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Chiara Guella

matr. 3707018

Media e processi sociali


Anno Accademico 2007-2008

FACEBOOK,
GENERAZIONI E
CONSUMI

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Introduzione

Lo scopo di questo elaborato è analizzare brevemente due casi del fenomeno


che è Facebook, il social network la cui diffusione, già enorme, continua ad
aumentare inarrestabile: i gruppi generazionali e i “Pick your five” legati ai
consumi culturali e materiali. Dopo una breve introduzione storica sulla nascita
del social network, sulla sua evoluzione e sulla sua diffusione, verranno
analizzati questi due fenomeni, in relazione alle nozioni sociologiche di
generazione di Mannheim, Corsten, Edmunds e Turner e a quelle relative ai
consumi di Silverstone, Bourdieu, Douglas e Isherwood.

Facebook: un po’ di storia

Facebook è un popolare sito di social network ad accesso gratuito, fondato nel


febbraio 2004 dall’allora diciannovenne Mark Zuckerberg con l’aiuto di Andrew
McCollum e Eduardo Savarin, nel periodo in cui i tre ragazzi erano iscritti
all’università di Harvard. Il servizio (originariamente chiamato TheFaceBook)
deve il suo nome agli annuari (in inglese appunto “facebook”, letteralmente
“libro di facce”, in quanto consistono in un elenco di fotografie e nomi) che
alcuni college e scuole preparatorie statunitensi pubblicano all'inizio dell'anno
accademico e distribuiscono ai nuovi studenti ed al personale della facoltà
come mezzo per conoscere i membri del campus. Il sito ideato da Zuckerberg
nasce quindi con l’intento di sfruttare le potenzialità di Internet per permettere
a ex compagni di corso di mantenere i contatti una volta terminato il percorso
universitario. Coadiuvato dai suoi due compagni di stanza, Zuckerberg inizia a
promuovere il suo sito e, meno di un mese dopo la data di fondazione, più della
metà della popolazione universitaria di Harvard è registrata al servizio.
Da questo momento in poi, il successo di Facebook cresce in modo sempre più
dirompente: entro l’aprile 2004, a soli due mesi dalla sua fondazione, l’uso del
network viene esteso all'Università di Stanford, alla Columbia University e
all'Università Yale per poi includere anche il resto della Ivy League, il MIT,
l'Università di Boston e il College di Boston.
Il dominio attuale, www.facebook.com viene registrato soltanto in seguito,
nell’estate del 2005: molte singole università vengono aggiunte in rapida
successione nell’anno seguente. Progressivamente acquisiscono i requisiti per
parteciparvi tutte le persone con un indirizzo di posta elettronica con dominio
universitario (per esempio .edu, .ac, .uk, ed altri) da istituzioni di tutto il
mondo. Il 27 febbraio 2006, l’accesso a Facebook viene esteso anche alle
scuole superiori e alle grandi aziende. Infine, dall'11 settembre 2006, chiunque
abbia più di tredici anni può parteciparvi: gli utenti possono fare parte di una o
più reti partecipanti, come la scuola superiore o l’università frequentata, il
luogo di lavoro o la regione geografica. Lo scopo di Facebook, quindi, a questo
punto è cambiato: dal proposito iniziale, quello di porsi come strumento per
coadiuvare il mantenimento dei contatti tra studenti di università e licei di tutto
il mondo, Facebook è ora diventata una rete sociale che abbraccia
trasversalmente tutti gli utenti di internet.
In Italia, le iscrizioni a Facebook hanno conosciuto un vero e proprio boom nel
2008: nel mese di agosto si sono registrate oltre un milione e trecentomila
visite, con un incremento rispetto all’anno precedente del 961%, e nell’ultimo
trimestre

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dell’anno l'Italia è arrivata in testa alla lista dei paesi con il maggiore
incremento del numero di utenti (+135%).

