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CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA 12 FEBBRAIO 2010, N. 3345

Svolgimento del processo

La sig.ra (A), vedova del sig. (B), e le sue figlie, sigg.re (C) e (D), con atto notificato il xx maggio
2002 citarono in giudizio il sig. (X) dinanzi alla Corte d'appello di (........). Riferirono che il predetto
sig. (B) era stato socio al 50% della (ABC) s.r.l., il cui restante capitale era intestato al sig. (X).
Costui, alla morte dell'altro socio, aveva inteso avvalersi di una clausola dello statuto che gli dava
facoltà di acquisire la quota del defunto versandone il corrispettivo agli eredi. Era però insorta
controversia sia sulla validità dell'anzidetta clausola statutaria, sia sulla determinazione del
corrispettivo eventualmente dovuto dall'acquirente. Si era perciò dato corso ad un giudizio arbitrale,
come ipotizzato da altra clausola dello stesso statuto, e gli arbitri avevano fissato in complessive £.
xx.xxx.xxx (di cui Lit. xx.xxx.xxx a titolo di avviamento) la somma dovuta agli eredi a fronte del
trasferimento della quota societaria intestata al loro dante causa.
Ciò premesso, le attrici impugnarono il lodo arbitrale sostenendo, tra l'altro, che la clausola
statutaria sopra riferita era da considerare nulla, per violazione del divieto di patti successori,
stabilito dall'art. 458 cc, e che, comunque, malamente essa era stata interpretata dagli arbitri, quanto
ai criteri di liquidazione della quota sociale, giacché la liquidazione avrebbe dovuto essere operata
non già sulla scorta dei dati formalmente riportati nel bilancio della società, bensì alla stregua
dell'effettiva consistenza economica delle relative poste patrimoniali.
Il convenuto si costituì difendendo la piena validità del responso arbitrale.
La corte d'appello, con sentenza emessa il 13 febbraio 2004, rigettò l'impugnazione proposta dalle
attrici e le condannò al pagamento delle spese processuali.
Escluse infatti detta corte che l'opzione statutaria per l'acquisto della quota del socio defunto fosse
riconducibile alla struttura di un patto successorio, non derivandone alcun limite alla libera
determinazione della volontà del testatore, ma trovando essa invece la propria giustificazione
nell'esigenza di consentire ai soci di esprimere il proprio gradimento al subentro nella compagine
sociale di soggetti inizialmente non previsti. Negò, inoltre, che la liquidazione della quota in base ai
dati di bilancio, maggiorati del valore di avviamento, contrastasse con la previsione della clausola
statutaria sopra riferita. (………….)

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20102c-N-3345.aspx

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