diritto. Si vede subito allora che il riconoscimento dei diritti non una condizione data in partenza, n acquisita una volta per tutte, ma il risultato di un processo, tuttora in corso e suscettibile di arresti e di arretramenti.
"Non molto tempo fa un intervistatore, dopo una lunga conversazione sui caratteri del nostro tempo che destano una viva preoccupazione per l'avvenire dell'umanit, [...] mi chiese alla fine se fra tante prevedibili cause di sventura vedevo qualche segno positivo. Risposi che, s, ne vedevo almeno uno: la crescente importanza data nei dibattiti internazionali, tra uomini di cultura e politici, in convegni di studio e in conferenze di governi, al problema del riconoscimento dei diritti dell'uomo." (N.Bobbio, L'et dei diritti, p.45)
Cos scriveva qualche anno fa il filosofo Norberto Bobbio che si dichiarava in tal modo d'accordo con quanti ritengono che l'ampliamento dei diritti umani sia l'unico criterio sicuro per valutare se esista un effettivo progresso dell'umanit. Ma che cosa si intende per diritti dell'uomo? Di essi si comincia apertamente a parlare alla fine del Settecento quando vengono compresi nelle dichiarazioni programmatiche delle due rivoluzioni che segnano la storia di quel secolo: quella americana e quella francese.
Nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America, approvata il 4 luglio 1776, si legge:
"Reputiamo di per s evidentissime le seguenti verit: che tutti gli uomini sono stati creati uguali; che il Creatore li ha investiti di certi diritti inalienabili; che tra questi sono la vita, la libert e la ricerca della felicit".
Tredici anni dopo, il 26 agosto 1789, all'inizio della Rivoluzione francese, l'Assemblea Costituente approv solennemente la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino i cui articoli iniziali affermano:
"1) Gli uomini nascono e vivono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull'utilit comune. 2) Il fine di ogni associazione politica la conservazione dei diritti naturali e imperscrittibili dell'uomo. Questi diritti sono: la libert, la propriet, la sicurezza e la resistenza all'oppressione. 3) Il principio di ogni sovranit risiede essenzialmente nella Nazione; nessun corpo, nessun individuo pu esercitare un'autorit che non emani espressamente da essa. 4) La libert consiste nel poter fare tutto ci che non nuoce ad altri. Cos, l'esercizio dei diritti naturali di ciascun individuo non ha altri limiti se non quelli che assicurano agli altri membri della Societ il godimento di questi stessi diritti. Questi limiti non possono essere determinati che dalla legge. 5) La legge ha il diritto di proibire soltanto le azioni nocive alla societ. Tutto ci che non proibito dalla legge non pu essere impedito, e nessuno pu essere costretto a fare ci che essa non ordina."
Dunque, secondo le dichiarazioni che abbiamo appena letto, i diritti umani sono anche diritti naturali e di questi dobbiamo ora occuparci per capire che cosa sono e come si sono affermati.
"Per bene intendere il potere politico e derivarlo dalla sua origine, si deve considerare in quale stato si trovino naturalmente tutti gli uomini, e questo uno stato di perfetta libert di regolare le proprie azioni e disporre dei propri possessi e delle proprie persone come si crede meglio entro i limiti della legge di natura, senza chiedere il permesso o dipendere dalla volont di nessun altro". (J.Locke, Secondo trattato sul governo, II,4)
L'origine del potere politico non deve quindi essere cercata nella religione, su cui non vi un accordo universale, ma nello stato di natura, cio nella condizione in cui l'uomo viveva prima della nascita della societ. Bisogna ricostruire quello stato originario e
individuare le leggi che naturalmente vi operavano perch su di esse soltanto potranno essere legittimamente modellate le norme che devono regolare la vita della moderna societ. D'accordo su questi presupposti, i giusnaturalisti si dividono poi sul modo in cui si deve interpretare lo stato di natura e quindi sul modello di societ che da esso bisogna dedurne. Tutti per si trovavano uniti nel mettere al centro della loro riflessione l'individuo e i suoi diritti. In proposito osserva Norberto Bobbio:
"Concezione individualistica significa che prima viene l'individuo, si badi, l'individuo singolo, che ha valore di per se stesso, e poi viene lo Stato e non viceversa, che lo Stato fatto per l'individuo e non l'individuo per lo Stato, anzi, per citare il famoso articolo 2 della Dichiarazione dell'89, la conservazione dei diritti naturali e imperscrittibili dell'uomo 'lo scopo di ogni associazione politica'. In questa inversione del rapporto tradizionale fra individuo e Stato viene invertito anche il rapporto tradizionale fra diritto e dovere. Nei riguardi degli individui vengono d'ora innanzi prima i diritti e poi i doveri; nei riguardi dello Stato prima i doveri e poi i diritti". (N.Bobbio, L'et dei diritti, p.59)
"Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libert enunciate nella presente Dichiarazione, senza alcuna distinzione per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di condizione. Nessuna distinzione sar inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale paese o territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranit".
