Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
24-03-2011
14:54
Pagina 7
Indice
Presentazione
Anna Giannatiempo Quinzio
11
La solitudine dellangelo
Erri De Luca
13
19
31
41
49
67
77
89
99
107
127
139
La madre, il figlio
Una lettura di La cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda
Nicola Baldoni
151
159
169
179
23392_009-029_DeLuca-DeVega:23392_009-029_DeLuca-DeVega
24-03-2011
15:00
Pagina 9
Presentazione
Davar nasce da unaffinit, cresciuta negli anni, fra una insegnante e un gruppo di giovani laureati. La consapevolezza della difficolt di un cammino comune consente tuttavia il rispetto della specificit di ciascuno. Il termine ebraico davar pu significare contemporaneamente parola e cosa, e a questa inscindibile appartenenza vuole ispirarsi la rivista. La parola dovr dare ragione di un contenuto, la forma di unaderenza alla realt. Si privileger soprattutto, sulle orme di autori moderni e contemporanei, lesperienza esistenziale delluomo di oggi cos che il lettore possa non sentirsi estraneo, ma coinvolto egli stesso nei temi che di volta in volta verranno scelti, e in essi ritrovare e ripensare quelle domande radicali che spesso difficile farsi e quelle attese che sempre pi assurdo sperare. I percorsi dei filosofi si incroceranno con quelli di poeti, di scrittori, di artisti, perch la verit trascende ogni appartenenza e tutto pu svelarne un barlume, indicarne una traccia. Il tema prescelto per questo primo numero Solitudini. C una solitudine di fuori e una solitudine di dentro. C una solitudine della vita e una solitudine della morte. C una solitudine di chi crede e patisce la lontananza e il silenzio del suo Dio e una solitudine di chi non crede, perch nessuno cos solo scrive Jean Paul come colui che nega Dio. C una solitudine di Dio che, narra un midrash, nella solitudine delle dimore interne prega e piange lacrime dolorose sul mistero intimo dei suoi fallimenti. C una solitudine benefica che diventa ricchezza e, secondo gli antichi, incremento dellio in se stesso; infatti, ogni pensiero profondo, cos come ogni vera opera darte, nasce da unindicibile solitudine. E c una solitudine desolata che diventa un abisso, una tenebra reale, che si erge come un muro impenetrabile, dissolve ogni rapporto, spinge alla soglia della disperazione e del nulla: la solitudine di Ivan Ilijc, di cui parla Tolstoj. soprattutto questultima solitudine che Solitudini tenter di esplorare, proprio perch nel molteplice ramificarsi delle sue forme la pi vicina al vissuto della nostra sofferta esperienza quotidiana. Il secondo numero sar dedicato ai fragili e illusori Paradisi inventati dalla modernit, una forma di apocalisse laica, unapocalisse senza apocalisse come afferma Derrida, che ha preso il posto di quel paradiso rivelato in cui luomo per secoli ha avuto fede. Un paradiso che da paese della speranza diventato paese del rimpianto e della nostalgia. Un rimpianto e una nostalgia che si nutrono del vuoto e dellassenza e che rimandano a quel pensiero abissale dellimpotenza reciproca di Dio e delluomo. Ma nonostante questa presa di coscienza luomo moderno ha continuato a sognare lesistenza di una felicit definitiva o anche solo, come dice Kafka, a invocarne il sogno.
Anna Giannatiempo Quinzio
23392_009-029_DeLuca-DeVega:23392_009-029_DeLuca-DeVega
24-03-2011
15:00
Pagina 10
DeLuc
23392_009-029_DeLuca-DeVega:23392_009-029_DeLuca-DeVega
24-03-2011
15:00
Pagina 11
La solitudine dellangelo
Erri De Luca
ca
Chiuso dentro una sagoma duomo savvi allincontro. Vide Agar legiziana alloasi, espulsa dalle tende di Abramo, incinta di lui. Piangeva di collera, umiliata da Sara. Lui era vuoto, unanfora di fiato ricoperta dal provvisorio imballaggio di uno scheletro. Non cos per tutti? Non cos per lui che abita il nostro formato dossa e unghie, che indossa il nostro calcare per recapitare un telegramma. Lui langelo il pi solo tra gli esseri della scrittura sacra. Appare e subito decade, la sua durata brace. Non sa che farsene dei sensi, non sa indossare un corpo. burattino agitato dallalto. Non cos per tutti? Non cos per lui che puro vuoto, meno di un gas di Ramsay, il sole lattraversa senza lasciare spettro. Tu sei El che mi vede, questo gli dice Agar. Tu sei porzione di Elohm perch sei l a guardarmi. Senza di me non avresti corpo, tu sei colui che sta vedendo me, questa la tua porzione, per la quale avrai ricordo in un rotolo di pergamena. Agar non voleva offenderlo, anzi onorarlo con il suo stupore. Era per straniera, parlava lebraico appreso al servizio di Abramo, una lingua adatta al governo del bestiame e ad obbedire a Dio. La comparsa dellangelo davanti alla sua pena le abbrevi lebraico, la spinse in una formula. Agar voleva dire: Possibile che tu El stia qui a vedere me? Le usc invece il dispositivo di una sentenza: Tu sei El che mi vede, esisti per apparirmi innanzi, perch mi scruti e non riesci a distoglierti. Succede di fraintendersi col cielo. Agar gli ricord che lui era in affitto, un vecchio frac noleggiato per una cerimonia. Allangelo il corpo divent pesante, gli pass un freddo di malaria nel mezzogiorno ardente delloasi. questo essere un uomo? Stare nel campo di occhi di una donna, impigliarsi nella sua voce? Il corpo gli si strinse intorno, e langelo dimentic luscita. Piantato al suolo, privo di ritorno, se ne and al deserto assaggiando per la prima volta la frusta della polvere negli occhi, la perfezione di appoggio del piede sulla pietra.
Marzo 2002
11