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I Sogni

Adso da Melk

Tutti i colori del mondo

Soloparole

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Indice
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Introduzione.3

Tutti i colori del mondo

Capitolo I6

Capitolo II8

Capitolo III:10

Capitolo IV:11

Introduzione

a cura di Promos

La prima volta che incontrai Adso da Melk, me la ricordo bene, era il 23 giugno del 1354.
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Io giungevo presso il porto di Alghero, imbarcato su una nave di Pietro IV di Spagna, dalla quale
s'accingeva a scendere in terra sarda Nicolas Eymerich, da Gerona, inquisitore del regno d'Aragona.

Vidi il profilo d'un saio domenicano, proprio ad un passo dalla costa, accanto a lui, ben riconoscibile, un
altro frate, che seppi in seguito, appartenente all'ordine benedettino: fra Bartolomeo.

Fu questa sua doppia natura fatta di rigore e di comprensione, l'origine della mia naturale e spontanea
simpatia. Dagli insegnamenti domenicani Adso da Melk comprese le ragioni dell'ordine, soprattutto
morale, mitigandole tuttavia con quelle della tolleranza e del cuore, chiaramente infatuazioni benedettine o
forse, addirittura, francescane.

Ne apprezzai logica e passione in quel suo trattare dotto sul Sardus Pater, reminiscenza di un culto
pagano allora in uso in quelle terre selvagge di Sardegna, derivazione d'antica divinità fenicia, il "Sid
Potente Baby".

Lo sentii parlare di ciò che alle orecchie d'allora suonava come di bestemmia in odore d'eresia,
accumunando le divinità terrestri del "deuteronomio" di Mosè, a quell'entità benefica e protettrice di
quelle terre. Mi citò, in favore del genius loci, "L'Enchiridium", le "Rivelazioni" di S. Agostino le "Soluzioni
teologiche" di Eusebio Pamfilo, la "Summa" di Guglielmo da Parigi, e le "Sententiae" di Duns Scoto, per
non parlare dell'Antico Testamento.

Convenni con la sua logica d'amore e di conoscenza, e con lui, a malincuore, ne convenne anche Padre
Eymerich, l'inquisitore, il san Malvagio della credenza popolare.

I fatti del mondo ci separarono, ritrovai Adso da Melk vent'anni fa, circa, in un ristorante appartato, sulla
collina sovrastante Verbania. Era un vecchio cascinale, riattato alla meglio, tanto che l'insegna dipinta con
pennello e vernice, sul muro di cinta esterno, riportava, solamente RISTORAN.

Essendo terminato il muro, il calligrafo, aveva dovuto interrompere il suo lavoro. Anche con l'insegna
dimessa il luogo era però accogliente. Mangiammo in mezzo all'aia prosciutto e verdure grigliate, per
svezzare l'appetito, e facemmo seguire un Porceddu che dividemmo alla pari, bagnato da un buon rosato,
fresco accompagnato da quel pane sottile che taluni, in Sardegna, usano bagnata con l'olio e che noi
condimmo, per l'occasione, anche con una spruzzata di rosmarino.

Parlammo a lungo quel giorno, fors'anche aiutati dal vino fresco, leggero, ma generoso con in nostri
ricordi.

Parlai a lui dell'impressione che mi fece la prima volta che lo incontrai, e lui mi parlò del mondo, di sue
certe scoperte fatte con le erbe officinali, con delle foglie esotiche, poi divenute d'uso comune, che, se
lasciate in infusione donavano una bevanda soave, deliziosa e stimolante.

Mangiammo e bevemmo per quasi tutto il pomeriggio.

Lo salutai con una forte abbraccio. Amico Adso: discepolo, Magister, ma soprattutto, uomo di cuore,
d'intelligenza e di rettitudine morale.