Facebook oggi

Oggi, quindi, il motivo principale che spinge gli utenti ad usufruire dei servizi
gratuiti offerti da Facebook è cambiato: una persona non si iscrive più a questo
social network solamente per ritrovare vecchi compagni di studi o colleghi di
lavoro, ma per creare una rete visiva di tutte le sue conoscenze, che
comprende anche quelle con cui ha rapporti diretti giornalmente. Questa rete
di contatti viene creata anche, e forse soprattutto, per essere mostrata agli
altri: una vera e propria ostentazione di quello che Pierre Bourdieu chiamava
capitale sociale che, unito al capitale economico e al capitale culturale,
definisce la posizione nello spazio sociale di un individuo. E’ infatti ben chiaro a
qualunque utente, anche inesperto, che spesso il numero degli “amici”, cioè
dei contatti che ogni utente ha su Facebook, è spesso totalmente irreale:
nell’articolo Primates on Facebook, pubblicato on-line dalla rivista britannica
The Economist nel febbraio 2009, il sociologo Cameron Marlow ha calcolato che
il numero medio di amici per utente è centoventi. Anche se questo dato è
compatibile con il limite cognitivo del numero di persone con le quali un
soggetto può coltivare e mantenere stabile un rapporto sociale (numero di
Dunbar, che indica un massimo di centocinquanta relazioni sociali), bisogna
tenere conto che la media è ricavata da utenti con pochi o addirittura nessun
contatto (profili abbandonati) e, all’estremo opposto, utenti che hanno
trecento, cinquecento, o anche migliaia di “amici”. Se questo non bastasse,
Marlow ha anche calcolato che, in media, gli uomini rispondono solo a sette dei
loro amici con commenti alle foto o messaggi in bacheca, mentre le donne
rispondono con messaggi a dieci dei loro amici. Quando si parla di
comunicazione a due sensi, come la chat o le e-mail, gli uomini socializzano
soltanto con quattro amici, mentre le donne con sei. Esiste quindi uno scarto
ragguardevole tra il numero totale dei contatti e l'effettiva interazione con essi:
questi dati sembrano quindi confermare il modo in cui Facebook risponda
perfettamente al desiderio molto umano di mostrarsi agli altri, di rendersi
“socialmente attraenti” mostrandosi ricercati, esuberanti, colti o qualunque
cosa si voglia a seconda dei desideri personali, più che ad un’effettiva brama
comunicativa. A questo proposito, Facebook permette infatti di condividere con
i propri contatti anche brevi commenti sul proprio stato d’animo, espressioni di
preferenze su fatti, eventi o prodotti, video e fotografie (per dare un’idea della
mole, solo negli Stati Uniti vengono caricate settimanalmente oltre 60 milioni di
foto). Non solo. E’ anche possibile diventare membri di gruppi riguardanti gli
argomenti più vari: politica (ad esempio contro o a favore di un certo
personaggio o schieramento politico), solidarietà (ad esempio i gruppi di
sostegno morale alle vittime del recente terremoto a L’Aquila), sport, musica,
ma anche più divertenti, scanzonati e decisamente nonsense (“Quelli che sulle
porte, alla scritta ‘tirare’, spingono!”, “Quelli che mentre studiano
all’improvviso fissano un punto nel vuoto per ore” e così via). Ormai questi
gruppi proliferano numerosissimi: non per niente esiste anche il gruppo “Quelli
che...’vorrei creare un gruppo su....’ ‘ma c'è già!’"! E’ anche questo un modo
per mostrare agli altri i propri interessi, i propri gusti e le proprie propensioni,
perché in realtà solo una netta minoranza degli utenti iscritti poi effettivamente

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interagisce scrivendo sulla bacheca o sul forum del gruppo, ma comunque
l’adesione viene segnalata a tutti i propri contatti.

I gruppi generazionali

Tra i molteplici gruppi che proliferano su Facebook non potevano mancare


quelli dedicati ai gruppi a cui tutti, in un modo o nell’altro, fanno parte: i gruppi
generazionali. Facebook ne propone moltissimi, alcuni addirittura dedicati ad
un anno specifico di nascita (ad esempio il gruppo “Nati nel 1987…”, che conta
ben 10712 iscritti): il fine di questo ultimo genere di gruppi è comunque
perlopiù un interesse statistico, ipoteticamente per arrivare a contare quanti
utenti di facebook (presumibilmente italiani) siano nati proprio in quell’anno
(infatti nella presentazione di molti gruppi di questo tipo campeggia la scritta
“vediamo quanti siamo!” o simili).
Più interessanti sono però i gruppi generazionali in senso stretto, quelli che si
riferiscono ad una certa coorte di individui nati in uno stesso periodo e
accomunata, secondo la definizione sociologica data da Mannheim nel suo
saggio Il problema delle generazioni (1923), da una partecipazione ai destini
comuni di una certa unità storico-sociale (legame di generazione), in virtù del
fatto di essere nati nello stesso periodo (collocazione di generazione): i membri
di una stessa generazione hanno quindi fatto le stesse esperienze, conosciuto
gli stessi eventi storici, politici e culturali, condiviso un certo insieme di valori e
avuto un percorso di educazione simile. Secondo l’estensione della definizione
del concetto di generazione data da Corsten (The Time of Generations, 1999), i
membri di una stessa generazione sono, in funzione della loro collocazione e
del loro legame di generazione, in grado di “dire noi”, condividendo quello che
lo studioso chiama we-sense: non hanno solo qualcosa in comune, ma anche
un senso comune circa il fatto di avere qualcosa in comune. Questa peculiarità
implica che i membri di una generazione sappiano riconoscersi almeno
teoricamente come gruppo, e che siano quindi in grado di differenziarsi e
prendere le distanze da altri gruppi generazionali.
In certi dei gruppi generazionali di Facebook tutto quanto detto fino ad ora è
evidentissimo, dato che alcuni propongono brevi missive che riportano tutto ciò
che una generazione ha condiviso e in cui può ritrovarsi. Gli esempi potrebbero
essere moltissimi, vediamo solo quelli più significativi:

● Gruppo: “NOI CHE SIAM NATI NEGLI ANNI ’60”

Noi che la penitenza era 'dire fare baciare lettera testamento'.