E' particolarmente importante il punto in cui si afferma che, riguardo alla validit della Dichiarazione, "nessuna distinzione" sar fatta per alcun paese quale che sia la sua situazione politica interna o internazionale. Dal momento in cui la Dichiarazione viene approvata dall'Assemblea dell'ONU la violazione di un diritto umano, in qualunque paese si verifichi, anche quando non possa essere impedita, non pu in alcun modo essere considerata un fatto interno a quel dato paese, ma riguarda tutta la comunit internazionale che si sente colpita in un suo diritto fondamentale. Facciamo un esempio per chiarire questo punto importante: ogni Stato pu agire come crede meglio per difendere il suo ordine interno e combattere la criminalit; le sue azioni possono ovviamente essere discusse, approvate o criticate, da chiunque, ma rimangono una prerogativa di quello Stato. Se per fra queste azioni venisse inserito l'uso della tortura per far confessare le persone sospettate di delitti, questa sarebbe considerata una violazione dei diritti umani contro la quale la comunit internazionale si sentirebbe autorizzata a intervenire con i mezzi in suo possesso. Si potrebbe a questo punto osservare che queste considerazioni non impediscono ancor oggi la pratica della tortura in molte parti del mondo, ma gi un importante passo avanti che questa pratica debba essere nascosta e dissimulata e che nessuno la possa rivendicare come lecita. Una cosa infatti violare un diritto, un'altra non riconoscerlo come tale. Nel primo caso
si agisce come il criminale, che pu anche sfuggire ai rigori della legge ma che si mette con il suo gesto al di fuori della comunit civile e contro di essa; nel secondo caso invece l'atto che viene compiuto non considerato un delitto e il suo autore pu agire alla luce del sole e cercare il consenso dell'opinione pubblica.
"Vi sono 144 usanze in Francia, che hanno valore di legge; queste leggi sono quasi tutte diverse. Un viaggiatore in questo paese, cambia leggi quasi tante volte quante cambia i cavalli di posta. Infine, al giorno d'oggi, la giurisprudenza si tanto perfezionata, che non vi usanza che non abbia diversi commentatori, e tutti, inutile dirlo, di avviso differente". (Voltaire, Coutume, Dizionario filosofico)
Per mettere ordine in quella grande confusione legislativa intervenne la codificazione, cio la redazione dei Codici, che sono le raccolte delle norme giuridiche, ordinate in articoli, relative a una determinata materia. Raccolte di questo genere erano comparse anche nel passato (per esempio il Corpus Iuris Civilis fatto redigere dall'imperatore bizantino Giustiniano nel VI secolo) ma il primo Codice moderno, che poi servito da modello per i successivi, il Codice Napoleonico del 1804. Dall'esistenza dei Codici e dalla garanzia che le leggi in essi raccolte siano fatte rispettare discende il fondamentale principio della certezza del diritto che consiste nel fatto che ogni cittadino si senta tutelato dallo Stato il quale perseguir ogni violazione dei diritti sulla base di norme certe, conosciute in anticipo e di pene stabilite preventivamente e non decise in modo arbitrario (Stato di diritto). Inoltre l'esistenza di un codice di leggi che definiscono con precisione quali siano i comportamenti considerati reati e entro quali limiti debbano essere fissate le pene risulta indispensabile anche per garantire agli imputati il diritto alla difesa (garantismo). Ecco come descrive questo processo il giurista Nicola Matteucci:
"Codificazione voleva dire una razionalizzazione del diritto intesa a ottenere un sistema di norme fra loro coerenti, ancorate a principi generali e basate su concetti razionali, che si riferivano all'azione dell'uomo con comandi e con divieti, dai quali far discendere determinate conseguenze giuridiche. Ne consegue che in questo sistema di norme, chiuso e senza lacune, obiettivo e razionale, lo scienziato, il giudice, l'amministratore potevano operare solo attraverso la logica; la loro era quindi un'attivit tecnica e non politica, cio neutrale, poich solo conoscitiva. Tutto finalizzato, sempre all'individuo che aspira alla certezza e alla stabilit dell'ordinamento giuridico, basato su norme astratte, generali e impersonali, come anche alla neutralit nella sua applicazione". (N.Matteucci, Stato, Enciclopedia del Novecento)
"Non ci sar in America n riposo n tranquillit fino a quando ai neri non saranno stati concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sar sorto il giorno luminoso della giustizia. [...] Non potremo essere soddisfatti finch gli spostamenti sociali davvero permessi ai neri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto pi grande. Non potremo mai essere soddisfatti finch i nostri figli saranno privati della loro identit e derubati della loro dignit da cartelli che dicono: 'Riservato ai bianchi'. Non potremo mai essere soddisfatti finch i neri del Mississippi non potranno votare e i neri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti e non lo saremo finch la giustizia non scorrer come l'acqua e il diritto come un fiume possente. [...] E perci, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperit di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E' un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si lever in piedi e vivr fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verit, che tutti gli uomini sono creati uguali". (M.L.King, Io ho un sogno, Sei, To, '93, pp.101/103)
Il movimento dei neri americani ottenne una sua vittoria legale nel 1964 con il Civil Rights Act (Atto per i diritti civili) che non solo eliminava le limitazioni per gli afroamericani, ma introduceva anche delle azioni positive per promuovere il loro inserimento nel lavoro e nella scuola attraverso particolari agevolazioni che compensassero lo svantaggio di partenza. Oggi, a pi di trent'anni di distanza, si possono misurare gli importanti progressi che ha fatto la condizione dei neri in America sul piano dei diritti civili e politici mentre rimane assai pi problematica la situazione dei diritti sociali.
In questo senso, per esempio, si parla oggi di diritti delle generazioni future che non devono subire i danni delle nostre scelte distruttive sulle risorse ambientali, di diritti della natura che non deve essere considerata una specie di grande supermercato a disposizione degli uomini ma un tutto integrato, un ecosistema, in cui ciascuna delle componenti, uomini compresi, ha il compito di interagire con le altre garantendo la sopravvivenza dell'insieme. Una interessante articolazione di questa nuova sensibilit ecologica riguarda la diversa considerazione degli animali e dei loro diritti che sta affermandosi da pi parti e da cui discendono le battaglie, anche legislative, che si fanno per abolire o limitare la caccia, la vivisezione, l'allevamento di animali da pelliccia.