Mi fa piacere, immenso ritrovarlo qui, ora, con alcuni di quei suoi scritti che ci parlano ancora una volta
del mondo, degli essere viventi, di noi. Che ci mostrano incredibilmente chiari, gli affetti, i timori i sogni di
una umanità, nei suoi mille colori, in tutte le sue sfumature.
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Di questo ti ringraziamo, Adso, discepolo, Magister, uomo, ma soprattutto, amico.

di Promos

L'autore del profilo si scusa con Valerio Evangelisti per aver utilizzato come fonte d'ispirazione e periodi
vari "Il Mistero dell'Inquisitore Eymerich".

Stima ed amicizia per Adso da Melk sono invece originali.


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Tutti i colori del mondo

Di Adso da Melk

Capitolo I

Avevo appena finito di scrivere un atto di citazione che avrei dovuto presentare l'indomani, un banale
caso di risarcimento per danni da sinistro stradale, un tale che mentre stava superando una colonna di
macchine ferme ad un incrocio aveva travolto con il suo scooter una non più giovane donnina, la mia
cliente, che in quel momento transitava sulle strisce pedonali: rottura del menisco, contusioni e abrasioni
varie; una causa vinta che non mi avrebbe impegnato più di tanto.

Mi sdraiai sul letto e accesi la televisione, non avevo sonno, eppure era l'una di notte, un'ora alla quale di
solito ero già bello che addormentato. Cambiai i canali stabilendo il nuovo record mondiale di zapping,
finché non lo vidi.

Era lì appeso ad una parete grigia, una cornice chiara contornava la tela, una tela meravigliosa. Intanto il
televenditore parlava e io non riuscivo a staccare gli occhi da quell'incanto. La erre arrotata
dell'imbonitore televisivo contribuiva ad accentuare durante la descrizione lo splendore dell'opera e la
grandezza del suo autore. Incantato quasi colto dalla sindrome che ha il nome di quel tale, quello francese
che aveva scritto quel romanzo su Parma, come diavolo si chiamava, quello de "Il rosso e il nero" , ah sì
Stendhal, rimasi ad ammirare l'opera in silenzio.

Che poi quella sindrome o che diavolo è dovrebbe cogliere lo spettatore che ammira dal vivo un opera
d'arte, sono sicuro d'essere stato il primo uomo sulla faccia della terra ad essere stato colpito da questa
sintomatologia per via catodica, credo che potrei essere studiato per questo motivo, e poi viste come
sono andate le cose, e visto come sono ridotto, credo che potrei anche vendermi come cavia per poter
raccattare qualche lira.

Penso di aver perso il filo, ah dicevo che rimasi schiacciato dalla bellezza e dalla forza di quel quadro, la
prima cosa che mi domandai è come fosse possibile che un capolavoro del genere potesse essere
venduto ad un'asta televisiva all'una di notte, ma tutto ciò passò in subordine quando una zoomata mostrò
alcuni particolari del dipinto la cui vista acuì non poco il mio stato di agitazione; il mio respiro aumentò
d'intensità , tanto che mia moglie che si trovava lì al mio fianco, mezza addormentata mi disse:

- Ma cosa hai?-

- Niente, niente- risposi, - dormi, non è niente-


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E ancora mi affannavo, ancora, il respiro era corto, o per meglio dire spezzato. Ma cosa mi stava
accadendo?

L'enfasi del presentatore che descriveva il quadro ormai andava di pari passo con il mio ritmo
respiratorio, o per dirla meglio, avevo cercato di regolare la mia respirazione coordinandola con quella
del conduttore, che ansimante proseguiva nel mostrare al mondo intero quella meraviglia:

- Un quadro da museo, erh, un quadro che potreste trovare a New York, a Parigi, a fianco ad opere di
autori come Piccasso , Pollock, , un quadro di uno dei maestri del 900, uno di quelli che hanno sconvolto
la storia dell'arte, ehr uno dei cinque grandi artisti erh che hanno cambiato la concezione estetica dell'arte
moderna erh-

E così continuava ad esaltare la bellezza di quella tela.