Noi che ci sentivamo ricchi se avevamo 'Parco Della Vittoria e Viale Dei
Giardini'.
Noi che i pattini avevano 4 ruote e si allungavano quando il piede cresceva.
Noi che chi lasciava la scia più lunga nella frenata con la bici era il più figo.
Noi che il Ciao si accendeva pedalando.
Noi che suonavamo al campanello per chiedere se c'era l'amico in casa.
Noi che dopo la prima partita c'era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della
bella.
Noi che giocavamo a nomi, cose, animali, città... (e la città con la D era sempre
Domodossola).

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Noi che ci mancavano sempre quattro figurine per finire l'album Panini.
Noi che avevamo il 'nascondiglio segreto' con il 'passaggio segreto'.
Noi che ci divertivamo anche facendo 'Strega in alto' e 'Strega comanda color.'.
Noi che giocavamo a 'Merda' con le carte.
Noi che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il
nastro con la bic.
Noi che la tv era in bianco e nero.
Noi che avevamo i cartoni animati belli!!!
Noi che guardavamo 'La Casa Nella Prateria' anche se metteva tristezza.
Noi che le barzellette erano Pierino, il fantasma formaggino o un francese, un
tedesco e un italiano.
Noi che ci emozionavamo per un bacio su una guancia.
Noi che si andava in cabina a telefonare.
Noi che c'era la Polaroid e aspettavi che si vedesse la foto.
Noi che non era Natale se alla tv non vedevamo la pubblicità della Coca Cola
con l'albero.
Noi che andavamo a letto dopo carosello.
Noi che se guardavamo tutto il film delle 20:30 eravamo andati a dormire
tardissimo.
Noi che suonavamo ai campanelli e poi scappavamo.
Noi che ci sbucciavamo il ginocchio, ci mettevamo il mercuro cromo, e più era
rosso più eri figo.
Noi che nelle foto delle gite (se i genitori ci mandavano) facevamo le corna e
eravamo sempre sorridenti.
Noi che quando a scuola c'era l'ora di ginnastica partivamo da casa in tuta.
Noi che a scuola ci andavamo da soli, e tornavamo da soli.
Noi che la benzina costava 500 lire, la margherita 1000 e il cinema 2000.
Noi che se a scuola la maestra ti dava un ceffone, la mamma te ne dava 3.
Noi che se a scuola la maestra ti metteva una nota sul diario, a casa era il
terrore.
Noi che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google.
Noi che a scuola i prepotenti ci son sempre stati e adesso i media si sono
inventati di chiamarlo "bullismo".
Noi che il 'Disastro di Cernobyl' vuol dire che non potevamo bere il latte alla
mattina.
Noi che si poteva star fuori in bici il pomeriggio.
Noi che si attaccavano le figurine doppie panini sulle ruote della bicicletta a
mo' di motorino.
Noi che se andavi in strada non era così pericoloso.
Noi che ci siamo riempiti le braccia di lividi con le due palline del ClickClack.
Noi che sapevamo che ormai era pronta la cena perché c'era Happy Days.
Noi che il primo novembre era 'Tutti i santi', mica Halloween.
Noi che se la notte ti svegliavi e accendevi la tv vedevi il segnale di
interruzione delle trasmissioni con quel rumore fastidioso.
Noi che abbiamo avuto le tute lucide che facevano troppo figo.
Noi che all'oratorio dove le caramelle costavano 5 lire e i ghiaccioli 40.
Noi che la Ferrari era Alboreto, la Mc Laren Prost, la Williams Mansell, la Lotus
Senna e Piquet e la Benetton Nannini e la Tyrrel a 6 ruote!!!!!
Noi che la merenda a scuola era il panino da casa.
Noi che le macchine avevano la targa nera...i numeri bianchi..e poi dopo la
sigla della provincia in arancione!!
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Noi che si andava al mare la domenica con i genitori e il pranzo se lo portavano
da casa.
Noi che guardavamo allucinati il futuro nel Drive In con i paninari.
Noi che col cavolo i genitori venivano a prenderti in discoteca alle tre del
sabato notte.
Noi che al cinema con Grease e la Febbre del sabato sera.
Noi che abbiamo passato belle serate in bagno dopo Colpo Grosso (per
gli ometti!)
Noi che giocavamo col tennis in B/N, space invaders, e il commodore a 64
colori ci sembrava la NASA
Noi che le All Star le compravi al mercato a 10.000 lire e c'erano le Nike Legend
e le Clarck azzurre.
Noi che avere un genitore divorziato era impossibile.
Noi che abbiamo avuto tutti il bomber blu/verde con l'interno arancione e i
miniciccioli nel taschino.
Noi che se eri bocciato in 3° media potevi arrivare con il Fifty o il Cobra
truccato ed eri un figo della Madonna!!!
NOI CHE SIAMO ANCORA QUI E CERTE COSE LE ABBIAMO DIMENTICATE E
SORRIDIAMO QUANDO CE LE RICORDIAMO
NOI CHE SIAMO STATI QUESTE COSE E GLI ALTRI NON SANNO COSA SI SONO
PERSI!!!QUESTA E' LA NOSTRA STORIA......!

