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AMPHITRUO

L'Anfitrione (Amphitruo) è una commedia, scritta dall'autore latino Plauto  verso la metà del III


secolo a.C.. L'opera trae il titolo da uno dei protagonisti, il comandante dell'esercito
tebano Anfitrione. Nei testi manoscritti di cui si dispone, l'Amphitruo si apre con due argomenti di
mano non plautina, ma aggiunti all'opera successivamente alla morte dello stesso Plauto. Essi
riassumono in breve il contenuto dell'intera rappresentazione evidenziandone gli antefatti, lo
svolgimento e l'epilogo; il secondo argomento si presenta sotto la caratteristica forma
dell'acrostico, presente anche negli argomenti di altre opere plautine:  Giove, preso d'amore per
Alcmena, ha assunto le sembianze del marito di lei, Anfitrione, mentre costui combatte contro i
nemici della patria. Gli dà manforte Mercurio, travestito da Sosia; egli si prende gioco, al loro
ritorno, del servo e del padrone. Anfitrione fa una scenata alla moglie; e i due rivali si danno l'un
l'altro dell'adultero. Blefarone preso come arbitro, non può decidere quale dei due sia Anfitrione.
Poi si scopre tutto; Alcmena dà alla luce due gemelli.l’opera è divisa in 5 atti e un prologo. Nel
primo atto vediamo Mercurio nei panni di Sosia che sorveglia la casa di Anfitrione, intanto Giove
consuma il suo amore per Alcmena, anche la notte viene allungata per permettere al dio di giacere
di più con la donna. Intanto Anfitrione è appena sbarcato dopo la vittoriosa spedizione contro i
barbari, Sosia sta correndo a raccontare ad Alcmena del comportamento valoroso del suo
padrone.(I) Sosia giunge davanti al palazzo di Anfitrione, ma Mercurio minaccioso gli impedisce di
entrare, i due passano da elaborate minacce alle mani e il dio prevale nettamente sulla codardia
del servo. Alla fine Mercurio convince Sosia, con l'aiuto della violenza, che lui è il vero Sosia ed il
povero servo se ne torna confuso da Anfitrione. Giove esce e saluta Alcmena dicendo che deve
tornare alla guida delle sue truppe.(II) Anfitrione e Sosia si dirigono velocemente a palazzo e si
stupiscono della fredda accoglienza di Alcmena, la quale sostiene di esser stata col marito fino a
poco prima e difende la sua onestà. Il condottiero la accusa di adulterio e invoca la presenza di
Naucrate, cugino di sua moglie, a testimoniare come lui non si sia mosso dal suo accampamento
per raggiungere la moglie fino a quella mattina. Quindi se ne va, seguito poco dopo da Sosia,
cacciato in malo modo da Alcmena.(III) Alcmena minaccia di andarsene, mentre sopraggiunge
Giove a scusarsi per il trattamento che Anfitrione le ha rivolto poco prima. Arriva anche Sosia a
constatare che la pace è fatta tra moglie e marito. Sul finire dell'atto, in un monologo, Mercurio si
vanta dell'intrigo teso ai mortali e il discorso assume anche una funzione chiarificatrice
dell'andamento dei fatti per il pubblico, visto che la situazione si era parecchio ingarbugliata.(IV)
Anfitrione, che non è riuscito a trovare Naucrate, torna a palazzo, ma viene malamente accolto da
Mercurio/Sosia che finge di non riconoscerlo e lo accusa di essere un impostore: il vero Anfitrione,
in quel momento, sarebbe in casa con Alcmena e qui il testo si interrompe. Dai frammenti
tramandatici dai grammatici si deduce comunque l'andamento della vicenda: l'alterco tra Mercurio
e Anfitrione continua; Alcmena esce da palazzo, ma viene insultata da Anfitrione, e torna dentro
sdegnata. Anfitrione trova il suo pilota Blefarone e lo usa come testimone della sua assenza da
casa. Giove e Anfitrione si incontrano e vengono alle mani, Blefarone sbaglia nel riconoscere chi
sia il vero Anfitrione. A questo punto si interrompe la lacuna e riprende il testo: Blefarone parte
lasciando uno scoraggiato Anfitrione. Giove rientra in casa: Alcmena sta partorendo.(V) Dalla casa
esce Bromia che annuncia ad Anfitrione un prodigio: mentre Alcmena stava partorendo è
scoppiato un tuono e la casa si è riempita di riflessi d'oro. La donna ha dato alla luce due gemelli: il
più giovane (Ercole) ha subito mostrato la sua forza strozzando due serpenti che (inviati da
Giunone, gelosa per l'ennesima scappatella del marito) erano strisciati dal soffitto alla sua culla.
Anfitrione si dice non disturbato di dover dividere i suoi beni con il padre degli dei che, alla fine,
interviene come deus ex machina, chiedendo al tebano di perdonare sua moglie, la quale ha agito
in perfetta buona fede, credendo di cedere alla corte del proprio marito. Anfitrione acconsente ed
invita il pubblico all'applauso.

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