Ma dove lo avevo già visto quel tale? E quel suo intercalare erh tra una frase e l'altra dove lo avevo
sentito? Intanto lui continuava a mostrare simboli e particolari , continuava a parlare della vita del pittore,
continuava ad incazzarsi perché nessuno telefonava per chiedere il prezzo.

Ma io quello lo ho già visto, mi dissi nuovamente, e mi ricordai che tempo prima un comico faceva la
parodia di un venditore televisivo, che sicuramente doveva essergli stato ispirato da quello lì, che sempre
con maggior veemenza ricordava, che con lo sconto praticato ai clienti più affezionati il quadro lo
avrebbero regalato. E quello continuava ad inveire, perché nessuno aveva ancora trovato il coraggio di
telefonare e chiedere il prezzo , era già la quarta volta che ribadiva il concetto.

Ricordava che con una semplice chiamata era possibile farsi mandare a casa il quadro in visione, senza
alcun impegno d'acquisto, e mentre continuava ad agitarsi, mi accorsi che il mio respiro ancora
coordinato con il suo era sempre più veloce. Mi dissi "devo fare qualcosa, sennò quello lì mi muore in
diretta e magari mi viene un coccolone se lo vedo schiattare in mondovisione, e poi chi se ne frega, io
telefono chiedo il prezzo e quello lì si calma, vediamo che succede".

Presi il telefono, chiamai, e mi rispose la signorina la cui voce avevo già sentito in tv, le spiegai che avrei
gradito conoscere il prezzo del quadro inquadrato in quel momento, e lei mi fece la domanda fatidica

- Ma vorrebbe averlo gratis in visione a casa sua?-

Io sorpreso e ancora in preda alla patologia Stendaliana via etere risposi di sì e con altrettanto stupore
sentii la mia voce che forniva i dati personali alla signorina, che mi comunicava che mi avrebbe fatto
richiamare per un appuntamento a casa "mia" per poter vedere il quadro appeso nel "mio" salotto.

Nel frattempo il conduttore si era rilassato, la notizia che qualcuno non aveva resistito alle sue blandizie
lo aveva fatto tranquillizzare e adesso non era più rosso in volto, ma pacatamente era passato alla
descrizione di un altro capolavoro; anche io ormai più calmo decisi di spegnere luce e televisore.

Capitolo II
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Erano le nove di sera quando misi piede a casa . Lei mi accolse sulla porta, cosa piuttosto insolita, con i
pugni sui fianchi stile comizio a P.zza Venezia fine anni trenta. Lei mi gettò uno sguardo infuocato e con
tutta la pacatezza di cui era in grado di disporre in quel momento mi disse, lentamente cercando di
scandire le parole, mentre le tempie cominciavano a pulsare in maniera evidente e mentre il viso
assumeva via via tutte le sfumature del rosso sino ad arrivare ad un color porpora cardinalizio

- E così ci siamo dati all'arte? Non sapevo di questo tuo grande amore per la pittura!-

La sua voce nel pronunciare la frase aveva raggiunto frequenze inusitate per una voce umana, tanto che
le ultime parole non le udii ma potei intuirle dal labiale ,ma poi continuò:

- Ma come ti è venuto in mente di comprare un quadro? E poi senza consultarmi?- A questo punto ebbi
conferma ad una mia iniziale intuizione e cioè che il problema per lei non fosse tanto il fatto che io avessi
deciso di acquistare quel quadro ma era dovuto alla circostanza che avessi deciso di farlo senza una sua
consulenza.

E poi io non avevo deciso di acquistare nessun quadro, io avevo solo fatto una telefonata ad una
televendita, una telefonata "senza impegno". E pensare che per tutta la giornata non avevo affatto
considerato quella situazione, pensato a quel quadro, ma all'attacco di mia moglie non reagii se non con
un atteggiamento di stupita indifferenza.