● Gruppo: “QUELLI NATI ALLA FINE DEGLI ANNI ’70”

Per tutti coloro che erano piccoli negli anni 70 e ricordano con nostalgia gli anni
80.

Noi che…
Leggevamo il giornalino di Candy Candy e il Corriere dei Piccoli, con Poochie e
la Pimpa.
Andavamo a scuola con l’astuccio e la cartella di cuoio.
Mangiavamo i biscotti di Nonna Papera
Facevamo colazione con Orzo bimbo (e chi dimentica la strega Gramigna e
Bim, Bum, Bam?)
A Natale guardavamo il Flauto a sei puffi
Giocavamo a “Strega comanda color”
Nel sussidiario avevamo la cartina dell’Urss e quella delle due Germanie.
Facevamo con le formine e il pongo i puffi fluorescenti
Per Natale chiedevamo il mini pony o il videogioco di Pacman
Ci alzavamo la mattina e guardavamo il pupazzo Four su rete 4 prima di andare
a scuola
D’estate al mare bevevamo il succo Billy
Cantavamo a squarciagola la sigla di Daitan III
Abbiamo imparato le regole della pallavolo con Mimì Ayuara.
Guardavamo i Robinson e i Ragazzi della 3C
A carnevale ci vestivamo da Zorro e da fata turchina.
Venivamo interrogati persino a catechismo
Ci scambiavamo i vestiti della Barbie
E che…

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cercavamo le figurine speciali di Creamy sotto il tappo dello "Sprint al cacao
magro" della Plasmon
che passavamo i pomeriggi con La casa nella prateria e Happy Days
ridevamo delle disavventure di Dastardly and Muttley nel Wacky Races
collezionavamo le sorprese delle merendine del Mulino Bianco
avevamo il bambolotto Winnitu che faceva la pipì (ipertecnologico per quei
tempi!)
giocavamo agli indiani nelle tende prese con i punti delle merendine Motta
facevamo a gara a chi faceva il pallone più grande con le Big Babol
avevamo solo soldatini verdi Playmobil
ci siamo innamorati guardando il Tempo delle Mele
eravamo piccoli durante la finale di Italia ’82 ma ricordiamo tutto di quella
notte magica (con la gente per strada che faceva la ruota ad ogni goal.)
vestivamo Best Company e Levi’s e con le Converse ai piedi
non perdevamo una partita di Holly e Benji
avevamo l’Hula Hop
imitavamo il corvo Rockefeller del ventriloquo Moreno
ridevamo con i Jefferson e Arnold
passavamo la domenica sera guardando il Drive In
che se non avevamo il berretto e la sciarpa di lana non potevamo uscire (e che
belli erano i paraorecchie che però mamma non ci lasciava mettere perché non
riparavano dal freddo!)
credevamo agli gnomi perché grazie ai cartoni di David Gnomo sapevamo tutto
di loro.
a scuola avevamo la maestra unica che oltre a farci tutte le materie ci
mandava in punizione in piedi dietro la lavagna
andavamo in due sul Ciao preso di nascosto alla mamma o alla sorella
maggiore
scrivevamo la lettera a Babbo Natale e a Gesù bambino, certi che almeno uno
dei due c’avrebbe portato il regalo di Natale
l’unica lingua straniera che studiavamo a scuola era il francese
facevamo i lavoretti col Das in occasione della festa della mamma
abbiamo scioperato contro la guerra del Golfo
ascoltavamo le cassette di Bimbomix col walkman
passavamo ore a cercare di sistemare i colori del cubo magico di Rubik
attaccavamo in camera i poster trovati nel Cioè
guardavamo i cartoni animati degli Snorky (ridateci gli Snorky!!!!!!!!!)

● Gruppo: “QUELLI NATI NEGLI ANNI ’80”