- Perché - dissi - cos'è accaduto, ti hanno per caso telefonato cercando di venderti qualcosa?-
Continuai ostentando una sicurezza per me inusuale. A quel punto il viso dal colore cardinalizio di mia
moglie cominciò a schiarirsi e ad assumere un colore più dimesso, un rosa stile tailleur della Regina
Madre durante una partita di polo ad Ascott in un tarda primavera inglese fresca ma inaspettatamente
poco umida, e non fu possibile per me trattenere un sorriso nel vedere quel cambiamento cromatico che
era la cartina di tornasole dell'incazzo della mia consorte. Con calma , dopo aver respirato
profondamente più volte lei riuscì a spiegarmi di aver ricevuto una telefonata da un'azienda specializzata
nella vendita di opere d'arte via etere, circa l'acquisto di un quadro di un famoso pittore. Io annuì con
l'aria di chi per la prima volta apprende una notizia

- E tu che gli hai detto?- chiesi, cercando di prendere tempo.

- Io non sapevo se fossi stato tu a contattarli, visto che loro avevano i tuoi dati, così gli ho dato un
appuntamento, in modo da chiarire la questione di persona-

- E per quando avresti preso questo appuntamento? Magari avresti anche potuto consultarmi visto che
ogni tanto vado a lavorare, anche se tu sembri dimenticartene molto spesso- risposi secco, senza lasciare
intuire la contentezza che provavo per aver ribaltato la situazione e averla fatta sentire in colpa così come
il nuovo colore assunto dal suo viso mi lasciava intuire, adesso era sul pallido andante, un bel color
pergamena.

- E di che quadro si tratta?- chiesi cercando di mostrare una profonda irritazione, e quando lei mi disse il
nome dell'autore, esclamai

- Ma siamo pazzi? Come se non sapessi quanto costa un quadro di quello lì; io mi chiedo come tu abbia
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potuto pensare anche lontanamente che io volessi comprare un quadro d'autore, mi hai mai sentito dire
una cosa del genere?-

Nel vederla in profondo imbarazzo provavo una gioia incredibile, anche perché adoravo avere ragione
anche quando io stesso ero convinto di non averne per niente. Era bellissimo vederla dimessa ad
osservare il pavimento alla ricerca di una risposta che placasse la mia ira. Lo so ero perverso ma credo
che questa devianza derivi da un atteggiamento acquisito con la pratica della mia professione, quando si
impara, col tempo, che non c'è niente di più gratificante che annientare il proprio avversario, e in questo
momento il mio avversario era lei, che non riuscì a trovare una risposta al mio interrogativo, riuscì soltanto
a biascicare che aveva preso appuntamento per il venerdì successivo alla sette si sera.

- Farò di tutto per esserci e risolveremo l'equivoco, vedrai-, esclamai compiacente, mentre lei mi
guardava grata, e quando faceva così ero felice perché nel mostrare la sua riconoscenza vedevo i tratti
del suo volto addolcirsi , mostrando quanto era bella. Sì, era proprio bella mia moglie!

Prima di chiudere definitivamente la questione le chiesi cercando di metterla il più possibile in imbarazzo
in modo da avere una vittoria definitiva e completa

- Ma con quali soldi pensavi che io avrei potuto compare quel quadro, oppure quel pensiero non è stato
oggetto delle tue brillanti supposizioni?- dissi sarcastico, pensando con quella domanda di metterla al
tappeto, di lasciarla esanime, incapace di reagire, ma la sua risposta mi spiazzò riducendo di gran lunga il
valore della mio successo

- Pensavo che avresti potuto prendere un mutuo, dopo tutto l'acquisto di opere d'arte è un investimento
non credi?- rispose convinta di aver dato una risposta più che sensata, come infatti era.

- Hai ragione potrebbe essere un investimento, magari la fortuna vuole farci fare un affare, ma vedremo-
dissi sapendo, io solo, che non era la fortuna che mi aveva condotto sino a quel punto.

Capitolo III:

Ipotecando la casa al mare che avevo ereditato dai miei genitori, avrei potuto ottenere il mutuo
necessario ad acquistare il quadro. Ci avevo pensato per tutti i giorni che mi avevano separato
dall'appuntamento con quelli della televisione.

Non avrei mai potuto credere, prima di allora, che solo l'idea di possedere un quadro d'autore mi
avrebbe creato tanta agitazione, orami da giorni quello era il mio unico pensiero. Riuscire a possedere
quel quadro, lo consideravo ormai fondamentale. Niente e nessuno mi avrebbero potuto far desistere da
quel mio desiderio, niente e nessuno.

Non so quale sia stato il meccanismo che si innescò e che mi portò a considerare il possesso di quel
dipinto come una méta irrinunciabile, anzi più volte fui portato a credere che quello era l'unico, il vero
motivo per cui valesse la pena di vivere. In pochissimo tempo arrivai addirittura a convincermi che se la
vita di ognuno ha uno scopo che ciascuno è chiamato a trovare sondando le ineffabili pieghe che il
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destino gli svolge innanzi, lo scopo della mia esistenza era legato al fatto di possedere quell'oggetto.
Forse avevo ragione, questo non lo so, ma questo è un dubbio che non smette di assillarmi, ogni giorno,
ogni minuto, dacché la mia vita è cambiata.

Credo ancora una volta di aver divagato e di essermi allontanato dalla pura descrizione dei fatti che è ciò
che sto cercando di fare, anche se mi accorgo che per quanto cerchi di essere obbiettivo sapere come
sono andate a finire le cose che sto raccontando, mi porta ad essere un po' confusionario; ma ero un
avvocato, non sono uno scrittore, anche se come lessi una volta in un libro lo scrittore prima di essere
tale è sempre qualcos'altro.

Penso in questo momento di contraddire quest'aurea regola perché se è vero che fui qualcos'altro,
adesso nel momento in cui sto raccontando la mia storia non sono niente, anzi non sono nessuno.

Ma arriviamo a quel venerdì, al giorno dell'incontro con i venditori, ormai avevo deciso di avere quel
quadro, e cosa stupefacente anche mia moglie era d'accordo, l'unica fonte di perplessità era il fatto
dell'ipoteca.

Pensava che ipotecare una casa volesse dire cederla alla banca, anche fisicamente, fino a quando il
debito non fosse stato estinto; a volte la sua ingenuità e la sua insipienza su determinati argomenti mi
lasciavano senza parole, anche perché se qualcuno fosse entrato nello studio di fianco al nostro soggiorno
avrebbe potuto ammirare appesa al muro la sua laurea in Ingegneria.

Sicuramente era ancora legata alle dinamiche del Monopoli da cui aveva tratto il suo concetto di ipoteca,
ma la Parker Brothers ha regole ben diverse dalle norme del nostro codice civile. Spiegato alla mia
signora il concetto di ipoteca, ormai non restava alcun ostacolo all'acquisto, la banca aveva dato il suo
benestare e non mancava che la visione del quadro.

Una notte lo avevo sognato appeso alla parete del mio studio, e mentre lo guardavo i colori si
mischiavano tra loro, formando altri colori, assumendo materialità e spessore, poi uscivano dalla tela e
come un fiume che rotti gli argini si addentra per la piana , allo stesso modo i pigmenti della mia opera
d'arte avevano invaso la cornice e lentamente la superavano finché tutta la stanza non era invasa dal
magma colorato che aveva il suo cratere nel punto in cui era una volta appesa la tela che adesso era
diventata un tutt'uno con la parete.

Il colore usciva fluido dalla stanza, usciva dalla finestra, dove inaspettatamente, sospeso in aria, apparve
quello che io identificai con l'autore del dipinto, il quale disse: "Nel mia opera ci sono tutti i colori del
mondo", e se ne andò.