Lo scopo di questa missiva é quello di rendere giustizia a una generazione,


quella di noi nati negli anni '80 (anno più, anno meno), quelli che vedono la
casa acquistata allora dai nostri genitori valere oggi 20 o 30 volte tanto, e che
pagheranno la propria fino ai 50 anni.
Noi non abbiamo fatto la Guerra, né abbiamo visto lo sbarco sulla luna,
non abbiamo vissuto gli anni di piombo, né abbiamo votato il referendum per
l’aborto e la nostra memoria storica comincia coi mondiali di Italia '90.
Per non aver vissuto direttamente il '68 ci dicono che non abbiamo ideali,
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mentre ne sappiamo di politica più di quanto credono e più di quanto sapranno
mai i nostri fratelli minori e discendenti.
Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci sentivamo
dire, e lo sentiamo ancora, che abbiamo avuto tutto, nonostante quelli che
sono venuti dopo di noi sì che hanno avuto tutto e nessuno glielo dice.
Siamo l'ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie,
a saltare la corda, a giocare a lupo, a un-due- tre-stella, e allo stesso tempo i
primi ad aver giocato coi videogiochi, ad essere andati ai parchi di divertimento
o aver visto i cartoni animati a colori.
Abbiamo indossato pantaloni a campana, a sigaretta, a zampa di elefante e con
la cucitura storta; la nostra prima tuta è stata blu con bande bianche sulle
maniche e le nostre prime scarpe da ginnastica di marca le abbiamo avute
dopo i 10 anni.
Andavamo a scuola quando l’1 novembre era il giorno dei Santi e non
Halloween, quando ancora si veniva bocciati, siamo stai gli ultimi a fare la
Maturità e i pionieri del 3+2...
Siamo stati etichettati come Generazione X ed abbiamo dovuto sorbirci Sentieri
e i Visitors, Twin Peaks e Beverly Hills (ti piacquero allora, vai a rivederli
adesso, vedrai che delusione).
Abbiamo pianto per Candy-Candy, ci siamo innamorate dei fratelli di Georgie,
abbiamo riso con Spank, ballato con Heather Parisi, cantato con Cristina
D'Avena e imparato la mitologia greca con Pollon.
Siamo una generazione che ha visto Maradona fare campagne contro la
droga.
Siamo i primi ad essere entrati nel mondo del lavoro come Co.Co.Co. e
quelli per cui non gli costa niente licenziarci.
Ci ricordano sempre fatti accaduti prima che nascessimo, come se non
avessimo vissuto nessun avvenimento storico.
Abbiamo imparato che cos'è il terrorismo, abbiamo visto cadere il muro di
Berlino, e Clinton avere relazioni improprie con la segretaria nella Stanza
Ovale; siamo state le più giovani vittime di Cernobyl;
quelli della nostra generazione l'hanno fatta la guerra (Kosovo, Afghanistan,
Iraq, ecc.); abbiamo gridato NO NATO, fuori le basi dall'Italia, senza sapere
molto bene cosa significasse, per poi capirlo di colpo un 11 di settembre.
Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore prima di chiunque
altro, abbiamo giocato a Pac-Man, odiamo Bill Gates e credevamo che Internet
sarebbe stato un mondo libero.
Siamo la generazione di Bim Bum Bam, di Clementina-e-il-Piccolo-Mugnaio-
Bianco e del Drive-in.
Siamo la generazione che andò al cinema a vedere i film di Bud Spencer e
Terence Hill.
Quelli cresciuti ascoltando gli Europe e Nik Kamen, e gli ultimi a usare dei
gettoni del telefono.
Ci siamo emozionati con Superman, ET o Alla Ricerca dell'Arca Perduta.
Bevevamo il Billy e mangiavamo le Big Babol, ma neanche le Hubba Bubba non
erano male; al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di zucchero
come resto.
Siamo la generazione di Crystal Ball ("con Crystal Ball ci puoi giocare..."), delle
sorprese del Mulino Bianco, dei mattoncini Lego a forma di mattoncino, dei
Puffi, i Volutrons, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l'Incredibile Hulk,
Poochie,
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Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-
Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con
l'ascensore.
La generazione che ancora si chiede se Mila e Shiro alla fine vanno insieme.
L'ultima generazione a vedere il proprio padre caricare il portapacchi della
macchina all'inverosimile per andare in vacanza 15 giorni.
L'ultima generazione degli spinelli...
Guardandoci indietro è difficile credere che siamo ancora vivi: viaggiavamo in
macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag; facevamo
viaggi di 10-12 ore e non soffrivamo di sindrome da classe turista.
Non avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure
a prova di bambino.
Andavamo in bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti.
Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi e il gioco delle penitenze era
bestiale.
Non c'erano i cellulari. Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni, tutti
infilati in una cartella che raramente aveva gli spallacci imbottiti, e tanto meno
le rotelle!
Mangiavamo dolci e bevevamo bibite, ma non eravamo obesi. Al limite uno era
grasso e fine.
Ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere e nessuno si è mai infettato. Ci
trasmettevamo solo i pidocchi a scuola, cosa che le nostre madri sistemavamo
lavandoci la testa con l'aceto.
Non avevamo Playstation, Nintendo 64, videogiochi, 99 canali televisivi, dolby-
surround, cellulari, computer e Internet, però ce la spassavamo tirandoci
gavettoni e rotolandoci per terra tirando su di tutto;
bevevamo l'acqua direttamente dalle fontane dei parchi, acqua non
imbottigliata, che bevono anche i cani!
E le ragazze si intortavano inseguendole per toccar loro il sedere e giocando al
gioco della bottiglia o a quello della verità, non in una chat dicendo :) :D :P
Abbiamo avuto libertà, fallimenti, successi e responsabilità e abbiamo imparato
a crescere con tutto ciò.

Tu sei uno di nostri?


Congratulazioni!