Non ricordo nient'altro del sogno, e mi rimase impressa la frase finale dell'artista "tutti i colori del
mondo", che io avrei posseduto. Fu così che quel venerdì acquistai per poco più di mezzo miliardo il mio
capolavoro.

Capitolo IV:
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All'inizio decidemmo di tenere il quadro in salotto, ma ben presto mi convinsi che sarebbe stato più
giusto tenerlo nel mio studio, anzi mi sto spiegando male; dopo un po' mi accorsi che possedere il quadro
senza poterlo vedere in ogni momento era per me motivo di inquietudine, non potevo stare lontano da
quella tela per molto tempo, a casa ci stavo solo per dormire, invece gran parte del mio tempo la
trascorrevo nel mio studio, e poi che figurone avrebbe fatto con i clienti, che ammirati avrebbero posato
gli occhi sul mio capolavoro, sì il mio capolavoro.

Per la prima volta nella mia vita mi accorsi che possedere qualcosa che in pochi, anzi pochissimi , si
possono permettere è esaltante. E' un apparente stato di grazia del quale ci si compiace e dal quale si
viene rapiti, quando si acquisisce la consapevolezza, di essere diversi dalla massa. Ormai ero arrivato alla
conclusione "che tutti gli uomini sono uguali tranne che per quello che possiedono" e io possedevo
qualcosa la cui vista era capace di infondermi un'assoluta sicurezza; la certezza di essere proprietario di
qualcosa di veramente importante, una cosa che pochi si potevano vantare di avere.

Possedevo una bella casa, una bella macchina, ma il vero possesso era quello del quadro, e io adesso
volevo che fosse una mia esclusiva.

Cercai di spiegare a mia moglie tutto questo, ma lei non era in grado di capire, diceva che era più giusto
tenere il quadro a casa, non riusciva a capirmi, e a me non piaceva quando non riusciva a capirmi, e anzi
mi chiedevo sempre più spesso perché l'avessi sposata,

erché era molto bella era la risposta; sì, era molto bella, mia moglie.

Alla fine si convinse e senza fare troppe resistenze mi permise di portare via da casa il "Mio capolavoro".
Al suo posto piazzai una vecchia crosta con la quale ero tornato dopo aver portato il quadro nel mio
studio. La crosta che ritraeva un ussaro, una scadente imitazione, piacque molto a mia moglie, la quale
secondo me fu molto contenta del cambio, anche perché penso che l'altro dipinto non l'avesse mai capito
e non le fosse mai piaciuto se non per la firma e il valore.

Ma avere il quadro nel luogo in cui lavoravo non mi bastava, non avevo il tempo di contemplarlo, di
guardarlo, di studiarlo, di ammirare ogni grumo di colore sapientemente mescolato e steso con maestria
sulla tela, non avevo ancora avuto il tempo di leggere le monografie sull'autore che avevo acquistato,
disponevo di un pezzo da museo e non me l'ero ancora goduto. Parlai con lei e le dissi

- Ho deciso di concedermi un anno sabbatico, sono stressato ho bisogno di riposo, in studio gli altri
riusciranno ad andare avanti anche senza di me, io non ne ho voglia di lavorare, sono stanco.-

Lei mi trapassò con uno sguardo obliquo che non tendeva verso la mia direzione ma era fisso verso un
punto indefinito che io in quel momento mi chiedevo quale fosse. Le sue uniche parole furono

- Ma tu stai impazzendo! Non hai bisogno di riposo, hai bisogno di cure!- che pronunciò urlando e con
un vago cenno di pianto mente gli occhi cominciavano ad assumere un aspetto liquido. Pareva che come
ghiaccio si stessero sciogliendo, i suoi occhi azzurri. Era bella anche quanto piangeva, sì, era bella mia
moglie.