● Gruppo: “PER QUELLI NATI AGLI INIZI DEGLI ANNI ’90”

Noi che...
ci divertivamo anche facendo 'Strega comanda colore' e 'il lupo mangiafrutta'
Noi che...
facevamo 'Palla Avvelenata'.
Noi che...
giocavamo regolarmente a 'Ruba Bandiera' (detto anche 'bandierina').
Noi che...
non ci facevamo mai mancare 'dire fare baciare lettera testamento'.
Noi che...
i pattini avevano 4 ruote e si allungavano quando il piede cresceva.
Noi che...

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quando giocavamo col Lego facevamo anche castelli alti 6 piani che non si
smontavano mai.
Noi che...
chi andava in bici senza mani era il più figo.
Noi che...
anche quelli che impennavano però non se la tiravano poco.
Noi che...
suonavamo al campanello per chiedere se c'era l'amico in casa.
Noi che...
facevamo a gara a chi masticava più big babol contemporaneamente.
Noi che...
avevamo adottato gatti e cani randagi (nei casi peggiori bruchi!) che non ci
hanno mai attaccato nessuna malattia mortale, anche se dopo averli
accarezzati ci mettevamo le dita in bocca.
Noi che...
i termometri li rompevamo, e le palline di mercurio giravano per tutta casa.
Noi che...
dopo la prima partita c'era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della bella.
Noi che...
giocavamo a 'Indovina Chi?' anche se conoscevi tutti i personaggi a memoria.
Noi che...
sul pullman della gita giocavamo a 'nomi cose e città' (e la città con la D era
sempre Domodossola).
Noi che...
con 100 lire ti prendevi una cicca con 500 un pacchetto di figurine dei
calciatori.
Noi che...
le cassette della Disney le abbiamo viste così tante volte che ora a distanza di
anni sappiamo ancora cosa cantavano Robin Hood e Little John.
Noi che...
in TV guardavamo solo i cartoni animati (e abbiamo avuto la fortuna di vedere
la prima serie dei power rangers...l'unica seria!!)
Noi che...
avevamo i cartoni animati belli!!! ma davvero!! quelli di adesso sono così
tristi...(come i bambini che hanno solo quelli da guardare, purtroppo..)
Noi che...
litigavamo su chi fosse più forte tra le tartarughe ninja.
Noi che...
cercavamo di far sorridere i sofficini ma si rompevano sempre in 2.
Noi che...
non avevamo il cellulare per andare a parlare in privato.
Noi che...
i messaggini li scrivevamo su dei pezzetti di carta da passare al compagno a
nostro rischio e pericolo.
Noi che...
si andava in cabina alla fine della scuola per prendere le schede finite.
Noi che...
c'era la macchina fotografica usa e getta e facevi fino a 20 foto!!!
Noi che...
non era Natale se alla tv non vedevamo la pubblicità della Coca Cola o della
Bauli con l'albero decorato annesso.
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Noi che...
le palline di Natale erano di vetro e si rompevano.
Noi che...
se guardavamo tutto il film fino alle 20:30 eravamo andati a dormire
tardissimo!!
Noi che...
guardavamo film dell'orrore anche se si aveva paura (la maggior parte di noi si
ricorda IT, trasmesso su canale5..tutti l'hanno guardato nascosti da qualche
parte!!)
Noi che...
giocavamo a calcio durante l'intervallo con..qualsiasi cosa!
Noi che...
suonavamo ai campanelli e poi scappavamo.
Noi che...
nelle foto delle gite facevamo le corna ed eravamo sempre sorridenti.
Noi che...
il bagno si poteva fare solo dopo 2 ore che avevi finito di mangiare.
Noi che...
a scuola andavamo con cartelle da 2 quintali e senza rotelle.
Noi che...
quando a scuola c'era l'ora di ginnastica partivamo da casa in tuta e con le
scarpette nello zaino.
Noi che...
se a scuola la maestra ti metteva una nota sul diario, a casa era il terrore.
Noi che...
le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google.
Noi che...
internet non esisteva.
Noi che...
la merenda a scuola te la portavi da casa.
Noi che...
si poteva star fuori in bici il pomeriggio.
Noi che...
se andavi in strada non era così pericoloso.
Noi che...
però sapevamo che erano le 4 perché stava per iniziare BIM BUM BAM.
Noi che...
ci manca quel periodo..

Ma che fortuna esserci stati...