Credo di avere già detto che adoro avere ragione, che visto sotto un aspetto più radicale vuol dire che
non sopporto che mi si dia torto. Questa peculiarità del mio carattere è per me deleteria a tal punto che
ormai sono assolutamente certo che tutte le volte che nel corso della mia vita mi sono messo nei guai il
motivo fosse proprio la mia insofferenza all'essere contraddetto. E anche quella volta suppongo che
accadde così.
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La prima cosa che mi ricordo di ciò che avvenne quella sera fu la figura di mia moglie riversa a terra,
esanime, una macchia rubino era lì fluida sul pavimento accanto alla sua testa, sì la sua testa fracassata. Il
sangue non usciva più dalla sua ferita al capo, segno che era morta, perché come avevo appreso nel
corso di anni di processi, una persona morta non sanguina anche se ha una ferita aperta.

E mia moglie aveva una bella lacerazione lungo la tempia poco sopra l'orecchio, era una ferita piuttosto
lunga e sui brandelli di pelle i grumi di sangue avevano diverse sfumature di rosso, e sì anche da morta
mia moglie aveva il pregio di assumere diversi colori.

Che non fosse un camaleonte? Io mi trovai seduto sul divano con in mano il ritratto del soldato che
aveva sostituito il mio capolavoro, il quadro era sporco di sangue ed era stato l'arma con la quale avevo
ucciso mia moglie. L'avevo accoppata col taglio della pesante cornice, sì l'avevo uccisa ed ero finalmente
libero di concedermi l'anno sabbatico che avevo tanto desiderato prendermi, anzi mi sarei preso tutto il
tempo che avessi voluto.

Abitavo in una villetta in periferia, abbastanza isolata, e fu lì che trovai la soluzione di ogni mio problema.
Lasciai lì la mia ex moglie. Era bella mia moglie, anche da morta. Per prima cosa scassinai la porta
d'ingresso, misi a soqquadro la casa, ruppi qualche oggetto, e iniziai a sparpagliare per tutta la casa ogni
cosa che riuscivo a trovare, vestiti, libri, posate piatti, tutto.

Misi in scena un furto culminato con un omicidio, presi tutti i soldi che fu possibile trovare in casa; avevo
una decina di milioni con i quali avrei dovuto pagare le rate dei miei vari mutui, e di me che fare?
Innanzitutto recuperare il mio capolavoro nel mio studio e poi il caso mi avrebbe dato l'ispirazione.

Recuperato il quadro percorrevo la strada che da casa mia porta al mare. Vidi una figura che
attraversava la strada, accelerai e sterzai di botto, lo presi in pieno. Ecco il mio futuro. Ecco la soluzione
di ogni mio problema. Ecco chi sarebbe morto al posto mio e bruciato nella mia macchina, cosparsa di
benzina e lasciata precipitare da una scarpata, non prima di avergli infilato al dito la mia fede nuziale. E
mentre pensavo a tutto ciò assaporai la mia libertà e guardando il quadro che era sul sedile anteriore,
pensai che sarei stato il primo barbone a possedere un De Chirico.

Ieri un bambino vedendomi lì, ingobbito sporco e lacero, sotto un porticato, mi ha regalato un quaderno
e una penna. Dopo aver trovato qualcosa da mangiare, e dopo aver poggiato al mio fianco la "Piazza
d'Italia" ho iniziato a scrivere ciò che mi è accaduto tre anni fa, e adesso mentre traccio sulla carta segni
che, forse, sono il solo a poter decifrare, guardo la figura della statua, una dea, che spicca nel centro del
quadro e penso a mia moglie, era bella, mia moglie, sì, era bella.

Fine
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Collana I Sogni

Adso da Melk

Tutti i colori del mondo

Edizioni Soloparole

http://www.soloparole.com/

Prima edizione novembre 2001

Realizzazione E-Book a cura di PixelArt – Sandro Pescara

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