● Gruppo: “PER I NATI NEGLI ANNI ’90”

Per tutti coloro che sono cresciuti tra le puntate, le figurine e le carte dei
pokemon,
con Britney Spears e i Backstreet Boys, che troppo spesso hanno rimpiazzato le
Barbie con quelle bambole deformi chiamate Bratz.
Per noi che abbiamo tutti ascoltato un po' di musica dance con Gigi D'Agostino,
Eiffel 65, Robert Miles, Aqua. E per noi che abbiamo avuto tutti (o quasi) il
nostro periodo "punk" grazie a band come Rancid, Green day, Offspring e Blink
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182.
Per le ragazze che sono state fan dei Blue, e che adesso lo sono purtroppo
anche dei Tokyo Hotel.
Per la generazione che è cresciuta troppo in fretta, che è nata con la
tecnologia.
Per coloro che avevano già il cellulare alla fine delle elementari o all'inizio delle
medie e che finiamo una ricarica da 10 euro in tre giorni.
Per noi che abbiamo avuto tutti il Nokia 3310 o 3330.
Per noi che siamo cresciuti con internet e la posta elettronica.
Per la generazione che per prima ha trovato sotto l'albero di Natale Gameboy,
PlayStation, Psp e chi più ne ha più ne metta. Per noi che tutti conosciamo Lara
Croft, Resident Evil e Metal Gear Solid.
Per le ragazze che guardando la televisione vedono che ora cicciobello ha la
bua.
Per quei bambini che guardando la tv sentivano che con l'inizio del nuovo
millennio il mondo sarebbe finito.
Per la generazione di ragazzi che ogni estate rinnovava la sua collezione di
liquidator, con uno nuovo, ad alta potenza, che superava ogni ostacolo, ma che
alla fine veniva sostituita dai bicchieri di plastica.
Per noi che abbiamo sostituito il lettore cd con i lettori mp3 e gli ipod di ultima
generazione, per noi che navighiamo su internet con il cellulare anche in mezzo
allo strada.
Per noi che usiamo sempre termini come "virtuale", "cliccare", "navigare",
"connesso" e "on-line" e che chattare è diventata una cosa quotidiana.
Per la generazione che ha visto scomparire la lira e apparire l'Euro, con
conseguente aumento dei prezzi di qualsiasi cosa.
Per chi si ricorda quando scoppiò il caso della "mucca pazza" e nessuno
mangiava più carne di mucca.
Per coloro che sono passati da Windows 95, 98, 2000 e Xp e che a 10 anni già
scaricava le canzoni da internet.
Per noi che siamo nati insieme a Jurassic Park, Terminator II e che abbiamo
visto milioni di volte cartoni animati come La bella e la Bestia, Aladdin, Il Re
Leone, Pochaontas, Mulan, Red e Toby e Toy Story.. Per noi che abbiamo
dovuto aspettare qualche anno per vedere Titanic, perché era troppo
drammatico per un bambino.
Per noi che siamo passati dai jeans a zampa, a quelli scampanati, a quelli a
sigaretta, dalla vita alta a quella bassa e poi di nuovo alta..
Eccoci :)

E’ possibile evincere da questi esempi che anche in questo caso si tratta di


mostrarsi, di mostrare agli altri la propria appartenenza ad un gruppo
generazionale, ad una coorte di individui che ha sperimentato:
- le stesse esperienze sociali e politiche (es.: “noi che il 'Disastro di
Cernobyl' vuol dire che non potevamo bere il latte alla mattina”, “per chi
si ricorda quando scoppiò il caso della "mucca pazza" e nessuno
mangiava più carne di mucca”, ecc.);
- la stessa educazione (es.: “noi che se a scuola la maestra ti dava un
ceffone, la mamma te ne dava 3”, ecc.);
- le stesse pratiche di consumo materiale e culturale (inutile fare degli
esempi, perché tutte le missive sono composte principalmente da
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riferimenti ai consumi sperimentati nell’infanzia: giochi, cibi, programmi
televisivi, film. In questo ambito è interessante notare come i media
abbiano significato sia per il loro ambito simbolico, e questo è
abbastanza scontato, che per quello materiale: spesso infatti vengono
sottolineate le evoluzioni dell’hardware come, ad esempio, il passaggio
dalla televisione in bianco e nero a quella a colori);
- un certo sistema di valori (es.: “mangiavamo dolci e bevevamo bibite, ma
non eravamo obesi. Al limite uno era grasso e fine”, che denuncia una
chiara intenzione critica verso l’ossessione medica nei confronti dei
bambini o forse verso l’eccessiva attenzione al problema del peso).

L’affermazione di questa condivisione inoltre si accompagna spesso ad una


netta dichiarazione di differenza rispetto a ciò che caratterizza le altre
generazioni. Ne sono esempio frasi come: “per non aver vissuto direttamente il
'68 ci dicono che non abbiamo ideali, mentre ne sappiamo di politica più di
quanto credono e più di quanto sapranno mai i nostri fratelli minori e
discendenti. Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci
sentivamo dire, e lo sentiamo ancora, che abbiamo avuto tutto, nonostante
quelli che sono venuti dopo di noi sì che hanno avuto tutto e nessuno glielo
dice” o anche “noi che siamo stati queste cose e gli altri non sanno cosa si
sono persi”.
Questo è molto importante, proprio perché caratteristica fondamentale di ogni
gruppo è la capacità di sentirsi diversi dai non-membri. Nella definizione
sociologica del concetto di generazione, questo è addirittura fondamentale,
perché ogni generazione si separa nettamente da quella che la precede e da
quella che la segue proprio per questo senso di diversità, perché con coorti di
individui nati in altri periodi non si sono condivise certe esperienze e certi modi
di vedere la vita. E’ inoltre interessante sottolineare come, in accordo con
quanto sostiene Mannheim riguardo all’importanza della fase di socializzazione
nella costruzione della coscienza generazionale, tutte le esperienze sociali,
politiche e di consumo citate si riferiscano ad un momento storico in cui gli
individui a cui è rivolto il gruppo avevano un’età compresa tra l’infanzia e
l’adolescenza.
Facebook anche in questo caso aiuta quindi gli utenti a mostrarsi agli altri
dichiarandosi orgogliosamente parte di una certa generazione: spesso infatti gli
utenti intervengono nella bacheca del gruppo dichiarando il loro accordo a
quanto scritto o per integrarlo, ricordando altre usanze o affermando la
superiorità della propria generazione rispetto alle altre. L’appartenenza
generazionale si rivela quindi sorprendentemente importante per gli utenti del
Web, anche per quelli più giovani, forse ancora più rilevante di quanto non sia
nella vita non mediata.

Le applicazioni “Pick your five”

Grazie ai testi proposti dai gruppi generazionali visti precedentemente, è facile


notare come grande importanza nella definizione dell’appartenenza
generazionale assumano le pratiche di consumo materiale e culturale. Su
Facebook questo è evidente anche in uno degli altri servizi proposti dal sito: i
“Pick your five”. Questo tipo di applicazione permette di scegliere cinque
preferenze di consumo, che verranno poi inserite nel proprio profilo personale e

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potranno essere visualizzate da tutti gli altri utenti. I temi sono i più svariati: i
cinque film preferiti, i cinque album musicali preferiti, i cinque cartoni animati o
i cinque giocattoli che hanno accompagnato la propria infanzia, i cinque alcolici
preferiti, i cinque cibi preferiti, i cinque telefilm più belli di tutti i tempi, le
automobili che si desidererebbe possedere e così via (per un elenco di tutte le
possibili scelte di “Pick your five”:
http://apps.facebook.com/livingsocial/micro/five_things/list?ref=nav).
Roger Silverstone sostiene che “noi siamo quello che consumiamo” e gli studi
come quello di Bourdieu (1979) e di Douglas e Isherwood (1979) suggeriscono
che i consumi servono, tra le altre cose, anche a costruire ed esibire identità
sociali. In quest’ottica è chiaro che le applicazioni “Pick your five” di Facebook
svolgono ancora una volta una funzione ostentativa: l’utente esibisce ai suoi
contatti le sue preferenze di consumo e, attraverso queste, dice qualcosa della
sua personalità, della sua cultura, dei suoi gusti. Questo avviene anche
attraverso la scelta stessa del “Pick your five”: chi vuole mostrarsi un
esuberante “festaiolo” dichiarerà le sue preferenze alcoliche o i locali che
preferisce frequentare, mentre chi preferisce mostrarsi culturalmente
interessato sceglierà un test letterario, cinematografico o musicale. Non è un
vero e proprio caso di “consumo vistoso” come indicato da Veblen, cioè un
consumo usato come strumento di competizione verso gli altri: più
semplicemente, gli utenti si dimostrano orgogliosi delle proprie scelte di
consumo perché sentono che queste riflettono (o costruiscono?) la loro
identità, personale e sociale, e per questo ci tengono a mostrarle ai loro
(numerosi) contatti.

Conclusioni

Da questa breve trattazione, è quindi evidente come Facebook oggi fornisca ai


suoi utenti degli strumenti che permettono ai suoi utenti di presentarsi, di
esibirsi agli altri. Nei due casi proposti questa ostentazione riguarda la propria
appartenenza generazionale o i propri consumi.
Attraverso i suoi consumi l’utente può dare una certa immagine di sé agli altri,
può mostrarsi esuberante, acculturato, alternativo, romantico, cinico o
qualunque cosa desideri. In questo caso specifico risulta incredibilmente
evidente come il consumo non sia assolutamente più un semplice sistema di
sussistenza, ma abbia oggi una fortissima carica valoriale utile a costruire la
propria identità sociale: l’individuo è fiero delle proprie scelte di consumo e
quindi desideroso di condividerle, o meglio esibirle agli altri.
Ma nel primo caso proposto sembra anche che molti utenti si dimostrino anche
orgogliosi di fare parte di una certa generazione, di aver condiviso esperienze,
valori e, anche in questo caso, consumi con altri individui: non si può certo dire
che questo significhi avere veramente una coscienza generazionale, ma certo
Facebook svela come certi sentimenti legati al far parte di una coorte di
individui nati nello stesso periodo e che per questo hanno condiviso uno stesso
spazio e uno stesso tempo sociale, quale è la generazione, siano diffusamente
presenti, e anche in utenti giovani o giovanissimi. Insomma, essendo Facebook
un social network, i cui contenuti sono generati in gran parte dai suoi utenti, da
quei consum-autori identificati come il futuro del mondo online, appare come
un territorio di studio molto interessante a cui tentare di applicare nozioni e
concetti sociologici formulati per il mondo offline.

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